Atque_26/27_2020

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il tridente 142 Campus

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materiali tra filosofia e psicoterapia


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materiali tra filosofia e psicoterapia

Rivista semestrale fondata nel 1990 Redazione  Fabrizio Desideri (codirettore), Maurizio Ferrara, Alfonso Maurizio Iacono, Luciano Mecacci (codirettore), Paolo Francesco Pieri (direttore) Comitato esecutivo  Rocco Greppi, Teresa Recami, Alessia Ruco, Marco Salucci, Antonino Trizzino, Vincenzo Zingaro Collaborano, tra gli altri  Arnaldo Benini, Paola Cavalieri, Felice Cimatti, Pietro Conte, Michele Di Francesco, Roberto Diodato, Adriano Fabris, Rossella Fabbrichesi, Umberto Galimberti, Enrico Ghidetti, Anna Gianni, Tonino Griffero, Mauro La Forgia, Federico Leoni, Maria Ilena Marozza, Alessandro Pagnini, Pietro Perconti, Fausto Petrella, Patrizia Pedrini, Mario Rossi-Monti, Amedeo Ruberto, Carlo Sini, Elisabetta Sirgiovanni, Silvano Tagliagambe, Luca Vanzago, Giuseppe Vitiello, Vincenzo Vitiello Cura delle immagini  Manuel Forster Redazione, grafica e impaginazione  Marco Catarzi Ufficio stampa  Anna Pampaloni Direzione  via Venezia, 14 – 50121 Firenze Sito web www.atquerivista.it Moretti & Vitali Editori s.r.l. via Giovanni Segantini, 6 24128 Bergamo telefono +39 035 251300 www.morettievitali.it

© atque – materiali tra filosofia e psicoterapia nuova serie, n. 26-27 – anno 2020 ISSN 1120-9364; ISBN 978-88-7186-816-5 Registrazione  Cancelleria del Tribunale di Firenze n. 3944 del 28 febbraio 1990 Direttore responsabile  Paolo Francesco Pieri Finito di stampare nel dicembre 2020


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Sui volti dell’autorità a cura di  Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri contributi di  Pietro De Marco, Ubaldo Fadini, Mauro La Forgia, Massimo Palma, Felice Ciro Papparo, Amedeo Ruberto, Silvano Tagliagambe, Francesco Valagussa prefazione di  Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri



Sommario

Prefazione 9 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri saggi

La pandemia ha il volto di Amleto Silvano Tagliagambe

19

L’auctoritas dai mille volti. L’assenza di volto dell’autorità contemporanea 53 Francesco Valagussa La narrazione del padre. Considerazioni su Alexandre Kojève, l’autorità, la tradizione Massimo Palma

Una tutt’altra sovranità. Rileggendo “La Sovranità” di Georges Bataille Felice Ciro Papparo

69 93

Il volto e l’identità. A partire da Canetti e Deleuze Ubaldo Fadini

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Disordine, irritazione, cura. La pandemia in psicoterapia Mauro La Forgia

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Autorità. Per una storia del legame auctoritas-exousìa Pietro De Marco

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020

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Tornare indietro e andare avanti Amedeo Ruberto

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Prefazione

Si deve ammettere che l’epidemia da covid-19, con la sua tendenza a diffondersi rapidamente e a più riprese, attraverso tutti i continenti, ha indotto a introdurre drastici cambiamenti nei nostri modi di vivere con gli altri e nello stesso rapporto con noi stessi. E nel contesto di contagio pandemico in cui ci siamo venuti a trovare, abbiamo innanzitutto subìto una ferita narcisistica percependo la nostra fragilità umana insieme alla consapevolezza sia che non siamo gli unici esseri viventi sia che non possiamo continuare a considerare il nostro stile di vita come l’unico possibile. L’inedita condizione di pericolo in cui ci siamo trovati ha sottoposto i modi di vita a un drastico ridimensionamento e alla necessità di ascoltare e spesso a seguire, volenti o nolenti, quanto proveniva da voci autorevoli, sia da quelle che all’autorità univano il potere sia da quelle la cui autorità proveniva dal sapere (le figure degli esperti: medici, scienziati, virologi, fisici ecc. sia in veste individuale sia in veste di comitati tecnico-scientifici). È perciò intenzione di questo fascicolo di Atque, il domandarsi quale funzione abbiano nelle nostre vite i vari tipi di autorità e quale sia il gioco ottico dove compaiano quei volti che intanto incarnano questa figura. Si intende così raccogliere studi, pensieri, riflessioni, interrogativi e financo provocazioni sull’oggi dell’autorità e sul senso della sua permanenza nelle nostre “forme di vita”, per esprimerci con Wittgenstein. D’altronde, discutere oggi dell’autorità è sommamente difficile, dal momento che questa figura, nelle sue incarnazioni politiche, religiose, istituzionali e sociali, ci si impone nel cuore di una crisi epocale e tale da mettere sottosopra il bagaglio di certezze e abitudini sul quale ci 9 ©

atque materiali tra filosofia e psicoterapia, 26-27 n.s., 2020, pp. 9-15 – ISSN 1120-9364


Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri

eravamo costituiti (adagiati) negli ultimi decenni. Quel concetto di autorità (di auctoritas) che fino a poco tempo fa ci sembrava in declino o in un processo di inarrestabile decadimento, adesso ci si impone anche al di là di ogni nostra adesione intenzionale. Così la sua stessa crisi, come ogni altra, può incorporare “fermenti non ancora conoscibili” una volta liberata dai “fermenti cultuali”, con cui per l’appunto la tradizione la identificava. Può essere insomma un passaggio per qualche verso salutare, almeno dal punto di vista riflessivo o cognitivo. Al punto che ci si può anche chiedere come sia possibile alleggerire l’autorità dal peso della storia – con il relativo complesso di mediazioni, interpretazioni e rapporti di potere. E ciò perché le cose e le persone proprio solo perdendo la loro “saturazione” diventano permeabili, e nella “porosità” che finiscono col mostrare, divengono effettivamente percepibili – testimoniando nel contempo la storia degli sguardi che nel corso del tempo le hanno investite. La domanda cruciale da cui occorre partire è, in altri termini, come sia possibile pensare l’autorità non tanto in sé e per sé, quanto nei suoi volti, riconsegnandola alla dialettica sia percettiva sia cognitiva che ogni volta dispiegandola la istituiva. In tal modo, l’autorità non sarebbe immediatamente né nel padre, né nel maestro, né nel medico, né nelle cose che questi dicono. L’autorità sarebbe piuttosto nel volto del padre, nel volto del maestro, nel volto del medico e nel volto delle loro stesse cose. In quei volti che vengono all’espressione all’interno di ciò che potremmo chiamare un “gioco di sguardi”. In un gioco che da solo sarebbe capace di instaurarla, e insieme di intrecciarci ad essa – in quella adesione e in quella distanza che si danno nella concreta esperienza in cui ogni volta ciascuno di noi si trova. Non è forse solo una tale esperienza ciò che istituisce simultaneamente un padre e un figlio, un maestro e un allievo, un medico e un paziente? E non è proprio per il dispiegarsi in un complesso di percezioni che il padre, il maestro, il medico e le cose che dicono possono recare il contrassegno dell’autorità, o meglio rivestirsi della maschera dell’autorità, impersonandola? Pensandola nella forma di un vero e proprio involucro, l’autorità non atterrebbe più a una essenza che si disvela, né sarebbe l’effetto di una prospettiva. Essa avrebbe piuttosto a che fare con la stessa singolarità del suo modo di apparire nella nostra esperienza – per quanto possa trasfor10 ©

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Prefazione

marsi psicoanaliticamente (e non solo) in una “fissazione” eterna e atemporale, ma una volta così intesa sarebbe in vario modo da interrogare. Comunque l’autorità è tale, quando è pura. Ovvero allorché viene in esercizio senza violenza e legittimamente. È vero che l’autorità è il prodotto di una forza che catturando la nostra attenzione e quindi accadendo prima di ogni nostra intenzione, ci espropria e si impadronisce involontariamente di noi. Ma solo sapendo esporsi sempre alle verifiche e le critiche, l’autorità (la pura autorità) saprebbe mostrare, per varie vie, di poter essere riconosciuta legittima – ma non per questo unica, ultima e assoluta. In questo fascicolo che va immaginato come una discussione sulla autorità ma anche sulle regole, il lettore vi troverà una qualche riflessione sulla nostra infanzia antropologica, e non meramente biografica. Ovvero su quella dimensione che ci pone costantemente in debito verso le autorità e le “credenze”, che ogni volta veniamo implicitamente a riconoscere. Come ci ricorda Wittgenstein quando fa un’incursione nella “psicologia evolutiva”, noi “incorporiamo” sempre dei concetti, nel senso che con le nostre forme di vita stiamo sempre assimilando regole e regolarità, fino a che esse si trasformano in immagini che informano la nostra mente e si traducono in abiti e comportamenti. Con la conseguenza che avremo da considerare falsi ideali sia la nostra totale autonomia, sia la piena padronanza razionale della nostra esistenza e del linguaggio che usiamo – essendoci stato trasmesso, e avendolo potuto accogliere con una certa passione. D’altra parte, non potrà neanche non trovarvi una riflessione sul fatto che le regole mutano insieme al mutare delle esigenze e delle condizioni di vita. Ovvero c’è modo di pensare come le regole siano immanenti, per cui il “seguire una regola” è ciò che – accadendo nella prassi – rinvia alla vita e all’impertinenza e imprevedibilità del suo mutare e delle sue dinamiche. Facendo una distinzione tra il movimento dell’acqua nell’alveo del fiume e il suo possibile spostamento, Wittgenstein osserva che come l’alveo del fiume si può spostare sotto la pressione dell’acqua, così le regole possono mutare sotto la pressione dei bisogni che le nostre pratiche sociali quotidianamente veicolano. E non è poi di questo (anche di questo) che l’irruzione della pandemia da covid-19, con i vari volti dell’autorità che ci sfilano davanti, ci fa fare esperienza? 11 ©

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Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri

1. L’odierna situazione del potere e delle relative figure dell’autorità che si dispiegano di fronte all’emergenza coronavirus può essere descritta in modo efficace attraverso la rappresentazione di un’atmosfera che possiamo definire ‘amletica’. È per questo che il volume si apre analizzando la famosa rappresentazione dell’Amleto di Shakespeare al Teatro d’Arte di Mosca (1911) con la regia di Konstantin Stanislavkij e le scenografie di Edward Gordon Craig. In linea con una tendenza all’interno del movimento simbolista di vedere l’opera di Shakespeare come un’opera di poesia piuttosto che come un’opera teatrale, lì Craig concepì effettivamente la produzione come un monodramma simbolico in cui ogni aspetto della produzione sarebbe stato soggiogato al protagonista dell’opera: il gioco presenterebbe una visione onirica vista attraverso gli occhi di Amleto. E per supportare questa interpretazione, egli volle che Amleto fosse presente sul palco durante ogni scena, osservando in silenzio quelle a cui non ha partecipato. Il nocciolo della interpretazione mono-drammatica di Craig stava nella messa in scena della prima scena del tribunale. Il palcoscenico era diviso nettamente in due aree attraverso l’uso dell’illuminazione: lo sfondo era molto illuminato, mentre il primo piano era scuro e ombroso; gli schermi erano allineati lungo la parete di fondo e inondati di una luce gialla diffusa. Da un alto trono su cui sedevano Claudio e Gertrude, che era immerso in un raggio dorato luminoso e diagonale, scendeva una piramide che rappresentava la gerarchia feudale; la piramide dava l’illusione di un’unica massa d’oro compatta, dalla quale le teste dei cortigiani sembravano sporgere dalle fessure del materiale. In primo piano, nell’ombra scura, giaceva accasciato Amleto, come se stesse sognando. Un velo sottile sottile era appeso tra Amleto e la corte, per rimarcare ulteriormente la divisione. Al momento dell’uscita di Claudio, gli altri personaggi restavano al loro posto mentre il velo veniva allentato, così che l’intera corte sembrava sciogliersi davanti agli occhi del pubblico, come se si fosse trattato di una proiezione dei pensieri di Amleto, che ora si rivolgevano altrove (Silvano Tagliagambe). 2. D’altra parte il concetto di autorità va seguito nel suo sviluppo storico. Ed è con particolare riferimento a Hobbes e Rousseau che esso appare caratterizzato da una serie di aporie, che proprio val la pena di individuare. Alla luce della riflessione foucaultiana, è intanto il caso di indicare come la concezione dell’autorità abbia subito una metamorfo12 ©

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Prefazione

si nel suo passare dalla logica dialettica, tipica della cosiddetta teologia politica, alla logica strategica tramite cui si configura l’orizzonte biopolitico. Così l’autorità è divenuta appannaggio dell’apparato produttivo: nell’attuale quadro socio-economico è impossibile darle un volto univoco e coerente, fino a presentarsi frantumata in mille schegge – del tutto eterogenee tra loro (Francesco Valagussa). 3. Va rammentato che il fenomeno autoritativo è stato oggetto di un’indagine tipologica da parte di Alexandre Kojève nel suo trattato pubblicato postumo dal titolo La nozione di autorità (1942). Tra le quattro tipologie (signore, capo, giudice, padre) che questo filosofo di origine russa individua, l’ultima è quella che intrattiene un rapporto col passato e con la tradizione. Pur priva di ogni qualità personale, di ogni carattere dirimente, governando il racconto della tradizione, l’autorità paterna è secondo Kojève un tipo determinante nella configurazione di ogni regime politico. È per ciò opportuno che siano illuminati alcuni aspetti della definizione apparentemente solo funzionale di autorità paterna in Kojève soprattutto nella cornice più ampia della sua filosofia, insistendo sul rapporto che intrattiene con il tema del saggio del sapere assoluto e con le sue fattezze virili (Massimo Palma). 4. Ma che cos’è la sovranità? E come è possibile indicare una tutt’altra sovranità? Mai come in questi anni il concetto di sovranità è stato al centro del dibattito politico e culturale. Ci sono però vari modi di declinare questo “potere originario e indipendente da ogni altro potere”. Georges Bataille, per esempio, ci ha offerto settant’anni fa un’interpretazione della sovranità che può essere davvero interessante far reagire sull’oggi. Una sovranità che “ha poco a che vedere con quella degli Stati” e che si configura innanzitutto come “aspetto opposto, nella vita umana, a quello servile o subordinato”. Indicando così soprattutto uno spazio di esperienza – giacché per il filosofo francese l’esperienza è la “sola autorità, il solo valore” – in cui la vita si prova. Non insomma l’esercizio di un potere che asservisce e vincola, che compete e resta chiuso in sé, ma la liberazione, l’uscita fuori di sé, la “distruzione dell’abitudine ad avere uno scopo”, aprendosi al piacere della propria consumazione. Proprio per questo occorre andare a vedere come Bataille faccia apparire questa “tutt’altra sovranità” nelle diverse forme dell’esiste13 ©

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Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri

re umano: nell’infanzia, nella giovinezza, nelle figure della “minorità” che la letteratura e l’arte, nel loro confronto con il male e la crudeltà, ci hanno saputo presentare (Felice Ciro Papparo). 5. A proposito dei “volti dell’autorità” occorre intanto soffermarsi sul tema del ‘viso’ e della ‘maschera’. Rispetto a questo va detto che, anche in relazione con le tesi di Elias Canetti contenute in Massa e potere, Gilles Deleuze e Félix Guattari hanno articolato una salutare impresa teorica, su diversi piani, caratterizzata dall’affermazione di una decisiva politicità del viso. Che consente di leggere la sua realtà in termini tali da rinviarla infine a flussi, intensità e insiemi di vicinanze [prossimità] mai fissabili una volta per tutte. Si tratta allora di evidenziare da un lato il carattere operativo dell’identificazione del viso con la maschera, sulla scia di alcune riflessioni di Alessandro Pizzorno, e dall’altro l’importanza di una politica conseguente del disfarlo in vista della liberazione di ciò che potrà impegnarsi nella delineazione di divenire realmente non assorbibili dai concatenamenti dati di potere (Ubaldo Fadini).

