Azione 32 del 9 agosto 2021

Page 1

Cooperativa Migros Ticino

Società e territorio Una passeggiata sul Lucomagno per scoprire la più estesa Cembreta al sud delle Alpi

Ambiente e Benessere C’è ancora molta natura da valorizzare nelle superfici industriali, artigianali, commerciali e non solo

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIV 9 agosto 2021

Azione 32 politica e economia Reportage dall’antica Tenochtitlan conquistata dagli spagnoli 500 anni fa

cultura e Spettacoli Due occasioni imperdibili per scoprire la delicata e giocosa arte di Aoi Huber Kono

pagina 13

pagina 9

pagina 24

pagina 35

Keystone

Usa e cina: il virus fa di nuovo paura

di F. Rampini pagina 23

prigionieri della pandemia di Peter Schiesser «Riusciremmo a concludere la pandemia in otto settimane, se tutti si vaccinassero». Martin Ackermann ha commentato così la situazione in Svizzera alla sua ultima conferenza stampa come capo della task force scientifica, martedì scorso. E invece siamo il Paese che attualmente ha fra i più bassi tassi di vaccinazione in Europa. Più o meno la metà della popolazione ha avuto due dosi, due terzi almeno una dose. Per far fronte alla virulenza della variante Delta servirebbe invece un tasso di almeno l’80 per cento (con le precedenti si stimava bastasse il 60 per cento). Quelli che ancora non si vaccinano sono tutti no-vax? Non per forza: ci sono gli indecisi, i boh-vax come li chiamano in Italia, coloro che aspettano per svariati motivi, scettici e confusi dalle voci che girano sui social media, fra amici, su eventuali conseguenze a lungo termine dei vaccini, preoccupati per la propria incolumità. Fa riflettere il fatto che lo siano più delle eventuali e assolutamente non verificate conseguenze dei vaccini che degli appurati pericoli che si corrono a contrarre il Coronavirus. Evidentemente non credono agli esperti e al Consiglio federale, che

rammentano loro che chi non si vaccina prima o poi dovrà affrontare la malattia. Gioca ancora una volta il tipico riflesso umano, secondo cui i mali capitano sempre agli altri e non a noi? Ad ogni modo, servono idee nuove per stimolare le persone a vaccinarsi. In qualche Paese, per superare questo muro di scetticismo si passa ad azioni proattive, come prendere contatto direttamente con chi non si è ancora vaccinato, oppure offrendo vaccinazioni nei centri commerciali. Ma il tempo stringe, la variante Delta ha spinto Israele a puntare su una terza dose di vaccino e a considerare un nuovo lockdown in settembre, dopo che in giugno il Governo aveva decretato la fine della pandemia grazie all’alto tasso di vaccinazione nella popolazione. In Cina si registrano numerosi focolai di infezione dovuti alla Delta, che ancora una volta vengono affrontati con test di massa e lockdown locali, mentre in tutti i Paesi ci si rende conto che il sistema sanitario rischia di arrivare di nuovo ai limiti, con il numero di ospedalizzazioni in crescita, benché finora il numero dei decessi resti limitato (ma se gli ospedali si riempiono di nuovo, ci sarà meno posto per curare altri malati gravi). È vero che ormai questa è la pandemia dei non vaccinati, sono loro a

subire le conseguenze più gravi: secondo gli studi citati dall’Ufficio federale della sanità, chi è vaccinato rischia otto volte in meno di contagiarsi e 25 volte in meno di avere conseguenze gravi. Tuttavia, il fatto che persista la pandemia rischia di condizionare la vita di tutti. A questo punto diventa meno probabile che mercoledì il Consiglio federale decida ulteriori allentamenti (ma potremmo sbagliarci con questa supposizione, come altre volte in passato). Eppure: non siamo tutti stanchi di questa storia? Quando con qualche amico boh-vax o no-vax si tocca l’argomento, pongo una sola domanda: hai un’altra soluzione praticabile per uscire dalla pandemia che non sia la vaccinazione o un contagio di tutta la popolazione? Non ho mai avuto una risposta concreta, se non una serie di dubbi più o meno plausibili sui vaccini. Ma più a lungo si protrae questa situazione (che favorisce l’insorgenza di altre varianti), più profondo si fa il Coronagraben in Svizzera e più si incattiviscono i rapporti personali e sociali. Se qualcuno è profondamente vaccino-scettico si tenga pure la sua convinzione, si assumerà le eventuali conseguenze, ma ora si tratta di fare il possibile e l’impossibile per raggiungere tutti i gli indecisi, che non sono pochi.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

2

Società e territorio l’uomo versatile Il mondo del lavoro del futuro non richiede più solo persone iper-specializzate, ma manager dotati di competenze in più campi

A spasso nella cembreta Sul Lucomagno c’è la più estesa Cembreta della Svizzera meridionale, con alberi di oltre secoli di età pagina 9

Inafferrabile contemporaneità Siamo immersi in un presente che ci definisce, ma al contempo ci sfugge e muta di continuo pagina 10

pagina 3

Il mercatino di Natale di Claro. (Photolocatelli.ch)

per mantenere l’anima degli ex comuni Nuova Bellinzona Fin dalla sua costituzione il nuovo comune ha incentivato la creazione delle Associazioni

di quartiere – Finora ne sono state create nove delle tredici possibili Nicola Mazzi La nuova Bellinzona, per non perdere il contatto con le periferie, sin dalla sua costituzione ha incentivato la creazione delle Associazioni di quartiere. Organi che tenessero viva la tradizione degli ex Comuni (oggi aggregati) e le attività che si svolgevano in modo periodico nelle varie realtà della regione. Ma c’era anche il desiderio di avvicinare il centro alle regioni più discoste. Con il Servizio quartieri della Città di Bellinzona abbiamo voluto fare il punto della situazione dopo la prima legislatura del nuovo Comune. «Il gruppo di lavoro che a suo tempo aveva portato avanti l’aggregazione composto dagli ex sindaci e dai segretari comunali aveva già inserito nei rapporti di studio la creazione di questi organi di rappresentanza, sull’esempio di quanto realizzato in altre realtà aggregate del Cantone. Infatti, all’inizio del progetto si parlava di Commissioni di quartiere e non di associazioni». Quando si è costituita la città nel 2017, si è preferito offrire un’altra possibilità: quella dell’associazione, prendendo spunto dall’esperienza fatta dalla città di Zurigo. La differenza è abbastanza rilevante: infatti le commissioni sono un di nomina municipale,

mentre le associazioni sono organi che nascono dal basso, dai cittadini, e sono apolitiche e apartitiche. Sta inoltre ai membri dell’associazione nominare il comitato di quartiere così come spetta a loro la gestione dei fondi a disposizione. Da notare che il Consiglio comunale ha deciso di aiutare le nuove associazioni con un contributo di 60mila franchi in totale distribuiti secondo una chiave di riparto legata alla popolazione di ogni quartiere. «Un incentivo che è stato molto importante e utile per partire e organizzare attività in favore dei cittadini di quel quartiere». Oggi ci sono nove associazioni di quartiere su tredici possibili. Da notare che, come per ogni associazione, viene organizzata l’assemblea ordinaria annuale, che è anche l’occasione privilegiata di incontro e riunione dei cittadini, i quali possono dare indicazioni ai comitati di quartiere per sviluppare progetti o segnalare problemi al Municipio. Infatti, questi sono organi con doppia valenza: da un lato aiutano il cittadino a rivolgersi all’autorità comunale (sono degli intermediari), d’altro lato servono come organo consultivo per l’autorità quando deve intervenire in un determinato quartiere. Un’iniziativa partita bene nei primi due anni, ma che ha conosciuto uno

stop nel 2020 a causa della pandemia. «Ovviamente la vocazione di queste associazioni è quella di raggruppare cittadini e lo scorso anno si è purtroppo fermato tutto o quasi. Per esempio, l’associazione di Pianezzo non è neppure riuscita a organizzare, per ben due volte, l’assemblea ordinaria, sempre fermata dalle disposizioni sanitarie cantonali», rileva il Servizio quartieri. Così come le ultime associazioni che si sono costituite alla fine del 2019, e cioè Gorduno, Moleno e Preonzo, non sono riuscite a organizzare nessun evento aggregativo. «Detto ciò, l’attività non si è fermata, soprattutto i contatti tra il nostro Ufficio e le varie associazioni sono stati frequenti. Abbiamo cercato di tenere vivo l’interesse verso le varie problematiche e il legame con le diverse regioni della nuova Bellinzona». Con le elezioni comunali di aprile è terminata la prima legislatura e stando al regolamento comunale entro sei mesi occorre formare le Commissioni di quartiere nei quattro ex Comuni dove non è stata costituita l’Associazione. Si tratta di Bellinzona, Gudo, Monte Carasso e Sementina. «Proprio in queste settimane stiamo ultimando l’iter per nominare le commissioni dei quartieri mancanti perché ogni regione deve essere rappresentata. Manteniamo però

un contatto con questi ex-Comuni in caso dovesse nascere un gruppo promotore in questo periodo, prediligendo così il modello associativo al posto della Commissione. Anche Bellinzona avrà i suoi rappresentanti malgrado sia il polo e attualmente ben rappresentato in Municipio e Consiglio comunale», sottolinea ancora il servizio. I progetti realizzati sono stati comunque un buon numero, soprattutto nei primi anni. A Claro l’associazione di quartiere si è occupata del mercatino di Natale, perché vi era il rischio che la nuova Bellinzona non l’avrebbe più organizzato direttamente. Un altro esempio è quello di Gnosca la quale ha riproposto una festa di paese nell’estate del 2019, che era stata abbandonata da diversi anni. Camorino, da parte sua, all’inizio di quest’anno, ha inviato a tutti i fuochi una busta con semi di papavero abbinati a un concorso fotografico con premi locali. Pianezzo aveva fatto un sondaggio online per raccogliere i suggerimenti dai propri cittadini. E Moleno ha deciso di organizzare l’assemblea ordinaria via posta, anche loro con l’idea di raccogliere proposte e nuove idee. «Ma in generale nei primi anni ci si è concentrati sul mantenimento di alcune feste e sagre organizzate negli ex Comuni che sareb-

bero potute scomparire con la fusione». Il futuro è ancora un’incognita per diverse associazioni. Ma alcuni progetti sono già sulla rampa di lancio: per esempio si pensa di realizzare un parco giochi in alta Valle Morobbia. E l’associazione di Sant’Antonio ha contribuito a mantenere viva la BiblioCarmena nell’ex Casa Comunale, un luogo che si spera possa diventare un punto di riferimento dove organizzare serate, conferenze e attività per i cittadini del paese. L’Associazione di Moleno è stata coinvolta nel progetto di rifacimento della Casa Comunale appena passata in Consiglio comunale e che sarà realizzata nei prossimi mesi. Inoltre, la prossima primavera, i municipali ripeteranno gli incontri nei quartieri per fare il punto della situazione su quanto realizzato e su quanto, invece, resta ancora da fare. Infine, occorre ricordare un ultimo aspetto importante e che è diretta conseguenza della partecipazione dal basso: i comitati di quartiere sono composti da volontari che si mettono a disposizione della popolazione e quindi anche la loro operatività è limitata nel tempo. «Il nostro supporto ai comitati è senza condizioni perché riconosciamo loro il grande lavoro svolto in modo gratuito e per il bene comune», conclude il Servizio quartieri.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

3

I polymath: la rivincita di leonardo da Vinci

Nuove tendenze Dopo decenni in cui si è puntato soprattutto su manager iper-specializzati, oggi si torna

a cercare persone con competenze sia specifiche sia trasversali, a vantaggio della produttività e della creatività Rocco Bianchi Eventi incredibili le coincidenze (perché solo di questo si tratta, sia ben chiaro): proprio nell’anno delle celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci ha iniziato a farsi strada nel mondo del lavoro una parola nuova. Non l’ormai abusatissimo e spesso frainteso smartworking – anche se è da lì che in fondo tutto comincia – bensì «polymath» (dal greco polymathes, colui che ha imparato molto), ovvero il lavoratore che oltre ad avere una disciplina di predilezione ha anche buone per non dire ottime conoscenze in diverse altre e che, soprattutto, sa unire tutto questo sapere per produrre novità e gestire i cambiamenti.

La pandemia ha accelerato un processo già in atto: sarà difficile non tanto tornare negli uffici, ma ai vecchi modelli di lavoro Merito anche di Waqas Ahmed, direttore artistico e curatore della collezione Khalili e collaboratore di Unesco, Commonwelth e Vaticano, che sempre nel 2019 pubblicò un libro (tuttora solo in inglese) intitolato The Polymath, unlocking the power of human versatility (Il Polymath, sbloccare il potere della versatilità umana) in cui ha tracciato il profilo del manager prossimo venturo. In copertina, non a caso, l’uomo vitruviano di Leonardo. La rivincita del genio universale, oltre che dell’ideale classico e rinascimentale, sull’iper-specializzazione cognitiva del ’900. Già, perché da decenni ormai gli studenti di università e politecnici, istituzioni che per secoli hanno formato individui la cui conoscenza abbracciava un numero variegato di materie, sono incoraggiati, per non dire obbligati, a ridursi a un’area di competenza precisa per poi scandagliare una nicchia specifica. La morte non solo dell’ideale antico ma, più prosaicamente, la fine dell’aspirazione a diventare una persona a tutto tondo e di una classe intellettuale e dirigenziale che mischiava con profitto scienziati-umanisti e umanisti-scienziati. Ebbene, forse oggi questo antico stato di cose sta per risorgere, sia pure in forma riveduta e corretta (impossibile infatti tornare al passato: basti pensare che per «assemblare» un Leonardo, è stato calcolato, oggi avremmo bisogno di almeno tredici specialisti). I primi vagiti di questa rinascita li si ebbe a inizio secolo a San Francisco e nella Silicon Valley, quando alcune persone non solo iniziarono a lavorare da casa grazie alle nuove tecnologie (questo è

Azione

Settimanale edito da migros ticino Fondato nel 1938 redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Romina Borla, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

La statua di Leonardo in Piazza della Scala a Milano: per «assemblare» un Leonardo oggi ci vorrebbero almeno 13 specialisti. (Shutterstock)

homeworking), ma ad organizzarsi in forme sostanzialmente nuove e indipendenti non solo nei tempi e nel luogo, ma anche nei modi e nelle mansioni, basati non più solo su elaborazione e approfondimento di dati ma anche sulla condivisione e sulla contaminazione delle conoscenze in una comunità che è sì virtuale ma allo stesso tempo reale (è lo smartworking). Il risultato fu un aumento non solo della produttività ma pure (vogliamo dire soprattutto?) della creatività. La pandemia ha dunque solo accelerato un processo già in atto. Difficile non tanto tornare ai vecchi uffici, ma piuttosto tornare ai vecchi modelli di lavoro. Il che significa che dovremo crearne di nuovi, e che di conseguenza necessiteremo di nuove competenze per applicarli (e anche di un nuovo contratto sociale per i lavoratori più vulnerabili, ma questo è un altro discorso). È qui che entra in gioco il nostro polymath, ossia un lavoratore che come

detto possiede un numero di competenze sia specifiche che trasversali che lo possono guidare e far operare in un mondo sempre più complesso e in cui i cambiamenti e gli adattamenti oltre che necessari sono sempre più rapidi. Ne sono ben coscienti gli uffici delle risorse umane, che sempre più si stanno orientando verso persone che hanno carriere e formazioni eterogenee. Così se in passato i candidati erano assunti per le loro competenze specifiche e per coprire un preciso bisogno dell’azienda (e su questo poi costruivano la loro carriera), oggi vengono apprezzate sempre più contaminazione ed eclettismo. E non si tratta tanto di formazione continua o programmi di riqualifica: le aziende iniziano a ricercare anche come primo impiego profili che una volta sdegnavano. Ad esempio nelle grandi banche d’affari entrano sempre più neolaureati in materie che con l’economia hanno poco a che fare, come ingegneria, fisica, matematica ma an-

che biologia e geologia o addirittura facoltà non tecnico-scientifiche; alla formazione di taglio economico vera e propria si provvede dopo. Non per nulla, abbiamo letto su «Il Sole 24 ore», già oggi a Credit Suisse Italia il 15% dei collaboratori non possiede una laurea o una formazione di base in ambito economico, una percentuale a detta dei responsabili delle risorse umane destinata a crescere nei prossimi anni. Non si sta tornando al tempo in cui l’interdisciplinarietà era la norma e non l’eccezione (senza per questo dire che tutti erano Leonardo), ma è certo che il lavoratore che eccelle o comunque ha solide conoscenze in più discipline e che – questo è il punto fondamentale! – riesce ad unirle ed elaborarle per vedere cose che ad altri sfuggono e trovare nuove soluzioni sarà sempre più richiesto e apprezzato. A ogni livello, anche se al momento si punta soprattutto a persone potenzialmente destinate a una carriera di medio-alto livello.

Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch

editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11

tiratura 101’262 copie

La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni

Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31

Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch

Ne sono coscienti anche i vertici delle istituzioni accademiche, che stanno studiando il modo di tornare alle origini, quando gli atenei erano davvero il luogo di circolazione di ogni sapere (l’università è «multiversity», affermò il primo rettore dell’università della California). In estrema sintesi l’obiettivo è, come ha dichiarato Anders Sandberg, ricercatore al Future of Humanity Institute di Oxford, «smettere di formare le persone come ingranaggi di una macchina dell’era industriale». Piccolo corollario, la contaminazione di saperi e discipline è una risorsa per la società tutta. Con buona pace di sovranisti e compagnia varia, ci dona l’abitudine al confronto, a valutare se nella posizione dell’altro oltre a quanto ci divide c’è qualcosa di utile, se non addirittura di giusto, che è possibile utilizzare per crescere. Ci permette anche di provare a lasciarci alle spalle l’era dei big data digitali e degli algoritmi che codificano ogni informazione (culture, discipline, gusti, persone…) per poi riproporcela acriticamente a nostro esclusivo uso e consumo, per educarci ad accogliere un flusso costante fatto di trasmissione di saperi e, se del caso, acquisizione di elementi a noi estranei. Eccelleremo dunque non tanto per la capacità di imporre il nostro punto di vista, ma per il fatto di accettare quello degli altri, che diventerà ricchezza, stimolo ad andare oltre e spostare in avanti le frontiere della conoscenza. In pratica, ciò significa che è molto più probabile che una discussione tra due eclettici risulti più fruttuosa rispetto a una tra due eccellenti ma spesso inflessibili e caparbi specialisti. Non siamo a Platone, secondo il quale le redini dello Stato dovevano essere affidate ai filosofi proprio perché avevano una visione migliore della complessità della realtà, non credo neppure, come affermato recentemente da Oscar di Montigny (chief innovation, sustainability & value strategy officer di Banca Mediolanum e amministratore delegato di Mediolanum Comunicazione) che «col tempo ci educheremo a credere nell’equilibrio dell’insieme a svantaggio di un’esasperata individualità, nell’equità a svantaggio della furbizia, nel sacrificio a svantaggio dell’opportunismo, nel rispetto a svantaggio delle relazioni più opportunistiche, nella sensibilità a svantaggio della prevaricazione, nel giusto profitto a svantaggio del capitalismo vorace, nella gratitudine come via per costruire nuovi, rivoluzionari, modelli sociali, culturali e di business», ché le utopie mai si sono realizzate finora; tuttavia è molto probabile che una delle parole chiave per il mondo del lavoro e la società post-covid sarà proprio «polymath». È la rivincita di Leonardo, e di quelli come lui. Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

4

Idee e acquisti per la settimana

I fagiolini svizzeri sono di stagione Attualità I fagiolini verdi sono facili da preparare e contengono preziosi nutrienti

Conosciuti anche come cornetti o fagioli mangiatutto, i fagiolini verdi appartengono a quella varietà di legumi di cui si consuma il baccello intero, raccolto a maturazione incompleta. Originari dell’America del Sud, furono introdotti in Europa nel 16° secolo dagli Spagnoli. Le caratteristiche morfologiche della pianta sono le stesse dei fagioli, ma i baccelli hanno forme differenti. Oltre a quelli verdi, esistono anche varietà di colore giallo e violetto. In cucina i fagiolini verdi sono molto versatili e si gustano come contorno, in insalata o stufati. I fagiolini verdi più buoni e teneri sono quelli raccolti ancora giovani, che presentano un colore vivace, senza macchie di «ruggine», e si spezzano facilmente scricchiolando.

Azione 20%

Fagiolini verdi con olive

Fagiolini verdi Svizzera, 500 g Fr. 3.55 invece di Fr. 4.45

Un contorno originale super gustoso da servire con carne o pesce

dal 10 al 16.8

come conservarli e prepararli

Una volta acquistati, i fagiolini verdi si conservano bene un paio di giorni in frigorifero. La preparazione richiede che vengano eliminate entrambe le estremità e il filo, se quest’ultimo è presente. Quindi si sciacquano per bene sotto l’acqua corrente. La lessatura è il metodo di cottura più frequente e utilizzato, anche come base per altre ricette più elaborate. Essa va eseguita in abbondante acqua salata, per la durata di una decina di minuti al massimo, affinché si mantengano croccanti. I fagiolini verdi devono sempre essere cotti prima del consumo, in ragione del loro contenuto di lectina, una sostanza potenzialmente dannosa per la salute ma che viene inattivata con la cottura.

Ingredienti per 4 persone 500 g di fagiolini verdi 1 cipolla rossa 3 spicchi d’aglio 100 g di olive, ad es. nere 4 cucchiai d’olio d’oliva ½ mazzetto d’erbe aromatiche, ad es. timo Sale e pepe preparazione Mondate i fagiolini e lessateli in abbondante acqua salata, mantenendoli croccanti. Nel frattempo, tritate la cipolla e l’aglio. Snocciolate le olive. Scolate i fagiolini. Scaldate l’olio in una padella. Fate appassire la cipolla, l’aglio, le olive e i fagiolini per 5 minuti. Sfogliate il timo e unite le foglie. Condite con sale e pepe e servite.

Buoni anche per la salute

Infine, questi legumi forniscono poche calorie (ca. 30 kcal per 100 g), ma sono ricchi di fibre. Inoltre, sono una buona fonte di proteine vegetali, vitamine, sali minerali e oligoelementi.

I caprini nostrani

Attualità I Büscion di capra sono una specialità imprescindibile

Flavia Leuenberger Ceppi

della tavola ticinese

Gli amanti delle eccellenze culinarie del nostro territorio che prediligono i sapori e gli aromi più decisi, non rinuncerebbero mai ai büscion a base di latte di capra ticinese. Distribuiti dalla LATI di S. Antonino, azienda specia-

lizzata nella produzione di numerosi formaggi freschi e semiduri, questi formaggini freschi dalla forma cilindrica che ricorda un tappo (da qui il nome dialettale), sono caratterizzati dalla loro pasta morbida e compatta,

senza occhiature e crosta, dal colore bianco e consistenza cremosa, facilmente spalmabile. Il gusto delicato, ma al contempo più vivace e pronunciato rispetto ai formaggini di mucca, ne fanno un prodotto particolarmente ricercato dai consumatori che vogliono ritrovare tutta la genuinità dei cibi locali. Leggeri, sono ben tollerati anche da coloro che fanno più fatica a digerire i prodotti di latte vaccino. I Büscion di capra nostrani dalla scorsa primavera si presentano inoltre con un nuovo imballaggio, più pratico, funzionale ed ecologico rispetto al precedente: sono infatti confezionati in due vaschette singole che ne garantiscono la freschezza, sono dotati di un’apertura semplificata e il packaging è in materia plastica PE (polietilene) riciclabile. Molto versatili in cucina, i caprini possono essere consumati da soli, conditi con un filo d’olio e una spruzzata di pepe; usati per arricchire un tagliere di formaggi misti della regione; spalmati su fette di pane casereccio oppure utilizzati per la preparazione di primi piatti e farciture.

20% sul pesce fresco intero A pesca di convenienza! Questa settimana potete approfittare di un imperdibile sconto del 20% su tutto l’assortimento di pesce fresco intero. Che si tratti di trota, branzino, orata, rombo, sogliola, salmone, coregone, rana pescatrice o acciughe, da noi la proposta non è solo ampia e variegata, ma è sempre della migliore qualità e proveniente tutta da fonti sostenibili.

Azione 20% dal 10 al 16.8 Büscion di capra nostrani 200 g Fr. 6.20 invece di 7.75


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

5

Idee e acquisti per la settimana

Il make-up per l’estate

Novità Deborah Milano lancia le nuove tinte labbra Aqua Tint Lipstick

Un’esplosione di intensi colori e una lunga tenuta sono garantite con i nuovi rossetti Aqua Tint Lipstick firmati da Deborah Milano. Leggera e fresca, questa gamma innovativa a base di acqua ti regala un perfetto make-up che dura tutto il giorno. Le 8 tonalità disponibili sono proposte in un pratico formato a pennarello e sono facilissimi da applicare. I rossetti sono inoltre arricchiti di Aloe Vera per una sensazione di idratazione e freschezza senza eguali. La consistenza ultraleggera e l’elevata concentrazione di pigmenti donano un comfort e un’intensità di colore simile a quella dei rossetti tradizionali. Grazie al finish satinato l’aderenza alle labbra è perfetta, come anche la resistenza all’acqua e la tenuta sotto la mascherina. I consigli dell’esperto di Deborah Milano per un’estate a tutta bellezza: le tonalità «Terracotta» e «Rose» sono perfette come passe-partout. «Coral Red», «Geranium» e «Coral» si abbinano bene agli incarnati più ambrati e ai capelli castani, come pure ai trucchi occhi dalle tonalità verde sottobosco. Per mettere in risalto il sorriso sono adatte le nuance universali «Red», «Deep Red» e «Pink». Infine, per sottolineare gli incarnati mediterranei e i capelli bruni, si consiglia di utilizzare la nuance «Deep Red».

Aqua tint lipstick 8 tonalità, al pezzo Fr. 19.50 In vendita nelle maggiori filiali Migros Annuncio pubblicitario

Meno zucchero, più frutta 20x PUNTI

Novità

1.95

Marmellate You albicocche, lamponi o fragole, per es. albicocche, 210 g

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. Offerte valide solo dal 3.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock

e il a t t u r f i d C o n i l 6 0 % c h e r o i n me no 3 0% di zuc Testa ora gratuitamente su migipedia.ch


Ci siamo quasi … 9.95

Sacca sportiva Central Square turchese, taglia unica, il pezzo

39.95

Zaino Central Square blu marino, taglia unica, il pezzo

5.95

Astuccio verde con materiale riciclato, il pezzo

l e: i b i n e ost iciclato s e o Pratico in PE T r tt prodo Offerte valide solo dal 22.6 al 5.9.2021, fino a esaurimento dello stock Alcuni articoli sono in vendita solo nelle maggiori filiali.


nti u p p a , e t Per lis e idee o altr

8.95

Set di promemoria, FSC 3 pezzi, il set

29.95

5.95

Astuccio il pezzo

Zaino Central Square azzurro, taglia unica, il pezzo


Per studenti grandi e piccoli.

40% 13.10 invece di 21.90

conf. da 2

Borraccia per bambini Camelbak Eddy 0,4 litri

40% 35.90

Hit 19.90

T-shirt per bambino Champion Tg. 128–164

Zaino Deuter Spin 20 litri, il pezzo

invece di 59.90

30.– di riduzione

199.– invece di 229.–

Samsung Tab A7 10,4" (2020) WiFi 32 GB Dark Gray Schermo da 10,4", RAM da 3 GB, slot per schede microSD (fino a 1 TB), processore Octa-Core™, 4 altoparlanti con Dolby Atmos®, modalità Samsung Kids, corpo leggero e sottile in metallo – 7987.604

Le offerte sono valide dal 10.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock. Trovi questi e molti altri prodotti nei rispettivi negozi specializzati (melectronics e SportXX) e nelle maggiori filiali Migros. Con riserva di errori di stampa e di altro tipo.

25% 59.95 invece di 79.95

Stampante multifunzione DeskJet Plus 4122 Stampante a getto d’inchiostro per stampare, scansionare, fotocopiare, inviare e ricevere fax, alimentazione automatica dei documenti, stampare comodamente e velocemente da smartphone o tablet, installazione semplice con l’app HP Smart – 7982.800

Hit 29.95

Calcolatrice TI-30X IIS Consigliata per l’utilizzo alle scuole medie, display a due righe, diverse funzioni, statistiche con una e due variabili, elaborazione delle voci, copia e incolla – 7910.408


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

9

Società e territorio

Sul lucomagno, nella cembreta più bella del ticino

passeggiate Nella riserva forestale della Selvasecca, tra Pini cembri, nocciolaie e natura incontaminata

Elia Stampanoni Il Lucomagno è un territorio di transito, passaggio dal Ticino al Grigioni, dalla valle di Blenio a quella di Medel, ma è anche una vasta zona escursionistica con circa 180 km di sentieri. Percorsi che vanno a toccare ambienti naturali d’indubbio interesse, cime e vette, alpi e monti. In questo contesto, nel 2000, furono realizzati da Blenio Turismo sette percorsi, inseriti parzialmente nella rete pedestre già esistente. Si tratta dei Sentieri naturalistici del Lucomagno, oggetto di un opuscolo, in seguito aggiornato e oggi coordinato da Bellinzonese e Alto Ticino Turismo.

La Cembreta della Selvasecca è la più estesa della Svizzera meridionale, con alberi di oltre tre secoli di età La prima proposta è dedicata alla Riserva forestale della Selvasecca, «La Cembreta più bella del Ticino», come viene descritta nella pubblicazione. È una gita in alta montagna, sopra i 1’800 metri di altitudine, quindi da svolgere con l’adeguato equipaggiamento e la necessaria preparazione. È però una camminata non troppo impegnativa, che s’inoltra nel cuore della riserva forestale, la quale si estende su una superfice di 76 ettari. Si parte dal Centro Pro Natura di Acquacalda e si seguono le indicazioni, come per gli altri percorsi caratterizzate da cartelli, frecce, rombi e marcature colorate, in questo caso di tinta gialla. Dopo aver attraversato il fiume Brenno, s’entra subito nella Cembreta, per salire lungo un tortuoso sentiero fino al punto più alto della gita, che sbucherà poi ai 1911 metri di Lareccio. La riserva forestale è caratterizzata da diverse specie di aghifoglie, come l’Abete rosso, il Pino mugo, il Larice e, chiaramente, il Pino cembro. Quest’ultimo è riconoscibile dagli aghi raggruppati a mazzetti di cinque e la sua presenza è correlata alla vita della nocciolaia. Si tratta di un piccolo corvide dal mantello bruno macchiato di bianco, che fa sentire il suo verso nella Cembreta. Le nocciolaie, verso la fine dell’estate, ispezionano i pini alla ricerca delle pigne, nelle quali ritrovano i semi di cui sono ghiotte.

Il Pino cembro è riconoscibile dagli aghi raggruppati a mazzetti da cinque. (E. Stampanoni)

Semi che esse trasportano in migliaia di nascondigli per fare una scorta invernale. Ma solo una parte dei semi verrà ritrovata e mangiata, permettendo agli altri semi di dare vita a nuovi alberi e garantendo il ringiovanimento del bosco. La Cembreta della Selvasecca, come leggiamo nella breve descrizione dell’opuscolo, è «quella più estesa della Svizzera meridionale, con alberi di oltre tre secoli di età». Lungo il cammino si possono di fatto osservare degli esemplari imponenti, accanto ad altri alberi più giovani. Come in altre riserve forestali, anche questa è lasciata integralmente all’evoluzione naturale, protetta dall’intervento umano. Si rinuncia in pratica a qualsiasi gestione forestale, ad eccezione del taglio di determinate piante per la manutenzione dei sentieri. La particolarità della Selvasecca sta anche nella sua collocazione su una sorta di collina che, come esposto nel pieghevole «Riserva forestale Selvasecca», pubblicato dalla Sezione forestale del Dipartimento del territorio, «emerge maestosa e discreta fra pianure alluvionali e depositi glaciali

cosparsi da paludi e torbiere di rara bellezza e d’importanza nazionale». Nello stesso pieghevole si trovano altre indicazioni e nozioni più dettagliate sulla riserva, istituita nel 2004 con la firma della convenzione tra il Patriziato generale di Olivone, Campo e Largario e lo Stato del Cantone Ticino. La passeggiata nella Riserva prosegue all’insù, sempre accompagnata dai Cembri e da altre specie tipiche del territorio. La quiete è protagonista, con unicamente i rumori della natura ad accompagnare la salita. Tra ruscelli, rocce, sassi, radici e gradoni la vista si apre solo a tratti, lasciando spazio a un fugace panorama sulle vette circostanti. A seconda del periodo e del caso sono pure possibili incontri con la fauna locale, mentre da luglio a settembre ci si potrebbe imbattere in qualche esemplare di Boleto lacrimante o Boleto siberiano, due funghi che vivono in stretta simbiosi con il Pino cembro. Giunti in vetta, il sentiero finalmente concede una tregua e gli alberi lasciano gradualmente spazio ad ampi pascoli, prati e zone umide. Un pannello segna l’uscita dalla riserva e si può

quindi rientrare al punto di partenza lungo un altro sentiero che attraversa Stabbio Vecchio e scende in località Ai Pini. Una variante più lunga ma meno scoscesa è quella che passa da Alpe Gana, percorrendo una comoda strada sterrata che porta a Casaccia e lungo la quale non è raro udire e vedere delle marmotte. Da Casaccia si può poi rientrare ad Acquacalda camminando sul sentiero lungo il fiume Brenno, approfittando ancora di altri scorci di paesaggio e insinuandosi pure in zone golenali ricche di aghifoglie. La gita così come proposta dall’opuscolo dei Sentieri naturalistici ha una lunghezza di circa 4 chilometri e i tempi di percorrenza, anche considerato il dislivello di 250 metri (in salita e poi in discesa), possono superare l’ora e mezza. Durante la gita non mancano comunque degli spazi e delle possibilità per una pausa, per fermarsi ad ammirare l’ambiente, la flora e la fauna, per godersi il panorama e anche il silenzio. Oltre alla segnaletica, nella zona del Lucomagno s’incontrano anche delle tavole orientative e delle tavole

tematiche con inseriti tutti i sentieri naturalistici, che in totale si sviluppano su circa 70 km. Proposte che invogliano a tornare per un’altra gita, anche eventualmente approfittando di alcune escursioni guidate che vengono regolarmente organizzate da diverse associazioni. Per esempio il 19 agosto, quando il sentiero numero 1 dei Sentieri naturalistici del Lucomagno, quello della Selvasecca, sarà parte della gita organizzata da Blenio Bellissima. L’Associazione ha allestito un programma con una trentina di camminate accompagnate in Valle di Blenio, da aprile a ottobre. «Il progetto non vuole essere un’imitazione di quello che già altri fanno – spiega il presidente Edgardo Mannhart – pur facendo capo a sentieri già esistenti, è un susseguirsi di piccoli eventi per ripercorrere il tempo, capire e scoprire un territorio alpino ricco di arte, cultura, natura e storia». Un’idea nata in conseguenza al lungo e difficile periodo di pandemia e che ha riscontrato un ottimo riscontro, trovando nella Valle di Blenio e nella zona del Lucomagno un territorio più che adatto. Annuncio pubblicitario

Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino

Enoteca Vinarte, Centro Migros Agno

Enoteca Vinarte, Migros Locarno

Ora ti propone anche le migliori offerte di vini Epicuro Aglianico Puglia IGP

Casal Garcia Branco Vinho Verde DOC

Val Souche Fendant du Valais AOC

Carpineto Chianti Classico DOCG

Rating della clientela:

Rating della clientela:

Rating della clientela:

Rating della clientela:

36%

40%

2020, Puglia, Italia, 6 x 75 cl

Portogallo, 6 x 75 cl

2020, Vallese, Svizzera, 6 x 70 cl

2019, Toscana, Italia, 75 cl

90 PUNTI JAMES SUCKLING

50%

33.75 invece di 67.50

5.65 a bottiglia invece di 11.25

*Confronto con la concorrenza

42%

23.70 invece di 41.10

3.95 a bottiglia invece di 6.85

29.95 invece di 46.80*

5.– a bottiglia invece di 7.80*

7.30 invece di 12.25

43.80 a cartone da 6 invece di 73.50

Offerte valide dal 10 al 16 agosto 2021 / fino a esaurimento / i prezzi promozionali delle singole bottiglie sono validi solo nella rispettiva settimana promozionale / decliniamo ogni responsabilità per modifiche di annata, errori di stampa e di composizione / iscrivetevi ora: denner.ch/shopvini/newsletter


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

10

Società e territorio

l’ombra suadente della contemporaneità

Noi e il tempo Viviamo una doppia forma di contemporaneità, quella quotidiana e quella generazionale, che ha

una funzione strategica nel permettere all’essere umano di dare senso a ciò che fa – Ma può anche essere una trappola Massimo Negrotti Pochi termini linguistici si presentano, nel loro uso, secondo la stessa elasticità del termine «contemporaneità». In effetti questo concetto esibisce un’estensione piuttosto ampia, che va da quella che si riferisce ad un’intera fase storica, come è per la convenzione introdotta dagli storici, a quella più arbitrariamente breve del lessico quotidiano, come quando ci riferiamo alla contemporaneità di due eventi, quale che sia la loro natura. Ma, al di là di tutto questo, c’è un significato più sottile, che riguarda tutti noi, che conferisce alla contemporaneità un ruolo chiave nella visione del nostro stesso esistere. A questo proposito, potremmo affermare che la contemporaneità, per ciascuno di noi, è l’unica realtà in cui il tempo ci appare con una pregnanza quasi concreta anche se misurabile solo convenzionalmente, e che essa ci accompagna nel corso di tutta la vita. Come sappiamo, fu Sant’Agostino a sostenere che il tempo, concetto che sta al cuore della contemporaneità, non esiste oggettivamente poiché il passato non c’è più, il futuro non c’è ancora e il presente è una mera illusione, una sola forma di percezione. È proprio da questa ultima sottolineatura agostiniana che, lasciando da parte alcune complesse concezioni del tempo della scienza fisica, val la pena di prendere le mosse per parlare di contemporaneità nella sua funzione psicologica e culturale.

Abbiamo la sensazione che l’esistenza coincida con quel che siamo e facciamo ora, ma dimentichiamo che domani sarà diverso In breve, questa configurazione della contemporaneità è quella che scopriamo, dentro e fuori di noi, ogni mattina al nostro risveglio, che si sviluppa in una miriade di stati successivi ed è fatta di eventi entro i quali cerchiamo equilibri costituiti da emozioni, intuizioni, valutazioni e azioni. Anche quando ricordiamo il passato ci situiamo in questo tipo di contemporaneità e l’oggetto del ricordo non può sottrarsi

all’influenza del nostro stato attuale, per cui alcuni dettagli svaniscono mentre altri ricevono particolare enfasi. Ciò vale, del resto, anche per il passato più recente perché la ripetizione intenzionale di un comportamento che ci ha gratificato, che si tratti di un viaggio, di un incontro o di un concerto, non è mai tale da presentarsi con la stessa, identica fisionomia. Indipendentemente dalla durata temporale convenzionale ma anche dall’intensità psicologica del momento che stiamo vivendo, punto sul quale ha insistito, come è noto, Henri Bergson, la contemporaneità è ciò che viviamo «ora» o «adesso», ed è qualcosa che, come un ombra, ci accompagna costantemente. Per dirla diversamente, viviamo perennemente nel tipo di contemporaneità di cui stiamo parlando perché essa è il solo contesto in cui ci è dato avere coscienza immediata del nostro esistere. Si pensi alle varie fasi dell’età dall’essere umano: per il bambino, che pur è oggetto di mutamenti biologici notevoli e continui, la contemporaneità è decisamente chiara perché è costituita dagli eventi che i genitori pongono in essere e gli offrono come un contesto che a lui appare fisso e definitivo; l’adolescente comincia ad aprire gli occhi sul mondo esterno e a nutrire desideri di emancipazione ma continua, per lo più, a percepire il suo essere al mondo come una condizione che non prevede ulteriori cambiamenti, valutando se stesso come una realtà data; l’uomo adulto, a sua volta, disponendo di una personalità compiuta, consolida dentro di sé, giorno per giorno, una visione del mondo secondo una immagine sempre più salda di se stesso, cercando di confermarla in ogni «adesso» del suo esistere quotidiano. Quando, poi, si approssima l’età anziana e la biologia riprende sensibilmente in mano la partita, la contemporaneità assume forme, talora grottesche, di tentativi di conferma e riconferma del passato, che si manifestano in atti, in senso generale, «cosmetici» o di penoso giovanilismo, come volesse eternarsi secondo la goethiana aspirazione a fermare l’attimo bello. L’accorciarsi dell’aspettativa di vita, insomma, induce ad aggrapparsi alla contemporaneità quotidiana assegnandole una rilevanza molto più

Siamo sospesi in un tempo presente che ci sfugge, con un passato che non è più e un futuro che non è ancora. (Shutterstock)

intensa di prima, anche se non sempre secondo la saggezza del carpe diem di Orazio. Tutto questo, comunque, deve fare i conti, ad ogni generazione, con una contemporaneità nel suo senso culturale più allargato, quella fatta di decenni e, appunto, di generazioni. A questo riguardo, l’anziano tende mediamente a mostrarsi, come già indicato sempre da Orazio, laudator temporis acti e ciò non perché non intuisca che le cose nuove possono offrire vantaggi decisivi rispetto alle pratiche passate, ma perché il centro della sua vita, cioè la contemporaneità che egli aveva intensamente vissuto, includeva altre cose e altri contesti, che conosceva bene e ai quali si era perfettamente adattato. C’è chi constata il progresso che avanza con malcelata tristezza e chi, addirit-

tura, finisce per inveire contro le novità incolpandole di ogni perversione. È ciò che è accaduto, per esempio, nel campo dell’elettronica del calcolo digitale dove la generazione che aveva vissuto e lavorato con i commutatori a comando elettromeccanici accettava con diffidenza il passaggio al mondo delle valvole termoioniche, laddove, chi lavorava con queste, trovava antipatici i transistor, gli esperti dei quali, a loro volta, guardavano con sospetto l’avvento dei circuiti integrati. In effetti, ad ognuna di queste fasi evolutive della tecnologia corrispondeva una precisa contemporaneità, percepita come fondamentale e irrinunciabile o addirittura conclusiva. Da parte loro, i cosiddetti «nativi» del personal computer o degli smartphone vivono la loro contemporaneità con compren-

proprio amico, Brando, scomparire inghiottito dal lago, durante la caccia a un leggendario e sfuggente pesce (anche questo è un topos letterario, trattato con eleganti allusioni da Giuseppe Festa, non a caso un vecchio pescatore si chiama Santiago, come ne Il vecchio e il mare di Hemingway). Nonostante le ricerche, il corpo di Brando non si ritrova, il paese è in lutto; i ragazzini, pur nel turbamento, a un certo punto riprendono a giocare, perché la vita va avanti, ma ecco che compaiono dei misteriosi bigliettini che dicono cose che solo Brando poteva sapere. Il mistero si infittisce. Giuseppe Festa ha attinto in parte ai suoi ricordi personali, legati alle estati della sua infanzia dai nonni, custodi di una villa sul lago d’Iseo, per creare questo romanzo in cui il lago è centrale. Un romanzo teso, che ci porta con franchezza nei chiaroscuri della vita, che parla di congedi, definitivi e temporanei, ma che è sempre rivolto alla forza della vita, e all’importanza di seguire i propri sogni.

Annette tison-talus taylor, Torna la signorina Giacomina, città Nuova editrice, collana I Nuovi colori del mondo. da 5 anni Sono davvero «tesori ritrovati», come il timbro in copertina ci segnala, questi deliziosi piccoli libri dedicati alla signorina Giacomina, la mitica Victorine Confiture, nell’originale, creata dagli autori dei Barbapapà: Anne Tison e Talus Taylor. Un recupero molto opportuno di storie da proporre anche ai lettori di oggi, che le apprezzeranno tantissimo. La tonda signorina Giacomina, con due codini e il vestito a pois verdi, vive con la sua cagnolina Ricotta delle microavventure gentili e quotidiane: ad esempio esce sotto la pioggia per comprare la pappa per Ricotta ma si busca un raffreddore, allora esce Ricotta per comprare a Giacomina delle medicine e si raffredda anche lei... e allora che bello stare entrambe sotto le coperte a leggere delle storie! E che dire di quando va via la luce in casa

sibile ovvietà e col sorriso sulle labbra quando vengono a sapere dello stato del calcolo elettronico di, poniamo, 40 anni fa, ma il destino che li attende è inesorabilmente lo stesso. In definitiva la doppia contemporaneità che abbiamo discusso – quella quotidiana e quella generazionale – ha una funzione strategica nel porre gli uomini nella condizione di assegnare senso a ciò che fanno, ma, se concepita come l’ultima realtà possibile, può trasformarsi in una vera e propria trappola. Infatti, essa induce la sensazione che l’esistenza coincida con la concretezza di ciò che siamo, facciamo o accade «qui ed ora» trascurando la serie degli eventi che, in seno ad una contemporaneità più ampia, ci hanno portato sin qui e la serie di quelli che ci attendono dietro l’angolo.

Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Giuseppe Festa, I lucci della via Lago, Salani. da 11 anni È uscito un nuovo romanzo di Giuseppe Festa, amato autore di storie ambientate nella natura – lui stesso è naturalista oltre che scrittore – e con gli animali come protagonisti (ricordo almeno due suoi best seller, Il passaggio dell’orso e La luna è dei lupi), ma stavolta gli animali restano sullo sfondo, e i «lucci» del titolo sono ragazzi, una banda di ragazzi che scorrazza libera e «selvaggia» sulle rive del lago d’Iseo, e anche dentro il lago d’Iseo, pescando avventurosamente, e intrecciando la pesca con i giochi di strada, le amicizie, i primi amori. Una libertà en plein air che i ragazzi di oggi conoscono meno: infatti la storia è situata all’inizio degli anni Ottanta, precisamente nel 1982, l’estate che vide l’Italia trionfare ai Mondiali. Le partite, che Mauri, giovane protagonista e io narrante, segue in televisione, scandiscono anch’esse il ritmo del racconto. Un’estate di formazione, sullo sfondo dei Mondiali

di calcio: è un tema ricorrente nella letteratura per ragazzi, e penso ad esempio a L’estate che conobbi il Che, di Luigi Garlando, dove i Mondiali erano quelli, meno trionfali, del 2014. Qui, ne I lucci della via Lago, dominano però le relazioni tra i ragazzi protagonisti, e i chiaroscuri delle loro emozioni, perché questa è una storia per certi versi anche molto «scura», in cui i giochi, come Mauri dice subito nell’incipit, possono trasformarsi in incubi. Ed è certamente un incubo vedere il

e nell’agitazione si combina qualche guaio? O di quando si trova un gattino e Ricotta è un po’ gelosa? Piccoli episodi che portano sempre il conforto di una soluzione, trovata con pazienza e saggezza, e che nella loro semplicità riescono ad essere anche appassionanti e divertenti. Nella stessa bella collana, diretta con intelligenza da Silvia Roncaglia, era già uscito il primo volume, La signorina Giacomina, anch’esso incantevole. I testi di questi libri sono in un terso, elegante corsivo.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

11

Società e territorio Rubriche

l’altropologo di Cesare Poppi Andrà tutto bene? Un bilancio «Andrà tutto bene» era il mantra scritto su muri e lenzuola che rimbalzava dai media ai social nei primi mesi del Grande Contagio. Si assisteva allora ad una gara di creatività nell’ironizzare su virus e pipistrelli, si improvvisavano concertini dai balconi (fra tutti quello di una cittadina tedesca che manda agli Italiani in testa alla classifica del contagio un coro di Bella Ciao cantata dalle finestre), si postano video che irridono al lockdown (a quando una compilation del fior fiore da Oscar?) mentre ci si inventano cani-robot per poter uscire di casa in missione umanitaria – per così dire (sì, nel Bel Paese è successo anche questo). Insomma, un’esplosione di buon umore ed artistico fai-da-te alla faccia alla crisi accompagnata da una grande fiducia nel Vaccino (si seguiva la gara fra i colossi farmaceutici come fosse una gara fra Bartali e Coppi) che aveva fatto meravigliare Antropologi (sic: l’Altropologo prendeva sì appunti ma non si entusiasmava) e altri Scienziati sociali sulla resilienza (il termine sarebbe a bre-

ve diventato virale a proposito e meno) della cultura popolare, sulla disciplina delle masse urbane e tutti gli addentellati che accompagnarono quei mesi memorabili. Ricordate i panegirici sulla «Natura che si riprende i suoi spazi», gli inviti di psicologi ed esperti a «riscoprire» i legami famigliari nell’intimità della Tombola e del Monopoli? Fecero poi il resto i sussidi statali per i redditi più colpiti: sembrava bastasse alzare la mano e dire «olà, ci sono anch’io!» (o forse mugugnare un po’) che arrivava un pacco dono o uno sgravio fiscale. Poi, alla Grande Ripartenza, una raffica di agevolazioni nella forma di «rottamazioni». Concetto tutto Cisalpino (incomprensibile peraltro ai colleghi corrispondenti del Vostro che scrive, i brexiti d’Oltremanica che, dopo aver incassato un rigore di troppo si trovano adesso ad avere i reparti di cavoli ed insalate nei supermercati vuoti e fanno dunque sempre più fatica a capire la magia della «rottamazione». Che consiste nel geniale escamotage di trasferire una

strategia inventata per mandare – finalmente, deo gratias – in pensione alcuni preistorici protagonisti della vita politica italiana creduti sempiterni/immortali (fate voi) in cambio dell’ennesima prebenda, presidenza o consulenza che potesse attirarli fuori dal Palazzo per poi – zac! – blindargli la porta alle spalle e lasciarli finalmente fuori. La Cosa costa e bisogna saperla applicare, ma è molto efficace. Trasferita nell’ambito dei consumi, la Rottamazione consiste – ad esempio – nel presentarsi alla Concessionaria Porsche con un catorcio di Cinquecento e scambiarla con un bolide di ultima generazione. Costo: un pugno di dollari, che il resto ce lo mette il Governo. Funziona che è una meraviglia, per ora. Come facciano (loro) non lo sa nessuno. Noi, mi dicono, si fa così: si va in Concessionaria e fanno tutto – o quasi – loro. Online, dicono. Urca. Certo Mamma Europa da una mano e potremo prenderci anche l’altra, se faremo i bravi. Dicono. Ma, come continuava a rognare l’altra sera un vecchio

irriducibile veterano Alpino nella Sede periferica quassù nelle montagne dove si abbevera ogni sera il vostro Altropologo preferito: «Hanno rubato tanto che ogni tanto non sanno più dove metterli e allora qualcosa scappa fuori dalle tasche». Sarà, ma intanto anche in quello zibaldone incomprensible ai comuni mortali che era (parrebbe milioni di anni fa) la matassa infernale della politica italiana sembra essere scoppiata la pace. Una Pax Viralis – sia il caso di dire: «Prego, prego caro Collega: ecco la Campanella ed ecco lo Scranno da Primo Ministro». Also sprach il Conte al Drago un attimo prima di essere incenerito. Questo dopo essersela cavata tutto sommato niente male (e chi lo avrebbe mai detto?) nella prima fase del Morbo. Nella quale ha manovrato un Paese improvvisamente addomesticato – parte dalla Paura e parte dalla Novità (poiché di qua dalle Alpi siamo disposti ad assaggiare di tutto) – e pronto a fare il bravo fuori dal peggio prossimo venturo. E così tutti assieme appassionatamente sul carro. Ma – at-

tenzione voi maliziosi d’Oltralpe sempre pronti a pensar male del lontano vicino: qui non si tratta del solito italico opportunismo che induce a saltare sul carro del vincitore. No. Non è così: senonaltro perché Carri alternativi proprio non ce ne sono: tutti rottamati ed in attesa di rimpiazzi che tardano a venire. Sì, certo: si sgomita per stare al finestrino e c’è chi rifiuta di indossare la mascherina. Sui sedili di fondo fra i giovani fioriscono amori più o meno leciti, ma intanto il Carro va. Pian piano, lemme lemme e senza fretta. Ma va. Dietro può comunque tenere il passo anche La Sora Caciarona con il suo seguito oggi Primo Partito nella lotteria dei sondaggi. A piedi l’hanno lasciata. Ma non è questione di maschilismo stavolta. Ma per mantenere una fiction di Maggioranza e Opposizione, come si conviene in Democrazia. Avrà i suoi dividendi e tanti «grazie». Intanto tiene contenti i duri e puri che non fanno ala plaudente al Carro che incede, solenne.

sciate, fosse tua figlia ad andare a letto con un collega. Non credo che il marito sarebbe indulgente nei suoi confronti. La coppia aperta non ha mai funzionato. Che cosa penserebbero i ragazzi sapendo (i figli sanno sempre tutto) che i genitori si dedicano, indipendentemente l’uno dalla altra, a relazioni superficiali, non per il piacere ma per rianimare il rapporto di coppia, per il «bene della famiglia»? Di fronte alla scoperta di un adulterio più o meno strutturato, impossibile far finta di niente, continuare come di consueto. Ogni gesto cambia di significato e di senso: le premure di una moglie tradita si trasformano nelle prestazioni di una colf non retribuita: inaccettabili. Ma anche decidere di troncare tutto, di separarsi per orgogliosa, immediata reazione, è altrettanto sbagliato. Prima di chiedere la separazione, occorre sostare nel conflitto, darsi tempo per interrogarsi e mediare. La moglie che accetta senza batter ciglio le avventure del marito finisce per annacquare la relazione, per spegnere ogni passione. In modo altrettanto

distruttivo agisce però quella che dice subito: «basta, è finito tutto». Spesso, sotto le rovine di un matrimonio apparentemente spento , covano braci ancora calde che, se ravvivate, possono rimettere in moto la relazione di coppia. Evidentemente la scappatella di tuo genero rivela una situazione coniugale di crisi, di stanchezza, di usura. Il matrimonio, come la motocicletta, ha bisogno di costante manutenzione. Invece, ritenendolo ormai garantito, dimentichiamo spesso di occuparcene. La cosa migliore, placate le emozioni immediate, è parlarne con sincerità, ammettendo, oltre alle responsabilità dell’altro, anche le proprie. Non possiamo pretendere di recuperare lo slancio dei primi tempi ma neppure rassegnarci a una convivenza forzata. Dagli anni settanta molte cose sono cambiate e uomini e donne non stanno più insieme per convenzione ma per intima convinzione. Sono certa che a questa fondamentale conquista è stato decisivo l’apporto del femminismo, il coraggio di cambiare una tradizione

che sembrava da secoli immutabile, inesorabile come il destino. Purtroppo nel susseguirsi delle generazioni la consapevolezza del lavoro compiuto è andata smarrita, non siamo riuscite a passare di mano il testimone, a dire alle nostre figlie: noi siamo arrivate sin qui, ora proseguite voi. Tuttavia, cara «femminista indomita», non possiamo vanificare i risultati della «rivoluzione più lunga» traducendoli nei termini di una commedia superficiale, di una chiacchiera da salotto. Ce lo chiedono figlie e nipoti alle quali dobbiamo trasmettere una storia dignitosa e un impegno morale sostanziale e profondo. Spero mi capirai, e grazie per aver proposto un problema sottovalutato e una riflessione collettiva troppo presto dimenticata.

tiva commentare: e ne serbo un chiaro ricordo. Di quella serata fui testimone: come cronista per «Azione» e come tassista. Dopo la cena in un ristorante di Lugano, mi spettò, inatteso, l’incarico di portare Indro Montanelli in macchina a Chiasso. «Non guido, mi spiegò. Voglio evitare di fare danni stradali, ne faccio già abbastanza altrove». Signore della parola scritta, Indro Montanelli si confermava signore della parola parlata, annientando il distacco fra le due forme d’espressione. La scioltezza della chiacchierata si ritrovava sulle pagine stampate. Gli ascoltatori ticinesi, sovente suoi lettori, ne subirono il fascino, trascinati da un linguaggio affidato a battute memorabili. Ciò che doveva avere ripercussioni anche sul giornalismo locale. Non mancarono, nelle nostre redazioni, gli imitatori, in qualche caso persino patetici. Star della penna non ci s’inven-

ta, tanto più in un paese dove il mestiere d’informare è semplicemente un servizio da rendere al pubblico. E basta. Del resto, in Ticino affiorano forme d’orgoglio regionale per le proprie glorie, associate, però, a insofferenza e sospetto, nei confronti delle star di fama mondiale. Ne sa qualcosa Mario Botta. Una sorte che, in modo diverso, spettò anche a Montanelli: popolare, applaudito e poi controverso e, infine, sottoposto a un processo d’ordine morale e ideologico. A innescare la miccia, contribuì il dibattito Montanelli-Prezzolini, la sera del 26 maggio ’74, nell’auditorio della RSI, affollatissimo. Le contestazioni arrivarono da fronti opposti: la destra, scandalizzata dalla mancanza di rispetto per il potere costituito, la sinistra che denunciava presunte simpatie fasciste dei due oratori. E non finisce qui. Mentre Monta-

nelli continuava il suo tour ticinese, affrontando temi di grande attualità, quale la difesa di Venezia, Renata Broggini, ricercatrice storica locarnese, raccoglieva il materiale destinato a un libro, dal titolo irremissibile: Passaggio in Svizzera: l’anno nascosto di Indro Montanelli. Fu pubblicato nel 2007, sei anni dopo la morte del giornalista. Ora quest’indagine, improntata a ricerca di verità e rancore polemico, non ha certo offuscato la figura di un personaggio senza pari, anche per le sue stesse contraddizioni: «Anarchico e conservatore», secondo il pacato giudizio di Paolo Mieli. E maestro di uno stile che gli sopravvive. Simbolicamente, la statua che, lo commemora nel parco di via Palestro a Milano, continua a subire oltraggi e omaggi: imbrattata di vernice rossa, poi ripulita e sostituita da mazzi di fiori.

la stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi l’illusione della coppia aperta Cara Silvia, ho 75 anni e, come te, ho fatto il femminismo. Allora i rapporti con gli uomini erano particolarmente difficili perché noi non accettavamo più la vecchia posizione di sottomessa devozione, volevamo meglio e di più. Eravamo intransigenti e, visto che i partner non avevano alcuna intenzione di cambiare, molte li hanno lasciati tornando single nella speranza di ricominciare con uomini diversi dai precedenti, capaci di rispondere alle nuove esigenze femminili. Ad alcune, le più fortunate è andata bene, alla maggior parte male perché sono rimaste sole a crescere i figli e spesso a intraprendere penose cause legali per gli alimenti. Ora mia figlia, cinquantenne sposata da vent’anni e madre di due adolescenti, è venuta da me singhiozzando perché ha scoperto che il marito, che viaggia molto per lavoro, ha avuto una scappatella con una collega, coniugata senza figli. Lui assicura che è stata una cosa da niente, che il fatto è accaduto accidentalmente, alla fine di una serata in cui tutti avevano bevuto troppo. Ma lei,

mia figlia, ne fa una tragedia e vuole separarsi. Le sembra il caso, dico io, di reagire così nel Terzo Millennio? Care ragazze, basta con la favola dell’amore eterno! Una scappatella non è la fine del mondo, anzi può ravvivare un rapporto sessuale abitudinario e stanco. Donne svegliatevi! L’amore dura finché dura, poi si cambia registro: liberi tutti! Che ne dici? / Una femminista indomita Cara «femminista indomita», non ti sembra di farla un po’ facile? Quando un uomo e una donna decidono, senza che nessuno li obblighi, di «metter su famiglia», di stare insieme e di avere dei figli, stanno sottoscrivendo, più o meno esplicitamente, un patto di reciproca fedeltà. Il tradimento, comunque avvenga, infrange quell’alleanza provocando in chi lo subisce delusione e umiliazione. Forse il nostro femminismo è stato rigido e intransigente, ma l’etica delle «scappatelle» non è certo una soluzione. Pensa a cosa accadrebbe se, a parti rove-

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

mode e modi di Luciana Caglio montanelli e il ticino Molto, ovviamente, è stato detto e scritto rievocando, a vent’anni dalla morte, Indro Montanelli, protagonista per decenni del giornalismo italiano, e persino prototipo dell’italiano, connotato da virtù e vizi, per così dire nazionali. Proprio in questa luce, rivolta anche agli aspetti umani, fu visto in Ticino, dove era un po’ di casa. Vi era arrivato, da rifugiato, durante la guerra e, in seguito, da ospite di riguardo della RSI e della TSI, e di associazioni politiche e culturali. Ma, per il grande pubblico l’incontro con Montanelli in persona, avvenne nelle serate, organizzate dalla Sezione sociale culturale Migros, diretta dall’avvocato Sergio Jacomella che si rivelò un autentico anticipatore. Chiamato a operare in un ambito nuovo, qual era negli anni 60/70 il tempo libero, riuscì a captare le esigenze e le curiosità di un pubblico composito. Puntando sulle

personalità più autorevoli, originali e discusse del momento, con Montanelli propose un personaggio particolarmente vicino ai ticinesi, assidui lettori di quotidiani. Allora, nel nostro Cantone, se ne pubblicavano cinque che, bene o male, sopravvivevano. Insomma, invitando la più brillante firma della stampa italiana, il successo era assicurato. Infatti, sin dalla prima tappa dell’itinerario di Montanelli sotto l’egida Migros, a Chiasso, ottobre ’69, l’affollata sala del Teatro tributò all’illustre ospite grandi applausi. Ma, non soltanto. Al di là dell’ammirazione per lo stile di una parlata scorrevole, che incantava, gli ascoltatori avevano percepito un eccesso di disinvoltura a rischio di superficialità e inganno. Soprattutto, aveva disturbato l’irriverenza nei confronti dei politici italiani, messi alla berlina. «I panni sporchi si lavano in casa», si sen-


Igiene orale con ® ® elmex e meridol 10.8–23.8. 2021 elmex® – Non c‘è di meglio per i vostri denti.

