Racco le figu gli rine dal 17. 8.
Alla scoperta della natura svizzera. naturedetectives.ch
Scopri i segreti dell’affascinante mondo degli animali e delle piante e vivi entusiasmanti avventure investigative attraverso gli habitat naturali della Svizzera.
Figurine
Da collezionare: 160 figurine figurine di animali e piante della Svizzera. Dal 17.8 al 4.10, ogni fr. 20.– spesi ricevi una bustina con 4 figurine.* figurine.*
App Nature Detectives
Da scansionare: il viaggio di scoperta continua nell’app Nature Detectives! Ti aspettano intricati indovinelli in un fantastico mondo in 3D. Scarica l’app figurine. gratuita e raccogli le fi gurine.
Album di raccolta
Da non perdere: l’album di raccolta pieno di curiosità sulla natura svizzera. Incolla le figurine nell’habitat corrispondente e risolvi avvincenti casi investigativi. Ora a fr. 5.– in tutte le filiali Migros e gratis per i membri Famigros.*
Ulteriori informazioni su naturedetectives.ch * Dal 17.8 al 4.10.2021, ogni 20 franchi spesi ricevi alla cassa di tutti i supermercati Migros o su Migros Online una bustina con quattro figurine da collezionare.* L’album Nature Detectives è disponibile in tutte le filiali. I membri Famigros ricevono gratuitamente l’album delle figurine mostrando il numero Cumulus e il buono sconto alla cassa. Al massimo 15 bustine per acquisto, buoni e carte regalo esclusi, e solo fino a esaurimento dello stock.
Cooperativa Migros Ticino
società e territorio Intervista allo psicoterapeuta Giuseppe Lavenia su bambini, smartphone e tablet
ambiente e benessere Il professor Angelo Auricchio, vice primario di cardiologia al Cardiocentro EOC, ci parla della fibrillazione ventricolare
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIV 16 agosto 2021
azione 33 Politica e economia Viaggio in Afghanistan, dove i talebani avanzano e le donne rischiano la vita e le libertà
cultura e spettacoli La straordinaria e coraggiosa vita di Wolf Biermann ora in un’autobiografia
pagina 13
pagina 4
pagina 23
pagina 33
Francesca Marino
tra cicloni, covid e tigri affamate
di Francesca Marino pagina 24
clima, obiettivi irraggiungibili di Peter Schiesser Più si affinano i modelli, più diventano chiare l’ampiezza e le conseguenze dei cambiamenti climatici provocati dalle attività umane. Il sesto rapporto dell’Intergovernmental panel on climate change (il quinto risale al 2013) pubblicato il 9 agosto, frutto dell’elaborazione di dati e studi da parte di 230 scienziati di 66 Paesi, conferma e precisa le previsioni precedenti e lascia poco spazio a dubbi. In particolare rende quasi impossibile il raggiungimento dell’obiettivo stabilito sei anni fa alla Conferenza di Parigi di limitare a 1,5 gradi l’aumento della temperatura media globale rispetto all’era pre-industriale. L’umanità potrebbe infatti immettere nell’atmosfera ancora al massimo 400 miliardi di tonnellate di CO2, e al ritmo attuale di 30 miliardi di tonnellate all’anno raggiungeremmo il limite già nel prossimo decennio. Persino l’obiettivo di un aumento della temperatura di 2 gradi, che permetterebbe un massimo di emissioni pari a 1150 miliardi di tonnellate di CO2, appare una sfida enorme. E già oggi vediamo quali sconquassi sta creando nel mondo l’aumento di 1,1 gradi nell’ultimo decennio rispetto al cinquantennio fra il 1850
e il 1900. A chi ancora crede che il riscaldamento registrato fin qui sia frutto di fluttuazioni naturali, gli scienziati rispondono che dal 1970 la temperatura globale è salita più velocemente che in ogni altro intervallo di cinquant’anni degli ultimi 20 secoli. Le conseguenze, secondo gli scienziati dell’Ipcc, sono un aumento degli eventi meteorologici estremi: le ondate di caldo sono più frequenti, se in passato avvenivano ogni 50 anni oggi si notano ogni dieci anni, con un aumento della temperatura di 2 gradi le avremmo ogni 3-4 anni; e mentre in alcune regioni del pianeta le precipitazioni massicce sono in aumento, in molte altre si ripetono più frequentemente periodi di siccità, provocando danni e vittime in una parte del mondo e grossi problemi all’agricoltura in altre, nonché un accresciuto pericolo di incendi massicci, come possiamo notare nell’ovest degli Stati uniti e del Canada, nonché in Grecia, Turchia, Italia. In particolare, secondo l’Ipcc, se globalmente la temperatura media aumentasse di 2 gradi, nelle aree mediterranee crescerebbe di 3 gradi. Non dimentichiamo poi che il clima più caldo sta sciogliendo i ghiacci dell’emisfero settentrionale, ciò che porta da tempo ad un innalzamento del livello dei mari. Fra il 1901 e il 2018 si calcola
che è cresciuto di 20 centimetri, e fra il 2006 e il 2018 di 3,7 millimetri all’anno. Le simulazioni che si basano sui modelli climatici indicano che alla fine del secolo il livello dei mari potrebbero salire di 28 fino a 101 centimetri; tuttavia, sottolinea una parte degli scienziati, un ulteriore aumento della temperatura potrebbe innescare processi oggi imprevedibili, tali da sciogliere anche i ghiacci dell’Antartide, ciò che spingerebbe l’innalzamento fino a due metri. Sono scenari catastrofici (ma non è già catastrofica la realtà di questa estate?), la necessità di ridurre al minimo le emissioni di CO2 è quindi urgente. Il ritmo della politica però resta incerto, le resistenze di Paesi come la Cina e l’India sono forti, e anche in Europa, benché ci sia l’obiettivo conclamato di un’economia a neutralità climatica entro la metà del secolo, ci si muove con lentezza. I processi tecnologici verso un’economia e una società più verde ci sono, ma non sono sufficienti per indurre una svolta rapida e decisiva. Inoltre, rammentano gli scienziati, anche se si riuscisse a ridurre bruscamente le emissioni di CO2 quelle già presenti continueranno a influire sul clima per molti decenni. Ne pagheranno le conseguenze anche i nipoti di Greta Thunberg. Non nascondiamocelo.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
4
società e territorio Il futuro ospedaliero Al centro della prossima pianificazione ci sarà il paziente, l’economicità e la sicurezza delle cure, a scapito dei regionalismi
all’ombra della Peste nera A Plague Tale: Innocence è un videogioco sulla violenza ma senza essere violento, ambientato ai tempi della Guerra dei Cent’anni
Un monumento alla luce Oliver Scharpf ci porta sulla Belalp, sulle tracce di John Tyndall, naturalista, alpinista e molto di più dell’Ottocento pagina 11
pagina 10
pagina 8 È importante che i genitori operino un controllo sull’uso di smartphone e tablet da parte dei figli. (Shutterstock)
Voglio il cellulare!
tempi moderni Dilaga l’uso di tablet e smartphone tra i bambini. Come devono comportarsi i genitori?
I consigli dello psicoterapeuta Giuseppe Lavenia Stefania Prandi Con la pandemia l’uso di tablet e smartphone, tra i bambini, è diventato ancora più diffuso. I genitori cercano di gestire la situazione, con le regole che vacillano di fronte alle richieste dei figli. Voglio il cellulare! Quando? Quanto? Come? Tutte le risposte (Mondadori) di Giuseppe Lavenia, psicoterapeuta esperto di dipendenze tecnologiche e cyberbullismo, è un breve manuale, con consigli pratici, per aiutare a capire come comportarsi. Giuseppe lavenia, perché quasi tutti bambini vogliono il cellulare?
I bambini e le bambine imparano per imitazione: vedono noi genitori costantemente connessi e vogliono farlo anche loro. Inoltre, con la pandemia, le lezioni scolastiche a distanza hanno contribuito ad avvicinare precocemente alla tecnologia. Va considerato che se si danno lo smartphone oppure il tablet già a sei anni, poi questi dispositivi resteranno nelle mani dei figli. E appena verranno lasciati liberi di andare sui social network oppure di usare i sistemi di messaggistica, subiranno i meccanismi compulsivi legati al rilascio di dopamina. Il processo della dopamina si innesca ogni volta che si attende una ri-
sposta a un messaggio oppure a un post. È lo stesso meccanismo che si attiva col gioco d’azzardo e con le sostanze stupefacenti. Le app sono pensate per adulti: su individui ancora in crescita possono portare a una dipendenza fisica. come si decide se è ora di dare lo smartphone?
Bisogna considerare se nostro figlio è maturo e se noi siamo pronti a seguirlo in un percorso di educazione al digitale. I genitori, spesso, danno il cellulare ma si dimenticano che non può essere gestito dai bambini. Non pensano al fatto che fino ai tredici anni, per legge (in Italia, ndr.), non si può accedere alla messaggistica e ai social network. Qual è l’età giusta?
Il primo smartphone condiviso, cioè che resta nelle mani dei ragazzini solo saltuariamente e sotto una stretta supervisione dei genitori, andrebbe dato intorno ai tredici anni. Ed è necessario fare un percorso, nel quale il figlio o la figlia dimostrino di avere la consapevolezza del mezzo e delle regole. Si deve stabilire un contratto col quale si decide, ad esempio, che a pranzo e cena non si usa. Certo, per fare tutto ciò siamo noi i primi a dovere dare il buon esempio: non possiamo essere sempre incollati allo smartphone e poi impedire che i più piccoli vogliano fare lo stesso.
che precauzioni servono?
Vanno impostati i sistemi di parental control che permettono di monitorare o bloccare l’accesso a siti pornografici, immagini violente o a certe pagine pericolose. Occorre però sapere che possono essere facilmente disattivati perché online si trovano le indicazioni su come sbloccarli. Dobbiamo essere noi a controllare attivamente e possiamo farlo solo se stabiliamo un rapporto di fiducia.
lei scrive che i «no» sono importanti perché, anche se fanno male, sono un segno di attenzione verso l’altro. secondo lei è più difficile essere fermi per i genitori di oggi rispetto a quelli del passato?
Sicuramente rispetto al passato la situazione è cambiata. Le generazioni di oggi crescono senza sapere cosa sia l’attesa. Non vogliamo sentire piangere i nostri figli, non ci fa piacere vederli in difficoltà e allora li accontentiamo. I bambini che chiedono lo smartphone e non lo ottengono fanno i dispetti e singhiozzano perché si sentono esclusi, vogliono essere come gli altri. Siamo noi che dobbiamo essere in grado di reggere la frustrazione della loro opposizione. Imparare ad aspettare è fondamentale per la crescita. Invece, abbiamo innescato lo schema del tutto
e subito che è il modo in cui vivono le persone tossico-dipendenti. Ed è esattamente il tipo di meccanismo che si ripropone con lo smartphone in mano: dalle serie tv sempre a disposizione fino alla possibilità di acquistare quello che si vuole, a qualsiasi ora del giorno e della notte. avere un cellulare significa rischiare di essere coinvolti in fenomeni come il cyberbullismo e il sexting. come si possono evitare?
Il cyberbullismo, una forma di bullismo online in cui si utilizzano volutamente comportamenti aggressivi per ferire o escludere una persona da un gruppo, è in crescita. E così purtroppo il sexting, cioè l’invio di testi o immagini sessualmente esplicite via internet: due ragazzi su dieci, tra i dodici e i diciotto anni, vengono coinvolti in questa attività. Altri problemi sono rappresentati dalle challenge, vere e proprie sfide virtuali a cui si partecipa inviando video su uno stesso tema, ad esempio imitando un film oppure riprendendosi in attività molto pericolose. Inoltre, esistono le situazioni di manipolazione e adescamento dei minori. In rete ci sono gruppi che incitano ai disturbi alimentari e ad altre forme di autolesionismo, praticate da tre teenager su dieci. I genitori spesso
non intervengono perché dicono che non si accorgono, ma il vero problema è che non vogliono vedere. Si aggrappano alla scusa della privacy, che non esiste per chi non ha ancora compiuto diciotto anni: nel rispetto dei figli, è un dovere stare attenti, è uno dei modi di prendersi cura di loro. Gli adolescenti vogliono un intervento degli adulti. Da diversi sondaggi risulta che l’ottanta per cento dei teenager pensa che quello virtuale sia un mondo pericoloso e sarebbe contento se ci fosse l’educazione digitale a scuola.
Una parte del testo è pensata proprio per i ragazzi e le ragazze. crede che abbiano voglia di leggere un libro come questo?
