Franca Verteramo, la ricamatrice delle grandi Maison Di Marzia Mecozzi
“Tornate all’antico e sarà un progresso!” Questa straordinaria esortazione di Giuseppe Verdi, valida in ogni campo dell’arte e in ogni tempo, si presta oggi più che mai a descrivere il rapporto fra il ricamo e l’alta moda. Le antiche tradizioni incontrano il moderno, impreziosendo con nobile tocco le linee dei nuovi trend in un sodalizio che strizza l’occhio dalle passerelle delle più spettacolari fashion week, per ora ancora a porte chiuse, ma con la speranza di tornare presto alla normalità. Proseguono gli incontri con i grandi protagonisti del ricamo, uno spazio speciale che Manidoro in collaborazione con Giuliana Ricama dedica a coloro che hanno dato lustro con il loro lavoro al settore del ricamo portando il valore di quest’arte all’attenzione del mondo. L’incontro con Franca Verteramo, maestra artigiana, esperta di ricamo e specializzata nel ricamo di Luneville, è un viaggio nella bellezza e nella delicatezza del merletto della tradizione, dai preziosi ricami del corredo delle spose a quelli sontuosi degli abiti delle grandi sartorie per le quali lavora, da Roberto Cavalli a Emilio Pucci, a Peter Dundas. Nata nel 1961 a Rocca di Neto, paese nei pressi di Crotone nel quale ha vissuto fino all’età di 32 anni prima di trasferirsi con il marito e la figlia a Prato dove tuttora vive e lavora, Franca inizia il suo racconto proprio dall’infanzia, negli anni Sessanta, quando era ancora molto viva la tradizione del ricamo fra le giovani donne che realizzavano a mano il proprio corredo. “Ho imparato a ricamare all’età di sei anni, utilizzando in principio gli strofinacci da cucina. – ricorda Franca. - La mia prima maestra è stata la mamma, sebbene lei non sia mai stata una ricamatrice esperta: essendo rimasta orfana di madre molto presto, fin da giovanissima era stata troppo impegnata a mandare avanti la famiglia per potersi dedicare ad altre cose. Mi iscrisse, però, ben presto a corsi di ricamo e mi mandò a frequentare anche un corso di cucito. Era tradizione ancora molto sentita realizzare a mano il proprio corredo; ogni bambina veniva avviata prestissimo all’arte del ricamo per essere pronta a lavorare al proprio. Per anni ci si dedicava ad impreziosire lenzuola, federe, asciugamani, copriletti, tovaglie, con tecniche di vario genere. E anche io preparai il mio.” La preparazione del corredo, tema interessante e importante pagina della cultura nazionale, era parte integrante dell’edu-
cazione femminile. Il corredo, nella storia, ha sempre avuto un significato notevole e un valore economico importante. Era parte della dote di chi andava in sposa e si tramandava come i gioielli di famiglia, tanto era prestigioso e riconosciuto il suo valore. Il corredo rappresentava un vero e proprio “status simbol” e per questo non si badava a spese per la sua preparazione. Era talmente alto il numero dei pezzi prodotti, che alcuni di questi oggetti di biancheria, che riempivano bauli avvolti in preziose veline, finivano per non essere utilizzati mai. Quelli rimasti inutilizzati erano una preziosa eredità tramandata di madre in figlia, di nonna in nipoti. “Fra le tradizioni più belle, che non dovrebbero andare perdute, se non altro per la poesia che racchiudono, vi è la cerimonia del letto. – prosegue Franca. - Una settimana prima delle nozze, i parenti dei due sposi portano nella nuova casa le lenzuola ricamate dalla sposa che andranno a comporre il letto. Vengono stirate sul momento e il letto viene preparato dalle ragazze nubili di famiglia. Poi si apre la casa al paese, e tutti vengono portando doni, zucchero e uova. Questo rituale sta andando pian piano in disuso e sono ormai sempre meno le giovani donne che preparano con le proprie mani la biancheria di casa e il corredo.” Terminata la scuola superiore, Franca sapeva che non avrebbe svolto la professione della ragioniera; la passione per le arti creative era andata via via crescendo favorita anche dalla guida della professoressa di applicazioni tecniche che aveva saputo trasmettere alla classe l’amore per il lavoro manuale, dall’uncinetto ai ferri
