Volti e Storie Dalla Terra Delle Acque N.2 - GIUGNO 2013
base cm. 26
Emporio
3| SOMMARIO
05 EDITORIALE Alba radiosa
14 NOTIZIE E DINTORNI Abitare nel territorio delle acque
16 PAGINE DI STORIA La svolta dell’acqua
20 SPECIALE FESTA DELLE ACQUE
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Immersi nella gioia
24 ITINERARIO DELL’ACQUA Buon Vento al futuro Risalendo la Fossa dei Mulini C’era una volta una fabbrica Fresche rive di acque dolci
38 PERSONAGGI Sacramora storia di un parco
Vis a Vis periodico semestrale Anno II - N.2 - GIUGNO 2013 • Supplemento a: Chiamami Città N. 711 del 22/05/2013 a cura dell’Associazione Ippocampo Viserba Laboratorio Urbano della Memoria tel. 0541 735556 info@ippocampoviserba.it www.ippocampoviserba.it
Bevi Bagli che non ti sbagli Corcelli, the voice of Rimini Nord
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46 LUOGHI DA VISITARE Indimenticabile viaggio in Italia
50 CURIOSITÀ E TIPICITÀ La tratta oggi come ieri
• Direttore responsabile: Stefano Cicchetti
A casa di Fis-cioun
• Progetto creativo, contenuti culturali, servizi e foto d’epoca: Associazione Culturale Ippocampo Viserba Presidente: Pierluigi Sammarini
Storie di mare e di conchiglie
60 PROSPETTIVE Là dove c’era l’erba
• Direttore editoriale: Marzia Mecozzi AUDIO TRE s.r.l. - Rimini • Caporedattore: Maria Cristina Muccioli • Responsabile commerciale: Ruggero Testoni
66 SPORTIVI DI CASA NOSTRA
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Nel caldo abbraccio dell’acqua “Riccio” prodigio su due ruote
• Ufficio promozionale: Nerea Gasperoni, Paolo Morolli
Viserba Volley una splendida realtà sportiva
• Fotografi: Angelini, Gabriele Bernardi, collezioni archivio Ippocampo, Nicola De Luigi, Gianluigi Pagliarani, Paritani
Divertimento su terra rossa
• Progetto grafico e impaginazione: Rosalia Moccia AUDIO TRE s.r.l. - Rimini • Stampa: La Pieve Poligrafica Editore Villa Verucchio s.r.l. • Hanno collaborato: Paola Albini, Silvia Ambrosini, Paolo Catena, Roberto Drudi, Nerea Gasperoni, Maria Marzullo, Manlio Masini, Marzia Mecozzi, Maria Cristina Muccioli, Sabrina Ottaviani, Francesca Perazzini, Pierluigi Sammarini, Ruggero Testoni
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• Chiuso in redazione il 15/05/2013
Sfoglia la rivista on line su www.ippocampoviserba.it
l’ippocampo
In questi anni, in rete e in collaborazione con i comitati, le associazioni e i privati dell’area di Rimini Nord Ippocampo ha dato vita a numerose iniziative e a piacevoli momenti conviviali. Il laboratorio urbano della memoria attende tutti in piazza Pascoli ogni martedì sera. Per la terza estate l’associazione Ippocampo partecipa alla “Sagra degli artigiani, antiquari e collezionisti” promossa e coordinata dal Comitato Turistico di Viserba.
L’Ippocampo, Laboratorio Urbano della Memoria, con sede a Viserba, è un’associazione di volontariato nata nel febbraio del 2010 con lo scopo di salvaguardare e valorizzare la storia e la cultura del suo territorio favorendo lo scambio e la relazione fra le persone che in esso vivono ed operano. Il lavoro finora svolto è raccolto nel sito
www.ippocampoviserba.it
Presso l’associazione, in via Panzacchi 21 ha sede la redazione della rivista “Vis a Vis”. PARTECIPA ANCHE TU. Aggiungi un tassello alla storia comune. Foto e ricordi personali sono l’anima della nostra ricerca. INFO: Associazione Ippocampo via Panzacchi, 21 - Viserba di Rimini tel. 0541 735556 info@ippocampoviserba.it www.ippocampoviserba.it
l’ippocampo
piazza del Mercato Viserba
5| EDITORIALE
Alba radiosa Se il buon giorno si vede dal mattino, possiamo tranquillamente dire che l’alba di “Vis a Vis” sia stata radiosa e piena di sfumature che stanno facendo presagire giornate splendide di vita vissuta del magazine del territorio di Rimini Nord. Siamo al secondo appuntamento e il lavoro delle nostre redattrici, dei nostri fotografi, dei nostri corrispondenti, dei nostri grafici, dei nostri archivisti, dei cittadini e delle associazioni attive con noi è stato proficuo e lo vedrete nelle pagine che vi aspettano. Un ringraziamento alle nuove firme che accrescono di contributi il nostro viaggio ed in particolare al grande ricercatore di storia riminese, il prof. Manlio Masini che ci onora con una memoria dal titolo emblematico “La svolta dell’acqua” ed introduce il motivo dominante di questo numero primaverile che è, appunto, l’acqua. L’acqua, le acque… il territorio delle acque, quale è il nostro ambiente grazie all’elemento che ci ha contraddistinto fin dagli albori della nostra storia. Siamo stati e tuttora siamo permeati da essa nel sottosuolo, dagli zampilli emergenti, dal mare e dalla foce della Fossa dei Mulini, dalle fontane che arricchivano tutte le case, fino a lei… la principessa per eccellenza: la Fonte Sacramora, oggi più che mai presenza di un legame col territorio, che dava di che vivere e che, sgorgando in quel della Sacramora, ancora si diffonde faticosamente, in attesa di un rinnovato monito alla freschezza della vita. Ci stringiamo simbolicamente ad essa e le storie, i racconti e le testimonianze, ci parlano della voglia di diventare positivi e trovare il bandolo di questa matassa che è la vita di una comunità, immergendosi nell’allegria, sottotitolo della prima Festa delle Acque a Viserba, festa del borgo nord di Rimini, festa che si svolge in questi giorni, mentre usciamo a fine maggio. Ecco svelato il filo conduttore primaverile di “Vis a Vis”. Dall’acqua impariamo anche a valorizzare le energie della giovane età che colloquia con l’esperienza dei genitori che insieme ai figli celebrano questo evento. La Festa delle Acque nasce dallo sforzo collettivo di operatori e imprenditori, volontari e militanti in associazioni territoriali. Concreta unione tra sport, arti, musica, giochi, danze, cultura, il tutto bagnato dal nostro sangiovese e dai nostri cibi tradizionalmente rappresentati da una piadina coi sardoncini. È ritrovando le radici ideali che dobbiamo, rimboccandoci le maniche, in progressione, ritrovare nuove forze e spunti di aggregazione e coesione sociale. Ma… ma. Si c’è un ‘ma’ nel quadro meravigliosamente idilliaco che vi ho appena prospettato ed è il dubbio che sempre assale chi realizza un’impresa. Sarà un lavoro che servirà a qualcosa e a qualcuno in questi tempi di grande tensione sociale e umana? Tra le righe, i colori e i sapori del passato - che continuiamo a riproporci come modello di civica convivenza - speriamo possa concretizzarsi un messaggio di speranza tale da condurci a vivere anche il quotidiano con la stessa grinta che ha contraddistinto fin qui questo manipolo di scatenati amanti di una terra che ha nome Viserba. Pierluigi Sammarini - presidente associazione Ippocampo
6| NOTIZIE E DINTORNI Presentazione Lounge per “Vis a Vis” e la direzione dell’hotel. Tanti gli ospiti intervenuti per brindare alla nascita del primo “giornale patinato” interamente dedicato al territorio di Rimini Nord, con la sua storia, i suoi personaggi, le sue eccellenze, presentate trasversalmente ricordando il passato, mostrando il presente e con lo sguardo rivolto al futuro.
foto Paritani
Il primo giorno di dicembre del 2012 nella bella cornice dell’hotel Panoramic si è tenuta la presentazione ufficiale del primo numero della rivista “Vis a Vis”. L’occasione si è trasformata in un elegante e piacevole aperitivo lounge organizzato dall’associazione Ippocampo in collaborazione con la proprietà
Da sinistra: Pierluigi Sammarini, Marzia Mecozzi, Stefano Cicchetti, Maria Cristina Muccioli, Rosalia Moccia, Silvano Perazzini
Sara Alpini
Da sinistra: Giuliano Perazzini, Mattia Morolli, Franca Maioli, Guerriero Bernardi, Donata Ciavatti, Alberto Ravaioli e Stefano Ravaioli
Don Aldo Fonti e Silvano Perazzini
Antonio Carasso e Marzia Mecozzi
Da sinistra: Antonio Scarpato, Maria Marzullo, Marzia Mecozzi, Roberto Mazzotti, Claudia Pari, Pierluigi Sammarini e Maria Cristina Muccioli
7| NOTIZIE E DINTORNI Esportiamoci a Marinagrande “Incontr’Arti” in quel di Viserba all’inizio di settembre. All’insegna di questo originale titolo torna, sulla spiaggia di Marinagrande di Viserba, la manifestazione nazionale “Esportiamoci”, giunta alla XII edizione. Si tratta di un percorso per una salute non solo mentale, che dall’1 al 7 settembre 2013 vedrà la partecipazione di persone provenienti da ogni parte d’Italia per trascorrere giornate all’insegna dello sport, con i tornei di beach volley e non solo. Alla pratica sportiva vista come occasione per creare legami, vengono affiancate altre forme di linguaggio come, appunto, quello artistico, con lo spirito di far emergere sentimenti di appartenenza durante la settimana in cui la parola d’ordine è “integrazione”. L’iniziativa è
organizzata dall’AUSL riminese con il patrocinio di Provincia, Comune e UISP di Rimini oltre che dallo staff dello stabilimento Marinagrande. Un evento che contribuisce ad arricchire il territorio
grazie ai tanti ospiti che soggiornano nei vicini hotel, per la vitalità che portano, per la capacità che hanno di mescolarsi a turisti e residenti in giornate di sport, incontri e interessanti serate a tema.
e le gare giovanili sulla spiaggia di Viserba sono scesi in gara amatori e campioni che hanno dato spettacolo nei tre giri della kermesse del Diecimila del Mare. Negli assoluti si è imposta la gazzella nordafricana Taoufik Bazhar davanti al
forte Vincenzo D’Asaro ed alla stella svizzera Jean Pierre Theytaz. Nel gentil sesso con una bella performance la romagnola Fausta Borghini ha prevalso sull’umbra Annabella Baiocco e sulla lombarda Antonella Panza.
La carica dei 700 alla Playa Il 1° Diecimila del Mare valevole per il 16° Golden Fest ha visto oltre 700 sportivi camminare, correre e “Nordic Walkare” sulla sabbia dorata di Viserba grazie alle sinergie messe a punto tra le categorie economiche per una Viserba da vivere all’insegna del turismo e dello sport. Gli atleti sono giunti da tutta Italia e dall’estero per partecipare alla 3° tappa dei Golden Events patrocinati dell’Unicef, dal Coni Regionale, dalle amministrazioni comunale e provinciale di Rimini con l’omologazione dell’Endas. Il 1° Diecimila del Mare è stata la prova d’apertura dei Beach Games 2013 organizzata dal Golden Club Rimini che ha confezionato un weekend pasquale all’insegna della corsa allo stato puro. Dopo le camminate
8| NOTIZIE E DINTORNI Beach Tchoukball Festival 2013 Ad inaugurare la bella stagione, nel primo weekend di maggio, sulla sabbia di Marinagrande e di Playa Tamarindo si è tenuta l’undicesima edizione del Beach Tchoukball Festival “Memorial Hermann Brandt”, manifestazione sportiva che sta riscuotendo sempre maggior successo e che porta a Rimini squadre da tutto il mondo. Dopo il campionato europeo del 2003 seguito dalla prima edizione del Festival, Viserba ha da allora ospitato ogni anno questo evento. Giovani, belli, colorati: un arcobaleno dinamico che non è passato inosservato, e, nonostante qualche nuvola dispettosa anche quest’anno le cifre hanno confermato che l’evento viserbese, organizzato dalla Federazione Tchoukball Italia, è il più grande appuntamento di Beach Tchoukball a livello mondiale.
Ben 1250 i partecipanti, dai 7 ai 67 anni, schierati in 157 squadre e suddivisi in quattro categorie (Slam, Open, Under 19, Under 14). Su venti campi, distribuiti su oltre un chilometro di spiaggia fra tre stabilimenti balneari, si sono svolte 861 partite. Coinvolti sedici alberghi conven-
zionati, che hanno ospitato i partecipanti (oltre che dall’Italia, provenienti da Svizzera, Francia, Gran Bretagna, Germania, Austria, Repubblica Ceca, Cina, Danimarca) e diversi operatori turistici che hanno organizzato eventi collaterali per gli atleti.
La Fogheraccia, appuntamento caloroso Il mare d’inverno con tutto il calore ed i mille colori di una festa estiva: la fogheraccia. Da via Polazzi a via Roma, viserbesi doc, nuovi viserbesi e molti curiosi da luoghi vicini da qualche anno invadono Viserba in questa serata di festa. Onore e merito agli organizzatori (Comitato Commercianti “Promoviserba”, Comitato Turistico, bagno Playa Tamarindo) e alla presenza ormai tradizionale dell’associazione culturale Ippocampo con il suo ‘salotto della memoria’. Allo sbocco a mare del negozio 71, c’è stato il classico pienone, grazie alla distribuzione di un migliaio di piadine con salsiccia e sardoncini offerti dalla famiglia Sivieri e grazie all’impareggiabile “Gruppo della scogliera”, instancabili cucinieri, buongustai e indispensabili braccia operanti. La spiaggia è affollatissima, tutti hanno bocca e mani impegnate, i bambini si arrampicano chiassosi sulle dune di protezione e il grande falò, forse un po’ troppo presto acceso, invoca l’inizio di una primavera che stenta ad arrivare. Fra i sorrisi e le chiacchiere, la sensazione è che il fuoco sia solo una scusa, il vero richiamo è il… calore.
9| NOTIZIE E DINTORNI Una coppia da Premio fedeltà
I torinesi Mattea ed Enrico Chiavarino (79 anni lei, 83 lui), per fedeltà e simpatia rappresentano a pieno titolo i tanti amici/villeggianti che da decenni scelgono
il nostro territorio per le loro vacanze. Bionda platino e sbarazzina lei, più pacato lui, entrambi piacevolmente complici nel gioco della memoria proposto durante l’intervista. Bagnanti a Viserbella prima e a Viserba poi, dal 1956 considerano questo luogo molto più che una seconda casa: piena di amici e, un tempo, anche ricca di momenti indimenticabili. Hanno vissuto con gioia l’epoca più vistosa e felice della “Regina delle Acque”, al tempo in cui la musica, il ballo e l’intrattenimento regnavano sovrani e accompagnavano, al ritmo accattivante dello swing, le ore liete e licenziose della vacanza al mare. “La prima volta che arrivammo al mare, nel 1956, fu col treno Torino-Rimini. Il taxi che ci portò fino a Viserbella, all’albergo Ostenda, era una carrozzella trainata da cavalli. Per tre anni siamo tornati nello stesso albergo, dove restavamo
15/20 giorni. Quando ci siamo comprati l’auto (una Fiat 600) abbiamo iniziato a fare il viaggio di notte: partivamo da Torino la sera tardi e arrivavamo a destinazione verso il mezzogiorno del giorno seguente. Dopo l’Ostenda per diversi anni siamo scesi all’hotel Miami e quando i gestori hanno acquistato la pensione Ala, a Viserba, li abbiamo seguiti. Dopo l’Ala è stata la volta del Byron, dai signori Pinzi e poi, per vent’anni siamo stati ospiti dalla Rolanda. Negli ultimi anni siamo stati dai signori Fiorini, all’hotel Riviera, molto curato ed elegante. Poi, quando siamo andati in pensione, abbiamo smesso di essere turisti e siamo diventati, per metà, viserbesi: infatti abbiamo preso in affitto una casetta dove trascorriamo l’intera estate. Non appena arriva il caldo… eccoci qua nella nostra casa al mare!”
Ippocampo al lavoro Durante l’inverno l’associazione Ippocampo si incontra tutti i giovedì sera dalle ore 21 presso la sala parrocchiale ‘Oratorio Marvelli’ oppure presso la sede di “Vis a Vis” in via Panzacchi, 10. Nelle immagini, il Laboratorio della Memoria impegnato a progettare la Festa delle Acque.
Se stappi tieni il tappo... “Se stappi tieni il tappo e il cuore batte” è un progetto di pubblica utilità finalizzato all’acquisto di un defibrillatore da collocare all’interno di una unità mobile di soccorso. Come preannunciato nel primo numero di Vis a Vis, l’Associazione Ippocampo sostiene e coordina l’iniziativa sul territorio viserbese. Nonostante non fosse stato ancora individuato un progetto da sostenere, né uno slogan che desse risalto e riconoscibilità all’iniziativa, l’adesione dei cittadini è stata immediata, esprimendo a pieno quella solidarietà etica ed ecologica auspicata. I tappi da conservare sono quelli in polietilene con la sigla PE. Il punto di raccolta è la Parrocchia di Viserba Santa Maria al Mare, ogni 1° domenica mattina del mese.