Non credo abbiano molta voglia, ma se l’obiettivo è ottenere il telefonino magari possono cambiare idea. Il testo è pensato per accompagnare nel percorso grandi e piccoli e per fare in modo che si instauri un dialogo basato sulle regole e sulla fiducia. Ma sono soprattutto i genitori che devono avere il polso della situazione. Ricordiamoci che fino ai ventun anni la struttura celebrale del cervello non è ancora formata del tutto e i giovani sono a rischio di fare bravate, mettendo a repentaglio molto facilmente la propria vita.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
5
Più donne in uniforme
esercito e protezione civile Due giornate informative, il 4 e l’11 settembre, rivolte
Il vuoto di una scomparsa improvvisa
Stefania Hubmann
Borradori, il volto amato della Lega
alle donne che intendono impegnarsi a favore della sicurezza della popolazione
Entrare a far parte dell’esercito o magari optare per un servizio a favore della sicurezza della popolazione. Per le giovani donne ticinesi interessate a fornire il loro contributo sono previste come ogni fine estate due giornate informative organizzate dalla Sezione del militare e della protezione della popolazione. Si terranno il 4 e l’11 settembre a Rivera e permetteranno di scoprire le numerose funzioni dell’esercito, come pure settori d’intervento esterni presentati dai rispettivi partner operanti sul territorio. Quanto a un possibile obbligo di leva per le donne, sollevato a luglio dal presidente della Società svizzera degli ufficiali Stefan Holenstein, i responsabili delle citate giornate Stefano Fedele, comandante di circondario del Servizio degli affari militari e del comando di circondario, e Giuseppe Prezzemoli, caposervizio della protezione civile, evidenziano piuttosto l’opportunità offerta dalle giornate informative di conoscere l’attività dei diversi servizi e soprattutto la necessità di riflettere sul fatto che in determinate circostanze la società ha bisogno della mobilitazione di tutti i suoi membri a prescindere dalle differenze di genere o di altra natura. L’emergenza Coronavirus dell’anno scorso ha evidenziato questa realtà, senza però che la temporanea sospensione del reclutamento influisse sul grado di abilità dei giovani ticinesi al servizio militare e a quello di protezione civile, grado che con un leggero aumento ha raggiunto complessivamente l’81,1%. Un valore in media con quello nazionale che si attesta all’81,4%, (73% per il servizio militare più 8,4% per quello di protezione civile). In aumento anche la partecipazione volontaria delle ragazze alle giornate informative fissatasi all’8%. «Essendo stato il Ticino fra i primi cantoni a organizzare questi incontri – spiega Stefano Fedele – la partecipazione alle nostre giornate è in percentuale fra le più alte della Svizzera. In cifre nel 2020 abbiamo superato il centinaio con 108 presenze». Gli effettivi delle donne ticinesi reclutate annualmente sono da parte loro passati dalle poche unità dei primi anni di introduzione del concetto integrato (formalizzato nel 2004) a una trentina. Gli uomini sono invece circa 1500. L’esercito svizzero conta nel complesso poco più di 140mila persone di cui lo 0,9% è rappresentato da donne. Una proporzione che il Dipartimento federale della difesa intende aumentare con un ambizioso obiettivo del 10% entro il 2030. I dati relativi alla scuola reclute estiva indicano per il terzo anno consecutivo un aumento (però contenuto) del numero di donne che hanno raggiunto quest’anno le 243 unità. Per migliorare l’integrazione del genere femminile nell’esercito sono stati compiuti diversi progressi, ad esempio introducendo un ciclo di reclutamento settimanale. Giuseppe Prezzemoli, responsabile del reclutamento della protezione civile, precisa
azione
settimanale edito da migros ticino Fondato nel 1938 redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Romina Borla, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
ricordo Marco
Peter Schiesser
Oggi le donne rappresentano lo 0,9 per cento degli effettivi dell’esercito, nel 2030 si vorrebbe raggiungere il 10 per cento. (Keystone)
come questa decisione faciliti l’inserimento nelle due scuole reclute (estiva e invernale) della durata di quattro mesi. «La donna (svizzera, maggiorenne e dichiarata abile in occasione del reclutamento) può accedere a qualsiasi funzione purché disponga dei requisiti necessari e superi i relativi test medici, sportivi e psicologici». Il collega Stefano Fedele precisa come a livello svizzero le donne abbiano ormai sperimentato quasi tutte le funzioni. «Notiamo che si preparano molto bene, con impegno e determinazione. Sono spesso motivate dalla ricerca di un complemento alla loro formazione e in alcuni casi preferiscono persino rinviare l’entrata in servizio per completare la preparazione, ad esempio con uno stage linguistico». La conoscenza delle lingue è sicuramente un vantaggio, considerato che la possibilità di svolgere la scuola reclute in lingua italiana è limitata alle formazioni «ticinesi»: fanteria, salvataggio, artiglieria, logistica e truppe sanitarie. Secondo i nostri interlocutori il servizio militare rappresenta in realtà un’opportunità per consolidare le proprie conoscenze in un’altra lingua. Giuseppe Prezzemoli: «Alcuni settori, come quello sanitario o delle trasmissioni, sono molto tecnici ed è dunque indispensabile conoscere bene la lingua nella quale viene impartita la formazione. Nell’aviazione invece la lingua di riferimento è l’inglese. In generale più la funzione è complessa, maggiore è l’im-
portanza della conoscenza di più lingue». Le funzioni nell’esercito svizzero sono circa 140, di cui meno di 40 possono essere svolte sapendo solo l’italiano. Le considerazioni dei due intervistati si intrecciano, poiché rappresentano due servizi complementari che operano in stretta collaborazione anche per quanto riguarda le giornate informative riservate alle ragazze. Esse si svolgono infatti nel centro di istruzione della Protezione civile a Rivera, dove durante gli incontri si punta a favorire sia un passaggio di informazioni da donna a donna, sia una differenza d’età ridotta fra professioniste/i e possibili candidate. Aggiunge Stefano Fedele: «Alle partecipanti, che ricevono una lettera informativa a 17 anni e l’invito alla giornata l’anno seguente, viene spiegato il ruolo dell’esercito e il senso della loro partecipazione. Si precisano pure le condizioni di reclutamento e come orientarsi a livello di funzioni. Queste ultime sono molteplici: alcune specialistiche, altre generaliste, altre ancora da “retrovia”, come la logistica, la cucina o la contabilità». Durante la giornata è previsto anche l’incontro con partner attivi sul territorio nella protezione della popolazione a loro volta in grado di assicurare una formazione ai volontari. «Sono presenti rappresentanti di polizia, pompieri, servizi ambulanza e protezione civile». Questi settori sono più flessibili e meno impegnativi in termini di
tempo, per cui possono rappresentare un’interessante alternativa per il genere femminile, già molto sollecitato nel conciliare lavoro e famiglia. La mobilitazione delle donne durante la crisi del Coronavirus ha rappresentato un segnale positivo da cogliere per avvicinarle ulteriormente soprattutto all’attività della protezione civile. Anche quest’ultima – annuncia il suo responsabile – organizzerà quindi a ottobre due giornate informative mirate. Se quest’estate alla ribalta della cronaca è salita la questione femminile con la proposta di rendere il servizio militare obbligatorio anche per le donne, l’esercito è vieppiù confrontato con altre situazioni legate al genere. Come spiega Stefano Fedele è necessario trovare soluzioni anche per le persone che cambiano sesso e desiderano comunque completare il servizio. «Sono sfide nuove alle quali ci si deve adeguare dal punto di vista culturale, normativo e formativo». Confrontati con un calo degli effettivi, legato in larga misura ai criteri più selettivi per sancire l’abilità al servizio, esercito e protezione civile cercano, nel quadro delle norme attualmente in vigore, di incentivare tutte le persone indipendentemente dal loro genere a mettersi a disposizione a beneficio di tutta la popolazione.
sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch
editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11
tiratura 101’262 copie
La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni
stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31
Informazioni
www.ti.ch/militare
Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch
Ci sono morti improvvise che lasciano increduli, di cui si coglie l’essenza solo quando il vuoto che subentra diventa palese: come quella di Marco Borradori, con i fiori e le scritte davanti a Palazzo Civico a Lugano, la sedia vuota in Piazza Grande a Locarno durante il Festival (che voleva ai margini della fila, per lasciare il ring se il film non gli piaceva), le parole degli amici e dei conoscenti (non importa se sostenitori politici o no), la sua assenza definitiva. Un vuoto colmo di tristezza, di emozioni, di empatia per un uomo che è stato protagonista della politica ticinese degli ultimi trent’anni. Per chi (come chi scrive) ha visto la sua carriera politica coincidere con la propria personale carriera giornalistica si chiude un’epoca e, come ogni fine, anche questa dalla memoria fa riemergere immagini e ricordi, restituendo la consapevolezza, dolorosa e fatale, che nulla è per sempre. Intravvedendolo a distanza in questi mesi, con qualche saluto fugace, l’ultima volta la prima domenica del Festival di Locarno, era davvero parso diverso, smagrito, consumato, in certe occasioni più irritabile, lui che dell’aplomb aveva fatto la sua cifra personale di politico. Ma immaginare che potesse scomparire così all’improvviso non era nell’ordine delle idee: Marco Borradori sembrava essere lì per accompagnarci per sempre, con quel sorriso e lo sguardo indecifrabile, da navigato e un po’ inafferrabile politico, eppure così amato da tantissimi ticinesi, che lo hanno plebiscitato in ogni elezione a cui si è presentato, dagli albori della sua carriera fino alla fine. Anche agli occhi di chi come me non può dire di appartenere alla sua cerchia di amici aveva una grande dote: ascoltava, faceva intendere che, sì, capiva, che avrebbe messo una buona parola, cercato una soluzione, anche se poi forse non sarebbe venuta. Anche da consigliere di Stato richiamava se non si riusciva a trovarlo subito, oppure lo faceva di sua iniziativa, come quando più di dieci anni or sono mi telefonò per chiedere di ricevere «Azione» nel suo ufficio a Bellinzona. L’ho spesso percepito come una persona un po’ enigmatica, anche opportunista, nel gioco delle parti che aveva con Giuliano Bignasca all’interno della Lega, e non so dire quanto efficace sia stata la sua azione politica (sicuramente più difficile negli ultimi mesi come sindaco di Lugano), ma gli alti funzionari del Dipartimento del Territorio che conosco ricordano che sapeva attorniarsi di persone capaci e che le rispettava. Come rispettava sempre noi giornalisti, come credo che umanamente fosse portato a rispettare ogni interlocutore ed elettore, con quel suo tocco di naturale signorilità. Una dote che è ormai merce rara sul palcoscenico della politica odierna. abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
6
Idee e acquisti per la settimana
buon appetito bella Italia attualità Fino al 30 agosto l’Italia è protagonista nei maggiori supermercati
Migros. Durante queste settimane avrete modo di immergetevi nel favoloso e variegato mondo gastronomico dei nostri vicini, grazie a esposizioni speciali a tema e allettanti promozioni su numerosi prodotti italiani
aperitivi analcolici
Due grandi classici non alcolici dell’aperitivo all’italiana. Il Crodino, dal gusto incredibilmente buono, è realizzato con più 30 erbe ed estratti di frutta. A base di estratti di agrumi, spezie ed erbe, con il suo sapore deciso e unico Sanbittèr Rosso è l’aperitivo ideale da gustare in ogni momento.
olio monini
L’assortimento Migros di oli di oliva e condimenti di alta qualità Monini soddisfa ogni tipo di esigenza culinaria. Esso spazia dagli oli dall’aroma leggero, medio o intenso – anche bio – alle specialità aromatizzate al limone, alle erbe, al tartufo, all’aglio o al peperoncino, fino ai condimenti quali l’aceto balsamico di Modena IGP. p.es. monini classico olio extra vergine 1l Fr. 13.60 monini Gran Fruttato 500 ml Fr. 9.70 monini limone 250 ml Fr. 6.40
sanbittèr 10 x 10 cl Fr. 5.75 crodino 10 x 10 cl Fr. 6.95
mortadella di bologna
La Mortadella è uno degli ingredienti classici per preparare succulenti panini o da servire come aperitivo accompagnata da altri tipici salumi della tradizione italiana. Citterio la produce con cura secondo un’antica ricetta, garantendo un prodotto dall’aroma unico e delicato e dalla tipica morbidezza fetta dopo fetta. citterio mortadella 90 g Fr. 2.95
bresaola della Valtellina
La Bresaola I.G.P. Beretta è una specialità valtellinese essiccata all’aria di montagna per almeno 4 settimane. È prodotta con la punta d’anca del bovino, la parte più pregiata, e salata a secco con sale e aromi naturali. Confezionata in vaschetta a fette sottili e soffici, come appena tagliate. beretta bresaola della Valtellina 100 g Fr. 6.60
Pasta Garofalo
Garofalo è sinonimo di qualità, passione e tradizione da oltre 200 anni. Situata a Gragnano, località in provincia di Napoli considerata la culla della pasta italiana, l’azienda si distingue per i suoi prodotti dal gusto incomparabile e dalla consistenza perfetta. La gamma Migros comprende diverse tipologie di pasta secca e fresca. p.es. Garofalo lumaca rigata 500 g Fr. 2.80 Garofalo rigatoni 500 g Fr. 2.70 Garofalo bucatini 500 g Fr. 3.–
mozzarella di bufala
Morbida e vellutata, questa mozzarella è prodotta in Campania con latte di bufale d’acqua nel rispetto delle rigide regole della DOP (denominazione d’origine protetta). Per gustare appieno il suo caratteristico aroma, si consiglia di mangiarla a temperatura ambiente, senza sale e pepe. alfredo mozzarella di bufala campana DOP 200 g Fr. 4.35
I cantucci
la Nocciolata
La Nocciolata Rigoni di Asiago è una golosa crema da spalmare biologica a base di nocciole e cacao accuratamente selezionati. Grazie ad una lavorazione delicata, la sua consistenza si mantiene bella cremosa. Non contiene olio di palma, né grassi idrogenati, aromi, conservanti ed è senza glutine. Nocciolata bio 270 g Fr. 5.80
I Cantucci alle mandorle Sélection rappresentano al meglio la tradizione dolciaria toscana. Preparati con passione con l’utilizzo dei migliori ingredienti e seguendo la ricetta autentica, sono tagliati a mano in singoli pezzi. Si usa gustarli intinti nel Vinsanto, vino dolce tipico della Toscana.
