INTERVENTI NEL SETTORE INDUSTRIALE E DELL’ENERGIA
1) INVESTIMENTI PRODUTTIVI
INDUSTRIA 4.0
Punto di partenza
Quadro delle misure vigenti: Transizione 4.0 e 5.0
A fine 2025 termineranno sia il Piano Transizione 4.0 (che dal 2020 aveva succeduto Industria 4.0, introdotta dalla Legge di Bilancio per il 2017) sia il Piano Transizione 5.0.
A seguito delle diverse modifiche normative, nell’anno in corso, Transizione 4.0 comprende solamente:
- il credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati (beni “all. A”, ex Iper-ammortamento) con le seguenti aliquote: 20% sulla quota dei costi fino a 2,5 M; 10% 2,5 M - 10 M; 5% 10M -20M; 0% sulla parte eccedente 20 M. L’accesso al credito è dal 2025 subordinato a una procedura di comunicazione delle imprese al MIMIT al fine di garantire il rispetto del limite di spesa;
- il credito di imposta per gli investimenti in R&S che, limitatamente alle attività di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, resterà in vigore fino al 2031; cesserà invece nel 2025 l’incentivo per le attività di innovazione tecnologica, 4.0 e green.
Tuttavia, l’intensità del beneficio del credito per beni strumentali – ridotta dal 2023 – è largamente inferiore a quella dell’Iper-ammortamento del Piano Industria 4.0. A titolo esemplificativo, per un investimento da 50 M, il beneficio è pari a 1/101 : € 14,5 M vs € 1,5 M, come risulta dalla simulazione che segue.
Credito d’imposta per investimenti in beni materiali 4.0
1L’esempio si basa sulle seguenti assunzioni: aliquota di ammortamento fiscale: 14,29% (7 anni); tasso di attualizzazione: 5%%. L'impresa effettua l'investimento ed interconnette nello stesso anno d'imposta e riesce a compensare integralmente le quote di credito d'imposta maturate nell'anno.
Non sono invece più in vigore:
- il credito per i beni immateriali (software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni) connessi a investimenti in beni materiali «Industria 4.0» (c.d. “all. B”). La ratio di tale disposizione della Legge di bilancio 2025 non è comprensibile, in ragione del crescente rilievo delle applicazioni riconducibili all’intelligenza artificiale.
- il credito per le spese di formazione 4.0, già non rinnovato a partire dal 2023.
Anche il Piano Transizione 5.0, con una dotazione di 6,23 MLD, scadrà a fine anno; la sua attuazione resta incerta e legata alla potenziale accelerazione del tiraggio a cui sono funzionali le semplificazioni introdotte dalla legge di bilancio. Considerando che nei primi 3 mesi sono stati prenotati crediti d’imposta per 99 M (1,6% dei 6,23 MLD disponibili), l’assorbimento integrale delle risorse richiederebbe un tasso di spesa pari a 15 volte quello attuale.
Andamento della domanda nel settore della meccanica
Il settore delle macchine utensili nel 2024 ha registrato una riduzione del -3% sugli ordini interni e del -7% sugli ordini esteri. Nel IV trimestre una parziale ripresa sul mercato interno solo in parte ha invertito il trend di decrescita degli ultimi 2 anni (le consegne sono scese cumulativamente del 44% dal 2022)2. Rimangono incerte, se non negative, le prospettive della domanda estera e, in particolare, quelle relative ai primi 2 mercati di destinazione del settore: Stati Uniti (in relazione alle tensioni commerciali) e Germania. Il ruolo della domanda interna sarà perciò essenziale nel prossimo futuro.
Proposta di rilancio del Piano Industria 4.0
Ratio del Piano
Il rilancio degli investimenti 4.0 presenta i seguenti vantaggi:
a) incentivare l’acquisto di beni prodotti in larga parte dall’industria nazionale, con un effetto di attivazione simultaneo dal lato della domanda e dell’offerta, contribuendo al ciclo economico3;
b) favorire recuperi di produttività, riducendo il differenziale nei costi di produzione che le imprese italiane fronteggiano, anche a fronte di svantaggi strutturali come i costi dell’energia e del lavoro, rispetto a competitor esteri4;
2 Dati: UCIMU, 2025
3 Per BankItalia, Industria 4.0 nel 2017 ha dato un contributo rilevante all’accelerazione della crescita nel 2017 (all'1,6 % rispetto allo 0,6% dell'anno precedente); il contributo alla crescita degli investimenti in beni diversi dalle costruzioni è quasi raddoppiato, portandosi a circa 0,7 % (da 0,4%), valore superato in seguito solo nel 2021.