10| NOTIZIE E DINTORNI La bellezza ci salverà
La bellezza è soprattutto una sfida. In questi tempi difficili, è encomiabile il coraggio di alcuni imprenditori che investono su questo territorio puntando alla qualità e alla bellezza. È il caso di Marcello De Sanctis, sammarinese con, alle spalle, una famiglia di albergatori di Cesenatico, che ha deciso di ‘regalare’ a Viserba un’altra perla: l’hotel Princier Fine Resort e SPA che aprirà al pubblico il prossimo autunno. Princier, appunto
‘principesco’, è un quattro stelle superior che si affaccerà sulla via Dati al numero 46. L’idea di creare questa raffinata struttura, dal nome favoloso, nasce a De Sanctis per caso, anche se il sogno viene da lontano, dall’amore per lo stile Liberty e dunque per le bellissime ville e villini di Viserba e Viserbella che lo avevano incantato fin da giovanissimo. Al Princier, come in un ‘atelier’ dell’ospite, i clienti potranno soggiornare in dieci suite, una
Cena sociale al Viserba 2000 Una tavolata di quasi duecento persone per il pranzo sociale del circolo socio-culturalericreativo “Viserba 2000” che si è tenuto in aprile nella sede di via Baroni. Ha fatto gli onori di casa il presidente, Lino Perazzini, alla presenza dell’assessore comunale Roberto Biagini. “Viserba 2000” è una realtà associativa nata grazie all’iniziativa di un gruppo di viserbesi storici (con in prima fila il compianto Donato Briscese), integrata nel territorio da molti anni e che attualmente riunisce circa 800 soci di diverse età. Oltre a proporre momenti di svago (conviviali o danzanti), il circolo organizza lezioni di ginnastica, scuole di ballo, spettacoli vari.
diversa dall’altra, con arredi sontuosi che, insieme al nome, si ispirano ciascuna ad un nobile casato della storia. Riqualificare, anzi, rendere prezioso un angolo di Viserba, ricordando il suo aristocratico passato, è uno dei grandi meriti di questa operazione imprenditoriale che - come sostiene De Sanctis darà lavoro ad almeno quattro o cinque dipendenti possibilmente del posto. La gestione sarà curata personalmente dalla famiglia fra tradizione e internazionalità. Tra le curiosità o elementi innovativi possiamo elencare una serie di servizi di alto livello che vanno dalla Beauty SPA aperta anche all’esterno e curata da professionisti, ad una ristorazione-evento giocata sulla cucina di famosi chef che, in particolari occasioni, arriveranno al Princier per soddisfare i palati più intransigenti e raffinati, un parcheggiatore che si occupa di gestire le auto dei clienti… L’hotel dispone di due suite senza barriere architettoniche studiate apposta per disabili e di moderne tecnologie semi invisibili per non appesantire la fisionomia dell’architettura e degli arredi più all’avanguardia. Insomma, le condizioni per attrarre anche i più difficili seguaci di Tripadvisor ci sono tutte, non ci resta che attendere la magica inaugurazione. Noi ci saremo.
Un grande progetto da realizzare insieme Da qualche mese a Viserba si è riunito un gruppo di cittadini che ha in comune la stessa volontà e lo stesso obiettivo: dare un volto nuovo al nostro paese, ripensando gli spazi, mettendo in relazione le diverse funzioni d’uso che compongono questo territorio, salvaguardandone l’identità. E così, con le radici salde nel passato, ma proiettati verso il futuro, si sono sviluppati progetti molteplici che coinvolgono in linea generale tutta la zona nord di Rimini e che, nello specifico, si focalizzano su Viserba. Il gruppo di lavoro è formato da professionisti, tecnici, commercianti, albergatori, bagnini… tutti cittadini che hanno a cuore il proprio territorio. I progetti messi in campo sono rivolti al benessere dei residenti, ma anche dei turisti che da sempre hanno rappresentato una risorsa per la nostra economia. Si stanno studiando soluzioni per offrire una risposta concreta ed attuale alla domanda turistica; particolare attenzione è dedicata alla viabilità, rivista e perfezionata a partire dal nostro lungomare, tesa a garantire percorsi pedonali e ciclabili che permettano una fruizione di qualità. E poi ancora: relazione fra i luoghi, residenziali, turistici, direzionali o scolastici, nuovi volti per aree da tempo abbandonate, potenziamento e rinnovamento di intere zone di Viserba a partire dal proprio “cuore”. Una progettazione insomma a vasta scala su ambiti urbani diversi, con il sogno di restituire a questo territorio bellezza e vivibilità.
12| NOTIZIE E DINTORNI E…state con noi Il “salotto nel salotto” del martedì sera. Un banchetto, qualche sedia per scambiare quattro chiacchiere, un mega schermo che proietta le immagini del territorio e delle persone che lo hanno vissuto, album e raccoglitori con cartoline d’epoca, fotografie, documenti, riviste, libri... Col desiderio di scambiarsi storie e raccogliere le testimonianze di chi voglia raccontarsi e partecipare, in questo modo, al progetto culturale del “laboratorio urbano della memoria”. Dove? In piazza Pascoli, ogni martedì sera, dove da tre anni l’associazione Ippocampo contribuisce ad animare la movida viserbese partecipando alla “Sagra degli artigiani, antiquari e collezionisti” coordinata dal Comitato Turistico. Nulla da vendere, ma tanti sorrisi.
La fontanella più fotografata Viserba, “Regina delle acque”, ai tempi del suo massimo splendore vantava tantissime fontane e fontanelle in ogni casa e villetta. Ma anche in luoghi pubblici, come quella tuttora esistente allo sbocco a mare di via Roma. Probabilmente il sito viserbese più fotografato di tutti i tempi. La fontana, inaugurata nel 1930, è un’opera di Filogenio Fabbri, autore anche della fontana dei quattro cavalli di piazzale Fellini, a Rimini. Da notare i due fasci laterali, successivamente tolti. Nel 1998, dopo anni di incuria e degrado, la fontanella è stata restaurata dall’Amir, grazie anche all’interessamento del Comitato Turistico di Viserba. E l’acqua ha ricominciato a zampillare. Le due bimbe in posa, coi loro costumini all’ultima moda, nella foto scattata nell’agosto del 1935 sono Ines e Nives Zanzani.
Alla stessa tavola per iniziare bene In preparazione della stagione turistica, lo scorso 18 aprile la parrocchia di Viserba Mare ha invitato gli imprenditori locali ad un convivio a cui hanno partecipato 111 persone. Oltre ad un approfondimento sul significato cristiano del lavoro, don Aldo Fonti ha sottolineato quello dell’accoglienza. “Il messaggio biblico dell’ospitalità - spiega il parroco - ci orienta a vivere in armonia le relazioni verso l’altro e il diverso. Il convivio è stato incontro e condivisione, con lo slogan ‘parrocchia casa di tutti’ tradotto in realtà. Ringrazio i tanti collaboratori che hanno reso possibile l’evento (Teresa, Gianni, Geppi, Nerea, Mara, Luca, Chiara, Davide e gli altri) e gli operatori che hanno fornito pietanze e bevande. Le difficoltà del momento siano affrontate vivendo la stagione 2013 con serenità e nella fede. Questo il mio augurio”.
Zeno Vasini con Ruggero Testoni, vice presidente Ippocampo
I pozzi di Zeno Vasini Citati da più parti e fotografati come i battitori di pozzi artesiani di Viserba, attivi fin dagli anni ’20, i cugini Leo e Lino Vasini di Bellaria avevano dato l’acqua a tutte le case di Viserba. La tecnica dei pozzi artesiani era la migliore per portare in superficie l’oro azzurro che ha connotato il nostro territorio individuato come la “Regina delle Acque” non a caso. L’attività dell’Ippocampo ha scovato, quando sembrava ormai scomparso dalla memoria dei più, un signore di nome Zeno Vasini, figlio di Leo, che ha condotto l’attività del padre e ora in pensione continua con una attività di nicchia col figlio Alessandro. “Eravamo partiti usando un manlio da due quintali che in quattro persone manovravamo a mano solo con l’aiuto delle corde, battendo l’asta dei pozzi. In tutta la Romagna e le Marche abbiamo contribuito a fornire pozzi pubblici e privati. Attività anche istituzionale culminata con la battitura dei pozzi sull’alveo del Marecchia per organizzare la rete idrica della comunità riminese”.
14| NOTIZIE E DINTORNI Abitare nel territorio delle acque
foto Paritani
Viserba negli ultimi vent’anni ha vissuto la radicale trasformazione del suo reticolato urbano e della sua realtà abitativa. Al di là dei pro e dei contro di questo fenomeno paesaggistico e sociale, quel che appare chiaro è che la città oggi merita un’attenzione ancor più curata e una riflessione mai a prescindere dall’identità del luogo. Abitare a Viserba. Cosa significa? Lo chiediamo a Maurizio Ma-
rioni, 37 anni, noto titolare dell’Agenzia Immobiliare Tecnocasa le cui vetrine si affacciano su piazza Pascoli. “Io posso raccontare come e perché ho scelto di lavorarci e di vivere questo paese fino in fondo - spiega Maurizio - e perché da dodici anni a questa parte io la consideri una delle scelte più indovinate e felici della mia vita.” Riccionese di nascita Maurizio, è nel campo immobiliare, con Tecnocasa dal 1999. “L’amore per questo luogo è nato per caso, facendo una passeggiata verso nord. Avevo ventitre anni e Viserba, Viserbella e questo territorio, agli
occhi di un imprenditore apparivano ancora come un sano deserto, puntellato di meravigliose ville, sul reticolato impraticabile e curioso del vecchio borgo di pescatori. Basti pensare che all’Ufficio del Registro alcune vie sono ancora definite spazi di transito per calesse… Eppure, in pieno sviluppo immobiliare, il territorio si presentava come una sorta di Eldorado, dove sarebbe stato facile lavorare; un territorio nel quale percepivo l’importanza della tradizione e delle radici, delle relazioni fra le persone, nel quale mi sono subito sentito accolto. Ho fatto amicizia con i personaggi più noti: Fis-cioun, Rolando, Marco Sivieri della ‘jeanseria 71’. Grazie a loro, nell’ora di pausa, fra una briscola e le chiacchiere ho conosciuto Viserba nei dettagli, nei risvolti… La professione poi mi ha portato dentro alle case, nelle vite di quartiere, di palazzo, in quelle ville che, affascinato, avevo guardato da oltre i cancelli. Ne ho aperte alcune dopo quasi cinquant’anni di buio, ho visto meraviglie architettoniche e rovine fatiscenti… Cosa significa vivere Viserba? Far parte di una storia, di un gruppo che si impegna ma che sa ancora divertirsi, cuocere il pesce sul focone, scambiarsi impressioni, reciproca fiducia. È la qualità della vita che qui ho assaporato appieno ed apprezzato, la qualità delle relazioni umane che forse i nuovi arrivati non riescono ancora a cogliere fino in fondo.” Maurizio Marioni è un punto di riferimento per chi compra o vende casa o per chi cerca informazioni sicure sul mercato immobiliare. Per Tecnocasa Maurizio redige personalmente i dati che confluiranno nel borsino immobiliare della più importante rete di agenzie di tutta Italia e per quanto riguarda le prospettive future si dice abbastanza ottimista. “I dati dell’ultimo anno, nonostante il frangente economico generale, confermano i nostri trend positivi. Siamo in un’area che, tutto sommato, ancora tiene e nella quale si registrano timidi segnali di un riavvicinamento fiducioso al mercato.”
16| PAGINE DI STORIA
La svolta dell’acqua
di Manlio Masini | foto archivio Ippocampo
Quando Viserba, la “Regina delle acque”, pativa la sete. Con la scoperta dei pozzi artesiani cambia il destino della borgata.
La fontana di via Roma, in una cartolina di inizio Novecento
Partiamo da un brano estratto da una relazione scientifica di Ezzelino Magli, per un certo periodo medico condotto di Viserba, scritta nel 1905 per la rivista “La Medicina Italiana”: «La spiaggia balneare di Viserba sorge rigogliosa solo da pochissimi anni e deve il suo rapido e fiorente sviluppo ad un’acqua potabile limpidissima che scaturisce con abbondanza ovunque nel terreno si approfondisca un pozzo artesiano» (1). Spostiamoci ora in avanti di un anno e andiamo a leggere uno stralcio di cronaca del “Gazzettino Verde”, periodico estivo riminese, del 26 agosto 1906: «Viserba: ecco un nome, lontano di qui,
quasi ignoto sino a pochi anni fa… Un bel cielo, un mare splendido che si stende al di là di una spiaggia arenosa, morbida, vellutata; acqua potabile abbondante e fine…». La stessa testata giornalistica, dieci mesi dopo, il 23 giugno 1907, riferisce: «La deliziosa spiaggia di Viserba è ormai divenuta, quasi per incanto, stazione balnearia di primo ordine da tutti desiderata e ricercata; e ciò in grazia particolarmente della piena libertà che vi si gode, della eccezionale salubrità del luogo e della meravigliosa abbondanza delle sue acque potabili sgorganti chiare, cristalline e freschissime… Della purezza, igie-
nicamente e batteriologicamente, di queste acque fanno fede le analisi chimiche eseguite da distinti medici, igienisti e batteriologi». Completiamo questo preambolo su Viserba con un altro trafiletto spulciato dalle pagine della Guida storico artistica di Rimini del 1909 redatta da Luigi e Carlo Tonini. «La piccola borgata», si legge nell’opuscolo, «promette di riuscire una delle più desiderate stazioni balneari del litorale Adriatico» in virtù di due grandi vantaggi: «dista appena 4 chilometri da Rimini ed ha un’abbondanza d’acqua salutare». Da questi quattro asterischi si desume che, nell’illustrare le delizie dell’arenile di Viserba nei primi anni del Novecento, igienisti, medici, giornalisti e storici non tralasciano mai di evidenziare le sue sorgenti di acqua potabile: sempre limpida, cristallina, fresca, salutare, abbondante... Grazie proprio a questa pregiata risorsa naturale, la frazione riminese, con le sue 200 ville che «si stendono, si incrociano, si inseguono in una corsa rapida e irregolare sulla spiaggia», è diventata nell’arco di pochi anni «un gradito soggiorno estivo» (2). Un fermento edilizio, questo della «nuova Viserba», talmente straordinario da attirare la curiosità della stampa. Del resto, come non stupire alla notizia - fornitaci da “Il Nautilo” - che «quasi tutte le eleganti e civettuole ville» hanno ingioiellato i propri giardini con zampillanti fontane; alcune, poi, ne ostentano più d’una. Una stravaganza unica tra le spiagge dell’Adriatico che, unita al concerto di allegria prodotto «dal gorgogliar dell’acqua», dà il tono alla “stagione dei bagni” di questo «incantevole angolo di paradiso» (3). Un vero e proprio tesoro, dunque, quello del sottosuolo di Viserba, che permetterà alla borgata di escogitare
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una propria vocazione turistica e di lanciarsi tra le stazione balneari italiane con lo slogan di “Regina delle acque”. Accertato questo aspetto della piccola frazione riminese, apriamo un altro capitolo sull’acqua, entriamo in quella parte del corso egli eventi che rovescia completamente le argomentazioni fin qui esposte. Prima di qualificarsi con la suggestiva trovata pubblicitaria di “Regina delle acque, Viserba - strano a dirsi - ha patito per lungo tempo il disagio della penuria idrica e ciò che sorprende maggiormente, nell’affrontare questa pagina di storia, è che la scoperta del prezioso liquido e l’eccesso del suo utilizzo avvengono così velocemente da creare sconcerto. Una sequenza di accadimenti che merita di essere raccontata. E lo facciamo, come è nostra abitudine, scandagliando le notizie tra le polverose delibere consiliari e le vecchie cronache dei periodici riminesi. Detto ciò, entriamo nella questione con ordine facendo anche molta attenzione alle date. Nel 1905 la testimonianza del dott. Magli certifica un elemento: la copiosità delle acque potabili di Viserba, tutte «purissime e a 10 gradi e mezzo di temperatura». Bene, poniamo le lancette del tempo indietro di un anno. Il 20 giugno 1904 l’Amministrazione comunale di Rimini autorizza l’escavazione di un «pozzo tubolare Northon», comunemente detto artesiano, nel centro della borgata per mano del «peritissimo fontaniere Sig. Francesco Mancini di Rimini» (4). La perforazione è il primo approccio con il sottosuolo di Viserba e l’acqua che ne scaturisce è un provvidenziale dono per la popolazione: fino a questo momento, unico rifornimento idrico dei residenti e dei pochi ospiti estivi è l’antichissima fonte della Sacramora ubicata lungo il sentiero tortuoso che
conduce a Rimini, un luogo distante sia dal vecchio abitato che dalle nuove costruzioni sorte sull’arenile. La sorgente, che prende il nome della località, emette un’acqua minerale «priva di sali ferrosi, ma carica di solfati e cloruri e con molto idrogeno carbonato» (5). Acqua ottima e purissima, ma insufficiente a soddisfare i bisogni della gente che ogni giorno, dopo lunghe e snervanti code, è costretta a caricarla su grossi orci di terracotta e trasportarla nelle proprie abitazioni. Un disagio che aumenta di gran lunga in estate, per il caldo e per l’arrivo di frotte di bagnanti; una sofferenza enorme, insomma, che in passato ha dato adito ad una sequela di lamentele nei confronti del Municipio, sordo a qualsiasi ipotesi di rimedio. La falda artesiana nel centro del caseggiato allevia le tribolazioni dei viserbesi, ma non le elimina: proprio quell’estate, infatti, si verificano diversi casi di febbre tifoidea; una patologia che scaturisce da una situazione ambientale decisamente insalubre, aggravata dalla carenza di acqua potabile (6). Il territorio dove si assesta la borgata, sfigurato da secoli
di abbandono, si presenta così squallido e inospitale, che il dott. Magli lo descrive come un ammasso di «dune aride e sterili», cosparso di canneti, rigagnoli e acquitrini stagnanti (7). Le abitazioni (naturalmente la rappresentazione elude le dimore signorili) hanno condizioni igieniche pietose, tutte prive degli essenziali servizi del vivere civile. Non parliamo, poi, del lato socioeconomico degli abitanti: se escludiamo le famiglie degli operai della corderia Tozzi e di quei pochi che si inventano lavoretti stagionali riuscendo a malapena a sbarcare il lunario, la stragrande maggioranza sgomita per la sopravvivenza. Tanta marginalità e indigenza inducono l’Amministrazione comunale, dopo la trivellazione del primo pozzo artesiano, ad affrontare con più determinazione il problema dell’acqua potabile di Viserba. E, visti i soddisfacenti risultati ottenuti da Francesco Mancini, lo si incarica nuovamente di “sondare” altre falde acquifere. Le «forature» lungo il litorale danno tutte esito positivo e nell’arco di pochi mesi «l’esperto fontaniere» realizza, prima per il Comune e poi per
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Note 1) Cfr. E. Magli, Sulle cause della febbre tifoidea nella spiaggia balneare di Viserba nel 1904. Estratto dal giornale “La Medicina Italiana”, Anno 7, 8 e 9, 1905. Napoli 1905. 2) Cfr. “Gazzettino Verde”, 26 agosto 1906; 23 giugno 1907; 28 luglio 1907. 3) Cfr. “Il Nautilo”, 7 luglio 1907; 14 luglio 1907. 4) Cfr. Atti del Consiglio Comunale di Rimini (d’ora in avanti: ACCR), seduta pubblica del 20 giugno 1904. Il costo della perforazione è di 710 lire. Lo studio del prelievo d’acqua dal sottosuolo, attraverso l’utilizzo dei “pozzi tubolari Northon” inizia nel 1895 (Cfr. Comune di Rimini, Bilancio Preventivo delle entrate e spese per l’anno 1896, Tip. Malvolti e C. 1895, Rimini in ACCR 1895). 5) Cfr. Emilio Rosetti, La Romagna Geografia e Storia per l’Ing. Emilio Rosetti, Hoepli, Milano, 1894. 6) Cfr. ACCR, sed. pub. del 17 settembre 1904. 12 sono i casi di febbre tifoidea accertati dal dott. E. Magli (Cfr. E. Magli, Sulle cause della febbre tifoidea … op. cit..). 7) Cfr. E. Magli, Sulle cause della febbre tifoidea … op. cit. Magli, nell’illustrare il territorio, fa riferimento all’ultima decade dell’Ottocento.