6. In quest’epoca di pandemia, si può affrontare direttamente il tema dell’autorità o girare intorno alle sue imprevedibili torsioni, ma è anche il caso di volgere l’attenzione verso alcuni meccanismi generali connessi a tali periodi critici – individuali o collettivi che siano. Per esempio, verso meccanismi generali quali: sentimenti amplificati d’angoscia e di fine del mondo, impossibilità di contatto con un mondo che appare improvvisamente “cambiato” e incomprensibile, negazione e ubiqua proliferazione di “spiegazioni” banalmente abborracciate e paranoicali, condivisi e diffusi comportamenti anticonservativi ecc. È opportuno quindi soffermarsi su alcuni degli aspetti puramente psicologici che sembrano chiamati in causa nella questione, cominciando dal rapporto fondamentale tra istinto di autoconservazione e istinto di conservazione della specie per poi aver la possibilità di rielaborare le nozioni di reale e di vero. Una particolare attenzione va rivolta al meccanismo psicologico della regressione riflettendo sulla sua dinamica ma anche sulla sua finalità come elemento necessario per un adattamento morfogenetico. In questo periodo di pandemia è infatti sommamente utile considerare alcuni elementi di carattere concettuale ed esperienziale particolarmente stressati. In particolare, va notato come il mec14 ©

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Prefazione

canismo psicologico della regressione, dell’andare indietro, appaia necessariamente connesso alla possibilità di sviluppi non conflittuali e a soluzioni trasformative (Amedeo Ruberto). 7. Sempre in relazione a questo periodo, è particolarmente opportuno disporre – come qui è possibile – anche di un resoconto soggettivo dei sentimenti di sconcerto, di disordine, di irritazione, spesso accompagnati da agiti abbandonici, che hanno caratterizzato l’esperienza psicoterapeutica nelle fasi pandemiche, condotta attraverso sedute online. Proponendo una casistica di reazioni della coppia analitica alla nuova forma di setting, indicando soluzioni delle problematiche più evidenti, è possibile considerare come le piattaforme informatiche ci aprano delle possibilità, ma fanno anche intravedere come parte del patrimonio concettuale e metodologico della professione psicoterapeutica possa diluirsi – o disperdersi. Sarà certamente compito dei prossimi anni abbracciare le nuove opportunità, ponendo però attenzione a non decostruire un’identità e un’esperienza costituitesi in più di un secolo di lavoro (Mauro La Forgia). 8. D’altronde va detto che oggi l’autorità appare studiata in un orizzonte compreso tra la diagnosi della sua crisi (politica, morale e in generale gerarchica) e la sua sopravvivenza inormale, liquida, nel mondo relazionale. Si impone per ciò uno studio della molteplicità dei vocaboli che designano l’Autorità (e la interpretano), a partire dalle culture latine, greche ed ellenizzate, classiche e cristiane, attraverso le trasformazioni medievali, fino alla costruzione della sovranità moderna e al conflitto, semplificatore, tra potestas statuale e auctoritas della Chiesa. Non si potranno non esplorare le interferenze tra auctoritas romana e exousia greca, precristiana e cristiana, della duplice traduzione di exousia con potestas, poi con auctoritas, authority, autorité, e forse con souveraineté e maestà, e i corrispettivi istituzionali e ideologici, come invito a tenere conto di costanti e variabili del linguaggio teologico-politico. La trascendenza e la contemporanea azione dell’autorità sono espresse più profondamente dalla teologia cristiana dell’incarnazione e dalla ‘duplice’ natura del Cristo (Pietro De Marco). Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri 15 ©

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SAGGI



La pandemia ha il volto di Amleto Silvano Tagliagambe

English title  The pandemic has the face of Hamlet Abstract  The paper analyzes the famous representation of Shakesperare’s Hamlet at the Moscow Art Theater (1911) with the direction of Konstantin Stanislavkij and the sets by Edward Gordon Craig. In line with a tendency within the Symbolist movement to view Shakespeare’s play as a work of poetry rather than as one for the stage, Craig conceived of the production as a symbolis monodram in which every aspect of production would be subjugated to the play’s protagonist: the play would present a dream-like vision as seen through Hamlet’s eyes. To support this interpretation, Craig wanted to have Hamlet present on-stage during every scene, silently observing those in which he did not participate. The kernel of Craig’s monodramatic interpretation lay in the staging of the first court scene. The stage was divided sharply into two areas through the use of lighting: the background was brightly lit, while the foreground was dark and shadowy; the screens were lined up along the back wall and bathed in diffuse yellow light. From a high throne upon which Claudius and Gertrude sat, which was bathed in a diagonal, bright golden beam, a pyramid descended, representing the feudal hierarchye; the pyramid gave the illusion of a single, unified golden mass, from which the courtier’s heads appeared to stick out through slits in the material. In the foreground in dark shadow, Hamlet lay slouched, as if dreaming. A thin gauze was hung between Hamlet and the court, further emphasising the division. On Claudius’ exitline the figures remained in place while the gauze was loosened, so that the entire court appeared to melt away before the audience’s eyes, as if they had been a projection of Hamlet’s thoughts that now had turned elsewhere. This representation of an atmosphere that we can define as “hamletic” is very topical, as it seems to effectively describe the current situation of power in the face of the coronavirus emergency. Keyword  representation, power, extended mind, atmosphere, symbol, meaning

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Silvano Tagliagambe

1. Quel fossato scavato dalla pandemia Probabilmente non ce ne stiamo ancora rendendo conto, certamente non ne abbiamo ancora piena consapevolezza, ma la pandemia sta scavando un autentico fossato tra il “prima” e il “dopo”, un fossato che sta inghiottendo antiche e consolidate certezze, sta scuotendo la fiducia nella democrazia, se non sul piano del metodo almeno per quanto riguarda gli ideali che fin qui l’hanno sostenuta, sta mostrando lo spettacolo inedito di una scienza arrancante e divisa, con specialisti di differenti branche della ricerca che non solo pronunciano parole assai differenti sulla situazione in atto e sulle prospettive a breve, a medio e a lungo termine, ma si azzuffano tra di loro, giungono persino ad accusarsi reciprocamente di cialtronaggine, gettando alle ortiche uno stile di pensiero e di comportamento che ne ha tradizionalmente accreditato l’autorevolezza presso l’opinione pubblica. Per non dire delle note stonate di tanti maître à penser, che pur di esibirsi sui diversi palcoscenici approntati appositamente per loro non hanno esitato e non esitano tuttora a inondarci di commenti che, se assecondano e incrementano il loro narcisismo, certo non hanno gettato e non gettano alcuna luce sulla situazione di autentica sofferenza e di profondo disagio che tutti stiamo vivendo. In questo quadro generale non può non tornare alla mente l’amaro commento che Nietzsche mette in bocca a Zarathustra: Il mondo ruota intorno agli inventori di valori nuovi invisibilmente esso ruota. Ma il popolo e la fama ruota intorno ai commedianti: così va il mondo. Il commediante ha spirito, ma poca coscienza dello spirito. Egli crede sempre a ciò con cui gli riesce di suscitare la fede più intensa la fede in sé stesso! Domani avrà una nuova fede e doman l’altro un’altra ancora più nuova. Simile al popolo, egli ha rapidi sensi, e umori mutevoli. Sconvolgere ciò significa per lui: dimostrare. Far perder la testa ciò significa per lui persuadere. E il sangue è per lui la migliore delle ragioni. Una verità che si insinui solo in orecchie fini, la chiama menzogna e nullità. Certo, egli crede solo a dèi che facciano gran fracasso nel mondo!

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La pandemia ha il volto di Amleto Il mercato è pieno di buffoni solenni e il popolo esalta i suoi grandi uomini! questi sono per lui i padroni del momento.1

Zarathustra, l’uomo che ha colto la conoscenza misterica, ci pone di fronte a un autentico e riuscito esercizio di preveggenza: queste sferzanti parole, raccolte e fissate nel suo testo da Nietzsche, costituiscono a mio parere la migliore descrizione di un certo modo di fare informazione e cultura oggi e dello stile di pensiero e d’azione di certi protagonisti del “mondo di carta” che dovrebbe darci una rappresentazione minimamente affidabile del mondo reale nel quale viviamo. Ma forse non si tratta di preveggenza, ma solo della forza dell’eterno ritorno, la dottrina di cui Zarathustra è il vate, che fa sì che ogni gesto, ogni sentimento, ogni comportamento sia destinato a riproporsi tale e quale in un futuro prossimo: per cui il mago sapiente parla solo del suo tempo e si limita a descriverne i protagonisti e i costumi, ma queste sue parole valgono, ovviamente, anche per le fasi in cui le situazioni descritte ritornano. E queste fasi sono contraddistinte da un elemento comune: la sensazione di netta discontinuità tra l’oggi e il domani, tra l’epoca che stiamo vivendo e quella che si prospetta e ci aspetta.

2. Nietzsche e Amleto Lo stato di grande sofferenza che il Covid-19 sta provocando all’umanità a tutti i livelli richiama alla mente e rende quanto mai attuale un’altra profonda riflessione di Nietzsche, questa volta sul rapporto tra sofferenza e conoscenza, al centro della quale emerge la figura di Amleto: L’estasi dello stato dionisiaco con il suo annientamento delle abituali barriere e confini dell’esistenza comprende infatti, nella sua durata, un elemento letargico in cui s’immerge tutto ciò che è stato vissuto personalmente nel passato. Casi, per questo abisso dell’oblio, il mondo della realtà quotidiana e quello della realtà dionisiaca si distaccano. Non appena però quella realtà quotidiana ri1 F. Nietzsche, Also sprach Zarathustra. Ein Buch für Alle und Keinen, Verlag von Ernst Schmeitzner, Chemnitz 1883; trad. it. Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno, Adelphi, Milano 1976, pp. 58-59.

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L’auctoritas dai mille volti. L’assenza di volto dell’autorità contemporanea Francesco Valagussa

English title  The authority with a thousand faces. The absence of face in contemporary authority Abstract  The present article tries to identify some of the aporias that characterize the concept of authority in its historical development, with particular reference to Hobbes and Rousseau. In the light of some reflections provided by Foucault, the article focuses on the metamorphoses involving the concept of authority particularly in the transition from dialectical logic, typical of the socalled “political theology”, to the strategic logic, through which a biopolitical horizon takes place. Authority today becomes the prerogative of productive apparatus: in the current socio-economic framework it is impossible to give a unique and coherent configuration to authority, which instead tends to appear shattered into thousand splinters, completely heterogeneous from each other. Keywords  auctoritas, potestas, political theology, biopolitics, Benveniste For there it is, cracked in an hundred shivers

Auctoritas da “augeo”, ma non solo nel senso classico di “accrescere”, «rendere più grande qualche cosa che esiste già»,1 bensì – come suggerisce Benveniste – quale «atto creatore che fa sorgere qualche cosa da un terreno fertile e che è privilegio degli dei o delle grandi forze naturali, non degli uomini».2 Nel suo articolo del 1925, per spiegare il termine, 3 Heize ricorre a Quintiliano: «molto importa non solo che cosa essi han1 E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee (1969), trad. it. Einaudi, Torino, 20012, vol. ii, p. 396. 2 Ivi, vol. ii, p. 397. 3 Cfr. R. Heize, Auctoritas, in «Hermes», 1925, 60, 3, p. 361.

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Francesco Valagussa

no detto, ma anche se hanno incontrato approvazione».4 Subito dopo aggiunge un’indicazione tratta da un passo della Retorica di Aristotele: «Un altro luogo è quello che deriva da un giudizio riguardante lo stesso oggetto, o uno simile o uno contrario, soprattutto se lo esprimono tutti e costantemente, altrimenti per lo meno la maggioranza, o i sapienti, o tutti o la maggior parte, o le persone di valore e quelli stessi che giudicano o coloro che costoro approvano, o a cui non è possibile contrapporre un giudizio contrario, ad esempio coloro che hanno il potere su di noi, o a cui non è bello contrapporre un giudizio contrario, come gli dei, il padre o i maestri».5 Nel testo greco questo “giudizio” è “κρίσις”, ma i latini renderanno il passo termine con “auctoritas”. Il traduttore greco delle Res gestae divi Augusti – l’esempio viene proposto sempre da Heinze – non trovando un equivalente greco di “auctoritas”, quando si tratta di descrivere quell’influenza che a Ottaviano veniva “liberamente concessa” in misura maggiore rispetto a ogni altra figura presente in senato, adopererà αξίωμα,6 che in effetti significa ciò che è degno, ha virtù e dunque ciò che spinge, che agisce, che ha forza. “Augusta” è insomma «la persona o la cosa che possiede pienezza, che è perfettamente carica di una forza non materiale, bensì mistica»,7 in questo senso vicinissima al valore del vedico ójas, ma “auctoritas” – legato alle funzioni semantiche di auctor – è «l’atto della produzione, o la qualità che riveste l’alto magistrato, o la validità di una testimonianza o il potere di iniziativa».8

1. Autorità e legittimità Lungo tutto il Medioevo la sorgente dell’auctoritas mantenne la propria origine “divina”, quella che potremmo chiamare una “dimensione mistica”, in quanto riconosciuta come proveniente da un Regno Quint. i, 6, 42, trad. it. L’istituzione oratoria, utet, Torino 19792, vol. ii, p. 163. Aristot. Rhet., B 23 1398 b 20, trad. it. Retorica, Carocci, Roma 20152, p. 247. 6 Cfr. R. Heinze, Auctoritas, cit., p. 363. 7 G. Dumézil, La religione romana arcaica (1966), bur, trad. it. Milano 2013, p. 116. 8 Id., Il vocabolario delle istituzioni europee, cit., vol. ii, 4 5

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L’auctoritas dai mille volti. L’assenza di volto dell’autorità contemporanea

che «non è di questo mondo».9 La formula hobbesiana «auctoritas non veritas facit legem»10 si fa carico da un lato della scissione – oramai passata in giudicato e di fatto operante – tra verità e legge, dall’altro lato del vuoto lasciato da questo nesso: affinché un ordine continui a sussistere, ci si trova obbligati a riconfigurare, e per certi versi a inventarsi, in dürftiger Zeit, una nuova nozione di autorità, intesa come qualcosa su cui possa comunque poggiare la legge; purché un ordine continui a sussistere, si è disposti ad accettare che il diritto sia semplicemente il contenuto della decisione di chi ha avuto la forza per imporsi. Interpretando in maniera piuttosto luciferina il passo di Giobbe «Non est potestas super terram quem comparetur ei»,11 Hobbes fonda la legittimità del sovrano sul nesso – non sul patto, perché il sovrano, chiamato esplicitamente “il Dio mortale”, non fa patti12 – tra autori e attore, tra autorizzatori e rappresentante: «il diritto di compiere qualsiasi azione si chiama autorità e, a volte, autorizzazione».13 La macchina concettuale congeniata nel Leviatano consente per certi versi persino una radicalizzazione del concetto di auctoritas: siccome «ognuno è autore dell’atto del sovrano, dato che questi è il suo rappresentante senza alcun limite»,14 qualsiasi comando venga dal sovrano appare giustificato, «perché di tale comando ogni suddito è autore».15 Persino «l’uccisione di Uria non ha costituito un torto nei confronti di Uria, ma nei Gv. 18, 36. T. Hobbes, Leviatano (1651), ii, xxvi, Bompiani, Milano 20123, p. 447. 11 Gb. 41, 25. 12 T. Hobbes, Leviatano, ii, xviii, cit., p. 287. Questo è anche il valore intrinsecamente politico del Leviatano. Cfr. su questo punto C. Schmitt, Sul Leviatano, il Mulino, Bologna 2011, p. 69: «Si può ben pervenire a un accordo di tutti con tutti: ma questo è soltanto un anarchico patto sociale, non statale. La persona-sovrano-rappresentantiva, che si origina oltre e al di là di questo patto sociale e che è l’esclusiva garante della pace, non viene a costituirsi attraverso l’accordo ma soltanto in occasione di esso, ed è incomparabilmente superiore a quanto potrebbe operare la forza sommata di tutte le volontà individuali separate». 13 T. Hobbes, Leviatano, ii, xvi, cit., p. 267. 14 Ivi, ii, xxii, p. 369. 15 Ivi, ii, xxii p. 373. Su questo circolo, tutto moderno, tra rappresentanza e corpo politico cfr. G. Duso. La rappresentanza. Genesi e crisi del concetto, Franco Angeli, Milano 20032, in particolare, relativamente a Hobbes, pp. 80-82. 9

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La narrazione del padre. Considerazioni su Alexandre Kojève, l’autorità, la tradizione Massimo Palma

English title  The storytelling of the father. Considerations on Alexandre Kojève, authority and tradition Abstract  Alexandre Kojève (1902-1968), a Russian philosopher writing in French, investigates the types of authoritative phenomena in a posthumous treatise called The Notion of Authority (1942). Among the four typologies – the Master, the Leader, the Judge, the Father – the latter is the one having a relationship with the past and the tradition. According to Kojève, although the father autority has no personal quality, no specific character, it is a defining type in any political regime, because it masters the storytelling of tradition. This contribution aims to clarify some features of the apparently only functional paternal authority in Kojève in the context of his thought. Particular attention is devoted to its tie with the wise man at the height of absolute knowledge and its male features. Keywords  father, authority, book, wise man, tradition

