Affidabilità e Manutenzione degli Impianti

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STRATEGIE DI MANUTENZIONE

A GUASTO (Correttiva o Breackdown Corrective Maintenance)

PREVENTIVA (Preventive Maintenance)

La più economica ma …cosa riparare??? Solo per componenti economici, facilmente riparabili e non critici. Attenzione all’effetto “domino”!

- Manutenzione Ordinaria in f(vita attesa)!!! - Controllo componenti ridondanti - Sostituzione componenti usurati.

OPPORTUNISTICA

ISPETTIVA

Manutenzione notturna

Ispezione funzionale

ing. Attilio Domenico CARDILLO

1

2

3

GESTIONE STARTUP IMPIANTI

…Incipiente NO degrado prestazioni

FORMAZIONE SPECIFICA MANUTENTORI

…Improvviso perdita di funzioni

MANUTENZIONE PROGRAM. ED ISPETTIVA

…Imminente degrado prestazioni

PERDITA PRODUZIONE

…Catastrofico Sistema morto

AUTOMANUTENZIONE

TOTAL PRODUCTIVE MAINTENANCE

Guasto… ELIMINAZIONE CAUSE DI

Guasto…

4

5

Linee guida del corso omonimo tenuto dalla prof.ssa Ornella Benedettini. POLITECNICO DI BARI PROGRAMMATA (Statistically and RaliabilityBased Maintenance) Intervento ad intervalli Costo prestabiliti = f(Invecchiamento sistema)

A.A. 2005/2006

COSTO TOTALE

SECONDO CONDIZIONE (Condition-Based Maintenance) Intervento = f(Monitoraggio parametri critici)… per raggiungere un valore voluto!

Costi della manutenzione Costi di inefficienza

AD ETA’ COSTANTE [Type 1] (Age-Based Maintenance) Invecchiamento = Utilizzo del sistema Intervento ogni tp ore di operatività continua. Se avviene un guasto in anticipo di ? tp si anticipano di ? tp tutti i successivi interventi.

Manutenzione Economica

A DATA COSTANTE [Type 2] (Time-Based Maintenance) Invecchiamento = Tempo a calendario… Manutenzione Ciclica Intervento sempre ogni tp ore di operatività continua indipendentemente dal verificarsi di un guasto!

Livello di Manutenzione

PREDITTIVA (Predictive Maintenance)

MIGLIORATIVA (Proactive Maintenance)

Intervento ad azione reattiva = f(Guaso Incipiente) = diagnostica dei parametri impiantistici di sistema… estrapolazione dei dati… attesa!... Trend futuro sul tempo residuo prima del guasto.

Intervento ad azione attiva = f(Cause prime di guasto “condizionale”) = Maggiore anticipo del guasto!!! >> MTBF dei componenti!


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INDICE RICHIAMI DI STATISTICA ______________________________________________________ 3 PARTE PRIMA: TEORIA DELL’AFFIDABILITÀ ______________________________________ 5 I.1 COMPONENTI NON RIPARABILI _________________________________________________ 5 I.2 COMPONENTI RIPARABILI ______________________________________________________ 8

I.2.1 ROTTURA DI UN COMPONENTE RIPARABILE _________________________________________ 9

I.3 SISTEMI DI COMPONENTI ______________________________________________________ 10 I.3.1 SISTEMA SERIE ____________________________________________________________________ I.3.2 SISTEMA PARALLELO ______________________________________________________________ I.3.3 SISTEMI CON STAND-BY ___________________________________________________________ I.3.4 SISTEMI A LOGICA MAGGIORITARIA (k-su-n) ________________________________________ I.3.5 CONVENIENZA ED EFFICIENZA DEI SISTEMI _________________________________________

10 10 11 11 12

I.4 FOULT TREE ANALYSIS (FTA) __________________________________________________ 12 I.5 EVENT TREE ANALYSIS (ETA) __________________________________________________ 15 I.6 FAILURE MODE EFFECT and CRITICALITY ANALYSYS (FMEA FMECA) _________ 16 I.7 HAZARD and OPERABILITY ANALYSIS (HAZOP) _________________________________ 17

PARTE SECONDA: LA MANUTENZIONE __________________________________________ 18 II.1 GENERALITÀ _________________________________________________________________ 18 II.2 PROCESSI MARKOVIANI_______________________________________________________ 19 II.3 STRATEGIE DI MANUTENZIONE ________________________________________________ 21 II.4 MANUTENZIONE A GUASTO ___________________________________________________ 24 II.5 MANUTENZIONE PREVENTIVA \ PROGRAMMATA \ AD ETÀ COSTANTE __________ 25 II.6 MANUTENZIONE PREVENTIVA \ PROGRAMMATA \ A DATA COSTANTE __________ 26 II.7 MANUTENZIONE ISPETTIVA ___________________________________________________ 26

II.7.1 Modello Break-Even ________________________________________________________________ 27 II.7.2 Modello Minimal Repair ____________________________________________________________ 27

II.8 CRITERI DI PROGETTAZIONE DELLA MANUTENZIONE __________________________ 28 II.9 PIANIFICAZIONE DEI RICAMBI _________________________________________________ 30 II.9.1 Modello di Poisson ________________________________________________________________ II.9.2 Modello binomiale _________________________________________________________________ II.9.3 Criterio del costo totale minimo _____________________________________________________ II.9.4 Criterio della disponibilità di soglia__________________________________________________

32 32 33 33

II.10 SIM: Sistemi Informativi di Manutenzione ______________________________________ 34 II.11 CENNI SULL’EVOLUZIONE STORICA DELLA MANUTENZIONE __________________ 36 II.12 RCM: Reability Centered Maintenance _________________________________________ 36 II.12.1 Caso di studio: RCM alla Boeing ___________________________________________________ 38

II.13 TPM: Total Productive Maintenance ___________________________________________ 40 II.13.1 Calcolo dell’indice OEE (OVERALL EQUIPMENT EFFECTIVENESS) __________________________ 41 II.13.2 Analisi dei costi __________________________________________________________________ 42

II.14 KPI: Key Performance Indicators ______________________________________________ 43 II.15 Indice OCE (OVERALL CRAFT EFFECTIVENESS) ____________________________________ 43 II.16 GSM: Global Service Maintenance _____________________________________________ 44

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RICHIAMI DI STATISTICA Di seguito saranno date le nozioni essenziali di statistica necessarie per la comprensione degli argomenti trattati in questo corso. La PROBABILITÀ può essere considerata… •

MATEMATICA (Classica o Aprioristica) se: n n° casi manifesti di A P ( A) = A = ∈ [0,1] dove 0= Mai A e 1= Sempre A n n° casi possibili di A Proprietà: Nelle ipotesi di n casi mutuamente esclusivi ed equiprobabili si ha: o P ( A) + P ( A ) = 1 o P(∅ ) = 0 Come FREQUENZA RELATIVA (Statistica) se: n n° prove manifeste di A P ( A) = A = = f (n ) infatti, per la legge dei grandi numeri, n n° prove totali effettuate sappiamo che, per un elevato numero di prove n, la P(A) risulta più veritiera, ossia, n lim A = P ( A ) . n → +∞ n CONDIZIONATA se l’evento A si è verificato nella modalità definita dall’evento B:  P( A) ⇔ A e B sono STATISTICA MENTE INDIPENDEN TI P( A ∩ B )  P ( A∩ B )= P ( A )⋅ P ( B )   P A | B  = = ESCLUSIVI P (B )  "dato"  0 ⇔ A e B sono MUTUAMENTE P ( A∩ B )= 0  TOTALE se: P ( A ∪ B ) = P ( A) + P( B ) − P ( A ∩ B )

La DISTRIBUZIONE DI PROBABILITÀ f(x) è la funzione biunivoca che associa ad ogni P(A) uno, ed un solo, valore reale di x che viene detta VARIABILE ALEATORIA. Questa può essere: Discreta se è finita o infinitamente numerabile. Continua se è infinita. Proprietà: o f (x ) ≥ 0 +∞

o

∫ f (x )dx = 1 −∞

b

o

P(a ≤ x ≤ b ) = ∫ f ( x )dx a

OSS. La probabilità rappresenta geometricamente l’area sottesa da f(x)… infatti, è definita come un integrale.

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Di seguito si riportano le definizioni di alcune grandezze caratteristiche di uso comune in campo statistico: +∞

VALOR MEDIO x =

∫ x ⋅ f (x )dx … momento del 1° ordine. −∞

• • •

VARIANZA σ 2 =

+∞

TH +∞

−∞

−∞

2 2 2 ∫ (x − x ) ⋅ f (x )dx = ∫ x ⋅ f (x )dx − x … momento del 2° ordine.

MODA MAX probabilità! MEDIANA ~ x ∈ R ∋ P(x < ~ x ) = P(x > ~ x ) … è il valore per il quale la probabilità da sinistra è uguale a quella da destra. X

PROBABILITÀ CUMULATA F ( X ) = P( x ≤ X ) =

∫ f (x )dx … l’area sottesa da f(x) −∞

alla sinistra di X. Ovviamente risulta f ( x ) =

dF ( x ) . dx x∈X

DISTRIBUZIONE ESPONENZIALE NEGATIVA

λ ⋅ e − λ⋅x ∀x ≥ 0 f (x ) =  ∀x < 0 0

dove

λ >0

F (x ) = 1 − e −λ ⋅x

e

x=1

λ

DISTRIBUZIONE DI WEIBOULL b −1 −( x ) b  ⋅ x ⋅e a f (x ) =  a a 0

( )

b

∀x ≥ 0 ∀x < 0

dove a e b dono detti rispettivamente

fattore di scala e di forma.

F (x ) = 1 − e N.B. Se b=1

( )

− xa

b

 1 ⋅ e − x a ∀x ≥ 0 f (x ) =  a Distrib. Exp. Nega. con λ = 1 a 0 ∀x < 0

Formula di INTEGRAZIONE per PARTI: (f fattore finito, g’ fattore differenziale)

∫ ( f ⋅ g′)dx = f ⋅ g − ∫ ( f ′ ⋅ g )dx Rev. 27/10/2006

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PARTE PRIMA: TEORIA DELL’AFFIDABILITÀ Tale teoria studia il comportamento al guasto di componenti e sistemi complessi definendo alcuni parametri caratteristici quali: % di guasto, vita media, ecc… Si definisce componente una generica entità di cui è noto il comportamento al guasto. L’insieme di più componenti è detto sistema.

I.1 COMPONENTI NON RIPARABILI Lo studio del guasto è affetto da incertezza quindi il fenomeno viene descritto dalla variabile aleatoria tempo al guasto (TTF = Time To Failure), indicata generalmente con τ , che rappresenta il tempo intercorrente dallo stato di normale funzionamento a quello di rottura. La distribuzione di probabilità del tempo al guasto f (τ ) è detta ratio di guasto non condizionato e rappresenta la velocità istantanea del processo di rottura. Si definisce affidabilità R(t) la probabilità che il componente funzioni per un determinato tempo con specificate modalità e condizioni operative. Essa è funzione della variabile aleatoria TTF ed è riferita ad un intervallo di tempo. Possiamo esprimere l’affidabilità come segue: Affidabilità (Reliability) R(t ) = P{τ > t } =

+∞

t

t

0

∫ f (τ )dτ =1 − ∫ f (τ )dτ =1 − F (t ) .

