Azione 08 del 21 febbraio 2022

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Anno LXXXV 21 febbraio 2022

Cooperativa Migros Ticino

G.A.A.  Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura

edizione

08

MONDO MIGROS

Pagine 4 – 5 ●

SOCIETÀ

TEMPO LIBERO

ATTUALITÀ

CULTURA

Nel 2010 ha lasciato il lavoro e il Ticino per gli Stati Uniti: Francesco Somaini si racconta

In Luci sul mare si trovano tanti frammenti di storie: molti lampi sfavillano attorno ai fari scozzesi

In Ucraina uno scontro pieno di paradossi fra russi e americani passati dalla distensione alla rivalità

Al Museo del Novecento di Milano una grande mostra celebra il percorso di Mario Sironi

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Shutterstock

L’emotività non dipende dal genere

Stefania Prandi

La libertà sta oltre un muro Peter Schiesser

«La cosa più difficile da affrontare non è la prigionia ma il ritorno alla libertà». Mi sono ricordato di queste parole il  febbraio, primo giorno di ritrovata libertà post-pandemica. Le aveva pronunciate decenni fa da un vecchio amico (pace all’anima sua) che aveva conosciuto la prigione. Allora non ne avevo colto il senso: non era possibile non scoppiare di felicità uscendo dal carcere a  anni! Invece giovedì scorso infine lo capisco: prima di salire in ascensore dal parcheggio al negozio, mi sento un po’ a disagio, con un sottile senso di colpa, al non mettere la mascherina. Il riflesso è di infilare la mano in borsa per estrarne una, ma poi resisto, al pensiero che questa libertà ora mi spetta di diritto. D’altronde, è vero che la libertà non ti aspetta su una distesa pianeggiante bensì dietro ad un muro, ci vuole uno sforzo per scavalcarlo. Nel nostro caso è un muro mentale. Che è pur diventato fisico, limitandoci nelle scelte, nei movimenti, nel rapporto con il prossimo. Poi il gusto della libertà prende il sopravvento, c’è un’intima felicità di poter mostrare il volto

e riscoprire quello degli altri. A tal punto che rapidamente sorge un nuovo riflesso: di fronte a chi ancora porta la mascherina nasce la tentazione di dir loro che siamo di nuovo liberi di toglierla. Ma poi capisco che in alcuni questa nuova e improvvisa libertà genera insicurezza, fa emergere una vulnerabilità. D’altronde, è vero, la pandemia – o endemia, ora – non è finita d’incanto. C’è chi ancora si ammala seriamente, ci sono dei decessi, si capiscono sempre più le problematiche legate ad un long-Covid. E ironia della sorte, lo stesso giorno in cui il presidente della Confederazione Ignazio Cassis ha annunciato al paese la fine delle restrizioni, è stato testato positivo al Covid (senza sintomi). Ma certo la forza del virus, nella variante dominante attuale, si è smorzata e tra vaccinazioni, contagi asintomatici e guarigioni il Consiglio federale si è convinto che ormai esiste un’immunizzazione di gregge tale da poter togliere quasi tutte le restrizioni e restituire la responsabilità della gestione del virus ai singoli cittadini e ai Cantoni. Ora tocca a noi ricostruire la normalità. Riasse-

starci nella nostra quotidianità. Per me, giunge il momento di riportare in ufficio i due computer di lavoro (per Migros e per il giornale), dopo che per due anni avevano occupato in pianta stabile lo studio con la biblioteca e il tavolo della sala da pranzo, fra l’ammasso di giornali, riviste, libri, appunti. Mi viene un leggero senso di vertigine a pensare di dover staccare il mondo lavorativo dall’intimità della propria casa, sovrappostisi in una nuova normalità, per tornare alla vecchia normalità. Non ho mai abbandonato del tutto la redazione, trasportando di continuo da casa all’ufficio computer, giornali, documenti, ma tornare fuori casa per la maggior parte delle ore diurne mi fa strano: constato che un senso di «sindrome della tana» si era comunque impossessato di me. Un altro muro da superare. Per tornare alla scoperta del mondo esteriore, dell’umanità. Per avere scambi più continui con i colleghi di redazione (che gioia ritrovarli al lavoro quasi al completo giovedì), vivere la città con gli incontri fra conoscenti. Da quanto tempo non vado a teatro, a un concerto, al cine-

ma? Ogni pezzo ritrovato sarà una conquista. La prigionia si può imporre, la libertà no. Con le decisioni del  febbraio si apre un cammino nuovo e psicologicamente delicato per la popolazione, che non sarà per tutti uguale, né avrà gli stessi tempi. Persone che prima si sentivano represse oggi possono assaporare la libertà, altre che si sentivano protette dalle misure e dalla mascherina ora si ritrovano vulnerabili. Sarà importante avere rispetto delle fragilità altrui, rispettare tempi e modi diversi di un ritorno alla normalità. Paradossalmente, i fronti precedenti si sfaldano e si ricompongono in forme diverse: se prima c’era una spaccatura fra chi ha deciso di vaccinarsi e chi no, ora nel momento del «liberi tutti» si ritrovano assieme i vaccinati ansiosi di vivere senza restrizioni e i no vax, divisi invece da chi ritiene troppo rapido questo ritorno alla libertà completa (o quasi). È un’ulteriore evoluzione di questa pandemia, di cui speriamo – ma non possiamo esserne certi – si stia scrivendo il capitolo decisivo. D’altronde, l’ottimismo è sempre stato un figlio prediletto della libertà.


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