4 In base al Rapporto intermedio di valutazione dell’impatto economico degli interventi del “Piano Transizione 4.0”, pubblicato da novembre 2024, in attuazione del PNRR, da MEF, MIMIT e Banca d’Italia, i crediti d’imposta introdotti dal piano Transizione 4.0 per investimenti in beni materiali 4.0 hanno avuto effetti positivi sugli investimenti, sull’occupazione e sui ricavi delle imprese beneficiarie. L’evidenza mostra che nel breve periodo gli incentivi a sostegno della digitalizzazione non hanno generato una sostituzione tra capitale e lavoro nelle imprese beneficiarie, poiché sono stati osservati incrementi occupazionali per quasi tutte le categorie d’impresa.
c) sostenere la domanda in funzione anticiclica rispetto alle incertezze del mercato internazionale, in modo simile a quanto avvenne nella fase di contrazione del commercio internazionale del 2016-2017, quando il Piano 4.0 ha permesso di riequilibrare il rapporto tra le componenti interna ed estera della domanda.
Articolazione della proposta
Caratteristiche:
i) estensione del perimetro degli investimenti agevolabili,
ii) potenziamento dell’intensità di aiuto e ripristino dell’applicazione anche ai grandi investimenti (> 20 M)
iii) vigenza pluriennale (dal 2025 al 2027) al fine di dare un orizzonte per la programmazione degli investimenti.
Strumenti:
- Aliquota unica del credito d’imposta pari al 33%.
- Ripristino del credito d’imposta per
- Software, con aggiornamento dell’elenco dei beni alle tecnologie legate all’intelligenza artificiale.
- Formazione 4.0, attribuendo ai Competence Center e ai Digital Innovation Hub il ruolo di certificazione delle attività erogate.
- La detrazione si applica senza limiti massimi e indipendentemente dalla dimensione dell'impresa.
Conseguentemente, l’incentivo si configura come un credito d’imposta del 33% sull’intero costo degli investimenti per:
a) l’acquisto di beni strumentali materiali tecnologicamente avanzati (ex all. A)
b) l'acquisto di beni strumentali immateriali tecnologicamente avanzati (all. B)
c) formazione 4.0
d) R&S
Costi e modalità di finanziamento
- Attualmente, lo stanziamento disponibile è di 2,2 miliardi di euro per Industria 4.0 e di 5,9 miliardi di euro per Transizione 5.0 (6,3 miliardi iniziali meno 400 milioni già spesi). La proposta prevede una rimodulazione delle risorse, con il trasferimento di 2 miliardi di euro da Transizione 5.0 a Industria 4.0. La nuova ripartizione degli stanziamenti sarebbe quindi di
4,2 miliardi di euro per Industria 4.0 e 3,9 miliardi di euro per Transizione 5.0 (6,3 miliardi400 milioni già spesi - 2 miliardi da riallocare).
- La procedura di comunicazione preventiva dell’investimento realizzato, introdotta dalla Legge di bilancio per il 2025, può garantire il rispetto del limite di spesa con una flessibilità nell’allocazione delle risorse tra i 3 sotto-investimenti in base all’effettivo tiraggio (software, formazione 4.0 e R&S).
- Per gli anni 2026 e 2027 (e potenzialmente 2028) le coperture saranno previste dalla Legge di bilancio per il 2026, anche in esito al riordino degli incentivi alle imprese in corso di attuazione, proprio nell’ambito del PNRR.
IRES PREMIALE
Quadro delle misure vigenti
Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una riduzione dell'aliquota IRES dal 24% al 20% per il periodo d'imposta 2025, riservata alle imprese, detta anche “Ires premiale” perché premia le imprese che attuano comportamenti virtuosi come il reinvestimento degli utili in beni strumentali innovativi (Industria 4.0 e 5.0), il mantenimento o l’aumento dell'occupazione e il non utilizzo degli ammortizzatori sociali.
L’IRES premiale approvato dal Governo si distingue per il suo carattere più restrittivo rispetto a quella alternativa che propose Azione, nonostante il taglio dell’aliquota sia del doppio (4 punti anziché 2).