Per denti sensibili

conf. da 2

20% 10.95

invece di 13.80

Dentifricio elmex® SENSITIVE PROFESSIONAL REPAIR & PREVENT 2 x 75 ml

Per una protezione altamente efficace della carie

conf. da 2

conf. da 2

25%

21%

10.90

invece di 13.80

conf. da 2

Dentifricio elmex® PROTEZIONE CARIE PROFESSIONAL 2 x 75 ml

5.40

invece di 7.20

25% Dentifricio elmex® JUNIOR 2 x 75 ml

5.40

invece di 7.20

Dentifricio elmex® BIMBI 2 x 75 ml

Per gengive sane conf. da 2

conf. da 2

20%

23% 9.95

invece di 13.00

Collutorio meridol®

Tutti gli spazzolini meridol®

2 x 400 ml

per es. meridol MORBIDO, 2 pezzi, 6.70 invece di 8.40 ®

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

conf. da 2

20% 7.80

invece di 9.80

Dentifricio meridol® GENTLE WHITE 2 x 75 ml


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

13

Ambiente e Benessere con il virus in alto mare Le crociere sono ripartite trasformando le loro debolezze in punti di forza

Anatolia estrema Alle pendici del Caucaso, Ani, la Città delle quaranta porte e delle 1001 chiese pagina 15

la zuppa estiva spagnola Pomodori, peperone, anguria e lamponi per una versione rinfrescante del gazpacho pagina 17

porte aperte alle cinofile Sabato 4 settembre avrà luogo in Ticino la prima giornata nazionale dedicata al cane

pagina 21

pagina 14

«più natura, sulla porta di casa»

Spazi verdi In Ticino, tredici siti di qualità

Marco Martucci Una farfalla vola fra l’erba alta del prato fiorito, dalla siepe naturale giunge un allegro cinguettìo, una libellula volteggia sopra lo stagno. L’impressione, piacevole e rilassante, è di aperta campagna. Ma voltiamo lo sguardo ed ecco tre persone riunite a un tavolo, computer portatili, telefonini e, poco più in là, una grande e moderna costruzione, il tetto coperto di verde. Siamo dentro un vasto agglomerato urbano, nella sede di un’azienda che ha deciso di mettere più natura nei suoi spazi esterni. Ha accolto l’invito della Fondazione Natura & Economia che, da oltre un ventennio, all’insegna del motto «Più natura, sulla porta di casa», promuove la gestione naturalistica di spazi verdi aziendali, immobiliari, di scuole e del settore delle cave, attraverso consulenza qualificata e personalizzata e rilasciando un certificato di qualità riconosciuto a livello nazionale, dal 2019 anche per giardini privati. La certificazione prevede la gestione naturalistica di almeno il trenta per cento delle aree esterne. Presente nei suoi centri di Lucerna, Montreux e Tenero-Contra, Natura & Economia è patrocinata dall’Ufficio federale dell’ambiente UFAM, da importanti associazioni e imprese, fra cui Migros che ha rinaturato oltre 2,5 milioni di metri quadrati di sua proprietà. Collabora inoltre con partner nazionali e internazionali. Dal Rapporto 2020 sull’attività della Fondazione apprendiamo che la pandemia non ha frenato le adesioni: ben 53 siti hanno ottenuto la certificazione, un vero record. A tutt’oggi, i siti certificati sono oltre seicento, per una superficie complessiva di 40 milioni di metri quadrati di area naturalistica, pari a 5600 campi di calcio. In Ticino, i siti finora certificati sono tredici, in totale 27 ettari. Eccoli. La Casa dei Ciechi a Lugano, la Clinica di Novaggio, la sede RSI a Comano, Migros Do it + Garden a Losone, il Consorzio depurazione acque del Verbano, primo ente ticinese a essere certificato con i due impianti alla foce della Maggia e del Ticino, l’Accademia di architettura a Mendrisio, il Tennis Club

del Patriziato di Ascona, la stazione in vetta della Ferrovia del Monte Generoso, lo Studio di consulenza ambientale OIKOS a Bellinzona, la Base aerea di Locarno. Recenti arrivi nel 2020, un Bed & Breakfast a Brione s. Minusio e IKEA a Grancia, in mezzo al ben noto Pian Scairolo. Zona a prima vista ostile alla natura, si rivela preziosa opportunità per inserire, attraverso una gestione adeguata e mirata, elementi naturali di valore. Come spiega Roberto Buffi, responsabile dell’Ufficio regionale di Natura & Economia per la Svizzera italiana, c’è ancora molta natura da valorizzare, nelle superfici industriali, artigianali, commerciali e non solo. Occorre, secondo Buffi, sviluppare «una nuova estetica, una nuova sensibilità e un nuovo approccio» nella gestione degli spazi verdi. Realizzare un giardino in sintonia con la natura non comporta grandi spese; inoltre, la manutenzione è meno costosa e più rispettosa dell’ambiente. La presenza di alberi, possibilmente autoctoni, di facciate e tetti verdi, prosegue Buffi, è un’efficace strategia contro la canicola estiva, specialmente nelle città. Un ambiente variato al posto di spazi asettici, grigi, monotoni arricchisce non solo la biodiversità ma apporta provati benefici anche a chi ci vive e lavora. Per rendersi conto di come agire per portare più natura intorno a fabbriche, depositi, abitazioni non c’è di meglio che andare a vedere. Al posto di siepi formate da un’unica specie, solitamente esotica, potate in modo squadrato e rettilineo, si preferiranno siepi miste composte da arbusti della regione, apprezzati anche dagli uccelli. Curiosamente, fa notare Roberto Buffi, si conoscono meglio i nomi delle piante esotiche che non quelli delle nostre. Qualche azalea o camelia, nomi ben noti, non ci impediranno di avere un giardino naturale ma i nostrani prugnoli e cornioli, son pochi a conoscerli. I prati verdi tagliati frequentemente a raso non hanno nulla da spartire con la natura. Un prato fiorito con specie locali, magari anche solo un angolo, allieta la vista, attira farfalle e altri insetti impollinatori. Vogliamo ancora

© Roberto Buffi

finora certificati per un totale di 27 ettari, ma c’è ancora molto da fare

ammirare le farfalle e deliziarci del canto degli uccelli? Offriamo loro lo spazio che gradiscono e arriveranno. Alberi e arbusti, oltre a fornire gradevole ombra e frescura durante le calde giornate estive, trattengono le polveri e proteggono dai rumori. Uno stagno, la posa di piccole strutture come legno morto, mucchietti di sassi o ghiaia apportano nuovi ambienti di vita. Al posto di troppo asfalto, impermeabile, parcheggi e passaggi possono essere almeno in parte pavimentati consentendo all’acqua piovana di penetrare nel suolo. Spazi verdi gestiti in modo naturale portano un grande contributo all’ambiente, alle piante e agli animali cui offrono habitat diversificati in un territorio sempre più snaturato. Anche e magari soprattutto am-

bienti in apparenza lontani dalla natura possono essere gestiti in modo naturale. Un caso esemplare ci viene presentato dal Rapporto 2020 della Fondazione Natura & Economia: «Buona pratica 2020 – l’esercito alla Base aerea di Locarno. Lavoro per la natura». Nel quadro del Programma federale Natura Paesaggio Esercito, leggiamo, la direzione del centro aeroportuale è da tempo impegnata nella conservazione e nel ripristino di ambienti naturali. Spicca un prato naturale, più di undici ettari, gestito estensivamente senza l’uso di concimi e sfalciato al massimo due volte l’anno. Siepi miste di piante autoctone offrono cibo e rifugio a molti animali. Un biotopo secco di oltre 2000 metri quadrati è stato realizzato asportando la terra vegetale e

apportando sabbia e ghiaia dalla foce della Verzasca, dove è stato creato uno stagno. Fra gli alberi, si eliminano le specie esotiche piantando essenze autoctone, come querce, betulle e pioppi. Infine, si contengono regolarmente le piante invasive e si effettua un monitoraggio. Per quanto realizzato, la Base aerea di Locarno ha ottenuto il riconoscimento di qualità dalla Fondazione Natura & Economia. Attività umane e natura possono andare d’accordo. Il successo della Fondazione Natura & Economia con il raggiungimento dei suoi obiettivi ne è chiara dimostrazione. Informazioni

www.naturaeeconomia.ch


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

14

Ambiente e Benessere

È tempo di salpare

la rumelia di Fermor

a tutto il settore turistico

letture per viaggiare

Viaggiatori d’occidente Le crociere stanno ripartendo e la loro lezione potrebbe servire

Bussole Inviti a

Claudio Visentin Se volete farvi un’idea di cosa stia succedendo nel turismo in questa estate complicata, forse dovreste salire su una nave da crociera. Lo scorso anno questi giganti del mare erano il simbolo stesso della pandemia. Nomi da fiaba mille volte sognati e desiderati − Diamond Princess, Grand Princess – erano diventati lazzaretti galleggianti, con i passeggeri isolati in cabina, impegnati a condividere sui social la loro paura. In queste condizioni il blocco delle crociere fu una scelta inevitabile. Nei mesi seguenti per ridurre i costi un buon numero di navi furono smantellate, tra queste Carnival Fantasy, una leggenda navigante e la prima della sua classe; nonostante fosse stata da poco rimodernata, lo scorso settembre ha compiuto il suo ultimo viaggio verso il cimitero delle navi di Aliağa, sulla costa occidentale della Turchia. Di lì a poco hanno condiviso il suo destino anche le gemelle Carnival Inspiration e Carnival Imagination. Durante la pandemia le grandi compagnie – Carnival, Royal Caribbean, Norwegian Cruise Line – hanno perso novecento milioni di dollari al mese bruciando rapidamente le scorte (per un confronto, nell’estate 2019 avevano guadagnato sei miliardi e mezzo di dollari). Carnival da sola ha accumulato perdite per oltre tredici miliardi di dollari. Oltretutto, per la loro (discutibile) abitudine di stabilire il domicilio legale in paradisi fiscali (Carnival per esempio ha sede e bandiera a Panama), queste compagnie erano rimaste escluse dagli aiuti di Stato e avevano dovuto chiedere prestiti con interessi superiori all’11% (ora va meglio e siamo intorno al 4%).

Le compagnie di crociera convivranno con il virus per non attendere improbabili ritorni alla normalità Dopo tante incertezze, ora sembra giunto il momento di riprendere le vie del mare. Alla fine di giugno Celebrity Edge è stata la prima nave a salpare dopo oltre un anno di pausa e altre compagnie l’hanno subito imitata. Le prenotazioni non si sono fatte attendere; in alcuni casi la domanda supera

«Alessandropoli è una grande città, ma gli alessandropolitani non hanno nulla di eccessivamente cittadino. Al contrario. I dipendenti statali di Atene si lagnano se vengono assegnati qui e i giovani ufficiali, alla prospettiva di questo esilio trace, si guardano di sbieco. (Non è stato sempre così. Il mio amico Yannis Peltekis, che visse qui da bambino, ai tempi dei turchi, la racconta come una città ricca di avventure e misteri da Mille e una notte)…».

La prima nave a riprendere il largo è la Celebrity Edge. (Pxhere.com)

l’offerta e alcune navi sono già al completo, per esempio le crociere di Royal Caribbean in partenza dalla Florida in agosto. È una clientela affezionata: già lo scorso anno circa metà dei passeggeri aveva rinunciato al rimborso preferendo spostare la propria crociera in tempi più tranquilli. Altri segni di ripresa? Virgin Voyages, la nuova compagnia del miliardario inglese Richard Branson (si è molto parlato del suo recente viaggio ai limiti dello spazio con Virgin Galactic), fu pensata prima dell’epidemia sviluppando un concept rivolto esclusivamente a giovani adulti su navi di nuova concezione (Superyacht). Il varo della sua nave più importante, Scarlet Ship, era previsto per marzo 2020 a Miami ed è stato ovviamente rimandato, ma ora i primi viaggi di prova sono stati proposti al pubblico inglese con un motto all’insegna dell’ottimismo: «È tempo di salpare»! («It’s go time, UK. Let’s Sail!»). Saga Cruises al contrario si rivolge solo a turisti con almeno mezzo secolo sulle spalle; la sua nuova nave Spirit of Adventure è da poco salpata per una crociera di due settimane intorno alla Gran Bretagna. I giornali hanno raccontato la storia di Roger (78 anni) e Lynne (67); i due si sono conosciuti su

un’altra nave di Saga Cruises nel 2010, si sono sposati quattro anni dopo e ora celebrano in crociera (naturalmente!) il settimo anniversario di matrimonio. Le crociere fluviali hanno sentito meno il contraccolpo della pandemia, grazie anche al ridotto numero di passeggeri, e ora crescono rapidamente, con formule originali in preparazione per il 2022: per esempio una crociera ferroviaria con partenza da Zurigo sul Golden Eagle Danube Express seguita da una settimana di navigazione sulla nuova SS Venezia (Cruise & Rail di Uniworld). Le crociere sono ripartite con una nuova visione, puntando a trasformare le loro debolezze in punti di forza. Come ha dichiarato Richard D. Fain, presidente e amministratore delegato di Royal Caribbean, «L’ambiente della nave non è più uno svantaggio, anzi è un vantaggio perché, a differenza di qualsiasi altro luogo, abbiamo tutto sotto controllo». Questo cambio di prospettiva si riflette per esempio sui protocolli sanitari. Solo qualche mese fa le compagnie si erano opposte, anche in tribunale, a controlli troppo stringenti e costosi. Ora invece chiedono con convinzione di avere a bordo solo passeggeri vacci-

nati e sono favorevoli a leggi che consentano alle compagnie di chiedere prove di immunizzazione. Singoli casi di contagio verranno affrontati con gli strumenti consueti (test, tracciamento, isolamento, una buona assicurazione di viaggio). Naturalmente la vita a bordo è diversa rispetto al passato: il numero di passeggeri è ridotto e nessuno può scendere a terra per conto proprio; negli spazi comuni le mascherine sono obbligatorie (ma non al tavolo); niente buffet affollati, discoteche o altri raduni; a teatro si lasciano alcuni posti vuoti tra i diversi gruppi, serve una prenotazione per usare palestre e spa. Sono scelte di ovvia prudenza dietro alle quali tuttavia prende forma un’idea di crociera più personale e su misura; potrebbe attrarre nuovi clienti poco interessati alla formula tradizionale. Le compagnie di crociera insomma hanno scelto di convivere con il virus, piuttosto che attendere improbabili ritorni alla normalità («Nel lungo periodo saremo tutti morti», sosteneva l’economista John Maynard Keynes), nella speranza che varianti fuori controllo, a cominciare dalla Delta, non vanifichino i loro sforzi. Forse dovremmo fare lo stesso.

Patrick Leigh Fermor (1915-2011) è forse il maggiore scrittore di viaggio del Novecento; penso naturalmente a Mani. Viaggi nel Peloponneso e alla straordinaria trilogia aperta da Tempo di regali. Era attesa da tempo la traduzione di questo suo libro dedicato alla Rumelia, termine con il quale un tempo s’indicava una vasta regione dal Bosforo al mare Adriatico, dalla Macedonia al golfo di Corinto, insomma la Grecia del Nord (oggi s’utilizza ancora ma per un’area più ristretta). Patrick Leigh Fermor giunge in Rumelia negli anni Cinquanta dopo essersi coperto di gloria nella Seconda guerra mondiale, quando nella Creta occupata dai tedeschi si finge un pastore greco e rapisce il generale Karl Kreipe (Hollywood ci caverà un film, Colpo di mano a Creta, con Dirk Bogarde nei panni di Leigh Fermor). La Grecia di Fermor è colta un attimo prima di aprirsi al turismo di massa, quando ancora era possibile incontrare pastori nomadi sarakatsani custodi di tradizioni millenarie: «La Grecia sta cambiando velocemente... Comode corriere hanno rimpiazzato gli sgangherati torpedoni di campagna, ampie strade fendono il cuore dei più remoti villaggi e sono spuntati alberghi in quantità. Monasteri e templi che, praticamente ieri, si potevano raggiungere solo con impegnative scarpinate solitarie ora sono mere occasioni di una breve sosta per un turismo di massa organizzatissimo e privo di difficoltà. / CV Bibliografia

Patrick Leigh Fermor, Rumelia. Viaggi nella Grecia del Nord, Adelphi, pp. 296, € 20.–.

cruciverba enigmatico

Giochi di parole Una difficile variante del gioco linguistico più praticato e conosciuto nel mondo occidentale pere antico – 16. Esercizio di spirito – 17. Comportano tempi lunghi – 18. Bella, questa! – 19. Principio di snobismo – 20. Parità sanitaria – 21. Agili note – 22. Andato, tempo fa – 23. Tesi senza pari – 24. Versi di tono elevato – 25. Responsabile di geniali trasmissioni – 26. Rombo significante – 28. Tema di concetto – 30. Affettati di alta classe – 32. Periodo vissuto in Inghilterra – 33. Scrittura automatica. Verticali: 1. Capo estremo – 2. Piccola stanza dei bottoni – 3. Giro di boa –

4. Spinta non comune – 5. Grazie tante – 6. Tettoia senza tetti – 7. Baca il baco – 8. Non finisce qui – 9. Legato a grappoli – 10. È comune nei Pirenei – 11. Fissò, per primo, il Sole e le stelle – 12. Rinomato luogo di ritrovo – 14. Passa tutti i giorni per Washington – 18. Lo stato dei castori – 20. Atlante dell’antica Roma – 21. Calcolo operato – 22. Umanità eschimese – 24. Facoltà di passaggio – 25. Assegnati di fatto – 27. Tanto è lo stesso – 28. Cuscinetto inglese – 29. Aria francese – 31. E così termina il piacere...

Soluzione

Provate a risolverlo. Orizzontali: 1. Uno a zero – 7. Dolce romanzo – 13. Scopone scientifico – 15. Sa-

Verticali: 1. Ras – 2. Ascensore – 3. Spira – 4. Aire – 5. Tre – 6. Oa – 7. Nosema – 8. Oltre – 9. Uveo – 10. Ger – 11. Aristarco – 12. Teano – 14. Potomac – 18. Oregon – 20. Atlas – 21. Conto – 22. Inuit – 24. Pass – 25. Dati – 27. Sia – 28. Pad – 29. Air – 31. Re.

Come ho già affermato in queste pagine, il cruciverba (o parole incrociate) costituisce il gioco linguistico più praticato e conosciuto nel mondo occidentale. Gli enigmisti più intransigenti, però, non lo amano molto, in quanto a loro parere, il relativo procedimento risolutivo non richiede alcun tipo di ragionamento, ma solo uno sforzo mnemonico. A parte il fatto che la memoria è una componente fondamentale dell’intelligenza, in genere è necessario elaborare delle considerazioni logiche, per riuscire a completare lo schema di un cruciverba non banale. In assoluto, comunque, è sempre possibile trasformare una qualsiasi potenziale definizione in un piccolo enigma da risolvere. Ad esempio, ogni definizione del seguente cruciverba è costruita su un

doppio senso, più o meno velato (le parole da inserire, però, sono quasi tutte di comune conoscenza).

Orizzontali: 1. Rasato – 7. Nougat – 13. Aspirapolvere – 15. Scire – 16. Osteria – 17. Ere – 18. Otero – 19. SN – 20. Ana – 21. Crome – 22. Ito – 23. Ts – 24. Poema – 25. DNA – 26. Losanga – 28. Paura – 30. Aristocratici – 32. Season – 33. Editor.

Ennio Peres


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

15

Ani, la Fortezza Bastiani del caucaso

Ambiente e Benessere

reportage I tesori rovinati della ricca e potente capitale di un regno medioevale che comprendeva

l’attuale Armenia e parte della Turchia orientale Enrico Martino, testo e fotografie La cerchi con gli occhi alla fine di una strada che sembra non finire mai. Senza vederla, mimetizzata in un andirivieni di altipiani che anticipano i grandi spazi dell’Asia Centrale, punteggiati da greggi di pastori curdi e villaggi di fango secco popolati da moltitudini di oche. Poi dal colore bruno delle montagne di questa Anatolia estrema già alle pendici del Caucaso emergono lentamente le torri della «Città delle quaranta porte e delle 1001 chiese», apparentemente intatte e così assolute da non sembrare di questo mondo. Sembra vivere in uno spazio-tempo diverso l’antica Ani che evoca irresistibilmente la Fortezza Bastiani di un libro cult, Il Deserto dei Tartari di Dino Buzzati, dove sognare un’impossibile fuga dalla quotidianità davanti a un mare d’erba ingiallita dal sole da cui emergono chiese che sembrano scheletri disossati, cupole spalancate sul cielo, capitelli spezzati, squarci che svelano le ferite del tempo, dei terremoti e soprattutto degli uomini. Sono i fantasmi di pietra di regni armeni e georgiani, dell’impero bizantino, di turchi selgiuchidi e sultani ottomani, ma neanche le grandi croci scolpite sulle mura di Ani hanno esorcizzato il pericolo che arrivava dagli spazi sterminati dell’Asia Centrale, perché qui i Tartari si sono materializzati davvero, nel 1226 e nel 1236, spazzando via tutto come una tempesta di vento per poi svanire nel nulla con i loro cavalli. Un Deserto dei Tartari della tormentata geopolitica del Caucaso inizia invece appena oltre la gola scavata dalle anse dell’Arpaçay, Akhurian per gli armeni, il fiume che divide la Turchia dall’Armenia, così vicina che quasi la tocchi, è lì. la vedi a pochi passi ma è irraggiungibile perché la frontiera è chiusa dal 1993. Menzionata per la prima volta nel quinto secolo, Ani, ricca e potente capitale di un regno medioevale che comprendeva l’attuale Armenia e parte della Turchia orientale, diventò rapidamente un importante crocevia commerciale per bizantini, arabi e persiani lungo un ramo della Via della Seta. Durante il lungo regno di Gagik I dal 989 al 1020 la città oltrepassò i centomila abitanti sfidando il Cairo, Baghdad e Costantinopoli con la raffinata architettura dei suoi palazzi e delle sue chiese e, come inevitabile conseguenza, si trasformò in un’irresistibile calamita per invasori. Durante le innumerevoli guerre tra bizantini e turchi selgiuchidi, nel 1064 il sultano Alp Arslan la saccheggiò, «I morti erano così numerosi da ostruire le strade, e non si poteva andare in nessun luogo senza camminarci sopra…» scrisse il cronista musulmano Sibt ibn al-Jawzi. Era solo l’inizio di una lenta agonia scandita da ondate di nuovi conquistatori, compreso Tamerlano, e dopo la definitiva annessione all’Impero Ottomano nel 1579 l’antico splendore si trasformò in un desolato campo di rovine, fino alla sua riscoperta da parte dei primi viaggiatori europei all’inizio del diciannovesimo secolo. Nel 1892, dopo l’annessione all’impero zarista, l’archeologo russo Nikolai Marr iniziò i primi scavi ma con l’inizio della Prima Guerra Mondiale Ani si ritrovò al centro di frontiere in continuo movimento fino al collasso dell’impero ottomano, con una breve riconquista armena seguita dalla definitiva annessione alla neonata repubblica turca nel 1921.

La chiesa del Redentore (Surb Prkich) fu completata dopo il 1035 per ospitare un frammento della Vera Croce. (Sul sito ww.azione.ch si trova una più ampia galleria fotografica)

La città era protetta da una doppia cinta muraria, e grandi torri semicircolari.

Il progetto della Cattedrale di Ani o Surp Asdvadzadzin fu opera di Trdat Mendet.

In una disperata corsa contro il tempo oltre seimila manufatti archeologici vennero portati in salvo in Armenia ma la sorte dei monumenti sembrò definitivamente segnata due anni dopo quando l’assemblea nazionale turca ordinò al comandante del fronte orientale, Kâzım Karabekir, di «Spazzare via i monumenti di Ani dalla faccia della terra». Fortunatamente il generale non obbedì ma terremoti, vandalismo e restauri disastrosi hanno lasciato graffi indelebili sulle pietre di una città che per decenni ha avuto persino la sfortuna di trovarsi su un confine «caldo» fra la Turchia, membro della NATO, e l’Unione Sovietica. Ai tempi della Guerra Fredda per visitarla era necessario un permesso speciale, stando attenti a non avvicinarsi troppo al confine perché in alcuni casi le guardie di frontiera sovietiche avevano sparato su qualche incauto visitatore, ma anche dopo il crollo dell’URSS molte aree sono state a lungo off limits come zona militare. Persino come sito archeologico

no accusando gli armeni di danneggiare i monumenti con le esplosioni di una cava vicinissima al confine. Nel 2010 il Global Heritage Fund ha classificato Ani fra i siti mondiali a rischio di perdita irreparabile, ma la proclamazione a Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 2016 e le dichiarazioni del governo turco di considerare il suo salvataggio una priorità culturale potrebbero segnalare un’inversione di tendenza per una delle città fantasma più fascinose del mondo. Il suo epicentro è il grande cubo color ruggine della cattedrale progettata dal famoso architetto medioevale armeno Trdat Mendet, autore del restauro della cupola di Santa Sofia a Costantinopoli. Al suo interno il tempo degli ori e degli incensi è stato sostituito da un silenzio spezzato solo dallo stridio degli uccelli che entrano dalla cupola sventrata, mentre i raggi del sole scolpiscono la verticalità di colonne e archi a sesto acuto che rievocano le cattedrali gotiche europee, costruite però almeno due secoli dopo, scatenando intriganti ipotesi su possibili influenze

Vista del fiume Arpa Kayi dalla moschea Minuchir.

Ani è ancora oggetto di reciproche critiche perché gli armeni accusano i turchi di averla deliberatamente lasciata andare in rovina e i turchi controbatto-

architettoniche arrivate in Occidente al seguito dei crociati. Qua e là si alzano altri dinosauri di pietra, l’irreale insieme di sfere e cilindri della Chiesa del Redentore, un’improbabile Torre di Babele spaccata esattamente a metà da un violento temporale nel 1957, o la chiesa di San Gregorio Tigran, quasi sospesa sulla gola con i suoi muri ricoperti da affreschi di santi e guerrieri. Suo contraltare religioso, all’estremità opposta dell’ansa del fiume, è il solitario minareto della prima moschea selgiuchide dell’Anatolia che domina il fiume e i monconi di un ponte del decimo secolo da cui carovane e mercanti risalivano la collina calpestando pietre dove gli occhi della fantasia intravedono ancora la Via della Seta. Un luogo di vuoti, ma pieno di presenze per chi sa fermarsi ad ascoltare, dove prima o poi bisogna arrivare. Lo aveva già scritto nel 1923 il romanziere sovietico Konstantin Paustovskij, «Che cosa è Ani? Ci sono cose che per quanto ci sforziamo non riusciamo a descrivere».


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

16

Ambiente e Benessere

Il pericoloso mestiere dei mangiatori professionisti

la nutrizionista Esistono competizioni «gastronomiche» che intrattengono e divertono il pubblico,

ma che nascondono retroscena per nulla rassicuranti Laura Botticelli Buongiorno Laura, la Rete è sempre fonte inesauribile di cose strane. Tra queste, recentemente ho scoperto che il quattro di luglio, negli Stati Uniti, si celebra il Giorno dell’Indipendenza anche in una maniera del tutto singolare: avviene la gara di mangiatori di Hot-dog. Ovviamente ne avevo già sentito parlare, ma non immaginavo che fosse un evento così sentito e minuziosamente organizzato. Il vincitore della competizione (tale Joey Chestnut) è già famoso per le sue performance, e detiene record di vario genere (per esempio, ha mangiato 76 hot-dog in dieci minuti!). Si parla di mangiatori professionisti, e la cosa mi ha incuriosito; ho pensato di scriverle per sapere cosa vi sia dietro una disciplina così strettamente legata all’alimentazione. / Edmondo Gentile Edmondo, la ringrazio per questa domanda originale: finalmente mi ha dato l’opportunità di studiare un fenomeno che mi ha sempre incuriosita e quindi le riporto volentieri quanto ho appreso. Mi sento in dovere di fare ora una premessa, che ripeterò alla fine. Quanto state per leggere riguarda persone allenate e che fanno ciò che fanno per lavoro. Sono professionisti e sanno perfettamente quello che avviene fisiologicamente. Non è un gioco e quindi chiedo cortesemente a tutti di astenersi dall’anche solo voler provare questa disciplina. Quando c’è di mezzo la salute è meglio essere chiari anche a costo di apparire pedanti. Può essere anzitutto utile avere qualche nozione di fisiologia («alla buona») del tratto gastrointestinale, per comprendere meglio il tutto: in bocca, il muscolo della mascella tritura il cibo rendendolo impastato e imbevuto di saliva: il bolo, così si chiama a questo stadio, viene deglutito ed entra nell’esofago dove un movimento peristaltico (il muscolo si contrae in maniera involontaria) lo spinge verso lo sfintere esofageo inferiore che si apre per accoglierlo nello stomaco e poi si chiude per evitare che l’acido dello stomaco esca. Normalmente, lo stomaco accoglie il cibo e poi – le pareti dilatate, la masti-

cazione e l’inizio della digestione – inviano tutti dei segnali al cervello che li elabora e indica quando si ha raggiunto la sazietà. Non ci sono molte ricerche sull’alimentazione competitiva e questo sport continua a confondere scienziati e medici. Tuttavia, piccoli studi di gastroenterologi hanno fornito alcune informazioni interessanti. Queste persone si definiscono professionisti mangiatori proprio perché per le loro performance sportive si allenano in maniera da perfezionare il loro apparato digerente alla competizione. «Professionisti» poi perché spesso grandi distributori di cibo ingaggiano tali personaggi per farsi pubblicità. I giocatori di scacchi professionisti vengono pagati per partecipare ai tornei, gli influencer vengono pagati per portare sulla Rete contenuti di vario genere, i mangiatori professionisti, beh vengono pagati perché mangiano. Sono andata a vedere diverse fotografie di Joey Chestnut e quello che appare evidente è che ha una mascella anomala (almeno, per i nostri canoni); oserei dire che c’è qualcosa nella sua fisionomia che colpisce: indubbiamente è il fatto che si nota un muscolo troppo sviluppato là dove di solito non c’è. Effettivamente ho letto che la potenza del suo muscolo masticatore arriva a 127 kg, che equivale al morso di un cane pastore tedesco. Per fare dei paragoni sarebbe come masticare contemporaneamente quattro pacchetti di cicche. Quindi questo uomo tritura in media più di un hot-dog al minuto e deglutisce il bolo nell’esofago; anche lui non può controllare il movimento peristaltico però lo aiuta con la manovra di Valsalva, che consiste nell’espirazione forzata a glottide chiusa. Questa manovra aumenta notevolmente la pressione intratoracica e intra-addominale, favorendo, tra l’altro, lo svuotamento dei visceri. In più continua a saltare per aiutare la gravità a far scendere il bolo più velocemente. I mangiatori competitivi hanno sviluppato varie tecniche per rilassare lo sfintere e quindi il cibo raggiunge subito lo stomaco. Questo organo normalmente ha una capacità di un litro, un litro e mezzo: quello di un profes-

Joey Chestnut è il terzo concorrente da sinistra. (Foto di copertina della pagina social della Major League Eating)

sionista può sorpassare i quattro litri. Lo stomaco schiaccia tutte le viscere, e il suo volume in piena competizione è stato paragonato a quello di un feto, come se nella sua pancia avvenisse in dieci minuti tutto quello che succede in una donna incinta da 0 a 9 mesi. I competitori, nonostante tutto, sono spesso curiosamente magri, poiché non possono avere grasso viscerale dato che esso non permetterebbe allo stomaco di dilatarsi in quelle proporzioni. Essi imparano pure ad allungare e rilassare lo stomaco per adattarlo ad accogliere più cibo. Si allenano ingerendone grandi quantità di solidi e liquidi a basso contenuto calorico tra cui acqua, bevande gasate dietetiche, anguria e cavolo. Tuttavia, l’allungamento non va avanti all’infinito. Come in qualsiasi competizione ci saranno perdenti e tutti i mangiatori competitivi si fermeranno quando avranno raggiunto il loro limite. E c’è anche da dire che potrebbero non sentirsi affatto troppo bene dopo. Cosa avviene dopo la competizione non si sa: se si autoinducano il vomito o altro. In un caso normale ci vogliono tra le quattro e le 24 ore perché il cibo si sposti dallo stomaco a un

movimento intestinale. Per loro ci vuole molto più tempo. Dopo aver mangiato, lo stomaco di una persona normale tornerà alle sue dimensioni normali in circa un’ora o due. Il cibo esce dallo stomaco nell’intestino tenue per assorbirne i nutrienti, poi passa nel colon ed esce sottoforma di feci. Nella sua competizione, il signor Joey Chestnut con i suoi 76 hot dog ha ingerito circa 20mila calorie, contro le 1500-2000 calorie quotidiane per un uomo medio. Ma sembra che l’intestino tenue riconosca quando non ha bisogno di nutrienti e, nel caso di una grande competizione alimentare, la maggior parte del cibo esce dall’intestino tenue senza essere assorbito. Probabilmente anche per questo motivo i competitori non sono obesi. Inoltre, sembra che il mangiatore competitivo nonostante non senta più la sazietà rimane in forma solo perché monitora quanto mangia. Gli effetti collaterali di tali abbuffate variano in base al concorrente e al cibo consumato. «Gastroenterology and Endoscopy News» afferma che gli hot dog causano i crampi più dolorosi. Altri effetti collaterali del mangiare competitivo includono nausea, gas

doloroso, vomito, bruciore di stomaco e diarrea. Effetti collaterali più gravi potrebbero includere soffocamento, infiammazione esofagea e rottura dello stomaco. Un altro possibile problema è che un mangiatore potrebbe allungare lo stomaco così tanto da non poter più contrarsi e quindi diventare incapace di passare il cibo. Questa condizione, chiamata gastroparesi, provoca nausea e vomito. Quindi non emulateli. Le competizioni avvengono sempre sotto stretto controllo medico e non è uno sport salutare, oltre a non essere etico se si considera l’enorme spreco di cibo. Trovo interessante ma sicuramente non consigliabile quanto sopra descritto e invito tutti alla moderazione in qualsiasi frangente. Il vecchio adagio: il troppo storpia è reale, e in questo caso è pure estremamente pericoloso. Informazioni

Avete domande su alimentazione e nutrizione? Laura Botticelli, dietista ASDD, vi risponderà. Scrivete a lanutrizionista@azione.ch Le precedenti puntate si trovano sul sito: www.azione.ch

Una delizia estiva

mondoverde Arriva dalla Cina del passato ed è utile in cucina, il suo nome è rabarbaro Anita Negretti L’anno scorso ho ricevuto in dono da una cara amica, Laura, un vasetto di marmellata di fragole e rabarbaro assicurandomi del fatto che fosse deliziosa. È bastato un piccolo assaggio per capire che aveva perfettamente ragione: la dolcezza delle fragole ben si mescola con il gusto più amaro degli steli di rabarbaro. Ho così deciso di mettere una pianta di rabarbaro in un’aiuola insieme alle piante aromatiche per osservarne lo sviluppo, e raccogliere successivamente i suoi steli. Originario della Cina occidentale e del Tibet, il Rheum officinale si presenta come un’erbacea perenne e ha uno sviluppo medio sui 150 centimetri (anche se molti libri di piante scrivono che raggiungerebbe facilmente i tre metri d’altezza). Durante le prime giornate soleggiate di aprile dal terreno sono spuntate

Foglie e gambi di rabarbaro, ottimi con le fragole in marmellata. (Pxhere.com)

le gemme che nel giro di poche settimane hanno dato vita alle lunghe foglie dalla strana forma reniforme e con lobi dentati. Molto grandi, le foglie arrivano a misurare anche 90 centimetri. In estate sbocciano i fiori, solitamente bianchi, anche se alcune varietà possono presentare infiorescenze che tendono al rosa pallido o sul verde chiaro. I fiori vengono spesso tolti recidendo lo stelo alla base, in maniera tale da favorire lo sviluppo delle foglie. La coltivazione del rabarbaro venne introdotta in Francia dalla Société française d’acclimatation intorno al 1800, grazie a un dono del console francese in Tibet che consegnò tutto il necessario ad alcuni floricoltori e vivaisti dell’epoca. Rustico, il rabarbaro ama esser bagnato di frequente e preferisce la mezz’ombra, ideale quella fornita da una pianta da frutto, dove la convivenza risulta essere perfetta grazie all’ir-

radiazione in inverno e in primavera, quando la fruttifera è spoglia, per poi goderne l’ombra in piena estate. I consigli per coltivare al meglio il rabarbaro non sono molti e possiamo così riassumerli: è fondamentale concimarlo bene in primavera, irrigarlo settimanalmente e dividere le sue radici ogni 7-8 anni cambiandogli posizione. Ogni pianta adulta per potersi sviluppare al meglio necessita di almeno 1 metro quadrato di terreno, ed essendo esente da attacchi di funghi o insetti (per cui non richiede nemmeno l’impiego di pesticidi), trova molti usi nelle cucine: gli steli delle foglie si raccolgono da giugno in avanti e una volta privati della parte filamentosa e cotti in acqua zuccherata, vengono impiegati per la preparazione di marmellate o crostate. I fiori, se non eliminati in precedenza, possono essere raccolti e cotti in acqua salata, mentre le radici vengono utilizzate in liquoreria.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

17

Ambiente e Benessere migusto La ricetta della settimana

Uno spezzatino minestra fredda d’agnello al peperone speciale e all’anguria piatto Antipasto principale vegetariano

migusto.migros.ch/it/ricette Per diventare membro di Migusto non ci sono tasse d’iscrizione. Chiunque può farne parte, a condizione che un membro della sua famiglia possieda una Carta Cumulus.

Ingredienti per 44 persone: persone:800 60 g di spezzatino pane · 2 pomodori d’agnello,· 1adpeperone esempio rosso spalla· ·500 saleg· pepe d’anguria, · 2 cucchiai pesatad’olio mondata di colza · 1HOLL peperoncino · 4 spicchi · 1d’aglio limone· 2· cipolle 2 dl digrosse brodo· 8dipomodori verdura, secchi freddosott’olio · 50 g di ·lamponi ½ cucchiaio · 1 ccdi di farina sale · 1· mazzetto 4 dl di brodo di prezzemolo. di manzo · 50 g di olive nere snocciolate · 4 fette di prosciutto crudo · 2 cipollotti · 1 limone. 1. Riducete a dadini il pane, i pomodori, i peperoni e l’anguria. Tritate grossola1. namente Condite il peperoncino. la carne con Spremete sale e pepe il limone. e rosolatela bene nell’olio in una padella. Dimezzate 2. Trasferitel’aglio, tutti gli tritate ingredienti grossolanamente fino al salelecompreso cipolle. Aggiungete in un recipiente aglio,graduato cipolle e pomodori e mettete inalla frigo carne, per circa spolverizzate 20 minuti. con la farina e bagnate con il brodo. Mettete il 3.coperchio Frullate tutti e stufate gli ingredienti a fuoco medio-basso e regolate di per sale.circa Tritate 50 minuti. il prezzemolo, Lasciate spargetelo il coperchio sulla leggermente minestra e servite. aperto per permettere al vapore di fuoriuscire dalla padella, in modo che il liquido si riduca. A piacere, la minestra freddasottili, con spiedini di gamberi. 2. Tagliateaccompagnate le olive e i cipollotti a rondelle il prosciutto a dadini. Ricavate delle listarelle dalla scorza del limone. Mescolate tutto. preparazione: circadel 30limone. minuti.Condite lo spezzatino con il succo di limone, sale 3. Spremete la metà persona: circa 4laggramolata di proteine, 0 gcarne. di grassi, 21 g di carboidrati, 120 kcal/ eper pepe e distribuite sulla 500 kJ. Un piatto gustoso che può essere accompagnato con pasta o semplicemente con fette di pane. preparazione: circa 20 minuti; brasatura: circa 50 minuti. per porzione: circa 47 g di proteine, 27 g di grassi, 13 g di carboidrati,

520 kcal/2150 kJ.

Annuncio pubblicitario

Estate, amici e birra Cosa c’è di meglio?

Nuov o 0.0% di alcol

33% Sull’intero assortimento di ERDINGER analcoliche p.es. ERDINGER analcoliche 6×33 cl 5.30 invece di 7.95

10. 8 – 16. 8. 2021

Gust o massimo, 0.0% di alcol

33%

33%

Sull’intero assortimento di Eichhof 0.0

Sull’intero assortimento di Heineken 0.0

p.es. Eichhof 0.0 6×50 cl 6.60 invece di 9.90

p.es. Heineken 0.0 6×50 cl 7.95 invece di 11.90

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.


Feel Good con i dessert estivi ribuirli t is D . ti t e z z e p bio misti a o sc o b i d ti t u acqua di fr e r e g n iu g Tagliare g a e to su stecco la e g r e almeno 4 p r i e p p m o c ta c te in s s u s re i gelati ia sc a L . a r u t a ln cocco A tore . ore nel congela

2.95

Drink all'avena Barista plant-based V-Love bio, UHT 1l

5.90

Gelato Coffee Caramel Swirl plant-based V-Love prodotto surgelato, 450 ml

4.–

Coco drink al naturale Alnatura 750 ml, in vendita nelle maggiori filiali

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


3.95

Sciroppo di fiori di sambuco bio 500 ml

4.95

Gelato alla panna al gusto di caffè, bio, Fairtrade prodotto surgelato, 450 ml

arinarle con m e io b e in r a t chi le ne t Tag liare a spic ro di canna. e h c c u z o c o p e e me nta. s e succo di limone ib r n o c e in r ia di ne t ta n o d e c a m la e Se rv ir


Divertimento per tutta la famiglia 10.8–16.8.2021

Mulit-Pack

20%

Hit

3.20

POM-BÄR Original Pacchetto da 6 6×25g

3.80

invece di 4.80

20% POM-BÄR Original 200g

3.80

invece di 4.80

POM-BÄR Paprika 200g

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

Adesso in azione 10.8 – 16.8. 2021

L’aperitivo italiano Lo sfizioso spuntino dalle mille variazioni

a partire da 2 pezzi

-.50

di riduzione

Gran Pavesi Sfoglie Gran Pavesi Sfoglie Classiche, 160 g, Gran Pavesi Sfoglie Olive, 150 g 2.25 invece di 2.75 Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

21

Ambiente e Benessere

la prima giornata nazionale del cane mondoanimale La Svizzera cinofila accende i riflettori sul migliore amico dell’uomo

Maria Grazia Buletti Nel nostro Cantone vivono circa 30mila cani. E non parliamo soltanto di quelli da compagnia che abitano insieme a noi nelle nostre economie domestiche, perché nell’importanza che l’uomo riconosce al cane rientrano pure quelli che fungono da guida per ciechi, da ricerca e salvataggio, i cani di supporto alle attività di sicurezza e polizia, e quelli impiegati nella Pet therapy con persone anziane, bambini e ammalati. Nel complesso, secondo i dati dell’Ufficio del veterinario cantonale è un numero destinato a crescere che merita dunque attenzione e conoscenza atte a favorire la migliore convivenza con l’essere umano e in società. «Sabato 4 settembre avrà luogo la prima Giornata svizzera del cane» esordisce la presidentessa della Federazione cinofila ticinese (Fct) Jsabel Balestra, che così motiva l’idea di dedicare un’intera giornata al migliore amico dell’uomo: «Si svolgeranno diverse attività su tutto il territorio elvetico, nei campi delle Società cinofile appartenenti alla Società cinologica svizzera (Scs)». Una giornata di porte aperte che si ripeterà ogni anno con l’intento di avvicinare le persone con cani alle attività cinofile, ma non solo: «La Scs ha così deciso di promuovere le attività delle diverse società cinofile svizzere pure per attirare nuovi membri. Per questo è stata presa a modello la giornata delle porte aperte degli Scout che, in difficoltà con le quote sociali, hanno potuto farsi conoscere e incrementare così le loro fila con nuovi soci».

Oltre al desiderio di farsi conoscere e di presentare le attività che si possono svolgere in compagnia del cane, la Scs persegue un obiettivo ben più importante e profondo: «Desideriamo far comprendere alle persone che con il cane ci si può divertire facendo non solo passeggiate, ma molto di più, perché per ogni cane si può trovare l’attività adeguata da svolgere insieme. Ecco perché durante la giornata nazionale del cane presenteremo le varie attività e gli sport cinofili. Desideriamo inoltre far passare il messaggio dell’importanza di educare adeguatamente il proprio amico a quattro zampe». Oggi più che mai è lecito chiedersi se abbiamo ancora sufficiente conoscenza del cane e della sua natura o se sia andata persa nel tempo, visto che gli imponiamo di convivere insieme a noi in una società sempre più complessa che esige da tutti un comportamento consono in ogni circostanza. Allora, una manifestazione come questa, proposta a livello nazionale, permette di riconsiderare il rapporto uomo – animale, per ricollocarci al suo fianco nel modo più equilibrato possibile. È pure vero che in Ticino se ne parla di più da quando è in vigore la legge per cani soggetti a restrizione, e queste iniziative permettono di incontrare persone qualificate a cui porre ogni sorta di questione. Diventano chiare l’importanza e la grande utilità dei corsi OPaN per detentori di cani, peraltro recentemente abrogati per quelli che non figurano sulla lista delle 30 razze soggette a restrizione. «La Federazione cinofila ticinese (www.fcti.ch) propone

Giochi

2

3

7 10

12

13

21

30

5

6

11

15

25

4

orIZZoNtAlI

1. La capitale con il Castello Rosso 7. Uomo senza cuore! 8. Non si deve nutrire... 9. Aggettivo possessivo 11. Fiume del Tirolo 12. Quando «muore» si festeggia 14. È dura in guerra 15. Nome maschile 17. Imparziali, giuste 22. Fanno parte dell’arredamento 24. Congiunzione tedesca 25. Prefisso che vuol dire metà 27. Anagramma di spot 29. Deridere... in cuor suo 30. Può essere sanguigno 32. Unti, lubrificati 34. Piena di acredine 35. Fuoriuscita di visceri dalle cavità

8

9

14 16

17

22

23

26

27 31

sempre il corso di Cittadino a 4 zampe (C4Z), convinta del prodotto (che cerca di adeguare e attualizzare) e attenta all’evoluzione che le permette di dare il meglio possibile a cane e proprietario. Ciò consente ai proprietari di acquisire gli strumenti per rispettare anche coloro che di cani non ne hanno, perché anche le persone senza cane hanno il diritto di andare a spasso tranquillamente senza essere infastiditi da cani liberi o mal gestiti», afferma Jsabel Balestra che pur differenziando il corso obbligatorio per le 30 razze, ricorda che i cani di taglia medio piccola sono sen-

sibilmente aumentati: «Troppo spesso i proprietari di questi cagnolini non ritengono necessario seguire un corso ma, sebbene per loro non vi sia obbligo di frequenza, è assolutamente consigliabile parteciparvi comunque». Il senso della giornata dedicata alla conoscenza delle società cinofile, degli istruttori e delle attività praticabili col cane assumono quindi un grande senso: «Tanti proprietari pensano che sul campo di una società si tengano unicamente corsi di educazione di base come il Cittadino 4 zampe. Eppure ci sono innumerevoli attività divertenti da prati-

Vinci una delle 3 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il sudoku

Cruciverba Forse non tutti sanno che le unghie delle mani crescono il… Termina la frase risolvendo il cruciverba e leggendo nelle caselle evidenziate. (Frase: 6, 2, 6, 3, 5)

1

Oggi imponiamo ai cani di convivere in una società sempre più complessa che esige un comportamento consono in ogni circostanza. (MaMa)

care insieme. Ad esempio, Agility, HoopAgi, DivertimentoSport, il test per esordienti, ma anche ricerca di figuranti nel bosco, Cani d’accompagnamento e molte altre discipline nelle quali si può pure partecipare a gare e concorsi». Durante questa giornata ci si potrà rendere conto che i cani di ogni razza e di ogni grandezza possono partecipare alle attività offerte dalle società cinofile: «Magari il Chihuahua non riesce a correre per il tempo e la distanza richiesta nel campo per la ricerca del bosco, o un Alano fa più fatica infilarsi nel Tunnel di Agility, ma per ogni cane si trova l’attività ideale». Si spera così di risvegliare la voglia dei conduttori dei cani a volere provare a svolgere diverse attività, divertendosi con il proprio cane in questa giornata gratuita: «Inoltre, in ogni società cinofila si possono ottenere consigli per risolvere problemi e fare conoscenza con altre persone amanti di cani, mentre questi ultimi possono sfogarsi anche mentalmente e trovare nuovi compagni». La presidentessa della Fct si dice soddisfatta per la grande risposta delle Società cinofile ticinesi, che proporranno ciascuna un proprio programma (si può consultare la lista e le relative attività proposte su www.giornata-del-cane. ch). Tutti, proprietari e non, potranno partecipare o vedere le attività proposte, che vanno dalle dimostrazioni dei vari gruppi d’educazione al divertimento di un servizio fotografico, ai cani al lavoro e via dicendo. «La Federazione cinofila ticinese aspetta tutti quanti sui campi delle rispettive cinofile sabato 4 settembre» conclude Jsabel Balestra.

18

34

regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch

20

24 28

32

19

29 33

35

I premi, cinque carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco.

Sudoku Soluzione:

Scoprire i 3 numeri corretti da inserire nelle caselle colorate.

7

8

3

6

4

5

8

6

5

1

8 4

1

5

2 5

3

9

7

8

che li contengono

8

3

Verticali

1

2

1. Comodo indumento 2. Voce del pugilato 3. Due in posa 4. Composizioni poetiche 5. Blocco di metallo 6. Particelle atomiche 110.2Le prescrive 3 5 6 7 8 il4medico 13. Sono piccole a notte alta 9 10 11 16. Suo in inglese 12 13 14 18. Una consonante 15 16 19. Congiunti... ma non parenti 1720.18Il Murphy attore 19 21. Macchina semplice 20 21 23. Nome femminile 22 23 26. Prefisso di molti cognomi scozzesi 2428. Si scrive 25 tra due fattori 31.26Stanno in coda 33. Anno a Parigi partecipazione online: inserire la

soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la so-

Giochi per “Azione” - Agosto 2021 Stefania Sargentini CURIOSITÀ E POESIA – La Silvia, della nota poesia di Leopardi si chiamava:

Soluzione della settimana precedente

TERESA ed era figlia: DEL SUO COCCHIERE. T U L I P A N O

E S E V A A S C A I E N C R O O I N R E S T

R E S I D O G E U M O A R A A M O C U O D H R E I I A L E R I

N I G E R

A L O N I

luzione, corredata da nome, cognome, indirizzo, email del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 6315, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui

5

1

6

7

4

3

2

9

8

9

4

8

1

6

2

3

7

5

7

2

3

5

8

9

4

1

6

3

5

2

4

1

7

8

6

9

8

7

9

2

3

6

1

5

4

1

6

4

9

5

8

7

2

3

6

9

7

8

2

4

5

3

1

4

3

5

6

7

1

9

8

2

2

8

1

3

9

5

6

4

7

concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.


pun” pe r S re o C “ e n to o c o id rb Mo n naturale u e a tt e rf e p à it il ib st una ve be ne sse re all ’indosso

I Bestseller Sloggi, Lorem ipsum. ora in offerta 00. 00. – 00. 00. 2020 10. 8. – 23. 8. 2021

Pack 3P

Pack 3P

3 per 2

3 per 2

31.95 invece di 47.95

Sloggi slip donna Basic+ Maxi nei colori bianco e nero

29.95

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

Lorem ipsum. Approfittate 00. 00.–16.8. – 00. 00.2021 2020 10.8

adesso!

conf. da 2

23% 6.00

invece di 7.80

Knorr Salsa d’arrosto legata tubetto 2 x150 g

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

invece di 44.95

Sloggi slip donna Basic+ Midi nei colori bianco e nero


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

23

politica e economia tenochtitlan e il «mostro» Cinquecento anni fa gli spagnoli conquistarono la città azteca che divenne Città del Messico pagina 24

Gli interessi francesi in tunisia Il golpe di Saied non è figlio solo della spaventosa crisi economico-sociale e della decadenza delle strutture statali nel Paese nordafricano pagina 27

Il dramma siriano 13 milioni di profughi dipendono dagli aiuti umanitari: intervista al capo dell’Aiuto umanitario svizzero

pagina 31

Vita più lunga per le centrali Un accordo sull’elettricità con l’Ue è improbabile, ma i bisogni crescono: si riflette se prolungare fino a 60 anni l’esercizio degli impianti nucleari svizzeri

pagina 32

la sfiducia nei vaccini tra cina e Usa confronti Pechino non conta troppo

sull’efficacia dei suoi preparati anti-Covid mentre Washington si deve confrontare con la resistenza dei giovani

Federico Rampini La Cina torna ai lockdown «mirati». Colpita da nuovi focolai d’infezione, pur molto piccoli secondo la versione ufficiale, la Repubblica popolare reagisce con il metodo collaudato nel 2020. Le restrizioni sono severe, mobilità e viaggi vengono limitati, molti voli sono stati cancellati negli ultimi giorni. Idem per treni e collegamenti autobus. Da Nanchino a Pechino dei cordoni sanitari tornano a rallentare i flussi in entrata e uscita dalle principali metropoli. In parallelo ripartono le campagne per test di massa. La più vasta avviene a Wuhan, proprio la città-martire che fu «ground zero» per la prima infezione: il Governo vuole sottoporre a tamponi tutti gli 11 milioni di abitanti. Le misure eccezionali hanno una logica. Xi Jinping è convinto che i suoi metodi duri nel 2020 furono premiati dal successo, consentendo alla Cina di uscire dalla prima ondata di contagio molto più velocemente dei Paesi occidentali e con danni economici molto più ridotti. Di fronte al minimo rischio di ricaduta, il riflesso è quello di applicare con la massima tempestività e determinazione il metodo che ha già funzionato. Questo però conferma che le autorità cinesi non hanno una fiducia elevata sull’efficacia dei propri vaccini, che l’Oms stima molto più bassa dei vari Pfizer, Moderna, AstraZeneca e Johnson&Johnson. Il ripristino dei limiti alla mobilità avrà un impatto sull’industria turistica. Alcuni organismi internazionali cominciano a temere un rallentamento per l’intera economia cinese. Il Fondo monetario internazionale ha già ritoccato lievemente al ribasso la previsione di crescita del Pil cinese, al +8% per l’intero anno. Anche l’America è nei guai con la nuova ondata di contagi, in particolare la variante Delta, che si rafforza mentre il traguardo dell’immunità di gregge non è stato raggiunto. È solo con un mese di ritardo che Joe Biden ha raggiunto l’obiettivo di 70% di americani adulti vaccinati con almeno una dose. Viene accusato di aver cantato vittoria troppo presto sul fronte delle vaccinazioni. Se si votasse oggi per le elezioni di mid-term (che si terranno nel no-

vembre dell’anno prossimo) i sondaggi dicono che il partito democratico perderebbe la sua maggioranza, già esile, al Congresso. Non è solo «trumpiana» l’America che non si vaccina. Più di metà degli americani tra i 18 e i 39 anni non si sono fatti vaccinare. Non sono tutti elettori repubblicani visto che una larga maggioranza in quella fascia di età votò per Biden. Sono i «suoi» giovani a «tradire» il presidente democratico. C’è una resistenza generazionale che non si lascia catturare negli schemi tradizionali destra-sinistra. Intanto l’establishment repubblicano ha preso le distanze dai «no-vax». La ex portavoce di Donald Trump, Sarah Sanders, ora candidata per governare l’Arkansas, fa campagna incoraggiando la sua base a farsi inoculare «il nostro vaccino». Allude al fatto che fu Trump nella primavera 2020 a lanciare l’operazione vaccini finanziando Pfizer e Moderna. Nel profondo sud la governatrice repubblicana dell’Alabama, Kay Ivey, dice: «Dobbiamo prendercela con chi non si vaccina, se abbiamo questa nuova ondata di contagi». «FoxNews», il network di Rupert Murdoch che parla alla base trumpiana, fa campagna per i vaccini. Resta pur sempre un discrimine tra i due schieramenti politici, per cui la percentuale di vaccinati è inferiore tra i repubblicani, nel sud e nel midwest. La frontiera elettorale allude anche ad altri fattori. Tra gli elettori di Trump è più basso il livello d’istruzione e questo contribuisce ad una minore informazione sui temi sanitari. Non mancano altre vistose eccezioni, aree di diffidenza che non sono di destra. Gli afroamericani si vaccinano molto meno della media nazionale, non perché siano discriminati, ma perché nei movimenti anti-razzisti una sottocultura del vittimismo alimenta inquietanti teorie del complotto, come la paura che i black siano «cavie» degli esperimenti di Big pharma. C’è un filone «anti-vax» che ha radici nella sinistra radicale, tra gli ultrà dell’ambientalismo e del salutismo, ostili ai vaccini e all’industria farmaceutica. Ciascuna di queste correnti «no-vax» funziona come un compartimento a tenuta stagna: ha i suoi guru, le sue fonti di auto-legittimazione, le sue fake news sui social. Non si preoccupa della «con-

I giovani sanno di essere soggetti a basso rischio, con indici di ricovero e mortalità per Covid inferiori agli anziani. (Shutterstock)

tiguità» con i «no-vax» d’ispirazione politica opposta. La resistenza dei giovani è la più trasversale. È anche la più difficile da affrontare per il 78enne Biden. La portavoce del presidente ha accusato i media di «non essere all’altezza di questa sfida». Ha detto che l’informazione «è stata irresponsabile, ha rafforzato le esitazioni sui vaccini». All’origine delle accuse c’è l’allarme dei media sul consistente numero di casi positivi anche tra i vaccinati. Per la Casa bianca tv e giornali non hanno messo nella dovuta evidenza il fatto che gli immunizzati, quand’anche subiscano il contagio, quasi sempre sono asintomatici o hanno una forma lieve della malattia. L’allarmismo avrebbe contribuito a seminare scetticismo. È possibile che i media non riescano a uscire dalla «mo-

dalità emergenza», magari illudendosi di tenere alta l’attenzione dell’audience con i toni sovraeccitati. Però la bassa adesione dei giovani alle vaccinazioni era già evidente prima della variante Delta. Altre concause vanno esaminate. Fin dall’inizio di questa pandemia tutti i giovani (repubblicani o democratici) sanno di essere dei soggetti a basso rischio, con indici di ricovero e di mortalità molto inferiori agli anziani. Vengono al pettine nodi dell’etica collettiva, molti giovani americani sono stati abituati a considerare se stessi il centro del mondo, l’idea di un dovere verso la comunità ha perso quota. Soprattutto se si tratta di essere solidali «in prossimità»: con il dirimpettaio di pianerottolo, il vicino di banco o di quartiere, gli utenti degli stessi mezzi pubblici, i residenti della stessa città e Nazione.

Obblighi e doveri verso i concittadini, per non parlare dell’idea di patriottismo, appartengono ad altre epoche. Sono sostituiti da ideali che sublimano la solidarietà a livelli superiori: «salvare il pianeta» o «estirpare il razzismo». Di fronte a un’America percorsa da diffidenze e idiosincrasie trasversali, Biden è costretto a una strategia soft, il «nudge» o spintarella educativa, compresi i 100 dollari per comprare i renitenti. In suo aiuto arrivano provvedimenti di alcune autorità locali e del settore privato. New York è la prima città a imporre la versione locale del «green pass» per accedere ai locali pubblici, ristoranti inclusi. Facebook e Google richiedono il vaccino a chi torna in ufficio. Il colosso della finanza Vanguard paga mille dollari a ciascun dipendente che si sarà vaccinato entro ottobre.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

24

politica e economia

la tenochtitlan conquistata

reportage Cinquecento anni fa, il 13 agosto del 1521, gli spagnoli entrarono vittoriosi nella capitale azteca

cambiando per sempre la storia delle Americhe. Oggi il Messico è ancora alla ricerca della sua identità

Jonas Marti Nel Museo di antropologia di Città del Messico c’è uno straordinario dipinto che mostra l’antica capitale azteca, Tenochtitlan, in tutto il suo surreale splendore. Osservandone i dettagli, è facile capire l’immenso stupore che provarono i conquistadores spagnoli quando la videro per la prima volta. Uno di loro, l’ufficiale Bernal Diaz del Castillo annotò: «Non sapevamo più cosa dire, né se quello che vedevamo davanti a noi fosse reale. Sembrava una leggenda incantata». Tenochtitlan era una vera e propria meraviglia, immensa Venezia delle Americhe, costruita su isole artificiali in mezzo al lago Texcoco, pullulante di canoe, giardini, bianchi palazzi di dimensioni sconvolgenti, il gigantesco Templo mayor a forma piramidale che si stagliava su ogni altro edificio, e poi le vaste piazze, i mercati dai colori abbaglianti, le ardite strade sospese sull’acqua, larghe tanto da «permettere il passaggio di otto cavalieri affiancati». Una capitale affollatissima con oltre duecentomila abitanti, cifra eguagliata allora in Europa solo da Parigi, Napoli e Costantinopoli. Tenochtitlan: una città fantastica che sembrava essere uscita da un altro mondo, e che anzi di un altro mondo, del Nuovo mondo, lo era davvero. Per conquistarla il condottiero Hernán Cortés non avrebbe potuto scegliere momento migliore. L’imperatore azteco Montezuma aveva appena assistito al prodigio nefasto di una cometa e scambiò l’astuto conquistador per Quetzalcoatl, il dio serpente piumato che, per un caso beffardo, i testi sacri descrivevano proprio come barbuto e dalla pelle bianca e ne annunciavano il ritorno da Oriente, dal mare, proprio da dove erano approdati i primi europei.

Lo straordinario incontro tra due culture finì con l’uccisione di centinaia di migliaia di aztechi Dopo un assedio durato quattro mesi, il 13 agosto del 1521 Tenochtitlan cadde. Quell’incredibile primo incontro tra due mondi umani fino ad allora totalmente separati – «l’incontro più straordinario della nostra storia» lo ha definito, a ragione, il filosofo Tzvetan Todorov – finì con l’uccisione di centinaia di migliaia di aztechi e la distruzione totale della loro capitale. Sulle sue macerie venne costruita quella che oggi è una delle metropoli più grandi del mondo, Città del Messico. Cinquecento anni dopo della Gran Tenochtitlan non resta più nulla. Il magma di cemento abitato del Monstruo, il mostro, come i messicani chiamano la gigantesca capitale, si è insinuato ovunque, coprendo persino l’antico lago. Nella piazza principale, lo Zócalo, improbabili ballerini intrattengono i turisti con altrettanto improbabili corone di piume azteche, trionfo del folklore kitsch. Ma poco distante, accanto alla cattedrale, le pietre di tezontle, la roccia vulcanica dal colore rosso scuro del Templo mayor – scoperto per caso nel 1978 durante la costruzione della metropolitana – continuano a sussurrare la travagliata storia del Messico. Un Paese meticcio per eccellenza, nato nel difficile ma necessario abbraccio tra vittime e carnefici. Oggi il 62% dei messicani è mestizo, risultato dell’unione tra i conquistadores spagnoli e i numerosi gruppi etnici amerindi. «Non fu sconfitta e non

Ballerini piumati in Plaza de la Constitución, anche chiamata Zócalo. (Shutterstock)

fu vittoria, ma la dolorosa nascita del popolo messicano», recita la lapide di Tlatelolco, dove si combatté l’ultima battaglia. Del resto basta entrare in una cantina, ordinare una birra e domandare al vicino di bancone se si senta più europeo o più indigeno, e la risposta sarà sempre un sorriso accompagnato dalle parole «somos mexicanos». Però l’identità messicana, costruita a tavolino nell’Ottocento e fondata sull’esaltazione del meticciato, come tutte le identità non è definitiva e continua a nutrirsi di nuove mitologie storiche. In vista del cinquecentesimo della caduta di Tenochtitlan, la municipalità di Città del Messico ha organizzato numerosi eventi, con un fil rouge che la sindaca Claudia Sheinbaum ha descritto molto chiaramente: «Il 13 agosto commemoreremo i 500 anni di resistenza dei nostri popoli nativi». La volontà dichiarata è quella di «demistificare la conquista spagnola» e rafforzare la narrativa indigena, anche attraverso una cancel culture che vuole stravolgere la toponomastica cittadina. Qualche mese fa quella che per secoli si era chia-

mata Plaza de la noche triste, in ricordo della notte in cui gli spagnoli furono decimati da un’insurrezione azteca, è stata ridenominata Plaza de la noche victoriosa. In questi giorni, invece, un viale dedicato a un conquistador ha cambiato nome e preso quello dell’antica capitale. Ma si va oltre: un recente sondaggio rivela che il 56 per cento dei chilangos, gli abitanti di Città del Messico, sarebbe favorevole a ribattezzare la propria città con l’antico nome azteco di Tenochtitlan. Una narrativa revanscista, in linea con quella del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador, che due anni fa aveva chiesto al re di Spagna Felipe VI e a papa Francesco di scusarsi con gli indigeni per la conquista dell’odierno Messico. Molti messicani pensano che le ferite della conquista spagnola siano ancora aperte. «La caduta di Tenochtitlan è avvenuta 500 anni fa, ma le sanguinose guerre di conquista sono durate molto di più e l’instaurazione dell’ordine coloniale continua ancora oggi, attivo, capitalista, estrattivo, occidentalizzante», ha scritto qualche settimana fa su un giornale Yásnaya Aguilar, attivista

Rovine del Templo mayor. (Marti)

per i diritti linguistici delle minoranze amerinde. E i dati le danno ragione. Dopo secoli di emarginazione e sfruttamento, ancora oggi la maggior parte dei 12 milioni di indigeni «puri» – il 10 per cento della popolazione, diviso in 68 gruppi etnici – vive in povertà, ha un grado di istruzione inferiore e maggiori difficoltà ad accedere al sistema sanitario. Altro che celebrazioni

L’antica capitale azteca nel Museo di antropologia di Città del Messico. (Marti)

della «resistenza indigena». «Lo Stato non fa niente di niente per loro. Sembra che voglia tenerli in queste condizioni per controllarli meglio», confida un insospettabile ristoratore della classe media. Negli scorsi decenni alcune rivolte locali, come quella maya in Chiapas – terra ricchissima ma ferocemente sfruttata dai latifondisti – hanno cercato giustizia per le popolazioni autoctone, ma la repressione del Governo ancora oggi non si è fermata. Mentre la minoranza bianca di origini europee occupa ancora saldamente le posizioni privilegiate della struttura politica ed economica, perpetuando così in un qualche modo il sistema di caste dell’epoca coloniale. Intanto però a Città del Messico, accanto ai resti del Templo mayor, sulla facciata di un edificio campeggia una grande scritta a caratteri cubitali, un frammento dello scrittore Ignacio Ramirez, scritto nel 1861: «Da dove veniamo? Dove andiamo? Se ci impuntiamo ad essere aztechi puri, finiremo nel trionfo di una sola razza e nell’adornare con i teschi degli altri il tempio del Marte americano, se ci impegniamo ad essere spagnoli, precipiteremo nell’abisso della Reconquista». L’eterno dilemma delle Americhe, che ancora oggi, 500 anni dopo la caduta della favolosa Tenochtitlan, risuona forte nel colorato e polveroso Messico.