F(t) è detta inaffidabilità e rappresenta il complemento ad 1 dell’affidabilità. Dalla definizione di probabilità cumulata sappiamo che distribuzione di probabilità è: dF (t ) d (1 − R(t )) dR(t ) = f (t ) = =− dt dt dt Considerati N componenti uguali in funzione all’istante t=0 definiamo NG(t) e NS(t) rispettivamente il numero dei componenti guasti ed il numero di quelli sani. Ovviamente N (t ) N − N G (t ) N (t ) risulta: N = NG(t)+ NS(t), R(t ) = S = e F (t ) = G . N N N Ratio (tasso o velocità) di guasto condizionato [t-1] P{τ > t ∩ τ ≤ t + dt} F (t + dt ) − F (t ) λ (t ) ∋ λ (t ) ⋅ dt = P{t ≤ τ ≤ t + dt | τ > t } = = P{τ > t } R(t ) Dalla precedente è possibile ottenere (*) le seguenti relazioni:

f (t ) = λ (t ) ⋅ R(t ) t

R(t ) = e

− λ (t )⋅dt 0 t

• (*) DIM

F (t ) = 1 − e

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− λ (t )⋅dt 0

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Tempo medio al guasto - Mean Time to Failure (MTTF) a) Sono noti dati sperimentali (ti, i=1,…,n) n t MTTF = ∑ i i =1 n b) E’ nota la funzione densità di probabilità +∞

+∞

0

0

MTTF = ∫ t ⋅ f (t )dt = ∫ R(t )dt (DIM) Natura dei guasti a) Casuale Tasso di guasto costante nel tempo. componenti elettronici uomo non soggetto ad affaticamento b) Non casuale Tasso di guasto crescente nel tempo. componenti meccanici soggetti ad usura,... uomo soggetto ad affaticamento Il tasso di guasto al variare dell’età del componente (“bathtub curve”)

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Distribuzioni del tempo al guasto Molte analisi d’affidabilità possono essere condotte adottando per il tempo al guasto: a) Distribuzione esponenziale negativa, nel caso di tasso di guasto costante (processo senza memoria).

λ (t ) = λ = costante, t ≥ 0 f (t ) = λ ⋅ e −λt R(t ) = e −λt F (t ) =1 − e− λt MTTF = 1

λ R(MTTF ) = e−1 ≅ 0.368

b) Distribuzione Weibull, nel caso di tasso di guasto crescente nel tempo. a: parametro di scala e b: parametro di forma

f (t ) b  t  λ (t ) = = ⋅  R (t ) a  a 

R(t ) = e Rev. 27/10/2006

b −1

t −  a

b −1

t

b

b  t  − a  f (t ) = λ (t ) ⋅ R(t ) = ⋅   e a a

b

F (t ) = 1 − e 7

t −  a

b

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I.2 COMPONENTI RIPARABILI Come ipotesi (poco realistica) consideriamo lo stato del componente dopo la riparazione “As good as new”. Quindi il processo si dice senza memoria.

Il processo di riparazione è di tipo stocastico perché viene descritto dalla variabile aleatoria tempo di riparazione (TTR = Time To Repair), indicata generalmente con τ R , che rappresenta il tempo intercorrente dallo stato di rottura al successivo stato di normale funzionamento. Generalmente si considera il TTR come somma di tre contributi: TTR = LDT + ADT + AMT LDT Logistic Delay Time: mezzi,… ADT Administrative Delay Time: personale, burocrazia… AMT Active Mainteinance Time: effettiva riparazione! La distribuzione (log-normale) di probabilità del tempo di riparazione g(t) è detta ratio di aggiustamento non condizionato, ossia, g (t ) = P(τ R = t ) t

Manutenibilità G (t ) = P{τ R ≤ t} =

∫ g (τ )dτ R

R

−∞

Poiché g(t) è rappresentata da una log-normale → G(t) cresce molto rapidamente all’inizio e poi sempre più lentamente. Quindi, i valori della Manutenibilità tendono a cumularsi per valori bassi del tempo di riparazione.

Ratio (tasso o velocità) di aggiustamento condizionato [t-1] µ (t ) ∋ µ (t ) ⋅ dt = P{t ≤ τ R ≤ t + dt | τ R > t} Tempo medio di riparazione - Mean Time to Repair (MTTR) +∞

MTTR = ∫ τ R ⋅ g (τ R )dτ R −∞

Dalle precedenti relazioni è possibile ottenere i seguenti risultati:

g (t ) =

dG (t ) = µ (t ) ⋅ (1 − G (t )) dt t

G (t ) = 1 − e

− µ (t )⋅ dt 0

G (0 ) = 0 e G (∞ ) = 1

G (t ) = 1 − e − µt Per ogni distribuzione esponenziale negativa λ (t ) = λ = costante, t ≥ 0 ⇒   1 (nella realtà è una log-normale) abbiamo:  MTTR = µ Rev. 27/10/2006

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Da quanto visto sinora è evidente il dualismo esistente fra i componenti non riparabili e quelli riparabili. Nella seguente tabella riassumeremo queste analogie. NON RIPARABILI τ = TTF

Parametri Variabile aleatoria

RIPARABILI τ R = TTR

…di guasto

Ratio non condizionato

…di aggiustamento

f (t ) = λ (t ) ⋅ R(t )

Densità di probabilità - vistant…

g (t ) = µ (t ) ⋅ (1 − G(t ))

…di guasto

Ratio Condizionato

…di aggiustamento

µ (t ) ⋅ dt = P{t ≤ τ R ≤ t + dt | τ R > t}

λ (t ) ⋅ dt = P{t ≤ τ ≤ t + dt | τ > t } t

Affidabilità “estesa”

R(t ) = e

t

− λ (t )⋅dt

1 − G(t ) = e

0

Inaffidabilità

− µ (t )⋅ dt 0

Manutenibilità t

Cumulata

F (t ) = 1 − e

t

− λ (t )⋅dt

G (t ) = 1 − e

0

+∞

0

+∞

MTTF = ∫ τ ⋅ f (τ )dτ

Tempo medio

− µ (t )⋅ dt

MTTR = ∫ τ R ⋅ g (τ R )dτ R

0

−∞

I.2.1 ROTTURA DI UN COMPONENTE RIPARABILE Ratio di guasto non condizionato per componenti riparabili w(t) w(t ) ⋅ dt = P{t ≤ τ ≤ t + dt} Numero atteso di rotture in [t1,t2] – Expective Numbers of Failures (ENF) t2

W (t1 , t 2 ) = ∫ w(t )dt t1

 ∃∃// LDT   ADT ∃/ADT  ( ) A t = f A , A , A i o a  Intrinseca Operativa Raggiunta  Disponibilità A(t ) = P{t = t funzionamento } … Availability   (achieved)   µ Exp MTTF µ λ A(t ) = + ⋅ e −(λ + µ )⋅t … lim A(t ) = = t → +∞ Nega λ+µ

λ+µ

λ+µ

MTTF +4 MTTR 1442 43

Meen Time Between Failours

{

Indisponibilità Q(t ) = 1 − A(t ) = P t = t non funzionamento

Q(t ) =

λ λ+µ

⋅ (1 − e −(λ + µ )⋅t ) … lim Q (t ) = t → +∞

λ

} Exp

MTTR λ + µ Nega MTTF +4 MTTR 1442 43 =

MTBF

Prop:

(Ipotesi: EXP NEGA λ=cost. µ=cost.)

A(t) e Q(t) sono grandezza istantanee A(t ) + Q(t ) = 1 Q(t ) ≤ F(t ) 1 - Q(t ) ≥ 1 - F(t ) A(t ) ≥ R (t ) A(t ) = e -λ ⋅t = R (t ) Q(t ) = F(t ) = 1 − e -λ⋅t w (t ) = f (t ) = λ ⋅ e -λ⋅t W (0, t ) = F(t )

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N.B. È sempre meglio avere un componente disponibile [A(t)] anche se meno affidabile [R(t)]. __________________ Ogni componente non riparabile è considerabile come un componente riparabile avente un TTR infinito, ossia, MTTR infinito, e quindi, µ (t ) = 0 .

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I.3 SISTEMI DI COMPONENTI L’affidabilità del sistema è certamente funzione dei valori di affidabilità dei relativi componenti costituenti ma dipende anche dalle condizioni operative. Nello studio affidabilistico dei sistemi si usano due tipologie di schemi: Schema funzionale che rappresenta le connessioni fisiche fra gli elementi di un sistema Schema affidabilistico che rappresenta le particolari condizioni operative. Ad ogni sistema fisico è associato un unico schema funzionale ma diversi possono essere i relativi schemi affidabilistici, uno per ogni condizione operativa. Ad esempio, per ogni schema funzionale in parallelo, sono associati due schemi affidabilistici: uno in parallelo (se la potenzialità richiesta è inferiore alla somma delle potenzialità dei singoli componenti) ed uno in serie (nel caso in cui si richieda la massima potenzialità possibile). I.3.1 SISTEMA SERIE

(-|-)… non ridondante!

Per il funzionamento del sistema occorre che tutti gli elementi costituenti siano funzionanti. Hp: Indipendenza stocastica fra i guasti e fra le riparazioni di ciascun componente. n

exp

n

RS (t ) = ∏ Ri (t ) = e

∑ λ i ⋅t

n

AS (t ) = ∏ Ai (t )

i =1

nega

i =1

MTTF =

1 n

∑ λi

=

i =1

i =1

1 n

∑ i =1

1

n

λs = ∑ λi i =1

MTTFi

In generale, l’affidabilità di un sistema serie è minore dell’affidabilità di ogni suo componente. A parità di costo, conviene aumentare l’affidabilità del componente meno affidabile! (DIM) I.3.2 SISTEMA PARALLELO

(//)… ridondante

Indipendenza stocastica fra i guasti e fra le riparazioni di ciascun componente. Il funzionamento è assicurato da uno degli n componenti in parallelo. n

exp

n

i =1

nega

i =1

[

RS (t ) = 1 − ∏ [1 − Ri (t )] = 1 − ∏ 1 − e − λi ⋅t

]

n

AS (t ) = 1 − ∏ [1 − Ai (t )] i =1

In generale, l’affidabilità di un sistema parallelo è maggiore della affidabilità di ogni suo componente. A parità di costo, conviene incrementare l’affidabilità del componente più affidabile! (DIM) Rev. 27/10/2006

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Se un sistema è composto da n componenti in serie ed m in parallelo possiamo avere: Rij = R

m   cost m n SERIE DI PARALLELO (//-//) RS (t ) = ∏ 1 − ∏ (1 − Rij ) = 1 − (1 − R ) j =1  i =1  …ridondanza per componente Risulta: R//-//>R-//- (DIM) n

[

]

Rij = R

n   cost PARALLELO DI SERIE (-//-) RS (t ) = 1 − ∏ 1 − ∏ Rij  = 1 − 1 − R n i =1  j =1  …ridondanza per sottosistemi m

(

)

m

I.3.3 SISTEMI CON STAND-BY In un sistema parallelo è possibile definire una ridondanza passiva (stand by a freddo) o una ridondanza attiva (stand by a caldo) tramite l’utilizzazione di un commutatore (switch). Nel caso di stand by a freddo il componente ausiliario in parallelo viene azionato dallo switch solo al termine dell’intervallo di setup. Diversamente, nel caso di stand by a caldo, avviene un azionamento quasi istantaneo del componente ridondante (basso tempo di setup). Queste configurazioni, nel caso di due soli componenti uguali, assumono i seguenti parametri affidabilistici, dove T è il tempo di missione previsto: 2 RS = e − λT ⋅ (1 + λT ) , MTTF = > MTTF//

λ

T

Probability of Failure On Demand PFOD =

2 // 1 λT F ( t ) dt = ∫ T0 2

I.3.4 SISTEMI A LOGICA MAGGIORITARIA (k-su-n) Per aumentare l’affidabilità dei sistemi è possibile adottare sistemi in parallelo con ridondanza parziale secondo le seguenti ipotesi: Indipendenza stocastica fra i guasti e fra le riparazioni di ciascun componente Il funzionamento è assicurato da k degli n componenti in parallelo Da quanto premesso risulta che: n n n −i RS ( k / n ) = P{k ≤ i ≤ n} = ∑   R i ⋅ (1 − R ) i=k  i  n  n n −i AS ( k / n ) = P{k ≤ i ≤ n} = ∑   Ai ⋅ (1 − A) i=k  i  n

MTTF = ∑ i =k

1 ∀λ = cost λ ⋅i

n n! dove   = è il coefficiente binomiale che individua il numero di possibili  i  i!(n − i )! combinazioni di n elementi a gruppi di i. Rev. 27/10/2006

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I.3.5 CONVENIENZA ED EFFICIENZA DEI SISTEMI Il costo totale di un sistema può essere calcolato dalla seguente relazione:

1 k k =1 (1 + i ) N

CTOT = Ci + Cm ⋅ (1 − An ) ⋅ H ⋅ ∑

dove: Ci: costo d’investimento iniziale dell’intero impianto Cm: costo di mancanza per unità di tempo (ad es: 1€ ogni ora di guasto) Cm ⋅ (1 − An ) = ∑ Pi ⋅ Cmi , dove P è la probabilità dell’i-esima configurazione. i

H: ore annue di funzionamento (solitamente pari a 24 h/d x 365 d/y = 8760 h/y) N 1 ∑ : fattore di attualizzazione del capitale con tasso d’interesse i… k k =1 (1 + i ) solitamente tale fattore viene stimato con la seguente formula

(1 + i )N − 1 N i ⋅ (1 + i )

N: anni dell’investimento. L’efficienza di un sistema è espressa dalla relazione:

eS = ∑ QSi ⋅ Pi i

dove: QSi: Produttività dell’i-esimo componente (%) Pi: Probabilità dell’ i-esima configurazione I.4 FOULT TREE ANALYSIS (FTA) L’analisi attraverso l’albero dei guasti è una metodologia di tipo deduttivo che partendo dall’accadimento di un evento incidentale (Top event), individua le possibili cause (eventi base) che lo hanno generato delle quali è noto il comportamento al guasto. In questo modo, noti i parametri affidabilistici degli eventi base è possibile “risalire” l’albero per definire il comportamento al guasto del Top Event. Nella costruzione grafica dell’albero dei guasti sono usati vari simboli per definire le relazioni logiche che intercorrono tra gli eventi o la tipologia d’evento. Di seguito si riportano alcuni connettori logici booleani ed altri simboli comunemente utilizzati.