By “stars” I mean of course, tradition and by “tradition” I mean nothing at all. Ben Lerner, The forgetting begins

1. L’inizio ‘sacerdotale’ dell’autorità della tradizione La definizione compiuta del concetto di autorità in Alexandre Kojève (1902-1968) avviene a seconda guerra mondiale in corso, quando tra mille peripezie, ormai lontano da Parigi occupata, scrive un testo, per una volta di dimensioni ridotte rispetto al resto della sua produzione, intitolato La notion de l’autorité. Lo mostra l’indicazione autografa in calce a quello che rimarrà un inedito fino all’inizio di questo 69 ©

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Massimo Palma

secolo: «A. Kojevnikoff, Marseille, 16/5/42».1 Ulteriori fondamentali riflessioni sulla “nozione” vengono svolte in modo più laterale dal pensatore russo da poco naturalizzato francese in un altro scritto composto durante la guerra e rimasto in un cassetto fino a una tarda pubblicazione postuma: l’Esquisse d’une phénoménologie du droit (1943).2 Ma la riflessione sull’argomento teneva impegnato Kojève da oltre un decennio. Pur senza isolare formalmente il concetto, infatti, già in quello che può considerarsi il suo esordio scientifico pubblico – fatte salve un paio di recensioni – Kojève aveva offerto alcuni spunti in merito.3 Spunti da cui conviene partire. Si tratta dello scritto su La métaphyisique religieuse de Vladimir Soloviev. Ampia riflessione sul grande pensatore ottocentesco, il testo risaliva in realtà alla tesi discussa con Karl Jaspers nel 1926, Die religiöse Philosophie Wladimir Solowjews. Non certo per caso l’argomento venne assegnato in una sede – Heidelberg – che vantava storicamente ampi innesti russi in un ambiente culturale composito, animato da eruditi di varia estrazione (su tutti i due Kreise rivali di Max Weber e Stefan George).4 Un estratto della dissertazioA. Kojève, La notion de l’autorité, introduzione di F. Terré, Gallimard, Paris 2004; trad. it., La nozione di autorità, a cura di M. Filoni, Adelphi, Milano 2011. Dell’amicizia con il funzionario di Vichy Henry Moysset, probabile destinatario del testo, e del retroterra non limpido dell’opera (il doppiogiochismo di Kojève, il ruolo dell’Appendice del testo sull’«autorità del Maresciallo»], parla l’incisiva analisi di M. Filoni, Il libero gioco del negoziatore, ivi, pp. 129-43. Sulle traversie biografiche del periodo bellico è fondamentale la ricostruzione dello stesso M. Filoni, Il filosofo della domenica. La vita e il pensiero di Alexandre Kojève, Bollati Boringhieri, Torino 2008, pp. 225-40. 2 A. Kojève, Esquisse d’une phénoménologie du droit, Gallimard, Paris 1981; trad. it. di R. D’Ettorre, Linee di una fenomenologia del diritto, intr. di F. D’Agostino, Jaca Book, Milano 1989. La traduzione in questo caso è sempre nostra. 3 Un’ampia silloge delle recensioni del quinquennio 1932-1937, in larghissima parte pubblicate nella rivista «Recherches Philosophiques» curata da Koyré, Albert Spaier, Henri-Charles Puech, è contenuta in A. Kojève, Oltre la fenomenologia. Recensioni (1932-1937), a cura di G. Chivilò, Mimesis, Milano-Udine 2012. Si veda il saggio introduttivo di Chivilò per un’utile discussione tematica del “dualismo temporale” che Kojève profila incrociando l’analisi di problemi husserlianoheideggeriani col tema del lavoro (ivi, pp. 30-35). 4 Già dai tempi di Max Weber a Heidelberg all’università (nonché sulla rivista «Logos») si segnalava la presenza di autori russi, e il grande romanzo russo – 1

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La narrazione del padre. Considerazioni su Alexandre Kojève, l’autorità, la tradizione

ne fu pubblicato in tedesco nel 1930,5 quando l’autore si era trasferito a Parigi da anni, per poi essere rielaborato e riadattato per l’uditorio francese, quando era già divenuto realtà l’affidamento più celebre della storia filosofica del ’900, che vide Alexandre Koyré chiedere a Kojève di sostituirlo all’Ecole Pratique des Hautes Etudes (1933-1939). Da quel sessennio nacque, per la cura di Raymond Queneau, la celebre Introduction à la lecture de Hegel (nel 1947),6 quando ormai Kojève era al lavoro alla Direction des relations économiques extérieures. Nel nuovo-vecchio lavoro su Solov’ëv, pubblicato infine nel 1934,7 si riscontra un primo spunto nella direzione della tipologia del concetto di autorità che sarà analizzato a fondo solo durante la guerra. Se in anni più recenti Bruce Lincoln, in un saggio dedicato al tema, ha preferito definire l’autorità come effetto di una sintesi nell’occasione tra abilità retoriche e cornice operativa («l’autorità può esser considerata come l’effetto prodotto dalla congiunzione dell’oratore giusto, del discorso giusto della scena e dell’apparato giusto, del giusto tempo e giu-

Tolstoj in particolare – fu termine di riferimento decisivo per il Weber-Kreis (cfr. F. Ghia, L’arte come professione. L’estetica di Max Weber, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2004 pp. 166-179). Un’ampia ricognizione sul periodo heidelbergese di Kojève è in M. Filoni, Il filosofo della domenica, cit., pp. 102-132 (in particolare, sulla vocazione cosmopolita e russofila cfr. p. 105 e bibliografia in nota). 5 A. Koschewnikoff, Die Geschichtsphilosophie Wladimir Solowiews, in «Der russische Gedanke: Internationale Zeitschrift für russische Philosophie, Literaturwissenschaft und Kultur», i, n. 3, 1930, pp. 305-324. Sul nesso con Solov’ëv si veda già L. Franco, Kojève: il libro, la tradizione e la rottura della continuità storica, in «Il Centauro», 13-14, 1985, pp. 137-159, qui soprattutto pp. 138-151. Ma sul debito con il pensiero russo (non solo Solov’ëv, ma anche Nikolaj Fëdorov), e la letteratura dostoevskjana cfr. da ultimo J. Love, The Black Circle. A Life of Alexandre Kojève, Columbia University Press, New York 2018, pp. 17-100. 6 A. Kojève, Introduction à la lecture de Hegel, a cura di R. Queneau, Gallimard, Paris 19682 (1947); trad. it. a cura di G. F. Frigo, Introduzione alla lettura di Hegel, Adelphi, Milano 1996. 7 A. Kojèvnikoff, “La métaphysique religieuse de Vladimir Soloviev”, in «Revue d’histoire et de philosophie religieuses», xiv, n. 6, 1934, pp. 534-554; xv, 1935, nn. 1-2, pp. 110-152; trad. it. di L. Salvarani, Sostituirsi a Dio. Saggio su Solov’ëv, cura e introduzione di M. Filoni, Medusa, Milano 2009.

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Una tutt’altra sovranità. Rileggendo “La sovranità” di Georges Bataille Felice Ciro Papparo

English title Another sovereignty. Reading Bataille’s Sovereignty Abstract  What is sovereignty? Never before this concept has been at the centre of political and cultural debates. There are, however, various ways of interpreting this «original power, independent from any other power». Georges Bataille, as example, seventy years ago offered an interpretation of sovereignty that can be very interesting for today. A sovereignty that «has little to do with that of States», and that above all is configured as «an opposite aspect, in human life, to the servile or subordinate one», thus indicating a space of experience – as for the French philosopher the experience is the «only authority, the only value» – in which life tries its best. In other words, it is not the exercise of a power that enslaves and binds, that competes and remains closed in itself, but liberation, a going outside oneself, the «destruction of the habit of having a purpose», opening up to the pleasure of one’s own consumption. This essay is precisely aimed to analyse how Bataille makes this «different sovereignty» appear in the manifold forms of human existence: in childhood, in youth, in the figures of «minority» that literature and art, in their confrontation with evil and cruelty, have been able to present us. Keywords  Bataille, sovereignty, nothingness, subjectivity, childhood, Kafka a Sara Colafranceschi Nessuno può rinnegare il proprio volto (abbandonare l’autonomia)*

1. A voler riassumere in pochissime battute il senso del “testo”: La Sovranità, mai compiutamente dato alle stampe dal suo autore, è sufficiente citare le prime righe della prima parte, il cui titolo ge*

G. Bataille, Il colpevole, trad. it., Dedalo, Bari 1989, p. 152.

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Felice Ciro Papparo

nerale, Ciò che intendo per sovranità, è da Bataille stesso siglato come Introduzione teorica all’intero testo: «La sovranità di cui parlo ha poco a che vedere con quella degli Stati, definita dal diritto internazionale. Parlo in generale di un aspetto opposto, nella vita umana, a quello servile o subordinato».1 Si tratta, dunque, a condizione di non saltare la lettera del testo, che in questo caso preciso coincide con il concetto stesso di sovranità, di intendere le righe iniziali non come «il distinguo difensivo apposto ad apertura di libro dall’autore evidentemente spaventato dalla vastità praticamente illimitata della propria impresa», 2 ma viceversa come il programmatico tentativo dell’autore di affermare, sicuramente con un passo al di là della politica ma non per questo tout court impolitico, 3 l’esistenza di una tutt’altra sovranità, da non confondere con, né ridurre alla incisione legislativa e/o legiferante stabilita dalle e con le ‘coercitive’ statuizioni civili, una sovranità che ha come suo focus un punto di vista trans-finito, che prende di mira la triste finitezza dell’esserci e piuttosto invita questo esser-ci, ‘piegato’ e ‘impiegato’ a servire, ad andare al di là di ogni servitù, a non cedere alla paura così cedendo sul proprio desiderio, non di durare, ma di trans-finire, ovvero di abban-donarsi a “l’azzurro del cielo” assumendo, per quanto gli è possibile nella propria vita mortale, la smarginatura della stella il cui fine è solo quello di prodigare le proprie forze, ovvero di sfinire. 1 Id., La sovranità, trad. it., il Mulino, Bologna 1990, p. 41; poi riproposta dalle edizioni se, Milano, nel 2016. 2 Cosa sicuramente vera, come ha scritto, a suo tempo, Roberto Esposito, introducendo, sotto il titolo Il comunismo e la morte, la traduzione italiana del testo batailleano, cit., p. 9, ma che non inficia in nessun modo la presa di posizione, appunto teorica, di Bataille sulla sua “nozione” di sovranità, che viene confermata lungo l’intero testo dal suo autore. 3 … se con impolitico s’intende, e in senso ristretto, una dimensione e/o posizione, esterna al ‘politico’, che ha preso atto della finitezza costitutiva del politico e la rammemora a quest’ultimo costantemente, finendo così per assumere, un simile ‘voce’ impolitica, solo quella ‘malinconica’ e ‘a vuoto’ di Cassandra. Per un ragionamento più ampio, rimando al mio scritto “Una traccia lasciata su un vetro rigato”, comparso prima come postfazione alla trad. it. de Il limite dell’utile, Adelphi, Milano 2000, e poi nella sezione “Appendici” del mio Per più farvi amici Di alcuni motivi in Georges Bataille, Quodlibet, Macerata 2005.

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Una tutt’altra sovranità. Rileggendo “La sovranità” di Georges Bataille

Questa sovranità “tutt’altra” si delinea, con le parole stesse dell’autore, come «un aspetto opposto, nella vita umana, a quello servile o subordinato», un aspetto, quello sovrano, che «si presenta in numerose forme: solo di rado si condensa in una persona e anche in quel caso esso è diffus[o]».4 Proprio per questo carattere, la sovranità, di cui è tema nel libro incompiuto di Bataille, è quanto di più diffusamente esperibile da tutti e da ciascuno una volta che si è “scoperto”, o per dir meglio, si è posto definitamente allo scoperto, e lo si è assunto nella propria singolare esistenza, il principio regolatore e indisciplinato che la sorregge e l’attraversa: «Tutto quel che è, deve essere consumato»!5 Ora, proprio perché la sovranità è aldilà dell’utile, la consumazione di cui parla Bataille è assolutamente aldilà di ogni principio di prestazione e non ha niente a che vedere con una generica frenesia consumistica.6 Intesa nella sua giusta misura, la sovranità dissolve, dissolvendo in primis il soggetto stesso che la prende in carica su di sé e come cura di sé, ogni pratica asservitrice dell’altrui presenza, foss’anche, una simile pratica, messa in atto in nome e per conto di un Bene le cui “virtù” sono tutte disposte aldilà di ogni singolare virtù e ben sapute solo dall’unico detentore che vuole disporre della mia esistenza, seducendomi con la brillantezza della ‘cosa’ da consumare, indicando e dicendo alla mia esistenza dove trovarlo, il Bene, e, di conseguenza, in che direzione prefissata vada immessa la mia esistenza… se vuole cercare il ‘suo’ bene. Pensato, nei vari progetti editoriali, dal suo autore sotto il titolo Nietzsche et le communisme, sottotitolo: La souveraineté, ma di fatto materialmente combinato con un’idea di libro su Camus (e la morale), il testo ha le fattezze, per dirlo con il lessico nicciano, di una scorribanda inattuale sul principio fondativo di una comunità di singolari soggettività che, aldiqua e aldilà di ogni statuita fondazione statale, fanno legame tra di loro. G. Bataille, La sovranità, cit., p. 64. La frase viene pronunciata da Bataille in risposta alla domanda di un ascoltatore presente alla seconda giornata della conferenza (tenuta da Bataille venerdì 27 febbraio 1948 presso il Collège Philosophique) e il cui titolo era: “Schema di una storia delle religioni”. Per la citazione, si veda G. Bataille, Sulla religione. Tre conferenze e altri scritti, trad. it., Cronopio, Napoli 2007, p. 99. 6 Cfr. Una traccia lasciata su un vetro rigato, cit., infra. 4 5

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Il volto e l’identità. A partire da Canetti e Deleuze Ubaldo Fadini

English title  The visage and the identity. Moving from Canetti and Deleuze Abstract  Gilles Deleuze and Félix Guattari are the ones to articulate, alsoin connection with the theses of Elias Canetti contained in Crowds and power, a healthy theoretical enterprise, at several levels. This healthy theoretical enterprise is characterized by affirmation of a decisive political nature of the visage, allowing to read its reality in such terms as to finally send it back to flows, intensities and sets of neighborhoods never fixable once for all. This contribution highlights the operational character of the identification of the visage with the mask, in the wake of some reflections by Alessandro Pizzorno, and the importance of a consequent politics of undoing it. Il is in view of its liberation that the politics of undoing will be alble to engage in the delineation of becomings really not absorbable by the given concatenations of power. Keywords  visage, mask, body, identity, politics

1. Il volto è divenuto da tempo un “oggetto” di analisi antropologica del contemporaneo, in quanto è proprio in esso che troviamo i segni terribili della violenza razzista, di uno sfigurare inteso ovviamente in senso negativo, di una distruzione irrefrenabile di quei costrutti di identità che pretendono, pur nel riconoscimento della loro parzialità di fondo, di avere rilevanza, un qualche valore non secondario. A fianco di ciò avanzano, sempre nel presente, le dinamiche di schermatura, per via tecnologico-digitale, del volto stesso, combinate con l’utilizzo mirato di tutto quello che consente di rimodellarlo per via artificiale. Il Novecento ha ben restituito il delinearsi di una fenomenologia del volto che ha avuto protagonisti indiscutibili: penso, a mero titolo esemplificativo, a Max Picard ed Emmanuel Levinas, a Jean-Paul Sartre e Jacques Derrida, tra gli altri, ma come non ricordare 125 ©