Principali criticità
1. Durata limitata: il beneficio è valido solo per il 2025 (fino alla dichiarazione dei redditi 2025).
2. Vincoli sugli investimenti:
- Limitato ai beni Industria 4.0 e Transizione 5.0
- Devono essere utilizzati in strutture produttive italiane, rendendo difficile includere i beni immateriali.
- Esclusione di spese per formazione e welfare aziendale
3. Condizioni stringenti che riducono la platea dei beneficiari:
- Riferimento all'utile 2023 (se superiore al 2024).
- Conservazione dei beni per 5 anni.
- Aumento occupazionale immediato.
- Divieto di accesso per chi ha usato la CIGS nel 2024.
4. Nonostante il taglio più ampio, la stima di spesa del Governo è 350 milioni di euro, mentre la proposta di Azione prevedeva 450 milioni annui.
5. Requisiti sugli utili più severi:
- Il Governo richiede di non distribuire l'80% degli utili, mentre la proposta alternativa prevedeva il 70%.
- La quota da reinvestire è del 24% degli utili, mentre la proposta di Azione richiedeva il 30%
Nel complesso, la misura del Governo sembra più un premio alle imprese sane e già virtuose, piuttosto che un vero incentivo alla crescita e agli investimenti. Inoltre, si evidenzia una contraddizione normativa: l’articolo 72-bis si riferisce a beni strumentali materiali, ma include anche beni immateriali (software, piattaforme, system integration) legati agli investimenti 4.0.
La proposta di Azione
Per superare le criticità sopra rilevate, abbiamo proposto di estendere l'IRES premiale oltre il 2025, ampliando la gamma di investimenti ammessi e rendendo l'accesso più semplice. Nello specifico, abbiamo fatto proposte specifiche per favorire investimenti a lungo termine con impatti positivi sulla produttività e sull’occupazione:
1. Includere tra gli investimenti eleggibili anche:
- Formazione del personale, per incentivare l'aggiornamento delle competenze.
- Welfare aziendale, per migliorare il benessere dei lavoratori.
2. Semplificare i requisiti di accesso, rendendo la misura più facilmente fruibile dalle imprese.
2) ENERGIA
Punto di partenza:
- I prezzi medi dell'energia elettrica in Italia nel 2024 sono stati i più alti dell'Unione Europea. In particolare, l'Italia ha pagato l'energia elettrica il doppio della Francia, il 70% in più della Spagna e il 30% in più della Germania.
- L'Italia è il principale importatore di energia elettrica nell'UE, con 52 TWh, pari al 17% del fabbisogno nazionale, quasi il doppio della Germania.
- Il costo dell'energia elettrica è influenzato dal prezzo di borsa, che è legato al prezzo del gas, e da altri oneri come gli incentivi alle rinnovabili e i costi di rete.
- Il prezzo dell'energia elettrica incide significativamente sui bilanci di famiglie e imprese, e la sua instabilità è influenzata dal contesto geopolitico.
Misure Immediate:
Disaccoppiamento del prezzo dell’energia rinnovabile dal mercato del gas
- Disaccoppiamento del prezzo dell'energia elettrica da fonti rinnovabili dal prezzo di borsa . Nel 2024, il prezzo di borsa è stato determinato dal gas per il 65% delle ore. Questo disaccoppiamento può avvenire senza creare due mercati paralleli, ad esempio tramite contratti bilaterali (PPA) o prelievo dell’energia rinnovabile da parte del GSE con contratti a due vie.
- Cessione di energia rinnovabile da parte del GSE attraverso contratti pluriennali (soprattutto a vantaggio del settore industriale ed energivoro).
Remunerare l’energia rinnovabile a un "prezzo equo"
- Reintrodurre ove possibile il meccanismo del "prezzo equo", come previsto dall’art. 15-bis del decreto legge 27 gennaio 2022 (Sostegni ter) del Governo Draghi. Il prezzo di borsa è sostituito da un “prezzo equo”, determinato come media del prezzo di borsa nei 10 anni precedenti il 2021, indicizzato per l’inflazione. E il GSE preleva l’energia dagli operatori remunerandola con riferimento al prezzo equo e la cede con contratti pluriennali a prezzi fissi.