i privati, un centinaio di pozzi (8). La facilità nel generarli e il basso costo dell’operazione amplifica a dismisura le richieste, tanto che col passare del tempo la corsa alla sorgente d’acqua, che sgorga nel giardino di casa, diviene affannosa (9). Da ubriacare. Proprio così. Nell’adunanza del Consiglio comunale del 27 aprile 1906, a meno di due anni dall’autorizzazione del primo pozzo, la discussione si concentra sul consumo smodato di acqua fatto dai viserbesi e sulle conseguenze che ne derivano: «Viserba - si legge nel verbale di seduta -, che ha per sé l’immensa ricchezza dell’acqua e forse ne ha perfino abusato perforando pozzi ovunque, ora si trova senza scoli, con la minaccia non lontana di rendere paludosi e per molti anni insanabili i terreni che circondano le numerose sue ville: urge, quindi, senza indugio provvedere». Anche la stampa denuncia lo «sconcio». Con l’acqua potabile,
segnala “L’Ausa” dalle colonne della sua “Cronaca cittadina”, «i contadini e gli ortolani irrigano i campi e le donne lavano i panni» (10). Per togliere quest’ultima pratica si decide la costruzione di un lavatoio. La struttura, creata nel 1907 su progetto dell’Ing. Dino Zucchini di Bologna, è dotata di una serie di vasche ed ha una capienza di 24 posti (11). Nella primavera del 1910 il lavatoio viene provvisto di una tettoia e per agevolarne l’utilizzo anche di una «strada d’accesso, sotto la ferrovia» (12). La soluzione del grave inconveniente del ristagno delle acque, avrà un iter lungo e sofferto. I viserbesi, per spronare il Municipio alla realizzazione di una efficace rete fognaria che recepisca la canalizzazione degli scoli, dovranno sudare le fatidiche sette camicie. Ma questo è un girone infernale che necessita un’altra narrazione. Da affrontare a parte.
8) Cfr. ACCR, sed. pub. del 17 settembre 1904 e “Gazzettino Verde”, 23 giugno1907. 9) Dopo Francesco Mancini, a partire dal 1910, l’attività di trivellazione continuò ad opera di Eugenio Crociati. Nel 1916 il Crociati cedette l’attrezzatura ad Eugenio Savini di Bellaria, che in seguito incrementò l’attività costruendo una ditta specializzata. 10) “L’Ausa”, 5 maggio 1906. 11) Cfr. ACCR, sed. pub. del 27 aprile 1906; “Gazzettino Verde”, 23 giugno 1907 ed Elia Testa, Relazione sui vari servizi dipendenti dall’Ufficio di Polizia Municipale, Municipio di Rimini, Tipografia Artigianelli, Rimini, Ottobre 1908. Per il lavatoio è stanziato l’importo di 2.150 lire. 12) Cfr. ACCR, sed. pub. del 29 novembre 1909; “La Riscossa”, 26 febbraio 1910. Per la tettoia del lavatoio si devolve la cifra di 1.200 lire. La costruzione della strada è proposta del prof. Michele Franchini.
Nella pagina accanto, manifesto balneare degli anni Venti, e la battitura del pozzo a Viserba in via Polazzi, da parte della ditta Leo e Lino Vasini di Bellaria (1922) In alto, il lavatoio pubblico di Viserba nei primi anni del Novecento
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Immersi nella gioia di Nerea Gasperoni | foto Paritani
21| SPECIALE FESTA DELLE ACQUE Finalmente anche Rimini Nord ha la sua festa. Filo conduttore la peculiarità del territorio: le acque.
A fianco, i promotori della festa Sotto, conferenza stampa. Al tavolo relatori da sinistra: Mattia Morolli, il sindaco Andrea Gnassi e il presidente dell’Ippocampo Pierluigi Sammarini
Il seme della manifestazione, voluta dalle diverse realtà associative di Viserba, da imprenditori, commercianti e privati cittadini, è stato gettato nel solco della bella esperienza della “Fogheraccia”, l’occasione festaiola che negli ultimi anni ha vivacizzato la nostra spiaggia, le vie e le piazze nella serata del 18 marzo, dedicata ai tradizionali fuochi di San Giuseppe. Così come per il saluto alla primavera, migliaia di persone di ogni età e provenienza il 25 maggio si danno appuntamento in strada per accogliere la stagione estiva all’insegna dell’allegria e del divertimento, con un occhio all’arte, alla cultura, alla storia e… al buon cibo. Sì, perché gli ingredienti indispensabili alla buona riuscita di qualsiasi momento conviviale e di festa sono proprio questi: musica, ballo, bicchiere pieno e cose buone da mangiare. E, come contor-
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In basso a sinistra, il gruppo creativo: Chiara Francesconi, Claudia Sivieri, Mattia Morolli, Nicola Sammarini e Roberto Volanti A destra, Pierluigi Sammarini, Mattia Morolli, Roberto Mazzotti, Francesco Protti e Ruggero Testoni Nella pagina accanto, il manifesto della festa del designer Nicola Sammarini
no, punti di socializzazione, magari guardando giovani artisti che si esibiscono con pennelli e colori, ammirando fotografie di ieri e di oggi, ascoltando bambini e ragazzi che si impegnano per intrattenere il pubblico di concittadini. La prima “Festa delle Acque” del territorio di Rimini Nord è tutto questo: migliaia di persone per quattro ore di divertimento insieme. Le associazioni Promo Viserba e Ippocampo, il Comitato Turistico, la parrocchia di Viserba Mare, i bagnini, gli albergatori, i commercianti, le scuole, i gruppi musicali, i cuochi volontari… e chi più ne ha più ne metta. Ciascuno aggiunge un pezzettino al puzzle: un lavoro comune e trasversale, con un obiettivo unico, come spiegano gli organizzatori. “Con questa festa le varie realtà di Rimini Nord fanno finalmente squadra - dicono Pierluigi Sammarini, Ruggero Testoni, Mattia Morolli, coordinatori dei vari settori dell’evento - Sulla scia del movimen-
to culturale e sociale in atto da anni, che esprime un grande desiderio di ritrovarsi e riconoscersi, sempre percepito come bisogno ma non ancora realizzato per carenza di iniziativa. L’identità territoriale, le eccellenze di tutti i tipi, gli artisti, gli sportivi, i luoghi storici e caratteristici, i cibi della tradizione, la bella gente… Quanta ricchezza da rivalutare!” Un percorso da vivere danzando, ascoltando musica e mangiando. Con dj set, concerti dal vivo nei “punti musica”, arte, stand gastronomici, zona “live photo”, spazio giocolieri, mostre fotografiche. Filo conduttore, la peculiarità del territorio: la ricchezza delle acque, caratteristica che ne ha fatto la fortuna e che si vuole riscoprire. Argomento che coinvolge gli studenti del polo scolastico con un concorso di pittura e fotografia, i bambini della parrocchia con lavori e attività sulla preziosità dell’acqua, i soci di Ippocampo con approfondimenti storico-cultura-
li sulle fontane e i pozzi, i musicisti stessi con la proposta di canzoni che richiamano in qualche modo l’oro azzurro. Serata giovane e festaiola, con una contemporaneità portata dal dinamico “gruppo creativo” formato da ragazze e ragazzi motivati e ricchi di idee. Ma si va oltre, con uno sguardo verso il domani. “Perché la nostra festa - sottolineano quelli del team - serve a ‘ripensarsi’ come intero territorio, partendo dai tratti storici e caratterizzanti, per arrivare ad un’idea di futuro ben definita, così come proposto in alcuni progetti elaborati da un gruppo di professionisti locali e inseriti nel Masterplan di Rimini. Una viabilità rivista e migliorata a partire dal lungomare, nuovi volti per aree da tempo abbandonate, potenziamento e rinnovamento di intere zone… Insomma una progettazione a vasta scala che va a toccare diversi ambiti urbani, con la sola presunzione di ridonare a Rimini Nord l’importanza e il pregio che merita.” Intanto, nell’attesa che tutte queste idee trovino la strada e le persone giuste per essere realizzate… che festa sia!
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Buon Vento al futuro
di Maria Cristina Muccioli | foto Paritani
Parte dal Circolo Nautico Viserba Fossa dei Mulini l’ideale viaggio verso l’interno, risalendo la corrente… e il passato, il presente e il futuro si fondono in queste righe. I soci del Circolo. Da sinistra: Nevio Agostini, Lorenzo Bernardi, Daniele Franchini, Carlo Pavesi, Walter Mordini, Alessandro Vavilov, Mauro Ottaviani, Silvano Galli e Giuliano Perazzini
“Il nostro è un territorio in cui, ancora, vale la pena pensare a progetti proiettati al futuro.” Esordisce così Giuliano Perazzini, presidente del Circolo Nautico Viserba Fossa dei Mulini. L’ingegnere non ha dubbi. Qui, da sempre, lui ci vive e ci lavora. “Viserba e dintorni hanno grandi potenzialità. - prosegue - Certo, non siamo il baricentro del mondo, ma dobbiamo riconoscere che il nostro ambiente ha tante peculiarità. Oltre al bel clima, alla spiaggia e al mare, andrebbe valorizzato tutto il territorio, ad esempio organizzando percorsi che dalla litoranea conducano verso l’interno. Itinerari storici e naturalistici, ma anche finalizzati allo sviluppo delle attività economiche, creando così una sorta di centro
commerciale all’aperto.” Il porticciolo potrebbe essere un perfetto punto di partenza di questa nuova mappa turistica. Qui, dove ha sede il Circolo Nautico, la chiacchierata prosegue con gli occhi rivolti al mare, piacevolmente seduti di fronte alla lunga distesa delle imbarcazioni dei soci distese al sole. “Lo sbocco naturale della Fossa dei Mulini - spiega Perazzini - nei secoli passati è sempre stato un approdo sicuro per la marineria locale, anche se la costruzione della banchina strutturata per l’ormeggio risale agli anni Settanta. La nostra associazione riunisce più di duecento diportisti. Ci sono residenti e turisti, di ogni età e professione, con barche di ogni tipo. La mia? Prima ero un velista, ora possiedo un ‘Rio 850’ a mo-
tore.” Appassionato di pesca d’altura, l’ingegnere divaga sui ricordi, raccontando di quella volta che prese un pesce spada… “sono uno dei pochi ad esserci riuscito!” Riprendiamo il filo parlando delle attività svolte e del programma delle iniziative previste per l’estate. “Oltre alle numerose gare di pesca e manifestazioni veliche che il Circolo Nautico organizza per i soci e i non soci, svolgiamo anche azioni educative, nelle scuole o presso la nostra sede. Si tratta di incontri dedicati a storie e tradizioni dei pescatori locali, nonché all’habitat marino e alle sue trasformazioni. Per tali percorsi di conoscenza è preziosa la collaborazione degli amici dello Scaion, il museo della marineria di. Così come è bello il sodalizio
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col gruppo della proloco del Ghetto Turco, con cui da qualche anno organizziamo la rievocazione della pesca ‘alla tratta’, che anima la spiaggia qui attorno suscitando grande curiosità in grandi e piccini.” Senza nulla togliere agli adulti, che comunque possono partecipare, è proprio ai bambini e ai ragazzi che si rivolge una delle più belle iniziative del Circolo: la scuola di vela con istruttori FIV (Federazione Italiana Vela), quindi in piena sicurezza, che prevede anche il rilascio di regolare certificazione. “Da giugno a metà settembre proponiamo pacchetti di cinque lezioni ad un costo veramente contenuto, mettendo a disposizione due barche (Laser e Tridente), piccole ma adatte ai principianti.” E sul futuro? “Ci piace pensare oltre. - sorride Perazzini - Quindi non solo per domani, ma anche per i prossimi decenni. E’ con questa prospettiva che abbiamo presentato al Comune un progetto per la nuova sede, inserito dal sindaco Gnassi nel Masterplan della città. Vorremmo concludere i lavori per l’estate 2014. Oltre alla risistemazione dell’intera area, con parcheggi e zone verdi, l’idea prevede la costruzione di un nuovo edificio di 120 metri quadrati e l’installazione di una piccola tenda. Questo consentirebbe di accogliere almeno sessanta persone e di allargare le attività anche nei mesi invernali.” Obiettivo ambizioso. Bello e non impossibile. “Anche perché il Circolo Nautico - conclude Perazzini - potrebbe diventare un punto di riferimento strategico sul territorio viserbese. Non solo per l’aspetto turistico, ma soprattutto come luogo di incontro e socializzazione.” Il presidente del Circolo Giuliano Perazzini Il progetto della nuova sede (rendering) Il Circolo come si presenta oggi
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Risalendo
la Fossa dei Mulini di Maria Cristina Muccioli | foto archivio Ippocampo
Oltre la spiaggia… ci sono luoghi caratteristici, spesso sconosciuti, da esplorare in passeggiate, veri e propri itinerari nel “territorio delle acque”. Per i turisti più curiosi.
In un tranquillo pomeriggio estivo che volge al tramonto (“tra lùn e scùr”, si direbbe nel nostro dialetto, ad indicare luci e ombre di quel bel momento della giornata), proponiamo una passeggiata salutistica sul percorso della Fossa dei Mulini. Partendo dalla spiaggia, dalla vivacità balneare del porticciolo, in circa trenta minuti a piedi, si raggiunge la fresca tranquillità del Lago Riviera, dove consigliamo una sosta gustando un aperitivo in buona compagnia. Percorso: lasciata alle spalle la sede
del Circolo Nautico e attraversato il lungomare, ci si immette sulla stradina/copertura di quella che fu la Fossa. Passando fra le piccole case che una volta erano abitate da pescatori e marinai, sulla sinistra, prima della ferrovia, si incontrano i giardinetti dell’ex lavatoio, sito che avrebbe necessità di qualche sistemazione, così come altri dell’itinerario (ma questa è un’altra storia…). Attraversato il sottopassaggio, il panorama cambia completamente. In un ambiente che dalla spiaggia sarebbe
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Nella pagina accanto, come si presentava il porto canale (1933) A lato, la passeggiata sulla tombinatura della Fossa Sotto, il canale come era nel 1923 e come si presenta oggi Nella pagina successiva da sinistra, operai all’interno della Corderia Imbarcazioni lungo la Fossa dei Mulini
impensabile, ci si trova a camminare fra campi e orti, per giungere fino a un mulino antichissimo (“e’ muléin ad Lèli”), l’ultimo dei tanti che sorgevano sul lungo percorso della Fossa. A ridosso del mulino inizia l’alto muro di cinta della vecchia corderia, che rievoca nei viserbesi storie di sudore e mistero. Sulla destra, infine, la meta del nostro itinerario: il Lago Riviera, con gli appassionati di pesca e le loro canne. Un luogo adatto anche per un pic-nic o una pennichella all’ombra delle grandi piante. Molte immagini dei luoghi descritti, così come diversi racconti, sono reperibili nel sito dell’associazione culturale Ippocampo (www.ippocampoviserba.it), che sta svolgendo un prezioso lavoro di recupero della memoria del territorio.