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Ubaldo Fadini

le pagine straordinarie di Pavel A. Florenskij o uno studioso del volto come icona dell’invisibile: Jean-Luc Marion. Potrei continuare a lungo con questo elenco di studiosi e punte di analisi di straordinario interesse, ma in questo mio contributo vorrei di nuovo soffermarmi sui temi del viso ri/voltato, così come si possono individuare in autori a me cari quali Gilles Deleuze (anche in compagnia di Félix Guattari) ed Elias Canetti. Prima però di rivolgermi a questi autori, alle loro riflessioni sul volto, la maschera e il potere, mi piace riprendere il filo di una preziosa analisi sviluppata da Alessandro Pizzorno proprio sul tema della maschera, risalente ai primi anni Cinquanta del secolo scorso, nella quale quest’ultima viene vista come un oggetto culturale che ha sempre accompagnato la vicenda storica complessiva dell’umanità in virtù della sua funzione di mediazione tra la persona, le sue esperienze più intime, e i ruoli sociali, le rappresentazioni pubbliche. Attraverso la metafora della maschera si arriva ad afferrare il variare dell’identità personale in relazione ai contesti di ambientamento, nell’individuazione di come sia decisivo apprendere in qualsiasi occasione il modo opportuno di comportarsi, il che vuol dire poi rimarcare il fatto che la stessa identità è un processo continuo di apprendimento, un venire a patti con i diversi “pubblici” socio-culturali e con le loro modalità di ricezione dell’agire. Dalla ricchezza di elementi dell’analisi di Pizzorno, mi interessa estrarre ciò che si può riferire alla “nozione puramente psicologica e negativa della maschera”, nel senso dell’attenzione prestata in un qualche modo a “ciò dietro cui il volto dell’uomo si nasconde”: se si resta ancorati a un piano di apprezzamento psicologico, segnato dall’“ingenua distinzione di essere da apparire”, si può facilmente trascorrere da un interesse alla maschera come indicativa di una volontà o di un bisogno di nascondimento alla rilevazione dell’“essere autentico” della persona “come ciò che è fatto essere dalla maschera grazie al suo venir scelta e motivata”. Lo studioso del “velo della diversità” scrive: Ecco che la semplice dialettica psicologica, pur partita da un’ingenua distinzione di essere da apparire, riconduce la nozione di maschera a incidere in maniera costitutiva sull’essere della coscienza. Questo è il contesto che nella nostra cultura ambienta la metafora del “mettersi la maschera”. Ma la stessa espressione ha avuto un significato proprio, ha designato un comportamento

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Il volto e l’identità. A partire da Canetti e Deleuze umano. La figura psicologica, pur conservandone […] la struttura, non è che un estremo fossile, deposto da gesti effettivi, i quali sono potuti essere culto, tecnica di governo o di educazione, spettacolo, festa. In essi, un oggetto che noi chiamiamo ‘la maschera’; dall’uno all’altro un atteggiamento fondamentale, la partecipazione dell’uomo ad altri che lui stesso – ai suoi dei, ai suoi totem, ai suoi eroi, ai suoi simili – , sua sola arte per riconoscere sé stesso.1

In tale prospettiva, Roberta Sassatelli osserva, nella sua postfazione al testo di Pizzorno, dopo aver sottolineato come la «metafora della maschera» per quest’ultimo non vada «confusa con quella del teatro suggerita da Goffman» in quanto l’oggetto d’interesse è da cogliersi nella «rete di relazioni che si stabiliscono attraverso la maschera tra il soggetto e il suo pubblico», che l’approccio del sociologo «è marcatamente non individualista – e del resto egli ha chiarito che sono le strutture e le pratiche della ricezione culturale, e non le intenzioni dell’individuo, a determinare il significato dell’azione sociale. […] Il saggio sulla maschera termina con l’affermazione che “ogni gesto o parola o smorfia” del soggetto moderno “sono funzione di una verità da interpretare”, riportando quindi il rapporto tra intenzionalità e ragioni dell’agire alla ricezione».2 2. La maschera è quindi qualcosa che non ha unicamente valore per ciò che le sta dietro: certo, questo aspetto è importante ma lo è altrettanto il suo presentarsi come quella forma altamente simbolica che consente, a partire comunque da pretesti (“appigli”) identitarî, di pervenire a dei riconoscimenti reciproci, di comunicare in ogni caso. È su questo sfondo che vorrei ancora proiettare alcune delle osservazioni di Elias Canetti a proposito della maschera come singolare stato finale di un processo di metamorfosi, come esito costante e rigido, di una potenza di vita variegata e mobile che, rispetto al suo disporsi nell’umano, trova altrimenti espressione nel “libero gioco del volto”, nella sua “mimica”, accertabile laddove si prenda atto che «in una so1 Alessandro Pizzorno, Sulla maschera, postfazione di Roberta Sassatelli, il Mulino, Bologna 2008, p. 21. 2 Roberta Sassatelli, Attraverso la maschera. Rappresentazione e riconoscimento, postfazione ad Alessandro Pizzorno, Sulla maschera, cit., pp. 108-109.

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Tornare indietro e andare avanti Amedeo Ruberto

English title  Coming back and going on Abstract  In this paper, we discuss some conceptual and experiential items every day stressed in this pandemic period. Over all we consider the psychological mechanism of regression, as a coming back, necessarily related to evolution, as going on, in a non-conflictual way toward transformative solutions. Keywords  auto and etero conservative instinct, regression, psychotherapy

1. Questo breve scritto non ha l’obiettivo di affrontare direttamente il tema dell’autorità o le sue imprevedibili torsioni in quest’epoca di pandemia. Piuttosto vuole girare attorno, di lato e sotto alla questione e proporre all’attenzione alcuni meccanismi generali connessi a periodi critici – individuali o collettivi che siano. Quali, per esempio: sentimenti amplificati d’angoscia e di fine del mondo, impossibilità di contatto con un mondo che appare improvvisamente “cambiato” e incomprensibile, negazione e ubiqua proliferazione di “spiegazioni” banalmente abborracciate e paranoicali, condivisi e diffusi comportamenti anticonservativi ecc. Ci soffermeremo dunque su alcuni aspetti puramente psicologici che sembrano chiamati in causa nella questione a cominciare dal rapporto fondamentale tra istinto di autoconservazione e istinto di conservazione della specie per poter poi rielaborare le nozioni di reale e di vero. Ci dedicheremo, infine, a un esame del meccanismo psicologico della regressione riflettendo sulla sua dinamica ma anche sulla sua finalità come elemento necessario per un adattamento morfogenetico. 2. Vorrei inizialmente soffermarmi sulla classica distinzione – in qualche modo costitutiva – della libido come istinto di conservazione 143 ©

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Amedeo Ruberto

della specie e/o istinto di autoconservazione dell’individuo. Ciò che vorrei evidenziare è il diverso destino di significazione cui diverse e alternative forme logiche di questa opposizione rimandano. Da un punto di vista psicologico, a mio modo di vedere, tale forma non può essere quella della contraddizione, un “aut aut” tra le diverse declinazioni dell’istinto di conservazione, quanto piuttosto quella del ­l ’antinomia: contemporaneamente e inscindibilmente conservazione di sé e della specie. Le ragioni della scelta risiedono nell’evidenza di una differente conseguenza pragmatica: da una contraddizione sarà giocoforza costruire scenari conflittuali mettendone una di contro all’altra, come di fatto è storicamente accaduto e tuttora accade a proposito di altre fondamentali opposizioni di cui faremo solo qualche esempio: conscio e inconscio, individuale e collettivo, individuo e ambiente. Avremo come derivato di una formulazione contraddittoria, per ogni opposto, una determinazione meccanicistica, anti-evolutiva e mutilata della dinamica psicologica che, ridotta a una sorta di termostato, reagirebbe a ogni stimolo o pulsione come per ristabilire una temperatura programmata. Il vantaggio di quest’operazione è nella chiarezza di una semplificazione alla portata di tutti perché già scontata nel linguaggio di tutti i giorni e che permette la riduzione concettuale delle due libido reificandole in una convenzione linguistica di soggetto-oggetto, osservandone per contrasto i differenti scopi e prevedendone le differenti azioni. Certo è che, in un paradigma meccanicistico e materialista, è molto difficile reperire una qualsivoglia interrogazione etica, tanto che risulterebbe anche difficile capire per quale ragione ci si dovrebbe prender cura di qualcuno cui disfunziona una libido autoconservativa mettendo così in pericolo quella del curante. In effetti non si dà neanche una collocazione condivisibile a tale libido oggettivata nella contraddizione sicché ne deriveranno una necessaria serie di “tecniche di distanziamento” che non sto qui a ricordare se non per sottolineare come siano state all’origine di una serie di artefatti concettuali come, per fare qualche esempio, l’idea di un “analista specchio”, la registrazione audio-video delle sessioni di psicoterapia, l’enorme sviluppo in alcune psicoterapie di una pretesa “oggettività” dei comportamenti da tenere degli psicoterapeuti e, infine, di una proposta nosologica-nosografica di un manuale diagnostico. 144 ©

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Tornare indietro e andare avanti

Infine, la declinazione contraddittoria della conservazione della specie prende la forma di una struttura sintomatica – e quindi psicopatologica – che deve essere ridotta non solo al chimismo monadico di un individuo scompensato ma anche a quello di una comunità disorientata e disorganizzata, incapace di autonomia e adattamento, sicché il prendersene cura implicherebbe l’invenzione e il trasferimento di Autorità a un decisore politico cui verrebbero attribuite sia le competenze che il potere necessario per assumerne la responsabilità. 3. Viceversa, considerando gli opposti in questione come legati nella forma logica dell’antinomia, non avremo alcuna paragonabile chiarezza concettuale anche solo per l’estrema difficoltà di esprimerla nelle parole. Comunque, ogni espressione “libidica” – e in generale l’intera dinamica psicologica – ci diverrebbe inevitabilmente, ipoteticamente, probabilisticamente e arbitrariamente interpretabile in una prospettiva allo stesso tempo individuale e/o collettiva. In questo caso però, il meno di chiarezza apre a un più di libertà interpretativa e di azione strategica proprio perché reintroducendo l’incertezza si restituisce singolarità e casualità all’agire, al pensare, al programmare in psicoterapia e non solo. Includendo come elemento costitutivo, in una formulazione antinomica, sia la dimensione individuale che la dimensione collettiva (e poi di conseguenza una memoria filogenetica e un’eventualità regressiva per entrambe) sosterremmo, dandone fondamento empirico e non apodittico, anche la possibilità e il senso di un libero arbitrio, di un’etica, di una morale e di una motivazione alla cura. Infine, avremo a che fare non più con un’azione volta all’omeostasi conservativa quanto piuttosto con una morfogenesi adattativa. Ma come si entra in contatto con la congiunzione antinomica di istinto di autoconservazione e conservazione della specie? Per rispondere dobbiamo fare un passo indietro. 4. Una verità è una verità quando “it works”, scriveva Jung. ‘Work’ è parola polisemica quanto mai, significa lavoro e lavorare come anche il posto dove lavori e anche con chi, cosa e perché lavori. Infine, significa anche funzionare: ciò che fai e soprattutto ciò che fai con buoni e attesi risultati o anche ciò che fa qualcosa appropriatamente come quando spingi un interruttore e si accende una lampadina, tutto questo e molto altro è ‘work’. 145 ©

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Disordine, irritazione, cura. La pandemia in psicoterapia Mauro La Forgia

English title  Disorder, irritation, care. The pandemic in psychotherapy Abstract  During the Italian lockdown in March and April psychotherapists practiced their sessions online. This essay is a subjective account of the feelings of confusion, disorder, irritation, sometime followed by acts of abandonment, that characterized the author’s practice. The essay also describes and analyzes some reactions the analytic couple has to the new form of setting, and indicates solutions to the most evident problems. Keywords  pandemic, online psychotherapy, setting

1. Salgo al mio studio di Monte Mario, a Roma, due volte al giorno. La salita è un po’ ripida; al ritorno, la discesa mantiene una sua gradevolezza. Ogni tratto è di circa due chilometri e posso scegliere tra due percorsi. Il primo, per lo snobissimo viale Tito Livio, è tra lecci e villini a due piani. È tanto se incontro tre persone. Lo prediligo se voglio fare il contemplativo, e posare a saggio, camminando a passi lenti. Il secondo è tra i tigli del caotico viale Medaglie d’oro. Macchine fin troppo veloci, gente, negozi. Mi fermo per qualche decina di secondi alla vetrina di un grande negozio di attrezzature subacquee. Guardo le novità. Un ricordo fugace dei fondali del Giglio, di Ponza, o dei coralli delle Maldive: sono passati quarant’anni. Più su, c’è una rivendita di macchine fotografiche di tutte le epoche. Anche lì schiaccio il naso sulla vetrina, accarezzo con gli occhi le Hasselblad col mirino a pozzetto, le Nikon reflex degli anni Settanta, le Eos digitali supertecnologiche. Le vorrei comprare tutte, ma non sono mai nemmeno entrato. Il cellulare può bastare per le velleità di un settantenne. 153 ©

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Mauro La Forgia

2. Ma tra caos, nostalgie e desideri, approdo a studio per lo più appagato dalla passeggiata. Suona un paziente. Una didatta molto sensibile m’insegnò, quando ero ancora alle prime armi, ad accogliere i pazienti con un’ombra di sorriso. Una faccia anche solo seria elicita domande del tipo «sta bene?», «ma si sente veramente bene?», che finiscono per perturbare le prime, importanti, fasi della seduta. Il sorriso è invece un primo, fondamentale, segnale di vicinanza, «incipe parve puer risu cognoscere matrem»;1 seguiranno narrazioni di conflitti, condivisioni di sofferenze, ricordi angosciosi, ma intanto ci si accorda su un inizio lieve, su un segno di speranza. A volte il paziente racconta di analoghe vicende di avvicinamento allo studio: tragitti in metropolitana vissuti in una sorta di trance meditativa, percorsi in macchina con iniziali sussurri di ciò che si racconterà in seduta o con l’emergere di ricordi e immagini di episodi lontani. Mi spiegano che tutto ciò potrà riprendere quando usciranno dalla stanza di analisi. Non mi stupisco: anche per me è stato così, nei vent’anni trascorsi in terapia. 3. Da quando una piccolissima e affascinante forma di vita ha dato a noi tutti l’inquietante sensazione di poter morire intubati e solitari in una sorta di hangar trasformato in ospedale, se solo ci si frequenta di persona, le cose sono cambiate, e non di poco. Nella terapia, il volto del paziente e il nostro sono schiacciati sui video di due computer che interagiscono “da remoto”. (Strana forma gergale, questa, per chi è abituato a considerare il remoto come una figura temporale e non spaziale). Gli occhi roteano sulla cornice dello schermo perché appare l’immagine ma non si sente la voce (o viceversa), e si cerca con un certo affanno l’icona giusta per sistemare le cose; e poi, la faccia è inquadrata sullo schermo troppo in alto o troppo in basso…

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Virgilio, Bucoliche, Egloga iv, v. 60.

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Disordine, irritazione, cura. La pandemia in psicoterapia

A volte, per qualche diavoleria elettronica, sei pronto a ricevere la chiamata sul computer ma volto e voce emergono fastidiosamente dal cellulare che hai nella stanza vicina. Per dirla alla Wim Wenders, mai, in terapia, ci si è sentiti così vicino e così lontano. È inevitabile che, in una dimensione così delicata come quella del setting, queste difficoltà di comunicazione attivino una reazione di dispetto: l’incontro non è come dovrebbe essere; l’atmosfera è vagamente disforica ed elicita segni di aggressività da entrambe le parti. Ovviamente, basta in genere meno di un minuto perché la comunicazione diventi soddisfacente. Ma qualcosa si è perso; trafficando col computer ci si è dimenticati di sorridere; il morbido «come sta?» degli incontri di persona si è inavvertitamente trasformato nel più controllante e persecutorio «com’è andata questa settimana?», che finisce per alludere sia alle nostre condizioni di spirito, sia al fatto di esser riusciti anche questa volta a sopravvivere, nonostante tutto. 4. Ho lavorato in questo modo per circa tre mesi. È consuetudine non molto evoluta e nemmeno troppo elegante di molti di noi difendersi dall’abbandono della terapia da parte di un paziente tirando fuori giudizi di ambivalenza, di scarsa capacità d’introspezione, di tendenza all’agito, o quant’altro. Ho reagito anch’io così, inizialmente, quando due pazienti si sono rifiutati di accettare la terapia online, e sono scomparsi. Certamente, potevo in questo caso aggiungere alle stereotipie giustificative di cui sopra le malefatte del computer. Ma ritengo che anche in questo particolare setting a distanza, da pandemia, occorra ammettere che se un paziente va via, e non per una condivisa conclusione del lavoro, ma per una scelta improvvisa e non concordata, la responsabilità prevalente è del terapeuta. Le due situazioni d’interruzione si sono manifestate diversamente. Nel primo caso, una paziente, pur abituata al lavoro online, ha dichiarato impossibile, dopo due sedute, adattarsi a una psicoterapia tramite computer. Un secondo paziente non ha accettato tout court le sedute online, e ha atteso la prima seduta in presenza per comunicarmi in modo irrevocabile che abbandonava. 155 ©

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Autorità. Per una storia del legame auctoritas-exousía Pietro De Marco