Pentola per pasta
sélection cantucci alle mandorle 250 g Fr. 7.95
Pentola per pasta dia. 22 cm Fr. 29.95 Nelle maggiori filiali
Pentola di qualità ad un prezzo particolarmente conveniente. Un vero must in ogni cucina, questa pentola con coperchio scolapasta incorporato è ideale per tutte le bolliture. Adatta per piani cottura a gas, elettrici e ceramica. Lavabile in lavastoviglie. Made in Italy.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
7
Idee e acquisti per la settimana
Grigliata sostenibile
attualità Le ali di pollo sono un must tra le specialità
alla brace. Meglio ancora se di provenienza biologica
snack di carne essiccata Novità Le nuove strisce di carne
essiccata Kings promettono un’esperienza gustativa sorprendente
azione 33% ali di pollo bio Svizzera, per 100 g Fr. 1.50 invece di Fr. 2.30. Dal 17 al 23.08.21
Il perfetto contrasto tra la pelle croccante e dorata e la carne tenera e succosa che si stacca dall’osso fa delle ali di pollo una delle preparazioni più gettonate da chi apprezza le pietanze al grill. Coloro che, oltre al gusto e alla qualità svizzera, prediligono anche i prodotti ottenuti nel
rispetto del benessere animale e dell’ambiente, alla Migros trovano una scelta completa di pollame bio. L’allevamento di polli biologici in Svizzera presuppone che gli animali possano razzolare liberamente all’aperto su ampi prati recintati, al massimo in gruppi da 500 polli.
I pollai dispongono di grandi finestre, in modo che venga garantito un ritmo giorno-notte naturale. L’alimentazione è costituita da cereali bio. Tutti questi criteri fanno sì che gli animali siano più attivi e robusti, di conseguenza meno soggetti a malattie.
Direttamente dal Regno Unito arrivano tre irresistibili snack proteici a base di carne secca, da mangiare dove e quando vuoi per una carica di gusto ed energia davvero unici. Teneri, succulenti, ricchi di proteine e con pochi grassi, questi bocconcini ti conquisteranno fin dal primo morso. Grazie alla pratica confezione monoporzione da 25 g, sono ideali da portare con sé al lavoro, in viaggio, a scuola, durante lo sport… oppure da servire come aperitivo in occasione di un party con gli amici o i parenti. La gamma include due varianti a base di
Wagyu – razza bovina da carne considerata tra le migliori al mondo – e la classica pancetta Bacon Jerky, un must che non può mai mancare nei pub d’oltremanica. Le tenere specialità vengono marinate e fatte essiccare lentamente per regalarti una pausa super golosa senza compromessi. Kings Wagyu Jerky Kings Wagyu biltong Kings bacon Jerky 25 g, l’uno Fr. 2.95 Nelle maggiori filiali Annuncio pubblicitario
Felix® ad un super prezzo! 17.8 – 23.8. 2021
a partire da 2 pezzi
20%
Su tutto l’assortimento FELIX® alimenti per gatti
per es. FELIX® Sensations, 12x100g, 6.35 invece di 7.95 Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
8
società e territorio
Il paziente al centro
Politica sanitaria Il Ticino deve elaborare la nuova pianificazione ospedaliera, che coordinerà l’offerta
del servizio pubblico (EOC) e delle cliniche private Fabio Dozio «Il miglior medico in Ticino è il treno per Zurigo». Era un detto popolare fino a qualche anno fa. Ora, per fortuna, non più. La salute è il bene più prezioso, lo sentiamo ripetere spesso. In genere, ce ne rendiamo conto soprattutto quando siamo confrontati con qualche malanno o, peggio, con qualche malattia più o meno grave. L’emergenza pandemica ha messo in luce l’importanza di avere strutture sanitarie di qualità che dipendono, in prima istanza, dalle scelte politiche dello Stato e, in Svizzera, dei cittadini. Il Ticino aspetta la nuova pianificazione ospedaliera, un quadro normativo che definisca i parametri per organizzare il sistema sanitario cantonale.
Al centro dell’attenzione della pianificazione, i bisogni del paziente, l’economicità e la sicurezza delle cure; i regionalismi passeranno invece in secondo piano «La pianificazione ospedaliera – ci dice il direttore dell’Ente Ospedaliero Cantonale Glauco Martinetti – dovrà mettere i bisogni del paziente ticinese, la sicurezza e l’economicità delle cure al centro dei propri pensieri e lasciare i regionalismi in secondo piano. Per poter raggiungere questi obiettivi dovremo astrarre la pianificazione dalla realtà politica e consegnarla alla realtà scientifica dei medici. Negli ultimi anni la situazione dei numeri è cambiata, per esempio nel settore pediatrico e delle nascite, dove da anni assistiamo ad una costante involuzione. Mantenere a tutti i costi una presenza territoriale in tutti gli angoli del Ticino andrà contro ogni logica di sicurezza delle cure. La nuova pianificazione dovrà tenere maggiormente in considerazione tutti gli attori presenti sul territorio: medici, centri medici, servizi di soccorso preospedaliero, servizi di assistenza e cura a domicilio, cliniche, ospedali. Solo con un lavoro sinergico tra tutte queste forze garantiremo una risposta sicura ed economica ai veri bisogni sanitari della popolazione». La pianificazione è un tema ostico, complicato, che affrontiamo per grandi linee, prendendo spunto anche dalla recente pubblicazione dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico (ASP): L’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC): un ruolo fondamentale nella sanità ticinese. 1982: è un anno decisivo per la sanità del Cantone. Il 20 dicembre il Gran Consiglio adotta La Legge sugli ospedali pubblici, che crea l’Ente Ospedaliero Cantonale. Fino a quel momento l’unico ospedale pubblico ticinese era il Civico della Città di Lugano, gli altri appartenevano a fondazioni private. In questi quarant’anni la sanità ticinese ha fatto grandi progressi nell’alveo dell’EOC. Si pensi al rilievo internazionale assunto dall’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI), al Cardiocentro (dal 2021 EOC), all’Istituto di scienze farmacologiche e agli ospedali che praticano una medicina complessa (medicina nucleare, ematologia, chirurgia toracica, medicina intensiva, neuroradiologia, chirurgia plastica, neuroscienze, pediatria). Inoltre, non va dimenticata la nascita del Master universitario in medicina all’Università della svizzera italiana, che permette al Ticino di crescere anche nell’ambito
Diversamente da altri cantoni, per i malati di Covid l’EOC ha potuto mettere a disposizione un intero ospedale, la Carità di Locarno. (Ti-Press)
della ricerca clinica. Insomma, la medicina gestita dall’Ente come servizio sanitario pubblico forte, ha garantito il successo del settore a beneficio del cittadino. Nel 2020, afferma con una punta d’orgoglio il direttore Glauco Martinetti, 742 giovani sono entrati all’EOC in formazione, in sedici tipologie di apprendistato. La formazione dei nuovi medici è un fiore all’occhiello dell’Ente, ed è supportata in modo determinante dal pubblico e non dal privato. Una delle questioni più delicate che riguarda il quadro istituzionale della
Il presidente dell’EOC Glauco Martinetti. (Ti-Press)
sanità ticinese è il rapporto fra pubblico e privato. L’EOC ha avuto un grande sviluppo, ma storicamente, in Ticino, è significativa la presenza delle cliniche private, nate soprattutto nell’ambito di istituti religiosi. Dopo l’integrazione del Cardiocentro nell’EOC, la percentuale di letti privati in Ticino è diminuita e oggi si attesta al 25%, meno che in altri Cantoni, come Zurigo, Berna e Vaud, in cui i letti privati sono circa il 40%. La modifica della Legge federale sull’assicurazione malattia (LAMal) del 2009 ha introdotto un vero e proprio cambiamento di paradigma nell’ambito del finanziamento ospedaliero. Si passa da un finanziamento pubblico della degenza ospedaliera, limitato agli ospedali pubblici o sovvenzionati, a un regime di finanziamento uniforme per tutti gli istituti, compresi
quelli privati. Una riforma che al Cantone costa tra i 100 e i 130 milioni di franchi l’anno. «L’idea centrale della revisione – spiega l’Ufficio federale della sanità pubblica – è intensificare la concorrenza tra gli ospedali, grazie a una maggiore trasparenza e una maggiore libertà di scelta per gli assicurati». Ma la concorrenza è diseguale, se si pensa che vengono sovvenzionate cliniche private che perseguono il profitto. L’Associazione per la difesa del servizio pubblico non è contro le cliniche private, precisa il segretario Graziano Pestoni: «Per quanto riguarda la concorrenza, il sistema introdotto nel 2009 è sbagliato sia dal profilo istituzionale, sia dal profilo economico. Infatti, ospedali pubblici e cliniche private ricevono gli stessi contributi dallo Stato, ma non hanno gli stessi doveri. Le cliniche private possono scegliere di offrire solo le prestazioni redditizie. L’ospedale pubblico deve invece offrire tutte le prestazioni necessarie alla popolazione. Si tratta di una disparità evidente. Di fatto, di una concorrenza sleale. Dal profilo istituzionale è poi assurdo che beneficiano dei contributi statali anche le cliniche a scopo di lucro. Lo Stato versa quindi i soldi dei contribuenti agli azionisti delle cliniche private». L’ASP si preoccupa per questa situazione e sottolinea che «sarebbe auspicabile che le forze politiche del cantone si accordassero per riuscire a formulare un’iniziativa cantonale da sottomettere alle autorità federali, con la quale richiedere una nuova modifica della LAMal, che sospenda il finanziamento delle cliniche private e che assicuri una miglior copertura dei costi degli ospedali pubblici». «Il nostro sistema duale pubblico/ privato – precisa Martinetti – ha dato al Ticino una buona qualità delle cure, aumentata fortemente nell’ultimo decennio, a costi inferiori, delle degenze e delle relative tariffe, alla media svizzera. La legge cantonale attuale porta con sé, a mio modo di vedere, alcune criticità dal punto di vista del finanziamento delle strutture sanitarie pubbliche. La criticità più evidente è legata al plafonamento verso l’alto dei volumi
di interventi, una sorta di numerus clausus. In sintesi, agli ospedali non vengono riconosciuti i costi derivanti da tutti i pazienti effettivamente curati: qualora i volumi di prestazioni superassero il volume massimo fissato in anticipo, il rimborso ne risente. Le cliniche private, potendo scegliere con più libertà le ammissioni dei loro pazienti, gestiscono questi numeri in modo da non infrangere questi limiti, evitando quindi di incorrere in penalità. L’ente pubblico, che deve per legge occuparsi di ogni malato, infrange costantemente questi valori: EOC si trova quindi i costi ma non i relativi ricavi. Negli ultimi anni questo ha comportato per l’Ente un mancato introito di oltre 60 milioni. Eppure il diritto federale superiore è chiaro al riguardo: il contributo cantonale deve corrispondere ad almeno il 55% dei costi ospedalieri. Con il plafonamento degli interventi si pratica di fatto una regressione infrangendo il parametro legale del 55%. Inoltre, l’attenzione al territorio, inteso anche come servizio nelle regioni discoste, è un altro elemento di grande differenziazione tra pubblico e privato». La questione regionale è fondamentale anche per Graziano Pestoni: «È importante la presenza in tutto il cantone degli ospedali dell’EOC. Naturalmente non tutti fanno tutto. Due ospedali principali, a Bellinzona e a Lugano, si ripartiscono le alte specialità. L’equilibrio si raggiunge tuttavia grazie alla distribuzione territoriale delle strutture ospedaliere, mantenendo e se del caso potenziando quelle strutture che sono in grado di offrire le cure di prossimità, molto apprezzate dai pazienti, oltre a trattamenti specialistici. In questo senso rivestono particolare importanza gli ospedali di Mendrisio e di Locarno. Un ruolo di rilievo lo devono pure svolgere gli ospedali di Acquarossa e di Faido. L’importanza del multisito si è potuta constatare anche durante la pandemia. L’EOC ha potuto mettere a disposizione con successo un intero ospedale per combattere il Covid. Altri cantoni, con strutture centralizzate, hanno invece riscontrato molti problemi».
Il documento dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico sottolinea l’importanza dei pronto soccorso. «Ridefinire meglio compiti e missioni dei servizi di PS dividendo le strutture in tre livelli: medicina di base e di prossimità, medicina d’urgenza generale, medicina d’urgenza avanzata e complessa. Accanto ai PS andrebbero sviluppati dei poliambulatori, che «acquistano importanza, anche perché si stima che dal 30 al 50% delle persone non hanno più un medico di famiglia». Glauco Martinetti spiega che l’Ente ha iniziato un percorso di rafforzamento dei servizi di pronto soccorso già da alcuni anni: «Per i pazienti questo si tradurrà in un nuovo pronto soccorso all’ospedale di Bellinzona. Anche il PS del Civico ha urgente bisogno di ammodernamento e di miglior comfort. Stiamo quindi ampliando e adattando gli spazi alle nuove esigenze. Oltre ai rinnovamenti strutturali, è stata definita una nuova strategia di presa in carico dei pazienti con la presenza continua di medici formati e di buona esperienza in tutti i PS di EOC. Questo garantirà un ulteriore miglioramento della qualità della presa in carico, con un impatto importante anche sulla celerità. I bisogni dell’utenza variano anche da regione a regione: se per i centri principali è fondamentale poter offrire un ventaglio ampio di competenze, e per alcuni è indispensabile concentrarsi su patologie più specifiche (medicina altamente specializzata a Lugano, pediatria a Bellinzona), per altre strutture come i PS di valle o quello dell’Ospedale Italiano è importante poter svolgere la funzione di medicina di prossimità». La difesa del servizio pubblico e dell’Ente Ospedaliero Cantonale non è scontata. Solo pochi anni fa è stata proposta una modifica della legge che avrebbe portato a una parziale privatizzazione del Civico di Lugano e della Carità di Locarno. Contrastata da un rederendum la riforma è stata affossata in votazione popolare in modo chiaro dal 54,6% dei votanti nel giugno del 2016.