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Dalla Fossa dei Mulini alla Corderia di Enea Bernardi (da “Storie su due piedi. Immagini della Memoria” stampato in proprio, 1995) C’era una volta un canale chiamato, al tempo degli avi, “La Viserba” e poi “Fossa dei Mulini”, dove nuotavano tinche, trote, anguille. Attraversava il paese in cui era difficile mettere insieme pranzo e cena e, prima di sfociare in mare, offriva un riparo alle battane e alle lance dei marinai. Era il luogo goduto dai pescatori e dai bambini in cerca di emozioni. I ragazzi più grandi, che l’avevano già esplorato, si compiacevano dell’ammirazione di tutti e suscitavano invidia. Il gruppo al quale appartenevo stabilì allora di dare inizio alle nostre spedizioni. Ed era diventato un rituale estivo. Si attendeva appostati che il marinaio, vinto dalla calura del pomeriggio, si appisolasse all’ombra del capanno, per sottrargli il moscone che teneva nel canale senza remi. Il vecchio, sfingeo nel volto abbrunito, quasi certamente fingeva di dormire, sapeva dei nostri armeggi ma stava al gioco. Forse la nostra intrusione maldestra portava nella sua solitudine un motivo insolito, che lo divertiva. Partivamo, guardinghi e silenziosi, distesi sopra i galleggianti che portavano inciso il motto “Audaces Fortuna Iuvat”, con l’acqua che ci lambiva il volto mentre oltrepassavamo i ponti bassi delle strade. Si spingeva a fatica con una lunga pertica un’imbarcazione appesantita dal legno intriso d’acqua, che a noi sembrava una corazzata. Si navigava fieri in mezzo alle lance ormeggiate sotto un tunnel di alberi, in un canale vivo con gli argini fasciati dal legno, e cantavamo a squarciagola. Lasciavamo la “Torretta di Tognacci”, l’ultima casa dell’abitato, con la sensazione di avere superato le Colonne d’Ercole. Dopo il ponte della ferrovia risalivamo il corso della fossa in una zona deserta, nella quale l’unico fabbricato era il macello a volte risonante di muggiti che mettevano i brividi. Più avanti la nostra audacia veniva messa a dura prova dai banchi di fango che spesso imprigionavano l’imbarcazione, in mezzo ai canneti che intricavano il passaggio e davano affanno e smarrimento perché chiudevano ogni orizzonte. Ci inoltravamo fino al mulino dei Leli, allora con le macine ronzanti, oltre il quale sorgeva la vecchia corderia. Si vedeva appena la punta della ciminiera e la panciuta cisterna dell’acqua ma non la fabbrica che, da quella parte, era cinta da alte mura e da una folta barriera di alberi lungo l’argine del canale fino a monte. Assomigliava ad una fortezza assediata dal verde di una foresta aggressiva in cui regnavano indisturbati bisce e grandi uccelli. Con un abbraccio aggrovigliato l’edera stringeva tronchi secolari di acacie, olmi, pioppi. Qui, per noi, incominciava l’ignoto insondabile e finiva il viaggio breve che bruciava emozioni ed aspettative segrete.
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C’era una volta una fabbrica
di Maria Cristina Muccioli | foto archivio Ippocampo, Gabriele Bernardi, biblioteca Gambalunga Rimini
“Dietro alle mura diroccate, mistero e suggestione. Ma la corderia di Viserba è stata per decenni uno degli stabilimenti industriali più importanti della regione”.
Alzi la mano chi, arrivando a Viserba magari per la prima volta, non si sia chiesto cosa ci fosse al di là del lungo muro diroccato che costeggia via Marconi. È solo uno dei lati del vasto perimetro dell’ex corderia, che da oltre sessant’anni racchiude al suo interno mistero e suggestioni alimentati anche dal progressivo abbandono dell’area. Oltre il sipario di mattoni, fra rovi inestricabili e ruderi proto industriali, c’è il passato della nostra gente. Di generazione in generazione: non esiste ragazzino, a Viserba, che non si sia avventurato di nascosto fra le rovine della fabbrica, imprigionate e penetrate dall’abbrac-
cio della vegetazione che ha trasformato il luogo in una sorta di giungla. Avventura e proibito: emozioni forti che molti, oggi adulti, ricordano con un pizzico di nostalgia. Dopo la seconda guerra mondiale l’area della vecchia corderia è rimasta pressoché abbandonata, utilizzata solo in minima parte, in alcuni periodi, come deposito di imprese edili e artigiane. Eppure, lo stabilimento, insieme al turismo, è stato fra i principali motori dello sviluppo della cittadina. La stazione ferroviaria, per fare un esempio, venne costruita proprio in funzione della corderia. Se tornassimo indietro di un secolo, entrando
a Viserba dall’attuale via Marconi, saremmo accolti da un via-vai continuo di operai e carri trainati da cavalli, carichi di merce, diretti verso la stazione appena inaugurata. Fra i due secoli e fino al 1939 la corderia è stata uno degli stabilimenti industriali più importanti della regione e dava lavoro ad intere famiglie. Nel libro “Viserba e Viserba” (ed. Luisè, 1993) Alessandro Serpieri ne narra la storia, attingendo da documenti e dalla memoria degli anziani. Tutto ebbe inizio verso la fine del ‘700, quando il nord Italia, Romagna compresa, visse una vera e propria “febbre del riso”. Per questo fra il
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1840 e il 1850 il penultimo mulino della Fossa Viserba venne ampliato per affiancare ai palmenti da grano un impianto di pillatura del riso azionato da ruota idraulica. Era nata la “Pilleria Risi di Viserba”, di proprietà della ditta Brisi di Ancona e gestita da Daniele Serpieri. Allora l’ingresso era su via Fattori. Si lavorava il “risone” (nel 1857 l’impianto ne brillava quasi 27 quintali in 24 ore). Ci furono poi diversi passaggi di proprietà: prima Felice Ronci, poi la società “Turchi e Ghetti” (l’industriale riminese dei fiammiferi). Con loro il mulino da grano fu trasformato in torcitoio di canapa. Nel 1872 lo stabilimento passò alla ditta “Antonio Tozzi e Soci” di Trieste, che proseguì la duplice produzione per circa un ventennio. In seguito alla crisi della risicoltura, verso il 1890, il reparto di pilleria venne chiuso e al torcitoio fu affiancato un reparto di corderia mobile: un capannone di 240 metri dove si produceva corda con metodo simile a quello dei maestri funai, con la sola differenza che per torcere la corda si usavano i buoi invece che le persone. Nel 1903 l’impianto passò alla “Corderia Milanese” di Giuseppe Dossi, che lo gestì fino alla prima guerra mondiale. Dossi sostituì i vecchi macchinari con impianti moderni ed efficienti; prolungò il capannone di corderia mobile (ancor oggi ben visibile dalle mappe satellitari di Google) da 240 a 300 metri; sostituì la trazione animale con quella meccanica e iniziò a lavorare una speciale cordetta lucidata che fece diventare famoso nel mondo lo stabilimento viserbese. La corderia raggiunse il massimo sviluppo fra le due guerre, arrivando a occupare più di 300 operai. Dopo la recessione del 1928, negli anni ‘30 la corderia subì un’ultima riconversione e un temporaneo
rilancio. Allora, scomparso il capannone di corderia mobile, lo stabilimento era composto da vasti edifici ancor oggi riconoscibili come reparti di filatura ad umido. Nel 1939 era già stata chiusa. Durante la guerra fu usata come deposito di materiali bellici e casermaggio, prima dai tedeschi, poi dagli alleati. I tedeschi vi tennero rinchiusi gli italiani catturati nei rastrellamenti. A guerra finita la corderia fu acquistata dal finanziere milanese Ceschina, che si impegnò a ricostruirla e rimetterla in marcia. Promessa mai mantenuta, purtroppo.
La Corderia in diversi momenti della sua storia In basso, in una panoramica aerea, da cui si nota la lunghezza imponente del capannone della torcitura (1939)
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Viserba gli ha intitolato una piazza: Giuseppe Dossi, l’industriale del “miracolo corderia”. Nel 1979 la Commissione Cultura del Quartiere 5 (presieduta dall’architetto Pierluigi Sammarini) organizzò una mostra fotografica, con la collaborazione dell’Istituto Storico della Resistenza, dal titolo “Corderia Dossi. Momenti di storia del lavoro”. La lettura sociologica suggerita dal testo con cui venne presentata è decisamente interessante e attuale. “Giuseppe Dossi, ceduta la piccola corderia di cui era comproprietario a Milano, acquista la corderia di Viserba nel 1903. Amplia e modernizza gli impianti. Gli operai da 10 divengono in breve tempo 200 e, fatto ancor più importante, industrializza il procedimento lavorativo, fino ad allora di carattere prettamente artigianale. La corderia viene dotata di nuovi macchinari di fabbricazione tedesca che la pongono all’avanguardia, allo
stesso livello dei più moderni impianti esistenti in Italia. La moglie di Dossi, con due impiegate, tiene l’amministrazione, mentre lui si occupa degli acquisti e delle vendite nell’intero territorio nazionale. La materia prima è la canapa acquistata nel ferrarese o sui mercati indiani. La lavorazione viene eseguita da uomini, donne e ragazzi di 16-18 anni. Agli uomini è riservata la parte più pesate del lavoro: il trattamento primario della balla di canapa. Le donne si occupano della filatura. Gli impianti producono l’intera gamma delle corde: dalla gomena usata sulle navi, al canapo impiegato per il sollevamento dei pesi, allo spago. Quest’ultimo, a richiesta, è colorato grazie a una macchina a rulli. La spedizione avviene a mezzo ferrovia: i rotoli di corda, contenuti in grandi tele di iuta, raggiungono la vicina stazione su carri trainati da cavalli. Gli operai provengono dalle campagne limitrofe e sono perlopiù conta-
dini. All’inizio l’uso delle macchine viene loro insegnato da un operaio specializzato giunto da Milano al seguito del proprietario. Nel 1917 la corderia viene acquistata dal Linificio Canapificio Nazionale del senatore Borletti, il quale tiene in vita gli impianti fino al 1930. A testimonianza della stima che i lavoratori mostrano nei confronti di Dossi si registrano due episodi. Nel primo, in occasione della cosiddetta “settimana rossa” avvenuta fra Romagna e Marche nel 1914, gli operai prendono le parti del datore di lavoro. Il secondo, avvenuto quando Dossi non è più il proprietario, vede lo stesso fungere da intermediario fra operai e nuovi gestori al fine di migliorare la qualità dei rapporti di lavoro in corso fra le due parti.”
Pitture murali, rinvenute all’interno della Corderia e risalenti al periodo della II Guerra Mondiale (foto Gabriele Bernardi)
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Archeologia industriale Spiriti di Olimpia è la raccolta fotografica, opera dello studio Paritani Rimini, che ritrae in pose scultoree eleganti figure di atleti in altrettanti gesti sportivi. Corpi in movimento, come plastiche figure di eroi protesi nello sforzo di superare il limite. Confluita in due apprezzate mostre, una a Rimini e una a Gorizia, i 60 scatti olimpionici, che compongono anche un pregevole catalogo con i testi di Roberto Roversi e Nicola Porro, hanno per teatro la ex Corderia di Viserba, con le sue rovine avviluppate nella vegetazione e le sue macchine abbandonate all’oblio, suggestivo scenario di una moderna rappresentazione.
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Fresche rive di acque dolci
di Silvia Ambrosini | foto archivio famiglia Berardi, Paritani
35| ITINERARIO DELL’ACQUA Immerso nel verde e a pochi passi dal mare, il Lago Riviera è una delle eccellenze naturalistiche di Rimini Nord, luogo in cui trascorrere momenti di piacevole relax.
A fianco, Salvatore e Guido Berardi oggi Sopra, la famiglia viserbese dei Berardi (soprannome “zichetta”) ritratta nel marzo 1939 davanti alla loro attuale casa di fronte all’ex Corderia. Da sinistra in piedi Pierina Berardi, Guido Berardi (il più piccolo), Teresa Mami (mamma), Salvatore Berardi, Andrea Berardi (padre), Luigi Berardi (poi disperso in Russia nella II Guerra Mondiale) e Bruno Berardi Sotto, l’orchestra Dancing Lago Riviera (1974)
Canne da pesca protese verso le acque del lago, alberi che riflettono il loro verde intenso, alcune persone passeggiano mentre altre organizzano un evento futuro. Il Lago Riviera di Viserba, a due passi dal mare e poco distante dalla città, è un punto di incontro aperto a tutti, un’oasi di pace e uno spazio ricco di opportunità. La sua nascita risale al 1965, per desiderio e volontà di Guido “Gino”
e di suo fratello Salvatore “Turin” Berardi (viserbesi, rispettivamente classe 1934 e 1932). Creato dapprima a scopo di irrigazione agricola, quattro anni dopo è stato trasformato in vero e proprio parco e lago per la pesca, la cui apertura ufficiale è datata primo maggio 1969. Negli anni seguenti, il Lago Riviera ha vissuto un percorso di notevole espansione con l’apertura del bocciodromo, di campi da ten-
36| ITINERARIO DELL’ACQUA
nis e persino di un campo per il tiro con l’arco. Riguardo all’attività bocciofila il Lago Riviera è stato per anni sede di importanti campionati nazionali e internazionali e ha conquistato con i suoi atleti ben 150 vittorie tra il 1971 e il 1998. Negli anni Settanta, sull’area si sono aggiunti i campi da calcetto e un dancing all’aperto estivo che ha tenuto a battesimo diverse selezioni per Miss Italia e Miss Teenager Italia, realtà che hanno poi subito una serie di trasformazioni. “Alla fine degli anni Novanta - raccontano i fratelli Berardi - valutate alcune situazioni derivate da un mercato concorrenziale, abbiamo deciso di eliminare le strutture sportive, mantenendo solo la pesca e orientandoci verso altre attività. Oggi qui al lago si svolge la pesca sportiva con carpe, amur e carassi e diverse associazioni, durante il fine settimana, di-
sputano le proprie gare”. Oltre a ciò, nel parco ha sede il Centro Cinofilo Lago Riviera (che si occupa di valorizzare la relazione tra uomo e cane attraverso percorsi educativi per cuccioli e cani adulti); il De Opera, spazio con sala di registrazione sonora (dove diversi gruppi di musicisti vengono a fare le loro prove); l’osteria l’Acquolina dai Feliciotti (aperta tutti i giorni per pranzi di lavoro, aperitivi e cene); una palestra sede di seminari e incontri con attività di danza, bioginnastica, yoga e psicomotricità per bambini. Un luogo piacevole, il Lago Riviera, dove si incontrano natura e storia. Il pozzo artesiano che alimenta e ossigena il lago, uno tra i più grandi della zona, è stato battuto nel 1967: profondo 28 metri, immette 11 quintali di acqua al minuto. Il perimetro del lago, gli alberi, i parcheggi e la caratteristica collinetta a forma
di aragosta, sono stati progettati e disegnati dal professor Nazzareno Tognacci, noto viserbese, frequentatore e amante del lago. La struttura è oggi gestita dalla società “Lago Riviera sas” di cui fa parte tutta la famiglia Berardi (Guido coi figli Fabio, Cristina, Teresa; Salvatore con il figlio Fabrizio). “Nel 2009 sono state eliminate tutte le coperture in amianto spiegano i Berardi - sostituite con un impianto fotovoltaico di 60 KW che produce circa 70.000 KWh all’anno. Un bel risparmio per la società, ma anche un grande vantaggio per l’ambiente: l’energia pulita prodotta dall’impianto vale quanto quella di un bosco di 2.300 alberi di medio fusto. Tutto questo a conferma che la nostra famiglia vuole conservare e tutelare il proprio verde che rende da oltre quaranta anni il Lago Riviera un punto di incontro tranquillo a disposizione di tutti, con tante iniziative improntate al benessere e alla tutela dell’ambiente, che si tratti di attività sportive o dell’utilizzo di energie rinnovabili”. Info: lagoriviera@libero.it
A fianco, il lago durante una gara di canoa polo (1984) Sotto, la famiglia Berardi. Da sinistra: Fabrizio, Salvatore, Guido, Fabio, Gabriella, Graziella, Teresa, Cristina, Eric e Ilaria
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Sacramora storia di un parco di Marzia Mecozzi | foto famiglia Savioli, archivio Ippocampo
L’acqua e Viserba. Viserba e la Sacramora. Per conoscere tutti i ‘rivoli’ dell’acqua per eccellenza, l’incontro con Luciano Savioli aggiunge un tassello importante alla storia.