Per un buon caffè il tempo c’è 10.8 16.8.2021

confezione da 3

33% 19.00 invece di 28.50

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

TrioPack Tradition Macinato o in Grani 3x500g


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

26

Idee e acquisti per la settimana

doppio Power Una protezione adeguata contro i raggi UVA e UVB è tra i migliori presupposti per avere una pelle bella e sana. La cura quotidiana della cute con Zoé Gold rappresenta un autentico multitasking perché rafforza e nutre la pelle matura. Inoltre, la crema da giorno protegge dal sole grazie ad un fattore di protezione 30. È disponibile come novità alla Migros.

Bild: Yves Roth

20x Punti cumulus*

Zoé Gold crema da giorno SPF 30 50ml Fr.19.90 * sulla crema da giorno Zoé Gold dal 10 al 23 agosto


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

27

politica e economia Lavori di fortificazione del muro sulla Wilhelmstrasse il 12 settembre 1961. (Keystone)

Il ruolo di parigi nel golpe tunisino l’analisi Saied incarna la volontà francese

di attenuare l’influenza della Turchia sull’area Lucio Caracciolo Nella partita tra Francia e Turchia che attraversa tutto il Mediterraneo, dall’Egeo a Gibilterra, per prolungarsi fin nel Sahel, la Tunisia è il nuovo oggetto del contendere. Il colpo di Stato nemmeno troppo mascherato con cui il 25 luglio il presidente Kais Saied ha avocato a sé tutti i poteri, dimettendo il primo ministro Hichem Mechichi e sospendendo per un mese i lavori del Parlamento guidato dal capo del partito islamista Ennahda, Rached Ghannouchi, s’inquadra in questo scontro strategico. Nel quale sono coinvolte tutte le potenze regionali, fino alle petromonarchie del Golfo, favorevoli al golpe con l’eccezione del Qatar, alleato e finanziatore della Turchia. La coppia Turchia-Qatar guida e sponsorizza quel che resta della Fratellanza musulmana, considerata dai regimi arabi, Egitto, Algeria ed Emirati arabi uniti in testa, una struttura terroristica sovversiva.

Il terribile muro che divise Berlino

Storia Il 13 agosto 1961 apparve quello che per una trentina d’anni

fu il simbolo della Guerra fredda. Striscia di morte e di turismo Alfredo Venturi Il 13 agosto 1961 era domenica e quella mattina molti berlinesi si preparavano alla rituale scampagnata. Erano soliti trascorrere la giornata festiva fuori città, nella campagna brandeburghese ricca di boschi e di laghi, o in luoghi come Potsdam, e il parco che circonda la Versailles dei re di Prussia. Ma quel giorno chi prese la strada di Potsdam trovò sbarrato il ponte di Glienicke. Una grande matassa di filo spinato lo attraversava a metà, dove una linea di demarcazione – fino a quel momento virtuale – separava il settore americano dal territorio della Repubblica democratica tedesca. Né i Volkspolizisten che vigilavano armati fino ai denti erano prodighi di spiegazioni. Di qui non si passa, si limitavano a dire. Lo stesso accadeva a tutte le uscite dalla città. Era impossibile non soltanto lasciare la metropoli se non per via aerea, ma anche attraversarla. Uno sbarramento separava i settori occidentali dall’orientale, in pratica sigillava con un abbraccio di 165 chilometri le tre parti della metropoli occupate da Stati uniti, Gran Bretagna e Francia. Nei giorni successivi la barriera di filo spinato si andò gradualmente trasformando in una muraglia di cemento. Anzi due muraglie più o meno parallele, separate da quella che presto si chiamerà «striscia della morte», larga fra i trenta e i cento metri, e presto attrezzata con torrette d’osservazione, cavalli di frisia, trappole esplosive, e presidiata dai Vopos (gli agenti della Polizia popolare tedesca) che la percorrevano portandosi appresso cani addestrati. Cominciava quella domenica la lunga storia di Berlino divisa. Durerà quasi un trentennio, fino a quando un terremoto politico nell’Unione sovietica e nell’Europa orientale avrà realizzato le condizioni per mutare il corso della storia. La ragione per cui il Governo filosovietico di Walter Ulbricht decise di rinchiudere quel pezzetto di Occidente incapsulato nell’Europa orientale è

molto semplice: lo Stato degli operai e dei contadini, come lo chiamava la propaganda orientale, rischiava di svuotarsi. Il confine intertedesco era ben munito e attentamente vigilato, impossibile attraversarlo, ma bastava andare a Berlino, liberamente raggiungibile, e qui prendere un aereo verso la Germania federale. Molti lo facevano, si calcola che fino al 1961 oltre due milioni e mezzo di tedeschi orientali si rifugiarono a ovest. Non servì a nulla introdurre nella legislazione il reato di fuga dalla Repubblica: bisognava provvedere con una misura più drastica.

Il Governo filosovietico di Walter Ulbricht intendeva frenare la fuga dei tedeschi orientali verso ovest La mossa fu concordata con gli alleati del Patto di Varsavia, il leader sovietico Nikita Krushev diede il suo benestare. Per scongiurare il fuggifuggi il piano fu tenuto segreto, anzi fino all’ultimo i dirigenti di Berlino est ripeterono che non avevano nessuna intenzione di erigere muri. La fuga di tanti tedeschi orientali li aveva gettati nel panico, al punto che per impedirla rinunciarono a un consistente apporto di valuta. Infatti 56mila berlinesi dell’est avevano dall’altra parte del muro il loro posto di lavoro: quel 13 agosto furono improvvisamente tagliati fuori dalla fabbrica, dall’ufficio, dal negozio. Una tragedia per loro, il male minore per i capi della Ddr. Iniziava così la lunga stagione di Berlino divisa: da una parte la capitale immersa nel grigiore del socialismo reale, dall’altra la scintillante vetrina dell’Occidente. Il muro, o per meglio dire la parete a contatto con Berlino ovest, cominciò a rivestirsi di dipinti multicolori e iscrizioni che spaziavano dal privato al politico, dal satirico

all’erotico. Fra i Mauermaler, i pittori del muro, c’erano anche noti artisti di strada come Keith Haring o Thierry Noir. Memorabile una scritta vicino alla Porta di Brandeburgo: «Last coke to Japan», ultima coca-cola di qui al Giappone, sintesi efficace di una complessa realtà geopolitica. Fin dai primi giorni cominciò a sgranarsi un rosario di vittime, gente che cercava di fuggire e veniva falciata dal fuoco dei Vopos o dalle trappole esplosive. Alla fine saranno centinaia lungo l’intero confine intertedesco. Molti ce la fecero, scavando gallerie o nascondendosi in auto diplomatiche o militari. Il muro finì col diventare un’attrazione turistica. C’erano piattaforme dalle quali si poteva gettare uno sguardo sulla striscia della morte. Dalle parti della Potsdamer Platz si vedeva un binario del tram che procedeva rettilineo verso il muro dove scompariva, assurdamente interrotto. Non si sarebbe potuto esprimere meglio di quelle rotaie che andavano a sbattere contro il muro il carattere innaturale della costruzione, la violenza esercitata sulla fisiologia della città, sui flussi vitali della comunicazione urbana. Soltanto gli stranieri o i berlinesi occidentali potevano passare all’est attraverso valichi come il famoso Checkpoint Charlie. Attorno a quell’assurda muraglia si muoveva anche una sorta di turismo politico. Nei primi giorni dopo la costruzione arrivarono da Bonn il cancelliere federale Konrad Adenauer, da Washington il vicepresidente americano Lyndon Johnson. Nel giugno del 1962, pochi mesi prima di essere assassinato a Dallas, fu la volta del presidente John Kennedy, che pronunciò un celebre discorso di solidarietà agli abitanti della metropoli violata. E non furono i soli. Accoglieva gli ospiti internazionali il borgomastro Willy Brandt, l’uomo che un giorno con la sua Ostpolitik contribuirà a realizzare le premesse della svolta che porterà finalmente, nel 1989, alla riunificazione della metropoli e un anno più tardi della stessa Germania.

In ogni modo Saied non è un leader forte e la Fratellanza musulmana resta influente in provincia La Francia è con questa cintura antiFratellanza. Per almeno due motivi. Primo, considera la Turchia il massimo sponsor dell’islamismo domestico, comprese le frange terroristiche. Secondo, perché la Tunisia è storicamente una delle piattaforme strategiche della sua proiezione mediterranea e africana che ancora oggi, ad impero formalmente dissolto, costituiscono un fattore di innalzamento della sua potenza e del suo rango. L’altro almeno teoricamente importante attore europeo nella regione, e specialmente a Tunisi, sarebbe l’Italia. Ma Roma ha da tempo perso il ruolo che fino allo scadere dello scorso secolo esercitava in tutta la facciata nordafricana, quasi sempre in frizione con Parigi. Il colpo di Stato attuale, giustificato con un’interpretazione molto estensiva della Costituzione, non è insomma figlio solo della spaventosa crisi economica e sociale, della deliquescenza delle fragili strutture statali, del caos che da anni attanaglia un Paese già additato quale esempio di potenziale successo delle cosiddette «primavere arabe». In questo disordine, che porta ogni giorno masse di giovani tunisini a sfidare le onde del Mediterraneo per approdare in Italia, pescano le potenze che contano. Nel caso di Saied, soprannominato Robocop per la postura rigida e il fraseggio metallico in arabo classico, osservandone l’ombra lunga se ne coglie facilmente la coda tricolore blu-bianco-rossa. In parole povere, incarna e accomoda il tentativo francese, sostenuto

dal citato fronte dei regimi arabi, di eliminare o almeno diluire l’influenza della Turchia sulla Tunisia. Dopo Tripoli, l’avvento a Tunisi di un Governo sotto controllo di Ankara, ossia della Fratellanza musulmana, sarebbe stato intollerabile per la Francia e i suoi alleati. Eppure, grazie anche all’azione del partito Ennahda, trattato da Saied come responsabile del disastro economico e politico interno, la Turchia stava mettendo le mani su quel Paese relativamente piccolo, schiacciato fra Algeria e Libia, ma strategico. Ad esempio, nelle scuole tunisine la seconda lingua insegnata, dopo l’arabo, non è più il francese ma il turco. Salta subito agli occhi il parallelo con il «golpe medico» di marca italiana, con cui nella notte fra il 6 e il 7 novembre 1987 il Governo di Roma mise fine alla lunga stagione del senescente Habib Bourghiba, già padre della patria tunisina, per installare al suo posto Zine el-Abidine Ben Ali, poi cacciato dalla rivolta del 2010-11, nota come «rivoluzione dei gelsomini». Si trattò allora di una operazione voluta dal premier Bettino Craxi per impedire che l’Algeria invadesse la Tunisia e scatenasse il caos alla frontiera meridionale dell’Italia. Parigi vi si oppose, senza successo. Oggi, a parti invertite, l’Italia assiste quasi impotente al cambio della guardia in corso. La situazione resta infatti fluida. L’anziano presidente Saied, pur sostenuto da buona parte della popolazione (soprattutto i giovani, grande maggioranza fra gli 11 milioni di tunisini), non è un leader forte né ha una base politico-partitica su cui poggiare. La Fratellanza musulmana, guidata dall’anziano e malato Rached Ghannouchi, deposto presidente del Parlamento, è ramificata e influente soprattutto in provincia. La Turchia non mollerà certo la presa. Da Tripoli, città sotto il suo indiretto controllo, già organizza la risposta al colpo di Stato di Saied. Allo scadere dei trenta giorni di sospensione del Parlamento manca poco. Tutto è possibile. Spicca la reticenza degli Stati uniti ad esprimersi e a pesare nella crisi tunisina. La posizione di Washington è delicata. Francia e Turchia sono Paesi formalmente alleati, ma tendono a seguire traiettorie peculiari in ambito atlantico. Di sicuro gli americani non sono disposti a coprire più di tanto un golpe ispirato o comunque fruito dai francesi. Il loro rapporto con l’islam politico incarnato dalla Fratellanza è quanto meno ambiguo, fin dai tempi di Obama. Soprattutto, la Turchia è considerata un socio difficile, talvolta ostile, ma comunque utile. Per esempio nel contenimento della Russia, nel Mar Nero come nel Mediterraneo centroorientale. Ma Washington ha rinunciato ad esporsi nell’area, e difficilmente cambierà approccio.

Emmanuel Macron e Kais Saied a Parigi nel giugno 2020. (Keystone)


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

28

Idee e acquisti per la settimana

Smoothie Feel Good Se non avete un frullatore multifunzione, potete preparare gli smoothie anche con i modelli a immersione.

Quando le giornate sono calde servite smoothie al posto del gelato. E se avete un frullatore potente, si possono aggiungere cubetti di ghiaccio

Dolci, colorati e stagionali: celebriamo i frullati e proponiamo suggerimenti per varianti particolarmente prelibate Testo: Dinah Leuenberger Ricette: Andrea Pistorius, migusto.ch


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

29

Smoothie bowl alle prugne e alla barbabietola per 4 persone 6 susine rosse 1 barbabietola cotta 2 mele 4 cucchiai di cranberry secchi 2 cucchiai di crema di mandorle bianche 2 dl di bevanda di riso e mandorle 8 cucchiai di granola Beetroot Ginger Crunchy Menta per decorare

Smoothie fragolapomodoro allo skyr

Sciroppo d’acero Alnatura grado c 375ml Fr. 9.10

preparazione Dimezza le susine e snocciolale. Taglia qualche bello spicchio e mettilo da parte per guarnire. Pela la barbabietola, priva le mele del torsolo poi sminuzza tutto e frulla con i cranberry, la crema di mandorle e la bevanda di riso e mandorle in un frullatore. Distribuisci in scodelline e guarnisci con la granola, gli spicchi messi da parte e la menta.

Se il frullatore non è sufficientemente potente, le verdure più dure possono essere sminuzzate con una grattugia per bircher o con un mixer a immersione.

V-Love Bio Drink riso e mandorle 1l Fr. 2.90

Tutte le ricette su migusto.ch

YOU Skyr nature 170 g Fr. 1.70

per 4 bicchieri da ca. 2 dl 400 g di pomodori 400 g di fragole 6 cucchiai di sciroppo d’acero 170 g di skyr nature Fragole e pomodori cherry per decorare preparazione Taglia i pomodori a pezzetti, mettili in un frullatore potente con le fragole e due terzi dello sciroppo d’acero e riducili in purea. Incorpora il resto dello sciroppo d’acero allo skyr e amalgamalo bene. Versa lo skyr e lo smoothie nei bicchieri in modo da formare degli strati. Guarnisci a piacere con fragole e pomodori cherry.

Per una variante fresca del frullato: tagliare a pezzetti le banane molto mature e congelare. Funziona anche con altre varietà di frutta. A seconda della potenza del mixer lasciar scongelare brevemente la frutta prima di frullarla. YOU Bio Beetroot Ginger crunchy 500 g Fr. 6.20


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

30

Idee e acquisti per la settimana

Smoothie alla pesca, al melone e all’avocado per 4 bicchieri da ca. 2 dl 1 avocado 3 dl di succo d’arancia 4 foglie di menta 4 pesche piatte 1 melone Charentais di 700 g Menta per guarnire

menta Bio Nostrana al prezzo del giorno

preparazione 1. Dimezza l’avocado, snocciolalo, estrai la polpa con un cucchiaio e riducila in purea con la metà del succo d’arancia e la menta in un frullatore potente. Distribuisci la purea nei bicchieri. 2. Snocciola le pesche e tagliale a pezzettini. Dimezza il melone, privalo dei semi, stacca la polpa dalla buccia e tagliala a pezzetti. Riduci in purea pesche e melone con il resto del succo d’arancia e distribuisci sulla purea di avocado. Guarnisci con la menta.

pesche piatte da 500 g e 1 avocado sono disponibili dal 10 al 16.8 per 1 franco

Per poter assorbire le vitamine il corpo necessita di un po’ di grasso. Al frullato si possono quindi aggiungere alcune gocce di semi di lino o di cocco. Se tra gli ingredienti dello smoothie figura il latte di cocco, il grasso è sufficiente.

demeter Succo d’arancia 700 ml Fr. 3.20

Smoothie ai mirtilli e noce di cocco per 4 bicchieri da ca. 2 dl 400 g di mirtilli 1 cucchiaio di semi di chia 4 dl di acqua di noce di cocco 2 cucchiai di sciroppo di fiori di cocco 1 bustina di zucchero vanigliato 150 g di yogurt di cocco vegano preparazione Metti da parte alcuni mirtilli per guarnire e frulla il resto con i semi di chia, l’acqua di cocco e lo sciroppo di fiori di cocco, lo zucchero vanigliato e lo yogurt in un frullatore potente. Versa lo smoothie nei bicchieri e decora con i mirtilli messi da parte.

V-love Vegurt cocco nature 150 g Fr. 1.65

YoU acqua di cocco 50 cl Fr. 3.90

Crea il tuo prossimo Smoothie YOU

Raccontaci il tuo abbinamento preferito di frutta e verdura per creare il perfetto smoothie Feel Good. Con un po’ di fortuna la tua proposta sarà messa ai voti su migipedia.ch. Lo smoothie più votato nel 2022 sarà proposto nell’assortimento Migros, con il nome del suo ideatore, che vincerà un buono del valore di 1000.– franchi per un soggiorno in un wellness hotel in Ticino. Partecipa entro il 29 agosto su migipedia.ch e vinci!


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

31

politica e economia

«I bisogni sono giganteschi» crisi siriana 13 milioni di persone dipendono dagli aiuti umanitari internazionali. La Svizzera è presente

in Siria e nei Paesi confinanti con progetti e programmi. Intervista a Manuel Bessler, capo dell’Aiuto umanitario della Direzione dello sviluppo e della cooperazione della Confederazione

Luca Beti Non ci sono parole per descrivere la situazione in Siria. A dieci anni dall’inizio della primavera araba e delle proteste di piazza contro il governo di Bashar al-Assad, il Paese è un cumulo di macerie e cenere, almeno 500mila persone sono morte, gli sfollati interni sono quasi 6 milioni e altrettanti hanno cercato rifugio nei Paesi vicini. Ma nemmeno le cifre sono in grado illustrare ciò che hanno vissuto le siriane e i siriani dal marzo 2011 a oggi. I loro sogni di democrazia, libertà, un futuro migliore sono stati annientati dalle pallottole e dalle bombe. Oggi, 13 milioni di persone dipendono dagli aiuti umanitari internazionali. Per la Svizzera si tratta dell’impegno umanitario più consistente di sempre. Dal 2011 ha stanziato più di mezzo miliardo di franchi per alleviare le sofferenze delle vittime del conflitto o, dov’è possibile, promuovere lo sviluppo in Siria, ma anche in Giordania, Libano, Iraq e Turchia. «A volte, soprattutto quando le crisi si ripetono, ho quasi l’impressione di essere come Sisifo», dice Manuel Bessler, capo dell’Aiuto umanitario della Direzione dello sviluppo e della cooperazione della Confederazione. «In Siria, i bisogni sono giganteschi. L’esperienza mi ha insegnato che non bisogna però guardare a una crisi umanitaria nel suo insieme, bensì aiutare lì dove la Svizzera ha particolari competenze. Il nostro intervento può fare la differenza per il singolo rifugiato o per una famiglia se, per esempio, grazie a noi hanno accesso all’acqua potabile. La motivazione mi viene proprio da questi piccoli ma importanti successi». Signor Bessler, quando è stato l’ultima volta in Siria o nei paesi confinanti?

Purtroppo, sono già trascorsi più di due anni. Era l’estate 2019 quando ho potuto recarmi per l’ultima volta a Damasco e visitare Homs e Deir el-Zor. L’anno scorso volevo ritornarvi, ma la pandemia ha sconvolto i miei piani. Per me è importante recarmi sul posto delle crisi per rendermi conto in prima persona delle necessità della gente e per vedere la situazione con i miei occhi. A causa della pandemia è diventato molto difficile accedere ai Paesi dove siamo attivi, non solo in Siria, ma anche in Etiopia, Afghanistan o Mali. Ciò non ci facilita di certo il lavoro sul campo.

Ogni fiammata di violenza in Siria crea nuovi rifugiati. (Keystone) 13 milioni di persone, in Siria e nei paesi confinanti, dipendono dagli aiuti umanitari internazionali.

I bisogni sono giganteschi e la Svizzera non può aiutare tutti. Per questo motivo è importante puntare sulle proprie competenze. Solo così è possibile fornire un contributo fondamentale alla popolazione locale. Prendiamo l’esempio dell’approvvigionamento idrico, campo in cui abbiamo conoscenze specialistiche. In questi anni abbiamo realizzato vari pozzi nei campi profughi in Giordania, fonti d’acqua a cui può attingere anche la popolazione locale. Poi collaboriamo con partner bilaterali e multilaterali, per esempio il

e se tutto ciò non bastasse, è arrivata la pandemia di coVId-19 con una conseguente crisi economica che ha ulteriormente peggiorato la situazione.

dal 2017, la Svizzera ha un ufficio a damasco. Quanto è importante per le vostre attività in Siria?

È fondamentale, come lo sono la trentina di uffici dell’Aiuto umanitario sparsi per il mondo. Ci permettono di valutare direttamente quali sono i bisogni della gente. Quella in Siria è la più grande operazione umanitaria della Svizzera. Forniamo aiuti per oltre 60 milioni di franchi all’anno, anche nei Paesi circostanti. È quindi importante poter controllare come vengono impiegati questi fondi. Sarebbe impossibile farlo senza essere sul posto, soprattutto in un contesto così complesso come quello siriano. I due collaboratori del Corpo svizzero di aiuto umanitario a Damasco hanno il compito di seguire i progetti delle nostre organizzazioni partner registrate a Damasco, valutare l’evolversi della situazione e, se necessario, adeguare i nostri programmi. L’ufficio umanitario fa inoltre parte di una struttura regionale che segue, ad esempio, gli aiuti forniti da Paesi vicini come la Turchia e la Giordania. e su quali interventi umanitari punta la Svizzera? I bisogni sono enormi.

Idlib e nella zona a Nord-est, controllata dai curdi, si continua a sparare. A parte la Cina, tutti i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Uniti sono coinvolti, in una maniera o in un’altra, in questa crisi. E ciò dimostra quanto la situazione sia complessa ed esplosiva. Meno scontri, non significa necessariamente più aiuti. Noi dipendiamo dalla possibilità di accedere alle varie aree. Prima che un convoglio possa mettersi in viaggio in direzione di Aleppo, Idlib o Deir el-Zor, le organizzazioni umanitarie hanno bisogno dei permessi del governo di Damasco o delle altre parti in conflitto. Spesso bisogna trattare con attori poco affidabili e che non hanno il controllo su tutti i checkpoint. A volte se ne devono superare 20-25. Il contesto in cui siamo chiamati ad operare continua ad essere molto complesso. Serve una rete di contatti con chi detta le regole del gioco.

«Dobbiamo aiutare dove la Svizzera ha particolari competenze. (Keystone)

Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, l’UNICEF, il Comitato internazionale della Croce Rossa – abbiamo consegnato dodici ambulanze alla Mezzaluna Rossa Siriana araba a Damasco – o ONG locali, sostenendo finanziariamente i loro progetti sul terreno. Nello specifico sosteniamo sia l’aiuto umanitario d’urgenza, sia la protezione dei civili. Rafforziamo inoltre la resilienza della popolazione e l’accesso ai servizi di base. È cambiato qualcosa per voi, dal punto di vista degli aiuti umanitari, con la diminuzione dei combattimenti?

È vero, si combatte meno. Ma nel Nord-ovest, nella regione intorno a

In effetti, è una crisi nella crisi. Il virus è un pericolo anche per le collaboratrici e i collaboratori sul campo. È un nostro dovere assicurare la loro sicurezza, mettere a disposizione test e vaccini, anche a Damasco. Non è stato per nulla semplice perché non ci sono collegamenti aerei e le frontiere sono rimaste a lungo chiuse. La pandemia ci ha naturalmente obbligato ad adeguare i nostri programmi. Improvvisamente, la gente attiva nel settore informale è rimasta senza lavoro. Anche chi aveva un reddito durante la guerra, è scivolato nella povertà più estrema. La percentuale di persone bisognose è aumentata in maniera esponenziale negli ultimi due anni. Per questo motivo abbiamo aumentato il sostegno finanziario a favore del Programma alimentare mondiale dell’ONU su scala mondiale. Va ricordato che non disponiamo di un budget illimitato e che quindi dobbiamo dosare con attenzione i nostri mezzi economici destinati ai vari partner. Anche perché quella siriana non è l’unica crisi al mondo. In certi casi abbiamo ridotto o interrotto dei programmi di ricostru-

zione perché abbiamo dovuto dirottare mezzi finanziari verso l’aiuto umanitario d’emergenza. eppure sarebbe fondamentale investire nella ricostruzione, penso soprattutto alle scuole. Si rischia altrimenti di perdere un’intera generazione, quella che dovrebbe dare forma alla Siria di domani.

Un bambino che nel 2011 aveva cinque anni ha vissuto per dieci anni in mezzo al terrore, alle bombe, e magari non ha mai avuto la possibilità di andare a scuola. Non tutte le scuole sono state distrutte, molte sono rimaste però chiuse. In Siria, la Svizzera collabora con diverse organizzazioni partner per permettere a ragazze e ragazzi di tornare dietro ai banchi. Inoltre investe in progetti infrastrutturali e così abbiamo ripristinato o ricostruito scuole in Libano e in Giordania, con la condizione che anche le figlie e i figli delle famiglie siriane potessero ritornare in aula. Questi interventi ci hanno permesso di offrire un’educazione e una formazione ai giovani. Certo, si sopravvive anche senza andare a scuola, ma la Siria ha bisogno di giovani che diano un futuro al Paese. Senza pace non c’è però futuro in Siria. Quale ruolo ha la Svizzera nel processo di pace promosso dalle Nazioni Unite?

Non c’è una soluzione umanitaria ai problemi politici, nemmeno per il conflitto siriano. È fondamentale che l’aiuto umanitario, il rispetto del diritto internazionale umanitario, la lotta contro l’impunità e il processo politico siano promossi insieme. Sul breve termine è importante soccorrere la popolazione siriana, ma per la ricostruzione del Paese ci vuole la pace. Per questo motivo, la Svizzera sostiene progetti umanitari, ma anche i processi volti a riportare la pace in Siria. Per esempio, discutiamo soluzioni e sinergie con l’inviato speciale dell’ONU per la Siria, Geir Pedersen, che ha il suo ufficio a Ginevra. Vogliamo dimostrare che è vantaggioso per tutti gli attori coinvolti mettere fine agli scontri armati. Dobbiamo tuttavia evitare che l’aiuto umanitario venga strumentalizzato. Noi ci orientiamo sempre ai bisogni delle persone, non importa da quale parte stiano.

con un ufficio a damasco, quindi sotto il controllo di Assad, la Svizzera non rischia però di essere strumentalizzata dal governo?

L’aiuto umanitario della Svizzera si basa su principi umanitari: sosteniamo le persone in difficoltà, indipendentemente dalle linee di conflitto. Per questo il nostro assetto è regionale. Siamo di stanza a Damasco con l’ufficio umanitario e ad Amman e Ankara con le rappresentanze svizzere. Facciamo in modo che le persone in tutta la Siria, sia nel territorio controllato dal governo che altrove, ricevano aiuto. La Svizzera presta aiuto a tutti. Assicuriamo i rifornimenti ai territori in mano all’opposizione, partendo dalla Turchia attraverso i valichi di frontiera oppure dalle aree controllate dal governo attraverso le linee del fronte. È vero, l’autorizzazione e i permessi ci vengono dati dal governo, ma siamo noi a decidere chi aiutare, quali ospedali riabilitare o a chi destinare i nostri aiuti. Ma non possiamo nemmeno dimenticare che dobbiamo trattare con chi detiene il potere. le parti in conflitto tentano continuamente di bloccare gli aiuti umanitari o di sfruttarli a proprio vantaggio. Al momento c’è un solo valico di frontiera ancora aperto tra la turchia e i territori in mano alle forze dell’opposizione in Siria. ora anche quest’ultimo passaggio rischia di essere chiuso.