Azione 17. 8 – 30. 8. 2021
Duo-Pack conf. da 2
conf. da 3
25% 6.75
invece di 9.00
33% AXE deodoranti Aerosol 2 x 150 ml, Africa
Duo-Pack conf. da 2
invece di 10.40
Shower Gel in conf. da 3, 3 x 250 ml, per es. Africa, 6.95 invece di 10.50
Duo-Pack conf. da 2
25% 7.80
AXE Shower Gel
Duo-Pack conf. da 2
25% Rexona Maximum Protection deodoranti Creme Stick
3.45
invece di 4.60
29% 25% Rexona deodoranti Roll-On 2 x 50 ml, Cotton
2 x 45 ml, Clean Scent
Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti.
3.95
invece di 5.60
Rexona deodoranti Aerosol 2 x 150 ml, Cobalt
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
10
società e territorio
Un gioco sulla violenza, non violento
Videogiochi A Plague Tale: Innocence, originariamente uscito nel 2019 è stato aggiornato quest’anno per le console
della nuova generazione, ma può essere giocato anche su piattaforme meno moderne
Davide Canavesi A Plague Tale: Innocence è un gioco abbastanza peculiare, uscito originariamente nel 2019 ed aggiornato recentemente per le console di nuova generazione, Xbox Series X|S e PlayStation 5. Purtroppo, le due console rimangono assai difficili da trovare nei negozi della Svizzera italiana ma il gioco è assolutamente godibile anche su piattaforme meno moderne come PlayStation 4 e Xbox One, oltre che al PC. La storia di A Plague Tale è ambientata durante la Guerra dei Cent’anni. Una terribile pandemia, la Peste Nera, imperversa sul continente europeo, portando indicibili devastazioni, morte e disperazione. Ed è nel bel mezzo di tanta sofferenza che faremo la conoscenza di Amicia De Rune, la primogenita di una piccola famiglia nobiliare francese. La ragazza, appena quindicenne, si ritroverà suo malgrado al centro di una sinistra lotta tra forze oscure che la vedranno contrapposta, niente meno, che all’inquisitore supremo francese. L’avventura propostaci da Asobo Studios si apre con una idilliaca giornata in cui Amicia, accompagnata dal padre, si avventura nei boschi attorno alla tenuta familiare per una battuta di caccia. Sin dai primi istanti però qualcosa di strano si agita nella foresta ed è solo quando il cane della ragazza viene catturato da qualcosa che si nasconde sottoterra che padre e figlia si rendono
conto che qualcosa non va. Rientrati rapidamente a casa Amicia va alla ricerca della madre Béatrice che, come di consueto, sta accudendo Hugo. Il fratellino di Amicia è infatti affetto da una misteriosa malattia che lo costringe a restare costantemente dentro casa. Sfortunatamente per la famiglia De Rune, la condizione di Hugo sarà centrale per la storia del gioco e ben presto i due giovani nobili si ritroveranno a dover fuggire da casa, coi genitori assassinati dai soldati dell’Inquisizione. I due dovranno affrontare mille pericoli, nascondendosi non soltanto da un esercito spietato ma anche da una malattia che si muove sulla schiena di milioni di roditori infetti pronti a divorare ogni cosa sul proprio cammino. Può sembrare un po’ morboso parlare di un gioco ambientato durante una pandemia nel 2021 ma A Plague Tale: Innocence è comunque un titolo rilasciato prima della comparsa del Covid-19. Si tratta di un gioco d’avventura in cui sarà più la nostra abilità e discrezione ad aiutarci piuttosto che la forza bruta. Durante i capitoli che compongono questa prima puntata delle avventure dei De Rune, un secondo gioco è già stato annunciato per il 2022, prenderemo parte ad una vicenda molto intima, che vedrà mutare i legami di due fratelli cresciuti sostanzialmente separati l’uno dall’altra. Da un lato la determinata e coraggiosa Amicia, dall’altro il cagionevole ed estremamente fanciullesco Hugo, che dall’alto dei suoi
Amicia e Hugo, nella prima parte del sequel, la seconda è prevista l’anno prossimo.
cinque anni vede il mondo attorno a sé come un posto meraviglioso, nonostante le atrocità alle quali saranno costretti ad assistere. Una storia, quella di questo A Plague Tale che piuttosto di innocenza parla della sua perdita, diversa per i due protagonisti ma ugualmente straziante e toccante. Durante il gioco impersoneremo praticamente solo Amicia e avremo due compiti principali: proteggere il piccolo Hugo e tentare di curare la sua terribile condizione. Ma dovremo an-
che tentare di capire perché un inquisitore supremo sia pronto a rinnegare gli ordini del Papa in persona per poter portare a termine il suo sinistro piano. Ci muoveremo in diverse ambientazioni come campi, boschetti, villaggi e cittadine alla continua ricerca di una cura e di risposte. Non saremo soli, spesso saremo accompagnati da altri personaggi secondari coi quali potremo stringere amicizie e che ci aiuteranno a risolvere i molti enigmi e rompicapo nei quali ci imbatteremo. Ci saranno
anche lunghe sezioni stealth, dove la silenziosità e l’astuzia saranno assolutamente necessarie per evitare le ronde di soldati e i nugoli di ratti affamati. A nostra disposizione, oltre che al cervello, pochi ma essenziali strumenti: una fionda, il fuoco e qualche composto alchemico. Progredendo nel gioco potremo acquisire nuove ricette che ci permetteranno un approccio più variato e interessante alle diverse situazioni. Tuttavia, A Plague Tale non diventerà mai un gioco violento in cui lo scopo è uccidere il nemico ma resterà fondamentalmente un gioco sulla violenza. Una violenza brutale, insensata e crudele con la quale purtroppo è necessario scontrarsi. Il gioco, come dicevamo in apertura, è stato adattato per le nuove e più potenti console da gioco. Già nel 2019 il gioco era davvero molto bello e nel 2021 lo è ancora di più, con qualche effetto avanzato ma specialmente una grafica più fluida e un rinnovato sonoro in 3D. I panorami, siano essi piacevolmente bucolici o paurosamente oscuri e minacciosi, sono accompagnati dall’eccellente colonna sonora firmata da Olivier Derivière. A Plague Tale fa parte dello Xbox Game Pass ed è acquistabile ad un prezzo scontato sia sulle console Sony che quelle Microsoft, si tratta dunque di un’ottima occasione per scoprire (o riscoprire) questa emozionante avventura in attesa del sequel, A Plague Tale: Requiem in arrivo l’anno prossimo. Annuncio pubblicitario
Il numero 1 per le unghie artificiali in Svizzera
20x PUNTI
Novità Ardell Nail Addict Multipack 108 unghie artificiali e.g. Natural Squared, per set 19.90
In vendita nelle maggiori filiali Migros. Offerte valide dal 17.8. al 30.8.2021, fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
11
società e territorio rubriche
approdi e derive di Lina Bertola abitare il cielo È in corso una bella gara, tra i miliardari Richard Branson, imprenditore inglese fondatore di Virgin Group, e Jeff Bezos, fondatore e proprietario di Amazon, per portare in giro i nuovi «viaggiatori stellari», oltre il confine dell’atmosfera terrestre. Al momento è in vantaggio Bezos che il 21 luglio, in occasione del primo volo della sua navetta, ha offerto ai suoi tre passeggeri l’ebbrezza di stare per quattro minuti ad ondeggiare in assenza di peso, a 100 km di altezza. Branson, dieci giorni prima, si era fermato a poco più di 80 km, un confine considerato già spazio, ma su cui non tutti concordano. Il turismo spaziale offre un’esperienza straordinaria, e non certo solo perché riservata a pochi super facoltosi (un primo volo è stato pagato all’asta 28 milioni di dollari, ma Richard Branson ha garantito che da settembre il turismo spaziale sarà praticabile sborsandone «solo» 250mila). E pare che già moltissime persone si siano annuncia-
te per i prossimi giri turistici nel cielo. Questa esperienza spettacolare, che ci proietta in uno scenario inedito del vivere, ci pone però di fronte ad un quesito attualissimo: svolazzando senza gravità tra seggiolini supertecnologici da cui guardare il nostro mondo perso nell’universo non stiamo forse trasformando il senso stesso dell’umano? Quei momenti così straordinari potrebbero infatti confermare ciò che già da tempo percepiamo, e cioè una profonda trasformazione del nostro rapporto con la tecnologia che da oggetto nelle nostre mani rischia di diventare sempre più il soggetto protagonista di molte umane esperienze. Come dire: oggi noi possiamo essere quelli lì, quegli uomini che guardano dal di fuori ogni orizzonte umano, proprio perché la tecnica ci ha trasformati in… oggetti tecnologici. L’assenza di gravità si offre allora come una specie di esperienza metafisica, un’istantanea trascendenza in salsa
tecnologica. La questione del nostro delicato rapporto con la tecnologia è attualissima ma vado oltre, perché la presenza di questi nuovi viaggiatori stellari sollecita altre questioni. Simili viaggi erano certamente impensabili prima che l’homo technologicus raggiungesse la sua attuale ultima frontiera, eppure da sempre l’uomo ha abitato il cielo, con il pensiero, con i sentimenti, con le emozioni dell’animo ma anche del corpo. Leggendo di questo turismo spaziale mi è venuto subito in mente il grandioso racconto platonico del viaggio delle anime giunte al sommo della volta del cielo che «si spandono fuori» e si librano «sopra il dorso del cielo». Il pensiero di Platone ci offre qui un potente vissuto di trascendenza, un’esperienza di umana contemplazione, trasportandoci fuori dal cielo, in quello che appunto viene poeticamente definito il «sopra celeste sito». Abitare il cielo, con il pensiero e con le
emozioni, è da sempre un modo di sperimentare la vita, di percepirne l’intensità, anche nel corpo, trascendendone i limiti. Ce lo ricorda Immanuel Kant, nel suo celeberrimo «cielo stellato sopra di me», una presenza che nutre la coscienza della propria esistenza. E così il premio Nobel per la fisica del 1926 Jean Baptiste Perrin: «è una debole luce quella che ci arriva dal cielo stellato. Ma che cosa sarebbe il pensiero umano se non potessimo vedere le stelle?» Quando finalmente le stelle riappaiono, quando finalmente respiro il fresco che mi lascia il colore del cielo, come ci suggerisce una bella poesia di Giuseppe Ungaretti, «mi riconosco immagine passeggera presa in un giro Immortale». E chissà quanti di noi, nelle notti delle stelle cadenti, hanno rivissuto questa esperienza. Perché non solo il pensiero ci rende da sempre abitanti del cielo. Anche l’emozione poetica di parole e immagini. Nella notte stellata di Van Gogh, ad
esempio, il cielo diventa proiezione del nostro mondo interiore. Noi siamo anche queste emozioni; siamo esperienza di trascendenza pur restando sempre in contatto con il peso della gravità che ci accompagna sui sentieri della vita. Questa esperienza di un cielo della vita nasce infatti proprio nel corpo e grazie al corpo che siamo. Abbiamo appena ammirato a Tokyo straordinari voli e volteggi, a corpo libero o appesi ad un’asta. Abbiamo ammirato la bellezza di tanti corpi a danzare leggeri, ad espandersi, a librarsi nel cielo, proprio come raccontava Platone. Anche danzare è una bella esperienza di trascendenza, in punta di piedi, un andare oltre senza bisogno di andare da nessuna parte, perché il cielo dell’altrove è dentro di noi. Sono tanti i modi di abitare il cielo, più intensamente e più umanamente forse, di quanto possa accadere dentro una navicella milionaria, affidandoci alle promesse della tecnologia.
aperto solo ora dopo la nebbia. La pietra poi scompare alla vista fino a quando non sono lì quasi davanti, un tardo pomeriggio verso la fine della prima decade di agosto. E «trasmette un senso di solitudine e dignità» come scrive Trevor Braham, alpinista e autore di Himalayan Odyssey (1974). Il monumento a Tyndall (2351 m) è un masso erratico di granito proveniente da un vallone vicino che ora si erge come menhir sopra il ghiacciaio morente. La prima iscrizione, scolpita in inglese, si legge a fatica, tra le macchioline di lichene scuro; dice «eretto per il suo amato da Louisa sua moglie per marcare un luogo di ricordi». Sotto, la dedica in tedesco del comune di Naters. Nato a Leighlinbridge, contea di Carlow, in Irlanda, e morto a Hind-head, contea inglese del Surrey, per un errore (overdose di cloralio idrato), un ulteriore errore, molto meno grave, ne scalfisce la memoria. Lo scalpellino Lorenzo Giovangrandi, nella fretta di finire in tempo il lavoro – affidatogli da Fernand Correvon (1879-1964), illustratore botanico incaricato del monumento – per
l’inaugurazione con fuochi d’artificio e festa all’hotel Belalp, dimentica la c di Naturfors(c)her. Sbozzato forse un po’ per assottigliarlo in stile obelisco, a grandi caratteri, sulla parte a valle, è scolpito il nome di questo importante naturalista, alpinista, petomane, fisico, glaciologo, autore di Notes on the color of water and ice presente nella biblioteca da viaggio di Mr Tod elencata in Anatomia dell’irrequietezza di Bruce Chatwin. Due sassi piatti sono lì per sedersi, mentre c’è anche un panorama delle montagne che si vedono da qui, con i loro nomi, tra i quali spicca il Matterhorn. Dal Cervino stesso, tra l’altro, emerge il Pic Tyndall, anticima conquistata la prima volta nel 1862 dall’uomo dietro all’effetto Tyndall (ammirato l’altro ieri a Molare, nel cielo, con le nuvole trafitte) durante la sua ascesa fallita. Monumento non monumento, eretto in alta montagna tra i fischi delle marmotte, con un refuso, non può non amarlo anche chi non ama troppo i monumenti. Corro giù a perdifiato per i pascoli della Belalp che come dice il toponimo brutta non è.