Luciano Savioli, nel suo studio di Riccione Nella pagina a fianco, trivellazione del pozzo Sacramora (1965) L’insegna del parco, negli anni Settanta Luciano e Carlo Savioli (1989)
Nell’elegante ufficio di via Corrido-
sigliere generale della Fondazione
comprò dal dottor Cottarelli di Lodi
ni, a Riccione, abbiamo incontrato
della Cassa di Risparmio di Rimini,
quella concessione mineraria che era
Luciano Savioli, noto imprenditore
Luciano accetta con entusiasmo il
stata precedentemente di un ufficiale
la cui famiglia da tre generazioni è
tuffo nel passato proposto dall’asso-
inglese. I Savioli acquistarono la con-
impegnata nello sviluppo dell’eco-
ciazione Ippocampo, che consiste
cessione mineraria della Fonte Sacra-
nomia turistica ed immobiliare della
nell’aprire il personale baule dei ri-
mora e un grande podere fra la statale
Riviera Romagnola. Già nel Consi-
cordi. Torniamo così indietro di ol-
e la ferrovia. Un’area di 123.000 me-
glio d’Amministrazione della Banca
tre un cinquantennio: a Viserba, nel
tri quadri complessivi, di cui 40.000
Popolare dell’Emilia Romagna e con-
1960, anno in cui suo padre Carlo
destinati a verde sul quale sono sta-
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te messe a dimora, negli anni, 5000 piante arboree e arbustive e dove, nel 1965, Carlo Savioli con la società “Antica Fonte Sacramora” decise di traslocare il vecchio ed obsoleto stabilimento d’imbottigliamento delle acque minerali e bevande Sacramora, San Giuliano, Goccia Blu, Pepsi Cola. La gigantografia che copre gran parte della parete fa mostra del grande parco sulla via Popilia, polmone verde che oggi ricopre l’area a monte di Viserba. “Ora lo vediamo così… esordisce Luciano indicando le aree sfumate di verdi diversi - ma quando mio padre lo comprò, quel terreno aveva un aspetto completamente diverso. Desidero evidenziare il valore della scelta di mio padre che, in
un’epoca in cui tutti si affannavano a costruire case e alberghi, creava un parco vero e proprio, quello che occupa la porzione più meridionale dell’area industriale e che fu disegnato dall’architetto Renato Censi di Roma, con una struttura architettonica riconducibile allo schema classico del ‘Parco Romantico’.” All’interno della proprietà ed immersi nel verde, vi sono numerosi ed estesi viali pedonali, un laghetto in cemento e un paio di arene pensate come ideali ambienti per attività e spettacoli. “Lo scopo della sua realizzazione - riprende Savioli - è stato, da un lato, quello di valorizzare l’insediamento produttivo e le attività svolte al suo interno, dall’altro, quel-
lo di creare un’area verde da poter utilizzare eventualmente come parco termale. La sua era una visione lungimirante e ambiziosa se consideriamo quale importante trend hanno avuto in questi ultimi anni le stazioni termali, che si è scontrata purtroppo con le logiche e le politiche territoriali.” La Sacramora è stata per tanti anni una delle più importanti industrie riminesi, di fatto la concessione avrà termine solo nel 2021, eppure qualcosa si è infranto nel sogno di Carlo Savioli. “Sono state tante le componenti che hanno portato la nostra famiglia, negli anni, a decidere di smettere con l’imbottigliamento - dichiara Luciano - direi che, rispetto alle origini, quando a venticinque anni, al ter-
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mine degli studi all’Università di Roma, entrai in azienda, il mondo e il mercato si sono completamente trasformati. L’acqua della Sacramora era considerata miracolosa… Un’acqua con la quale le persone venivano ‘a curarsi’. Uno dei pregi di Viserba, uno dei motivi della sua notorietà prosegue sfogliando gli album colmi di foto e di immagini un po’ sbiadite di antiche campagne di pubblicità. - Per combattere la concorrenza si ha bisogno anche di immagine e uno stabilimento termale, perché il nostro lo è, deve possedere requisiti ambientali di qualità che qui, negli anni, sono mutati. Ci siamo ritrovati stretti fra la statale, i nuovi quartieri edificati e la nuova viabilità. La grande distribuzione poi, ha fatto il resto. Però sono stati anni interessanti: noi siamo stati i primi a produrre bottiglie di plastica, abbiamo ottenuto riconoscimenti internazionali, l’atto costitutivo dell’associazione di categoria delle acque minerali, porta tra i soci fondatori anche il nostro nome, abbiamo sempre sostenuto le squadre sportive locali, siamo arrivati ad avere fino a 105 dipendenti…” (Va detto che i dipendenti, insieme a parte dei macchinari, a chiusura dello stabilimento sono confluiti nell’altra grande azienda di imbottigliamento riminese delle Antiche Terme Romane Galvanina). Il sogno di creare uno stabilimento termale nel grande ‘Parco Romantico’ che aveva indotto Carlo Savioli ad interessare tutta una serie di tecnici ed esperti al fine di redigere un documento che ne dichiarasse il valore territoriale, non è detto che non possa mai avverarsi. “L’area del parco Sacramora - si legge nel documento si presenta come un ‘hot spot’ di biodiversità, un’area meritevole di azioni di conservazione e valorizzazione
in un ottica di fruizione pubblica e didattica ambientale. In ogni caso il suo utilizzo come parco termale potrà contribuire ad uno sviluppo più equilibrato degli insediamenti urbanistici nella zona…” E se a ciò si aggiunge la concessione mineraria, al parco collegata, per l’estrazione della ‘miracolosa’ acqua della Sacramora, chissà che quest’area, un giorno, non possa tornare ad essere uno dei gioielli del “Territorio delle Acque”.
Sotto, il parco Sacramora in fase di realizzazione (1965) Sandra Crociati, dipendente del gruppo in posa davanti all’antica fonte di via Sacramora (1970)
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Bevi Bagli che non ti sbagli di Maria Cristina Muccioli | foto archivio Ippocampo
Una storia imprenditoriale esemplare: l’acqua di Viserba portata sulle tavole dai fratelli Bagli.
Estate 2012. Claudio Bagli ospite del “salotto Ippocampo” in piazza Pascoli, posa davanti alla proiezione di una sua foto giovanile
Claudio Bagli, 86 anni portati con spirito giovane, è una persona che ascolti volentieri. Sarà la disponibilità, o forse la cortesia innata e il sorriso sempre presente. Tutti elementi indispensabili per un imprenditore di successo che, insieme al fratello Cesare, scomparso qualche anno fa, ha speso la vita proseguendo l’attività di imbottigliamento di acqua minerale nata nel 1929 col padre Giuseppe. “B & B. Bevi Bagli, che non ti sbagli”, uno slogan creato su misura per chi, grazie ai contenitori di seltz e a ricette segrete per produrre gassose, riuscì a trasformare in business il bene più prezioso di Viserba: l’abbondanza di acqua sorgiva pura e salutare. Un percorso di successo. Esemplare
come quello di tanti imprenditori romagnoli che hanno aggiunto creatività e innovazione alla grande voglia di lavorare ereditata da nonni e genitori. Claudio racconta delle prime consegne effettuate in bicicletta in tutta la zona di Rimini Nord, dello sviluppo dell’attività col trasferimento dalla piccola sede di via Mazzini a quella più ampia di via Canini, per arrivare infine in via Sacramora, proprio accanto all’antica Fonte, luogo simbolo della ricchezza delle acque di Viserba. Qui, nello stabilimento acquistato dalla famiglia Savioli, i fratelli Claudio e Cesare Bagli operarono dal 1973 fino al termine dell’anno 2000. Successivamente si ritirarono... per la meritata pensione.
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Corcelli, the voice of Rimini Nord
di Marzia Mecozzi e Maria Cristina Muccioli | foto archivio famiglia Corcelli, archivio Ippocampo
“Il Jazz è quella musica che, quando l’ascolti, non puoi fare a meno di muovere i piedi…”
Dalle balere alla televisione. Un’attraversata suggestiva del mondo dello spettacolo degli ultimi sessant’anni in compagnia di Vittorio Corcelli, cantante, musicista, conduttore, attore, artista ‘a tutto tondo’, come in diverse occasioni è stato definito, e a giusta ragione. Originario di Fano, classe 1928, Vittorio è arrivato a Rimini nel 1941 seguendo il lavoro del padre. A Villa Verucchio, dove la famiglia si era rifugiata in tempo di guerra, partecipa al festival canoro per esordienti dal titolo “L’ora del dilettante”, e si scopre cantante. Finita la guerra, la voglia di ballare sembrava una febbre contagiosa. La gente aveva voglia di buttarsi alle spalle tutte le brutture che si erano consumate negli ultimi, tristi, anni. “Le mie canzoni - racconta il Maestro - si differenziavano da quelle degli stornellatori di allora, di
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Claudio Villa, di Giorgio Consolini… Io avevo il mio mito in Natalino Otto, uno swing man di quelli autentici e ne riproponevo il ritmo, l’allegria. In quelle lunghe notti, quando il sonno cominciava a farsi sentire e c’era anche chi dormiva sul tavolo da bigliardo, le mie canzoni riuscivano a tenere svegli tutti…” Nell’estate del 1946 fu inaugurato a Viserba il Garden Ceschi. “Ero amico di Marcello, figlio del patron Ceschi, - prosegue - Io avevo solo 18 anni, avevo vinto il Festival di Voci Nuove e Mario Latilla, grande personaggio legato al mondo della radio, mi valutò giusto per quel ruolo. Mi proposero 1500 lire a settimana…” L’anno successivo nacque la Villa dei Pini, il locale che rimase sempre un punto di riferimento, a Viserba, della bella società. Il suo ideatore era Gianni Nicolò, capace patron di diversi locali
alla moda, fra cui anche La Casina del Bosco. “Gianni mi aveva voluto prima alla Casina del Bosco con l’orchestra di Bruno Martino e, successivamente, alla Villa dei Pini, dove ho cantato per quattro estati, tutte le sere. Erano gli anni in cui Viserba viveva la sua miglior stagione, c’erano tanti locali: ricordo il Dancing Sacramora, la Casa del Popolo, il Dancing Sirenetta, il Dancing Lido… Alle cinque del pomeriggio, alla Stella d’Italia si teneva il Caffè Concerto e i tavolini all’aperto che s’affacciavano su piazza Pascoli e sul lungomare erano gremiti di habitué. A Carnevale, invece, al Teatro Nuovo, il Circolo dei Cittadini, presieduto da Ennio Conti, organizzava il Veglione dei Fiori, una festa molto attesa che ancora oggi i viserbesi ricordano con nostalgia…” Nei primi anni Cinquanta, Vittorio Corcelli parte per Genova, dove la-
vora per qualche tempo prima di trasferirsi a Milano. Nella capitale lombarda dirige diversi locali, lavorando con personaggi come Gorni Kramer, Lelio Luttazzi e col riminese Carlo Alberto Rossi. Nel ‘55 Vittorio si sposa con la viserbese Giovanna. Proseguendo la carriera di cantante e direttore di prestigiose sale da ballo, da Milano si sposta a Firenze, poi a Roma e quindi a Venezia, dove lavora al Casinò… Nel ‘57 con il Quintetto Millepiedi parte su una nave da crociera che solca i Caraibi e per sei lunghi mesi resta lontano dall’Italia “Nel dicembre del 1957 ero in Jamaika - ricorda - quando ho saputo per telefono che era nato il mio primogenito, Luciano.” Alla fine degli anni Cinquanta, con l’avvento della Televisione torna a Milano dove, insieme a suo fratello, Gino Corcelli noto cantante, conti-
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nua nella carriera di direttore di locali alla moda e collabora con Mario Riva, popolarissimo conduttore de ‘Il Musichiere’ il primo quiz musicale della storia della TV. Il grande ritorno ‘a casa’ è datato 1966. Da allora vive con Giovanna a Viserba ed è stato direttore artistico dei migliori locali della riviera, dall’Eden Rock di Gabicce al Serenella di Cattolica all’Embassy e al Paradiso di Rimini. Ma non solo. L’uomo ‘della notte’ durante il giorno per quasi quarant’anni ha prestato la sua voce dal timbro corposo alla filodiffusione delle spiagge, prima alla Publiphono poi al Fono Nord Ovest, fra annunci e dirette, diventando o forse tornando ad essere ‘la Voce del
turismo viserbese.’ Intanto il divertimento andava trasformandosi: le balere erano al tramonto e agli albori vi era il fenomeno delle discoteche che sarebbe esploso appieno sul finire degli anni Settanta; le televisioni private avevano intrapreso la loro bella avventura e lo showman Vittorio non poteva non cogliere e in qualche modo contribuire al cambiamento che stava interessando il mondo dello spettacolo. Nel 1977 insieme a Luciano Vasini, conduce su Radio Riviera il programma ‘Prendiamo il caffè insieme’ e su Telerimini ‘Il Rubamazzo’. Due anni dopo i due autori e conduttori inventano il format di ‘Supercoppia’ e nel 1980 quello di ‘Bar contro Bar’, che tanti riminesi ri-
corderanno. “Era un bel modo di fare spettacolo, di fare televisione, - dice con un sorriso - con la capacità, la creatività e il buon gusto di divertire diffondendo conoscenza.” Dopo alcuni anni di lontananza, nel 1993 Corcelli ritorna a Telerimini con ‘Tango, Amarena e Fox Trot’ trasmissione dedicata a tutti i dancing della Riviera, poi con ‘Noi siam come le lucciole” (perché il musicista vive di notte) dedicata alle orchestre d’epoca, e successivamente con ‘Il microfono nel cassetto’, dedicata a tutti i cantanti che, pur bravi, per diverse ragioni hanno dovuto lasciare la carriera artistica per dedicarsi ad altri mestieri.” E non è finita. Per il grande schermo Vittorio prende parte a film quali ‘Rimini Rimini’, ‘Facce Affittasi’, ‘Il Mestiere delle Armi’ diretto da Ermanno Olmi. Ha interpretato una quindicina di commedie, ha recitato in serie per la tivù, e partecipato a programmi per Sky. Dalla fine degli anni Ottanta fa parte della “1^ Rimini Dixieland Jazz Band” di Rino Amore, che ha permesso di valorizzare ancor di più il suo meraviglioso timbro swing. Per concludere, dopo una traversata di oltre sessant’anni nello spettacolo, dalle balere con le assi di legno alla tivù satellitare, gli chiediamo quale sia la sua canzone preferita. “Quella che mi fece guadagnare le prime cinquanta lire”, risponde sorridendo, intonando una strofa di Stardust (Polvere di Stelle), cantata alla maniera di Louis Armstrong, come solo lui sa fare.
Nelle pagine precedenti, Vittorio Corcelli insieme al trombettista Jack La Rocca, figlio di Nick La Rocca (colui che incise il primo disco di Jazz) A fianco, con Maria Cristina Muccioli durante l’intervista
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Indimenticabile viaggio in Italia
di Marzia Mecozzi | foto archivio famiglia Rambaldi, Paritani
Italia in Miniatura, un tour emozionante fra storia, arte, ambiente e tanto divertimento per tutta la famiglia. Sopra, i fratelli Rambaldi. Da sinistra: Paolo, Lisa, Silvia e Ivana
Se nei suoi primi decenni di vita Viserba è stata nota per le sue acque, negli ultimi quattro l’eccellenza territoriale che ne ha portato il nome in tanta parte di mondo è senza dubbio Italia in Miniatura: il parco tematico fondato da Ivo Rambaldi che a Viserba aprì per la prima volta i suoi cancelli il 4 luglio del 1970 e che, in questi quarantatre anni di storia, è stato visitato da più di trenta milioni di persone. È Lisa Rambaldi, terzogenita (con la gemella Ivana) di Ivo
e responsabile della comunicazione del parco, a raccontare la brillante storia di suo padre che, con le geniali intuizioni e le avventure imprenditoriali di più recente generazione, ha in comune l’esordio in un garage: quello in cui presero forma le prime miniature, sul finire degli anni Sessanta. “Mio padre era un uomo intellettualmente vivace, molto dinamico. - ricorda Lisa - Da Ravenna, sua città natale, dove aveva un’azienda di impianti idrosanitari, amava spostarsi
47| LUOGHI DA VISITARE
continuamente e viaggiare alla ricerca di stimoli, di bellezza, di idee. Era un appassionato di arte e, con Italia in Miniatura, volle realizzare una grande esposizione dove le persone potessero vedere, in un’esperienza unica, le grandi meraviglie del patrimonio monumentale italiano.” L’idea era venuta a Ivo durante un soggiorno all’estero, dove aveva visitato un parco con caratteristiche simili. Così era iniziato il suo viaggio sui più suggestivi luoghi della storia dell’arte italiana, scattando foto, misurando pietre e angoli, altezze e larghezze di facciate e campanili. “Era fantastico! - ricorda Lisa ridendo - Prendeva le misure con strumenti improvvisati: corde, bastoni, braccia, passi…” Partendo da Sant’Apollinare in Classe in omaggio a Ravenna, la sua città, su e giù per lo stivale, dal Duomo di Milano all’Arena di Verona, dalla Piazza dei Miracoli di Pisa alla Basilica di San Pietro di Roma, al Colosseo, aveva scelto i più suggestivi simboli del Bel Paese. In tre anni di lavoro, dapprima nel garage di casa, successivamente in una piccola azienda, un appassionato gruppo di realizzatori, fra tecnici, geometri, professori di storia dell’arte, aveva dato vita alle prime cinquanta miniature in scala 1:30, realizzate in ureol, un poliuretano modellabile e resistente con il quale le opere vengono tuttora realizzate. Trecento milioni di lire fu l’investimento, anche per comprare il terreno sul quale ancora oggi sorge il parco, passato in questi quarantatre anni da una superficie di 20.000 mq a quella odierna di 85.000 mq, oltre ai parcheggi. Negli anni l’aspetto del parco è mutato tante volte. Dalle prime cinquanta, oggi il parco mostra duecentosettantatre miniature dei più noti monumenti, palazzi e chiese ita-
liane e europee, riprodotte in scala e immerse in un paesaggio di colline, alte vette innevate, fiumi, laghi, mari, piante straordinarie e migliaia di veri alberi in miniatura. “Il successo di Italia in Miniatura, che da oltre quarant’anni accoglie persone di tutte le età e provenienti da tanti paesi diversi, è la sua capacità di rinnovarsi nell’offerta, sia per nuovi monumenti che per nuovi intrattenimenti. - prosegue Lisa - Dopo tante miniature simbolo di città, con la realizzazione di Venezia, ad esempio, mio padre, mio fratello Paolo e lo staff tecnico-creativo, hanno ricreato una città vera e propria, solo cinque volte più piccola dell’originale! Lungo il Canal Grande le persone possono visitare in gondola la città più suggestiva del mondo, trasportate da una corrente naturale fino a piazza San Marco dove svetta un campanile alto venti metri. Dieci anni di lavoro, inaugurata nel 1992, Venezia rappresenta ancora oggi una delle attrazioni più visitate ed apprezzate del parco.