al telaio. Così aprì il suo negozio di merceria che divenne ben presto un punto di riferimento in paese per il grande assortimento di filati che offriva. Un salotto ben frequentato dalle tante signore del paese che amavano i filati e il ricamo, alcune delle quali davvero bravissime. “Grande contributo nell’affinare le tecniche del ricamo a filo lo diede a noi tutte suor Ermenegilda, un’istituzione a Rocca di Neto, una vera artista del ricamo. – ricorda Franca – Le istituzioni religiose sono sempre state uno dei perni importanti per la vita e la salvaguardia dell’arte del ricamo. Un’arte che predispone alla serenità, al raccoglimento interiore, con il suo ritmo che concilia la concentrazione e la precisione. Dopo dieci anni di lavoro, e soprattutto in seguito alla nascita di mia figlia, decisi di lasciare il negozio per dedicarmi alla bambina. E poi ci trasferimmo a Prato. Lì, anche con l’intento di fare nuove amicizie ed integrarmi nella nuova realtà, partecipai alla selezione per un corso di ricamo indetto dalla Regione Toscana. Non venni presa, perché, come mi dissero in seguito, ero troppo preparata per quel corso, non ne avevo bisogno. Una delle organizzatrici però mi promise che qualora ci fossero state visite all’interno delle aziende della moda o relazioni con ricamatrici professioniste mi avrebbe coinvolta. E così fece.” La svolta nella direzione dell’alta moda avvenne in seguito al contatto con una ricamatrice a telaio che lavorava a Firenze per Moda Pitti, la rassegna culturale che, a partire dagli anni
Cinquanta, aveva iniziato ad organizzare sfilate con le più belle e brave case sartoriali della città imponendo il Made in Italy sulle passerelle un tempo appannaggio esclusivo delle Maison francesi. “Erano gli inizi degli anni Novanta quando iniziai ad approfondire il ricamo di Luneville, una delle tecniche più applicate nell’abbigliamento, negli abiti da sposa, nei corredi, nei gioielli, e persino nelle borse e nelle scarpe.” Il ricamo Luneville è sempre stato ampiamente utilizzato nella moda, a partire dalla Belle Époque, con paillettes perline e filati di seta per ricami artistici sempre più complessi e, in tempi più recenti, nella confezione di abiti haute couture dai grandi stilisti contemporanei, da Dior a Pucci, Lacroix, Saint-Laurent, Chanel, Dundas. Il Luneville è un tipo di ricamo che consente di elaborare disegni a volte molto complessi con punti catenella, fili colorati, a volte metallizzati, perline e paillettes su tessuti spesso leggerissimi come il velo o l’organza. È un punto semplice dal punto di vista tecnico, che richiede però una mano esperta nella realizzazione, soprattutto per la struttura delicata dei tessuti su cui viene eseguito. Con un filato di perline, ad esempio, questo metodo consente di posare le perline una ad una, in maniera veloce e precisa, lasciando una perlina tra un punto e l’altro. “E per gradi mi avvicinai all’alta moda. – prosegue Franca. – Il primo incarico importante mi fu conferito dalla Maison Cavalli dove mi presentai sapendo che cercavano una ricamatrice
a filo. Ricordo bene il primo capo che mi chiesero di realizzare: si trattava di una camicia da uomo con un gigliuccio che andava sull’abbottonatura e sulla scollatura. Il gigliuccio è un tipo di ricamo usato tradizionalmente perlopiù come ornamento di biancheria da letto, da tavolo e tende, è una delle tecniche di ricamo “in bianco” (filo bianco su lino bianco), la cui caratteristica principale è la precisione che, insieme alla qualità del filo usato, rendono il ricamo pregiato. Per la realizzazione, che ricamai in bianco (venne tinta in seguito per dare le sfumature ai fiori), impiegai tre giorni di lavoro.” Così ebbe inizio il secondo capitolo della storia di ricamatrice di Franca Verteramo, un capitolo ricco di soddisfazioni e di nuove esperienze: una full immersion nell’intrigante e spumeggiante mondo della moda, un lavoro tanto affascinante quanto frenetico, ovvero la realizzazione del capo da passerella. “Ho partecipato a diverse sfilate con la Maison Cavalli. Fra gli abiti più rappresentativi ricordo in particolare due abiti da me ricamati in punto Smok, un punto di ricamo cucito su una base di arricciature, e una mantella in bouclé. Quei capi vendettero tantissimo, cosa piuttosto rara perché solitamente gli abiti da sfilata non sono gli stessi che possiamo vedere nelle vetrine dei negozi. Il capo di haute couture è una vera e propria opera monumentale che richiede una dedizione completa in tutte le fasi della sua lavorazione. La mia partecipazione all’opera va dalla costruzione del capo agli ultimi ritocchi sulla modella, perché i ricami sono una
parte preziosa dell’abito, sono come gioielli e come tali devono risaltare. I ricami a volte vengono realizzati sulla pezza di stoffa e il taglio dell’abito è conseguente, altre volte invece sono ricamati su tulle o organza e vengono applicati con piccoli punti sull’abito confezionato. Nei momenti delle sfilate si lavora anche intere notti per arrivare alla perfezione assoluta.” Attualmente impegnata con le Maison Pucci e Dundas, il suo lavoro continua a rivelarsi entusiasmante, a partire dalle favolose ambientazioni che fanno da scenario alle sfilate e agli eventi scintillanti che vi gravitano attorno ai quali è chiamata a partecipare. A Saint Moriz per gli ultimi ritocchi agli abiti delle modelle di una festa a tema in occasione del matrimonio di un importante magnate russo; a Parigi per le presentazioni delle collezioni Dundas; a Londra sul set fotografico della sfilata.