Parlarne apertamente in Rete come hanno fatto Lady Gaga e Demi Lovato ha contribuito a dissolvere l’idea per cui le persone in cerca di un sostegno psicologico siano deboli. D’altro canto con la notorietà in Rete aumentano i contatti e il passaggio da follower a paziente è un attimo. Certo è presto per dire addio alla poltrona dello psicanalista ma è chiaro che la pandemia e il lockdown hanno contribuito da un lato ad aumentare ansie e paure, dall’altro a scoprire il potenziale dei social e delle app in questo campo. Senza voler nulla togliere al «fantastico» mondo dei social, ritengo che una delle terapie più efficaci per ansie e problemi comuni sia l’interazione con gli animali. Stare con loro rigenera la mente, ti mette alla prova e ti relaziona in modo profondo con l’universo. Aiuta anche stabilire nuove connessioni, pardon! , a fare nuove amicizie. In questi giorni di grande
caldo al mare tutti i pomeriggi con Coffee andiamo a sederci all’ombra dei pini marittimi di un piccolo parco. Per qualche arcano mistero lì tira sempre una lieve e fresca brezza marina. A volte ci addormentiamo, altre incontriamo i nostri amici. Il giovane Golia, l’Alano dagli occhi azzurri, e Crash, meticcio di sedici anni con seri problemi al cuore. Evelina, la sua padrona, sta attraversando un brutto momento. Non più giovane, lasciata dal marito è in cerca di un appartamento e in più teme per Crash, sedici anni non sono pochi. Noi della combriccola del parco facciamo il possibile per aiutarla, chi le dà dei contatti utili, chi dei consigli, chi semplicemente cerca di rincuorarla. Ogni tanto arriva un cane tutto trafelato a chiedere un biscotto o una carezza e tutto il mondo sembra tornare in ordine. Neanche si sentono i 40 gradi all’ombra…
Passeggiate svizzere di oliver Scharpf Il monumento a tyndall sulla belalp Nel fitto di una foresta di conifere in Svevia, un mattino della mia infanzia, attraverso il vapore acqueo che sale, la luce penetra in fasci di luce obliqua. È l’effetto Tyndall. Un fenomeno di diffusione della luce studiato dal fisico irlandese John Tyndall (1820-1893) che passa trentadue estati della sua vita a Belalp. Dove sto salendo a passo convinto, fiero di boicottare la maxi cabinovia che da Blatten porta su tutti, intralcianti mountainbikes comprese, in dieci minuti. L’odore persuasivo dei pecci appena dopo un’acquazzone, il paesino di Egga all’improvviso con i granai in larice imbrunito sospesi con funghi di pietra, il passaggio leggiadro al bosco di larici ultracentenari, il verdino psichedelico dei pascoli verticali, lo scampanio caprino, le endorfine prodotte, le idee, i ricordi sepolti ritornati nitidi, l’esserci, sono solo alcuni degli elementi che compongono due orette e qualcosa di ascesa. L’intuizione dell’effetto serra, il perché dell’azzurro del cielo (non chiedetemi il perché), la prima scalata del Weisshorn, sono invece alcune delle altre imprese di
Tyndall: incantato per la prima volta da questo paesaggio, in Vallese, sopra Brig, il tredici agosto 1861. Sedici estati le passa all’hotel Belalp, qui dal 1856 e oggi rimodernato del tutto, tranne la Tyndall-Zimmer. Occupata, peccato. Eppure nessun rimpianto, non ho prenotato per viaggiare più leggero, libero d’improvvisare. Rimane un’ultima camera singola dove salgo a lasciare lo zaino e cambiarmi al volo. Decido di colpo di andarci su a corsa al Tyndalldenkmal, indicato sul cartello con quaranta minuti e inaugurato, al tramonto, il ventisette agosto 1911. Prima però accarezzo le capre, protagoniste assolute del luogo e viziate già da due bimbe. Caprette bianche, sdraiate beate con gli occhi socchiusi da stoni, dietro l’albergo, proprio sopra l’attrazione maggiore: quel che resta del ghiacciaio dell’Aletsch. Saltellando su per il sentiero incontro presto la strana villa costruita nel 1877 per Tyndall dove trascorre, assieme alla moglie Louisa Charlotte – causa della sua morte per l’errore di dosaggio di un farmaco – le altre sedici estati
della sua vita. Alla morte della moglie, novantacinquenne, nel 1940, la cui frequentazione estiva della villa con tot finestre goticizzanti è stata assidua fino all’ultimo, il nipote, Sir Richard George Proby, la riceve in eredità e nel 1964 la vende a un farmacista basilese. Spesso inutilizzata, pare, la porta però ora è spalancata. Qualcuno è in casa ma non c’è altra traccia umana intorno a questa villa battezzata a suo tempo Villa Lüsgen, come di preciso si chiama questo pezzettino di Belalp. Ribattezzata Villa Tyndall, ha il pregio di non avere recinto né giardino ma è lì selvatica come una baita tra i prati. Il profumo d’erba d’altura si fa più persistente e definitivo con il sudore, man mano che lo sforzo avanza. La fatica acuisce i sensi, facendo brillare di più i colori dell’arnica, campanula barbata, trifoglio pratense, e altri fiorellini pelosi di montagna dei quali mi sfugge il nome. Dopo diciassette minuti, avvisto lassù, come una marmotta sull’attenti, il megalite sottile in onore di Tyndall voluto dalla moglie, forse, per placare i sensi di colpa. Nuvole nel cielo azzurro,
la società connessa di natascha Fioretti salute mentale, social network e amici animali Salute mentale questa sconosciuta tanto sospirata in tempi di pandemia. Se ne è parlato molto nelle ultime settimane in ambito sportivo grazie a Simone Biles, pluricampionessa di ginnastica artistica, ritiratasi dalla gara a squadre dei Giochi olimpici per concentrarsi sul suo benessere mentale. Peccato che la stessa libertà di scelta non spetti anche agli animali. Mi riferisco in particolare ai cavalli visto che alcuni in questa edizione olimpica se la sono vista brutta. Jet Set, il cavallo della squadra elvetica, è stato abbattuto a causa di un grave infortunio nella gara di cross country. Alejandro, il cavallo dell’irlandese Sweetnam, nella gara di qualifica a squadre si è trascinato a fatica su più di un ostacolo finché è caduto in pieno su un oxer sbalzando di sella il suo cavaliere. Chissà se altrimenti Sweetnam si sarebbe fermato. Saint Boy nella gara di salto di Pentathlon moderno ha dato forfait.
Prima, saltando di rimessa l’ostacolo numero cinque, ha preso in pieno una barriera sulle gambe poi, sull’ostacolo successivo, si è piantato e non ha più voluto saperne di saltare. Come si dice in gergo è andato in difesa. E se la tedesca Annika Schleu ha visto sfumare l’occasione di una vita, la sua allenatrice Kim Raisner è stata squalificata dai Giochi per aver colpito il cavallo con un pugno gridando ripetutamente «Colpiscilo!». Nel bene e nel male, il destino degli animali da competizione è nelle nostre mani e se noi, pensando a Simone Biles, possiamo salvarci, per loro la questione è diversa. Di certo non possono andare su Instagram o TikTok e trovare i consigli del giorno come fanno i Millennials, definiti dal «New York Times» e dal «Wall Street Journal» la Therapy Generation. Stando ad uno studio del Center for Collegiate Mental Health della Penn State University, dal
2011 al 2016 il numero di studenti di college e università che si sono rivolti a degli specialisti ha subito un’impennata vertiginosa. Il report della Blue Cross Blue Shield Association ci dice che tra il 2013 e il 2016 le diagnosi di depressione nei giovani tra i 18 e i 34 anni è aumentata del 47%. Sempre più giovani cercano aiuto e in primis sui social cambiando di fatto la relazione tra terapista e paziente. Provate a digitare in Google «instagram therapists» e uscirà una lunga lista degli account più seguiti a partire da quello della Dr. Nicole LePera con oltre quattro milioni di follower che promette di guarire e aiutarci a creare una nuova versione più consapevole di noi stessi. La prima psicoterapeuta a sbarcare su Instagram nel 2017 è stata Lisa A. Olivera che sottolinea il merito dei social network: raggiungere chi non può permettersi le cure per la propria salute mentale.
Balcone, Tramonto, Aperitivo Senza alcol 17.8 – 23.8.2021
22% 6.95
invece di 9.00
Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
Crodino Aperitivo analcolico, con apribottiglie 10 × 10 cl
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
13
ambiente e benessere contro il gas serra Il mondo automobilistico spinge sull’acceleratore dell’elettrico alla portata di tutti
reportage dalla Gorgona L’ultima isola colonia agricola carceraria d’Europa, dove i telefoni cellulari sono banditi pagina 15
Il regno del sangiovese La maggior parte del vigneto romagnolo è composta dal noto vitigno italico a bacca nera pagina 16
pagina 14
cicloturismo nelle alpi Opportunità ed esigenze per un cicloturismo sostenibile al centro di una conferenza
pagina 18
cuore matto
medicina Al Cardiocentro un ambulatorio
per seguire da remoto le variazioni del ritmo del battito che possono portare all’arresto cardiaco, come quello occorso al sindaco di Lugano Marco Borradori
Maria Grazia Buletti «Quella mattina mi sono svegliata come sempre e ho fatto colazione. La baby-sitter di mio figlio di un anno e mezzo si era fermata a dormire da noi dato che il mio compagno era fuori: mi sarebbe stata d’aiuto perché io avevo una mano infortunata. Subito dopo colazione, so di averle detto che andavo al piano di sopra. Da quel momento in poi non ricordo più nulla se non attraverso il racconto di altri, malgrado siano passati tre anni». È la testimonianza di C. (nome noto alla redazione), e dei momenti in cui la sua vita è cambiata così come quella di suo figlio e dei suoi famigliari. La baby-sitter l’ha vista cadere esanime per terra: «Malgrado lo spavento è riuscita a telefonare al mio compagno che ha allertato l’ambulanza. Non aveva seguito nessun corso di pronto soccorso e solo all’arrivo dei soccorritori mi hanno defibrillato tre o quattro volte finché ho ripreso a respirare. Poi, sono stata portata al Cardiocentro e mi sono svegliata in camera dove ho trovato tante fotografie di mio figlio Leonardo del quale pure non ricordavo nulla. Non sapevo dove fossi, non capivo il perché di tutte quelle foto, non riuscivo a percepire quanto tempo fosse passato dalla mia colazione…». C. è una signora di circa trent’anni, sana, che improvvisamente ha subito un arresto cardiaco. Scopriamo che l’arresto cardiaco non è sempre causato da infarto del miocardio: nel caso di questa paziente, infatti, a causare l’arresto cardiaco è stata una fibrillazione ventricolare idiopatica. È stata molto fortunata perché qualcuno era presente e ha chiamato tempestivamente i soccorsi. Il resto è storia che, grazie al pronto intervento dei soccorritori e alle cure al Cardiocentro, è lei stessa a raccontarci, anche se per sentito dire dato che di quella mattina non ricorda nulla: né dell’arrivo al Cardiocentro né tantomeno delle settimane seguenti. A colpirla è stato «uno dei disturbi del ritmo cardiaco: il più grave in assoluto, del tutto imponderabile e per il quale si muore se non trattato immediatamente». A parlare è il professor Angelo Auricchio, vice primario di cardiologia al Cardiocentro EOC, nonché direttore del servizio di
aritmologia, e già presidente della Società europea di aritmologia. Può succedere a chiunque e a qualsiasi età: «La fibrillazione ventricolare può colpire il neonato in culla come pure il bambino e in questi casi potrebbe derivare da una famigliarità. Ma talvolta, come ad esempio per la signora, non si trova un legame genetico e può verificarsi per tutte le fasce d’età (meno frequente nei giovani e molto più plausibile dopo i 50 anni) come conseguenza di un infarto cardiaco (ostruzione di un’arteria e il cuore va in fibrillazione)». Per tutte le persone coinvolte è un evento traumatico che perdura nel tempo, per il quale la tempestività dei soccorsi e della defibrillazione sono vitali, spiega il cardiologo: «Da 15 anni in Ticino opera la Fondazione Ticino cuore attiva nell’insegnamento del massaggio cardiaco fin dalle scuole medie, che recluta pure persone non sanitarie ma disposte ad attivarsi quando viene segnalato un attacco cardiaco». Sono i First responder che spesso fanno la differenza della prognosi proprio per la tempestiva presa a carico del paziente. Ad ogni modo, la signora C. è stata fortunata ed è giunta al Cardiocentro dove è stato seguito un preciso protocollo: «Nell’immediato indaghiamo le cause: un’angiografia cardiaca ci permette di valutare le coronarie e stabilire i relativi eventuali interventi terapeutici. Poi, pensiamo a proteggere il cervello: la persona è in sedazione e abbassiamo la sua temperatura corporea, perché la condizione di ipotermia protegge tutti gli organi interni e permette loro di riprendersi: più un corpo è freddo e meno ossigeno consuma, dunque anche il cervello avrà tempo per recuperare». Quando questo tipo di eventi così gravi accadono a persone giovani come la paziente in questione, la ricerca di una causa diventa spasmodica, a partire dai test genetici che non sempre danno esito positivo: «Che cosa è successo? E perché? Spesso non riusciamo a individuare una causa e allora parliamo di fibrillazione ventricolare idiopatica (ndr: causa sconosciuta) come per la signora il cui cuore era assolutamente sano ma è improvvisamente impazzito senza che potessimo risalire a una causa». Un tipo di disturbo che, spiega lo specialista, capita nei giovani («E non
Il professor Angelo Auricchio, vice primario di cardiologia al Cardiocentro EOC. (Stefano Spinelli)
solo, ma ad esempio pure in chi fa uso o abuso di sostanze come marijuana o cocaina»). Alla paziente è stato impiantato un defibrillatore sottocutaneo che monitorizza la situazione in tempo reale. Il professore conferma la delicatezza della fase di risveglio: «La paziente era a casa sua e poi si ritrova in una stanza d’ospedale senza ricordare nulla di quanto è capitato nel frattempo: un’amnesia retrograda dell’evento che spesso il cervello usa come strategia di protezione». All’anamnesi e alla cura, seguono riabilitazione e convalescenza: preludio del rientro a domicilio dove, racconta la testimone, la vita cambia: «Se non altro per la consapevolezza di quanto successo, nel mio caso acquisita attraverso il racconto degli altri». A livello terapeutico, è molto interessante quel «poi» che segue la fase
acuta di ospedalizzazione, perché al Cardiocentro questi pazienti possono fare capo all’Ambulatorio di aritmologia che assicura una presa a carico «oltre l’ospedale», nel quotidiano: «Parliamo di controlli da remoto e di telemedicina con i dati del paziente rilevati in tempo reale, a segnalare sui nostri monitor ogni eventuale anomalia o evento in corso». Uno sviluppo tecnologico rilevante: «Non basta il defibrillatore sottocute che conta i battiti della signora, ma ci interessano eventuali avvisaglie di cambiamenti». Per intenderci, il defibrillatore raccoglie una serie di informazioni sulla fisiologia cardiaca e le immagazzina all’interno del sistema: «Ai controlli medici esso viene decodificato e mostra il tracciato del vissuto cardiaco». Ma la tecnologia permette di sfruttare il monitoraggio da remoto in modo
molto semplice: «È come un cellulare a domicilio che legge il defibrillatore della persona ogni volta che è nei paraggi dell’apparecchio; così noi riceviamo tutte le informazioni più o meno in diretta. Il paziente è coinvolto: vive con la consapevolezza di essere sorvegliato nella sua malattia e non si sente abbandonato a se stesso con la costante paura che possa succedergli di nuovo qualcosa». Qualora questo tracciato mostrasse qualche anomalia, il paziente verrebbe subito convocato e la terapia adeguata al caso: «Un risparmio per il sistema sanitario, per il paziente (costantemente controllato senza doversi recare in ospedale) e per la sua serenità». La signora C. conferma: «Non bisogna lasciarsi andare, malgrado le difficoltà: io sono rientrata al lavoro e questo monitoraggio mi lascia molto più serena».