Fu l’ultimo lavoro di mio padre.” Ivo Rambaldi morì nel 1993. Gli subentrò alla guida il figlio maggiore, Paolo, segnando anche la svolta del parco che, da quel momento in poi, non fu più esclusivamente un parco di miniature artistiche, ma si aprì ad ospitare anche attrazioni meccaniche e tutta una serie di grandi eventi. “Cambiano le mode, i gusti, bisogna stare al passo con l’offerta e con la richiesta del pubblico. - prosegue Lisa - A Italia in Miniatura le persone tornano ‘da grandi’ con i figli, ricordando che ci sono state ‘da bambini’, e scoprono, sorprese, un parco diverso, con nuove attrazioni, nuovi servizi, tanti spunti di riflessione culturale, scientifica, ma anche tanto divertimento. Oggi il parco si estende su una superficie quattro volte più grande di quando fu inaugurato e, oltre alle miniature, comprende l’area di Venezia, l’arena spettacoli Piazza Italia con la riproduzione della superba basilica di Santa Croce, la torre panoramica, la mono-
48| LUOGHI DA VISITARE
C
rotaia, scherzi d’acqua, aree giochi bimbo, attrazioni spettacolari come Sling Shot, la gigantesca fionda che raggiunge i 55 metri in due secondi, o come l’ottovolante acquatico per un’emozionante discesa in canoa lungo le rapide del fiume, il Luna Park della scienza…” L’elenco delle attrazioni è lunghissimo, tutte da scoprire in una visita che può durare un anno intero poiché il biglietto consente di tornare gratis senza limiti nel corso della stagione! Ma soprattutto Italia in Miniatura è oggi una realtà imprenditoriale d’eccellenza la cui mission viene espressa dal neologismo “edutainment”, ovvero imparare divertendosi: arte, natura, scienza, storia… ed è anche per questo che le scuole restano al primo posto fra i fruitori del parco. “Un altro aspetto che ha sempre caratterizzato Italia in Miniatura - precisa Lisa - è stata la presenza in azienda della famiglia. Prima i miei fratelli più grandi, Paolo e Silvia, e successivamente io e Ivana. Mio padre ci ha sempre voluti tutti qui, a dare anima e cuore alla sua creatura e noi cerchiamo ogni giorno di alimentarla
con impegno ed entusiasmo. Nuovi progetti sono sempre al vaglio dello staff creativo. Un esempio? La realizzazione di Pompei in scala quasi reale. È un sogno che ci piacerebbe realizzare. Chissà come sarebbe interessante camminare per le strade di Pompei ed assistere all’eruzione del vulcano…” Recentemente Italia in Miniatura ha ottenuto il certificato di eccellenza di Tripadvisor, che le assegna ben quattro stelle inserendo il Parco fra le destinazioni top scelte dagli utenti di uno dei più importanti siti di rating turistico a livello mondiale. E, infatti, la straordinarietà del luogo ha sempre ispirato anche artisti, registi, fotografi, creativi: dall’indimenticabile successo del video “Tanti auguri” cantato da Raffaella Carrà nel 1978, di cui nel 2011 è stato realizzato il remake con Matilde Brandi, al videoclip del brano “Apollo 11” dei Negramaro, con l’astronauta che si muove a passi cauti fra i monumenti più famosi d’Italia, dal poetico video di Fabio Concato ad una intera puntata della trasmissione “Il Viaggio”, di Pippo Baudo. Inoltre Italia in Minia-
tura, membro di IAMP (International Association of Miniature Parks), l’associazione internazionale che riunisce i parchi di miniature di tutto il mondo, propone i suoi spazi esclusivi e unici anche per cene aziendali, inaugurazioni, compleanni ed eventi speciali. Insomma, se mancate da Italia in Miniatura da qualche anno, concedetevi il piacere di tornare con figli e nipoti, perché, come diceva Goethe guardando dalla vetta del San Gottardo il paese dove fioriscono i limoni, “si può dir davvero che abbia inizio una nuova vita quando si vedono coi propri occhi tante cose che in parte già si conoscevano minutamente in ispirito.”
Nella pagina precedente, Ivo Rimbaldi in una foto degli anni ‘80 Veduta aerea del parco in uno scatto di fine anni ‘70 In alto: tecnici al lavoro sulla miniatura del Colosseo
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50| CURIOSITÀ E TIPICITÀ
La tratta
oggi come ieri di Maria Cristina Muccioli | foto archivio Ippocampo
Gli storici “ragazzi” della marineria viserbese regalano un sipario sul passato mettendo in scena la tipica pesca “alla tratta”.
Eccoli: Rolando, Zambo, Bertino, Roberto e gli altri. Sorridenti e orgogliosi, chioma grigia che fa risaltare l’abbronzatura, calzoni rimboccati, “crocco” stretto in vita per tirare la lunga rete. In gruppo, con l’ondeggiare ritmico guidato dalla voce del capo tratta. Sono solo alcuni dei “ragazzi”, fra loro esponenti storici della marineria viserbese, che da qualche estate, in due o tre occasioni e in zone diverse del litorale riminese,
regalano un sipario sul passato mettendo in scena la tipica pesca “alla tratta”, metodo in uso fino a una cinquantina di anni fa e poi non più permesso. Alle ultime rievocazioni di Viserba e Viserbella, coordinate dal “Circolo Nautico Fossa dei Mulini”, hanno collaborato la “Pro Loco Ghetto Turco” e alcuni imprenditori turistici locali: il Bar Spiaggia, diversi alberghi (Acquamarina, Aurora, Mirabel, Stella d’Oro, Eden, Avana
51| CURIOSITÀ E TIPICITÀ
Mare, Miami, Festival, Aquila, Diana, Denny) e quattro stabilimenti balneari (Bagno Pietro, Bagno Egisto, Bagno Cigno, Bagno Angelo). Scene che abbiamo ancora negli occhi, quasi un teatro all’aperto. Spettatori d’ogni età e lingua, affascinati, si stringono agli attori in un abbraccio documentato da telefonini e fotocamere che cliccano a più non posso. I più coraggiosi si uniscono alle due file di “tiratori” immergendosi in acqua per stringere con forza le grosse cime. Tira! Tira! Magari il frutto della pesca si limita a qualche cefalo, che con guizzi argentei tenta invano di sfuggire alla cattura. Ma l’esperienza è irripetibile! Finita la tirata, a onor di cronaca, oggi i pesci vengono liberati e tornano nel loro habitat naturale. “Il mare non è più quello di una volta! - spiega sconsolato Zambo, ex
pescatore ed esperto trattarolo - Da Viserba andavamo a pescare fino a Porto Corsini e addirittura alle Punte del Reno. Il crocco (e’croc) è questo cinturone fatto con rete o stoffa resistente. In tempi di guerra si usava la gomma dei copertoni, anche quelli delle biciclette. Si lega in vita e si aggancia alla corda superiore, quella coi sugheri (e’ scòrz). Invece la corda (la zima) di sotto, si chiama e’ piòmb. Ai lati estremi della rete, che ha lunghezze diverse a seconda dell’importanza della tratta, ci sono due bastoni (stànghi o màzi).” In attesa delle rievocazioni di questa stagione, i più curiosi potranno approfondire la conoscenza della tratta e di altre tipicità del mare romagnolo visitando E Scaion, il museo della piccola pesca e delle conchiglie di Viserbella, che illustriamo nelle pagine seguenti.
Amarcord Dal libro “Così si viveva a Viserba e dintorni”, di Elio Biagini. “Ricordo la tipica figura di Nandi, che ha passato tutta la vita facendo il marinaio e passeggiando tutti i giorni dalla fossa dei mulini o verso Viserbella oppure verso Rivabella. Conosceva il mare più che la sua casa e sapeva dire con precisione le previsioni del tempo. La sera si partiva con la batana per andare ‘a tratta’: una tipica pesca che si faceva calando in mare prima tre o quattro ‘reste’ di corda circa duecento metri, poi a semicerchio si calavano altri duecento metri di rete, quindi si tornava a riva calando altra corda. Finita la calata si agganciavano le due estremità della corda, alla quale erano attaccate sette persone, con una specie di cintura chiamata e’ croc, e lentamente si tirava la rete a riva sperando sempre di fare una buona pesca. Quando la rete era a riva e il pesce era nella sacca i più anziani avevano il compito della cernita; questa avveniva perché in mezzo al pesce c’erano tante alghe, granchi, la palazzola, che bisognava scartare. Dietro a ogni marinaio c’era sempre la vecchietta che raccoglieva lo scarto. I marinai più giovani erano addetti al carico della rete sulla batana. E, finita l’operazione, un’altra mano…”
Nella pagina accanto la tratta oggi, e qui a lato, in uno scatto scherzoso del passato
52| CURIOSITÀ E TIPICITÀ
A casa
di Fis-cioun di Maria Cristina Muccioli | foto archivio Ippocampo, Paritani
Alfredo Grossi? No, è Fis-cioun, “il pescatore”. Nato il 6 giugno 1925, è uno dei personaggi più noti di Viserba.
Fis-cioun: l’unico, l’originale. Sorride e si emoziona, sfogliando per noi l’album dei ricordi: immagini di oltre sessant’anni passati con la sua Ines, scomparsa non molto tempo fa. Il viaggio inizia con lui ragazzo, appena ventunenne. Poi il viaggio di nozze a Roma, nel 1947. I figli arrivati presto: Giancarlo e Luisa. Una foto del 1952 lo mostra in Argentina, un’altra sulla giostra a Montevideo. “Mi sono imbarcato giovanissimo. Per 14 anni ho girato il mondo, ma fra grandi rotte e motopescherecci
in Adriatico ho fatto ben 52 anni di mare! Vedete le mie braccia? Sono i segni dei legamenti rotti per tirar su le reti.” Fis-cioun era fuochista sulle petroliere. Vita dura, lontani da casa per mesi. “L’imbarco più lungo durò 33 mesi: partii che mio figlio aveva appena quattro giorni. Tornai quasi tre anni dopo: era spaventato, non mi conosceva! Quando morì mio babbo avevo 23 anni, ero in Giappone e lo venni a sapere sei mesi dopo. Che vita! Però si guadagnava bene. Spesso erano la Ines con i bambini
a venirmi a trovare nei porti: Venezia, Genova, Taranto. Ero tranquillo: a casa con loro c’era mia suocera Checca. Gran cuoca! La sua casa era sempre aperta. Spesso a tavola c’era gente sconosciuta. ‘Ma dai, Fis-cioun - diceva - Non hanno soldi per fare la spesa, ò fat du strozaprìt in piò, sa vut che sia?” (ho fatto due strozzapreti in più, che sarà mai?). Fis-cioun vuol dire ospitalità e spiedini. Se la storia di Fis-cioun fosse un musical, si dovrebbe proprio intitolarla “Aggiungi un posto a tavola, che c’è un amico in più”. Caratteristica divenuta proverbiale. Provate e fare il suo nome dalle parti di Viserba: Fis-cioun vuol dire tavolate di gente festosa, buon pesce, spiedi intagliati nel legno di tamerice e infilati verticalmente sulla sabbia mentre la brace, ingabbiata al centro di questo cerchio magico e profumato, li cuoce senza toccarli. “Sistema tipico dei
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Dalla spiaggia partivano quattro dighe in verticale, dalle quali i ragazzi si tuffavano. Bagnini? C’era Bisugnìn (Pino), fratello di mia suocera. E le tende in tela, coi picchetti che erano da spostare a seconda di come girava il sole. Per la guerra i tedeschi catturarono me, il babbo e mio fratello. Ci chiusero alla Corderia. Riuscii a scappare attraverso uno strettissimo cunicolo sotterraneo che dalla fabbrica sbucava nella Fossa dei Mulini. Ferito e sanguinante, ma salvo. Restai nascosto quattordici giorni sopra un albero, a Viserbella. Mia sorella mi mandava il cibo con un cestino legato a una corda.” Ma i ricordi, per fortuna, non sono solo legati a guerra e miseria e Fis-cioun alleggerisce il suo
narrare. “Quanti delfini passavano al largo! Dalla spiaggia se ne potevano vedere branchi interi. Non erano molto amati dai pescatori, perché distruggevano le reti. Tra l’altro, negli anni Trenta una legge promulgata da Mussolini dava cinquecento lire a chi catturava un delfino femmina. Comunque, per dirvi che meraviglia era la nostra Viserba, in quei tempi uno dei passatempi preferiti dai villeggianti era assistere al passaggio dei delfini vicino alla costa, uno spettacolo di salti e spruzzi d’acqua!” Grazie, Fis-cioun! Quest’ultima immagine gioiosa e solare sembra proiettata su di un grande schermo pieno di luce e di colori. È la Viserba che amiamo anche noi.
foto Angelini
marinai. Fra le cuccette c’era un paranzale, col suo portellino (e’ stènt, il boccaporto), che fungeva da cucina. Lì preparavamo brodetti e grigliate con quanto si pescava: triglie, calamari, canocchie, sogliole. Il mio fuocone personale l’aveva costruito il fabbro Baietta. Costò un milione e duecentomila lire! Ora è da museo.” Le pagine dell’album scorrono. Per ognuna un ricordo, una frase, il nome di un amico. “Questa è la prima barca da pescatore, la ‘Fidel Franco’. Poi ho avuto la ‘Bruno V.’ e infine, per quindici anni, la ‘Linda’, col suo bel radar.” Dopo gli interminabili viaggi transatlantici, infatti, la carriera in mare di Fis-cioun s’è svolta tutta sull’Adriatico, il mare di casa. “Pescavo tutta la notte, facendo tre o quattro calate. Poi la cernita e il rientro in porto. L’Ines era lì ad aspettarmi, per correre a vendere in pescheria. Ho smesso d’andare in mare quasi vent’anni fa. Le più belle tavolate sono di quei tempi: pesce fresco garantito! Con gli amici che gestivano l’hotel Morolli, Emilio e Lella, siamo stati persino in Trentino per la Marcialonga. Le rustide per i bagnini di Viserba e dintorni, poi, non si contavano!” Ma da dove viene il soprannome Fiscioun? “Non è quello della famiglia: infatti i Grossi sono detti Babèn. Da piccolo abitavo in via Rossini e gli anziani mi spaventavano dicendo che in queste strade ‘si vedeva’ e ‘si sentiva’ (cioè che c’erano spiriti e streghe). Alòura mè, par fèm curàg, a ciudèva i occ e a fis-céva (allora io, per farmi coraggio, chiudevo gli occhi e fischiavo). Da allora sono Fiscioun (fischione).” Com’era Viserba? “C’erano tanti locali da ballo, il Kursaal, ville eleganti. La spiaggia era bellissima: sul mare c’era solo la pensione Adriatica e qualche villa.
“Mé an murirò, parché a n ò témp. Ma s’a dvéss murì, e’ mi fugòun l’è ad Rolando.” “Io non morirò, perché non ho tempo. Ma se dovessi morire, il mio focone è di Rolando.”
foto Fazioli
L’angolo del Palato Ecco una delle ricette di Rolando e del Bagno Pietro 37 presente anche sul sito: www.ippocampoviserba.it Pesce arrosto come piace a noi Ingredienti: pesce di qualità a discrezione, pane grattugiato, sale, pepe, olio extravergine, peperoncino in polvere, aglio in polvere. Dopo aver pulito e lavato il pesce lasciarlo scolare e asciugare. In una zuppiera versare gli ingredienti di cui sopra, amalgamare il tutto fino al raggiungimento ottimale del sapore, versare il pesce dentro la zuppiera e rigirarlo delicatamente. Lasciare il tutto a riposare per circa due ore ad insaporire. La cottura può essere effettuata sia sulla griglia elettrica che sul barbecue oppure direttamente in forno. Per il pesce di pezzatura medio-grossa si consiglia di aggiungere olio crudo prima di servire.
Nella pagina precedente, in uno scatto giovanile sulla sua barca Nella pagina a fianco, Fis-cioun insieme all’amico Rolando ‘erede designato’ Sopra, Rolando alle prese con il tipico focone dei pescatori riminesi
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Storie di mare e di conchiglie di Sabrina Ottaviani | foto Paritani
57| CURIOSITÀ E TIPICITÀ C’è un museo, a Viserbella, nato dalla passione per il mare e per le sue tradizioni, fondato da un gruppo di amici perché questo patrimonio non andasse perduto.
Nella pagina accanto, da sinistra: Giulia Bartolucci, Renato Gugnali, Marta Martinelli presidente dell’associazione, Erio Mussoni, Amleto Belli, Germano Pari, Donato Ferrecchia e Daniela Biagini In alto, Marta all’interno del museo, in sella alla tipica bibicletta delle pescivendole In basso, il mitico Maurizio Mangianti, uno tra i primi fondatori dell’associazione
La storia dell’associazione culturale “E Scaion” museo della piccola pesca e delle conchiglie, ce la racconta la presidente, Marta Martinelli, moglie del noto e molto amato Maurizio Mangianti, che ci ha lasciato nel 2011. Un ricordo di Maurizio, fra queste righe che omaggiano le eccellenze territoriali, è necessario. Era un vero lupo di mare. Lo riconoscevi da lontano, con la lunga barba bianca, il baschetto di lana rosso, la camicia a scacchi e quegli zoccoli di legno che portava d’estate e d’inverno. Viserbellese storico, rimarrà un personag-
gio indimenticabile. “Eravamo quattro amici al bar”, recita la canzone… Ma quella volta, l’idea, agli amici nacque fra le mura della Conca d’Oro, storica pensioncina di Viserbella. E gli amici erano più di quattro. “In quel giorno di ormai trent’anni anni or sono - racconta Marta - Maurizio Mangianti, Marino Donati, Valter Rinaldi, Renato Gugnali e altri diciotto amici, ricordando con nostalgia i tempi dell’infanzia realizzarono che si andava via-via perdendo, e si sarebbe persa con la loro generazione, la memoria storica delle tradizioni
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Una sala interna del museo
marinare e delle origini di Viserbella. Il loro piccolo borgo, la cui economia, nei primi decenni del Novecento, era sorta e si era basata sull’agricoltura, con qualche contadino che piantava patate fin sulle dune della spiaggia, e sul mestiere del marinaio, soprattutto poveracciai. Ai quattro amici venne quindi il desiderio di lasciare un’eredità culturale, rivolta soprattutto alle giovani generazioni che nulla o quasi conoscevano del passato. S’innamorarono dell’idea di creare un museo del territorio e iniziarono a divulgare l’iniziativa e a raccogliere, fra amici e conoscenti, tutti i vecchi strumenti da lavoro degli artigiani e le attrezzature legate al mondo marinaro locale: ferri per la raccolta a mano delle poveracce
(gli smenacùl); lo scaion utilizzato allo stesso scopo sulle batane, le tipiche imbarcazioni locali a fondo piatto; gli strumenti da mastro d’ascia e calafà; la marotta (finta barca dove si tenevano le anguille ad ingrassare per venderle nelle festività natalizie); il rabbio a vita per pescare sogliole e altri pesci da fondo; le biciclette con cassetta per il trasporto di pesce con le quali le bisnonne arrivavano fino a Borghi o a Sogliano; centinaia di altri oggetti della tradizione, nonché cartoline e filmati d’epoca. Tutti questi cimeli, che per cinque anni vennero gelosamente custoditi all’interno delle case dei fondatori, furono finalmente esposti al pubblico nel 2000, con l’apertura dello spazio museale donato dal Comune di Rimini all’as-
sociazione, in via Minguzzi, a due passi dalla spiaggia. “Alla ricerca e al reperimento di materiale a livello locale - spiega Marta - si aggiunse, negli anni, l’apporto di tanti bagnanti che avevano trascorso la loro infanzia a Viserbella nelle numerose ville signorili o negli appartamenti in affitto estivo. Bellissima la sorpresa di un filmato di una pesca alla tratta nel mare antistante Viserbella risalente agli anni ‘59/’60 arrivato due anni fa addirittura dall’Inghilterra! Tanta riconoscenza la si deve anche a una turista che, rimasta affascinata dalla particolarità del museo, alla morte del marito decise di donarci la sua preziosissima collezione di fossili.” Oggi il museo possiede circa 650 attrezzi e reti da pesca da riva d’epoca;
modellini in scala di imbarcazioni tipiche (battanini, marotte, trabaccoli, bozzelli); circa quattrocento fotografie e numerosi filmati, dal 1912 agli anni Sessanta, che documentano momenti della vita marinara locale. A tutto questo si aggiunge una monumentale collezione di circa ottomila conchiglie del Mediterraneo. Non c’è dubbio: “E Scaion” è un sogno diventato realtà, un’importante attrattiva turistico-culturale a beneficio di tutta la cittadinanza che ha recentemente ricevuto il Premio della Lega Navale come unica realtà nel suo genere di tutta la provincia di Rimini. Il museo si sostiene grazie al tesseramento dei soci, alle donazioni, alle offerte libere dei visitatori. Ma anche alle ormai frequentatissime rustide di pesce delle serate estive, durante le quali, con pochi euro, si possono gustare i tipici spiedini del pescatore cotti alla brace sulla sabbia, all’antica maniera dei marinai. Serate da annotare sul calendario e da non perdersi! Il museo è meta di tantissime scolaresche della zona e anche di altre regioni e, specialmente in estate, è frequentato da numerosi turisti curiosi del territorio e delle sue tradizioni. Per chi volesse visitarlo, l’apertura estiva, dal 1° giugno al 31 agosto, comprende le serate di martedì, venerdì e sabato (dalle ore 21 alle 23), con possibilità, previa disponibilità, di aperture straordinarie per piccoli gruppi. La visita è guidata dai volontari del museo: Amleto Belli, Giulia Bartolucci, Erio Mussoni, Germano Pari. Da quest’anno la nuova collaboratrice ucraina, Sasha, accoglierà anche i turisti di lingua inglese, francese e russa.