English title  Authority. For a history of the links between auctoritas and exousia Abstract  Authority today appears to be studied in a horizon between the diagnosis of its crisis (political, moral and hierachic in general) and its informal, liquid survival in the relational worlds. A study of the multiplicity of words that designate Authority (and interpret it) is required, starting from the Latin, Greek and Hellenized, classical and Christian cultures, through medieval transformations, up to the construction of modern Sovereignty and the conflict, simplifying, between potestas political and auctoritas of the Church. The author explores the interference between Roman auctoritas and Greek, pre-Christian and Christian exousia, the double translation of exousia by potestas, then by auctoritas, authority, autorité, and perhaps by sovereignty and majesty, and his institutional and ideological counterparts, as an invitation to take into account constants and variables of the theological-political language. The transcendence and the simultaneous action of Authority are expressed in the deepest form by the Christian theology of the Incarnation and of the ‘double’ nature of the Christ. Keywords  authority, auctoritas, authorité, potestas, imperium, exousia, Herrschaft, souveraineté, maiestas, theologico-political, Carl Schmitt, Kingship, Augustus, Paul to Romans, Gospel of John, New Testament greek, ps.-Ecphantus, Max Weber, political language, Alexandre Kojève, Joseph de Maistre

i. Preambula Sovente, in questi mesi di ricerche su autorità ancorate al web, mi è capitato di slittare su rami collaterali dei siti interrogati e ritrovarmi su testi pedagogici. Sembra a momenti che gli unici a occuparsi di autorità siano gli studiosi dell’educazione. Anche sul versante della cultura teo161 ©

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Pietro De Marco

logica, raccogliendo bibliografie, ci si trova rapidamente alle prese con questioni educative, catechetiche (neppure istituzionali gerarchiche).1 Così anche l’autorità nella famiglia, un grande tema in declino di riflessione, sembra toccata di rimbalzo, entro la geometria complementare-concorrenziale delle agencies di formazione. La convinzione, più che teoria o una vera evidenza, di una vita sociale reticolare e negoziata, quindi negoziabile, su ogni nodo per la quale l’agire sociale è essenzialmente dispendio (dépense) comunicativo, tattica consensuale, e di autopersuasione, ha reso rada e fastidiosa la riflessione sull’autorità. Le pagine di riferimento più frequente sono quelle della Arendt, del 1954. Solo ai livelli filosofici in cui prosegue la riflessione di Carl Schmitt ed eredi, ci si occupa ancora della sovrapposizione tra auctoritas e potestas. La seconda ha assorbito la prima piegando il Politico moderno a vantaggio della coazione legittima della norma (costituzionale) in sé. La norma costituzionale è oggi il Sovrano, dimentico dell’avvertenza di Schmitt (e Hobbes) che è il corpo politico che fa la Costituzione, ed eventualmente è la Verfassung che produce – ma non ovunque – una Konstitution, non il contrario. Ma come ricostruire una auctoritas del corpo politico (che non è l’opinione pubblica)? E cos’è stata in passato l’auctoritas? In altre culture filosofiche si insegue, mi pare, un diversissimo tentativo di riscatto filosofico e teologico (o di immunizzazione?) dell’auctoritas nella ricerca di una purezza a-potestativa del portatore esistenziale di autorità. Se una storia di auctoritas (e termini correlati o corrispondenti, il gr. exousia per es.) ha qualche portata, direi che questa seconda linea, interna al cd. “tournant théologique de la phénoménologie (française)” non può attingere neppure a quella parte e vicenda del campo di significati e imputazioni di auctoritas che riguarda l’autorità privata, personale: paterna, magistrale, padronale, amicale. È che rifondare l’autorità immunizzando (comunque si proceda, nel relazionale e nel politico) la costituzione dell’Autorità e il suo enjeu nella realtà, è, prima ancora che indesiderabile, impossibile. Questa impossibilità fa parte di una storia più grande, quella della impossibile liquidazione della teologia politica. L’assunto che l’autorità-auctoritas, diversaMa si legge con interesse, in ambito riformato, Moyer, Doy. Mind Your King: Lessons and Essays on Biblical Authority, Moyer Press. Edizione del Kindle. 1

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Autorità. Per una storia del legame auctoritas-exousía

mente dalla potestas (sing. e pl.), opera per sé stessa senza la forza e se usa la forza ha fallito, risulta alla fine fuorviante, poiché a) confonde l’ambito di potestas con quello di Macht come potere (indeterminato, dunque anche fuori di un patto o riconoscimento) di costringere; b) sottrae alla auctoritas istituita il suo essenziale contenuto esecutivo e punitivo (= obbligatorietà e giustiziabilità dei suoi mandati); confonde insomma, in termini complementari, la potestas con la Macht-violenza 2 e identifica simmetricamente l’auctoritas (che spesso equivale a Herrschaft nei lessici) con un Potestativo che agirebbe per pura presenza, astanza. Da ciò una ricerca un poco diversa. Nel corso degli anni ho privilegiato la esplorazione dei lessici, per metodo (aiuta un campionamento intertestuale entro il campo intellettuale) ma anche per un piacere ‘spitzeriano’ di ricerca nella inesauribile costellazione delle fonti. La questione di Autorità, dunque, anzitutto i campi lessicali che le appartengono. Se posso esemplificare, la necessità di capire come il termine ierocrazia (Hierokratie) fosse arrivato tra le mani di Max Weber e avesse favorito in lui una originale categorizzazione ad experimentum, mi spinse a cercare per anni in lessici settoriali, dizionari storici e in una moltitudine di fonti. Una ricerca che giunse a far perno sulla dissimilazione e la complementarità, ma anche di concorrenza e sovrapposizione Cfr. M. Heidegger, Ernst Jünger, Bompiani, Milano 2013 (con testo a fronte, trad. M. Barison), ov’è questione della Herrschaft tra Jünger e H. (e Schmitt e Weber). Nella trad. italiana 1981 di Der Arbeiter. Herrschaft und Gestalt, Quirino Principe traduceva H. con dominio; così ora anche Barison e altri, esterni alla letteratura specialistica weberiana dove i problemi di resa italiana sono stati discussi a lungo. Per parte mia considero canoniche le scelte della trad. it. diretta da Pietro Rossi della Sociologia della religione, presso Comunità. Con la scelta dominio si implica che “dominio [Herrschaft] non è potere”, difficile da sostenere senza un accordo minimo sui significati e italiani e tedeschi, come le pagine seguenti mostrano. La peculiare semantica sia di Jünger sia di Heidegger appare così compromessa in partenza. A mio avviso H. vale sempre potere-potestà, ovvero dominatus [legittimo] e non il semplice dominium né all’opposto l’ideologico “dominio”. Da studioso di Max Weber considero la trad. ‘dominio’ (meno duttile di rule, cui si avvicina, vedi ruling class) la scelta meno opportuna tra le diverse possibili (sarebbe utile sempre consultate il Deutsches Rechtswörtebuch, e il grimm, anche online). Per questo la trad. fr. di Herrschaft con autorité, e ingl. con Authority, che non mi convincono, sono comunque preferibili. 2

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 secondo l’ordine alfabetico dell’autore La rivista “atque” prosegue a pubblicare i fascicoli in formato cartaceo per i tipi di Moretti & Vitali di Bergamo, per cui questi sono tuttora disponibili presso le librerie e ordinabili all’indirizzo elettronico ordini@morettievitali.it. Si comunica inoltre che è stato deciso che ogni fascicolo, dopo un “embargo” di due anni, sia reso disponibile in formato pdf – in maniera completamente gratuita – sul sito www. atquerivista.it Si comunica infine che è ormai completata la digitalizzazione dell’intero archivio storico, sicché ogni singolo articolo e ogni intero fascicolo di “atque” – dal 1990 (anno della sua fondazione) sino a quelli di due anni fa – sono leggibili e scaricabili on line.

Filippo Accurso, “Freud e Wittgenstein: mitologia del quotidiano e linguaggio della scienza”, «atque», 23-24, 2001, pp. 159-194 Paolo Aite, “La visibilità da conquistare: note sull’immaginazione in analisi”, «atque», 12, 1995, pp. 47-62 Angela Ales Bello, “Comprendere le psicopatologie. Un approccio filosofico-fenomenologico”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 219-240 Massimo Ammaniti, “Attualità e evoluzione del concetto di ‘Sé’ in psicoanalisi”, (intervista di Francesca Cesaroni), «atque», 9, 1994, pp. 69-86 Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe, “La prima persona”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 187-212 Massimiliano Aragona, “Oltre l’attuale crisi della nosografia psichiatrica: uno sguardo al futuro”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 35-54 Giampiero Arciero, “Il problema difficile e la fine della psicologia”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 157-184 Elisa Arnaudo, “Soglie del dolore”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 89-98 Luigi Aversa, “La schizofrenia: una patologia della funzione simbolica. Anomia percettiva e devianza del conoscere”, «atque», 4, 1991, pp. 183-190 Luigi Aversa, “L’esperienza antinomica della psicoterapia”, «atque», 18-19, 1998, pp. 139-148 Luigi Aversa, “La coscienza e i suoi disturbi”, «atque», 20-21, 1999, pp. 77-86 Luigi Aversa, “L’analista, l’empatia e l’inconscio”, «atque», 25-26, 2002, pp. 117126 Luigi Aversa, “Le figure etiche dell’esperienza analitica”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 197-204 Luigi Aversa, “Dialogo con Mario Trevi”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 333-340 Arnaldo Ballerini, “La incompresa ‘incomprensibilità’ di Karl Jaspers”, «atque», 22, 2000, pp. 7-18

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Arnaldo Ballerini, “Dalla clinica del ‘caso’ all’incontro: verso una psicopatologia della prima persona”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 21-40 Arnaldo Ballerini, “Dove e quando comincia la schizofrenia”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 19-34 Arnaldo Ballerini e Andrea Ballerini, “Affetti e delirio”, «atque», 13, 1996, pp. 19-31 Arnaldo Ballerini e Mario Rossi-Monti, “Delirio, scacco gnoseologico, limiti della comprensibilità”, «atque», 1, 1990, pp. 59-72 Alessandro Barchiesi, “‘Atque’ e atque”, «atque», 1, 1990, pp. 129-130 Federico Barison, “Risposta ‘originale’: vetta ermeneutica del Rorschach”, «atque», 12, 1995, pp. 154-164 Paulo Barone, “Sul non-nato”, «atque», 4, 1991, pp. 173-182 Paulo Barone, “‘Pensare dialetticamente e non dialetticamente a un tempo’. Quindi ‘rompere’ (con) questo stesso tempo”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 205218 Franco Basaglia e Agostino Pirella, “Deliri primari e deliri secondari, e problemi fenomenologici di inquadramento”, «atque», 22, 2000, pp. 19-28 Enrico Bellone, “Sulle italiche fortune del professor Feyerabend”, «atque», 10, 1994, pp. 77-92 Franco Bellotti, “L’esperienza delle emozioni nell’incontro analitico”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 123-139 Gaetano Benedetti, “Intenzionalità psicoterapeutica”, «atque», 13, 1996, pp. 31-50 Gaetano Benedetti e Maurizio Palliccia, “Il disegno speculare catatimico”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 221-255 Roberto Beneduce, “‘I doppi dimenticati della storia’. Sofferenza, diagnosi e immaginazione storica”, «atque», 15 n.s., 2014, 277-298 Arnaldo Benini, “Il senso del tempo e i disturbi neurologici del presente”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 445-459 Arnaldo Benini, “La coscienza e il cervello. Raccomandazioni di un fisicalista a chi indaga sulla mente”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 55-64 Sergio Benvenuto, “Verso una verità che ci libera dalla dipendenza?”, «atque», 1819, 1998, pp. 165-188 Vania Berlincioni e Enrico Petrella, “Note su Per la critica della psicoanalisi di Karl Jaspers”, «atque», 22, 2000, pp. 151-164 Marianna Bernamaschi Ganapini, “Asserzione ed espressione”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 67-74 Graziella Berto, “La cura della singolarità”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 63-72 Graziella Berto, “Immagini di pensiero”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 29-40 Mariano Bianca, “Téchne o épistéme: quale stato della psicoterapia”, «atque», 1, 1990, pp. 73-90 Mariano Bianca, “Oggetto percettivo e percezione”, «atque», 4, 1991, pp. 197-212 Remo Bodei, “Un episodio di fine secolo”, «atque», 1, 1990, pp. 91-106

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Remo Bodei, “Curare il dolore dell’anima. Su alcune tecniche eterodosse e sulla funzione terapeutica della filosofia”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 63-71 Rossella Bonito Oliva, “Rappresentazioni e narrazioni dell’azione: l’altrimenti e la decisione. Per una fenomenologia del contingente”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 25-41 Eugenio Borgna, “I confini Io-Mondo nella Wahnstimmung”, «atque», 3, 1991, pp. 43-54 Eugenio Borgna, “La psicoterapia delle psicosi e le sue premesse filosofiche”, «atque», 6, 1992, pp. 45-58 Eugenio Borgna, “C’è ancora un senso nella psicopatologia?”, «atque», 13, 1996, pp. 51-60 Eugenio Borgna, “Sogno ed esistenza. Note su Binswanger”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 97-102 Gerardo Botta, “Riflessioni su L’altro maestro”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 223-234 Gerardo Botta, “La traducibilità trasformativa del linguaggio”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 189-204 Adriano Bugliani, “Terapia e fenomenologia. Hegel e la psicoanalisi”, «atque», 2728, 2003, pp. 203-218 Massimo Caci, “Contatto vs perdita del contatto. Per una antropologia dell’ambiente fra Eugène Minkowsky e Gilles Deleuze”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 175-200 Bruno Callieri, “‘Curare’ o ‘prendersi cura di’. Un dilemma psichiatrico della responsabilità esistenziale”, «atque», 8, 1993, pp. 121-132 Bruno Callieri, “Inquadramento antropologico dell’esperienza d’incontro con lo psicotico”, «atque», 13, 1996, pp. 61-86 Bruno Callieri, “Prefazione”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 11-17 Giacomo Calvi e Lorenzo Calvi, “Nora: un’immagine letteraria dell’esaltazione”, «atque», 13, 1996, pp. 87-96 Giuliano Campioni, “La difesa dell’illusione metafisica: una ‘wagneriana’ risponde a Friedrich Nietzsche”, «atque», 12, 1995, pp. 165-172 Giuliano Campioni, “Ressentiment: il pericolo da superare per NietzscheZarathustra”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 17-33 Giuliano Campioni, “Friedrich Nietzsche: critica e affermazione della ‘volontà’” «atque», 21 n.s., 2017, pp. 109-128 Sandro Candreva, “Perversione e caduta dell’alterità”, «atque», 7, 1993, pp. 123132 Eleonora Cannoni, “Capire la paura. Lo sviluppo della rappresentazione della paura tra i cinque e i dodici anni”, «atque», 23-24, 2001, pp. 109-134 Baldassarre Caporali, “L’‘altro’ tra differenza e pluralità”, «atque», 7, 1993, pp. 155166 Vincenzo Caretti, “La solitudine del curante, la scissione mente-corpo e il deficit della simbolizzazione”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 323-332

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Enrico Castelli Gattinara, “Piccole grandi cose: tra ordinario e straordinario”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 19-40 Enrico Castelli Gattinara, “Zero come simbolo: uno sconfinamento indeterminato”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 95-112 Stefano Catucci, “‘Reimparare a sognare’. Note su sogno, immaginazione e politica in Michel Foucault”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 103-118 Paola Cavalieri, “Fenomenologia del primo incontro. Vissuti di estraneità e capacità di improvvisare del terapeuta”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 213-224 Paola Cavalieri, “Introduzione. Verso una psichiatria critica”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 11-15 Paola Cavalieri, “Il concetto di psicosi unica può essere oggi valido per una comprensione dei processi affettivi nelle psicosi?”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 199216 Paola Cavalieri, Mauro La Forgia e Maria Ilena Marozza, “Prefazione”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 11-15 Giorgio Caviglia, “Simbolo ‘vero’/simbolo ‘falso’: il dilemma clinico del simbolo diabolico”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 101,114 Felice Cimatti, “Il paradosso del ricordare. La memoria e il segreto del corpo”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 131-147 Felice Cimatti, “Quanto fa 25x20? Per una logica del cambiamento psichico”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 41-62 Felice Cimatti, “Divenire cosa, divenire corpo”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 107132 Giuseppe Civitarese, “Sul concetto bioniano di contenitore/contenuto”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 101-121 Alberto Clivio, “L’‘io’ biologico”, «atque», 9, 1994, pp. 141-152 Giorgio Concato, “Thymós”, «atque», 2, 1990, pp. 107-124 Giorgio Concato, “Note su percezione, intuizione e complessità nella psicologia di C. G. Jung”, «atque», 4, 1991, pp. 149-172 Giorgio Concato, “Gadamer, Jung e Bateson. Il colloquio psicoterapeutico in forma di dialogo”, «atque», 6, 1992, pp. 131-158 Gianluca Consoli, “Affetto, emozione e conoscenza”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 1333 Pietro Conte, “Metapherein. Il paradigma metaforico tra parola e immagine”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 17-28 Pietro Conte, “Sembra viva! Estetica del perturbante nell’arte contemporanea”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 265-281 Francesco Corrao, “Sul sé gruppale”, «atque», 11, 1995, pp. 11-24 Laura Corti e Marta Bertolaso, “Prospettive sulle/delle metamorfosi tecnologiche”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 63-84 Elena Cristiani, “Il presente in analisi”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 341-354