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
14
ambiente e benessere
In arrivo le auto del futuro motori Q4 e-tron e Q4 Sportback e-tron, le ultime elettriche di casa Audi
Mario Alberto Cucchi La Commissione europea ha pubblicato il pacchetto «Fit for 55» il cui scopo è ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55 per cento entro il 2030. Come? Intervenendo sulle politiche in materia di clima, energia, uso del suolo, trasporti e fiscalità. Tra le iniziative presenti nel piano c’è anche il divieto di vendita di auto dotate di motori alimentati a benzina e a gasolio che entrerà però in vigore cinque anni dopo ovvero dalla fine del 2035.
Tetto spiovente e coda alta a differenziare le linee delle due: Suv e Sportback Contestualmente, la Commissione ha stabilito che entro il 2025 gli Stati membri dovranno installare punti di ricarica per i veicoli elettrici a non più di 60 chilometri di distanza l’uno dall’altro sulle strade principali. Bruxelles prevede che nel 2030 ci saranno 3,5 milioni di stazioni di ricarica dedicate ad auto e furgoni elettrici (che saliranno a 16,3 milioni nel 2050). Ecco allora che assume ancora più importanza l’arrivo delle ultime elettriche di Casa Audi: Q4 e-tron e Q4 Sportback e-tron. Due vetture basate sulla piattaforma Meb del Gruppo Volkswagen già impiegata dalle «cugine» Volkswagen ID.3 e ID.4 e dalla suv Skoda Enyaq IV. Q4 è la prima suv elet-
La nuova Audi Q4 45 e-tron.
trica di medie dimensioni della casa dei quattro anelli: misura 459 cm in lunghezza, 186 in larghezza e 161 in altezza, con un passo di 276 cm e quindi va a inserirsi in un segmento di più ampia diffusione rispetto a quelli delle e-tron ed e-tron GT. Suv e Sportback si differenziano per le linee che sulla seconda sono più slanciate per effetto del tetto spiovente e della coda alta. Ne guadagna anche il coefficiente di resistenza aerodinamica, che è pari a 0,26 (0,28 per la Q4 etron). Oggi si può scegliere tra quattro versioni: Q4 35 e-tron, Q4 40 e-tron,
Q4 45 e-tron e Q4 50 e-tron. La Q4 35 e-tron ha una batteria da 55 kWh (52 netti), 170 CV, 310 Nm di coppia e autonomia di 341 km (349 la Sportback). La 40 e-tron ha batteria da 82 kWh (77 kWh netti), 204 CV, 310 Nm di coppia e autonomia di 520 km (532 la Sportback). La top di gamma Q4 50 e-tron ha un accumulatore da 82 kWh (77 kWh netti), 299 CV, 460 Nm di coppia e 488 km di autonomia (497 per la e-tron Sportback). E le prestazioni? La più veloce è la Q4 50 e-tron che tocca i 100 km/h in 6,2 secondi e raggiunge una velocità massi-
ma autolimitata di 180 chilometri orari che scendono a 160 km/h sulle due versioni meno potenti. La ricarica avviene sia in corrente alternata (AC), sia continua (DC), con potenze rispettivamente, sino a 7,2 kW (AC) e sino a 100 kW nel caso della 35 e-tron con batteria da 55 kWh, arrivando a 125 kW per le varianti con batteria da 82 kWh. Secondo la casa in 10 minuti è possibile ripristinare energia a sufficienza per percorrere 130 km. L’autonomia può essere infine ottimizzata installando sulla vettura la pompa di calore opzionale. A bordo tanta tecno-
logia. Dagli aiuti alla guida di secondo livello alla gestione di tutti i servizi tramite sistema multimediale MMI touch con lo schermo di 10,1 pollici alla strumentazione digitale Audi Virtual Cockpit visibile su un pannello lcd di 10,25” di diagonale. Tra le chicche, l’inedito head-up display con realtà aumentata che copre un’area virtuale di 70” e consente quindi di integrare nel campo visivo del guidatore preziose informazioni sulla guida e sul percorso. Insomma, per sapere come saranno le auto del futuro basta guardare Audi Q 4 e-tron. Annuncio pubblicitario
elmex® – Non c’è di meglio per i vostri denti 16. 8 – 23. 8. 2021
6-12 anni Dal 1° de ntino a 6 anni
20% Partner ufficiale:
SZPI MDS OPD
Stiftung für Schulzahnpflege-Instruktorinnen Fondation pour les Monitrices Dentaires Scolaires Fondazione per le Operatrici di Prevenzione Dentaria
2.85
invece di 3.60
Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
20% Dentifricio elmex® BIMBI fino a 6 anni, 75 ml
2.85
invece di 3.60
Dentifricio elmex® JUNIOR fino a 12 anni, 75 ml
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
15
ambiente e benessere
la Gorgona dei selfie proibiti reportage L’ultima isola carcere d’Europa condivide una secolare storia agricola con la «gemella» Pianosa
Matilde Fontana, testo e foto Una meta esclusiva, un’esperienza estrema. È la Gorgona, l’ultima isola colonia agricola carceraria d‘Europa, dove i telefoni cellulari sono banditi. Una giornata di astinenza da social che mette duramente alla prova i selfie-maniaci. Persino più dell’onda lunga contraria che disturba gli stomaci nell’ora e mezza di traversata da Livorno alla più antica e settentrionale delle sette isole che compongono l’Arcipelago toscano. I patti sono chiari, Gorgona non è un’isola qualunque e l’Amministrazione penitenziaria detta le regole: controllo preventivo dell’identità, autocertificazione sul casellario giudiziale (oltre che sul Covid, naturalmente), e soprattutto nessun dispositivo elettronico. Il veto è noto, eppure il momento del distacco dalla nostra onnipresente protesi comunicativa è un sorprendente strappo alle abitudini turistiche cementate: niente selfie, niente fotografie. Chiara, la guida ambientale cui è affidato il marcamento stretto del gruppo di escursionisti, rassicura i più riottosi: «La Gorgona la si fotografa con gli occhi e la si stampa nella memoria, è un’esperienza multisensoriale da assaporare senza distrazioni elettroniche». C’è chi insiste, il telelavoro, l’appuntamento telefonico, il messaggio importante… nessuna eccezione: i cellulari spenti riposeranno chiusi nella cabina del comandante fino a sera. A spegnere le ultime rimostranze telefoniche sono forse le due jeep della Polizia penitenziaria accorse ad accogliere nel porticciolo la piccola motonave La Superba (l’unica cui è concesso attraccare al molo dell’isola carcere il sabato, la domenica e il lunedì). Prendono a bordo l’una i tecnici della Telecom diretti alle antenne e l’altra i funzionari della Soprintendenza ai beni culturali diretti con i loro caschetti agli scavi archeologici dell’horreum di una villa romana e alle rovine della Rocca Pisana, incredibile exploit architettonico a strapiombo sul mare, sopravvissuto a mille anni di intemperie e di incursioni piratesche (forse prossimo al restauro). Sulla microscopica spiaggetta sassosa, un paio di ombrelloni e pochi bagnanti: possono essere solo residenti (tre anziani abitano l’isola tutto l’anno), loro ospiti o guardie carcerarie fuori turno. Ai gitanti non è permesso fare il bagno perché la spiaggia non offre la sicurezza di un bagnino. Il paesino è una manciata di case arroccate tra la spiaggia e la Torre Nuova, imponente edificio a contrafforti rimaneggiato in epoca medicea su un precedente fortilizio, oggi sede della Direzione del carcere. A metà strada tra la spiaggia e la Torre un casone con una grande terrazza è il centro sociale dell’isola: bar, sala giochi, sala conferenze e spaccio dei prodotti della colonia carceraria agricola: frutta, verdura, uova e olio d’oliva. Le strutture che ospitano una set-
Tutte le fotografie qui riprodotte sono state scattate a Pianosa. Quelle della Gorgona sono conservate solo nella memoria (fisica) dei visitatori. Su www.azione.ch si trova una più ampia galleria fotografica.