Per prenotare la visita: 0541.721060 oppure 347.5529973
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Là dove c’era l’erba
di Silvia Ambrosini e Maria Marzullo | foto archivio famiglia Pozzi, Paritani
Viaggio nella Viserba di oggi, nel quartiere ‘a monte’ che negli ultimi anni ha modificato radicalmente la sua geometria e il suo stile di vita: la via Turchetta.
Via Turchetta è una strada che viene da lontano: un ‘lontano’ inteso come tempo e tradizioni. Anzitutto la sua parrocchia, San Martino in Riparotta: ha radici antiche e una storia tutta da raccontare. Al suo campanile faceva capo tutta la Viserba delle origini prima che il nucleo abitativo si sviluppasse verso il mare. Si snoda quasi parallela alla via Emilia e funge da scrigno al nuovo complesso fieristico. Dall’altro lato, quasi a ridosso del parco, dove un tempo tradizione e ingegno (“Vis a Vis” n. 1 - “L’orologio di Talacia”) affiancavano la vita rurale, si è sviluppata un’altra eccellen-
za del territorio: il Polo Artigianale. Un luogo ricco di stimoli di crescita, dunque, non disgiunti da una serie di complessità. Palazzine colorate, automobili in fila, qualche bicicletta e persone che passeggiano. Sarebbe ideale. Se non fosse che le case in alcuni tratti sono in tripla fila e che le auto sono davvero tante. È la via Turchetta, a Viserba Monte, strada urbana che, con l’arrivo della nuova Fiera, ha visto aumentare notevolmente il numero degli abitanti. “È una zona poco distante dal mare e dal centro, in cui si vive bene”, spiega il 29enne Francesco Pozzi.
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Nella pagina accanto, da sinistra: il giovane Francesco Pozzi con la nonna Giovanna ed il padre Paolo A fianco, la famiglia Pozzi al gran completo, nello stesso cortile, in una foto degli anni Sessanta In basso, Mina Del Vento con il piccolo Natale, Fiorenza Vernole, Marta Saragoni e i loro amici a quattro zampe, nell’area verde di via Turchetta
Francesco vive qui con la sua famiglia ed è molto legato a questo territorio, non fosse per i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni... Mi sento un po’ come il ragazzo della via Gluck - racconta - Una sera mi sono addormentato in una zona piena di verde e il giorno dopo ero in mezzo al cemento. Sono state costruite troppe abitazioni, con pochi parcheggi, con i conseguenti problemi legati alla viabilità.” Francesco è laureato in scienze informatiche e ha da poco iniziato l’attività di lavoratore autonomo nel campo dell’assistenza ai computer. I genitori, Paolo e Gigliola, hanno visto ancora di più i mutamenti, in alcuni casi anche migliorativi, avvenuti nella zona. La nonna, la signora Giovanna Guidi, 81 anni, racconta dei sacrifici e della grande famiglia patriarcale con a capo il nonno. Si lavorava sodo e i momenti
di svago consistevano nel ritrovarsi, amici e parenti, in una o nell’altra casa, a far musica con l’organetto e a ballare. Fino agli anni Novanta qui c’era una trentina di case, non di più. Oggi, invece, le famiglie sono circa ottocento. Giovanna ricorda quando “ai bordi della via, che non era asfaltata, c’erano i fossi e il bosco delimitava i poderi. A vivere qui erano soprattutto contadini che coltivavano il grano.” Ma sono soprattutto i più giovani ad avere il ricordo di una vita che, a fotografarla, sarebbe stata: terra, corse in bicicletta, prodotti agricoli portati al mercato, poche cose, poche case, vita di campagna semplice. Paolo Pozzi, classe 1954, figlio di Giovanna e padre di Francesco e Stefania, fa parte della generazione di mezzo. “Andavamo a scuola e a catechismo a San Martino in Riparotta - racconta - Allora il prete era don
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In alto, Dario Panebianco con la moglie Giusi Palazzolo e i bimbi Sara e Alberto A fianco, da sinistra: Fabio e Silvia, Leo Poli e Giuseppe Perazzini Nella pagina accanto, la via Turchetta oggi
Natale Brighi, che tutti chiamavano “don Nient”, perché era così piccolo da parere un niente.” I ricordi si mescolano ai discorsi più attuali su cosa si potrebbe fare per render più bella questa zona che in tanti, in questi anni, hanno cercato di migliorare (anche gli stessi Pozzi insieme ad altri residenti) con battaglie come quella per far arrivare l’autobus almeno negli orari di scuola. In fondo alla via, gruppi di residenti - come Fabio e Silvia Bianchi che hanno avuto da poco la loro bellissima bimba, Leo Pari e la sua famiglia, Giuseppe Perazzini detto Arrigo che aveva un negozio e ancora tiene i fili di tante relazioni, sempre disponibile a dare un saggio consiglio - insieme ad altri, più volte si sono incontrati con gli uffici competenti per i cambiamenti della viabilità in seguito alla chiusura dell’uscita/ingresso sulla statale. C’è molta voglia anche di punti di ritrovo. Dario Panebianco ha trentacinque anni ed è di origine palermi-
tana. Vive qui da circa cinque anni. “Avendo due figli piccoli e frequentando la parrocchia, mi sono reso conto che molte famiglie avevano bisogno di un posto dove portare i bambini a giocare. Quale migliore luogo del parco già esistente nella nostra via?” Vi sono stati alcuni incontri con la pubblica amministrazione per chiedere la sistemazione del parco che, soprattutto quando piove, è difficilmente accessibile a causa delle ampie pozzanghere. Ma è anche privo di giochi, di adeguata illuminazione e di attrezzature che lo rendano fruibile. La speranza dei residenti è che venga sistemato. È stato proprio il parco a far incontrare Marta e Fiorenza. Romagnola la prima, originaria di Pescara la seconda, hanno in comune la passione per gli amici a quattro zampe. Mia e Sissi, i loro cani, l’occasione per una passeggiata al parco, due chiacchiere e la scoperta di interessi comuni. “Ci vorrebbe anche un’area sgambamen-
to per i cani”, aggiungono coralmente. E sono d’accordo nel definire il quartiere, nonostante tutte le problematiche, “una zona tranquilla in cui, anche grazie al nostro gruppo nato intorno al parco, si sta creando una rete di solidarietà, dove se hai bisogno di qualcosa chiami quella persona che sta qualche casa più in là e che ti potrà dare una mano”. Anche don Danilo, parroco di San Martino in Riparotta, concorda sul fatto che, sebbene lentamente, si stanno creando relazioni. “Le tante persone che sono arrivate ad abitare nella via frequentano la parrocchia coi loro bambini e spesso hanno una religiosità tradizionale. Impiegati, operai, pescatori, bagnini, commercianti, per lo più di classe media. Persone che hanno acquistato la casa qui per abitarvi”. Una zona residenziale per famiglie, ma anche per singoli. Con molte attese, progetti e una grande voglia di nuove relazioni volte ad instaurare una rete di buon vicinato.
informazione istituzionale
Romagna terra delle Acque È un 2013 ricco di novità importanti per Romagna Acque-Società delle Fonti spa, la società a totale capitale pubblico che possiede e gestisce tutte le fonti idropotabili della Romagna. Il 17 maggio, alle porte di Ravenna, è stata posta la prima pietra del nuovo potabilizzatore che entrerà in funzione nel 2017. Intanto, nell’intero territorio si susseguono le inaugurazioni di nuove “Case dell’Acqua”: dopo quelle inaugurate a marzo a Dovadola, Montiano e Cesena, agli inizi di maggio è stato tagliato il nastro di quella di Verucchio, e a breve ne verranno inaugurate altre due a Rimini (una in via Euterpe e l’altra al Villaggio Primo Maggio), una a San Vito di Santarcangelo ed una fra Poggio Berni e Torriana. Lo stato delle attività dell’azienda, oltre che la situazione idropotabile dell’intero territorio romagnolo, si può verificare quotidianamente sul rinnovato sito internet della Società, all’indirizzo web www.romagnacque.it Di questo ed altro abbiamo parlato con Tonino Bernabè, vicepresidente della Società. Qual è oggi la situazione dell’acqua in Romagna? L’acqua è un bene fondamentale per la vita e, per questo, non commercializzabile. Occorre sostenere le fasce economicamente deboli della popolazione affinché non debbano privarsene. Le diverse comunità locali, assieme agli Enti Locali e alle Aziende impegnate nella problematica idrica, anche nei prossimi anni dovranno continuare a tenere un approccio propositivo, tenendo conto: - delle tre crisi idriche succedutesi nel bacino romagnolo dal 2007 ad oggi, delle problematiche meteo climatiche che alternano annualità siccitose con stagioni estive dense di ondate di calore (nel 2011 abbiamo avuto otto ondate di calore), ad annualità ricche di pioggia. Fenomeni metereologici, questi riferibili ad un clima tropicale; - delle problematiche collegate ai fabbisogni irrigui e industriali;
Sotto, Tonino Bernabè vicepresidente di Romagna Acque-Società delle Fonti, assieme al sindaco di Verucchio Giorgio Pruccoli
- del nuovo metodo tariffario attualmente oggetto del confronto fra l’Autorità nazione per il gas, l’energia e l’acqua (AEEG) e i diversi livelli amministrativi e gestionali della risorsa idrica; - della buona gestione e programmazione, che può avvenire solamente generando economie di scala, con organizzazioni efficienti; - del fatto che anche l’AEEG riconosce la copertura totale dei costi sostenuti (costi operativi, efficientamento gestionale - organizzativo e delle manutenzioni di reti e impianti, ammortamenti per investimenti su opere già pianificate da riconoscere dopo la realizzazione delle opere e a conclusione dei collaudati tecnici, oneri finanziari riferiti al capitale investito e oneri fiscali), senza alcun utile in aggiunta; - della necessità di forti investimenti sia nell’idrico che sui reflui, necessari per garantire il mantenimento degli standard
europei, dai quali, la maggior parte dei territori, è in questo momento distante e, tale ammontare, è oggi calcolabile in circa 65 miliardi di Euro nei prossimi venti anni. Come sta operando Romagna AcqueSocietà delle Fonti? Romagna Acque sta affrontando la problematica riferita ai propri costi energetici investendo in fonti rinnovabili, come il fotovoltaico e l’idroelettrico, così da poter progressivamente abbattere la variabile dei costi riferiti al sollevamento e al pompaggio dell’acqua da falda, tendendo progressivamente all’autosufficienza e all’autoproduzione. Stiamo inoltre lavorando assieme all’Università di Bologna - Dipartimento di Ingegneria Idraulica, per monitorare e misurare gli apporti idrici nelle varie fonti territoriali, a partire da Ridracoli (che è tuttora il principale bacino della Romagna) nelle diverse annualità, così da prevenire situazioni di crisi straordinarie o limite. Occorre allora conciliare la garanzia pubblicistica, con la buona ed efficiente gestione, sia sul piano economico operativo, che sulla realizzazione degli investimenti nel servizio idrico integrato, monitorata e verificata peraltro, sia dai nostri Comuni Soci, sia da AEEG. Ridurre le dispersioni produttive e gestionali, efficientare l’organizzazione e le gestioni, amministrare in maniera corretta il buon utilizzo ed il mantenimento della risorsa idrica, ridurre le perdite di rete e realizzare investimenti in grado di proteggere l’area romagnola, sia nei momenti di crisi che di abbondanza. Oggi l’approvvigionamento idrico del territorio è al sicuro? Con la Società delle Fonti abbiamo raggiunto la sicurezza dell’approvvigionamento idrico della Romagna, mettendo a sistema Ridracoli e l’Acquedotto della Romagna, con le diverse Fonti Locali superficiali e sotterranee. E il nuovo potabilizzatore ravennate, che andrà in funzione nel 2017 e attinge acqua dal CER (quindi dal Po), potrà garantire all’intero territorio un fabbisogno annuale di circa 20 milioni di metri cubi: in pratica, più di un terzo di quello che proviene da Ridracoli: la prima fondamentale conseguenza sarà quella di poter garantire il
fabbisogno al territorio senza gravare sulle falde sotterranee, con un grande vantaggio ambientare, soprattutto nel riminese. Dovremo ora pensare, come bacino romagnolo, a come raccogliere nei momenti di maggior piovosità, quel sovrappiù di acqua che oggi tracima da Ridracoli, per invasarlo e renderlo così disponibile nei momenti di scarsità della risorsa legata all’invaso di Ridracoli. La buona collaborazione avuta sino ad ora con i nostri Enti Soci (i Comuni e le tre Province Romagnole), il gestore Hera (con cui abbiamo funzioni diversificate ma complementari, la raccolta, potabilizzazione e distribuzione di acqua nella rete principale Romagna Acque, la distribuzione e gestione del servizio alle utenze domestiche Hera) e con le diverse società degli Asset locali (Unica Reti, Amir e Sis), ci permette di programmare il futuro con serenità, ma consapevoli del lavoro che ci attende.
Distribuzione prevista in Romagna con il NIP2 a regime (2017)
NIP RAVENNA
FONTI LOCALI RAVENNA
produzione annua
produzione annua
11,68
00,00
I valori della tabella sono espressi in milioni di metri cubi RAVENNA
consumo annuo
35,19 FONTI LOCALI FORLI’ produzione annua
4,61
FORLÌ-CESENA consumo annuo
34,58
NIP2 RAVENNA
produzione annua
15,00
RIMINI
consumo annuo
39,34
DIGA DEL CONCA
produzione annua
00,50
DIGA DI RIDRACOLI
produzione annua
56,56 FONTI LOCALI CESENA produzione annua
00,50
FONTI LOCALI RIMINI produzione annua
22,21
Il nuovo potabilizzatore di Ravenna
Società delle fonti
66| SPORTIVI DI CASA NOSTRA
Nel caldo
abbraccio dell’acqua di Maria Cristina Muccioli | foto Nicola De Luigi
In questo numero, dedicato all’acqua, la straordinaria esperienza sportiva di Alessandro Brocculi, pallavolista e apneista viserbellese.