Si definisce Cut Set un insieme di eventi base che potenzialmente potrebbe implicare il Top Event. Il Minimal Cut Set è un particolare Cut Set che equivale all’accadimento del Top Event ossia non esiste un suo sottoinsieme che contiene altri cut set. Rev. 27/10/2006

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Nello studio attraverso l’albero dei guasti si operano due tipi d’analisi: QUALITATIVA: tesa ad individuare i possibili Minimal Cut Set (CSi) la cui unione rappresenta il Top Event. Ogni Minimal Cut Set viene inteso come contemporaneità di più eventi base (Cij) il cui numero ne determina l’ordine. Quanto appena affermato può essere espresso dalla seguente formulazione matematica: n

n

m

TOP = ∑ CS i = ∑∏ Cij . i =1

i =1 j =1

QUANTITATIVA: determina la probabilità di accadimento del Top Event. Possiamo distinguere due casi: o Sistema a componenti non riparabili dove la probabilità di primo guasto F è così calcolabile: n n  m   FS (t ) = 1 − ∏ 1 − FCSi (t ) =1 − ∏ 1 − ∏ Fij (t ) i=1 i =1  j =1  o Sistema a componenti riparabili dove l’indisponibilità Q è così calcolabile: n n  m  QS (t ) = 1 − ∏ 1 − QCSi (t ) =1 − ∏ 1 − ∏ Qij (t ) i =1 i =1  j =1  Nell’eventualità di dover calcolare l’indisponibilità di sistemi misti1 si considerano i componenti non riparabili come riparabili aventi un tempo medio di riparazione infinito ed un ratio di aggiustamento condizionato nullo ( MTTR → ∞ ∧ µ = 0 ).

(

)

(

)

N.B. Le variabili associate ad ogni evento sono di tipo booleano, ossia binarie, in quanto possono assumere esclusivamente due valori - 0 o 1 - che rappresentano rispettivamente il non verificarsi o il verificarsi di un dato evento2. Per tale ragione le operazioni, fra le dette variabili, sono di tipo insiemistico, quindi: Somma (+)  Unione (OR)… per tutti gli eventi in parallelo. Moltiplicazione (*)  Intersezione (AND)… per tutti gli eventi in serie. Di seguito riportiamo alcune leggi fondamentali dell’algebra booleana. Leggi d’identità A+A=A A*A=A

B

A A*B

Leggi d’assorbimento A + (A * B) = A A * (A * B) = A * B

Nella pagina seguente è raffigurato un esempio di albero dei guasti applicato ad un caso di rischio elevato: elevata temperatura di un reattore nucleare! 1 2

Sistemi composti sia da componenti riparabili che non riparabili. Nell’analisi tramite albero dei guasti per semplicità non si considerano i casi d’accadimento parziale dell’evento.

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Pulsante di chiusura valvola di alimentazione

ACQUA ANTINCENDIO

IMPIANTO A DILUVIO

Pulsante di azionamento sistema a diluvio

M M

SALA DI CONTROLLO

T1

REATTORE

USCITA

INGRESSO con valvola di alimentazione

ALLARME TEMPERATURA collegato al sensore T1

DANNO al REATTORE causato dall’ ELEVATA TEMPERATURA di processo T01

Assenza di acqua antincendio

Valvola di alimentazione bloccata in posizione aperta

ELEVATA TEMPERATURA nel REATTORE

E1

E2

G1

Perdita di acqua antincendio

G2

La valvola antincendio non apre

H

Errore dell’operatore nella chiusura della valvola di alimentazione

E3

R

E8

G3

VALVOLA ANTINCENDIO GUASTA

VALVOLA DI ALIMENTAZIONE GUASTA

G4

La valvola antincendio non riceve comando di apertura

L’allarme non avvisa l’operatore

E4

B2

L’operatore non risponde

E7

G5

Il sensore di temperatira T1 non riesce ad aprire la valvola antincendio

B1

R

C7

Errore dell’operatore nell’azionare il pulsante di apertura della valvola antincendio

E5

E6 G3

T1 E’ GUASTO B3 L’allarme non avvisa l’operatore

L’operatore non risponde

R

E7

C7 G7

GUASTO AL SISTEMA D’ALLARME B4

T1 E’ GUASTO B3

Si può ottenere la seguente relazione, ove gli eventi da sviluppare sono indicati in corsivo. TOP = B3 + B1*B2 + B2*B4 + B4*H + B1*H + B2*C7 + H*C7. Rev. 27/10/2006

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I.5 EVENT TREE ANALYSIS (ETA) L’analisi attraverso l'Albero degli Eventi costituisce uno strumento sistematico di registrazione e previsione degli incidenti e di definizione delle relazioni fra gli eventi iniziali e le conseguenze che determinano gli incidenti. È una metodologia qualitativa e quantitativa di tipo induttivo che partendo dall’accadimento di un evento iniziale, valuta di volta in volta i possibili effetti che ne conseguono: ripristino delle condizioni di funzionamento degli impianti interruzione del funzionamento degli impianti guasto degli impianti ed eventuali disastri… Ogni ramo dell’Albero degli Eventi rappresenta una singola ed unica sequenza di incidenti che è costituita da un set ben definito di relazioni funzionali che intercorrono fra le varie funzioni di sicurezza. Precisamente si distinguono i seguenti elementi: Evento iniziale: la causa di tutte le situazioni possibilmente verificabili Sistemi di sicurezza: componenti, a comportamento binario, che determinano un duplice effetto a seconda del relativo stato. Stati finali del sistema: tutte le possibili configurazioni terminali che il sistema può assumere. Esempio di albero degli eventi riferito alla perdita di acqua di raffreddamento.

Rev. 27/10/2006

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All’analisi qualitativa appena eseguita è possibile applicare l’analisi quantitativa semplicemente associando ad ogni evento la sua probabilità. Precisamente la probabilità di accadimento di uno stato finale è data dal prodotto delle probabilità di tutte le funzioni di sicurezza che intervengono ossia quelle presenti sui rami che portano all’evento finale considerato. Considerando l’esempio precedente abbiamo le seguenti probabilità elencate dall’alto al basso: P ( A ) ⋅ P( B ) ⋅ P (C ) P ( A ) ⋅ P (B ) ⋅ (1 − P (C )) ⋅ P (D ) P ( A ) ⋅ P (B ) ⋅ (1 − P (C )) ⋅ (1 − P (D )) P ( A )⋅ (1 − P (B )) ⋅ P( D )

P ( A ) ⋅ (1 − P (B )) ⋅ (1 − P (D )) La sommatoria delle probabilità di tutti gli stati finali deve essere uguale a P (A ) . Da quanto detto sino ad ora possiamo fare due osservazioni: 1. Ad ogni nodo di bipartizione la sommatoria delle probabilità dei rami uscenti è sempre uguale ad uno. 2. Si suppone che tutti i sistemi di sicurezza siano tra loro indipendenti quindi è lecito calcolare la probabilità finale come prodotto di tutte le funzioni di sicurezza che intervengono. I.6 FAILURE MODE EFFECT and CRITICALITY ANALYSYS (FMEA FMECA) L’analisi attraverso questa metodologia, che è la più utilizzata, si compone di due fasi: FMEA che è esclusivamente di tipo qualitativo FMECA che aggiungendo un’analisi di criticità rende la metodologia di tipo quantitativo. Nell’analisi FMEA, tramite un approccio di tipo induttivo (bottom-up), si individuano guasti e potenziali effetti oltre agli eventuali interventi atti a ridurne i rischi. Per applicare tale metodologia si effettua innanzitutto una scomposizione del sistema in analisi in funzioni o sottofunzioni al fine di ottenere le funzioni primitive. Sostanzialmente le funzioni vengono identificate con i componenti del sistema stesso che viene scomposto nella seguente struttura gerarchica: 1. SISTEMA 2. FUNZIONI 3. GUASTI 4. MODI DI GUASTO 5. EFFETTI In pratica, per il componente che si vuole analizzare, si costruisce una tabella avente i seguenti campi: Identificazione Nome componente Descrizione Modi di guasto Effetti Sistemi di protezione Interventi Rev. 27/10/2006

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Si prosegue così con l’analisi FMECA che, tramite la valutazione della criticità, studia il grado di rischio dei vari modi di guasto a cui associa un indice che può variare da 1 a 1000. Tale indice è detto Risk Priority Number ed è così definito: RPN = O x S x D dove: O Occurrence: frequenza d’accadimento S Severity: gravità dell’effetto causato da un guasto D Detectability: identificabilità del guasto. I tre fattori sopraelencati sono dei numeri naturali compresi tra 1 e 10. I.7 HAZARD and OPERABILITY ANALYSIS (HAZOP) L’analisi mediante questa metodologia consiste in uno studio qualitativo del tipo induttivo/deduttivo per individuare i guasti di natura operativa e le misure degli interventi da adottare. Tale tecnica è sovente utilizzata per lo studio di eventi rari o di grave entità. Il metodo si basa sullo studio dei guasti intesi come deviazioni di funzionamento che viene descritto in modo univoco dalla combinazione dei parametri di processo e relative parole chiave: Deviazioni di funzionamento = Parametro di processo + Parola chiave. Possiamo riassumere il metodo nella successione delle seguenti fasi: 1. Scomposizione del processo in unità di processo funzionalmente indipendenti a cui si associano i possibili stati operativi; 2. Individuazione delle possibili deviazioni di funzionamento, ossia, parametro di processo e relativa parola chiave; 3. Studio delle cause, conseguenze ed interventi.

S1 (A)

S2 (B)

V2

V1

R

Per le prime due fasi esistono tabelle standard dove sono raccolti i relativi dati.

F

Nel seguente esempio andiamo a creare la scheda relativa alla valvola V1 in figura. Scheda 1 Parametri di processo

FLUSSO di A (S1 R)

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Nodo: … Parole Deviazione chiave

NESSUNO

Cause

V1 rotta V1 chiusa Non Non esiste esiste A trasferimento in S1 di A Perdita di A nella tubaz.

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Descrizione: … Sistema di Effetti protezione Prodotto finale fuori specifica Aumento di A in R

Manutenzioni periodiche sulla linea

Intervento

Allarme con misuratore di portata

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PARTE SECONDA: LA MANUTENZIONE

II.1 GENERALITÀ La manutenzione viene intesa come quella particolare funzione aziendale atta a garantire le caratteristiche di buon funzionamento delle attrezzature e degli impianti, in altre parole, minimizzare gli intervalli di tempo necessari per ripristinare queste caratteristiche (Manutenzione MAX Disponibilità al min costo). Gli obbiettivi essenziali della manutenzione sono i seguenti: 1. 2. 3. 4. 5. 6.

Minimizzare le fermate per guasti Garantire il funzionamento stabilito delle macchine Contribuire ad aumentare l’efficienza della produzione Contribuire all’economicità delle attività Preservare le macchine durante la loro vita utile Garantire la sicurezza delle persone e la tutela dell’ambiente

Bisogna considerare, come mostra chiaramente il grafico sottostante, che l’aumento del livello di manutenzione rappresenta un aumento dei costi di produzione che viene comunque controbilanciato da una diminuzione dei costi dovuti all’inefficienza. Tramite la risoluzione del problema di trade-off è possibile stabilire il punto di manutenzione economica. Costo COSTO TOTALE Costi di manutenzione Costi d’inefficienza

Manutenzione Economica

Livello di Manutenzione

L’efficienza della manutenzione influisce sui diversi aspetti del sistema produttivo:

Patrimoniale Impianto = Immobilizzazione di denaro Tecnologico Manutenzione = Qualità del prodotto Economici Produzione ininterrotta = >> Utili Sociale/Legale Manutenzione = No Infortuni + No Inquinamento.

Storicamente si operavano due metodi per garantire l’affidabilità dell’impianto: Magazzini e Buffer interoperazionali che aumentavano i costi di giacenza Sistemi in stand-by (in //) che aumentavano i costi d’impianto.

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Sia l’elevata disponibilità richiesta al giorno d’oggi, che la complessità dei moderni impianti industriali, rendono i suddetti approcci insufficienti e quindi obbligatoria la funzione manutenzione che deve interfacciarsi con molte altre funzioni aziendali, tra le quali:

Programmazione della produzione: MAX disponibilità senza ostacolare la produz. Garanzia e controllo della qualità: pronto intervento in caso di fuori specifica Approvvigionamento dei materiali: MAX disponibilità materie prime e ricambi Direzione del personale: formazione degli addetti

Il processo manutentivo può essere schematizzato in tre fasi: MONITORAGGIO:

PIANIFICAZIONE:

ESECUZIONE:

Maintenance philosophy

Job design

Inventory control

Maintenance load forecasting and capacity

Work order (Time standards)

Cost control

Maintenance organization

Plant control per l’affidabilità impianto.

Work control

per la disponibilità delle risorse. per la disponibilità di ricambi e mezzi manutentivi. della manutenzione e mancata produzione.

Determinazione del miglior mix di strategie di manutenzione.

Emissioni degli ordini di lavoro di manutenzione.

Determinazione delle risorse per la manutenzione.

Determinazione dei tempi delle fasi manutentive.

Work measurement

Pianificazione delle attività di manutenzione.

Analisi dei carichi di lavoro e relativi costi.

Quality control

Project managment

per la rispondenza del prodotto alle specifiche.

Integrazione degli interventi manutentivi con il rinnovo dell’impiantistica.

L’organizzazione del servizio di manutenzione prevede due tipologie di profili professionali in funzione dell’unità d’appartenenza: Operatore o manutentore polivalente per unità decentrate; Manutentore specialista o di sistemi per nucleo centrale. II.2 PROCESSI MARKOVIANI Sappiamo che ogni variabile casuale può essere associata ad una sua funzione reale detta variabile aleatoria. Se tale variabile è funzione anche del tempo il processo da essa descritto è detto stocastico. Solitamente, in un processo stocastico, si trascura la dipendenza dalla variabile casuale considerando esclusivamente il tempo che può essere: Discreto se è finito o infinitamente numerabile Continuo se è un numero reale Quando in un processo stocastico la variabile dipende soltanto dall’evento immediatamente precedente all’evento considerato il processo si dice MARKOVIANO ossia processo senza memoria. Se l’insieme degli eventi {x(t)} è finito o infinitamente numerabile prende il nome di catena di Markov. Nella pratica affidabilistica si usano sovente le catene di markov a tempo discreto in cui la variabile tempo viene incrementata di intervalli finiti. Per la rappresentazione grafica delle catene di Markov si usa il diagramma degli stati che si compone essenzialmente di circonferenze (stati del componente) ed archi orientati (transizione tra gli stati) a cui sono associati i tassi di transizione. Rev. 27/10/2006

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Di seguito si riportano i due esempi base di diagramma di stato per un componente non riparabile e per uno riparabile. Convenzionalmente si indica lo stato di funzionamento con 0 = OK e quello di guasto con 1 = KO!

λ

0

1− λ

NON RIPARABILE

λ

1

1− λ

0

RIPARABILE

1

1− µ

µ Possiamo notare, come regola applicativa, che la sommatoria di tutti i tassi uscenti da uno stato deve necessariamente essere uguale ad uno. Si definisce probabilità di transizione ad un passo per una catena di Markov a tempo discreto la probabilità che si transiti dallo stato generico xk-1 a quello successivo xk durante l’intervallo di tempo [tk-1,tk] che viene appunto detto passo. Quanto appena definito può essere scritto simbolicamente come segue: Probabilità di transizione ad un passo P ( x(t k ) = xk | x(t k −1 ) = xk −1 ) (DIM) Definiamo una catena di Markov a tempo discreto omogenea quando la relativa probabilità di transizione ad un passo è funzione esclusivamente dell’ampiezza del passo, ossia: Catena di Markov omogenea a tempo discreto P ( x(t k ) = xk | x(t k −1 ) = xk −1 ) = f (| t k − t k −1 |) Solitamente la transizione ad un passo tra gli stati generici i e j si indica con la scrittura Pi,j(∆t) o più brevemente Pi,j. La matrice composta da elementi Pi,j è detta matrice di transizione che è uguale alla matrice quadrata di ordine m+1 che rappresenta il numero dei possibili stati. Si nota che tale matrice ha come proprietà fondamentale la relazione

m

∑P

i, j

 P00 P [P ] =  10  ...   Pm 0

P01 P11

... Pm1

... P0 m  ... P1m   ... ...   ... Pmm 

= 1 ∀i = 0,1,2,..., m , ossia la somma degli elementi di ciascuna riga è

j =0

sempre uguale ad 1. Si definisce probabilità di transizione ad n passi per una catena di Markov a tempo discreto la probabilità che si transiti dallo stato generico xk-1 a quello successivo xk durante multipli interi del paso. Possiamo scrivere simbolicamente quanto segue: Probabilità di transizione ad n passi P ( x(tk ) = j | x (tk − n ) = i ) (DIM) Da questo segue che:

 P00 n  n P n P =  10  ...  n  Pm 0

[ ]

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n

P01 n P11 ... Pm1

n

n ... P0 m   P00  n  ... P1m   P10 = ... ...   ...  n ... Pmm   Pm 0

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P01 P11 ... Pm1

n

... P0 m  ... P1m   = [P ]n ... ...   ... Pmm 

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Si definisce probabilità asintotica il limite, per k tendente all’infinito, della probabilità di stato P ( x(tk ) = j ) . Probabilità asintotica π j = lim P(x(tk ) = j ) k → +∞

Se una catena di Markov ammette delle probabilità asintotiche essa viene detta regolare. Relazioni fondamentali: (DIM)

[P(k )] = [P]T ⋅ [P(k − 1)]

[ ]

T

… [P(k )] = P k ⋅ [P(0 )]

k   1 k 1  1 + 1 −       1 2 2 . Per ogni catena a due soli stati si ha: P k =   k k 2  1 1  1 −   1 +    2   2

[ ]

Una catena di Markov che ammette probabilità asintotiche indipendenti dalle condizioni iniziali [P(0)] è detta completamente regolare. In queste condizioni P k ha tutte le righe uguali e risulta verificato il seguente sistema di equazioni (DIM) :

[ ]

[π ] = [P ]T ⋅ [π ] m  ∑ π i = 1  i =1 N.B. Uno stato è detto assorbente quando nel grafo non esistono rami uscenti dallo stesso. In questo caso la riga della matrice [P], relativa a tale stato, assume valori nulli tranne per l’elemento giacente sulla diagonale principale che assume valore unitario. II.3 STRATEGIE DI MANUTENZIONE Esiste una confusione sostanziale tra il significato del termine strategie e politiche di manutenzione ma in realtà indicano due concetti totalmente diversi. Precisamente si parla di: Politiche di manutenzione quando ci si riferisce all’atteggiamento organizzativo o filosofia aziendale, a riguardo delle problematiche di manutenzione, che conduce all’attuazione delle diverse strategie di manutenzione; Le strategie di manutenzione sono, quindi, l’approccio operativo a riguardo del problema della manutenzione scaturito dalle politiche di manutenzione e definito da modelli matematici. Nella pagina seguente verrà riassunto, in un unico diagramma a blocchi, la classificazione delle varie tipologie di strategie di manutenzione che storicamente si sono succedute e che, in alcuni casi, vengono ancora adottate. Si cercherà di sintetizzare anche le nozioni che stanno alla base delle varie tipologie di manutenzione ed i campi d’uso comune. Di seguito si useranno indistintamente i termini strategia di manutenzione e manutenzione. Rev. 27/10/2006

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STRATEGIE DI MANUTENZIONE

A GUASTO (Correttiva o Breakdown Corrective Maintenance)

PREVENTIVA (Preventive Maintenance)

La più economica ma …cosa riparare??? Solo per componenti economici, facilmente riparabili e non critici. Attenzione all’effetto “domino”!

Guasto…

- Manutenzione Ordinaria in f(vita attesa)!!! - Controllo componenti ridondanti - Sostituzione componenti usurati.

ISPETTIVA

Manutenzione notturna

Ispezione funzionale

Guasto…

…Catastrofico Sistema morto

…Imminente degrado prestazioni

…Improvviso perdita di funzioni

…Incipiente NO degrado prestazioni

PROGRAMMATA (Statistically and RaliabilityBased Maintenance)

SECONDO CONDIZIONE (Condition-Based Maintenance)

Intervento ad intervalli prestabiliti = f(Invecchiamento sistema)

AD ETA’ COSTANTE [Type 1] (Age-Based Maintenance) Invecchiamento = Utilizzo del sistema Intervento ogni tp ore di operatività continua. Se avviene un guasto in anticipo di ∆tp si anticipano di ∆tp tutti i successivi interventi.

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OPPORTUNISTICA

A DATA COSTANTE [Type 2] (Time-Based Maintenance) Invecchiamento = Tempo a calendario… Manutenzione Ciclica Intervento sempre ogni tp ore di operatività continua indipendentemente dal verificarsi di un guasto!

Intervento = f(Monitoraggio parametri critici)… per raggiungere un valore voluto!

PREDITTIVA (Predictive Maintenance)

MIGLIORATIVA (Proactive Maintenance)

Intervento ad azione reattiva = f(Guasto Incipiente) = diagnostica dei parametri impiantistici di sistema… estrapolazione dei dati… attesa!... Trend futuro sul tempo residuo prima del guasto.

Intervento ad azione attiva = f(Cause prime di guasto “condizionale”) = Maggiore anticipo del guasto!!! >> MTBF dei componenti!

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Se non si interviene sul sistema con un intervento manutentivo i guasti si susseguono secondo il seguente ordine: Condizionale Incipiente Imminente Improvviso Catastrofico. In ogni realtà industriale convivono, in genere, varie politiche/strategie di manutenzione. Ogni strategia integra le altre senza annullarle, assorbendo una quota percentuale delle risorse disponibili. Deve essere dunque effettuata la distribuzione ottimale di queste risorse tra i vari interventi, ovvero la ricerca del mix ottimale delle strategie manutentive: in questo consiste la scelta delle strategie di manutenzione. Per una scelta corretta della strategia manutentiva è necessario disporre delle seguenti informazioni: Modalità e frequenza d’accadimento dell’evento “guasto” (avaria), ovvero indicatori tecnici RAM (Reliability - Affidabilità, Availability - Disponibilità, Manteinability Manutenibilità); Costo globale di manutenzione (…da minimizzare), inteso come somma dei costi diretti, indiretti ed Indotti; Uno “Schema logico per la scelta delle strategie di manutenzione” (…in basso) utile ad orientare la scelta della strategia manutentiva, da un punto di vista tecnico; Una metodologia d’analisi dei modi di guasto e delle loro criticità (FMECA). Nel caso in cui il guasto del componente dovesse comportare danni, il criterio guida è di adottare livelli di affidabilità particolarmente elevati.

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Lo schema logico precedente, che analizza le tipologie di guasto, prende avvio dall’individuazione di una precisa modalità di guasto su un determinato componente. Si deve stabilire se il difetto procura un segnale percepibile; se il segnale debole esiste ci s’interroga sulla possibilità tecnica di monitorarlo. Se il segnale è monitorabile, al di là d’eventuali ritarature sulla periodicità del controllo, le strategie manutentive individuabili sono: Manutenzione preventiva / secondo condizione; Manutenzione preventiva / secondo condizione / predittiva. Se il segnale è monitorabile è possibile effettuare quindi un’ispezione periodica fino a riscontrare il sintomo che indica la necessità di fare interventi su condizione o predittivi. Se il modo di guasto non ha un segnale debole associato o il segnale non monitorabile si procede con altre valutazioni che conducono ad altre strategie manutentive: Si conosce la previsione di durata del componente che subisce il guasto? o Se il componente è ispezionabile si attivano le ispezioni a cadenza e si ritorna a scegliere: Manutenzione secondo condizione; Manutenzione predittiva. o Se si conosce la previsione di durata del componente, ma lo stesso non è ispezionabile, l’unica strategia manutentiva valida è quella della manutenzione Preventiva / programmata / a data costante (ciclica). Quando il modo di guasto non ha segnali deboli né previsione di durata, l’unica strategia manutentiva valida è quella della manutenzione a guasto!!! Di seguito analizzeremo i modelli matematici di alcune strategie di manutenzione. II.4 MANUTENZIONE A GUASTO Ogni modello matematico permette di calcolare il costo previsto per unità di tempo, indicato di seguito con l’acronimo UEC (Unit Expective Cost). Per la manutenzione a guasto questo è definibile nel seguente modo: UEC =

Cf E (n )

Dove: Cf: Costo intervento manutenzione a guasto [€/intervento] E(n): Valore atteso del numero di periodi fra due interventi o guasti consecutivi. Il numero atteso di interventi nel periodo è calcolato dalla probabilità come frequenza d’accadimento da: n 1 intervallo i = ∑i ⋅ , E (n ) i = 0 TOT intervalli n

oppure come: E (n ) = ∑ i ⋅ pi . i =1

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II.5 MANUTENZIONE PREVENTIVA \ PROGRAMMATA \ AD ETÀ COSTANTE Come precedentemente detto, questo tipo di manutenzione prevede un anticipo degli interventi manutentivi successivi ad un guasto. L’ intervento può essere di due tipi: A guasto; Preventivo; quindi il costo dovrà tener conto di entrambi gli interventi e sarà pertanto funzione dell’intervallo di operatività tp.

UEC(t p ) =

[

]

[

]

Ec (t p ) C p ⋅ R(t p ) + C f ⋅ 1 − R(t p ) C p ⋅ R(t p ) + C f ⋅ 1 − R(t p ) = = tp tp DIM Tˆ t p ⋅ R(t p ) + ∫ t ⋅ f (t )dt ∫ R(t )dt 0

0

Dove: Ec(tp): Valore atteso del costo medio di manutenzione per ciclo di funzionamento, ossia, l’intervallo temporale tra due interventi consecutivi [€/ciclo]

Τˆ : Valore medio di durata del ciclo di funzionamento [tempo/ciclo]

Cp: Costo intervento preventivo [€/intervento] Cf: Costo intervento a guasto [€/intervento] R(tp): Affidabilità = Probabilità che il componente non si sia rotto fino a tp che è la durata del ciclo di funzionamento. f(t): Probabilità che il componente si rompa all’istante t.

Visto che UEC è funzione di tp occorre individuare quel particolare valore di tp che minimizzi UEC. Per la ricerca del minimo esistono varie metodologie di calcolo: Per punti: a tentativi provo un numero discreto di valori del tp ed individuo il minimo tra i relativi UEC. Risolutore di Excel… ricerca obbiettivo! Golden Section Method (Metodo della sezione aurea): metodo iterativo che può essere riassunto con il seguente flow-chart. [α=cost.=0.618] bk = b ak = a

bk − ak < ∆

t=

ak + bk 2

λk = a1 + (1 − α ) ⋅ (b1 − a1 )   µ k = a1 + α ⋅ (b1 − a1 )

g (λk ) > g (µ k )

a k +1 = λk

a k +1 = ak

bk +1 = bk

bk +1 = µ k

λk +1 = µ k +1 µ k +1 = ak +1 + α ⋅ (bk +1 − ak +1 )

λk +1 = ak +1 + (1 − α ) ⋅ (bk +1 − ak +1 ) µ k +1 = λk

k = k +1 Rev. 27/10/2006

k = k +1

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II.6 MANUTENZIONE PREVENTIVA \ PROGRAMMATA \ A DATA COSTANTE Come già anticipato, questa tipologia di manutenzione non prevede un anticipo degli interventi manutentivi successivi al guasto. Anche in questo caso l’intervento può essere di due tipi: A guasto; Preventivo; quindi il costo dovrà tener conto di entrambi gli interventi e sarà pertanto funzione dell’intervallo di operatività tp.

UEC (t p ) =

C p + C f ⋅ W (0, t p ) tp

Dove: Cp: Costo intervento preventivo [€/intervento] Cf: Costo intervento a guasto [€/intervento] W(0,tp): ENF (Expective Numbers of Failurs) ossia il numero atteso di guasti nell’intervallo [0, tp] il quale non è altro che il ratio di guasto non condizionato… e non rappresenta una probabilità! OSS. Il valore di W(0,tp) può essere ottenuto sommando, in cascata, il numero dei componenti guasti (w) individuati in ogni intervento precedente a quello considerato. Possiamo esprimere quanto detto secondo la seguente formulazione matematica:

W (0, t p )k

M ⋅ p f 1 (k = 1)  k −1 = ∑ wi e w =  M p m f i ⋅ p f k −i ⋅ + i =1 ∑ fk   i =1 k

(∀k > 1)

dove: M: Numero totale di componenti in esame k: Numero naturale che rappresenta l’intervallo considerato pf: Probabilità di guasto mf i: Componenti guasti i-esimi maturati negli intervalli precedenti a k. II.7 MANUTENZIONE ISPETTIVA

Si adotta quando si vuole ispezionare il sistema in un determinato arco di tempo per individuare solo i guasti che si sono manifestati prima dell’ispezione. Nel caso si rilevano dei guasti opero la manutenzione correttiva. Il modello di questa tipica manutenzione segue le seguenti ipotesi: Rilevamento del guasto solo in fase di manutenzione (guasto non autorilevabile) L’ispezione non influenza l’accadimento dei guasti Il costo dell’intervento correttivo CG risulta proporzionale all’intervallo temporale compreso tra l’istante di guasto e quello di ispezione. Secondo tali ipotesi il costo atteso (Expective Cost) [€/guasto] è dato da:

   EXP C c ⋅ ln (1 − p ) c  ∞ i −1 1  ˆ EC ( p ) = C I ⋅ µ I + cG ⋅τ = C I ⋅ + cG ⋅ ∑ ti ⋅ p(1 − p ) − MTTF  = I − G − G p { NEGA p λ⋅ p λ  1 i =1 { CG 444424444 3  µI τˆ   DIM

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Dove:

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CI: Costo d’ispezione [€/ispezione] µi: Numero medio ispezioni precedenti il guasto cG: Costo unitario guasto [€/guasto] τˆ : Tempo medio intercorrente fra guasto e successiva ispezione

p = prob{ti −1 ≤ τ ≤ ti | τ > ti −1}… per ogni f(x) Exp.Nega. ti = i t1 e t1 = −

ln (1 − p )

λ

II.7.1 Modello Break-Even Un altro metodo per definire la manutenzione di tipo ispettivo è rappresentato dal modello Break-Even che si basa sull’ipotesi dell’equidistanza temporale delle ispezioni. Tale modello si prefigge lo scopo di individuare un intervallo T, fra due interventi consecutivi, tale che risulti massimo il profitto unitario indicato UP(T) che risulta:  1 T  Profitto  ⋅ [1 − R (T )] ( pT − Ci ) ⋅ R(T ) +  p t f ( t ) dt C C ⋅ ⋅ − − i r ∫  F ( T ) P (T ) P1 (T ) ⋅ R (T ) + P2 (T ) ⋅ [1 − R (T )] 0   UP (T ) = = = T T T T

…DIM… UP (T ) = Dove:

p ⋅ ∫ R (t )dt − Ci − Cr + Cr ⋅ R(T ) 0

T

P1(T): Profitto senza guasti [profitto/tempo] P2(T): Profitto con guasti [profitto/tempo] p(T): Profitto all’unità di tempo [€/tempo] Ci: Costo d’ispezione [€/guasto] Cr: Costo di riparazione [€/riparazione]

II.7.2 Modello Minimal Repair Un metodo alternativo ai precedenti per definire questa strategia di manutenzione è rappresentato dal modello Minimal Repair. Tale modello considera due tipi d’interventi… …di revisione, per ogni T (durata ciclo operativo); …di minimal repair che si basa sulle seguenti ipotesi: È teso a portare il componente da uno stato di fuori controllo (out of control) ad uno di controllo (in control); Non influenza f(t); Sono di breve durata. Nel modello in esame occorre considerare le seguenti voci di costo: Ci: Costo d’ispezione Cr: Costo di revisione r: Costo di riparazione s: Costo di funzionamento in out of control che dovranno comparire, insieme al numero delle ispezioni (n), nel costo atteso unitario:

UEC ({ti }) = Rev. 27/10/2006

n −1

ti +1

i =0

ti

Cr + Ci ⋅ n + ∑ Ci +1 T

∫ [r + s ⋅ (t

, dove: Ci +1 =

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i +1

− t )] f (t )dt

R(ti )

.

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II.8 CRITERI DI PROGETTAZIONE DELLA MANUTENZIONE L’attuazione di una politica aziendale di manutenzione richiede criteri e metodi di progettazione della manutenzione definiti dalla normativa UNI 10366. I detti criteri sono improntati sulla logica della minimizzazione del costo globale (costi propri e costi indotti). Tale logica presiede a tutte le azioni della manutenzione durante il ciclo di vita del bene e nel rispetto dei vincoli legislativi in ambito di sicurezza ed ambiente. I criteri presuppongono la preliminare conoscenza di alcuni parametri dai quali ricavare indicazioni utili per definire i limiti del progetto e per configurarne gli obiettivi al fine di indirizzare nella scelta: delle politiche di manutenzione, in funzione delle caratteristiche e del comportamento dei beni in coerenza con gli obiettivi aziendali; delle risorse e degli strumenti operativi necessari per l’attuazione delle politiche individuate; per poter ottimizzare i costi e i risultati aziendali. Il ciclo d’analisi della manutenzione può essere suddiviso nelle tre seguenti macrofasi: 1. Progetto… La manutenzione deve essere articolata su tutto il sistema e sui differenti orizzonti temporali; 2. Pianificazione… si divide in fase tecnica e fase economica per ottenere una manutenzione integrata e flessibile nel rispetto della produzione! 3. Esecuzione degli interventi… attivando le seguenti risorse: Ingegneria della manutenzione… si basa sulle esperienze tecniche! Logistica… approvvigionamento materiali tecnici Acquisti… di macchine o materiali specifici Personale… formazione ed organizzazione delle risorse umane Produzione… che rappresenta un limite per i tempi di manutenzione, infatti, bisogna scegliere fra un piano a lungo o a breve termine. Dopo lo studio condotto nei termini appena descritti si giunge alla definizione del piano di manutenzione che deve correlare in modo integrato e flessibile i seguenti aspetti: Capacità finita… dei beni per soddisfare il piano prestabilito in funzione dei guasti previsti e del numero di manutentori a disposizione; Costi… Budget aziendale di manutenzione per prevedere le esigenze future e verificare l’aderenza delle attività previste dal piano di manutenzione! Tempo… di fermo macchina!!! _______________________________ Solitamente la pianificazione della manutenzione viene eseguita tramite un tecnica di Project Managment, ossia, una delle metodologie utili per gestire il progetto e schedulare le attività previste dal piano legate da precisi vincoli di precedenza. Tra le metodologie più adottate in questi ambiti vi sono certamente le tecniche reticolari, ed in particolare, il diagramma di Pert detto anche Critical Path Method (CPM) che, di seguito, andremo ad illustrare. Tale tecnica si realizza per mezzo di un grafico reticolare dove gli archi orientati indicano le precedenze esistenti fra le varie attività che sono rappresentate da una circonferenza divisa in quattro settori come viene mostrato dalla seguente figura.

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Dove:

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Att.: Lettera o codice che contraddistingue l’attività d: durata totale dell’attività df: durata di fine al più presto Df: durata di fine al più tardi

Analogamente di e Di rappresentano rispettivamente le durate di inizio al più presto ed al più tardi. Fra le grandezze appena definite sussistono le seguenti relazioni: df – di = d di = df – d Df – Di = d Di = Df – d Df – df = Di – di = Slittamento Totale… se è = 0 Attività critica!!! L’applicazione della tecnica CPM si basa essenzialmente sulla successione di due passi: ( ) Passo in avanti: d f J = max d f i + d J … al termine fornisce la durata del progetto (T) i∈PJ

{ }

= T se S J = ∅

() Passo in indietro: D f J

{ }

{

= min D f k = min D f k − d k k ∈S J

k ∈S J

}

Nel seguente esempio applicheremo il metodo appena descritto seguendo la convenzione dei colori adottata per indicare i passi. Attività j A B C D E F

dj 2 2 1 1 1 1

dfj ( ) 2 4 3 5 4

Precedenze – A A B C D, E

dij 0 2 2 5 3 5

6

() Dfj

Dij 0 2 3 4 4 5

2 4 4 5 5

6

P E R C O R S O C R I T I C O (A – B – D – F) dA+dB+dD+dF = T = dProject

A

2

2

2

2

D

1

4

4

5

5

5-1

2+2(B)

Per la prima attività: df = d min{4-2(B),4-1}

2+1 Rev. 27/10/2006

B

6-1(F)

4+1

C

1

E

1

3

4

4

5

5-1(E)

3+1(E)

29

F

1

6

6

max{5,4} + 1(F) Per l’ultima attività: Df = df = T = DURATA del PROGETTO 6-1(F)

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Come si è potuto notare dall’esercizio precedente il metodo CPM si basa sulle seguenti ipotesi: Le attività hanno durate deterministiche; Tutti i vincoli sono dl tipo “Finish To Start” ossia deve necessariamente terminare l’attività precedente affinché possa iniziare quella successiva; Si considerano risorse illimitate; L’unico obbiettivo del metodo è minimizzare la durata del progetto (T). Esistono anche altre tecniche reticolari che utilizzano ipotesi meno restrittive come, ad esempio, risorse limitate e/o durate stocastiche delle attività. _______________________________ Tornando all’analisi della pianificazione della manutenzione abbiamo già anticipato che la sua funzione è quella di organizzare le azioni previste dalla progettazione su differenti orizzonti temporali: a medio/breve temine (1 o 2 settimane) o a lungo termine. Nel primo caso (medio/breve termine) occorre definire minuziosamente il programma operativo di manutenzione che può essere ammissibile, se soddisfa tutti i vincoli, oppure ottimo, se si occupa anche di ottimizzare qualche fattore (ad es. la durata complessiva dei lavori). L’esecuzione pratica degli interventi è strettamente legata ai piani di produzione come viene descritto nella seguente tabella. Parametri Mezzi di programmazione Tempo di setup Tempo ciclo Sequenza operativa

Produzione Continuità Attrezzaggio Tempo lavorazione Ciclo di lavoro

Manutenzione Affidabilità Messa in sicurezza Tempo d’intervento (TTR) Ciclo standard interventi

Solitamente si effettua manutenzione durante le interruzioni (buchi) della produzione e la sequenza delle operazioni diviene la programmazione dei cicli di interventi che viene eseguita con l’ausilio di appositi pacchetti software. Bisogna sottolineare che, a differenza della produzione automatizzata, i tempi di manutenzione non sono costanti in quanto dipendo strettamente dalle abilità (skill) del manutentore che sono la naturale conseguenza delle esperienze sul campo. II.9 PIANIFICAZIONE DEI RICAMBI Gli interventi di manutenzione necessitano di una serie di risorse: Personale qualificato Attrezzature Materiali tecnici: o Materiali di consumo… lubrificanti, colle, viti… o Ricambi… cuscinetti, rondine… La mancanza dei materiali tecnici va ad aumentare inevitabilmente i tempi d’intervento quindi è fondamentale prevedere un adeguato dimensionamento delle scorte al fine di evitare tali situazioni. Bisogna anche considerare che i materiali tecnici rappresentano dei capitali immobilizzati che sono soggetti al rischio di obsolescenza causato, ad esempio, nel caso di sostituzione di una macchina e delle relative scorte.

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Di seguito viene mostrato un diagramma che rappresenta l’andamento qualitativo dei costi in funzione del livello di scorte. Costo COSTO TOTALE Costi di fermo del capitale (giacenze) Costi di mancanze

Livello Scorte

Scorte Economiche

Fra l’altro il consumo dei materiali tecnici di manutenzione è intermittente e fortemente variabile in quanto dipende dalle oscillazioni della richiesta (domanda). Queste caratteristiche peculiari vengono considerate nell’analisi della domanda e rappresentate tramite due parametri: ADI (Averange Demand Interval)… ∝ intermittenza della domanda! CV (Coefficient of Variation)… ∝ variabilità della domanda! La loro formulazione matematica è la seguente: γ

∑τ ADI =

Deviaz. standard = domanda

i

i =1

γ

e CV

=

Domanda media , ε τa =

γ

(ετi − ετa )2 γ

i =1

γ

∑ ετ

i

i =1

γ

Dove:

τ i : Tempo i-esimo intercorrente due interventi (domande) successivi γ : Numero di intervalli in osservazione ε τi : Quantità i-esima richiesta ε τa : Domanda media

In base alla valutazione dei detti parametri possiamo definire quattro categorie di materiali come schematizzato dalla successiva figura.

◄CV

0,49

Variabilità

0

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Frequenza

1,32

Intermittenza

ADI►

SLOW MOVING Materiali frequenti ma poco variabili

INTERMITTENT Materiali intermittenti e poco variabili

ERRATIC Materiali frequenti e molto variabili

LUMPY Materiali intermittenti ma molto variabili

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Un altro aspetto da considerare è la specificità dei ricambi nel senso che ogni macchina necessita di materiali idonei che molto spesso non sono intercambiabili con quelli di altre macchine. Questo problema tende ad aumentare il livello di scorte. Oltretutto i materiali da acquistare per le scorte sono altamente tecnologici e quindi costosi ed a rischio di obsolescenza. Come già premesso, la delicata questione del livello di scorte è funzione dei costi di giacenza (prop. alla qualità del materiale) e quelli di mancanza (prop. alla produttività dell’impianto ed alla criticità del componente da sostituire), quindi, è fondamentale eseguire una previsione dei consumi di ricambi utilizzando uno dei seguenti metodi elencati in ordine di oggettività crescente: Esperienza del manutentore Indicazioni dei fornitori Modelli di previsione… sulla base di dati statistici! II.9.1 Modello di Poisson Questo metodo, utilizzato generalmente per effettuare previsione di eventi rari, non consente una previsione diretta ma calcola la probabilità (PD,T,x) che la domanda media per unità di tempo (d) ammetta, in un certo intervallo temporale (T), un determinato valore x ( d ⋅ T ) e − d ⋅T . (x), ed è calcolata come segue: PD ,T , x = x! x (d ⋅ T )k e− d ⋅T , rappresenta la probabilità che la domanda non superi x. Mentre, PD ,T , x = ∑ k! cumulata k =0 II.9.2 Modello binomiale Questo metodo rappresenta un’evoluzione del modello di Poisson e permette previsioni più accurate. Il numero di ricambi nel tempo T è N = x1 + x2 , dove: T  x1 =   ⋅ n con n = numero di utenze e d = frequenza di sostituzioni 1   d T  1 Tresiduo = T −   ⋅ 1  d  d p = F (Tresiduo ) = 1 − e − d ⋅Tresiduo … cumulata della domanda secondo una exp. negativa

 n n −i x2 ∋ P( x2 ) = ∑   ⋅ p i ⋅ (1 − p ) ≥ LS , ossia, la probabilità che l’impiego delle n i =0  i  utenze abbia una domanda nel tempo residuo maggiore del Livello di Servizio che è la probabilità di essere in grado di far fronte alla domanda! x2

Noti d, n, T, LS possiamo calcolare, in ordine, x1, Tres, p e quindi valutare, per tentativi, i valori di x2 per i quali P(x2) risulti maggiore di LS.

n n! N.B. Si ricorda che [x] = parte intera di x e che   = .  i  i!(n − i )! Rev. 27/10/2006

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II.9.3 Criterio del costo totale minimo Questo criterio si basa sulla seguente ipotesi: tutti i cicli d’approvvigionamento hanno durata T durante la quale il magazzino viene saturato da N pezzi (da determinare). Come già anticipato, sappiamo che il Costo Totale (CTOT) è dato dalla somma del costo di giacenza (C1) e quello di mancanza - stockout (C2) il cui andamento grafico è stato rappresentato in precedenza. Da quanto detto, il criterio analizzato può assumere la seguente formulazione:  pz    anno      %  Giacenza   Mancanza    Dtot      CTOT = C1 + C2 =  R ϕ ⋅ Gm  + Cm ⋅ ⋅ P        N € € € [ anno ]  [ anno ]   [ anno ]    €  [ pz ]   €   pz   stockout ciclo    pz ⋅ anno stockout   ciclo        

Dove: R: Costo d’acquisto del codice [€/pz] ϕ : Percentuale di occorrenze annuali del codice [1/anno] N −1

Gm = ∑ ( N − i ) ⋅ PD ,T , i = N ⋅ PD ,T , 0 + ( N − 1) ⋅ PD ,T ,1 + ... + PD ,T , N −1 : Giacenza media i =0

Cm: Costo medio unitario di mancanza (stockout) Dtot/N: Numero di cicli annuali di approvvigionamento [ciclo/anno] P = 1 − (PD ,T , 0 + PD ,T ,1 + K + PD ,T , N ) : numero di mancanze al ciclo PD ,T , x

x ( d ⋅ T ) e − d ⋅T =

x!

come definita dal Modello di Poisson.

II.9.4 Criterio della disponibilità di soglia Questo criterio permette di individuare il valore minimo della disponibilità (A) per il quale risulti minimo il costo di giacenza considerando, come segue, il Mean Time To Repair: T

∫ (T − t ) ⋅ f (t )dt N

MTTR = M (ta ) + Tsostituzione =

N

0

+ Tsostituzione

T

1 N ∞

N

∫ f (t )dt N

N

0

Dove:

M(ta): Valore medio del tempo (ta) intercorrente fra guasto ed intervento successivo tN: Tempo intercorrente fra intervento precedente e guasto T: Intervallo temporale fra due interventi consecutivi Tsostituzione: Tempo tecnico operazionale per portare a termine l’intervento

Definito il MTTR occorre risolvere il seguente sistema di equazioni per ottenere il valore di soglia della disponibilità (Amin) che minimizzi i costi di giacenza (C1).