tantina di carcerati (nessuna donna) sono un po’ discoste: sopra la gialla, chiusa dietro il cancello, le reti e le sbarre alle finestre, dove i prigionieriagricoltori devono rientrare al termine di ogni turno di lavoro. Sotto la grigia, con gli alloggi destinati a chi usufruisce della forma isolana di semi-libertà. Salutano da lontano, ma ogni contatto ravvicinato è proibito, anche nei vigneti o nelle stalle. Gorgona è uno scoglio verde in mezzo al mare, che si erge per 255 metri tra Livorno e la Corsica. Il perimetro di cinque chilometri offre un unico approdo e l’unica strada, in gran parte sterrata, conduce a poggi di maestosa solitudine marina passando per la frescura offerta da una rigogliosa vegetazione composta da pinete e leccete, che si alternano alla macchia mediterranea e ai terrazzi coltivati a ulivi e a vigna. Le urla dei gabbiani, che imbiancano con il loro guano le rocce a strapiombo sul Mar Ligure, sovrastano il sottofondo delle onde e del vento. Il resto è silenzio. In questo paradiso di biodiversità i profumi sono più intensi. Il rosmarino è ovunque, per la gioia operosa delle api, che producono un miele aromatico e chiarissimo, purtroppo non ancora commercializzato allo spaccio. Commercializzato è invece (non allo spaccio ma nelle enoteche di tutto il mondo) il Gorgona bianco prodotto dalla prestigiosa cantina Frescobaldi con il Vermentino e l’Ansonica dei due ettari di vigneto impiantato sull’iso-
la e coltivato dai detenuti. Un vino da 80-90 franchi la bottiglia, frutto della collaborazione tra i marchesi fiorentini e l’Istituto di Pena avviata nel 2012: un progetto finalizzato al reinserimento professionale e sociale dei reclusi che hanno chiesto di scontare l’ultimo terzo della loro pena lavorando alla Gorgona. La colonia penale agricola della Gorgona, istituita nel 1869, è oggi l’unica sopravvissuta di un sistema detentivo che comprendeva anche altre isole dell’arcipelago toscano, persino Montecristo per un breve remoto periodo, ma soprattutto Capraia e Pianosa fino alla fine del Novecento. Capraia, raggiungibile da Livorno in tre ore con il traghetto della Toremar, ha saputo fare di isolamento carcerario virtù, puntando sul turismo lento e l’agricoltura, favorita dagli affitti «promozionali» delle terre e delle strutture demaniali dismesse dall’amministrazione penitenziaria già nel 1986. Pianosa, prossima all’Elba, è la «terra di mezzo», non ancora Capraia ma non più Gorgona. È lei la capostipite delle colonie agricole carcerarie dell’arcipelago: era già un progetto di Napoleone nel 1814, poi attuato dal Granducato di Toscana nel 1856, ereditato dal Regno d’Italia nel 1861 e abbandonato nel 1998. Arrivando con la piccola motonave da Portoferraio o da Marina di Campo, il muro di cemento armato con le sue spettrali torrette abbandonate dalle sentinelle separa ancora la lunga
spiaggia caraibica di Cala Giovanna (l’unica aperta ai bagnanti) dalla colonia agricola che dagli anni Settanta del Novecento divenne carcere di massima sicurezza, residenza coatta inflitta agli autori dei peggiori delitti degli anni di piombo e delle stragi di mafia. Non a caso la via del molo è intitolata a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. E gli altri viottoli che percorrono il piccolo villaggio abbandonato alla fine dello scorso Millennio portano i nomi di martiri della mafia come Peppino e Felicia Impastato, Don Pino Puglisi, Carlo Alberto Dalla Chiesa… Il villaggio fantasma e la spiaggia di Cala Giovanna, uniche aree accessibile liberamente a bagnanti e visitatori (a numero chiuso!), occupa appena un centesimo della superficie dell’isola. Al di là dell’incombente muro di cinta, dove si apre il mondo agricolo delle cosiddette diramazioni (le varie fattorie che costituivano la colonia agricola carceraria), si accede solo a piccoli gruppi in carrozza o in bicicletta, sotto la sorveglianza delle guide del Parco. Di qua dal muro, in paese, le grandi botti della cantina affrescata, l’insegna sbiadita del macello, della farmacia, dell’ufficio telegrafico, delle scuole, le palazzine cadenti dei secondini e dalle loro famiglie, l’appena riconoscibile campetto di calcio, sono testimoni della vita che ha pulsato per decenni in una micro-comunità pressoché autosufficiente. Una straordinaria quotidianità che oggi gli anziani ex abitanti, riuniti
nell’Associazione Pianosa, sono tornati a narrare in prima persona con un’interessante mostra fotografica ospitata nei locali dell’ex ufficio postale restaurato. Qualcosa si muove nella terra di mezzo carceraria di Pianosa: è tutto un work in progress orchestrato dal Parco dell’Arcipelago Toscano, le cui guide conducono i visitatori alla scoperta delle più antiche attrazioni custodite dal villaggio stratificato: la darsena dell’imperatore Augusto, gli scavi della villa romana di Agrippa, le catacombe, il napoleonico Forte Teglia. Lo scorso maggio è stato inaugurato il piccolo Museo di scienze geologiche e archeologiche dell’isola ed è ormai quasi ultimata la ristrutturazione della ex casa dell’agronomo, che diverrà l’Ecomuseo del Parco. A differenza di Gorgona, dove, per ovvii motivi, la realizzazione di una foresteria resta ancora solo un’idea lontana, a Pianosa si può soggiornare nell’unica struttura ricettiva, l’albergo Milena (undici camere), frutto del recupero della ex casa del direttore del carcere. La mensa degli agenti di custodia è divenuta il bar ristorante da Brunello, dove si gustano i prodotti dell’isola coltivati e cucinati dai detenuti a fine pena del Carcere di Porto Azzurro, sulla vicina Isola d’Elba, protagonisti di un apprezzato progetto (limitato alla stagione turistica) di reinserimento professionale e sociale. La secolare chiusura carceraria ha permesso alle tre isole di scampare alle insidie della speculazione edilizia e del turismo di massa, consegnando al Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, sito UNESCO come riserva della Biosfera, la straordinaria eredità di una natura incontaminata e di una eccezionale storia agricola, che gli amministratori sono chiamati a valorizzare. Una valorizzazione che è stata premiata la scorsa primavera con l’inserimento del Parco nella prestigiosa Green List dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura: il massimo organismo mondiale per i parchi e le riserve naturali. Informazioni
toscanaminicrociere.it islepark.it associazionepianosa.it iucn.org
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
16
ambiente e benessere
andar per vini in romagna
scelto per voi
bacco giramondo Dalla Strada del Sangiovese ai balconi vitati di Rimini – 2a parte
Davide Comoli Le differenze viticole più significative che si possono rilevare tra l’Emilia e la Romagna sono date da una diversa base ampelografica e dal fatto che nella prima prevalgono vini vivaci e frizzanti, mentre nella seconda, vini fermi. La Romagna è il regno del Sangiovese, ed è proprio a questo vitigno – di cui è composta la maggior parte del vigneto romagnolo – che la regione deve le sue maggiori glorie, anche se l’unica DOCG è quella dell’Albana di Romagna ricevuta nel lontano 1987. L’indiscusso portabandiera di questa regione, e anche il più conosciuto, è soprattutto il suo «passito». Anche in questa zona l’influsso etrusco fu determinante per l’evoluzione della vitivinicoltura, ma pure i Greci ebbero una parte importante nell’impianto del vigneto romagnolo. Più precisamente gli Etruschi, stando a quanto asserisce lo scrittore latino Varrone (116 a.C.-27 a.C.), bonificarono i vastissimi acquitrini di Adria e di Spina, dove sorsero Argenta e Ferrara, ed edificarono i luoghi dove sorsero Faenza, Imola e Forlì (la Forum Livii romana). Ribattezzati in seguito dai romani per indicare il loro radicato dominio sul territorio con il nome che ancora oggi conserva. Lo storico Strabone (63 a.C.-20 d.C.), già si sorprendeva nel trovare in una terra così paludosa «una singolarità meravigliosa» (forse come vedremo il vino prodotto dall’Albana) e il poeta
La vigna di Sangiovese. (Francesco Sgroi)
Marziale (40-104 d.C.) si stupiva che da quelle parti gli venisse servito vino puro. Nel 402 d.C. – con il trasferimento della capitale dell’Impero Romano d’Occidente a Ravenna – iniziò in quella zona un’eccezionale fioritura artistica che, oltre ai marmi pregiati, portò il vitigno Refosco Terrano, conosciuto in Romagna come Cagnina. Anche Dante Alighieri, in un passo del Purgatorio, fa riferimento al buon vino di Forlì, e nei secoli che seguirono la viticoltura continuò a prosperare, tanto che, nella sua opera De Naturali Vinorum Historia, Andrea Bacci nel 1596 descrisse i vini Sangiovese e Albana. Nel 1906, vicino a Cesena la fillossera distrusse il 90% degli impianti vinicoli, che si ripresero con grande fatica. Suddivisa in parti eguali tra pianura e collina, la Romagna presenta un territorio differenziato. Nella zona di pianura a prevalere sono i terreni alluvionali, formati dal fiume Po e dai suoi innumerevoli affluenti; sono ricchi di limo e argilla, e sono abbastanza fertili. In collina troviamo invece terreni ricchi di argilla e calcare che permettono soprattutto al Sangiovese di esprimersi al meglio, dando origine a vini profumati e ricchi di struttura, in grado di invecchiare a lungo. Con i suoi 2400 ettari vitati, la viticoltura ha un’importante valenza economica sulla regione. Iniziamo il nostro viaggio laddove l’Appenino comincia a farsi selvaggio, percorrendo la cosiddetta «Strada del Sangiovese», di certo uno dei luoghi più amati dagli appassionati del buon
vino, visto che da questo vitigno si ottengono grandi prodotti dell’enologia riconosciuti a livello mondiale. Il nostro percorso si snoderà tra enologia, gastronomia, ma anche arte, storia e cultura, partendo dalla collina faentina e percorrendo la pianura sino al mare. Da Imola risaliamo le colline: oltre che al Sangiovese, vengono allevate viti di Ciliegiolo, Ancellotta, Merlot, tra i vitigni a bacca rossa, da dove si ottengono vini dagli intensi profumi di viole e frutti rossi, dai tannini eleganti, da bere dopo una breve evoluzione e da gustare con «l’anatra alla romagnola», cucinata con pancetta, aromi e vino. Inoltre, le argille rosse ricche di calcare consentono di ottenere vini molto profumati: da provare un bianco di Pignoletto frizzante, ottimo per una sosta golosa in un caldo pomeriggio con «salumeria» locale non troppo piccante. Toccando il suggestivo borgo Medievale di Brisighella, abbiamo gustato, su crostoni di pane casereccio, l’aromatico e insuperabile olio di oliva extra vergine, prodotto in loco. Non troppo distante qualcuno ci ha indicato il villaggio Riolo Terme, stretto attorno a un’antica rocca, dove a cena ci vengono servite «pernici saltate con tartufo nero e scalogno» (Riolo è la patria di questa pianta erbacea); il matrimonio di questa portata con un rosso Riserva di Sangiovese/Merlot, è rimasto indelebile nella nostra mente. La vera regina di questa terra è Faenza, centro rinascimentale e celebre nel mondo per le sue ceramiche. Qui abbiamo scoperto l’antica relazione tra ceramica e vino, sì, perché secondo la mitologia greca, l’Arte della ceramica fu inventata da Keramos, figlio pensate un po’ di Dioniso e Arianna. Raggiunto il piano s’incontrano luoghi dove un’agricoltura fiorente convive in modo armonico con le tradizioni rurali, e attraversiamo dunque Lugo e Bagnacavallo prima di raggiungere la splendida Ravenna. Tra colline tondeggianti ammantate di viti, c’immergiamo nella Romagna più autentica, terra sanguigna e appassionata, e qui – scusateci – tornano alla mente i versi appresi studiando le poesie di Giovanni Pascoli che parlano di un brigante romantico «Passator cortese, re delle strade, re delle foreste». Attraversiamo Forlì e
saliamo verso Predappio, passando prima da Forlimpopoli a visitare il Museo dedicato a Pellegrino Artusi, dove con un piatto di «passatelli fatti con parmigiano reggiano, pane grattugiato e uova» cotti in brodo di carne, gustiamo un gradevole Pagadebit, qui chiamato Mostosa, vitigno bianco diffuso in collina, con delicate note erbacee. È un vitigno che consente di fare vino anche in annate difficili ed è particolarmente resistente alle varie malattie della vite. Da ciò il suo nome, che sta a significare come i contadini riuscissero in parte a «pagare i debiti» ai proprietari dei terreni con quel vino, che permetteva loro di tirare a campare anche in caso di vendemmia cattiva o scarsa. Qui siamo nella patria della «Piadina». È una campagna ricca quella dell’entroterra della provincia di Forlì e Cesena, ed è appunto prima di arrivare a Cesena (antico feudo dei Malatesta), che ci concediamo una pausa in quella che è considerata una delle capitali dell’ospitalità, stiamo parlando di Bertinoro. La bontà del vino Albana, uno degli emblemi della collina romagnola, è legata a una leggenda. Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio (400 d.C. ca.), in queste zone ricevette una generosa ospitalità e le fu offerto vino servito in una coppa di terracotta, un nettare che trovò tanto soave da esclamare (sembra): «Non servito così umilmente ti si dovrebbe bere, bensì berti in oro!». Fu così che alla corte di Ravenna si cominciò a bere l’Albana. L’Albana dà vini molto profumati, di miele, albicocche, note speziate e intense; e può dare vini dolci o secchi, ma è soprattutto il famoso Albana Passito che esprime al massimo le sue potenzialità. Lo abbiamo provato con il saporitissimo «formaggio di fossa» della non troppo distante Sogliano al Rubicone e, credeteci, è una vera delizia. Il nostro viaggio giunge a termine nei pressi di Rimini, tra i vigneti che sembrano balconi sul mare: qui abbiamo concluso la serata con un vino bianco di uve Pignoletto. Leonardo da Vinci, che per conto di Cesare Borgia visitò le rocche romagnole, lasciò scritto: «Et però credo che molta felicità sia agli homini che nascono dove si trovano i vini buoni». Come dargli torto?