zioni più grandi è stato il riconoscimento della Camera di Commercio di Prato che mi ha conferito il titolo di Maestra Artigiana, un titolo importante che definisce il mio mestiere, un riconoscimento necessario per un ruolo professionale che va riconosciuto. Ed è giusto che le ricamatrici italiane abbiano sollevato il dibattito su questo tema per il riconoscimento fra le arti e i mestieri di questa professione così importante e unica.” Un’attività che non è solo abilità, ma vera e propria capacità artistica, eredità del tempo, anima della tradizione più autentica e, come insegava Suor Ermenegilda, non soltanto un mestiere, ma un modo di ritrovarsi, nel ritmo che aiuta i pensieri, rendendo la mente più positiva e libera.
“L’anno scorso siamo volati a Miami per il Super Bowl. – Racconta. - Peter Dundas, insieme a Versace, ha realizzato gli abiti delle due regine della manifestazione: Shakira e Jennifer Lopez che, nei loro abiti ricamati con cristalli Swarovski, hanno incantato il mondo dal palco dell’Hard Rock Stadium. Ho una foto che mi ritrae insieme a Shakira che lei stessa ha pubblicato. C’è molta riservatezza, ogni capo è super segreto fino al momento in cui si va in scena, gli abiti sono parte integrante dello show. È così anche per quanto riguarda il ricamo, ogni Maison è gelosa dei propri disegni.” Come dicevamo in premessa, tornare all’antico spesso rappresenta un progresso; l’altra moda è tornata alla tradizione puntando sul ricamo più prezioso e autentico, quello custodito e tramandato da alcune ricamatrici d’eccellenza che, dalle loro scuole o semplicemente dai loro laboratori artigianali, sono tenutarie dei punti di un’arte antica e unica. Le grandi sartorie, dopo anni di industrializzazione del prodotto e di esternalizzazione del processo produttivo verso paesi come l’India o la Cina alla ricerca di una manodopera meno costosa, per esprimere l’optimum, tornano a rivolgersi al Made in Italy. Un Made in Italy che, in questo caso, significa proprio realizzato a mano. “La differenza del ricamo a mano e del ricamo italiano rispetto alle lavorazioni fatte in India o in Cina si vede. – afferma Franca. – Il ricamo italiano, in tutte le sue straordinarie variabili, ha un’anima diversa e chi è alla ricerca dell’optimum non può prescindere dalla scuola italiana. La nostra manodopera è più cara, senza dubbio, ma la qualità non ha uguali e chi se ne intende lo sa bene. Per questo oggi l’alta moda e il mercato del lusso tornano a concentrarsi sulla manifattura nostrana.”
Shakira con un abito Peter Dundas, ricamato da Franca (insieme nella foto), in occasione del Super Bowl 2020 a Miami.
Quando non è impegnata nella realizzazione dei capi d’alta moda, Franca continua a tenere corsi di ricamo presso il suo nuovo laboratorio. “In questi ultimi anni mi sono dedicata perlopiù al Macramè, - spiega. - Prima insegnavo in casa o in parrocchia. Ora con il nuovo laboratorio stiamo lavorando veramente con grande soddisfazione. Una delle soddisfa-
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