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Nora D’Agostino e Mario Trevi, “Psicopatologia e psicoterapia”, «atque», 13, 1996, pp. 97-120 Riccardo Dalle Luche, “Noia”, «atque», 17, 1998, pp. 43-66 Mario De Caro, “Volontà, libero arbitrio ed epifenomenismo”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 69-88 Luciano Del Pistoia, “Psicopatologia: realtà di un mito”, «atque», 13, 1996, pp. 121145 Vanessa De Luca, “Risentimento e vergogna: le basi morali della responsabilità”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 153-171 Pietro De Marco, “Autorità. Per una storia del legame auctoritas-exousìa”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 161-218 Roberta De Monticelli, “Alla presenza delle cose stesse. Saggio sull’attenzione fenomenologica”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 219-240 Daniel C. Dennett, “Il mito della doppia trasduzione”, «atque», 16, 1997, pp. 1126 Daniel C. Dennett e Marcel Kinsbourn, “Il dove e il quando della coscienza nel cervello”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 131-182 Fabrizio Desideri, “L’alterità come soglia critica”, «atque», 7, 1993, pp. 65-80 Fabrizio Desideri, “La fuga in sé. Variazioni sul tema della coscienza”, «atque», 9, 1994, pp. 47-68 Fabrizio Desideri, “Resonabilis Echo. La coscienza come spazio metaforico”, «atque», 11, 1995, pp. 93-114 Fabrizio Desideri, “Al limite del rappresentare: nota su immaginazione e coscienza”, «atque», 12, 1995, pp. 135-153 Fabrizio Desideri, “Il velo dell’autocoscienza: Kant, Schiller e Novalis”, «atque», 16, 1997, pp. 27-42 Fabrizio Desideri, “Kant: la malattia mentale come patologia della coscienza”, «atque», 20-21, 1999, pp. 23-40 Fabrizio Desideri, “Empatia e distanza”, «atque», 25-26, 2002, pp. 7-24 Fabrizio Desideri, “Uno sguardo sul presente: relativismo, pluralismo e identità umana”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 69-98 Fabrizio Desideri, “Interni. Quattro variazioni quasi dialettiche intorno a sensibilità e linguaggio”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 13-32 Fabrizio Desideri, “Del comprendere. A partire da Wittgenstein”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 137-156 Fabrizio Desideri, “Sulla polarità tra ‘estetica e poietica’: intorno al Discorso sull’estetica di Paul Valéry”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 121-144 Fabrizio Desideri, “Parva gramaticalis ovvero Impossible love”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 11-18 Fabrizio Desideri, “Frammenti di conversazione sulla cura di sé e sulla cura in generale”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 17-31

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Fabrizio Desideri, “A due voci. Quasi un dialogo per nastro magnetico, Glasharmonika e rumore di fondo”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 17-30 Fabrizio Desideri, “Adversus empathicos! Quasi un dialogo in tre scene”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 9-23 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 9-13 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 9-14 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 9-14 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 9-15 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 9-14 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 25-35 Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 9-15 Astrid Deuber-Mankowsky, “La soglia e il tempo della sensazione: sulla critica della psicofisica di Hermann Cohen”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 33-44 Massimiliano De Villa, “Kafka e l’«immenso insetto»: nuove vie della trasformazione”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 35-45 Massimiliano De Villa, “L’igienico intervallo tra Io e Tu. Umfassung contro Em­ patia nel pensiero di Martin Buber”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 163-180 Antonella Di Ceglie, “La categoria jaspersiana della ‘incomprensibilità’ tra dimensione individuale e dimensione sociale”, «atque», 22, 2000, pp. 29-42 Michele Di Francesco e Alfredo Tommasetta, “Mente cosciente e identità personale”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 1905-130 Giuseppe Di Giacomo, “Ironia e romanzo”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 133-152 Michele Di Monte, “Metafore vi(si)ve? I limiti del linguaggio figurato nel linguaggio figurativo”, «atque», 14 n.s., 2014, pp.57-84 Gianfranco D’Ingegno, “L’analizzabilità del candidato-analista nel terzo millennio. Una professione in via di estinzione?”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 235-248 Francesco Di Nuovo, “Operai babelici, camaleonti di metodo: l’ineludibile dialogo interiore del diagnosta”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 163-200 Roberto Diodato, “The touch beyond the screen”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 153174 Ellen Dissanayake, “Incunaboli estetici”, con una introduzione di Mariagrazia Portera, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 109-124 Elisabetta Di Stefano, “Il vetro e il velluto. La casa tra opacità e trasparenza”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 205-218 Riccardo Dottori, “Oltre la svolta ermeneutica?”, «atque», 14-15, 1996, pp. 9-38

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Rossella Fabbrichesi, “Sé, io, me: La psicologia della coscienza in Georg Herbert Mead”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 59-80 Adriano Fabris, “Il sacro e l’alterità”, «atque», 7, 1993, pp. 81-94 Adriano Fabris, “L’esperienza del sé”, «atque», 11, 1995, pp. 137-148 Adriano Fabris, “Sul ridere in alcune prospettive religiose”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 93-104 Adriano Fabris, “La filosofia e la cura di sé”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 47-62 Silvano Facioni, “Tra mutoli e scilinguati: una rapsodia”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 33-52 Ubaldo Fadini, “Verità e pratiche sociali”, «atque», 18-19, 1998, pp. 35-50 Ubaldo Fadini, “La paura e il mostro. Linee di una ‘filosofia della simpatia’”,«atque», 23-24, 2001, pp. 29-42 Ubaldo Fadini, “Il fattore opacità. Stupidità e indeterminazione in Gilles Deleuze”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 239-252 Ubaldo Fadini, “Ri/sentimenti di rete. Osservazioni”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 173-186 Ubaldo Fadini, “Contro l’ossessione della fine. Per un ‘vissuto’ di collaborazione”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 31-45 Ubaldo Fadini, “Plasticità e metamorfosi. Alla ricerca di nuove mediazioni”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 17-33 Ubaldo Fadini, “Il volto e l’identità. A partire da Canetti e Deleuze”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 125-142 Ubaldo Fadini e Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 9-13 Benedetto Farina, “Il presente dissociato”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 391-418 Maria Farneti, “Dalla confusione ‘ronzante e fiorita’ di James al bambino ‘supercompetente’. Note sulla genesi della percezione visiva”, «atque», 4, 1991, pp. 129-148 Maurizio Ferrara, “La trama”, «atque», 3, 1991, pp. 67-80 Enrico Ferrari, “L’alludere del conoscere clinico. La diagnosi nella prospettiva fenomenologica”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 141-162 Roberto Ferrari e Ricardo Pulido, “L’esperienza animale del contatto. Zoofenomenologia e addestramento meditativo”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 35-62 Bruno Ferraro, “Arte combinatoria e processi di pensiero nelle Città invisibili di Italo Calvino”, «atque», 5, 1992, pp. 71-98 Paul K. Feyerabend, “Università e primi viaggi: un’autobiografia”, «atque», 10, 1994, pp. 9-26 Piero Fidanza, “Lutto e perdita del soggetto”, «atque», 1, 1990, pp. 117-128 Piero Fidanza, “Legame emotivo e conoscenza”, «atque», 2, 1990, pp. 135-144 Roberto Finelli, “Il presente come soap-opera”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 99-112 Primavera Fisogni e Lucia Urbani Ulivi, “Metamorfosi di sistema. Il cambiamento come processo nella prospettiva del pensiero sistemico”, «atque», 24 n.s.,

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 2019, pp. 117-137 Stefano Fissi, “L’orientamento prospettico-narrativo nella psicologia del profondo”, «atque», 5, 1992, pp. 131-154 Stefano Fissi, “Il labirinto del sé”, «atque», 11, 1995, pp. 115-136 Stefano Fissi, “I molti e l’uno in alchimia: l’immaginatio come luogo di integrazione e di confusività della materia psichica”, «atque», 12, 1995, pp. 79-106 Stefano Fissi, “Materia, forma, mente e coscienza”, «atque», 16, 1997, pp. 43-72 Stefano Fissi, “La coscienza nella metapsicologia postmoderna”, «atque», 20-21, 1999, pp. 153-178 Stefano Fissi, “I territori selvaggi e proibiti della soggettività dell’analista”, «atque», 25-26, 2002, pp. 171-198 Stefano Fissi, “La coscienza affettiva. Emozione e cognizione nel determinismo della coscienza”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 143-167 Giovanni Foresti, “Esperable uberty. Gli interventi clinici dell’analista come ipotesi di ricerca”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 197-212 Mauro Fornaro, “L’empatia da Jaspers a Freud e oltre”, «atque», 22, 2000, pp. 4362 Mario Francioni, “L’atteggiamento filosofico fondamentale delle psicoterapie”, «atque», 6, 1992, pp. 37-44 Elio Franzini, “Arte, parola e concetto”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 149-156 Pierfrancesco Franzoni, “La natura coerente: discontinuità non essenziale tra natura, vita e coscienza”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 99-108 Françoise Frontisi Ducroux, “Disturbi della personalità e tragedia greca”, «atque», 20-21, 1999, pp. 7-22 Anna Fusco di Ravello, “Il giro della prigione”, «atque», 11 n.s., 2012, pp.63-74 Carlo Gabbani, “Notizia bio-bibliografica (su Gertrude Elizabeth Margaret Anscombe)”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 213-218 Hans Georg Gadamer, “Pensare le regole” (intervista a cura di Baldassarre Caporali), «atque», 5, 1992, pp. 169-178 Umberto Galimberti, “Filosofia e psicoterapia”, «atque», 6, 1992, pp. 31-36 Umberto Galimberti, “La verità come efficacia”, «atque», 18-19, 1998, pp. 19-34 Umberto Galimberti, “Karl Jaspers e la psicopatologia”, «atque», 22, 2000, pp. 63-78 Umberto Galimberti, “La questione dell’etica in Freud e Jung”, «atque», 27-28, 2003, pp. 107-124 Umberto Galimberti, “Il simbolo: orma del sacro”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 41-60 Vittorio Gallese, “I neuroni specchio e l’ipotesi neurale: dalla simulazione incarnata alla cognizione sociale”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 181-219 Paolo Galli, “Lettura razionale dell’oggetto e tenacia dei linguaggi consolidati”, «atque», 4, 1991, pp. 191-196 Aldo G. Gargani, “Il valore cognitivo delle emozioni”, «atque», 25-26, 2002, pp. 25-34

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Emilio Garroni, “Simbolo e linguaggio”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 21-40 Alberto Gaston, “Karl Jaspers: l’inattuale attualità della psicopatologia”, «atque», 22, 2000, pp. 79-96 Rino Genovese, “La negazione e l’‘altro’”, «atque», 7, 1993, pp. 145-154 Enrico Ghidetti, “Verso una poetica dell’esistenza: l’‘umorismo’ di Pirandello”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 49-54 Sebastiano Ghisu, “Dialogo, scienze, verità”, «atque», 14-15, 1996, pp. 39-70 Sebastiano Ghisu, “Spiegazione, descrizione, racconto”, «atque», 18-19, 1998, pp. 65-88 Anna Gianni, “Andirivieni di contatti tra corpo e mente”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 201-214 Anna Gianni, Roberto Manciocchi e Amedeo Ruberto, “Introduzione”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 11- 16 Elena Gigante, “Nòstoi inauditi. Dalla percezione sonora fetale all’ascolto analitico”, «atque», 10 n.s., 2012, 129-149 Elena Gigante, “Del miraggio, della trasparenza. Le immagini sonore tra limite e sacro”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 157-185 Giovanni Gozzetti, “La perdita del sentimento del Sé. Tra psicopatologia fenomenologica e psicoanalisi”, «atque», 13, 1996, pp. 145-154 Tonino Griffero, “Alle strette. L’atmosferico tra inatteso e superattese”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 101-128 Tonino Griffero, “Forte verbum generat casum. Espressione e atmosfera”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 85-105 Rossella Guerini e Massimo Marraffa, “La natura delle emozioni. Il dibattito fra Martha Nussbaum e Paul E. Griffiths”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 81-99 Luciano Handjaras, “Critica del metodo e utopia pluralista del relativismo di P.K. Feyerabend”, «atque», 10, 1994, pp. 127-141 Dieter Henrich, “Intervista”, «atque», 16, 1997, pp. 199-216 Nicolas Humphrey e Daniel C. Dennett, “Parlando per i nostri Sé”, «atque», 2021, 1999, pp. 41-76 Alfonso Maurizio Iacono, “L’idea di zòon politikòn e la conoscenza come costruzione”, «atque», 2, 1990, pp. 79-92 Alfonso Maurizio Iacono, “Valori condivisi e processi cognitivi”, «atque», 4, 1991, pp. 37-44 Alfonso Maurizio Iacono, “Paura e fame di futuro”, «atque», 23-24, 2001, pp. 1728 Alfonso Maurizio Iacono, “La cura tra la malinconia e l’autonomia”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 229-243 Alfonso Maurizio Iacono, “Rousseau e l’ingannevole sogno dell’utopia come fine del risentimento”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 141-152 Angiola Iapoce, “Il soggetto tra continuità e discontinuità”, «atque», 18-19, 1998, pp. 149-164

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Angiola Iapoce, “Il tempo affettivo del simbolo”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 115-135 Angiola Iapoce, “L’incompletezza dell’umano: configurare, costruire, testimoniare”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 205-220 Marco Innamorati, “La psicopatologia in Théodule Ribot”, «atque», 20-21, 1999, pp. 137-152 Marco Innamorati, “La rimozione del simbolo”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 87-100 Marco Innamorati e Mario Trevi, “Verità ed efficacia in una prospettiva junghiana”, «atque», 18-19, 1998, pp. 129-138 Augusto Iossa Fasano, “Oggetti dentro i corpi. Ridefinire il post-umano”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 133-154 Vladimir Jankélévitch, “L’angoscia dell’istante e la paura dell’al di là”, «atque», 23-24, 2001, pp. 7-12 Vladimir Jankélévitch, “L’umorismo e la rivincita dell’uomo debole”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 39-40 Vladimir Jankélélitch, “L’impalpabile”, Incontro con Eric Binet, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 175-181 Karl Jaspers, “La prospettiva fenomenologica in psicopatologia”, «atque», 22, 2000, pp. 97-124 Giovanni Jervis, “Corporeità e quotidianità nell’esperienza analitica”, «atque», 8, 1993, pp. 33-42 Giovanni Jervis, “Identità”, «atque», 11, 1995, pp. 45-52 Giovanni Jervis, “Naturalità e innaturalità delle psicoterapie”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 11-20 Luis Kancyper, “Risentimento, rimorso e viscosità della libido”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 125-139 Mauro La Forgia, “Il rapporto Freud-Mach: una prima ricognizione”, «atque», 6, 1992, pp. 107-130 Mauro La Forgia, “Psicodinamica intenzionale”, «atque», 16, 1997, pp. 73-92 Mauro La Forgia, “Le parole dell’efficacia nella clinica psicoanalitica”, «atque», 18-19, 1998, pp. 105-116 Mauro La Forgia, “Livelli di coscienza e sensibilità clinica”, «atque», 20-21, 1999, pp. 127-136 Mauro La Forgia, “Empatie radicali e distali”, «atque», 25-26, 2002, pp. 139-152 Mauro La Forgia, “Prospettive cliniche dell’intenzionalità”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 297-322 Mauro La Forgia, “Note su ironia, consapevolezza e processo conoscitivo”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 123-132 Mauro La Forgia, “Le forme del dire”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 51-66 Mauro La Forgia, “L’apparente specificità della clinica”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 123-134 Mauro La Forgia, “Psicoterapia e sogno come pratiche retoriche”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 211-224