Pigato – terre di luna
Estesa lungo tutta la Riviera di Ponente, la coltivazione del Pigato ha in Liguria il suo centro più importante nella zona compresa sulle colline dell’immediato entroterra della provincia di Savona, nella piana di Albenga e nella valle dell’Arroscia. Il Terre di Luna che oggi vi consigliamo è vinificato dalla Cantina Bosoni, in acciaio: le uve maturano a un’altezza di circa 300 metri slm con esposizione a sud, una prerogativa necessaria per mantenere un giusto rapporto di zuccheri; questa esposizione permette alla vite di essere in continuazione baciata dal sole. Il Pigato si apre con toni balsamici e il suo colore è giallo paglierino con leggeri riflessi dorati, l’intenso profumo è legato alla frutta matura e alle erbe aromatiche tipiche della Liguria, la struttura gustativa si basa su note fresche e sapide, supportate da una buona morbidezza e media struttura. La buona persistenza aromatica è lunga e lascia piacevoli note ammandorlate. Vino da servire tra i 10°/12° C e da abbinare alle classiche torte di verdure, agli spiedini di cappesante e calamaretti o gamberoni, ma noi lo preferiamo con le classiche Trofie al pesto o ai quasi introvabili Pansôti con una salsa di noci. / DC Trovate questo vino nei negozi Vinarte al prezzo di Fr. 21.–. Annuncio pubblicitario
Azione
Doniamo il 2% d ei no cont ro il cybe rbu st ri pro fi t ti llismo
17. 8 – 30. 8. 2021
conf. da 2
25%
conf. da 2
25%
conf. da 2
25%
Taft Styling prodotti
Syoss cura dei capelli e styling prodotti
Gliss Kur cura dei capelli prodotti
per es. Creative Wax, 2 x 75 ml, 5.40 invece di 7.20
per es. Volume Shampoo, 2 x 440 ml, 6.75 invece di 9.00
per es. Total Repair 19 balsamo express repair, 2 x 200 ml, 8.70 invece di 11.60
Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
17
ambiente e benessere
Pane, pesce e carne alla siciliana Continua la saga sulla cucina siciliana. Il pane più noto è certamente quello ricoperto di semi di sesamo, ma vanno ricordati anche due pani di semola di grano duro cotti nel forno a legna: il cucciddatu (o piccidatu), a forma di ciambella, e la vastedda (o guastedda), una pagnotta bassa e larga; con quest’ultimo termine nelle varie province siciliane si indicano però anche un formaggio della Valle del Belice e alcune focacce farcite (per esempio con sarde o acciughe e caciocavallo, oppure con salame e formaggio nella tipica vastedda ’nfigghiulata).
Numerose le varianti della pizza, tra queste anche le famose e buone pizzette fritte, un impasto di farina e patate lesse farcito con acciughe e formaggio A Lipari il pane casereccio viene tostato nel forno appena spento e servito a caponata, con pomodori, aglio, origano e basilico. Si può inoltre servire il pane cunsato, cioè condito con olio, origano e pomodoro, oppure farcito con la milza (’ca meusa), tipico «cibo da strada» palermitano. Numerose le varianti della pizza: meritano di essere ricordati per esempio i crispeddi, panini ovali farciti con acciughe e finocchietto e fritti; la pizza rustica, con caciocavallo e salame; le pizzette fritte, un impasto di farina e patate lesse farcito con acciughe e formaggio; lo sfinciuni, guarnito con pomodoro, caciocavallo, acciughe, cipolla, pecorino, pangrattato. Non meno variegati e appetitosi i secondi piatti. Tra le specialità costiere a base di pesce, il tonno svolge un ruolo di primo piano: può essere gustato fritto, arrosto, in padella, lessato e con
la salsa verde, con il ragù, imbottito di salame e mollica, tritato per dare vita a polpettine; con le uova si prepara la bottarga; la ventresca e i filetti sono affumicati, essiccati o conservati sott’olio; esiste addirittura una salsiccia di fegato e interiora di tonno. Altrettanto apprezzato il pesce spada, soprattutto cotto alla griglia e condito con il salmoriglio (emulsione di acqua e olio, in genere con succo di limone e prezzemolo); può anche essere infarinato, fritto, quindi ricoperto da una salsa preparata con cipolle, aglio, alloro, pomodori, capperi e prezzemolo, infine infornato. Tra i prodotti ittici trionfano sarde e alici, conservate anche sotto sale, ma anche frutti di mare e crostacei. I piatti di carne non sono meno ricchi e variegati. Sulle tavole compaiono manzo, capretto, agnello, vitello, maiale. Classico il capretto che viene infornato con odori e servito con le patate, oppure stufato con pomodoro. Molto apprezzato il coniglio in agrodolce. Il pollo può essere stufato con il pomodoro e servito con olive verdi, prezzemolo e basilico, oppure lessato e accompagnato da una salsa preparata con tonno, acciughe, capperi e limone. Le polpette di vitello vengono stufate con il pomodoro o cotte allo spiedo, o ancora fritte dopo che la carne trita è stata mescolata con pecorino, mollica, uova, aglio e prezzemolo. Un piatto famoso è il farsumagru, o braciolone: carne di vitellone, o vitello, farcita con uova sode, caciocavallo, salame, uvetta e pinoli, quindi arrotolata e cotta in umido, a lungo. I siciliani non si privano poi di carni suine, in particolare delle salsicce, servite per esempio con un contorno di fave, carciofi e piselli (mescolanza molto gradita). Da ricordare ancora: la trippa con pomodori, melanzane, caciocavallo, uova e aromi. Alcune carni si possono inoltre condire con la stemperata, un misto di carote lesse, aglio, olive, capperi, sedano e menta, sobbollito in aceto.
csF (come si fa)
F. Ceragioli
Allan Bay
ruthven
Gastronomia Cucciddatu, vastedda ’nfigghiulata, crispeddi, sfinciuni, farsumagru… – Seconda parte
La testina è la testa di vitello, o in alternativa anche quelle di agnello e capretto. È molto usata come parte dei bolliti misti; a tale scopo, viene in genere acquistata già disossata, pulita, arrotolata e legata. Volendo, si può preparare anche in casa: occorre lessarla a lungo in abbondante acqua per consentire lo scioglimento dei tessuti connettivi, abbondanti in questa parte, e disossarla da cotta. Alla fine, può essere ser-
vita fredda, a fette e condita con olio, aceto o limone, sale, pepe, prezzemolo o cipolla, accompagnata da una salsa fredda (tipo salsa verde, tartara, agliata); ma si può anche cuocere e servirla calda. Le testine di agnello e capretto, invece, si trovano solitamente in vendita tagliate in due per il lungo. Prima dell’uso, vanno tenute a bagno, lavate e spazzolate scartando le parti di pelle che presentano tracce di peluria. Così preparate, le testine sono pronte per essere cucinate arrosto o in umido, arricchite da aromi diversi. Esistono varie ricette tradizionali per la preparazione di testine che, come raccomanda Artusi, non sono «da presentarsi a estranei», ma rappresentano per la famiglia un piatto «di poca spesa e gustoso». Attenzione, sono cartilagi-
ni e poca ciccia, non è un piatto pesante e invernale! Vediamo come si fa la testina di vitello (ingredienti per 4 persone). Tenete la testina a bagno in acqua fredda per 1 ora, sbollentatela per 5 minuti e raschiatela bene, per eliminare la peluria. Fate bollire abbondante acqua salata con mezzo bicchiere di aceto. Unite una testina di vitello da 800 g, 1 cipolla intera, un mazzetto di prezzemolo, 1 foglia di alloro, 1 chiodo di garofano, 1 spicchio di aglio, 4 chicchi di pepe nero e fate sobbollire per 1 ora e 30 minuti; infine, scolate la testina e disossatela. Tagliate la carne a pezzi più o meno grossi a piacere e mettetela in un tegame, rosolate il tutto con olio, aglio e prezzemolo, unendo anche qualche cucchiaio di brodo di cottura, quindi regolate di sale e di pepe, e servitela calda.
ballando coi gusti Oggi una frittata salata, molto classica, e un’omelette dolce, meno classica, forse. Ambedue facili da fare e buone.
Frittata di porri e noci
omelette alla confettura di mirtilli
Ingredienti per 4 persone: 8 uova · 4 porri medi · 80 g di gherigli di noce · 1 cucchiaino di rosmarino tritato · 1 spicchio di aglio · 4 cucchiai di latte · 4 cucchiai di grana grattugiato · 20 g di burro · 3 cucchiai di olio · sale e pepe.
Ingredienti per 2 persone: 4 uova · 60 g di zucchero · 200 g di ricotta · 4 cucchiaiate di confettura di mirtilli · 1 cucchiaino di buccia di limone grattugiata · 40 g di burro · zucchero a velo per lo spolvero · 1 pizzico di sale.
Mondate il porro, tagliate la parte verde e riducetelo a rondelle. Tagliate grossolanamente le noci. Soffriggete il porro nell’olio con l’aglio e cuocetelo fino ad ammorbidirlo. Aggiungete 60 g di gherigli, salate, pepate e mescolate. Lasciate cuocere su fuoco dolce per 3 minuti; poi lasciate intiepidire. Nel frattempo, sbattete leggermente le uova in una ciotola, salatele e pepatele. Aggiungete il latte, il grana e infine il prezzemolo, mescolando con una forchetta. Incorporate al composto di uova i porri con le noci e amalgamate. Imburrate una tortiera, versatevi il composto, guarnitelo con i gherigli rimasti. Cuocete in forno a 170° sino a quando la superficie non sarà marroncina, più o meno 15 minuti. Servitela subito.
Anche se è meglio chiamarle delle «quasi» omelette… Sbattete le uova in una ciotola con il sale e metà dello zucchero. Fate scaldare una padella e ungetela con il burro. Versate metà del composto e fate una frittatina, anche girandola, e trasferitela su carta da forno. Fate lo stesso con il resto delle uova. Farcite le omelette con la confettura di mirtilli scaldata, arrotolatele e spolveratele con abbondante zucchero a velo. Servite subito accompagnando con crema alla ricotta, fatta mescolando la ricotta con l’altra metà dello zucchero.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
18
ambiente e benessere
biciclette: mezzo di trasporto e di svago sostenibilità Il tema del cicloturismo al centro della Conferenza «MoVe the Alps» organizzata dalla Svizzera
nel suo periodo quadro di presidenza della Convenzione delle Alpi
Elia Stampanoni Il cicloturismo nella regione alpina è stato il tema della conferenza organizzata lo scorso 22 aprile 2021 nel quadro della presidenza svizzera della Convenzione delle Alpi. Circa 300 partecipanti suddivisi in gruppi di lavoro provenienti da vari paesi europei hanno assistito e contribuito alla giornata svoltasi interamente a distanza, a causa della situazione sanitaria.
Sono stati diversi, infatti, gli ospiti che, in collegamento da differenti nazioni dell’arco alpino, hanno risposto all’invito dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale ARE, il quale ha dedicato la conferenza «MoVe the Alps» ai trasporti e al turismo. «Entrambi hanno un forte impatto climatico ed ecologico sulle Alpi. Le richieste di un loro uso turistico, specialmente in termini di mobilità, stanno crescendo, mentre lo spazio e le capacità ecologiche sono limitate», citava il comunicato stampa. La bicicletta sta d’altronde spopolando, spinta anche dalla pandemia. «Sia nella vita di tutti i giorni sia nel tempo libero o durante le vacanze, la bici è un mezzo di trasporto molto popolare, spesso anche nelle regioni alpine», indica l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale, ricordando che «chi va in vacanza in bicicletta non emette quasi nessun gas a effetto serra, e questo può aiutare la Svizzera e gli Stati alpini limitrofi a raggiungere i propri obiettivi climatici». Ma il successo del cicloturismo o della bici quale mezzo di spostamento comporta anche sfide e adattamenti necessari, per esempio per il trasporto delle bici sui mezzi pubblici o per la creazione di percorsi ciclabili adatti e sicuri. Il cicloturismo e la mobilità sostenibile sono quindi stati al centro dell’incontro, che ha beneficiato del sostegno del Segretariato permanente della Convenzione delle Alpi e dell’Ufficio federale delle strade USTRA. Nel suo discorso introduttivo, Leonore Gewessler, ministra austriaca per la protezione del clima, ha affrontato la questione del trasporto delle biciclette nel traffico transfrontaliero, invitando gli attori del turismo e del ciclismo a cooperare per migliorare le collaborazioni. Nel suo messaggio video, ha evidenziato gli svariati usi in Austria di questo mezzo di trasporto, sia nella vita quotidiana sia nel tempo libero, sottolineandone la crescente promozione. Frank Hofmann, presidente nazionale dell’Allgemeiner Deutscher Fahrrad-Club, che da anni s’impegna per la bicicletta e le sue infrastrutture, ha auspicato un buon coordinamento tra il governo federale e le regioni, secondo lui un requisito fondamentale affinché il cicloturismo possa contribuire a un’inversione di tendenza nel mondo dei trasporti. In Germania la bici gioca un ruolo importante e lo stesso è stato affermato anche da Giuseppe Dimunno, coordinatore di EuroVelo della Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta (FIAB), che ha fatto una sintesi della situazione e degli sviluppi a livello
Ferrovia retica
Tra i progetti anche l’integrazione della rete ciclabile europea nella rete transeuropea dei trasporti (RTE-T)
nazionale. «L’Italia, pur avendo un alto tasso di motorizzazione con 650 persone su mille che possiedono un’auto, è un paese amico delle biciclette, anche se le ciclovie sono ancora carenti. Ma c’è un grande potenziale e qualcosa già si sta muovendo»; tra gli esempi: Bolzano vanta una segnaletica tutta per le biciclette; mentre Ferrara è una città pensata (anche) per le due ruote. Di fresca inaugurazione è poi la ciclovia del Sole che va dall’Alto Adige a Bologna, con 500 km già pronti e con un prolungamento verso sud in progettazione, per non parlare della possibilità di trasportare i velocipedi anche sui treni intercity e non solo sui collegamenti regionali. Ma per Dimunno è importante soprattutto un cambio di mentalità, così come strumenti e fondi per l’applicazione delle leggi che, in Italia, dal 2018,
hanno riconosciuto la bicicletta non più solo come svago, ma come mezzo di trasporto. