Azione 12 del 21 marzo 2022

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Anno LXXXV 21 marzo 2022

Cooperativa Migros Ticino

G.A.A.  Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura

edizione

12

MONDO MIGROS

Pagine 4 – 5 ●

SOCIETÀ

TEMPO LIBERO

ATTUALITÀ

CULTURA

Perché gli adolescenti amano i Manga? Ce lo spiega lo psicoterapeuta Alberto Rossetti

Simona de Agostini, sciatrice paraplegica: dalla Coppa del Mondo di sci al monoscibob

Un nuovo ordine, alternativo al nostro, tenta di farsi strada in mezzo al fragore delle bombe

A Palazzo Reale grandi capolavori pittorici raccontano la donna nella Venezia del Cinquecento

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Pagina 27 Simona Sala Pagina 29

Vincenzo Cammarata

Il bicchiere della staffa

Crepuscolo di uno zar

Peter Schiesser

Dopo tre settimane di guerra in Ucraina, il quadro è chiaro: l’esercito russo non è in grado di vincere. La schiacciante superiorità numerica di mezzi e soldati è stata annullata da falle comunicative, impreparazione logistica e tattica, scarso morale delle truppe (molti pensavano di partecipare a delle manovre, altri hanno portato l’uniforme da libera uscita anziché la tuta d’assalto, si legge nel mare di notizie), e nonostante una possente aviazione i russi non controllano lo spazio aereo. Aggiungiamoci la resistenza dell’esercito e dei volontari ucraini, la duttilità e la perfetta comunicazione fra le diverse forze, in grado di individuare esattamente dove stanno quelle nemiche per attaccarle, le armi anti-carro e i missili terra-aria forniti dall’Occidente, ed abbiamo un quadro chiaro della disfatta cui sta andando incontro l’esercito russo. Siccome non sa vincere sul terreno, ricorre alla tattica adottata in Cecenia e in Siria: cannoneggiare i civili, per spezzare la volontà di resistenza. Ma le perdite russe in mezzi e uomini sono altissime. Putin ha commesso due errori fatali, ha creduto

che la marcia corazzata su Kiev sarebbe stata accolta con fiori da alcuni e con terrore dagli altri e che l’Occidente si sarebbe limitato alle solite innocue sanzioni economiche. Perché ha ignorato quello che già negli ultimi mesi si poteva immaginare (e gli hanno pure detto gli americani), ossia che gli ucraini avrebbero resistito, anche per anni, con una guerra partigiana? È rimasto vittima della sindrome del dittatore che a un certo punto, attorniato solo da persone che rispecchiano la sua realtà, finisce per credere, e sentirsi dire, solo ciò che desidera? Angela Merkel, che lo incontrò dopo la guerra del , descrisse ad Obama un uomo che aveva perso il senso della realtà. Probabilmente oggi sa di essersi sbagliato: sembra indicarlo l’arresto ai domiciliari di Sergej Beseda, capo dei servizi segreti esterni dello FSB, e del suo vice (rivelato dai giornalisti russi Andrej Soldatow e Irina Borogan). Sergej Beseda era incaricato di preparare il terreno in Ucraina per l’installazione di un governo filo-russo, la sua lettura edulcorata della realtà locale lo rende ora un buon capro espiatorio.

Come ne uscirà, Putin? La settimana scorsa i colloqui fra le parti hanno fatto sperare che si possa arrivare ad un accordo, ma gli scettici temono che sia una mossa russa per raggruppare e portare in Ucraina altre forze. Difficile immaginare infatti – almeno nel Ventunesimo secolo – Vladimir Putin che stringe la mano a Volodymir Zelenski (il secondo voluto morto dal primo) dopo tutto quello che sta accadendo. Ma il presidente russo non riuscirà a mantenere il potere a lungo se viene sconfitto in Ucraina, per cui la situazione resta pericolosa: per la prima volta, anche il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha evocato il rischio di una guerra con armi nucleari, mentre con maggiore urgenza si temono attacchi con armi chimiche. Anche il coinvolgimento diretto della Nato resta un pericolo reale, già solo per le forniture di armi dall’Occidente agli ucraini, che si rivelano estremamente efficaci. Osando sperare che la sconfitta di Putin non trascini nel baratro l’intera Europa, tentando di guardare oltre il presente, cosa si può intravve-

dere? La guerra in Ucraina rappresentava l’Impossibile, il declino della Russia di Putin pure; la prima è avvenuta, il secondo diventa possibile. Non tanto perché ci sono forze interne pronte ad una rivoluzione, ma perché sul piano della potenza la Russia si è auto-declassata: se ammassi il  per cento del tuo formidabile esercito e non riesci a conquistare l’Ucraina, perché dimostri di non essere l’armata moderna, efficiente, motivata che dicevi di essere, perdi credibilità geopolitica. E proprio la sconfitta di un dittatore può essere il miglior antidoto per ridare slancio alle democrazie. Gli amici europei e americani di Putin, da Trump a Berlusconi, Salvini, Le Pen, Orban e tutti gli osannatori delle «democrazie illiberali» sono oggi screditati. Le popolazioni di un’Europa che aveva dimenticato i tuoni dei cannoni in casa propria, veleggianti in nuvole di virtualità, sono costrette ad atterrare bruscamente nella realtà e chiedersi qual è il modello di vita in cui intendono vivere, quale sistema garantisce loro le libertà acquisite e date fin troppo per scontate. E come difenderlo.


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