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Mauro La Forgia, “Fenomenologia e clinica dell’ordinario”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 177-196 Mauro La Forgia, “Le immagini come prassi dell’eccedenza”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 41-56 Mauro La Forgia, “Venticinque anni di Atque. Un tragitto di vita e di cura”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 265-276 Mauro La Forgia, “La voce delle parole”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 159-174 Mauro La Forgia, “Cronache dell’oltresoglia”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 71-88 Mauro La Forgia, “Vademecum di un consigliori. Ai confini del concetto di empatia”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 181-189 Mauro La Forgia, “Disordine, irritazione, cura. La pandemia in psicoterapia”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 153-160 Mauro La Forgia e Maria Ilena Marozza, “Introduzione”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 9-13 Roberta Lanfredini, “Materia cosciente tra prima e terza persona”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 41-58 Roberta Lanfredini, “Intenzionalità fungente: involontarietà e impersonalità in fenomenologia”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 91-108 Andrea Lanza, “Oltre lo ‘specchio’ e la ‘fusione’: il fondamento dell’Einfühlung husserliana nel Leib”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 139-162 Mario Lavagetto, “Dall’‘Accademia Spagnola’ al romanzo storico. Appunti sulla spiegazione e sulla messa in intreccio nell’opera di Freud”, «atque», 5, 1992, pp. 45-70 Luigi Lentini, “Ragione critica, razionalità scientifica, relativismo”, «atque», 8, 1993, pp. 181-200 Luigi Lentini, “Anarchismo, irrazionalismo, post-razionalismo”, «atque», 10, 1994, pp. 93-110 Luigi Lentini, “Immagine metodologica e ‘realtà’ scientifica sulla teoria anarchica della conoscenza”, «atque», 12, 1995, pp. 107-134 Federico Leoni, “L’inconscio è il mondo. Jean-Luc Nancy legge Sigmund Freud”, «atque», 27-28, 2003, pp. 81-106 Vittorio Lingiardi e Francesco De Bei, “Al punto fermo del mondo che ruota”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 355-390 Giovanni Liotti, “Trauma e dissociazione alla luce della teoria dell’attaccamento”, «atque», 20-21, 1999, pp. 107-126 Enrica Lisciani-Petrini, “Paura dell’al-di-là o angoscia del quasi niente?”, «atque», 23-24, 2001, pp. 13-16 Giuseppe O. Longo, “Il sé tra ambiguità e narrazione”, «atque», 9, 1994, pp. 153-172 Giuseppe O. Longo, “Verso le emozioni artificiali?”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 219241 Primo Lorenzi, “Bruciar d’amore”, «atque», 17, 1998, pp. 101-144

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Riccardo Luccio, “Complessità e autoorganizzazione nella percezione”, «atque», 4, 1991, pp. 91-108 Luca Lupo, “Il pozzo e la scala. L’umorismo etico di Wittgenstein”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 55-75 Cesare Maffei, “L’ambiente della cura”, «atque», 8, 1993, pp. 73-88 Giuseppe Maffei, “Fondamenti dell’apparato per pensare i pensieri”, «atque», 3, 1991, pp. 105-124 Giuseppe Maffei, “La psicoterapia e il modo indicativo”, «atque», 8, 1993, pp. 105122 Valeria Maggiore, “I vincoli della trasformazione: riflessioni sulla metamorfosi tra letteratura, filosofia e biologia”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 161-186 Mauro Mancia, “Sulle origini della coscienza e del sé”, «atque», 20-21, 1999, pp. 87-106 Roberto Manciocchi, “Il pensabile e l’impensabile tra Wittgenstein e Bion”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 75-99 Roberto Manciocchi, “Stati di sonnolenza. Ovvero quando sonno e veglia non sono fenomeni uniformi ma ampie classi di fenomeni”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 225-242 Roberto Manciocchi, “Capovolgimenti e catastrofi. Fra pratiche del contatto e pratiche del contagio”, «atque», 11 n.s., 2012, pp.127-149 Roberto Manciocchi, “Il non-luogo della psicoterapia”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 217-228 Sergio Manghi, “Di alcune orme sopra la neve”, «atque», 8, 1993, pp. 145-152 Amedeo Marinotti, “Il dialogo ermeneutico per Gadamer”, «atque», 14-15, 1996, pp. 71-90 Maria Ilena Marozza, “Le ‘convinzioni del sentimento’: desiderio e ragione nella psicologia del profondo”, «atque», 2, 1990, pp.41-60 Maria Ilena Marozza, “Il senso dell’alterità onirica”, «atque», 7, 1993, pp. 107-122 Maria Ilena Marozza, “L’immaginazione all’origine della realtà psichica”, «atque», 12, 1995, pp. 63-78 Maria Ilena Marozza, “L’attualità come vincolo interpretativo”, «atque», 14-15, 1996, pp. 91-108 Maria Ilena Marozza, “La ricerca della verità come etica della cura”, «atque», 1819, 1998, pp. 89-104 Maria Ilena Marozza, “Da Jaspers a Jung. Il ripensamento dell’esperienza come base della teoria clinica”, «atque», 22, 2000, pp. 125-151 Maria Ilena Marozza, “La clinica tra modello e metafora”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 139-164 Maria Ilena Marozza, “La psicoterapia, l’ironia, l’onestà”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 97-110 Maria Ilena Marozza, “Di che parla la talking cure”. Lo sfondo sensibile del discorrere in analisi”,«atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 33-49

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Maria Ilena Marozza, “Dove la parola manca il segno. Negli interstizi trasformativi della talking cure”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 153-176 Maria Ilena Marozza, “Immagini prospettiche della cura. A mo’ di postfazione”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 277-291 Maria Ilena Marozza, “Quando un corpo incontra il linguaggio. Modulazioni vocali nella talking cure”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 125-141 Maria Ilena Marozza, “Linguaggi della vaghezza. Oltre il mito dell’interiorità”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 111-131 Massimo Marraffa, “Identità corporea e identità narrativa”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 81-105 Massimo Marraffa, “Empatia, mindreading e introspezione”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 77-105 Vieri Marzi, “Il mondo della cura nel servizio psichiatrico territoriale”, «atque», 8, 1993, pp. 133-144 Felice Masi, “Empatia della forma espressiva. Il modello anaforico da Brandom a Bühler”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 121-137 Claudia Mattalucci, “Tabù, paure e soggettività. Un percorso antropologico”, «atque», 23-24, 2001, pp. 73-94 Giovanni Matteucci, “Il linguaggio dell’apparenza. Note a partire dalla lettura junghiana di Joyce”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 213-221 Marco Mazzeo, “Alla scoperta dell’America: cecità, sinestesia e plasticità percettiva”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 117-130 Marco Mazzeo, “Contro il fanciullino. Infanzia cronica e sindrome di Peter Pan”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 211-225 Luciano Mecacci, “Freud e Pavlov, e la Neuropsicoanalisi. Tre note storiche”, «atque», 27-28, 2003, pp. 125-138 Luciano Mecacci, “Cos’è il teatro della mente?”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 153166 Luciano Mecacci, “Pereživanie: tema centrale della psicologia e psicoterapia nella Russia contemporanea. Breve nota storica”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 227-241 Maria Fiorina Meligrana, “Vite assediate. Riflessioni psicopatologiche sulla diagnosi di disturbo ossessivo”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 201-215 Maria Fiorina Meligrana e Roberto Manciocchi, “Il silenzio del corpo e l’autismo. Dopo oltre cent’anni dalla Psicopatologia della vita quotidiana”, «atque», 27-28, 2003, pp. 159-172 Ferdinando G. Menga, “L’inatteso e il sottrarsi dell’evento. Vie d’accesso filosofiche tra domandare e rispondere”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 73-100 Eugène Minkowski, “L’affettività”, «atque», 17, 1998, pp. 145-162 Marina Montanelli, “Sulle tracce dell’esperienza. Walter Benjamin tra critica del vissuto e uomo nuovo”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 133-146 Sergio Moravia, “Homo loquens. Immagini della comunicazione e immagini dell’uomo nel pensiero contemporaneo”, «atque», 2, 1990, pp. 15-40

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Atsuo Morimoto, “Il sogno e la po(i)etica in Paul Valéry”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 183-197 Diego Napolitani, “Le figure dell’altro da pre- a trans-figurazioni”, «atque», 7, 1993, pp. 45-64 Salvatore Natoli, “Lo spazio della filosofia”, «atque», 3, 1991, pp. 125-142 Chiara Nicolini, “Il colloquio di ricerca tra conversazione e colloquio clinico”, «atque», 14-15, 1996, pp. 109-130 Friedrich Nietzsche-Mathilde Maier, “Epistolario”, «atque», 12, 1995, pp. 173-198 Yamina Oudai Celso, “Antipsicologismo husserliano e anticoscienzialismo freudiano. Spunti comparativi”, «atque», 27-28, 2003, pp. 173-202 Yamina Oudai Celso, “Nietzsche ‘primo psicologo’ e genealogista del ressentiment”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 81-104 Alessandro Pagnini, “Davidson, Freud e i paradossi dell’irrazionalità”, «atque», 8, 1993, pp. 153-180 Alessandro Pagnini, “‘Vedere la scienza con l’ottica dell’artista’: note su Feyerabend e il significato filosofico dell’arte”, «atque», 10, 1994, pp. 111-126 Alessandro Pagnini, “Ma le storie, curano? Narrative, simboli, effetti placebo”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 89-105 Alessandro Pagnini, “Introduzione” a Giulio Preti, “Sodoma: risentimento e democrazia”, «atque», 19, 2016, pp. 189-192 Daniela Palliccia, “Bachelard e la ‘rottura’ fenomenologica dell’istante”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 257-291 Massimo Palma, “La critica dell’empatia in Walter Benjamin. Acedia, merce, dominio”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 107-120 Massimo Palma, “La narrazione del padre. Considerazioni su Alexandre Kojève, l’autorità, la tradizione”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 69-91 Felice Ciro Papparo, “Dalla magia naturale del sogno all’ars dell’esitazione in Paul Valéry”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 145-160 Felice Ciro Papparo, “Un tocco di ri-guardo”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 157-180 Felice Ciro Papparo, “Una tutt’altra sovranità. Rileggendo “La Sovranità” di Georges Bataille”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 93-124 Alfredo Paternoster, “Percezione e resistenza dell’oggetto”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 57-78 Giorgio Patrizi, “Dalla grana della voce alla grana della scrittura. Alcune riflessioni sulla parola detta e scritta”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 53-61 Pietro Perconti, “I limiti delle storie su se stessi”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 131144 Luciano Perez, “Il tempo del puer”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 325-340 Alberto Peruzzi, “Intermezzo sul significato”, «atque», 14-15, 1996, pp. 131-154 Alberto Peruzzi, “Soglie e loro trasferimenti”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 45-58 Fausto Petrella, “Il messaggio freudiano e la psichiatria del presente”, «atque», 1, 1990, pp. 107-116

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Fausto Petrella, “Sulla psicopatologia: caute riflessioni di uno psichiatra che non disdegna la psicoanalisi, di uno psicoanalista che non disdegna la psicopatologia”, «atque», 13, 1996, pp. 155-178 Fausto Petrella, “L’ascolto e l’ostacolo”, «atque», 14-15, 1996, pp. 155-188 Fausto Petrella, “Diagnosi psichiatrica e dintorni: considerazioni di un clinico”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 121-140 Fausto Petrella, “Cavalli e asini, muli, bardotti e carpe. Storia, invenzione, memoria e verità in psicoanalisi”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 147-189 Marco Piazza, “L’alterità e il mélange”, «atque», 7, 1993, pp. 177-196 Marco Piazza, “Il sé molteplice di Fernando Pessoa”, «atque», 9, 1994, pp. 173-192 Paolo Francesco Pieri, “I margini della conoscenza”, «atque», 2, 1990, pp. 11-14 Paolo Francesco Pieri, “La visione e le cose. Una conversazione sulla simultaneità”, «atque», 4, 1991, pp. 11-24 Paolo Francesco Pieri, “Segno, Simbolo e conoscenza. Per una epistemologia critica del pensiero di Jung”, «atque», 6, 1992, pp. 159-184 Paolo Francesco Pieri, “Attraverso il dire”, «atque», 8, 1993, pp. 43-66 Paolo Francesco Pieri, “‘Sono io, questo?’ Ovvero, il Selbst nel pensiero di C. G. Jung”, «atque», 11, 1995, pp. 73-92 Paolo Francesco Pieri, “Dialogo, confutazione, dialettica”, «atque», 14-15, 1996, pp. 189-208 Paolo Francesco Pieri, “Coscienza plurale”, «atque», 16, 1997, pp. 7-10 Paolo Francesco Pieri, “Il problema della coscienza nella scienza della mente”, «atque», 20-21, 1999, pp. 179-190 Paolo Francesco Pieri, “Conoscenza e osservazione in psicologia. Due voci del Dizionario junghiano, Bollati Boringhieri”, «atque», 22, 2000, pp. 165-182 Paolo Francesco Pieri, “Il paradigma dialogico nella conoscenza e nella cura psicologica. Considerazioni sul pensiero di Mario Trevi”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 237-268 Paolo Francesco Pieri, “Umorismo e innovazione della conoscenza. La transizione dei codici simbolici e lo sconquasso nel corpo dei saperi”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 11-38 Paolo Francesco Pieri, “Il presente rappresentato”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 9-13 Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 9-10 Paolo Francesco Pieri, “La terapia attraverso il linguaggio: dall’approccio analitico a quello simbolico”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 21-58 Paolo Francesco Pieri, “Introduzione”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 9-17 Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 10 n.s., 2012, pp. 9-10 Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 9-10 Paolo Francesco Pieri, “I saperi come limiti e come risorse del pensiero”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 93- 117

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Paolo Francesco Pieri, “Tra psicoterapia e filosofia. Ovvero sulla cura e le sue varie declinazioni”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 13-15 Paolo Francesco Pieri, “Prefazione”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 9-13 Paolo Francesco Pieri e Daniel C. Dennett, “Il sé e i sé. Quale tipo di realtà?”, «atque», 9, 1994, pp. 193-196 Luca Pinzolo, “La voce tra sonorità e respirazione in Emmanuel Lévinas. Abbozzo di una metafisica dell’atmosfera”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 81-105 Luca Pinzolo, “L’evento della volontà in una prospettiva comparativa. L’azione e l’agente nella Bhagavadgītā”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 173-201 Luca Pinzolo, “Per un’ontologia del vissuto”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 83-110 Luca Pinzolo, “Estetica dello ‘sfioramento’. O dell’empatia e dell’ontogenesi”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 223-243 Sergio Piro, “Antropologie trasformazionali e filosofie diadromiche”, «atque», 11, 1995, pp. 177-195 Elisabetta Pizzichetti, “L’‘altro’ invisibile”, «atque», 7, 1993, pp. 167-176 Lucia Pizzo Russo, “Percezione e conoscenza”, «atque», 4, 1991, pp. 45-90 Helmut Plessner, “Il procedimento sintagmatico del linguaggio e il problema della traduzione”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 151-166 Donatella Poggiolini, Vanna Valoriani, Paola Benvenuti e Adolfo Pazzagli, “Ansia in gravidanza: una condizione di normalità?”, «atque», 23-24, 2001, pp. 135158 Fabio Polidori, “Jaspers, le rovine di Nietzsche”, «atque», 22, 2000, pp. 183-196 Raffaele Popolo e Chiara Petrocchi, “Le rappresentazioni mentali in psicoterapia cognitiva”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 245-262 Maria Grazia Portera, “Chi sono io? Forme dell’individuo fra filosofia e biologia”, «atque», 13 n.s., 2013, pp. 81-104 Mariagrazia Portera, “Introduzione” a Ellen Dissanayake, “Incunaboli estetici”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 109-110 Lorena Preta, “Fare artistico, fare analitico”, «atque», 2, 1990, pp. 145-156 Giulio Preti, “Sodoma: risentimento e democrazia”, con una introduzione di Alessandro Pagnini, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 189-215 Antonio Rainone, “Razionalità: vincoli a priori e indagini empiriche”, «atque», 18-19, 1998, pp. 51-64 Franco Rella, “L’arte e il pensiero. Il pensiero dell’arte”, «atque», 5, 1992, pp. 99110 Franco Rella, “Porte sull’ombra”, «atque», 7, 1993, pp. 197-208 Paolo Rossi, “P.K. Feyerabend: un ricordo e una riflessione”, «atque», 10, pp. 2740 Paolo Rossi, “Il conoscere come fare”, «atque», 18-19, 1998, pp. 7-18 Romolo Rossi e Piera Fele, “Clinica della nostalgia e patologia del Nestos”, «atque», 17, 1998, pp. 67-82