- Il GSE dovrebbe prelevare al prezzo equo tutta l'energia elettrica generata da impianti a fonte rinnovabile non incentivati e non già remunerati con contratti a due vie; per questo il rinnovo delle concessioni va vincolato al prelievo con contratti a 2 vie con tariffa di riferimento pari al prezzo equo o comunque a un valore. Questo riguarda circa 60 TWh e potrebbe generare un risparmio di 4,7 miliardi di euro.
- Per gli impianti a fonte rinnovabile incentivati, il prezzo di borsa dovrebbe essere sostituito dal "prezzo equo" su base volontaria, onde evitare contenziosi, eventualmente favorendo la
cessione diretta da parte del produttore sempre con contratti di lungo termine. Questo riguarda potenzialmente circa 40 TWh, ma l’adesione volontaria rende incerta la quantità. Il potenziale risparmio è di 3,3 miliardi di euro, in caso di totale adesione.
Misure per contenere i costi energetici per le imprese
- Contenere i costi variabili della produzione termoelettrica a gas , con compensazioni da trasferire nei prezzi dell’energia elettrica, mantenendo costi che non scoraggino l’ingresso di nuove rinnovabili.
- Incrementare la quota di entrate dalle aste ETS destinate alle imprese energivore Attualmente, sono destinati 600 milioni di euro all'anno a fronte di entrate totali di 3,5 miliardi.
Liberalizzazione delle installazioni per autoconsumo
- Liberalizzare le installazioni di impianti fotovoltaici su coperture per autoconsumo attraverso la drastica semplificazione delle procedure burocratiche e autorizzative, eliminando permessi non necessari e introducendo un sistema di notifica semplificata.
Prospettive per il 2025
- Le quotazioni del gas nel 2025 sono attese tra 45 e 50 €/MWh, e il prezzo dei diritti di emissione (ETS) tra 75 e 80 €/ton CO2. Di conseguenza, l'energia elettrica prodotta a gas dovrebbe costare intorno a 135 €/MWh.
- Applicando il meccanismo del prezzo equo, una quantità di energia elettrica tra 60 e 100 TWh sarebbe prelevata al “prezzo equo” e ceduta con contratti di lungo termine, con un risparmio compreso tra 4,7 e 7 miliardi di euro circa.
Obiettivi a Lungo Termine
Rivedere la composizione del mix elettrico nazionale, puntando su una quota ottimale di nucleare e rinnovabili per minimizzare il prezzo in bolletta e le emissioni di CO2.
Strumenti:
- Contratti a termine e PPA (Power Purchase Agreement) per l'energia rinnovabile.
- Meccanismo del "prezzo equo" e contratti a due vie con il GSE.
- Incremento delle risorse ETS per le imprese energivore e liberalizzazione del fotovoltaico per autoconsumo.
Criticità e precisazioni:
- Il settore automotive non rientra tra i settori destinatari delle entrate delle aste ETS, a meno che la sua associazione di categoria non ne faccia richiesta dimostrando alti costi dell'energia rispetto al fatturato.
- Le misure proposte devono evitare di generare rendite eccessive per gli impianti a fonti rinnovabili, essere efficaci nel breve termine, non scoraggiare gli investimenti nelle rinnovabili e intercettare una quantità elevata di energia.
3) PIANO AUTOMOTIVE
L’automotive è “l’industria dell’industria” su cui si è fondata la storia dello sviluppo manifatturiero italiano ed europeo. Il settore – che impiega direttamente e indirettamente 14 milioni di europei - presenta una crisi strutturale, che si manifesta in una rapida erosione del posizionamento competitivo internazionale sia sul piano dei costi sia della tecnologia.
Come evidenzia il Rapporto Draghi, il settore automobilistico è uno degli ambiti in cui l’Unione ha sofferto della mancanza di una strategia industriale equivalente a quella di altre grandi regioni e, in particolare, dell’applicazione di una politica climatica senza una politica industriale. La definizione dell’obiettivo di azzerare le emissioni dallo scarico entro il 2035 non è stato accompagnato da una spinta sincrona verso la conversione della catena di fornitura.
Gli effetti che si stanno materializzando sono lo smantellamento della catena di produzione dei veicoli con motori a combustione interna e la rapida perdita di quote di mercato a favore di produttori extra europei: tra il 2017 e il 2022 la Cina ha quintuplicato le sue esportazioni in UE. Nel segmento dei veicoli elettrici la quota dei produttori europea è scesa in 8 anni dall’80% al 60%.
Più in generale, questo trend strutturale, unito a ulteriori dinamiche come l’inflazione dell’ultimo triennio, ha fatto sì che l’automotive è un settore industriale che non si è mai ripreso dopo il Covid: le immatricolazioni in Europa sono del 18% inferiori al 2019. Questa tendenza è ormai evidente in tutti i grandi Paesi manifatturieri. Perfino in Germania, il Paese che più a lungo si era illuso di poter considerare la Cina come un mero partner commerciale e un mercato di sbocco per il suo export, si è registrata nel 2024 la contrazione del 13% della produzione di veicoli rispetto al 2019 e addirittura del 23% delle immatricolazioni.
L’Italia è l’anello debole di questa frattura. La crisi di Stellantis è arrivata al suo apice. Una crisi che ha le sue radici nella governance asimmetrica tra Italia e Francia e nella gestione disastrosa dell’azienda. Nel III trimestre del 2024, la produzione è scesa del 31,7% rispetto all’anno precedente, con il record negativo della quota di 387.600 veicoli. Tutti i segmenti – anche i veicoli commerciali – e tutti gli stabilimenti sono in crisi.
Drammatica la situazione di Mirafiori, Melfi e Cassino che vedono una produzione in calo dal 75,8% al 47%. A sua volta, la crisi dell’unico OEM nazionale e la debolezza dell’industria europea stanno trascinando nel baratro le imprese della componentistica, un’area nella quale si registra una forte integrazione nel mercato unico europeo (il 13% del valore aggiunto di veicoli tedeschi e il 22% di quelli francesi viene da prodotti europei) e l’Italia vanta 2200 imprese.
Misure per la continuità aziendale
- Adozione di un Temporary framework UE per l’automotive (“TFA”) che ripristini il TF Covid per gli aiuti sotto forma di de minimis (ex sez. 3.1) garanzie statali sui prestiti (3.2) o di tassi di interesse agevolati per i prestiti (3.3)
- Liquidità: estensione operatività Fondo di garanzia PMI al 100% anche per finanziamenti a a sostegno della liquidità e ripristino «Garanzia Italia» di SACE per le grandi imprese.
- Tutela occupazionale: ripristino operatività CIGO-CIGS Covid.
Misure a sostegno dei livelli produttivi
- Incentivo alla domanda: agevolazione all’acquisto di veicoli, parametrata all'impronta di carbonio calcolata sull’intero ciclo di vita, e non solo delle emissioni allo scarico, e neutra rispetto alla tecnologia di alimentazione. Il calcolo avviene addizionando l’impronta di carbonio relativa a 3 fasi del ciclo di vita del veicolo:
I) fasi antecedenti il suo utilizzo su strada (mutuando la metodologia del bonus francese e, in particolare, dello “score ambientale”);
II) fasi di alimentazione e circolazione,
III) fase di dismissione.
- Regolamentazione UE: sospensione sanzioni dal 2025 per mancato rispetto dei target del Reg. C02 attivando procedura emergenza ex art. 122 TFUE.
- Difesa commerciale: applicare i dazi compensativi sull’import cinese varati a settembre 2024.
Misure per la riduzione dei costi di trasformazione
- Costo energia: equiparazione automotive a settori energivori.
- Promozione dell’automazione per riduzione del costo del lavoro :
a) a livello UE, introduzione nel TFA di una sezione per aiuto settoriale (modello ex sez. 3.13 del TF) con limite max 20 mln;
b) a livello ITA, introduzione di “Industria 4.0” potenziata per il settore, per investimenti in beni materiali e immateriali + mini-contratti di sviluppo (capex min. 3 mln); costo complessivo: 500 M.
Misure per la competitività internazionale
- Investimenti in produzione:
a) a livello UE, riduzione del Δ di costo rispetto a Paesi extra-UE, includendo l’automotive in settori strategici (sez. 2.8 Temporary and transition framework), ugualmente alle batterie;
b) a livello ITA, introduzione di uno sportello ad hoc dei contratti di sviluppo con aiuti potenziati (pari al cost-gap, ovvero al Δ di costo rispetto a Paesi extra- UE) anche per opex; costo: 300 M.
- Local content: incremento nelle norme doganali UE sulle regole di origine della percentuale di valore aggiunto da realizzare in UE.
- Ricerca e Sviluppo:
a livello UE, attivazione IPCEI per sostenere R&D in segmenti di frontiera;
a livello ITA, Sportello settoriale accordi di innovazione, costo: 200 M.