Ciò dimostra, ancora una volta, quanti attori sono coinvolti in questo conflitto. Inizialmente c’erano quattro valichi di frontiera aperti, dall’estate 2020 è uno solo, quello di Bab el-Hawa. È l’unico che permette alle Nazioni Unite di accedere alla regione intorno a Idlib. Quest’estate una risoluzione dell’ONU che permette le attività transfrontaliere dovrebbe essere prorogata dai membri del Consiglio di sicurezza. E qui entra in gioco l’attività politica della Svizzera a New York. Si tratta di un lavoro di lobby e dialogo fondamentale con le parti in causa – Russia, USA, Cina e Stati europei – affinché il valico rimanga aperto. Non possiamo lasciare niente di intentato. La chiusura di questo passaggio avrebbe ripercussioni drammatiche per le operazioni umanitarie e per la popolazione nel Nord-ovest della Siria.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

32

politica e economia

centrali nucleari, estendere la durata di vita fino a 60 anni?

politica energetica L’Ufficio federale per l’energia prevede fino al 2050 un forte aumento delle importazioni

di energia elettrica. Prolungando l’attività delle centrali nucleari si potrebbero evitare grossi problemi di approvvigionamento

Ignazio Bonoli L’approvvigionamento elettrico della Svizzera è un tema di grande attualità di questi tempi. Il riaccendersi delle discussioni è dovuto anche alla decisione del Consiglio federale di chiudere le trattative su un accordo quadro con l’Unione Europea. Infatti, tale decisione rischia fortemente di mandare a monte un accordo sull’energia elettrica e creare non poche difficoltà alla fornitura di elettricità al mercato elvetico. Si sa che l’interscambio di energia con l’Europa è sempre stato molto intenso. Questo è dovuto in gran parte al tipo di produzione in Svizzera e ai momenti di maggior consumo. La Svizzera, con gli impianti idroelettrici, raggiunge le punte massime di produzione durante l’estate, mentre registra le punte massime di consumo in inverno. Questo significa che, durante il periodo estivo, la Svizzera può perfino esportare energia elettrica, mentre in inverno è costretta ad importarne. Da qui l’importanza di uno scambio intenso con i paesi vicini. Alla situazione si è potuto porre riparo in parte con la produzione delle centrali nucleari, che non dipende dalle stagioni. Questa nuova energia copre soltanto circa il 40% della produzione totale. In prospettiva però anche

la Svizzera – come altri paesi – prevede la chiusura di queste centrali, la cui durata massima è stata valutata in circa 50 anni. Come altri paesi anche la Svizzera sta realizzando impianti di produzione alternativi, come quelli per l’energia solare o per l’utilizzazione del vento. Anche in questi casi però, per il momento, la produzione è limitata, mentre l’impatto ambientale è talvolta elevato. Anche la produzione idroelettrica potrebbe essere aumentata, ma a costo di grossi investimenti e in tempi lunghi, con evidenti impatti ambientali pure in questo caso. Considerazioni di questo tipo hanno indotto a prevedere un prolungamento della durata di vita degli attuali impianti nucleari da 50 a 60 anni. E questo anche in considerazione del fatto che il consumo di elettricità continuerà ad aumentare e si intensificherà con la diversificazione dei modi di consumo: per esempio con il previsto passaggio dai motori a combustione a quelli elettrici. In realtà non esiste un obbligo legale di chiudere le centrali nucleari dopo 50 anni. Il termine fa però in modo che i due principali produttori di energia nucleare – cioè le centrali di Gösgen e Leibstadt – dovranno chiudere entro il 2029 e rispettivamente il 2034. Qualche scalpore ha quindi su-

La centrale di Leibstadt dovrebbe essere disattivata nel 2034. (Keystone)

scitato la dichiarazione del direttore aggiunto dell’Ufficio federale per l’energia Pascal Previdoli durante un incontro dell’Associazione svizzera delle aziende elettriche. Previdoli crede, infatti, che un prolungamento di 10 anni della durata di vita delle centrali nucleari potrebbe risolvere parecchi problemi del mercato svizzero dell’elettricità. Secondo l’Ufficio federale, già la chiusura della centrale di Beznau provocherà, nel 2023, un’impennata delle importazioni netta nel semestre inver-

nale. Impennata che si accentuerà nel 2029 e poi toccherà la punta massima nel 2034, con la fine della produzione di energia nucleare in Svizzera. Dal canto suo la produzione di energia alternativa riuscirà a coprire solo in parte il fabbisogno di energia elettrica anche dopo il 2050. Un prolungamento di 10 anni della produzione nucleare svizzera risolverebbe buona parte del problema, per cui a Berna si sta studiando questa possibilità. Ovviamente in primo piano ci sono

i problemi di sicurezza e quelli delle scorie, che però sono conosciuti e, secondo gli esperti, anche risolvibili. Altrettanto ovviamente conta anche il prezzo di produzione. Qui nasce però un vantaggio per le centrali nucleari. Siccome non producono CO2 non devono sopportare alti costi di risanamento o di acquisto di costosi certificati di emissione e questo proprio in inverno, quando il consumo di energia cresce in tutta l’Europa. Del resto proprio le misure adottate dal piano climatico dell’UE provocheranno un forte aumento dei prezzi, che rimarrà costante nel tempo. Un prolungamento della durata di vita delle centrali nucleari potrebbe perciò rivelarsi come un ottimo affare per le centrali stesse. Resta però un acuto problema politico da risolvere. I movimenti contrari al nucleare ricordano che le centrali che invecchiano sono soggette ad avarie frequenti e quindi a interruzioni di produzione. Non ci sono sufficienti esperienze per durate d’esercizio così lunghe. Inoltre, sarebbe assurdo finanziare i costi necessari invece di devolvere maggiori fondi alle produzioni alternative. Tuttavia il rischio di una carenza di energia elettrica dopo il 2035 è evidente e si dovrà risolverlo, anche in attesa di un eventuale rinnovato accordo con l’Unione Europea. Annuncio pubblicitario

30%


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

33

politica e economia Rubriche

Il mercato e la piazza di Angelo Rossi perché i tassi di interesse sono bassi e chi ne profitta Nei manuali di economia tradizionali il tasso di interesse gioca un ruolo centrale di regolatore del credito ma anche di aiuto nella determinazione del costo di opportunità dei progetti di investimento. Più alto è il tasso di interesse, più difficile diventa l’accesso al credito. Nello stesso tempo più selettiva diventa la decisione su un determinato progetto di investimento. Quando il tasso di interesse diminuisce succede invece il contrario. Aggiungiamo che la politica con la quale le banche nazionali cercano di controllare l’inflazione si basa largamente sulla gestione dei tassi di interesse. In un’economia monetaria il tasso di interesse svolge quindi una funzione centrale di regolatore del credito, di giudice della redditività dei progetti di investimento e di antidoto contro il rincaro. Se, come è successo nel

corso degli ultimi sei anni in Svizzera il tasso di interesse-guida della Banca nazionale scende sotto zero potrà solo con difficoltà esercitare queste funzioni. Agli economisti si pongono allora due domande. La prima riguarda l’origine di questo fenomeno: perché da una decina di anni i tassi in molti paesi del mondo i tassi di interesse stanno diminuendo? La seconda concerne invece le sue conseguenze: qual è l’impatto dei tassi di interesse bassi sul comportamento delle economie domestiche, sulla gestione delle aziende, e sugli investimenti di Cantoni e Comuni? Sono proprio queste le due domande che, di recente, la Seco, ossia la Segreteria di Stato per l’economia del Dipartimento federale dell’economia, ha posto a un gruppo di ricercatori svizzeri e stranieri. A nostro parere le risposte alla prima

delle due questioni sono meno interessanti che quelle date alla seconda. Responsabile per la diminuzione dei tassi di interesse sarebbe, dal lato dell’offerta di denaro, l’invecchiamento della popolazione che fa crescere la propensione al risparmio della popolazione. Dal lato della domanda di denaro, invece, la diminuzione degli investimenti è dovuta a un aumento del rischio e a una diminuzione della redditività. Secondo noi l’invecchiamento è anche responsabile della riduzione degli investimenti perché una società vecchia è una società poco innovativa. Ovviamente se la possibilità di ricorrere al credito non costa più nulla ci sarà qualcuno che ne profitta. Per quel che riguarda le aziende sembra siano soprattutto quelle finanziariamente meno solide che hanno potuto profittare al massimo della manna dei tassi

di interesse bassi. Con due conseguenze. La prima è positiva ed è che queste aziende hanno potuto mantenere il loro livello di occupazione. La seconda è negativa perché i tassi di interesse bassi hanno probabilmente frenato ristrutturazioni in settori poco concorrenziali. Un po’ diverso sembra essere stato il comportamento delle economie domestiche. Pare infatti che gli interessi bassi non abbiano indotto la popolazione a risparmiare di meno e a consumare di più. Il fatto è che l’uomo della strada normalmente non sa niente del costo del denaro. Questa considerazione, aggiungiamo noi, vale specialmente per i Ticinesi. Stando ai risultati dell’indagine sui redditi e sulle condizioni di vita dell’Ufficio federale di statistica alla domanda sul costo del denaro per i piccoli crediti al consumo il 70.5% dei ticinesi interrogati non ha risposto o ha risposto di

non saperne nulla. I tassi di interesse bassi sembrano non aver sollecitato nemmeno la domanda di beni di consumo durevoli (come automobili, elettrodomestici, ecc..) o quella di nuove ipoteche, almeno in Ticino. Quale è infine stata l’influenza dei tassi di interesse bassi sui conti pubblici? Stando agli studi della Seco i bassi tassi di interesse hanno indotto Cantoni e Comuni a investire di più, in particolare nel settore dell’educazione. Questa conclusione non vale per il Canton Ticino e i suoi Comuni. Nel periodo degli interessi negativi le uscite per investimento del Cantone sono restate più o meno costanti. Quelle dei Comuni hanno oscillato attorno a un trend che pure indica stagnazione. Con tassi di interesse bassi gli enti pubblici hanno potuto comunque ridurre le spese per interessi passivi nel conto di gestione corrente.

Joe Biden. Il capovolgimento è stato evidente nell’aula del Congresso in cui sono iniziati finalmente i lavori della commissione (ci sono state infinite lotte politiche, Nancy Pelosi, speaker democratica della Camera, ha bloccato i membri repubblicani proposti, e i repubblicani si sono offesi a morte e hanno inflitto un’ulteriore umiliazione alla commissione definendo l’inchiesta partisan, quindi inutile e pericolosa). I primi a testimoniare sono stati degli agenti della polizia e delle forze di sicurezza del Congresso. Uno di loro è un veterano dell’Iraq: di assedi ne ha visti molti. I 4 agenti hanno raccontato la violenza dei rivoltosi, gli insulti razzisti, gli insulti in generale, il taser in dotazione rubato e usato contro di loro, e hanno citato una frase che, con qualche variazione, suona così: è Trump che ci manda. Al di là di quel che è stato detto e raccontato finora, basterebbe questo per chiudere l’inchiesta: i rivoltosi si sentivano investiti direttamente da

Trump per attaccare il Campidoglio e ne erano orgogliosi. Invece sta andando tutto al contrario. Gli agenti vengono descritti dai trumpiani e dai loro megafoni come dei piagnucoloni esagerati che non hanno saputo fare bene il loro mestiere. I trumpiani vogliono che sia reso pubblico il nome dell’agente che ha ucciso la loro «martire» dentro al Congresso, vogliono che ci sia un processo come quello degli assassini di George Floyd, l’afroamericano soffocato dal ginocchio di un poliziotto in diretta sui telefonini, come a dire: se muoiono i nostri voi ve ne fregate. Donald Trump stesso, che pure aveva trovato parole (restie) di condanna il 6 gennaio, ora ha ripreso a giustificare i «patrioti» del 6 gennaio, ingiustamente trattati come rivoltosi quando invece difendevano il normale svolgimento delle elezioni contro le ruberie bideniane. A nulla servono i libri che continuano a essere pubblicati e che ricostruiscono quel che è accaduto alla Casa bianca

dopo le elezioni di novembre. Non serve ripetere che Trump è andato dai suoi con una strategia, «voi dite che ho vinto, al resto ci penso io». Perché nella coscienza trumpiana che a questo punto pensavamo sarebbe stata minoritaria e superata c’è davvero una ingiustizia da riparare, con ogni metodo. I trumpiani ricordano spesso che ci sono stati altri attacchi al Congresso, in particolare quello dei terroristi portoricani che negli anni Cinquanta ferirono cinque deputati o quello dei comunisti che piazzarono una bomba al Senato negli anni Ottanta per protestare contro le guerre. Ma oltre a essere stato un assalto che ha provocato molti più danni e dei morti, il 6 gennaio differisce dagli altri episodi perché ha avuto origine e ispirazione dallo stesso presidente. E tanto ha fatto e tanto ha detto, questo presidente ormai ex ma ancora presentissimo, che il 6 gennaio per molti non appare più come un’aberrazione.

Ffs stanno perdendo utenti; altre (la Bellinzona – Luino) sono sempre in attesa di funzionare come da progetto. Oltre confine la joint-venture comunque funziona, al punto che la controparte italiana (Trenitalia) sta effettuando test per introdurre gli stessi convogli Stadler su tratte regionali verso Emilia Romagna (Bologna) e Veneto (Verona). Il mio tragitto è molto semplice: andata e ritorno Lugano – Biasca. Senza fatica mi sono procurato (cioè ho pagato e mi sono stampato online) il biglietto, rimanendo anche un po’ deluso per il fatto che nessuno abbia voluto controllare se ne ero provvisto. Partenza puntuale, 10 e 25 e prima scoperta: la «S qualcosa» viaggerà senza fermata alcuna sino a Giubiasco. Che scemo che sono: le gallerie di base le scavano per poi utilizzarle, e guadagnare minuti di percorrenza, anche perché si evitano fermate intermedie... Ma, allora quelli di Lamone, Taverne o di Rivera e di Medeglia? Potranno prendere un altro «S qualcosa» con percorrenza

e fermate diverse. O almeno lo era sin tanto che il mio treno sbuca dal nuovo Ceneri dopo una decina di minuti e arriva a Giubiasco dove sosta per... quasi dieci minuti. Elementare! Il Tilo deve aver corso troppo. Si muove di nuovo per quattro minuti e fa un’altra sosta a Bellinzona (lunga anche stavolta, ma giustificata, visto che c’era un andirivieni di passeggeri in cerca di coincidenze). Si riparte, ma dopo appena tre minuti di percorrenza, terza sosta: Arbedo – Castione. Vabbè, mi dico: avran voluto portarsi avanti in attesa della nuova officina delle Ffs! Ora però si punta su Biasca, raggiunta alle 11.07, dopo 42 minuti spaccati. Prima di arrivarci un annuncio mitiga il piacere della puntualità: «Tutti scendono». Altra scoperta: Biasca capolinea e il Tilo cede passeggeri ad auto postali o pullman. Un conoscente mi spiega che anche il Tilo affronta la Biaschina e Piottino, ma solo in orari di punta. Da ferroviere incompetente mi chiedo: il «treno che unisce», che si incapponisce per Malpensa, che

fa rivivere il vecchio Ceneri e la val Vedeggio, perché lascia la Leventina ai treni Gottardo? Esco dalla stazione per una virtuale genuflessione di fronte al Ristorante della Posta in ricordo del mitico chêf Giovanni Piccioni. Vedo partire l’auto postale e aspetto invano che saluti con il «pi-po-peet». Mentre osservo muratori impegnati negli ultimi ritocchi esterni alla ristrutturata stazione ferroviaria (mi ricordano il maligno «in dré a fag sü i rizìtt»), arrivano i «compagnons» e la rimpatriata inizia. Direzione nord, tragitto che in grigioverde si percorreva per andare all’Arsenale. Mezzo secolo dopo la meta cambia e, grazie al Tilo, in un’ora passo dal divano di casa ai tavoli di sasso del grotto del Mulo. Piatti golosi e ospitalità encomiabile, ma fra i vini non c’era il barbera del mulo che il collega Costantini spaccia nella sua rubrica sul «Corriere del Ticino». Perso niente: in fatto di viticoltura e di merlot a Biasca e nelle valli l’eccellenza è dietro l’angolo.

Affari esteri di Paola Peduzzi l’assalto al campidoglio non è più un’aberrazione Sono passati sette mesi dall’attacco al Campidoglio americano, il 6 gennaio del terrore, in cui una folla di rivoltosi armati è entrata nel palazzo con l’obiettivo di punire l’allora vicepresidente Mike Pence, colpevole di aver validato il voto elettorale del novembre del 2020. In questi sette mesi i repubblicani che hanno cercato di salvaguardare le istituzioni, il passaggio dei poteri, la transizione democratica da un presidente all’altro (attività solitamente noiosa ancorché fondamentale) sono stati puniti, espulsi, accusati, emarginati. Sette mesi dopo l’assalto – l’ultima volta che il Campidoglio è stato violato risale all’inizio dell’Ottocento, furono gli inglesi a bruciarlo – Donald Trump è ancora l’uomo forte del Partito repubblicano, e se vi pare incredibile è perché lo è. La storia della commissione d’inchiesta per chiarire i fatti del 6 gennaio e magari superarli (a questo servono queste commissioni anche se raramente centrano l’obiettivo della pacificazione)

racconta molto bene questa incredulità. Trump ha subito un impeachment per aver istigato i rivoltosi ma i repubblicani hanno votato contro e poiché si pensava che fosse arrivato il momento di ricucire, dialogare, ritessere una trama democratica, anche i liberal non hanno fatto barricate. Ma certo non pensavano che i fatti del 6 gennaio diventassero materia incandescente e controversa. Pareva che tutti fossero d’accordo che era stato superato un limite, in quel saccheggio ideologico, violento, sprezzante e mortale, invalicabile. Invece è iniziata una campagna di minimizzazione di quell’evento per cui se oggi consideri il 6 gennaio come un momento osceno della storia americana sei uno che esagera. E anzi, gli uomini con le corna, le armi, l’assetto da guerra che andavano a cercare un vicepresidente per punirlo sono diventati le vittime di una colpevolizzazione collettiva: loro difendevano la verità contro la «grande bugia» della vittoria di

Zig-Zag di Ovidio Biffi Gita a Biasca con tilo e mulo Grazie alla doppia vaccinazione rivedo i «compagnons» con i quali mezzo secolo fa riempivo le giornate militari. Meglio precisare: non eravamo dei «marines», anzi! Ma una volta finito il tempo in grigioverde abbiamo deciso di adottare e mantenere il motto «Semper fidelis». Così di tanto in tanto, a seconda degli impegni che ognuno inevitabilmente annuncia (un tempo incombenze di famiglia o di lavoro, ora di cure termali, «tagliandi» medici o limitazioni pandemiche), riusciamo a ripetere le nostre rimpatriate. Parto in Tilo, dalla stazione di Lugano, perché sto cercando di convincermi che il «Semper fidelis» per noi anziani è sempre più applicabile anche al Tilo e all’Arcobaleno. Da perfetto ignorante in materia ferroviaria (è solo la seconda volta che privilegio il Tilo rispetto alla Volvo) affronto il viaggio anche come opportunità per un aggiornamento sui trasporti pubblici (rotaia), cercando conforto in esperienze dirette e liberarmi così dai preconcetti.

L’introduzione è facile: apprendo dal web che l’impresa ferroviaria italosvizzera Tilo (se proprio interessa: fondata a Chiasso come joint-venture nel 2004 con l’obiettivo di sviluppare e gestire il traffico ferroviario regionale transfrontaliero tra Ticino e Lombardia) oggi trasporta complessivamente circa 13 milioni di passeggeri all’anno sulle tratte cantonali. Mentre il sito ufficiale mi informa con quali intendimenti e su quali tratte il traffico regionale e transfrontaliero è stato strutturato, Wikipedia precisa che ora la sede principale è a Bellinzona (laddove uffici e scrivanie abbondano: poteva mai accadere, una volta tanto, che qualcuno pensasse di... insediarsi al sud?). Da notizie più recenti apprendo anche che le prossime attenzioni riguarderanno soprattutto collegamenti e coincidenze con le stazioni della Lombardia: certe tratte già faticosamente avviate – come la Mendrisio – Varese e il collegamento con Malpensa – nonostante gli ingenti aiuti finanziari garantiti dalle


Azione 00. 10.00. 8 –– 00. 16.00. 8. 2020 2021

conf. da 2

conf. da 2

30%

30% 3.75

3.75

Garofalo Rigatoni 2 x 500g

Garofalo Spaghetti 2 x 500g

invece di 5.40

invece di 5.40

Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

Il massimo del gusto senz’alcool 10.8–16.8.2021

33% 7.00 invece di

10.50

Feldschlösschen Lager Senza Alcool, Limone 0,0%, Mela 0,0% 6 x 50 cl

33% 5.20

33% 7.95 invece di 11.90

invece di 7.80

invece di 9.95

*In vendita nelle maggiori filiali Migros. Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.

4 x 50 cl

Feldschlösschen Lager Senza Alcool 10 x 33 cl

33%

33% 6.65

Feldschlösschen Bianca Senza Alcool*

Eve Litchi 0,0% 4 x 33 cl

6.65 invece di 9.95

Brooklyn Special Effect Hoppy Lager 4 x 33 cl


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

35

cultura e Spettacoli la politica nell’arte Il Kunstmuseum di Berna propone opere delle due Coree e della Cina dalla Collezione Sigg

A locarno si ritorna al cinema Mai Festival fu tanto atteso: ha finalmente riaperto i battenti la più importante kermesse cinematografica del Paese pagina 37

Nick cave e il dolore Il cantautore sperimenta sonorità nuove con Warren Ellis, e ancora traspaiono il dolore e il tormento pagina 38

pagina 36

la profondità della leggerezza

mostre L’artista Aoi Huber Kono celebrata

in Ticino grazie a due esposizioni

Alessia Brughera Se avessimo a disposizione poche parole per descrivere le opere di Aoi Huber Kono, quelle che si affaccerebbero subito alla mente sono raffinata semplicità e gioia cromatica. Di lei Bruno Munari, uno dei più eclettici e originali protagonisti dell’arte, del design e della grafica del XX secolo, nel 1995 elogiava la capacità, ereditata dalla tradizione giapponese, «di scoprire un altro modo di vedere e di capire il mondo che ci circonda», grazie alla quale l’artista è sempre riuscita a rappresentare le forme della realtà con una seducente delicatezza e con un approccio ludico. Non a caso, proprio lo stesso Munari, che tanto si è adoperato per lo sviluppo della fantasia nell’infanzia attraverso l’esperienza ricreativa, aveva trovato nel termine nipponico «asobi», che significa arte ma anche gioco, la definizione che racchiude al meglio l’essenza della produzione di Aoi Huber Kono. Conosciuta e apprezzata a livello internazionale e molto amata in Ticino, dove si trasferisce nel 1970 insieme al marito Max Huber, l’artista ancora oggi, all’età di ottantacinque anni, lavora e partecipa alla vita culturale del cantone. La sua è una figura poliedrica e curiosa, la cui attività, che spazia dalla pittura all’illustrazione, dal design alla grafica e all’incisione, è sempre stata mossa dall’esigenza di esplorare nuovi territori creativi. Il linguaggio che sin dagli esordi caratterizza le sue opere mescola incanto infantile, essenzialità, ironia ed esultanza dei colori, ben sintetizzati tra loro nell’affiatata interazione di due culture, quella orientale delle origini, fatta di compostezza e di intimità, di candore e di spontaneità, e quella occidentale, con cui l’artista entra in contatto a partire dagli anni Sessanta e che arricchisce il suo immaginario con importanti impulsi estetici. Figlia di un celebre designer e di una copywriter, Aoi Huber Kono è immersa fin dalla giovinezza in un contesto particolarmente stimolante. Dopo gli studi all’Università di Arte e Musica di Tokyo e dopo un soggiorno a Stoccolma, dove segue un corso di perfezionamento in grafica, nel 1961 approda a

Milano. È qui che conosce lo svizzero Max Huber (in quegli anni graphic designer già molto affermato, impegnato in eccellenti collaborazioni con alcune delle aziende italiane più note), con cui incomincia a lavorare e che sposerà l’anno seguente. Nel fervido ambiente creativo meneghino l’artista riesce a ritagliarsi un suo spazio accanto al consorte nel campo della grafica e del design, continuando sempre a portare avanti l’attività di pittrice e applicandosi anche ad altri ambiti, come quello dell’editoria per l’infanzia. Quando negli anni Settanta si trasferisce con Max Huber in Canton Ticino inizia anche a sperimentare l’incisione, spronata, tra gli altri, da Mario Radice, uno dei capiscuola della corrente astratta, il quale intuisce subito come i suoi disegni dalle cadenze di lirica suggestione si sarebbero ben prestati a essere tradotti nella tecnica incisoria. I lavori degli anni Ottanta svolti in partecipazione con il designer Achille Castiglioni e con l’architetto Mario Botta, poi, non fanno altro che testimoniare ulteriormente l’attitudine di Aoi Huber Kono ad aprire il proprio universo creativo in molteplici direzioni, ignorando qualsiasi gerarchia fra i vari generi e mantenendo sempre viva l’euforia inventiva. Sono due le mostre che in questo periodo in Ticino celebrano la multiforme opera dell’artista. La prima è la personale organizzata al Museo d’arte Mendrisio, istituzione con cui Aoi Huber Kono ha instaurato da molti anni un proficuo rapporto di collaborazione (suo, ad esempio, è il progetto grafico per il catalogo della rassegna del connazionale Kengiro Azuma del 1994). L’esposizione raduna un nucleo di dipinti in acrilico di recente realizzazione, una quindicina di acqueforti nonché alcuni tappeti e oggetti in plexiglas, a documentare i tanti proficui dialoghi che l’artista ha saputo intessere con forme espressive diverse, mossa com’è dalla convinzione che la vera arte si sviluppi proprio all’insegna dell’osmosi tra più discipline creative, come fossero vasi comunicanti. Gli acrilici esposti sono popolati da segni e simboli astratti che si animano grazie all’utilizzo disinvolto di cromie

Aoi Huber Kono, Animal puzzle, 2008. Plexiglas, cm 5 x 20.

radiose. Ed è proprio il colore, infatti, uno dei caratteri distintivi dell’opera di Aoi Huber Kono, che sin dagli inizi della sua carriera, nel vasto panorama della cultura figurativa occidentale, non a caso, trova nella pittura di Matisse il suo principale punto di riferimento. In questi lavori eseguiti durante il lockdown, linee e forme semplici ma irregolari, evocative della natura, occupano armoniosamente la superficie, creando composizioni che richiamano, secondo una cifra stilistica che rimane sempre estremamente peculiare, gli esiti di maestri quali Paul Klee o Julius Bissier. Dai toni vivi e luminosi sono altresì le acqueforti, opere in cui si sviluppa un intreccio vibrante che fonde tratto e colore in una sintesi ritmica quasi musicale. A insegnare la tecnica incisoria ad Aoi Huber Kono è stato alla fine degli anni Settanta il lariano Angelo Tenchio, al cui rinomato atelier l’artista era stata indirizzata da Mario Radice. Quanto linee e cromie si compe-

netrino tra loro nel linguaggio di Aoi Huber Kono è dimostrato inoltre dai tappeti presenti a Mendrisio, arazzi datati 2002 accanto ai quali sono esposti i bozzetti preparatori, e dalle creazioni in plexiglas, tra cui spiccano alcuni cubi trasparenti dove la fitta trama di segni viene esaltata attraverso la luce. Il secondo omaggio ad Aoi Huber Kono è una piccola ma ben curata rassegna allestita presso la Galleria Doppia V di Lugano che raccoglie una selezione di serigrafie dell’artista messa a colloquio con opere dell’argentina Victoria Diaz Saravia. Questi lavori sono stati realizzati da Aoi Huber Kono dal 1970 al 1989, periodo in cui apprende e perfeziona la tecnica serigrafica con Paolo Minoli, apprezzato artista che nella sua Cantù dirige in quegli anni un laboratorio frequentato, oltre che da Max Huber e dal già citato Bruno Munari, da altri importanti nomi, quali Piero Dorazio e Luigi Veronesi. Anche nelle serigrafie Aoi Huber

Kono indaga a fondo gli aspetti spaziali e le potenzialità delle tinte, dando vita a opere in cui linee e forme vengono accostate tra loro nel perfetto equilibrio dei pieni e dei vuoti e nella leggiadra geometria impostata su rapporti cromatici sempre nuovi. Con la sua capacità di rendere essenziale e rarefatta la realtà, Aoi Huber Kono ci regala immagini che appaiono come delicate poesie sospese nell’emozione del colore. Piccole, preziose porte che si aprono verso la serenità. dove e quando

Aoi Huber Kono. Acqueforti, Acrilici, Arazzi. Museo d’Arte Mendrisio. Fino al 5 settembre 2021. Orari: da me a do 14.00-18.00, lu e ma chiuso. www.mendrisio.ch/museo Nakama: Aoi Huber Kono/Victoria Diaz Saravia. Galleria Doppia V, Lugano. Fino al 13 agosto 2021. Per informazioni e orari: info@galleriadoppiav.com; +41 91 966 08 94.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

36

cultura e Spettacoli

Quel confine che dilania

Gli obiettivi dell’umanità

raccontano la difficoltà di vivere una frontiera come quella che divide la Corea del Sud da quella del Nord

da Patricia Carcani ed Eva Cantoni

mostre Sulla vetta del Monte Generoso

mostre Al Kunsthaus di Berna opere dalle collezioni Sigg e Zellweger le opere del collettivo Eve Carcan, composto

Giovanni Medolago

Pak Yong Chol The Missiles, 1994-2004,152 x 272 cm. (Sigg Collection, Mauensee © The artist)

Simona Sala In Joint Security Area del 2000, il regista sudcoreano Park Chan-wook racconta bene il dissidio interiore che dilania il popolo nord – e sudcoreano, diviso dal 1953 da una zona demilitarizzata, la cui linea di demarcazione è presidiata da una piccola missione di pace composta da dieci uomini, per metà svedesi e per metà svizzeri. «Cosa c’è che non va tra gente che ha lo stesso sangue?», si chiede a un certo punto uno dei protagonisti del film, ed è forse proprio a questo drammatico quesito che la mostra in corso al Kunstmuseum di Berna cerca di dare, se non delle risposte (anche perché l’arte, semmai, interroga), perlomeno una chiave di lettura.

Questa mostra prova come si possano creare anche legami invisibili e apparentemente impossibili Le opere esposte fino al 5 settembre in una delle più antiche istituzioni museali del Paese provengono principalmente dall’imponente Collezione di Uli Sigg, giornalista, collezionista e mecenate svizzero, che dal 1995 al 1998 operò come ambasciatore svizzero in Cina, Corea del Nord e Mongolia, e dalla Collezione di Katharina Zellweger, attiva come coordinatrice umanitaria in Corea del Nord. Ma per tornare alla domanda iniziale, cosa succede quando un popolo viene diviso a metà, quando le madri vengono separate dai figli e i fratelli dalle sorelle? Lo rivela splendidamente l’opera scelta per rappresentare la mostra, il dittico Red35 (2017) e Red33

(2007) del sudcoreano Sea Hyun Lee, che trasuda una Sehnsucht nostalgica dal sapore quasi insanabile. Le due tavole di grandi dimensioni (200x250 cm) riproducono una porzione del paesaggio che si trova da qualche parte lungo i 250 km di frontiera che separano la Corea del Nord da quella del Sud, dove il rosso quasi accecante che regna sovrano intende da una parte rimandare alle tonalità care al socialismo, e dall’altra all’infinito sanguinante dolore della separazione. Ben diverso l’approccio alla «diversità» e alla lontananza dai propri vicini e fratelli da parte della Corea del Nord, dove l’arte è ancora «di Stato», e alla fantasia, all’ironia e alle visioni si devono necessariamente preferire l’esaltazione del regime e dei suoi protagonisti. Le lacrime là non scorrono per la mancanza di una parte della propria identità, ma semmai per la perdita di un padre simbolico come lo è ogni Caro Leader, e lo racconta bene The Year of Shedding Bitter Tears, in cui è rappresentato un popolo distrutto dal dolore per la perdita di Kim II Sung nel 1994. Dell’opera, in origine lunga 84 metri, la Collezione Sigg possiede due frammenti realizzati da un collettivo artistico copiando l’originale. Quando si (sor)ride, nell’arte della Corea del Nord, è solamente per celebrare ed esaltare un presente che si dipinge migliore di quanto non sia in realtà, e di un futuro che si vorrebbe ancora più roseo, come dimostra The Missiles di Pak Yong Chol (qui esposto in una replica dell’originale), dove i leader del regime si congratulano pieni di entusiasmo per quello che ai loro occhi non è solo un progresso militare, ma anche umano. I Leader, in questo caso come in molti altri esempi, assurgono a paladini della morale di un Paese di cui, forzatamente, si desidera solo mettere in luce gli aspetti presuntamente positivi.