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Mario Rossi-Monti, “Il delirio tra scoperta e rivelazione”, «atque», 3, 1991, pp. 5566 Mario Rossi-Monti, “Sulle orme della vergogna”, «atque», 17, 1998, pp. 83-100 Mario Rossi-Monti, “Lo stato di emarginazione della psicopatologia. Quali responsabilità per gli psicopatologi?”, «atque», 22, 2000, pp. 197-214 Mario Rossi-Monti, “Empatia psicoanalitica ed empatia naturale”, «atque», 2526, 2002, pp. 127-138 Mario Rossi-Monti, “Psicopatologia e figure del presente”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 295-324 Mario Rossi-Monti e Giovanni Stanghellini, “Nosografia e psicopatologia: un matrimonio impossibile?”, «atque», 13, 1996, pp. 179-194 Martino Rossi Monti, “Il carcere, la tomba, il fango. Sulla fortuna di alcune immagini da Platone all’età di Plotino”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 181-202 Marino Rosso, “Realtà e possibilità di un incontro”, «atque», 7, 1993, pp. 133-144 Marino Rosso, “Il fumo e il fuoco”, «atque», 25-26, 2002, pp. 81-116 Marino Rosso, “La filosofia come terapia, saggio su Wittgenstein”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 121-149 Pier Aldo Rovatti, “Il giro della parola. Da Heidegger a Lacan”, «atque», 6, 1992, pp. 71-80 Gian Giacomo Rovera, “Formazione del Sé e patologia borderline”, «atque», 9, 1994, pp. 127-140 Gian Giacomo Rovera, “Tra Adler e Freud rammentando Jung”, «atque», 27-28, 2003, pp. 65-80 Claudio Rozzoni, “Vedere l’irreale. Vissuto d’immagine, vissuto di fantasia”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 191-209 Amedeo Ruberto, “Note sulla paradossalità dello psichico negli scritti di C.G. Jung”, «atque», 2, 1990, pp. 126-134 Amedeo Ruberto, “Appunti su ‘verità e efficacia’ nel lavoro psicoterapeutico”, «atque», 18-19, 1998, pp. 117-128 Amedeo Ruberto, “Tempo, memoria, empatia”, «atque», 25-26, 2002, pp. 219-230 Amedeo Ruberto, “Coscienza e sogno in psicoterapia”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 201-210 Amedeo Ruberto, “Dell’impossibilità di non essere in contatto. Contributo allo sviluppo della psicologia analitica”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 75-92 Amedeo Ruberto, “Condivisibile e non condivisibile. Note su una visione eticopolitica della psicoterapia”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 107-119 Amedeo Ruberto, “Io, coscienza e volontà. La necessità del possibile”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 131-155 Amedeo Ruberto, “Empatia ed ecfrasia. Osservazioni dalla psicoterapia”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 191-205 Amedeo Ruberto, “Tornare indietro e andare avanti”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 143-152

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Amedeo Ruberto e Antonella Leonelli, “Ansia, paura e panico tra psicologia e neurofisiologia”, «atque», 23-24, 2001, pp. 95-108 Amedeo Ruberto e Roberto Manciocchi, “La forza teorica del complesso. Mo­ dernità e specificazioni”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 269-296 Alessia Ruco, “Sensibilità, psiche e linguaggio nella riflessione estetica e antropologica di Helmut Plessner”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 167-184 Mario Ruggenini, “Il principio dell’io. Io, gli altri, l’alterità come abisso”, «atque», 9, 1994, pp. 21-46 Anna Sabatini, “La cristallizzazione del trauma”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 419444 Nicoletta Salomon, “Radici antiche della paura”, «atque», 23-24, 2001, pp. 43-58 Giorgio Sassanelli, “L’lo e il Sé”, «atque», 9, 1994, pp. 87-100 Barbara Scapolo, “Creare attraverso le ‘parole’ lo ‘stato di mancanza di parole’”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 185-212 Attilio Scarpellini, “L’impronta. Trattenere i corpi, toccare l’immagine”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 113-126 Riccardo Scarcia, “Fermare il tempo. Applicazioni di cronografia romana”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 113-130 Antonello Sciacchitano, “Perché nella scienza non si piange e non si ride?”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 105- 119 Antonio Alberto Semi, “Interrogativi attuali sulla cura”, «atque», 8, 1993, pp. 6772 Carlo Serra, “Gesti vocali. Conflitti tra mimesi e senso”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 143-157 Carlo Sini, “I segni della salute”, «atque», 1, 1990, pp. 49-58 Carlo Sini, “La quarta casella”, «atque», 3, 1991, pp. 11-22 Carlo Sini, “Narrazioni e suoni di flauto”, «atque», 5, 1992, pp. 11-24 Carlo Sini, “La verità di rango superiore. Considerazioni sui Seminari di Zollikon”, «atque», 6, 1992, pp. 59-70 Carlo Sini, “I modi come cura”, «atque», 8, 1993, pp. 9-14 Carlo Sini, “La voce del Sé e la signora Darwin”, «atque», 9, 1994, pp. 9-20 Carlo Sini, “Il mito del mito. Confini problematici dell’epistemologia feyerabendiana”, «atque», 10, 1994, pp. 41-52 Carlo Sini, “Immaginazione e realtà”, «atque», 12, 1995, pp. 17-24 Carlo Sini, “La passione della verità”, «atque», 17, 1998, pp. 31-42 Carlo Sini, “Empatia e comprensione”, «atque», 25-26, 2002, pp. 73-80 Carlo Sini, “Da quando gli alberi non rispondono: Platone e Freud”, «atque», 2728, 2003, pp. 7-16 Carlo Sini, “Umorismo alla lettera”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 41-48 Carlo Sini, “Il sonno e la coscienza (peripezie del sapere)”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 41-46 Carlo Sini, “Aver cura del sapere”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 35-45

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Carlo Sini, “Il soggetto del volere”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 19-23 Elisabetta Sirgiovanni, “Riduzionismo in un’ottica pluralista: riflessioni epistemologiche sulla spiegazione neuroscientifica in psichiatria”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 65-92 Luigi Solano, “Elaborazione affettiva e salute”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 169-197 Umberto Soncini, “Fenomenologia e psicologia”, «atque», 6, 1992, pp. 81-106 Davide Sparti, “Tea for two. L’ironia nel jazz di Thelonious Monk”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 175- 174 Paolo Spinicci, “Immaginazione e percezione nell’esperienza pittorica”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 109-128 Giovanni Stanghellini, “Percorsi psicopatologici. La disforia e il tragico”, «atque», 5, 1992, pp. 155-168 Giovanni Stanghellini, “Il sé vulnerabile”, «atque», 25-26, 2002, pp. 199-218 Giovanni Stanghellini, “Per una psicoterapia fenomenologica”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 113-122 Giovanni Stanghellini e Alessandra Ambrosini, “Karl Jaspers. Il progetto di chiarificazione dell’esistenza: alle sorgenti della cura di sé”, «atque», 10, 2012, 225-237 Giovanni Stanghellini e Milena Mancini, “La dialettica della volontà e dell’involontario”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 157-170 Jean Starobinski, “Macchine e passioni. Il modello di Galeno”, «atque», 17, 1998, pp. 21-30 Luca Taddio, “Sulla resistenza delle cose”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 35-56 Silvano Tagliagambe, “Evento, confine, alterità”, «atque», 7, 1993, pp. 11-44 Silvano Tagliagambe, “I presupposti dell’anarchismo epistemologico di Paul K. Feyerabend”, «atque», 10, 1994, pp. 53-76 Silvano Tagliagambe, “Creatività”, «atque», 12, 1995, pp. 25-46 Silvano Tagliagambe, “L’identità è il destino dell’uomo”, «atque», 16, 1997, pp. 93126 Silvano Tagliagambe, “Empatia e rappresentazione della conoscenza”, «atque», 25-26, 2002, pp. 35-72 Silvano Tagliagambe, “Inconscio e conscio in Dostoevskij”, «atque», 27-28, 2003, pp. 17-64 Silvano Tagliagambe, “Il presente e l’ontologia delle relazioni”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 17-68 Silvano Tagliagambe, “La vita è sogno”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 47-96 Silvano Tagliagambe, “La cura nello spazio intermedio tra il corpo e la psiche”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 167-216 Silvano Tagliagambe, “Livelli di emozioni”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 35-78 Silvano Tagliagambe, “Raskol, logica del diavolo: il risentimento in Dostoevskij”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 35-79

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Silvano Tagliagambe, “Il coraggio (e il bisogno) di regredire. Dalla semantica alla fonetica, dal significato al puro e semplice suono delle parole”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 177-208 Silvano Tagliagambe, “La metamorfosi estrema del corpo: i trapianti e l’intruso”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 85-115 Silvano Tagliagambe, “ Ulterior…mente: l’empatia e il mito della prospettiva internalista”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 39-76 Silvano Tagliagambe, “La pandemia ha il volto di Amleto”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 19-51 Salvatore Tedesco, “Il progetto di una morfologia plastica”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 47-61 Filippo Tempia, “Neuroscienze della volontà e della decisione”, «atque», 21 n.s., 2017, pp. 45-67 Ines Testoni, “Paura della morte e anoressia. Mistica del digiuno tra Caterina Benincasa e Simone Weil”, «atque», 23-24, 2001, pp. 59-72 Stefano Tognozzi, “I molti problemi insoluti della percezione che rivolve i problemi”, «atque», 4, 1991, pp. 109-128 Gabriele Tomasi, “Asimmetrie che contano. Wittgenstein sul dolore, la prima persona e le altre menti”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 47-81 Stefano Tomelleri, “Il risentimento e il desiderio mimetico. A partire da René Girard”, «atque», 19 n.s., 2016, pp. 105-124 Monica Toselli e Paola Molina, “Il bambino davanti allo specchio: l’interazione e la costruzione del sé”, «atque», 11, 1995, pp. 149-176 Enzo Vittorio Trapanese, “Il problema della definizione sociale di realtà”, «atque», 2, 1990, pp. 93-106 Enzo Vittorio Trapanese, “Le due metafore istitutive della psicoterapia di orientamento junghiano”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 165-196 Enzo Vittorio Trapanese, “La tirannide del presente”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 183-216 Enzo Vittorio Trapanese, “Sfondi della psicoterapia analitica”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 59-98 Enzo Vittorio Trapanese, “Il disagio psichico e l’interpretazione del mondo sociale”, «atque», 15 n.s., 2014, pp. 241-276 Giuseppe Trautteur, “Distinzione e riflessione”, «atque», 16, 1997, pp. 127-142 Mario Trevi, “Configurazioni e metafore della psicologia e dell’analisi”, «atque», 1, 1990, pp. 29-48 Mario Trevi, “Inchiesta ingenua sulla natura della psicoterapia”, «atque», 6, 1992, pp. 15-30 Mario Trevi, “I modi manipolativi della psicoterapia”, «atque», 8, 1993, pp. 15-32 Francesco Saverio Trincia, “Riflessioni sul simbolo in, e oltre, Freud”, «atque», 1 n.s., 2006, pp. 61-86

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Gianfranco Trippi, “Perdita di sé e perdita del mondo nell’esperienza psicotica”, «atque», 3, 1991, pp. 81-104 Gianfranco Trippi, “Shahrazàd e la psicoterapia”, «atque», 5, 1992, pp. 25-44 Gianfranco Trippi, “Lo specchio delle brame. L’io e il soggetto agli esordi della teoria lacaniana”, «atque», 9, 1994, pp. 101-126 Antonino Trizzino, “Empatia e introiezione”, «atque», 25-26, 2002, pp. 153- 170 Antonino Trizzino, “La dimora estranea. Note su Freud e Tausk”, «atque», 27-28, 2003, pp. 139-158 Antonino Trizzino, “Morire dal ridere. Quattro figure del Comico”, «atque», 2 n.s., 2007, pp. 79-92 Antonino Trizzino, “Tempo in abbandono”, «atque», 3-4 n.s., 2008, pp. 241-256 Antonino Trizzino, “La fisica dell’immagine. Sguardo anatomico e sguardo poetico”, «atque», 14 n.s., 2014, pp. 129-148 Antonino Trizzino, “La macchina morbida. Androidi, emozioni e altri oggetti non identificati nella fantascienza di Philip K. Dick”, «atque», 17 n.s., 2015, pp. 243262 Antonino Trizzino, “Bartleby o l’opacità. L’uomo segreto nella letteratura americana”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 219-236 Antonino Trizzino, “Robert Walser. L’invenzione del silenzio”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 209-228 Antonino Trizzino, “Soglia Lubitz. Manovre di discesa controllata”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 109-125 Antonino Trizzino, “L’occhio vivente. Empatia e biologia”, «atque», 25 n.s., 2019, pp. 207-221 Masanori Tsukamoto, “Gradi del disegno. Per una poetica del sogno in Paul Valéry”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 161-182 Ernst Tugendhat, “Il problema dell’autodeterminazione: Freud, Hegel, Kierkegaard”, «atque», 14-15, 1996, pp. 231-260 Carlo Tullio-Altan, “Delirio e esperienza simbolica”, «atque», 3, 1991, pp. 23-32 Maria Consuelo Ugolini, “Ricerca di senso e psicoanalisi in Wittgenstein”, «atque», 5, 1992, pp. 111-130 Andrea Vaccaro, “Il sapere nel gioco linguistico della cura. Un excursus attraverso l’opera di Freud”, «atque», 8, 1993, pp. 89-104 Francesco Valagussa, “L’auctoritas dai mille volti. L’assenza di volto dell’autorità contemporanea”, «atque», 26-27 n.s., 2020, pp. 53-67 Italo Valent, “L’identità come relazione”, «atque», 11, 1995, pp. 53-72 Italo Valent, “La coscienza secondo Hegel”, «atque», 16, 1997, pp. 143-170 Paul Valéry, “Frammenti del Cahier Somnia”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 21-34 Margherita Vannoni, “La personalità dell’analista come principale strumento del lavoro analitico. Ma quale formazione?”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 249-258 Luca Vanzago, “Le relazioni naturali. Il relazionismo di Whitehead e il problema dell’intenzionalità”, «atque», 11 n.s., 2012, pp. 19-34

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Indice degli articoli di “atque” 1990-2020 Luca Vanzago, “Sulla genesi della partizione tra interiorità ed esteriorità. Analisi fenomenologiche”, «atque», 23 n.s., 2018, pp. 17-29 Mario Vegetti, “La psicopatologia delle passioni nella medicina antica”, «atque», 17, 1998, pp. 7-20 Mario Vegetti, “Fra Platone e Galeno: curare il corpo attraverso l’anima, o l’anima attraverso il corpo?”, «atque», 16 n.s., 2015, pp. 75-87 Francesco Vitale, “Flatus Vocis. Voce e scrittura tra Jacques Derrida e Giorgio Agamben”, «atque», 20 n.s., 2017, pp. 63-80 Sergio Vitale, “Una macchia di inchiostro di Freud. Note sulla conoscenza del­ l’evento”, «atque», 1, 1990, pp. 13-28 Sergio Vitale, “Estetica dell’analisi”, «atque», 2, 1990, pp. 61-78 Sergio Vitale, “La coscienza della simultaneità”, «atque», 3, 1991, pp. 33-42 Sergio Vitale, “Percezione e identità. Osservazioni sull’accadere del soggetto”, «atque», 4, 1991, pp. 25-36 Sergio Vitale, “ll sentimento della ricorsività. Sulla possibilità del cambiamento attraverso la filosofia e la psicoterapia”, «atque», 6, 1992, pp. 185-206 Sergio Vitale, “Distanze”, «atque», 7, 1993, pp. 94-106 Giuseppe Vitiello, “Dissipazione e coscienza”, «atque», 16, 1997, pp. 171-198 Giuseppe Vitiello, “Essere nel mondo: io e il mio doppio”, «atque», 6-7 n.s., 2009, pp. 157-178 Giuseppe Vitiello, “Opacità del mondo e conoscenza”, «atque», 18 n.s., 2016, pp. 17-32 Giuseppe Vitiello, “La verità oltre la soglia”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 17-32 Giuseppe Vitiello, “Simmetrie e metamorfosi”, «atque», 24 n.s., 2019, pp. 139-160 Vincenzo Vitiello, “Violenza e menzogna dell’autocoscienza”, «atque», 11, 1995, pp. 25-44 Vincenzo Vitiello, “Devi, non sei. Sulla soglia del possibile: la Legge”, «atque», 22 n.s., 2018, pp. 59-69 Alberto Voltolini, “Varietà di esperienza percettiva: ‘vedere-in’ vs. scambiare qualcosa per un’altra”, «atque», 5 n.s., 2008, pp. 103-116 Benedetta Zaccarello, “Viatico après coup. Note di accompagnamento alla traduzione [di P. Valéry] ”, «atque», 8-9 n.s., 2011, pp. 35-40 Andrea Zhok, “Per un concetto formale di libertà”, «atque», 14-15, 1996, pp. 209230 Andrea Zhok, “Passione e contraddizione materiale: un modello”, «atque», 17, 1998, pp. 163-196

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