MTTF   A = MTTF + MTTR ≥ Amin  min C1 = Rϕ ⋅ Gm  {N }

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Minimizzare C1 significa ridurre N (numero di ricambi da approvvigionare),quindi, se N↓ C1↓ ta↑ MTTR↑ A↓. Prenderò il valore di N più piccolo che soddisfa anche A ≥ Amin , in quanto possiamo diminuire N fino ad un valore di soglia. II.10 SIM: Sistemi Informativi di Manutenzione I Sistemi Informativi di Manutenzione (SIM), descritti dalla normativa UNI 10584 del 1997, svolgono le fondamentali funzioni d’informazione per l’archiviazione, l’organizzazione, la modifica e l’elaborazione di tutti i dati inerenti l’ambito della manutenzione sostituendo la documentazione cartacea e svolgendo, la dove è possibile, alcuni compiti riservati all’uomo. I SIM sono composti essenzialmente da quattro sottosistemi come è riassunto dal seguente diagramma radiale che riporta i relativi processi principali. AMBIENTE INFO sui beni: - Archivi tecnici Impianti - Elenco materiali tecnici - Elenco cicli di manutenzione

GESTIONE - Richieste di intervento - Imprese fornitrici - Scadenze - Magazzini

MIGLIORAMENTO

SISTEMI INFORMATIVI DI MANUTENZIONE

- Best Mix Strategie - Best livelli scorte - Studio avanzato del comportamento al guasto -…

CONTROLLO - CALC: prestazione impianti + scorte ricambi - GESTIONE spese e previsione prestazioni economiche annuali

Per definire dettagliatamente come si articolano le funzioni informative del SIM occorre analizzare il suo organigramma (framework) che è riportato a pagina seguente. Nella figura sono indicate, con la dicitura “<Powered by CMMS>”, le aree funzionali pienamente implementate nel Computer Maintenance Managment System, ossia, pacchetti software (es. Maximo, Maintimizer) realizzati per una rapida raccolta ed elaborazione delle innumerevoli informazioni relative alla manutenzione sostituendo, di fatto, l’inefficace gestione di tipo cartaceo. La dove questa integrazione sia impossibile o dubbia, è stato apportato il rispettivo contrassegno “NO CMMS” o “?CMMS?”. Rev. 27/10/2006

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SISTEMI INFORMATIVI DI MANUTENZIONE

DATA COLLECTION

ANALISI

<Powered by CMMS>

DI GESTIONE

Redazione Archivi: Macchine Componenti

KPI Key Performance Index Calc

…con (*) si ottengono i DIARI Macchine e Componenti!

Raccolta dati interventi sul campo per redigere: - Rapporti di guasto (*) Intervento a guasto - Ordini di lavoro (*) Int. preven. o ispettivo

-

Raccolta automatica continua ed a distanza dei dati degli impianti.

PIANIFICAZ. INTERVENTI ?CMMS?

GESTIONE SCORTE ED ATTREZZATURE ?CMMS?

Reliability, Availability, Manteinability, OEE…

Definizione temporale degli Interventi implementando le tecniche del project managment.

Previsione fabbisogno scorte

Determinazione del migliore MIX di strategie di manutenzione

Controllo dell’ avanzamento delle attività!!!

Gestione approvvigionamenti e Stoccaggio ricambi

NO CMMS

Gestione del personale assegnando il personale agli interventi pianificati

Determinazione fabbisogno risorse tecniche ed umane

Sensore remoto PC

…ferie, permessi, turni…

Gestione approvvigionamenti e calibrature delle attrezzature

<Powered by CMMS>

<Powered by CMMS>

Calcolo ed analisi dei costi di manutenzione!!!

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II.11 CENNI SULL’EVOLUZIONE STORICA DELLA MANUTENZIONE Storicamente possiamo individuare quattro intervalli temporali in cui si è visto l’evolversi generazionale delle strategie di manutenzione. Precisamente abbiamo: [1930-1940] – I generazione: Manutenzione a guasto [1940-1970] – II generazione: Manutenzione preventiva ciclica [1970-2000] – III generazione: Manutenzione secondo condizione stimolata da: o Teoria affidabilità o Mix di strategie o Pianificazione attività o Gestione dei ricambi [2000-oggi] – IV generazione: Manutenzione migliorativa che ha portato alla nascita di due politiche manutentive: o RCM: REABILITY CENTERED MAINTENANCE o TPM: TOTAL PRODUCTIVE MAINTENANCE II.12 RCM: Reability Centered Maintenance È una tecnica manutentiva preventiva che ha l’obiettivo di determinare le attività da realizzare affinché le attrezzature mantengano nel tempo le prestazioni per le quali sono state progettate ed acquistate. La RCM non fornisce strumenti operativi ma rappresenta una filosofia di lavoro, caratterizzata da una marcata proattività nella ricerca delle cause di guasto prima che esse possano tramutarsi in perdita di funzioni. I principi di base di tale tecnica sono: Meglio prevenire un guasto che intervenire sulle conseguenze!!! Nell’intervenire bisogna accordare la preferenza ai guasti di maggiore gravità per la produzione, la sicurezza e l’ambiente! L’applicazione di tali principi porta al seguente approccio manutentivo: Functions – Quali sono funzioni e prestazioni attese? Functional failures – Come si possono perdere tali funzioni? Failure modes – Quali possono essere le cause di guasto? Failure effects and consequences – Quali sono le conseguenza del guasto? Proactive tasks and task intervals – È possible prevedere e prevenire il guasto ? Default actions – Quali attività si possono realizzare per prevedere e prevenire o limitare le conseguenze di un guasto? La tecnica può essere schematizzata da 5 step principali: 1. Definizione delle funzionalità e degli standard produttivi degli impianti 2. Ricerca degli stati di guasto 3. Ricerca delle cause dei guasti 4. Ricerca degli effetti e delle conseguenze di guasti 5. Ricerca delle attività da porre in atto Nel diagramma seguente è spiegata e riassunta tutta la tecnica RCM.

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1. Definizione delle FUNZIONALITÀ e degli standard produttivi degli impianti ed analisi dei risultati attesi individuando due categorie di funzioni:

PRIMARIE: indispensabili per la produzione, qualità finale, sicurezza, tutela dell’ambiente; SECONDARIE: desiderabili ma non necessarie (confort, bassissima rumorosità, efficienza…)

2. Ricerca degli STATI DI GUASTO Individuazione delle modalità di manifestazione di condizioni di non corretta modalità operativa.

3. Ricerca delle CAUSE dei guasti Individuazione della gamma di possibili cause di ciascun guasto totale o parziale.

4. Ricerca degli EFFETTI e delle CONSEGUENZE di guasti Individuazione delle conseguenze associate a ciascun fenomeno di guasto che possono ricadere tra le seguenti categorie di conseguenze: OPERATIVE: Influiscono sulla qualità e produttività; Su SICUREZZA ed AMBIENTE: Influiscono sulla sicurezza del prodotto/processo e sull’ambiente; NON OPERATIVE ed AMBIENTALI: Conseguenze non incluse nelle prime due categorie; NASCOSTE: Causano rischi di incidenti rilevanti anche se gli effetti sono poco apprezzabili

5. Ricerca delle ATTIVITÀ da porre in atto Individuazione degli interventi atti ad intervenire sui guasti individuando due categorie di attività: Rev. 27/10/2006

PROACTIVE TASKS: attività precedenti al verificarsi del guasto (interventi preventivi, ispettivi, su condizione…); DEFOULT TASKS: attività successive al verificarsi del guasto (interventi correttivi).

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Dall’analisi dei risultati ottenuti utilizzando tale tecnica possiamo riassumere, come segue, i suoi benefici e limiti. Benefici: Miglioramento delle performance del sistema sia a riguardo delle sue prestazioni operative sia della sicurezza e dell’ambiente Azione motivazionale sugli operatori Riduzione sui costi d’infortunio Limiti: Difficoltà di coordinamento del team di studio Costi d’implementazione della tecnica II.12.1 Caso di studio: RCM alla Boeing Prima di analizzare il caso della Boeing occorre fare una breve digressione storica per meglio comprendere le motivazioni che portarono l’azienda ad implementare la tecnica RCM nei loro piani di manutenzione. Agli inizi degli anni ’60 la Federal Aviation Administration (FAA) intraprendeva il processo di certificazione di un aereo della Boeing, esattamente, il modello 747-100. A questo proposito si richiedeva un programma di manutenzione preventiva per l’aereo. A quel tempo la Boeing adottava, per la sua produzione, un programma di manutenzione che diventava insostenibile in questo caso a causa delle necessarie revisioni a tempo determinato. Per tale ragione la casa costruttrice di aerei decise di definire ex novo un programma di manutenzione per il nuovo aereo e di rivalutare la prassi di operare revisione periodiche. Nacque così l’idea di mettere in piedi un processo decisionale, il Maintenance Steering Group (MSG), per determinare dove, quando e quali interventi preventivi sono necessari a preservare lo stato dell’aereo nell’ottica della economica sostenibilità della manutenzione. Il risultato di tale studio venne battezzato dal Dipartimento della Difesa statunitense, nel 1970, Reability Centered Maintenance (RCM) e rappresenta, ancora oggi, uno standard per l’aviazione commerciale. Da quanto appena detto possiamo definire sinteticamente il caso Boeing una massiccia ristrutturazione delle attività manutentive che, grazie all’applicazione della tecnica RCM, ha permesso all’azienda di migrare da un programma di manutenzione di tipo reattivo ad uno di tipo migliorativo. Per l’organizzazione del servizio di manutenzione si sono seguiti i seguenti obiettivi: Definizione dell’unità Facilities Services per il coordinamento delle attività di manutenzione di tutti gli stabilimenti. Autonomia del team di manutenzione presso ciascun stabilimento Iniziativa di Asset Managment per incentivare la collaborazione tra manutenzione e produzione Sviluppare un Advanced Maintenance Process per ottimizzare le prestazione del servizio di manutenzione in riferimento alle best practices industriali ed in particolare al RCM. Rev. 27/10/2006

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La localizzazione del progetto si è incentrata su: Stabilimento pilota Linea di produzione dell’alberatura delle ali di diversi aerei Zona di fresatura (Taglio + Controllo + Supporto ausiliario) Sottosistema di taglio Il Team del progetto è composto da: Personale dello stabilimento (operatore, meccanico, elettricista) Tecnici esterni (ingegneri di affidabilità, progettista di manutenzione) Project leader (consulente RCM) Dall’interpretazione della tecnica RCM ne sono conseguite 4 step e 7 fasi realizzative. Step:

1. 2. 3. 4.

Definizione delle condizioni di buon funzionamento del sistema (Step 1) Definizione dei guasti funzionali e specifici modi di guasto (Step 2) Stabilire un ordine di priorità fra i modi di guasto (Step 3 + 4) Definire interventi di manutenzione efficaci per i modi di guasto ad elevata priorità (Step 5)

Fasi realizzative: 1. Scelta del sistema a maggior impatto sulla operatività e sulla manutenzione 2. Definizione dei limiti fisici dei sistemi scelti 3. Descrizione e diagramma a blocchi funzionali per il sistema e gli eventuali sottosistemi, enfatizzando le interfacce input/output 4. Funzioni richieste dal sistema e relativi guasti funzionali associati (Step 1+2) 5. Individuare le modalità di guasto critiche tramite una matrice ed effettuare l’analisi FMEA per ognuna di esse (Step 3) 6. Con la Logic Tree Analysys classificare ogni guasto secondo le seguenti categorie (Step 4): A. Connesso alla sicurezza B. Connesso ad arresto della produzione C. Connesso ad una perdita economica limitata D. Nascosto 7. Definizione degli interventi da programmare in modo preventivo per i guasti di categoria A e B, mentre, in modo correttivo per quelli di categoria C (Step 5). Dall’analisi dei risultati, confrontati con il preesistente programma di manutenzione a cicli di 9 mesi si durata, si evince quanto segue: Circa la metà dei modi di guasto sono nascosti Gran parte dei modi di guasto è ad elevata criticità Interventi previsti maggiori dei guasti… un guasto può generare più interventi. Riduzione di 1/3 degli interventi non considerati preventivi Aumento di un fattore 4 delle azioni secondo condizione ed ispettive Modifica del 71% degli interventi preventivi del precedente programma Individuazione di 36 possibili interventi estranei alla manutenzione: progettazione, gestione operativa, sicurezza e logistica. Nell’implementazione dei risultati esistono una serie di difficoltà: Coinvolgere altro personale oltre al team di progetto Promuovere una maggiore partecipazione degli operatori per alcuni interventi Rev. 27/10/2006