L’ironia o il dubbio non sono tollerati, come dimostra il lavoro del collettivo artistico cinese Utopia Group (composto da Deng Dafei e He Hai), che si è inventato un fantomatico North Korea International Microfilm Festival, progetto artistico multimediale in cui il regime è rappresentato come un set cinematografico: al dittatore, dunque, il ruolo di regista, al popolo quello degli attori, obbligati a recitare all’interno di scene prestabilite. Si mette così ancora più in luce la discrepanza fra la rappresentazione del paese e la nuda e difficoltosa realtà di tutti i giorni. Un progetto artistico ovviamente inviso a tutti quelli che nell’ironia hanno visto un affronto, e per questo hanno impedito la circolazione dell’opera, ad oggi mostrata solo parzialmente. Quanto sia utopistico l’idillio eternamente rappresentato da questa dittatura è ben visibile anche nei poster propagandistici collezionati da Zellweger, i cui gli originali vengono realizzati ancora oggi manualmente negli atelier artistici di Stato, e poi servono da matrice per manifesti, francobolli o cartoline. Come spiega il catalogo, il regime interviene perfino sui colori, spingendo per l’utilizzo dei rossi (socialismo, passione e potere), dei blu (pace e armonia) e del giallo-oro (prosperità e gloria). Ma, sebbene politica e storia si respirino lungo tutto il percorso espositivo, resta comunque lo spazio necessario per stupire la visitatrice o il visitatore grazie a opere che sono belle prima ancora che essere di denuncia, come gli incredibili lavori della sudcoreana Kyungah Ham. Grazie all’intercessione di alcuni intermediari cinesi, l’artista è riuscita a fare pervenire alcuni bozzetti nella Corea del Nord, dove ricamatrici e ricamatori si sono messi all’opera per realizzare grandi arazzi intorno a temi là proibiti, come lo sfarzo di un candelabro luccicante o il romanticismo di una notte stellata. Alla fine della mostra, nonostante la consapevolezza del carico di dolore che accompagna molte delle frontiere che dividono gli uomini, resta l’impressione che in qualche modo le due Coree, grazie all’arte, abbiano trovato un modo per starsi vicine e per non dimenticarsi, fosse anche solo all’interno della preziosa Collezione Sigg. dove e quando

Sea Hyun Lee, Between Red33, 2008. (Sigg Collection, Mauensee © The artist)

Grenzgänge – Nord-und südkoreanische Kunst aus der Sammlung Sigg, Berna, Kunstmuseum (Hodlerstr. 8-12). Orari: ma 10.00-12.00, me-do 10.00-17.00, lu chiuso. Fino al 5 settembre 2021. kunstmuseumbern.ch

Recentemente insignito di uno Swiss Location Award (Sigillo di Qualità Eccezionale in quanto bellezza e funzionalità), il Fiore di Pietra sul Monte Generoso può vantare quest’estate un motivo in più per spingere il pubblico a salire in Vetta col trenino a cremagliera in partenza da Capolago e dal 1941 di proprietà della Migros. Parliamo della mostra Art for the Global Goals, proposta da Eve Carcan. Un curioso nome di battaglia dietro il quale si celano due artiste: la fotografa Patricia Carpani e la pittrice Claudia Cantoni. Un’artista virtuale, dunque, creata dalle prime tre lettere dei loro cognomi, a cui è poi stato dato il nome di Eve: plurale di quell’Eva prima donna biblica e ancestrale, archetipo di tutte le madri poi succedutesi nei millenni. Significativo anche il cognome Carcan, che in francese significa costrizione, giogo, camicia di forza. Imposizioni da cui le due donne vogliono liberarsi, invitando il pubblico a fare altrettanto attra-

un’educazione di qualità; un messaggio reso ancora più incisivo con la didascalia firmata da Nelson Mandela: «L’educazione è l’arma più potente che si possa usare per cambiare il mondo». Rincara la dose un pensiero del Dalai Lama («Laddove l’ignoranza è la nostra padrona, non c’è possibilità di vera pace»), posto accanto a un’immagine dominata da una tinta ocra e dove l’ombra di un pescatore – ormai a due passi dalla riva – si trasforma in un’arma. In un altro lavoro diviso su due piani vediamo sullo sfondo una distesa di grano – simbolo di prosperità – e in primo piano tre ragazzini che cercano chissà cosa in quella che potrebbe essere una favela. Stavolta è il sarcasmo di Charles Bukowski ad accompagnare l’immagine: «Solo i poveri conoscono il vero significato della vita; chi ha soldi e sicurezza può soltanto tirare a indovinare». Splendido il collage dove un travet con tanto di cartella d’ordinanza tenta di reggersi su una corda rossa tirata davanti a quello che potrebbe essere un

Una delle intense immagini di Eve Carcan esposte sul Monte Generoso.

verso la loro arte e, in questa occasione, interpretando quei «17 obiettivi di sviluppo sostenibile» ufficialmente proclamati dalle Nazioni Unite nel 2015.

Quella del collettivo Eve Carcan è un’arte che desidera spingere alla riflessione chi la guarda Il loro modo di operare è relativamente semplice: sulle immagini in bianco&nero realizzate da Patricia con l’apparecchio fotografico, ecco intervenire in seconda battuta Claudia armata di pennello e tavolozza piena di colori. Una collaborazione basata sul bisogno di entrambe di caratterizzare il loro lavoro con un forte impegno socio-ecologico, sul desiderio di offrire un punto di vista diverso e/o critico che spinga a intravvedere nuovi scenari per il nostro futuro. Ecco ad esempio una moltitudine di persone, create da Claudia, le quali s’infilano tra le pagine di un libro ritratto da Patricia per sottolineare l’importanza di

palazzo di giustizia. E stavolta la didascalia è della stessa Cantoni: «L’equilibrio sta nella parità di diritti nel rispetto delle differenze». Due le immagini dedicate al problema dell’acqua: il suo spreco (con un Moloch dagli occhi del quale sgorgano due prosperose cascate) e la sua mancanza (la lisca essiccata di un pesce nero abbandonata su una spiaggia d’un mare che non c’è più). Infine un inno alle energie alternative: tre pale eoliche coinvolte in un vortice di nubi bianche. La didascalia recita: «Credo che avere la Terra e non rovinarla sia la più bella forma d’arte che si possa desiderare». La firma Andy Warhol, che sul Generoso abbiamo scoperto ecologista – quasi – ante litteram! dove e quando

Eve Carcan, Art for the Global Goals, Fiore di Pietra, Monte Generoso, per info: 091 630 5111; fino al 7 novembre 2021. In collaborazione con


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

37

cultura e Spettacoli

locarno è di nuovo a casa

Festival di locarno Sezioni, film in piazza, incontri con registi e attori: la kermesse più attesa dell’anno

è entrata nel vivo

Nicola Falcinella Il Festival di Locarno è tornato nella sua Piazza Grande. Dopo la sofferta rinuncia dello scorso anno a causa della pandemia, la determinazione e il lavoro della squadra del presidente Marco Solari e del neodirettore Giona Nazzaro hanno riportato la storica manifestazione nella sua sede e alla sua formula, ripartendo da dove si era interrotta. Nonostante le precauzioni – le mascherine, il distanziamento, i certificati vaccinali o i tamponi – è di nuovo la festa di chi ama il cinema, superando anche il maltempo dell’inizio. Quasi a metà percorso, la 74esima edizione ha ancora molto da offrire, a cominciare da stasera in piazza dove passa Belle di Mamoru Hosoda, uno dei maestri dell’animazione giapponese, autore tra gli altri di La ragazza che saltava nel tempo e Mirai. Suzu è una studentessa di un villaggio rurale che entra in un mondo virtuale e diventa Belle, una cantante di fama planetaria, conoscendo una creatura misteriosa che le cambierà la vita. L’animazione torna giovedì sera con l’italiano Yaya e Lennie – The Walking Liberty di Alessandro Rak (L’arte della felicità), una favola ecologista in una Napoli fantascientica. A seguire sarà proposto il cult Heat (1995) di Michael Mann per il Pardo alla carriera a Dante Spinotti, friulano che ha dato luci e colori al meglio del cinema hollywoodiano a cavallo tra i due secoli. Sempre in tema di riconoscimenti, venerdì consegna del Pardo d’onore a John Landis e proiezione di Animal House (1978), altro film entrato nel mito. Il premio a Landis, tra i cui gioielli anarchici c’è anche The Blues Brothers, riprende il filo delle retrospettive e degli omaggi alla nuova Hollywood e alla factory di Roger Corman della Locarno mülleriana anni ’90. Per la chiusura di sabato, dopo la cerimonia di consegna dei Pardi, Respect di Liesl

Una scena da Nebesa – Heavens Above di Srdjan Dragojevic. (YouTube)

Tommy, biografia della grande Aretha Franklin (da poco è in circolazione l’imperdibile documentario Amazing Grace di Sydney Pollack) con Jennifer Hudson. Tra le proposte della Piazza, una delle più attese era Monte verità di Stefan Jäger, che è stato proiettato sabato sera. Una produzione svizzera ambiziosa, girata in Ticino la scorsa estate per ricostruire l’inizio dell’esperienza utopica nella comunità che si costituì oltre un secolo fa sopra Ascona: l’attrice tedesca Julia Jentsch (la Sophie Scholl del film omonimo) interpreta la fondatrice Ida Hofmann. Nell’occasione è stato proposto anche Terminator (1984) di James Cameron come omaggio alla produttrice Gale Ann Hurd che ha ricevuto il premio Rezzonico. Tra i film visti nei primi giorni, meglio Rose di Aurélie Saada che Beckett di Ferdinando Cito Filomarino. Il primo racconta tra commedia e dramma di un’anziana ebrea francese che reagisce alla scomparsa improvvisa del marito lasciandosi andare, salvo scoprire in un bar uno stimolo per

accorgersi che la vita non è finita e ci sono ancora gioie e momenti da assaporare. Brava la protagonista Françoise Fabian a rendere la trasformazione della donna, diretta con delicatezza ed energia dalla regista che è anche autrice delle musiche. Il film inaugurale, prodotto da Luca Guadagnino per Netflix, è un thriller ambientato in Grecia. Una coppia americana, Beckett e April, sta trascorrendo una vacanza, ma per un incidente la giovane muore e l’uomo si ritrova per un equivoco dentro un gioco fantapolitico più grande di lui. Anche le ambizioni del regista (già a Locarno con un cortometraggio) sono più grandi di lui e l’intreccio cede sempre di più, man mano che si procede e il castello si carica di eccessivi e superficiali elementi. Il concorso per i Pardi vede 17 opere in gara, per la Svizzera Soul of a Beast di Lorenz Merz, per l’Italia I giganti del sardo Bonifacio Angius già a Locarno con Perfidia. Tra i primi a essere presentati il libanese Al Naher – Il fiume di Ghassan Salhab, che ha qualche buona suggestione, ma è anche disper-

sivo, imitativo (guarda a temi e atmosfere del turco Nuri Bilge Ceylan e, più indietro nel tempo, Michelangelo Antonioni) e a tratti supponente. Ha delle belle trovate il serbo Nebesa – Heavens Above di Srdjan Dragojevic, diviso in tre capitoli tra il 1993 e il 2026, un lasso di tempo durante il quale le condizioni di vita per i poveri e i rifugiati non migliorano. Uno di questi, Stojan, profugo delle guerre balcaniche, è una brava persona che un giorno si ritrova con un’aureola che lo fa credere un santo dal vicinato. La novità causa solo problemi, così la moglie, su suggerimento di un imbonitore televisivo, decide di provare a farlo peccare, partendo dalla gola e dall’invidia, per arrivare alla lussuria. Miracolo, peccato e tentazione sono i temi che tornano anche nei due episodi seguenti, anche se forse la spinta iniziale si perde un po’. Nella competizione sono da tenere d’occhio Zeros and One, gradito ritorno dell’imprevedibile ed estroso Abel Ferrara, Petite Solange di Axelle Ropert e After Blue del francese Bertrand Mandico.

Nel programma anche il sempre più importante Open Doors, quest’anno dedicato al Sudest asiatico, che vuole essere una vetrina (sono proposti nove lungometraggi e 12 corti) e un sostegno a cinematografie emergenti. E ancora i Pardi di domani per chi ama i cortometraggi e vuole scoprire i talenti del futuro. Da non dimenticare la Semaine de la critique con sette documentari di grande interesse e il nuovo premio dedicato a Marco Zucchi, giornalista della Rsi e delegato della sezione prematuramente scomparso lo scorso anno. Ultima ma non ultima l’importante retrospettiva dedicata ad Alberto Lattuada (1914-2005), regista e intellettuale che affiancò Federico Fellini nella sua prima regia, Luci del varietà (1950), con all’attivo una lunga carriera spesso messa in ombra dai tanti grandi registi suoi coevi. Da vedere soprattutto i lavori tra gli anni ’40 e i ’60: Anna, La spiaggia, Il cappotto, Dolci inganni, Senza pietà o Don Giovanni in Sicilia.

con gli strumenti della poesia

poesia In libreria una nuova traduzione di The Waste Land di T.S. Eliot che con Carmen Gallo

è diventato La terra devastata Paolo Sortino Leggendo la traduzione di The Waste Land di Carmen Gallo (ilSaggiatore) sembra di avere sempre ascoltato T.S. Eliot attraverso una parete di cartone che ovattava i suoni e ora ci fosse tolta. Sorpresi nudi siamo noi lettori, incantati dal vecchio canto senza essere ascoltati a nostra volta, non visti, come non meritassimo di vivere nella mente del poeta, abbiamo fatto del godimento una lasciva abitudine da camera. Ma Eliot, visionario del visibile, che pur di permettere all’anima di volare nel solo cielo di cui il Novecento disponesse – ed è l’impossibilità di staccarci dalla storia – instauratore di una mistica rovesciata dove il mito irrompe, sì, ma come il grande entra nel piccolo per renderlo abitabile, ha sempre lavorato alla ricerca di un dialogo con i suoi contemporanei di cui noi facciamo parte, fornendoci gli strumenti per rimettere insieme una civiltà che sta crollando. Un errore di natura scolastica finalmente corretto è pensare che l’ampio uso che fa del mito avrebbe lo scopo di rendere autorevole quale critica del Novecento il volgergli le spalle; una sorta di snobismo razionale che pone il tempo corrente gerarchicamente inferiore al tempo classico e che in questo consisterebbe il suo conservatorismo.

Il mito serve a Eliot per trovare ossigeno nel tempo soffocato dalla guerra mondiale appena conclusa e dal terrore per il futuro dell’Europa. Mette in luce le fughe del tempo più che i ritorni. Non separa il sempiterno dal caduco ma ne denuncia il rovesciamento non attraversabile se non «puntellando le rovine». Se l’oggi è materia che ferisce, chi lo vive sarà moralmente teso a trarne conclusioni, che sono di ricerca e non ideologiche. Se l’attualità è solo

rumore di fondo – ci dice Eliot oggi più chiaramente – lo è al punto da invadere tutta la percezione, e la falsificazione che il reale subisce si attesta quale evento centrale dell’opera. Ora, se questo era già contemplato dalla critica, lo era come dato ricavato, mentre adesso possiede una evidenza totale nel testo. Le percentuali di mito e contemporaneo si riequilibrano; i vettori stilistici dell’opera originale affiorano nell’italiano senza interferenze,

T.S. Eliot in un’immagine del 1941. (Shutterstock)

giacché Gallo non lavora sulla voce di Eliot come personalità ma come esito di un procedimento artistico attento e scientifico. Sebbene egli giunga a conclusioni morali severe, non le anticipa mai, come potrebbe fare solo chi all’indagine storica anteponesse convinzioni aprioristiche. A rileggere ora le vecchie traduzioni ci pare invece di trovarne delle anticipazioni già nei primi versi. Ciò dipende dal fatto che la comprensione che i traduttori precedenti hanno avuto di quest’opera, approcciandola più come opera filosofica che non poetica, li ha indotti a enfatizzarne il lirismo, impagliandola di alloro. Malinconicamente hanno lasciato che vi si posasse sopra una coltre di polvere. Desolati, loro sì, di non poter fare meglio, hanno più o meno consapevolmente aggiunto alla devastazione della Terra un velo di impotenza che tanto somiglia a quella storica con aggiustamenti retorici, automatismi e meccanismi di maniera, di fatto preferendo la musicalità alla musica, la poeticità alla poesia e alla lingua piana e sorvegliata; dove gli oggetti del presente precipitano come fenomeno atmosferico, cenere e lapilli che scendono leggeri sul mondo, una neve oscura e non già il frutto dell’azione dell’uomo, su cui invece Eliot mette tensione. Ora la sua voce è meno suadente

ma decisamente erotica, non più omologata alle novità del ritmo da lui stesso introdotte ma a cui fino a oggi è stato ricondotto facendone il ripetitore di se stesso. Riaffiorano i numerosi registri linguistici, le polifonie dei personaggi, il cui realismo non è più estetizzazione romantica ma coscienza vivente. Certi vizi delle altre traduzioni, come le rime interne utilizzate per rafforzare qua e là ciò che già va da sé ora cadono. I nervi non sono più «irritati» ma «a pezzi», la City di Londra in quanto centro finanziario è correttamente «City» e non «Città», la «brown fog» è giustamente «marrone» per l’inquinamento e le «combinations» non sono quelle astratte visioni che si è sempre creduto ma le «sottovesti» dell’ultima moda. Questa di Carmen Gallo non è una riattualizzazione. Non è il vocabolario lo strumento che ha tenuto più vicino a sé durante la traduzione; semmai, a media distanza, immagino manuali di storia e di linguistica, e accanto, vicinissimi, nel piano, pianissimo delle regolazioni minime, gli strumenti della poesia stessa. Bibliografia

La terra devastata, T.S. Eliot. Cura e traduzione di Carmen Gallo, ilSaggiatore, 2021.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

38

cultura e Spettacoli

Giuditta pasta, la voce e le passioni musica Una delle più grandi cantanti liriche del XIX secolo si esibì anche a Lugano

Carlo Piccardi Rivelatasi come cantante rossiniana, nel 1826 vive la svolta con la Niobe di Giovanni Pacini che, nell’interiorizzazione delle sventure che colpirono questo personaggio mitico, mostra la transizione all’area romantica. Nel 1831 Giuditta Pasta segna ed è nel contempo segnata dal personaggio della Norma di Bellini che, nel passaggio di registro da mezzo soprano a soprano, marcò un nuovo passo verso la passione epurata dalle scorie della condizione terrena, innalzata allo stadio del «sublime tragico» come lo stesso compositore riconobbe.

In soli vent’anni di attività Giuditta Pasta impresse alla storia dell’interpretazione una spinta incredibile Il ritratto è quindi quello di una cantante che, in meno di vent’anni di attività, impresse alla storia dell’interpretazione una formidabile spinta evolutiva che le ha meritato il posto fra le cantanti storiche. La Pasta merita inoltre un discorso a sé per la morigeratezza di vita, che la distingue fra le dive del tempo, famose spesso più per le esperienze avventurose e irregolari che per l’esito artistico. Fu una cantante «tutta casa e teatro» potremmo dire di lei, benché la permanenza in Italia per l’educazione dei figli fosse compromessa dagli innumerevoli soggiorni a Parigi, Londra, San Pietroburgo. A illustrarne la personalità, quasi come cifra di un modo d’essere assai lontano da come si usa immaginare una divina del canto, rimane significativo l’originale regalo a Bellini dopo il successo di Norma: «Permettete che io vi offra ciò che mi fu di qualche sollievo nell’immenso timore che tutt’ora mi perseguita, trovandomi poco atta a rendere i vostri sublimi concerti: questa lampada nella notte e questi fiori nel giorno furono testimoni dei miei studi per Norma, nonché del desiderio ch’io

nutro di esser sempre più degna della vostra stima». La Pasta fu in senso proprio un’ardente patriota: nel 1848 durante le Cinque giornate mise la sua casa di Milano al numero 2 di Contrada del Monte (oggi Via Montenapoleone) a disposizione del comitato d’assistenza del governo provvisorio, aiutandolo finanziariamente. Ciò spiega il suo breve esilio a Lugano, dove i nostri concittadini d’allora furono probabilmente gli ultimi ad ascoltarne la voce in uno dei concerti organizzati da Giuseppe Mazzini per gli emigrati poveri, tenuto al Teatro Sociale di Piazza Bandoria. Il 1° settembre «Il Repubblicano della Svizzera italiana» annunciava: «Il Comitato, sempre intento a giovare allo scopo pel quale venne istituito, ha pregato alcuni celebri virtuosi di Canto che trovansi presentemente nel Cantone Ticino di voler contribuire colla loro nobilissima arte a sostenere una Accademia a favore della causa del comitato medesimo. Intanto sia a somma lode dei virtuosi che prenderanno parte a quest’atto di beneficenza sia nell’interesse stesso della cosa ci gode l’animo di far conoscere al pubblico i nomi delle signore Taccani-Tasca, sorelle Giannoni e Felice Varesi». Il fatto di poter contare sul Varesi, il primo Rigoletto verdiano, parlava da sé, ma più significativo ancora era l’annuncio dell’adesione all’iniziativa di Giuditta Pasta, la quale aveva cantato per un’ultima volta il 22 marzo a Brunate, quando, avuta notizia della vittoria degli insorti a Milano, si recò con un manipolo di fedelissimi sul colle che sovrasta Como, dove piantò la bandiera tricolore e intonò l’inno dell’Italia libera. Il 5 settembre la Pasta non fu presente alla prima manifestazione (in occasione della quale il quotidiano luganese sottolineava come «la musica, che da tanti anni serve di pascolo agli ozi colpevoli dei ricchi, questa sera esercitava un ministero infinitamente morale, quale si è quello di raccogliere l’obolo per soccorrere ad un infortunio santissimo»), ma probabilmente lo fu il 10 e sicuramente il 19, suscitando grande entusiasmo. Ad ascoltarla, in un angolo del teatro, si era fatto notare

Giuditta Pasta con lo spartito del Tancredi in un ritratto di Giacomo Serangeli, Museo del Teatro alla Scala. (Wikipedia)

Giuseppe Mazzini, il quale testimoniò l’evento in una lettera: «Povera vecchia, ha cantato dopo diciotto anni, credo, di silenzio. M’è piaciuta, e stavo proprio tremando per lei quando è comparsa, ma ha cantato in un modo da farmi sentire l’eco di quello che dev’essere stata un giorno: e l’hanno applaudita freneticamente».

Il senso di quegli applausi fu colto dal cronista del «Repubblicano»: «Né i plausi in cui proruppe la udienza sovente avevano qui lo stesso significato che d’ordinario; non erano cioè il risultato di un pazzo entusiasmo, erano come un nuovo patto giurato alla commozione della soave musica del Donizetti, e di quella a grandi masse

del Verdi, alla salute della patria sospirata, che in tutte queste armonie era il pensiero dominatore. Era un assenso nuovo a quella fede, per la quale alcuni morivano, altri si trovavano costretti a trarre la vita sotto il cielo che non gli vide nascere. E solo la fede per cui si muore o si lasciano i cari lari è quella che fa vincere [...]».

tra il nichilismo gotico e l’apertura di oggi cd A cavallo tra due mondi: il nuovo sforzo di Nick Cave, firmato con il solo Warren Ellis, è un viaggio onirico

attraverso i paesaggi più reconditi dell’animo umano Benedicta Froelich Sono passati solo due anni dall’ultimo capolavoro (lo straziante Ghosteen) inciso da Nick Cave con i suoi The Bad Seeds, e non vi è dubbio sul fatto che si sia trattato di anni che hanno causato gravi mutamenti nelle percezioni non solo dell’artista, ma di ogni abitante del pianeta; ed ecco che, sulla scia di una pandemia che ha irrimediabilmente stravolto ogni rapporto umano, Cave effettua oggi un attesissimo ritorno con un album che il lockdown della primavera 2020 ha spinto a realizzare a quattro mani con il solo Warren Ellis – certo il membro dei Bad Seeds a cui l’artista si sente da sempre più affine, tanto da aver firmato insieme a lui svariate colonne sonore, in uno sforzo congiunto di songwriting che, negli ultimi anni, ha dato vita a piccole gemme minimaliste. Così, rispetto agli exploit con i Bad Seeds al completo, questo Carnage si presenta come un album dal sapore vagamente più sperimentale, in cui sonorità elettroniche e dal gusto quasi industrial si combinano con l’abituale tensione narrativa e l’elettrizzante intensità del cantato e delle liriche di

Carnage (Carneficina NdT) è il nuovo lavoro di Cave ed Ellis.

Cave, dando vita a una miscela quasi inquietante, in qualche modo reminiscente di Skeleton Tree (2016). La natura «bouleversant» di Carnage si palesa infatti fin dalla traccia d’apertura, l’intensa Hand of God, così come in Shattered Ground – entrambi pezzi dolenti e aspri, pervasi dal recitativo ipnotico tanto amato da Nick; mentre White Elephant – tipico esempio di brano ossessivo, in cui il cantato inquisitorio di Cave si esprime in frasi dure e taglienti – diventa una sorta di flusso di coscien-

za in cui l’apparente, illusoria calma conferita dal ritmo cadenzato tradisce la crudezza di liriche che, inaspettatamente, culminano in una coda finale in stile quasi da musical (così fuori posto da risultare ancor più destabilizzante). Tuttavia, la title track si presenta invece come un brano molto più delicato: un vero capolavoro di ballata, struggente e malinconica, che combina immagini oniriche e realtà terrena; il che sottolinea come l’intero album rappresenti un continuo, altalenante passaggio tra la dolcezza cantautorale del Cave più mistico e introspettivo e l’eterna durezza e asperità della materialità. Basti pensare a un pezzo come Albuquerque, che sembra riportarci all’improvviso all’atroce rimpianto del già citato Ghosteen, concept album incentrato sull’elaborazione della morte del figlio adolescente Arthur: «quest’anno non arriveremo da nessuna parte, tesoro, a meno che io non ti sogni laggiù». La stessa, reverenziale tensione verso una sorta di forza superiore o divina la ritroviamo nell’evidente sacralità di Lavender Fields, metafora sull’adilà in cui la presenza di coloro che sono passati oltre si fa più vivida

che mai, facendo dei «campi di lavanda» una specie di portale tra il mondo dei vivi e quello dei morti – agli occhi di Cave, una semplice stazione d’attesa. Allo stesso tempo, tuttavia, ecco che Balcony Man offre invece la magia di un incontro surreale e inaspettato, eppure toccante nella sua anticonvenzionale comunione d’anime e intenti; e in effetti, alla luce del fatto che il leitmotiv di quest’album è la frase ricorrente «c’è un regno nel cielo», molto di quanto Cave canta assume un significato ancor più suggestivo, al punto da fare del CD una riflessione sull’eterna dicotomia tra carne e spirito. In effetti, Carnage esemplifica perfettamente l’evoluzione che l’arte di Cave ha mostrato negli ultimi anni: chi lo segue fin dagli esordi sa bene come Nick abbia inaugurato la sua ormai ultraquarantennale carriera con le sfumature post-punk dei The Birthday Party, per poi passare al cantautorato introspettivo «art-folk-rock» di alto livello – in una formula destinata a conservare le medesime sfumature gotiche e l’immaginario disturbante (e sovente un po’ greve) che hanno finito per diventare il marchio di fabbrica dell’ar-

tista. Almeno fino al 2019, anno in cui un disco inaspettato come Ghosteen ha rivelato la nuova direzione del songwriting di Nick: dopo la morte di Arthur, il desiderio viscerale di dare un senso alla tragedia si è tradotto nella necessità di traslare i toni inquietanti e nichilisti di un tempo in qualcosa di differente e ben più elevato, al punto che il songwriting di Cave si è ammantato di una metafisicità quasi soprannaturale, toccando vette d’intensità difficilmente raggiungibili; e l’evidente maestria dell’artista australiano ha fatto sì che il passaggio da un universo narrativo all’altro avvenisse in modo assolutamente disinvolto e naturale. Proprio in questo, in fondo, sta la grandezza di Carnage: nella sua natura sospesa fra due estremi, a cavallo tra il nichilismo gotico di un tempo e le aperture spirituali di oggi, quest’album conduce l’ascoltatore lungo sentieri di raro splendore e intensità, in cui il più lacerante rimpianto lascia il posto a una taciuta meraviglia davanti alle bellezze di cui, nonostante tutto, l’animo umano – con tutto il suo bagaglio di ricordi, sogni, speranze e aneliti – è ancora capace.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

39

cultura e Spettacoli Rubriche

In fin della fiera di Bruno Gambarotta Un tempo vuoto. oppure no Grande scandalo tra gli adulti suscitano le feste organizzate dai giovani «che farebbero meglio a coprirsi il capo di cenere per rispetto verso le tante vittime della pandemia». Secondo me fanno benissimo a scrollarsi di dosso l’angoscia di un tempo che regala solo del tempo vuoto che non si sa come riempire. Per spiegare le mie ragioni devo prima svitare il coperchio di un piccolo cilindro di alluminio dopo averlo estratto da un cassetto della mia scrivania. E aspirare a lungo il profumo del suo contenuto. Riaffiorano i ricordi di quando avevo sei anni, era il 1943 e l’Italia era in guerra da 3 anni. Con l’aiuto di un corto pennello dalle setole rigide, quella bianca Coccoina veniva spalmata sui quattro angoli di grandi fogli blu di una carta usata per fare i pacchetti di zucchero che allora era venduto sciolto. Quei fogli erano poi incollati ai vetri delle finestre per fare in modo che la luce non trapelasse all’esterno durante le ore di un coprifuoco che iniziava prestissimo. In quella

grande cucina mia zia Emma, sorella 22enne di mia madre, organizzava con un piccolo gruppo di coetanei, maschi e femmine, casalinghe serate danzanti, con l’aiuto di una fisarmonica suonata da uno di loro. Come avevano fatto quei ragazzi ad arrivare a casa nostra, malgrado il divieto di circolare per strade vigilate da pattuglie di tedeschi e di feroci camicie nere? Casa nostra si trovava in quello che era stato il ghetto degli ebrei di Asti. Fino al 17 febbraio 1848 quando Carlo Alberto aveva firmato le lettere patenti, gli ebrei non solo dovevano risiedere entro il recinto del ghetto, ma avevano l’obbligo tassativo di restare chiusi in casa dopo il tramonto. Da qui la necessità, per potersi muovere anche di sera, di prevedere fra una casa e l’altra dei corridoi sotterranei che, secoli dopo, avrebbero permesso di celebrare feste casalinghe nonostante i divieti. Quei ragazzi cercavano di stare allegri e non pensare ai tanti lutti. Che colpa avevano se erano arrivati ad avere vent’anni

quando l’Italia dichiarava guerra alla Francia e alla Gran Bretagna? Ballavano, bevevano e mangiavano. Il vino, nelle cantine di Asti non è mai mancato e per mangiare c’erano le fette di mele avvolte nella pastella e fritte nell’olio, portate a casa una volta alla settimana da mio padre, sergente maggiore di artiglieria alpina, in servizio presso la mensa ufficiali di Torino. Le uova erano a chilometro zero, scodellate da una gallina allevata sul balcone del cortile. Nel nostro condominio tutti allevavano animali commestibili: polli e conigli in primis. Il padrone di casa teneva un maiale nel sottoscala. Ancora: se da una parte si deprecano le feste, dall’altra in Italia si piange sulle condizioni miserevoli dell’insegnamento, arrivando talvolta a dichiarare perso l’anno scolastico. Allora noi, studenti negli anni di guerra, quanti anni avremmo dovuto cancellare dal nostro curriculum scolastico? Non ricordo che qualcuno abbia azzardato quell’ipotesi. Si andava

in classe due o tre giorni alla settimana, per poche ore ogni volta, interrotte dagli allarmi che ci facevano scendere nei rifugi, provocati dal passaggio di aerei che, partiti dal golfo ligure, andavano a bombardare Torino. Cessato l’allarme si ritornava in classe, salvo un’ora dopo, ritornare nel rifugio quando suonava una seconda volta per il passaggio degli aerei sulla via del ritorno. Per anni, dopo la fine della guerra, siamo andati a scuola per una settimana la mattina e per l’altra il pomeriggio. Nessuno allora ha mai parlato di anni scolastici andati persi. E pensare che non avevamo neanche il tablet per la didattica a distanza. Durante il giorno quei corridoi sotterranei fra una casa e l’altra ospitavano i nostri giochi. Ne ricordo uno in particolare, realizzato con un vecchio portafoglio fuori uso e gonfiato di ritagli di carta di giornale tagliati delle dimensioni delle banconote. L’esca raggiungeva la perfezione quando uno di noi riusciva a guadagnarsi la complicità di un adulto

dal quale farsi prestare una banconota vera da far sbucare fuori per mezzo centimetro. A un certo punto del corridoio un vano del soffitto ospitava il coperchio in ghisa traforata di un tombino. Lì sopra era posato il portafoglio vincolato da uno spago che terminava nelle mani di uno di noi. A questo punto non restava che attendere, ma non passava molto tempo prima che un adulto, il più delle volte una donna, adocchiasse il tesoro e, dopo essersi guardata intorno, si chinasse fulminea per afferrarlo. Sennonché un attimo prima l’oggetto del desiderio spariva tirato via da uno strappo del cordino, con un coro di risate. Questo nella bella stagione; d’inverno una secchiata d’acqua gettata la sera stendeva un sottile velo di ghiaccio sulla strada in discesa. La mattina dopo lo spettacolo era offerto gratis dalle signore che erano costrette a usare il sedere come slitta. E ora ditemi: adesso dovrei invidiare i nostri ragazzi perché hanno i videogiochi?

incorruttibili, e col passare del tempo si accumulano, oggi sono più di trenta miliardi, concentrati nelle città come sardine in scatola, sia per le strade che negli appartamenti, nei condomini, su per il vano scale, nei garage, nella sala caldaie, e passano il tempo a osservare la vita degli abitanti che si dicono vivi. Mentre costoro seduti a tavola pranzano, ci sono decine di spiriti che assistono, e commentano come fossero a uno spettacolo certe famiglie in cui si litiga, ci si tirano piatti, il padre picchia il pugno sul tavolo, la moglie o la convivente dice: «Non t’avessi mai incontrato!», i figli di primo o secondo letto mangiano indifferenti, ascoltano con l’auricolare le loro musiche facendo una faccia disgustata come mangiassero merda; queste famiglie hanno grande successo e vengono spiriti da tutto il caseggiato ad assistere e appassionarsi; si formano cori di fan che sobillano: «Tira il piatto» alla moglie, o: «Picchia il pugno» al marito,

o: «Sputa la bistecca» al figlio; le loro voci non si sentono perché non danno luogo a onde sonore, ma in qualche modo influenzano i vivi che dopo un po’ sbottano e fanno cose palesemente irrazionali, di cui poi si pentono, ma che sono fatte per l’insistenza subliminale delle bande di spiriti. Ci sono spiriti che spingono a bere per vedere un ubriaco che cade con la faccia nel piatto; e spiriti che assistono in camera da letto alle attività sessuali dei vivi, gridando: «Dai!» a lui o a lei, e alla fine applaudono, come allo stadio, si alzano in piedi se c’è qualcosa che sembra un gol; oppure fischiano, gridano: «Lofio» a uno dei due, o commenti acidi; e ridono a vedere le effusioni sessuali, il più delle volte gli spiriti ridono, tutti assiepati attorno al letto imitando le paroline che i due si sussurrano, gli ansiti, i mugolii. È stato un buon spettacolo, dicono ad esempio e danno un voto, ma spesso è un’insufficienza e non tornano più.

Anche se non li si vede gli spiriti pesano molto sulla vita dei vivi, soprattutto nel campo dell’irrazionale, delle decisioni subitanee, delle insofferenze o degli amori. Uno spirito singolo non avrebbe molta influenza, ma essendo migliaia attorno a ogni persona, i suoi avi, gli zii, i precedenti inquilini, certi defunti capipopolo che soffiano continuamente all’orecchio i loro slogan, i risentimenti, le loro mentalità arrugginite, ecco, essendo migliaia il numero significa forza. Tutto in natura è razionale, tranne l’uomo, e ciò è dovuto agli spiriti, che si divertono a produrre l’illogico, quindi l’uomo fa una cosa e poi il suo contrario, fa una cosa e poi la disfa, proclama una massima e fa l’opposto. L’uomo in questo senso è l’essere più pazzo e fantastico che abbia la terra, perché è immerso nel bisbiglio dei morti, anche i morti da molti secoli, e a lungo andare può capitare che l’uomo per ciò rimbambisca.

diffuse a livello planetario e apparentemente serissime, peccato che siano prive di qualunque fondamento. Decine e decine di macroscopiche menzogne divulgate a raffica da fonti on line di disinformazione medica. Una per tutte a mo’ d’esempio? L’ossido di grafene comporrebbe al 99% uno dei vaccini in circolazione, ma in realtà quella sostanza non compare neanche all’1% tra gli ingredienti di nessun vaccino. Si potrebbe continuare all’infinito. È pur vero che i virologi e gli epidemiologi non hanno dato una gran prova di sé (3+), tra dichiarazioni e smentite, scontri di opinione, esibizionismi e litigi a reti unificate. È pur vero che i politici, che dovrebbero operare nell’interesse della collettività che governano, hanno sparato e continuano a sparare qualunque stupidaggine purché riesca ad aumentare i consensi. Di fronte a certi spacciatori di fake news e di fumo, viene sempre in soccorso il vecchio Stanislaw: «Tutti vogliono il vostro bene, non fatevelo portar via»

(5+). Che fare per non farselo portar via? Non sarà più di moda, ma ricordo un pensiero straordinario del filosofo ed epistemologo (ma forse anche un poco epidemiologo a suo modo) Karl Popper: «All’uomo irrazionale interessa solamente avere ragione, all’uomo razionale interessa imparare» (6+++). Imparare, per esempio, che cos’è l’ossido di grafene, prima di cliccare per contribuire alla menzogna planetaria. Ma anche imparare a calibrare le parole. «Resilienza» è una delle più abusate degli ultimi mesi: resilienza della fede ma anche resilienza dell’economia, resilienza degli esercenti ma anche resilienza del clima, resilienza dell’agricoltura ma anche resilienza del turismo, resilienza aziendale ma anche resilienza alimentare, resilienza urbana ma anche resilienza delle aree forestali ma anche resilienza informatica ma anche resilienza olimpica e più in particolare resilienza del basket, del volley, della scherma eccetera… E ora c’è chi propone un reddito di resilien-

za per quei cittadini che decidono di non abbandonare le zone periferiche a rischio di spopolamento. La parola nacque nel campo della fisica (equivalente alla resistenza dei materiali agli urti) e non a caso troviamo l’aggettivo «resiliente» in un racconto dello scrittore-scienziato Primo Levi. Poi la parola è stata adottata dalla psicologia: il neuropsichiatra francese di origine ebraica Boris Cyrulnik la adottò per indicare la capacità di reagire alle violenze subite dall’infanzia ma anche in relazioni ai traumi vissuti durante le deportazioni naziste. Una parola nobile e tragica svalutata a passepartout buono per ogni occasione. «In situazioni difficili, – ha scritto Cyrulnik – essere resilienti non significa negare il dolore, ma essere capaci di trasformare una esperienza dolorosa in apprendimento, riorganizzando la propria vita e rendendo tale esperienza un’occasione formativa». La piccola grande Simone, testimone ideale della resilienza.

Un mondo storto di Ermanno Cavazzoni Gli spiriti L’uomo osservando le api ha costruito anche lui un alveare, che ha chiamato città. Poi però, unico nel regno animale, ha subito costruito una seconda città dove si trasferisce da morto, e siccome è più il tempo che passa da morto del tempo da vivo, ha sempre cercato di costruire la città per i morti con materiali più duraturi, pietra, marmo, in modo da garantirsi un’abitazione che regga a tutte le calamità, e al fatto che i morti non si preoccupano dell’ordinaria manutenzione. Questa idea è venuta dall’osservazione delle farfalle, che prima vivono come bachi mangiando foglie, legno, carne, verdure, cereali; circa come l’uomo, che mangia carne, farina, ortaggi, frutta, e anche nell’aspetto ricorda un baco quando si erge dritto, tutto nudo, inerme e molliccio, col suo zampettio interlocutorio; il baco è un gran divoratore, come l’uomo, che infatti abbandonato a se stesso mangia continuamente e ingrassa.

Questa sarebbe la vita. Poi quando ha mangiato abbastanza, l’uomo si sente stanco, come il baco che si sente stanco e si avvolge in un filo che forma un bozzolo, cioè la sua tomba; l’uomo anche lui, sentendosi stanco, col colesterolo alto, l’arteriosclerosi e un po’ di demenza, saluta tutti e si trasferisce nell’altra città; e poiché ha osservato le farfalle che da bachi che erano, forano il bozzolo e volano via, così l’uomo fa altrettanto, cioè lascia lì il corpo da baco, e dalla bocca, o dal naso, o dal buco di dietro esce fuori e incomincia la sua lunga vita di morto. Solo che a differenza delle farfalle è trasparente e vive trasparente per sempre. L’uomo quindi è caratterizzato da queste due vite molto dissimili, prima in forma corporea, poi in forma spiritica; e in questa seconda forma riempie l’aria all’inverosimile e svolazza negli stessi luoghi che abitava da baco. Ma mentre il baco viene a poco a poco riassorbito dalla terra, gli spiriti sono

Voti d’aria di Paolo Di Stefano esquimesi e resilienti «Mi sento il mondo addosso». Con queste parole, la ginnasta americana Simone Biles a Tokyo ha deciso di rinunciare a diverse gare, dopo aver commesso un errore clamoroso al volteggio. Incredibile per lei che è la più forte ginnasta in circolazione e forse la migliore di tutti i tempi. La più forte e la più fragile. Si è molto parlato di fragilità, commentando le dichiarazioni di Simone. Che ha cercato di spiegare: «Non mi fido più di me stessa… non provo più gioia. Lotto contro la mia testa, sono preoccupata dei commenti su di me, ho bisogno di una pausa». E si è presa una pausa, sottraendosi al giudizio e dimostrando così, nel momento della massima vulnerabilità, il coraggio di dire no (6 al suo no). Per cui, quando poi ha partecipato alla prova della trave (che non era la sua specialità) e ha concluso l’esercizio con un magnifico sorriso, arrivando terza, l’applauso è esploso meritatissimo. Ma il gesto da standing ovation resta la decisione di pronunciare davanti

ai media di tutto il mondo la frase più inequivocabile (6): «Io valgo più dei miei risultati». «In tempi bui è difficile ritirarsi nell’ombra», ha scritto il grande umorista polacco Stanislaw Jerzy Lec: Umberto Eco consigliava a tutti di tenere sul comodino i suoi Pensieri spettinati (5½) per aprirli a caso prima di addormentarsi. Si potrebbe postillare la frase di Lec precisando che è difficile ritirarsi nell’ombra anche in un mondo che sta tutto sotto i riflettori e dove persino l’ombra è in piena luce. Un altro motto di Lec da incidere sul marmo della nostra presunzione sarebbe questo: «Ci saranno sempre degli esquimesi pronti a dettare le norme su come devono comportarsi gli abitanti del Congo durante la calura». Sacrosanto. L’elenco delle «norme» che vorrebbero applicare molti venditori di bufale (o fake news) vaccinali è interminabile e l’ha stilato la scorsa settimana Milena Gabanelli (6) sul «Corriere della sera». Tutte denunce


Oggi: pasta fatta in casa

3.60

La Trattoria Aglio e Olio Peperoncino 95 g

39.95

Hit 6.90

Pasta Dangi Tortelloni al limone, al brasato o Caramelle pomodoro e mozzarella, per es. Tortelloni al limone, 250 g

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock

Macchina per la pasta Cucina & Tavola il pezzo


29.95

Pentola per spaghetti con coperchio scolapasta, Ø 22 cm, il pezzo

3.25

Radiatori integrali Garofalo bio 500 g

ano: m a i t t a f nzic hé icc hi di a i t n o r p al i r r Subit o g e t n i i r o i radiat e nt ari si pre parano f i b r e a l i m o l i 8 mi n u t i . in s

2.85

STUPISCI I TUOI OSPITI CON LA PASTA FATTA IN CASA migusto.ch/pasta

lle e d e n o i z a ar Ne l la pre pibile sost it uire il s . t or t e è posl l ’ olio d ’al t o v al ore de b ur r o c o n

Parmigiano Reggiano, trancio, DOP ca. 250 g, per 100 g, confezionato

20% Tutto l'assortimento di olio d'oliva e di aceto Monini per es. olio d'oliva Gran Fruttato, 500 ml, 7.75 invece di 9.70


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

42

Meno zucchero? Naturale.

Foto: Getty Images

30%

su tutte le Rivella in confezione da 6 x 1,5l*

* valido dal 10 al 16 agosto rivella refresh 6 × 1,5l Fr. 9.90 invece di 14.20 Nelle maggiori filiali


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 9 agosto 2021 • N. 32

43

Nel settore delle bevande c’è una tendenza evidente, con una preferenza per i prodotti naturali e contenenti meno zucchero. Rivella Refresh è la perfetta alternativa per tutti coloro che vogliono rinfrescarsi con una bevanda dissetante. Nella quotidianità frenetica, nel tempo libero con gli amici e con la famiglia o anche mentre si fa sport, con Refresh bere è un’esperienza leggera e spensierata.

Rivella Refresh è frizzante e leggera. Anche il suo sapore rammenta la famosa combinazione di erbe e frutta dell’originale. Rispetto alla classica Rivella Rossa il contenuto di siero di latte è minore e con il 40% in meno di zucchero. Malgrado ciò è senza dolcificanti artificiali.

Analogamente all’originale Rivella Rossa, anche per Rivella Refresh vengono utilizzati unicamente ingredienti di origine naturale. E come per l’intero assortimento Rivella, anche per il nuovo prodotto si è rinunciato ad ogni tipo di colorante o conservante artificiale.

Rivella Refresh: gusto leggero, 40% di zucchero in meno, dolcezza naturale


Proprio l'ideale

per

un sound a prova d'acqua.

Ora

40.–

di riduzione

169.– 129.– Altoparlante Bluetooth® Boom 3 Storm Gray Fino a 15 ore di autonomia, suono a 360°, bassi pieni e profondi, assolutamente impermeabile e resistente alla polvere (IP67), resistente alle cadute, modalità PartyUp, facile controllo tramite Magic Button, Bluetooth® – 7728.310 Disponibile in diversi colori

Ora

Ora

100.–

100.–

di riduzione

di riduzione

699.– 599.–

599.– 499.–

Kit apparecchio fotografico mirrorless EOS M50 Mark II + EF-M 15-45mm IS STM Value Up Kit

Congelatore ad armadio BAK179 Volume utile 170 l, No Frost, livello sonoro 41 dB, vano congelatore a 4 stelle, 4 cassetti, 1 scomparto con ribalta, porta con cerniera reversibile, dimensioni (A x L x P): 142 x 59,5 x 64,5 cm – 7175.260

Risoluzione 24,1 MP, sensore APS-C, risoluzione video 4K (3840 x 2160), fino a 10 immagini al secondo, processore d'immagine DIGIC 8, baionetta per obiettivi Canon EOS-M, schermo girevole e orientabile, schermo touch, Wi-Fi, Bluetooth® – 7934.469 Incl. borsa e scheda di memoria SD da 16 GB del valore di fr. 60.–

Il nostro servizio senza pensieri.

Consegna

Fino alla prima porta di casa o al luogo di utilizzo

Le offerte sono valide dal 3.8 al 23.8.2021 e fino a esaurimento dello stock. Trovi questi e molti altri prodotti nei punti vendita melectronics e nelle maggiori filiali Migros. Con riserva di errori di stampa e di altro tipo.

Messa in funzione A domicilio o in filiale

melectronics.ch

Prenotazione e ritiro Prenota subito online, ritira e paga in filiale


Settimana Migros

e n a t t i Approf a t s u g e

10. 8 – 16. 8. 2021

Il nost ro a e ll d o i l g i s n o c se t t imana:

20% p Tutti i ti

i di crèm

e fraîch

ula al nna acid per es . pa ce di 2.60 ve in .– 2

50% 9.55 invece di 19.15

e

naturale

37% 4.95 Valflora,

200 g,

invece di 7.95

–.50 di riduzione

Prosciutto crudo affettato dell’Emilia Romagna Italia, per 100 g, in self-service

20%

Tutto il pane fresco bio per es. rombo scuro cotto nel forno di pietra, 250 g, 2.– invece di 2.50, confezionato

conf. da 3

26%

Cosce di pollo M-Classic

Tutto l'assortimento di olio d'oliva e di aceto Monini

Dentifricio anticarie o Sensitive Plus Elmex

surgelate, in conf. speciale, busta da 2,5 kg

per es. olio d'oliva Gran Fruttato, 500 ml, 7.75 invece di 9.70

per es. anticarie, 3 x 75 ml, 7.95 invece di 10.80

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock

Migros Ticino


Frutta e verdura

Freschezza, bontà e convenienza

20% 3.15

Pomodori Intense Ticino, confezione da 700 g

invece di 3.95

30% 9.90 invece di 14.15

Gallinacci Bielorussia/Lituania, vaschetta da 300 g

20% 3.55

Fagiolini verdi Svizzera, imballati, 500 g

invece di 4.45

IDEALE CON

21% 13.–

invece di 16.50

20% Gamberetti tail-off cotti bio d'allevamento, Vietnam, in conf. speciale, 240 g

Tutto l'assortimento Mister Rice bio per es. Basmati, 1 kg, 4.30 invece di 5.40

20% 2.60 invece di 3.25

Migros Ticino

Insalata a bindèi (insalata filante Nostrana), Ticino, 250 g


Feel Good per un franco conf. da 2

30% 6.90 invece di 9.90

Bacche miste Portogallo/Svizzera, 2 x 250 g

1.– Pesche piatte Italia/Spagna, vaschetta da 500 g

22% 1.95

Melone retato Italia, al pezzo

invece di 2.50

Vitamine da be re

1.– Avocado Perù/Colombia, il pezzo

20%

1.–

Tutte le bevande Biotta non refrigerate

Patate dolci

per es. mirtilli rossi Plus, 500 ml, 3.80 invece di 4.80

USA/Egitto, vaschetta da 750 g

Migros Ticino In quantità usuali per una normale economia domestica e fino a esaurimento dello stock. Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021.


Carne e salumi

Più azioni, più gusto!

20% 1.75

Carne di manzo macinata bio Svizzera, per 100 g, in self-service

invece di 2.20

CONSIGLIO DEGLI ESPERTI Le cosce di pollo vanno cotte 30 minuti sulla griglia. Non appena il succo della carne risulta incolore, sono pronte.

30% Cosce di pollo Optigal speziate e al naturale, per es. speziate, Svizzera, 4 pezzi, al kg, 9.80 invece di 14.–, in self-service

Migros Ticino

30% 2.05 invece di 2.95

Paillard di lonza di maiale, IP-SUISSE per 100 g, in self-service

30% 2.10 invece di 3.05

15% Fettine di pollo Optigal speziate e al naturale, per es. speziate, Svizzera, per 100 g, 2.80 invece di 3.40, in self-service

Lonza di maiale marinata, IP-SUISSE in conf. speciale, per 100 g


Pesce e frutti di mare Morbido e ricco di prot eine

40% 3.30 invece di 5.50

Prosciutto cotto Morbidone Svizzera, per 100 g, in self-service

20% Filetti dorsali di merluzzo, MSC per es. M-Classic, pesca, Atlantico nordorientale, per 100 g, 2.20 invece di 2.75, in vendita in self-service e al bancone

30% 3.85 invece di 5.50

20% Cervolini con formaggio e pancetta Svizzera, 2 pezzi, 210 g, in self-service

Tutto l'assortimento Citterio per es. salame Milano al pezzo, Italia, per 100 g, 3.85 invece di 4.85, in self-service

20% Tutti i salmoni affumicati e i filetti di trota bio per es. filetti di trota affumicati, d'allevamento, Danimarca/Grecia, 100 g, 4.70 invece di 5.90, in self-service

20% 4.– invece di 5.–

Bistecche di manzo, IP-SUISSE per 100 g, in self-service

25% 1.65 invece di 2.25

Migros Ticino

37% 4.95 invece di 7.90

Costine di maiale Svizzera, per 100 g, al banco a servizio

Carne secca prodotta in Svizzera con carne dalla Germania, per 100 g, in self-service

20% 1.65 invece di 2.10

Tutto l’assortimento di pesce intero fresco (escl. molluschi, crostacei), per es. Orata ASC, 300–800 g, Grecia, per 100 g, fino al 14.8.2021, al banco a servizio e in self-service

33% Pacific Prawns ASC o frutti di mare misti Costa prodotto surgelato, in conf. speciale, per es. Pacific Prawns ASC, 800 g, 19.95 invece di 29.90 Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Formaggi, latticini e uova

Deliziosi classici dal frigorifero

conf. da 2

20% 4.70

E xt ra c r e mo s o

invece di 5.90

conf. da 4

22% 2.95 invece di 3.80

Formaggio fresco Cantadou aglio ed erbe aromatiche della Provenza, rafano o mix di peperoni, per es. aglio ed erbe aromatiche della Provenza, 2 x 140 g

Yogurt Passion disponibili in diverse varietà, per es. stracciatella, 4 x 180 g

conf. da 2

–.95

di riduzione

4.95 invece di 5.90

Uova svizzere da allevamento all'aperto

a A l t e r nat iv anna la p v e g ana al af fè pe r c

(articoli «Dalla regione.» esclusi), in confezione speciale, 10 + 2 uova gratis, 12 x 53 g+

C o n so 7% di gl o il r a s si

20x

PUNTI

Novità

Migros Ticino

invece di 4.60

20x

PUNTI

1.50

20% 3.65

Novità

Crema fine per cucinare M-Classic Léger 250 ml

Crema da caffè o panna da montare Schlagfix per es. crema da caffè, 10 pezzi, 100 ml, 1.20

Mozzarelline Alfredo Classico 2 x 160 g


Pe r acc o al me g lio mpag nare il formag g io

CONSIGLIO DEGLI ESPERTI a partire da 2 pezzi

20% Tutte le fete e i formaggi per insalata per es. formaggio di pecora Léger, 200 g, 2.20 invece di 2.75

26% 1.80

20% –.80 invece di 1.–

LʼEmmentaler, grazie al sapore dolce e all’aroma di nocciola, è ideale per insalate di cervelas e formaggio, per tortine al formaggio o toast col prosciutto.

Croissant pur beurre 70 g

20% 1.55

Leventina Caseificio prodotto in Ticino, per 100 g, confezionato

invece di 2.45

invece di 1.95

20% 1.65 invece di 2.10

Migros Ticino

Formaggella ticinese 1/2 grassa prodotta in Ticino, per 100 g, confezionata

21% 1.25

Emmentaler surchoix ca. 250 g, per 100 g, confezionato

Asiago pressato DOP per 100 g, confezionato

invece di 1.60

Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Dolce e salato

Irresistibili golosità: dai classici alle novità

LO SAPEVI? Tradition è una marca propria della Migros. I biscotti Tradition vengono interamente prodotti in Svizzera senza olio di palma. In compenso viene utilizzato burro svizzero, che conferisce loro un delizioso aroma. I biscotti sono privi di conservanti, coloranti e aromi artificiali.

Hit 5.–

Millefoglie con glassa di zucchero bianca in conf. speciale, 6 pezzi, 471 g

conf. da 3

33% 5.50 invece di 8.25

–.60 di riduzione

Tutti i biscotti Tradition per es. cuoricini al limone, 200 g, 2.70 invece di 3.30

Biscotti Oreo Original, Double Cream o Golden, per es. Original, 3 x 154 g

a partire da 2 pezzi

–.60 di riduzione

Tutto l'assortimento Blévita per es. Gruyère, AOP, 6 x 38 g, 3.– invece di 3.60

Migros Ticino


Bevande

conf. da 8

27%

20x PUNTI

Coca-Cola

Novità

1.80

20% Fagottini di spelta alle pere bio, bastoncini alle nocciole e fagottini alle pere per es. fagottini di spelta alle pere bio, 3 pezzi, 225 g, 2.60 invece di 3.30, prodotto confezionato

Classic, Light o Zero, per es. Classic, 8 x 450 ml, 6.95 invece di 9.60

Twister lampone/ cioccolato 70 g

ti Con ing re die n0% naturali al 1 0

conf. da 6

Hit 3.45

Maltesers in conf. speciale, 192,5 g

invece di 19.90

conf. da 2

Hit 4.40 Migros Ticino

50% 9.95

Popcorn Chips Kelly salati 2 x 140 g

20% 3.80 invece di 4.80

Cornetti Fun alla vaniglia e alla fragola surgelati, in conf. speciale, 16 x 145 ml

30% 9.90 invece di 14.20

Rivella rossa, blu o Refresh, 6 x 1,5 l, per es. rossa

33% Pom-Bär

Tutte le birre analcoliche

Original o alla paprica, in conf. speciale, per es. Original, 200 g

per es. Erdinger, 6 x 330 ml, 5.30 invece di 7.95

Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Scorta

Per baristi casalinghi e golosoni c on una e t r o f è f f a C t t a pe r e f r e p a r u mac inat Biale t t i la

40% Tutte le caraffe isolanti, le caffettiere e le teiere Bialetti e Cucina & Tavola (prodotti HIT, bicchieri isotermici, thermos e portavivande termici esclusi), per es. caffettiera Bialetti color argento, per 6 tazze, il pezzo, 17.95 invece di 29.95

20x PUNTI

Novità

9.50

Espresso Barista, macinato e in chicchi, bio, Fairtrade per es. macinato, 500 g

12% 5.35 invece di 6.10

conf. da 3

33% Nutella

Chicco d'Oro, in chicchi o macinato

in conf. speciale, 900 g

per es. in chicchi, 3 x 500 g, 19.90 invece di 29.85

picc ant e: os , l a e c l o d Dal p pe r nac h i d e s l a s e 3 n uo v a j i t a s e c c . f

20x PUNTI

20% Tutto l'assortimento di müesli Farmer per es. Croc ai frutti di bosco, 500 g, 2.95 invece di 3.70

conf. da 2

20%

Novità

Ketchup Heinz

Salsa Dip El Sombrero

Tomato, Light o Hot Chili, per es. Tomato, 2 x 500 ml, 4.70 invece di 5.90

mild, medium o hot, per es. mild, 315 g, 2.10


Pasta fat ta a mano in Italia

conf. da 3

Hit 6.90

20% Pasta bio refrigerata fiori ricotta e spinaci o agnolotti all'arrabbiata, per es. fiori, 3 x 250 g, 11.– invece di 13.80

Pasta Dangi Tortelloni al limone, al brasato o Caramelle pomodoro e mozzarella, per es. Tortelloni al limone, 250 g

conf. da 2

30% 9.70

conf. da 2

23% 6.–

Salsa d'arrosto Knorr tubetto, 2 x 150 g

invece di 13.90

20%

invece di 7.80

Tortine al formaggio M-Classic surgelate, 2 x 12 pezzi, 2 x 840 g

Tutti i tipi di olio e aceto bio (prodotti Alnatura e Monini esclusi), per es. olio d’oliva greco, 500 ml, 6.– invece di 7.50

Ora in formato m pe r i pic nic

20x

20x

20x PUNTI

PUNTI

PUNTI

Novità

3.70

ini

Novità

Novità

Maionese con olio di avocado Thomy 170 g

1.70

Salsa tartara mini Thomy 35 g

3.95

Maionese con olio di canapa Thomy 170 g, in vendita nelle maggiori filiali

Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Beauty &ePflege Bellezza cura del corpo

Offerte per il benessere di grandi e piccini

conf. da 3

a partire da 2 pezzi

33%

40% Tutto l’assortimento Covergirl

Prodotti per la doccia I am

per es. mascara Lash Blast Volume Waterproof, il pezzo, 7.50 invece di 12.50

in confezioni multiple, per es. Milk & Honey, 3 x 250 ml, 3.90 invece di 5.85

Traspiranti ola e se nza pe llic di plast ic a

Prote g g e la pe ll dall'inv e cc hiam e e causato dalla lu nto ce

20x PUNTI

a partire da 2 pezzi

20% Tutto l'assortimento Molfina (confezioni multiple e sacchetti igienici esclusi), per es. Bodyform Air, conf. da 46, 1.35 invece di 1.65

conf. da 2

21%

Novità

19.90

Crema da giorno nutriente Zoé Gold IP 30 50 ml

Prodotti per la doccia pHbalance per es. gel doccia, 2 x 250 ml, 5.– invece di 6.40


Abbigliamento e accessori

Le nostre offerte più allettanti

Prote zione cont ro le carie pe r i dentini da latt e

20% Tutto l'assortimento di reggiseni, biancheria intima e per la notte da donna per es. slip midi da donna bianchi, tg. M, il pezzo, 7.95 invece di 9.95

conf. da 3

20% Prodotti Elmex Kids e Junior

Hit 9.95

(confezioni multiple escluse), per es. dentifricio per bambini, 75 ml, 2.85 invece di 3.60

Fantasmini da uomo Rohner disponibili in nero, antracite o bianco, n. 39–42 e 43–46, per es. neri, n. 43–46

LO SAPEVI?

conf. da 3

conf. da 2

20% Prodotti per l'igiene orale Meridol

Hit 8.95

Fantasmini da donna Ellen Amber disponibili in nero o blu, n. 35–38 e 39-42, per es. neri, n. 35–38

La viscosa utilizzata è ottenuta dal bambù. La struttura delle fibre di bambù assicura che l'umidità venga trasportata meglio all'esterno. Questo impatta positivamente sul comfort. Il bambù inoltre rende i calzini morbidi, indeformabili e dona loro lucentezza.

per es. spazzolino delicato, 2 pezzi, 6.70 invece di 8.40 Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Casalinghi

Occasioni per grandi e piccini

Gioia per gli occhi e per il palat o

a partire da 2 pezzi

30% Tutto l'assortimento Handymatic

Hit 3.95

(sale rigeneratore escluso), per es. Classic, 44 pastiglie, 7.– invece di 9.95

Biode g rada bile al 9 8%

a partire da 2 pezzo

20% Tutti i detergenti e i detersivi Migros Plus per es. detergente all'aceto, 1 l, 2.75 invece di 3.40 Migros Ticino

Vassoio con motivo di animali, per es. pinguino, il pezzo


Fiori e giardino

in Ripor re i fiori a ac qua fre dd ta) cc ia (ma non g hia

conf. da 2

a partire da 2 pezzi

50% Ammorbidenti Exelia e profumi per il bucato Exelia in flacone per es. ammorbidente Pink Pleasure, 1 l, 3.25 invece di 6.50

21% 18.– invece di 23.–

Detersivo per capi delicati Yvette in conf. di ricarica, per es. Color, 2 x 2 l

30.– di riduzione

199.–

invece di 229.–

Nintendo Switch Lite turchese Modalità multiplayer locale e online, compatibile con tutti i videogiochi Nintendo Switch che supportano la modalità handheld, il pezzo, offerta valida fino al 23.8.2021

20% 7.95 invece di 9.95

Conf. da 5

20% Salviettine igieniche umide Soft Pure, Comfort Deluxe o alla camomilla, in conf. multiple, per es. Pure, 5 x 60 pezzi, 7.40 invece di 9.25 Migros Ticino

Minirose M-Classic, Fairtrade mazzo da 20 pezzi, lunghezza dello stelo 40 cm, disponibili in diversi colori, per es. arancione, il mazzo

conf. da 5

21% 12.95 invece di 16.50

Cleverbag Herkules 35 l, 5 x 20 pezzi

Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Prelibatezze italiane da gustare a casa

Validi gio.– dom. Prezzi

imbattibili del

weekend

o Goditi il gust la vita per mediterraneo

conf. da 3

25% Bratwurst dell'Olma di San Gallo, IGP o bratwurst di vitello TerraSuisse in confezioni multiple, per es. Bratwurst dell'Olma di San Gallo, Svizzera, 3 x 2 pezzi, 960 g, 8.85 invece di 11.85, offerta valida dal 12.8 al 15.8.2021

30% Tutti gli antipasti Polli, Le conserve della nonna, La trattoria e Dittmann per es. pomodori secchi alla siciliana Polli, 285 g, 1.95 invece di 2.80

conf. da 2

30% 3.75 invece di 5.40

Rigatoni o spaghetti Garofalo per es. rigatoni, 2 x 500 g

25% Tutti i succhi freschi e le composte Andros per es. succo d'arancia, 1 l, 3.65 invece di 4.90, offerta valida dal 12.8 al 15.8.2021

conf. da 6

40% 2.95 invece di 4.95

Rocchetta 6 x 1,5 l

a partire da 2 pezzi

–.50 di riduzione

Tutti i prodotti da forno per l'aperitivo Gran Pavesi e Roberto per es. Crocchini al rosmarino Roberto, 250 g, 2.30 invece di 2.80

a partire da 2 pezzi

–.40 di riduzione

Tutte le salse e le conserve Longobardi per es. pomodori triturati, 280 g, –.60 invece di 1.–, offerta valida dal 12.8 al 15.8.2021

Offerte valide solo dal 10.8 al 16.8.2021, fino a esaurimento dello stock


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.