LE NOSTRE PROPOSTE SULL’ENERGIA Sintesi del problema: l’emergenza del caro bollette Le principali cause dell’aumento del prezzo del gas sono: §
l’aumento della domanda: i) il gas, in quanto energia di transizione, viene utilizzato di più a discapito di altre fonti energetiche; ii) maggiore domanda fuori dall’UE, in particolar modo dall’Asia (uscita prima di noi dal lockdown); iii) arrivo della stagione invernale;
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la diminuzione dell’offerta causata da tensioni internazionali con Russia, Ucraina, Libia e Algeria.
I principali effetti negativi dell’aumento del prezzo del gas sono: §
l’aumento dei costi di produzione per aziende gasivore;
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l’aumento del costo dell’energia per le famiglie (circa 11 miliardi secondo il Confcommercio) e le imprese (circa 35-37 miliardi di euro secondo Repubblica e Il Sole 24 Ore). Per molte imprese tale aumento di costo è insostenibile.
1. Proposte di breve periodo per famiglie e imprese In questa sezione vengono descritte le proposte di breve periodo finalizzate a mitigare gli effetti negativi dell’aumento del gas e dell’energia sulle imprese e sulle famiglie. 1.1 Utilizzare proventi ETS per ridurre il caro bolletta delle famiglie L’utilizzo dei proventi delle aste ETS è disciplinato dalla direttiva europea 2003/87/CE e dal decreto legislativo 47/2020. La direttiva europea stabilisce che ogni Stato membro può utilizzare liberamente il 50% dei proventi (anche se gli stati sono invitati ad utilizzarli comunque per finalità green), mentre il restante 50% è vincolato a finalità ecologiche individuate dalla direttiva stessa. Il Governo italiano ha scelto di destinare il 50% dei proventi di libero utilizzo al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, mentre il restante 50% è stato diviso tra Mite (70%) e Mise (30%) per le attività individuate dalla direttiva europea. Parte dei proventi del 2021 sono stati utilizzati dal Governo nel Decreto bollette per calmierare il prezzo delle bollette elettriche, insieme ad altri fondi stanziati appositamente. In particolare, tali proventi, la cui destinazione è vincolata, sono stati utilizzati per ridurre gli oneri generali di sistema (circa il 30% della bolletta), in quanto uno degli scopi di questi oneri è il sostegno della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Nel decreto bollette è stato previsto anche l’abbassamento dell’IVA sul consumo di gas al 5% (prima era il 10% o il 22% in base al consumo). Con la manovra 2022 le misure del Decreto bollette sono state estese al primo trimestre del 2022 senza utilizzare i proventi degli ETS. La nostra proposta è di prolungare queste misure per le famiglie e le piccole imprese anche per gli altri tre trimestri del 2022, utilizzando i proventi degli ETS vincolati (MISE/MITE) e non vincolati (MEF): § §
la misura costerebbe circa 950 milioni a trimestre, per un totale di 2,8 miliardi nei tre trimestri rimanenti del 2022; si stima che i proventi della vendita degli ETS per il 2022 sia pari ad almeno 2,8 miliardi di euro.
1.2 Mettere a disposizione delle imprese una parte delle scorte strategiche di gas a prezzi calmierati L’Italia ha una riserva strategica di gas pari a circa 5 miliardi di metri cubi. Stando ai dati ARERA, le industrie usano complessivamente circa 10 miliardi di metri cubi l’anno per le loro attività di produzione. Per alleviare gli effetti negativi del rialzo dei prezzi del gas sulle imprese, la nostra proposta è di vendere parte del gas della riserva strategica a prezzo di costo, per abbassare il costo medio complessivo di gas per le imprese. L’accesso alla riserva strategica è regolamentato dal D.M. 26 settembre 2001, che stabilisce i tre casi in cui si può attingere dalla riserva, su espressa autorizzazione del Mise: (i) interruzione o riduzione delle importazioni da Paesi non appartenenti all'Unione Europea; (ii) interruzione o riduzione delle importazioni da Paesi appartenenti all'Unione Europea ed emergenze sulla rete nazionale dei gasdotti; (iii) stagione invernale globalmente fredda. Considerata la diminuzione di gas proveniente dalla Russia, la situazione attuale potrebbe rientrare nella casistica (i). Per non attingere eccessivamente dalla riserva, una proposta alternativa è di utilizzare questo meccanismo per smussare i picchi di prezzo, immettendo il gas nel mercato al prezzo di costo esclusivamente nelle situazioni di un rialzo dei prezzi anomalo, per assicurare ai produttori un prezzo costante nel tempo. In ogni caso, l’utilizzo delle riserve va fatto con un’accorta pianificazione temporale per evitare di rimanerne privi in caso di condizioni metereologiche particolarmente sfavorevoli. 1.3 Tassare parte degli extra profitti Il meccanismo di formazione del PUN genera un unico prezzo per tutta l’energia indipendentemente dalla fonte di produzione: chi importa energia nucleare o produce energia tramite fonti rinnovabili, in particolare il grande idroelettrico, continua ad avere gli stessi costi che risultavano remunerati quando il PUN era di 55 €/MWh (media degli ultimi 10 anni), ma riesce a vendere al prezzo unico che è aumentato di 4-5 volte, a causa del prezzo del gas e del maggior costo della CO2. Proponiamo di tassare gli extraprofitti di chi sta vendendo energia ad un PUN molto alto in assenza di un aumento dei costi (es: energia rinnovabile o importata) per ridurre il costo delle bollette dei privati e delle imprese senza gravare sulle casse dello Stato. Si specifica che la misura dovrebbe escludere tutti i produttori di energia che vendono tramite Power Purchase Agreements o comunque senza utilizzare il PUN (circa 1/3 dello scambio di energia). In particolare, si stima che la quantità di extra profitti nel 2022, considerando solo le quantità negoziate in borsa, potrebbe superare i 10 miliardi. Una tassazione temporanea (per il solo 2022, eventualmente da estendere) di questi extraprofitti, con un’aliquota del 80%, produrrebbe un gettito di circa 8 mld, che sarebbe interamente impiegato per ridurre le bollette elettricità e gas di alcune tipologie di consumatori più in difficoltà. D’altra parte, i produttori beneficerebbero comunque di un prezzo di vendita maggiorato del 60% rispetto al PUN medio degli ultimi 10 anni (87 €/MWh anziché 55). La misura è in linea con quanto dichiarato da Draghi alla Camera: «É difficile pensare a una riflessione strutturale che non guardi ai profitti che le società hanno avuto, difficile non chiamare alla compartecipazione dei costi comuni chi ha maturato questi profitti» (Replica alle Comunicazioni in aula in vista del Consiglio europeo del 16-17 dicembre). Anche Giorgetti supporta la misura: «Credo che sia opinione condivisa all’interno del governo che gli extra-profitti di colore che, in relazione a questa situazione del tutto particolare, li stanno registrando
debbano in qualche modo contribuire alla fiscalità generale per intervenire nei confronti delle categorie che risultano più svantaggiate».
2. Proposte di medio periodo di sistema In questa sezione vengono descritte le proposte di medio/lungo periodo finalizzate a ridurre la volatilità causata dalla dipendenza dall’estero, incrementare la produzione energetica tramite fonti rinnovabili e conseguentemente ridurre il prezzo dell’energia. 2.1 Aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili Nel giugno 2021 il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) ha messo all'asta 1.582 MW di nuova capacità, ma ha ricevuto offerte dalle imprese energetiche per soli 98,9 MW. Alla fine dell'asta, è stato dato il via libera a progetti per appena 73,7 MW, meno del 5% della disponibilità totale. Le aziende energetiche non vogliono investire in nuovi impianti in Italia perché spaventate dai processi autorizzativi lunghissimi (5 anni in media): l’attuale procedimento autorizzativo per l’installazione di nuova capacità produttiva elettrica prevede l’ottenimento di un’Autorizzazione Unica (AU) tramite la presentazione di un lungo elenco di studi, permessi e nullaosta presso la Conferenza dei Servizi, un organo decisionale cui partecipano rappresentanti di autorità statali, regionali, provinciali e comunali addetti alla verifica e validazione (o eventuale respingimento) dei documenti presentati. L’ottenimento delle valutazioni di impatto ambientale (VIA) è la principale criticità all’interno del processo autorizzativo. I tempi medi per la concessione di procedimenti VIA sono di oltre due anni, con picchi di addirittura sei anni. Per incentivare la produzione di energia da fonti rinnovabili proponiamo una serie di iniziative volte alla riduzione delle barriere di accesso al mercato italiano: §
ridurre il numero di interlocutori in sede di Conferenza dei Servizi, così da ridurre i casi di conflitto nel processo decisionale che spesso rallentano l’iter;
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uniformare il processo autorizzativo su tutto il territorio nazionale, sia per quanto riguarda la documentazione da presentare, sia per le tempistiche, che devono essere certe e non superare i due anni, come previsto dalla Direttiva UE;
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affidare ad appositi uffici tecnici regionali la gestione dell’intera procedura, eliminando la dualità Regioni/Comuni, e finanziare la formazione e l’internalizzazione di competenze tecniche da parte di funzionari regionali addetti;
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abilitare la Commissione PNIEC ad attuare la procedura velocizzata di VIA per le valutazioni di impatto ambientale per progetti di interesse sia statale sia regionale;