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Presenza di alcune procedure di manutenzione ancora da sviluppare Verificare l’efficacia di alcuni interventi per i modi di guasto in questione

Da punto di vista economico possono essere fatte le seguenti considerazioni: Immutato costo del programma… azioni ispettive e di condition monitoring vs. riduzione del numero di guasti Riduzione dell’indisponibilità del 50% Recupero economico annuo di circa 3 milioni di dollari dalle azioni individuate al di fuori della manutenzione. II.13 TPM: Total Productive Maintenance Manutenzione produttiva - nata in Giappone (5S, kaizen… miglioramento continuo) e realizzata da tutti gli addetti organizzati in piccoli gruppi d’attività - che ha come obiettivo principale l’azzeramento di guasti e difetti nella produzione. Secondo il Japanese Institute Plaint Maintenance (JIPM) l’adozione nelle applicazioni reali porta ai seguenti risultati: Riduzione dei guasti ad 1/40 del numero iniziale Aumento della produttività del 17 – 26% Riduzione dei difetti del 80 – 90% I principi di base di tale tecnica sono: Efficienza totale – Trovare la redditività di tutto il sistema Sistema totale di manutenzione – Integrazione di tutte le risorse: Strategie, gestione ricambi, pianificazione interventi Coinvolgimento totale degli operatori (Automanutenzione) Gli obiettivi sono: MAX Efficienza Totale degli Impianti (OVERALL EQUIPMENT EFFECTIVENESS) Stabilire un sistema di manutenzione preventiva per l’intera vita degli impianti Responsabilizzare alla manutenzione tutte le funzioni aziendali Promuovere la motivazione del personale Le attività di base della tecnica TPM vengono dette “colonne” e possono variare da 5 a 8 a seconda dei fattori che si vogliono considerare. Di seguito analizzeremo il modello a 5 colonne di Yoemans e Millington (1997) che può essere schematizzato come segue.

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MANUTENZIONE PROGRAM. ED ISPETTIVA

FORMAZIONE SPECIFICA MANUTENTORI

GESTIONE STARTUP IMPIANTI

1

AUTOMANUTENZIONE

PERDITA PRODUZIONE

ELIMINAZIONE CAUSE DI

TOTAL PRODUCTIVE MAINTENANCE

2

3

4

5

40

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1. ELIMINAZIONE DELLE CAUSE DI PERDITA DI PRODUZIONE a. Perdite di tempo: tempi morti per guasti di setup, manutenzione programmata << Availability! b. Perdite di velocità: riduzione della velocità o microfermate per problemi imprevisti… sensore lento, nastro inceppato… << Production Efficiency! c. Perdite di qualità: Produzione pezzi scarti o fuori specifica in produzione di testa/coda << Quality Rate! 2. AUTOMANUTENZIONE L’operatore è ritenuto il massimo conoscitore del comportamento della macchina ed è in grado di: Svolgere la migliore manutenzione fino a certi gradi di complessità Proporre interventi migliorativi sulla macchina a seguito di un opportuna formazione ed incentivazione ricevuta! 3. PREPARAZIONE

DI

PIANI

DI

MANUTENZIONE PROGRAMMATA

ED

ISPETTIVA

PER I

MANUTENTORI

Per problematiche di maggiore complessità occorre disporre di competenze e risorse specifiche per definire i programmi di manutenzione programmata ed ispettiva. 4. FORMAZIONE SPECIFICA DEI MANUTENTORI Prevedere corsi di formazione tecnica avanzata per gli operatori e tutto il personale di manutenzione. 5. STRUTTURAZIONE DI UN PROGRAMMA DI GESTIONE INIZIALE DEGLI IMPIANTI (STARTUP) Definire un piano di lavoro specifico per la fase d’avviamento degli impianti. II.13.1 Calcolo dell’indice OEE (OVERALL EQUIPMENT EFFECTIVENESS) Si definisce l’Efficienza Totale degli Impianti tramite l’indice OVERALL EQUIPMENT EFFECTIVENESS così definito:

OEE (t ) = A(t ) × PE (t ) × QR(t ) ≤ 1 Dove: t: intervallo temporale su cui è condotto il calcolo Operating Time ...in work !

OT LT

Availability (Disponibilità): A(t ) =

Tempo macchina guasta , setup...

=

Loading Time ... is ON !

LT − TSTOP LT

≤1

Numero REALE pezzi

Production Efficiency: PE (t ) =

NR NR = ≤1 OT NA t ciclo Numero ATTESO pezzi

Numero pezzi IN SPECIFICA

Quality Rate: QR(t ) =

N IS NR

Numero pezzi FUORI SPECIFICA

=

NR −

N FS NR

≤1

Numero REALE pezzi prodotti

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Affidabilità e Manutenzione degli Impianti

Possiamo valutare qualitativamente l’influenza dei parametri appena definiti nel seguente diagramma rappresentato sulla base dei tempi. T E M P O

D I S P O N I B I L E

(LT) Perdite di tempo A

Tempo di Funzionamento (OT) Perdite di velocità PE

Tempo Netto di Funzionamento (NOT) Tempo Operativo Utilizzabile (VOT)

1. Guasti 2. Set-up e riparazione

3. Microfermate 4. Riduzione di velocità

Difettosità QR

5. Difetti nel processo 6. Riduzione produzione

OSS. Valori tipici attuali:

OEE = 0.87 – 0.9 A > 0.9 PE > 0.95 QR > 0.99

Il primo modello di calcolo dell’OEE, tuttora utilizzato, noto anche come Modello delle Sei Grandi Perdite (Six Big Losses) è stato definito dall’ing. Seiichi Nakajima nel suo libro “Introduction to TPM, Productivity (1988)” da cui è tratto il seguente schema di calcolo.

II.13.2 Analisi dei costi Costo… + Perdite di tempo = (1-A) x Output x Utile + Perdite di efficienza = A x (1-PE) x Output x Utile Mancato Guadagno Costi Opportunità + Scarti = A x PE x (1-QR) x Output x Utile + Scarti = A x PE x (1-QR) x Output x (WIPmedio – Valore scarti) Scarti Costi Diretti = Costo Totale Perdite L’OEE… …non è flessibile! Nasconde la criticità di un basso QR con un valore alto dell’OEE. …risente della strategia di manutenzione Es. Manut.notturna: >>A vs >>Costo Lavoro! …ingannevole per macchine operanti sulla stessa linea! Rev. 27/10/2006

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II.14 KPI: Key Performance Indicators Gli indici di manutenzione dei beni durevoli per uso industriale sono definiti e catalogati dalla normativa UNI 10388 la quale, tramite un’analisi temporale e/o spaziale del sistema, distingue due macrocategorie di indici:

Globali, se riferiti a tutto il sistema

Particolari, se riferiti ad un singolo aspetto.

Nel dettaglio la normativa definisce essenzialmente cinque categorie di indici: 1. Generali es:

Costi TOT di Manutenzio ne ad esercizio Produzione Annua Valorizzata... al prezzo di vendita

2. Di Efficacia… definisce il raggiungimento di un obbiettivo es:

Tempo Disponibil e dell' impianto o il suo complemento3 ad 1. Tempo Richiesto

3. Di Efficienza… definisce il raggiungimento di un obbiettivo ottimizzato! es:

Costo di Indisponib ilità (Manutenz + Materiali tecnici + Fermo impianto) Globale Produzione Annua Valorizzata... al prezzo di vendita

4. Struttura Organizzativa… modalità di gestione risorse umane di manutenzione! es:

Ore di formazione personale di manutenzio ne Ore di formazione TOT

5. Sicurezza… Indici di Frequenza e Gravità definiti dall’UNI 7249.

II.15 Indice OCE (OVERALL CRAFT EFFECTIVENESS) Si definisce l’Efficienza Totale della Manovalanza (analogamente all’indice OEE) tramite l’indice OCE così definito:

OCE = CU × CP × CSQ …valore tipico = 0,5. Dove:

3

Tempo Impiegato ≤ 1 … f(Tempo) Tempo Disponibil e

Craft Utilizzation: CU =

Craft Performance: CP =

Craft Service Quality: CSQ … è definito caso per caso… f(Qualità).

Tempo TOT Pianificat o ...anche > 1 … f(Prestazione) Tempo TOT Richiesto

In questo caso compare al numeratore l’indisponibilità dovuta alle operazioni di manutenzione.

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II.16 GSM: Global Service Maintenance Il sistema globale di manutenzione (GSM) segue la scia della tendenza industriale ad esternalizzare (outsourcing) tutte le attività a basso contenuto tecnologico che rappresentano un contorno alle attività principali (core business) le quali sono strettamente legate alle conoscenze tecniche (know-how) maturate nel tempo dall’azienda stessa. Tra le attività tipiche di questa tendenza troviamo quelle di trasporto, stoccaggio, semplici lavorazioni ed il sistema di manutenzione. In quest’ottica di sviluppo il GSM può essere essenzialmente definito come un contratto che stabilisce a priori le prestazioni (performances) manutentive (Disponibilità, Affidabilità,…) che devono essere garantite dall’azienda fornitrice del servizio di manutenzione (provider) ed il corrispettivo economico (generalmente sottoforma di canone su base annua) che l’azienda beneficiaria è tenuta a pagare. In questa forma di contratto si distinguono essenzialmente due soggetti: • Committente (azienda): colui che affida la manutenzione ad un terzo soggetto detto assuntore. • Assuntore (provider): colui che si impegna a fornire al committente i servizi manutentivi. Si occupa essenzialmente di o Progettare o Pianificare o Eseguire gli interventi manutentivi. Il provider deve occuparsi delle seguenti azioni: • Analisi del sistema nel suo stato di fatto • Individuazioni degli interventi correttivi • Definizione ed esecuzione delle attività preventive ed ispettive • Gestire i materiali tecnici di manutenzione • Eseguire attività d’ingegneria della manutenzione per migliorare il servizio • Fornire personale per la manutenzione e/o formando il personale dell’azienda committente • Gestione/supervisione d’eventuali subappalti per attività di manutenzione Il committente può eventualmente fornire personale interno ai fini di attuare attività di automanutenzione. Vantaggi… • Strategici: libera risorse (tecniche, umane e finanziarie) dalla manutenzione per concentrarsi sul core business. • Finanziari: trasferisce al provider gli oneri per immobilizzazione di apparecchiature e ricambi. • Economici: grazie alla specializzazione del provider si ottiene un’economia di scala4 e di apprendimento5 che porta ad una riduzione dei costi operativi da parte del committente. 4

La stessa risorsa viene usata per più clienti in modo da saturare meglio le risorse ed ottenere un minor costo unitario. Precisamente si opera: riduzione ed eliminazione delle attività non necessarie riduzione e/o azzeramento delle scorte e attrezzature economie di scala derivanti dalla pluriennalità del contratto con un unico referente revisione degli aspetti economici dei sub fornitori ottimizzazione del personale addetto alla manutenzione ed utilizzo più razionale dell'energia 5 Dovendo seguire più casi aumenta l’esperienza tecnica del provider.

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Svantaggi/Criticità… • Strategiche: rischio di perdere il controllo sulla continuità del flusso produttivo a causa di un’errata manutenzione • Organizzative: definizione delle attività a carico dell’azienda o del provider, dei parametri prestazionali e del corrispettivo economico. • Provider: non esistono parametri operativi per valutare le sue competenze!!! • Culturali: atteggiamento di poca flessibilità nell’adozione del GSM. Ad esempio ostilità degli ex-manutentori interni che sono assegnati a compiti alternativi. • Fattibilità: valutazione fra opportunità di miglioramento contro il punto di criticità economica. N.B. Non bisogna confondere l’esternalizzazione con il GSM che, come la prima, cede dei servizi/attività a terze parti, ma garantisce al committente predefinite prestazioni. La norma tecnica che si occupa del GSM è la UNI 10685: “Criteri per la formulazione di un contratto basato sui risultati”. Detta norma tende a dare alle due parti le basi per la definizione del contratto (solitamente del tipo bonus-malus) e degli oneri relativi al committente ed al provider.

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