“L’acqua diventa il mio ambiente. Nessun rumore, né gravità. Tutto diventa fluttuante…” Questa dichiarazione d’amore verso l’elemento liquido viene da un campione riminese. Alessandro Brocculi, 36enne dal fisico statuario, sposato con Chiara e padre di una bellissima bimba, che dal 2004 vive a Viserbella. Sportivo da sempre, Alessandro è un atleta “a vasto raggio”. Ha iniziato da ragazzino, dedicandosi per dodici anni all’atletica leggera. Prima come velocista, poi come saltatore, con predilezione per il salto in lungo. Diplomato I.S.E.F., è specializzato in Posturologia e Kinesiologia. Attualmente insegna ginnastica posturale, educazione respiratoria e tecniche di rilassamento autogeno in una palestra riminese. Dopo il servizio militare, Alessandro ha lasciato l’atletica per la pallavolo. Oggi gareg-
gia nella “San Giuliano Volley”, con base nella palestra del liceo Serpieri di Viserba, squadra che ha vinto due titoli italiani nel campionato CSI (nel 2010 e nel 2012), mentre nel 2011 si è piazzata al terzo posto. Applausi al pallavolista, dunque. Ma la disciplina per cui Alessandro ha attirato la nostra attenzione e che lo annovera nei primi posti a livello nazionale è un’altra, decisamente poco nota al grande pubblico: si tratta dell’Apnea agonistica. Negli ultimi campionati italiani, disputati a San Marino il 17 marzo, nella “categoria élite” dell’Apnea Dinamica con attrezzi (DYN) Alessandro si è piazzato all’ottavo posto, toccando il traguardo dei 150 metri. Poco? Beh, non dimentichiamo che quelle tre vasche sono state percorse restando sempre sott’acqua, senza respirare neppure una volta… Chi non ha mai provato la sensazione di un caldo abbraccio dal sapore materno che dà l’immersione completa del corpo in una piscina o nel mare calmo? Ricordi della vita prenatale, direbbe la psicanalisi. Si tratta di un grande sforzo fisico e mentale, che necessita di tanta concentrazione. “Con la mente vince il corpo, ed è campione”, ha titolato di recente un quotidiano locale. “La prima parte del percorso è relativamente facile - spiega Alessandro - Il momento critico, infatti, arriva con le prime contrazioni di diaframma (più o meno a metà percorso), riflesso che il cervello attiva quando la ‘fame d’aria’ comincia a farsi sentire e i livelli di anidride carbonica salgono vertiginosamente. L’allenamento costante, che svolgo allo Stadio del Nuoto di Riccione, mi permette di dominare e gestire questa fase critica senza arrecare danni al fisico. Sono attimi in cui la componente psicologica assume un aspetto che definirei ‘devastante’:
68| SPORTIVI DI CASA NOSTRA
foto Davide Brocculi
devi saper decidere quand’è il momento di fermarti spingendoti oltre il più possibile e riemergere senza correre il rischio di sincope. Il tutto si svolge sotto l’occhio attento dei giudici di gara e di due ‘angeli custodi’ immersi in piscina. A garanzia della regolarità della competizione, ma anche della sicurezza dell’atleta.” Oltre alla dinamica pinnata, l’Apnea agonistica annovera pure la disciplina del nuoto a rana (DNF), dove il nostro campione, nella medesima gara, si è classificato sesto a livello nazionale con la misura di 126 mt. Nel 1896 l’apnea era stata inserita fra gli sport olimpici, nelle prime olimpiadi moderne di Atene. “Eliminata pochi anni dopo - dice Alessandro perché ritenuta non molto spettacolare, questo perché avveniva in mare e laghi dove non era possibile osserva-
re l’atleta durante la competizione.” In effetti, più che a una gara sembra di assistere ad una sessione di rilassamento e benessere, dove la disciplina, indispensabile per ogni sport, c’è, ma non si vede. Un’idea più precisa, per chi non avesse mai assistito a questo tipo di gare, la si può avere guardando i filmati del nostro atleta caricati su Youtube (DNF http://youtu. be/hMoMTvBHMgk e DYN http://youtu.be/4lfsi695qZk). Pur amando gli sport acquatici da sempre (è istruttore di nuoto, istruttore di apnea e ha il brevetto di salvataggio), Alessandro ha iniziato ad immergersi a fini agonistici da meno di tre anni, bruciando subito le tappe, definite dalle lunghezze nei due diversi stili, che altri percorrono in circa sei-sette anni. Nell’ordine: esordienti, terza categoria, seconda, prima. Fino
a giungere il top, quella “élite” in cui Alessandro gareggia e miete successi: Campione Italiano di prima categoria nel 2012, Campione Regionale nel 2013, anno in cui ha conquistato, come già detto, anche l’ottavo posto nel pinnato (DYN) e il sesto nella Rana (DNF). E scusate se è poco… Ci si permetta una constatazione finale: nel tempo occorrente per leggere questo articolo, dalla prima all’ultima parola, qualsiasi persona normale ha respirato forse centinaia di volte. Lui, no: Alessandro è ancora lì, determinato a non arrendersi, che resiste… senza respiro.
Nella pagina precedente, Alessandro in posa durante un servizio fotografico a cura di Nicola De Luigi Sotto, in piscina
69| SPORTIVI DI CASA NOSTRA
“Riccio” prodigio su due ruote
di Marzia Mecozzi | foto archivio famiglia Mingardi
Lo chiamavano ‘prodigio’, ‘Coppi in miniatura’, ‘Mozart del pedale’. I giornali degli anni Cinquanta titolavano col suo nome colonne di entusiastici commenti sportivi, fra iperboli e generale stupore. Questa è la storia incredibile, ma vera, di un bambino dalla forza straordinaria, che ha frequentato i più grandi della storia del ciclismo, che, sulle sue piccole ruote, ha sfidato le leggi della dinamica e le convenzioni sociali. Maurizio Mingardi, detto ‘Riccio’, a più di sessant’anni da quei giorni memorabili, rivive le imprese, il successo, l’inizio e la fine di una carriera tanto breve quanto intensa ed emozionante. Lui è stato il più piccolo ‘stayer’ del mondo, all’età di 6/7 anni era in grado di correre ‘dietro motori’ fino a 68 km orari e poi svolgere la sua gara (5 km in pista) alla media dei quarantadue. Erano gli anni Cinquanta, quelli di Coppi e Bartali, al Velodromo Vigorelli di Milano, sul circuito in cemento del Velodromo Benelli di Pesaro, sulla
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pista in terra battuta del Polisportivo Moretti di Udine, Riccio “sbalordisce gli sportivi del pedale durante gare in cui si cimentano anche i campionissimi. Bartali, Frosio, Ghella…” Maurizio, che è nato a Bologna nel 1944 e ha sempre vissuto a Viserba, sembrava essere nato in bicicletta! “Mia madre mi ha sempre raccontato che a diciotto mesi, quando camminavo appena, riuscivo a stare in equilibrio sulla mia biciclettina senza le rotelle che di solito usano i bambini piccoli - ricorda Maurizio - segno che c’era in me un legame speciale con questo gioco… Che presto non è più stato un gioco.” Fra i tanti ritagli dei giornali di allora, gelosamente conservati e raccolti in un vecchio album di pelle marrone, si legge: “la fama di ‘Riccio’ ha ormai da tempo varcato i confini e ogni giorno al settenne campione destinato, a detta dei tecnici, ad oscurare presto la celebrità dei Coppi e dei
Bartali, arrivano lettere da ogni paese del mondo, persino dall’Australia e dall’America. In questi giorni ha scritto a Riccio anche il patron del Giro di Francia, ‘monsieur’ Goddet, onorato di averlo al tour come mascotte.” Le manifestazioni, se lo contendono, le riviste gli dedicavano copertine, e lui sorridente posava per reclame e servizi fotografici. Tutti i proventi delle partecipazioni, come si legge a chiare lettere nei sottotitoli degli articoli, venivano devolute in beneficenza ai bambini poveri, ai mutilati, alle varie associazioni benefiche, “perché - dichiarava papà Guerrino - il mio figlioletto non intende arricchirsi con questo dono di natura elargito dal buon Dio.” Nonostante ciò l’UVI (Unione Velocipedistica Italiana) non gli permise mai di entrare a far parte della federazione e anzi squalificò a vita il suo allenatore per aver fatto esibire in pubblico, a scopo di lucro, un
bambino dal fisico non ancora temprato a sforzi del genere. Al veto di far correre ragazzi che non avessero ancora raggiunto la maturità fisica, si aggiungeva l’avvallo della Federazione Italiana dei Medici Sportivi. Si levarono proteste da ogni parte del globo, l’opinione pubblica si divise fra coloro che giudicavano immorale fare di un bimbo così piccolo un ‘fenomeno’ per il divertimento del pubblico e coloro che ritenevano giusto dare al ‘Mozart del pedale’ la possibilità di esibirsi, dato che lui era felice e orgoglioso di farlo. “Ero sotto controllo dei medici costantemente e devo dire che non ci sono mai stati problemi di nessun tipo. - dichiara Maurizio - Il mio fisico rispondeva con facilità all’allenamento e lo sforzo della gara non mi ha mai provocato disturbi.” L’allenamento consisteva nel farsi ottanta chilometri al giorno, nell’entroterra romagnolo, con il suo allenatore Scandellari, gruppi di di-
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Nelle pagine precedenti, il piccolo campione Maurizio Mingardi detto “Riccio”, durante le esibizioni di gare A fianco, con la moglie Anna Sivieri
lettanti e persino con il famoso Vito Ortelli. A volte, di ritorno dai lunghi percorsi sulle non facili strade della Romagna, Vito se lo caricava sul cannone trascinandosi dietro anche la sua biciclettina! Fra i principali sostenitori del campioncino ci fu il noto allenatore meccanico di Elia Frosio, il belga Van Ingelgen. Questi, sollecitato da alcune case industriali milanesi, un giorno decise di mettere alla prova il piccolo fenomeno. Si legge che “per nulla turbato dal nome altisonante del suo famoso compagno di coppia, il pulcino del ciclismo italiano si pose con la ruota alla macchina del mezzo pilotato dal campione e cominciò a mulinare le gambe. Dice ancora oggi (maggio 1952) Van Ingelgen che quel pomeriggio trascorso insieme a Riccio sulla pista del Vigorelli resta per lui come uno degli episodi più incredibili della sua carriera,
indimenticabile. Ripete di essere rimasto letteralmente stupefatto dalla temerarietà del piccolo che egli giudicò fin da quel momento in grado di disputare prove contro chiunque… “ Anche i grandissimi tifavano per lui e chi lo conosceva era pronto a giurare che svolgesse le sue performance senza esagerare, che, semplicemente, fosse straordinariamente dotato e quindi diverso da qualsiasi coetaneo. Costante Girardengo, interpellato su Riccio rispondeva “il ragazzo ha tutti i numeri per diventare un grande campione.” Antonio Bevilacqua paragonava il suo stile a quello di Alfredo Binda, campione del giro di quell’anno, e nella collezione di ritratti autografati anche gli indimenticabili Fausto Coppi, Gino Bartali, Elia Frosio, Mario Ghella… lo salutavano ‘con amicizia’. Poi, così com’era iniziata, la storia finì. Ma come finì? Per
via della squalifica? “No, finì il giorno che morì mio babbo. - dice Maurizio - Ero troppo piccolo per essere preso sotto tutela da qualche allenatore, c’erano polemiche con la federazione ciclistica, con quella dei medici sportivi… era una strada in salita. E poi, succede così, entrare nel ‘giro’ è difficile, uscire facilissimo, basta non partecipare più e in poco tempo ti dimenticano. Rammarico? “No, non ricordo rammarico, né nostalgia, né desiderio di tornare a quella vita. Forse avevo finalmente bisogno di tanto riposo e di giochi veri, coi miei coetanei, in strada a sfidarsi ai quattro cantoni. Basta bicicletta! E non ci ho ripensato più. Il mio sport della maturità è stato il tiro al piattello, in cui ho vinto tante gare e mi sono distinto come tiratore… Insomma, sono uno che quando si impegna lo fa per vincere!”
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Viserba Volley
una splendida realtà sportiva
foto Gianluigi Pagliarani
di Paola Albini
Il Viserba Volley è la prima società della provincia a vincere la serie B1.
Sopra, la prima squadra femminile, che ha vinto quest’anno il campionato nazionale di serie B1 Nella pagina accanto, la squadra femminile Under 14
A Viserba “pallavolo” si traduce “Viserba Volley”. La società romagnola, che proprio quest’anno festeggerà il suo quarantennale, è nata dall’inventiva di due viserbesi doc: Paolo Stefanini, storico presidente del sodalizio e Valter Rinaldi, maestro di sport, che ci ha lasciato prematuramente. Società profondamente radicata nel territorio, ha mantenuto negli anni il suo ruolo di ambasciatrice della località romagnola, portando in alto in Italia e nella nostra regione il nome di questa ridente cittadina. Viserba Volley è, infatti, sinonimo di pallavolo a vari livelli: dalla Serie B1 nazionale (terzo campionato in Italia), fino al minivolley, che vede protagonisti i
bimbi dai 6 anni di età. Come sempre voluto da Valter, questa società ha un’attenzione particolare per i giovani, per lo sport e l’educazione delle nuove generazioni. Orde di giovani atleti della provincia hanno indossato la prestigiosa maglia di questa società, per poi spiccare il volo ed affermarsi non solo nello sport ma soprattutto nella vita. Ed il legame con il Viserba Volley, per la maggior parte di essi, non si è mai sciolto ed ora a vestire quella maglia sono i loro figli ed alcune volte i loro nipoti (Stefanini docet). Nel covo della Palestra Rinaldi, i nostri giovani crescono, imparano e si divertono, frequentando un ambiente in cui si respirano i
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sani valori. E con l’impegno che ci contraddistingue arrivano anche i risultati sportivi. Inutile elencare tutti i titoli conquistati in questi decenni, ci fa piacere però ricordare che da tre anni, il Viserba Volley, è Campione Provinciale Under 14 (mentre scriviamo la squadra sta disputando le finali regionali), Campione Under 13 in carica e la prima squadra è in testa al suo girone nel campionato nazionale di serie B1 e disputerà i playoff per la promozione in A2. E forse proprio la posizione in classifica, oltre all’impegno dei dirigenti viserbesi, hanno risvegliato l’interesse dell’imprenditore marchigiano Battistelli che ha voluto legare il nome della sua azienda, leader nella produzione di compressori, alla squadra romagnola. Ma l’attività del Viserba Volley non si esaurisce all’interno delle pa-
lestre perché la società continua a “fare pallavolo” anche d’estate. Sulla spiaggia di Playa Tamarindo, nel cuore di Viserba, a partire da metà giugno, prenderanno il via i corsi estivi, dove sotto la guida attenta dei nostri allenatori i giovani impareranno anche a giocare a beach volley. Un altro modo per coniugare la passione per il nostro sport e per la no-
stra località. Dal 1973, quando la squadra si allenava alle nove di sera nel campo da calcio di Viserbella, ne è passata di acqua sotto i ponti! Ma lo spirito e l’impegno sono rimasti gli stessi. Così come la voglia di divertirsi e stare insieme che contraddistingue la nostra gente.
La nascita del Viserba Volley, raccontata da uno che è sempre stato presente: Paolo Stefanini Come ogni storia che si rispetti tutto ha avuto un inizio. La nostra è iniziata il 3 settembre 1973. Io e Valter stavamo festeggiando il suo compleanno nella nostra tana: il bar di Tete ed Antonio a Viserbella. Davanti ad un buon bicchiere di vino rosso (se la memoria non mi tradisce si trattava di un ottimo Chianti) decidemmo che restare a giocare nell’allora Virtus Viserba non ci soddisfaceva più e Valter con la sua solita determinazione mi disse: fondiamo una nuova società! Ci sembrò la cosa più naturale e semplice di questo mondo e con l’incoscienza e la forza che ci derivava dalla nostra giovane età cominciammo il nostro cammino. Le riunioni della nuova società che chiamammo ”Unione Sportiva Pallavolo Viserba“ si tenevano nel garage di casa mia. Mangiavamo e bevevamo l’impossi-
bile! Lunghi ed estenuanti tornei di briscola e tresette ci tenevano svegli fino all’alba e sempre parlavamo dei nostri sogni. Quando saremmo diventati una grande Società ed una grande squadra... ma assieme ai sogni arrivarono subito i problemi: soldi. Io lavoravo già in banca e chiesi un prestito di 500 mila lire che doveva essere rimborsato mensilmente da tutti i componenti della squadra. Mi versarono la prima rata, le altre... le devo ancora riscuotere! Problema da poco, questo ed altro per amore del Viserba. Purtroppo però quel piccolo prestito iniziale è cresciuto e si è moltiplicato negli anni e come mi diceva sempre la mia povera mamma, la dolce Nerina: “Paolo se quella volta invece di metterti in quel gioco stupido con la palla, andavi a fare una bella corsa a marina, non era un cavolo
meglio?” Non ho mai avuto il coraggio di risponderle. Tratto dalla storia del Viserba Volley
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Divertimento su terra rossa di Ruggero Testoni
Rimini Nord possiede spazi sportivi attrezzati per tutti i gusti. Da questo numero inizia il nostro viaggio alla loro scoperta.
Il complesso sportivo di Viserba monte, dove ha sede il Centro Tennis Club
La qualità e lo stile di vita dipendono anche dalle strutture sportive che il territorio possiede e quindi dalla possibilità di praticare, fin da bambini, attività sportiva in ambienti qualificati, coinvolgenti e professionali. Una delle eccellenze sportive di Viserba è il Centro Tennis Club di via Marconi, nato come circolo nel 1968, fondato da un gruppo di appassionati di tennis su due campi comunali, e trasformatosi poi in Associazione Dilettantistica Sportiva Tennis Viserba nel 1979. Oltre quarant’anni di storia e una crescita progressiva, tanto da annoverare nelle dimensioni attuali quattro campi da tennis in terra rossa e quattro campi da beach tennis con ampie e moderne coperture nel periodo invernale, dove vengono
organizzati, e seguiti da qualificati istruttori F.I.T., stage interni al club, preparazione atletica ed allenamenti in base alle specificità dei singoli gruppi, dando vita tutto l’anno ad una intensa e qualificata attività. La scuola tennis, fra le più importanti e seguite del territorio romagnolo, annovera molti giovanissimi praticanti nel settore S.A.T. ed agonistico, è impegnata a trasmettere la disciplina sportiva fra i giovani sulla base dei programmi dalla Federazione Italiana Tennis. L’impegno sportivo si allarga agli adulti nel settore agonistico e non, programmando vari tornei sociali, regionali e nazionali F.I.T. meritandosi già dal 2011 l’assegnazione di un torneo internazionale femminile, OLARAGA Cup, che im-
pegnerà anche quest’anno gran parte degli impianti nella terza decade di luglio. La sezione beach tennis, ultima entrata nel novero delle attività ed affidata a ben conosciuti maestri in diversi corsi differenziati, ha già riscosso notevole successo all’interno e fuori dal territorio. Il Centro Tennis Club, immerso nel verde, con bar caffetteria ristorantino e comodo parcheggio ombreggiato è il luogo ideale per momenti sportivi e di relax. Per informazioni: Associazione Sportiva Dilettantistica Circolo Tennis Viserba Via Marconi, 78 - 47922 Viserba di Rimini tel. 0541.738584 - fax 0541.449536 E-mail: ctviserba@libero.it www.ctviserba.it
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