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prevedere una procedura autorizzativa ridotta (sia amministrativa, che di valutazione di impatto ambientale) per gli interventi di repowering di impianti esistenti e obsoleti qualora l’intervento non preveda ulteriore occupazione di suolo, qualificandoli come “varianti non sostanziali” uniformemente sul territorio nazionale;
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prevedere procedure ridotte per gli impianti eolici offshore, in particolare quelli galleggianti, e di fotovoltaico in aree da bonificare, integrati con sistemi di accumulo. 2.2 Rilanciare la produzione nazionale di gas
Nel 2020 l’Italia ha prodotto circa 4 miliardi di metri cubi di gas, consumandone in totale circa 70, ciò significa che la quota di importazioni si è attestata al 95% circa. Occorre dunque aumentare la produzione nazionale di gas in modo da ridurre la dipendenza dall’estero (Russia, Libia, Algeria),
contenendo al tempo stesso le impennate del prezzo e riducendo le dispersioni di metano nell’atmosfera (cfr. Proposta 2.1). La nostra proposta, già riportata nel Next Generation, prevede incentivi per la sostituzione degli impianti a carbone con impianti a gas, in modo da raggiungere il phase-out totale del carbone entro il 2025, attingendo alle riserve di gas certe (45 miliardi di metri cubi) e avviando un nuovo piano di esplorazioni nel sottosuolo italiano. In Italia invece, tutte le attività di prospezione, esplorazione e ricerca di idrocarburi a terra e a mare sono state sospese dal 2018 a ottobre 2021 per la mancata approvazione del PiTESAI (Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee). L’aumento della produzione nazionale di gas comporterebbe inoltre un aumento delle royalties che potrebbero essere utilizzate per ridurre ulteriormente i costi della bolletta. 2.3 Riformare il meccanismo di attribuzione del prezzo per le energie rinnovabili Attualmente parte dei produttori di energia da fonti rinnovabili vendono sul mercato all’ingrosso utilizzando il PUN mentre quelli che hanno partecipato ad aste pubbliche per i “contingenti di capacità incentivabile” vendono la propria energia al prezzo stabilito con l’asta a GSE che successivamente la commercia sullo stesso mercato all’ingrosso tramite PUN. Tuttavia, il PUN non è uno strumento adeguato all’attribuzione del prezzo dell’energia proveniente da fonti rinnovabili o comunque con una quota minima di costi variabili. Al fine di ridurre il prezzo dell’energia provenienti da fonti rinnovabili per ridurre i costi per i consumatori finali e rendere le imprese energivore più competitive, la nostra proposta, oltre all’aumento della quantità offerta, è quella di riformare il meccanismo di attribuzione del prezzo. Tale nuovo meccanismo dovrebbe prendere in considerazione la vera curva dei costi di chi produce energia rinnovabile. Considerando il valore dell’investimento iniziale, la durata dell’impianto, i costi di manutenzione e i costi variabili prossimi allo zero, il prezzo a cui GSE compra l’energia da tutti i produttori (anche da quelli che utilizzano impianti che non godono di una tariffa attribuita da aste) potrebbe essere definito ex-ante in modo da garantire un profitto incentivante per l’investitore (es: 6%). I contratti possono essere stabiliti tramite aste al ribasso o tramite Power Purchase Agreements. GSE rivenderebbe poi l’energia alle famiglie e alle imprese tramite PUN o PPA utilizzando la differenza tra i ricavi e il costo minore dell’energia per ridurre gli importi in bolletta. 2.4 Modificare sistema di attribuzione delle royalties In Italia, chi estrae gas dal sottosuolo è tenuto al pagamento delle royalties. Attualmente, l’aliquota è pari al 10% del prezzo di mercato, sia per le estrazioni in terraferma che in mare. Sono esentate dal pagamento delle royalties le produzioni annuali di gas inferiori o pari a 10 milioni di Sm3 in terraferma e 30 milioni di Sm3 prodotti in mare. La norma è pensata per aiutare le piccole aziende, ma in realtà anche le grandi aziende possono beneficiarne se mantengono la produzione sottosoglia per ogni concessione. Nel resto d’Europa, le aliquote sono generalmente più alte: (es: 16-18% in Austria e Ungheria; 40% in Irlanda). L’aliquota al 10% porta molti produttori stranieri a venire ad estrarre in Italia per poi esportare il gas. Le nostre proposte sono di alzare l’aliquota delle royalty allineandola alla media europea e di eliminare le esenzioni sotto un certo volume di estrazione. Con queste modifiche, si avrebbe un aumento del gettito pari a circa 370 milioni l’anno (le stime di Legambiente prevedono un guadagno di 314,6 milioni grazie all’innalzamento dell’aliquota e un guadagno di 57 milioni di euro dall’eliminazione delle esenzioni). Si sottolinea che un aumento eccessivo delle royalties comporterebbe una riduzione della produzione di gas in Italia.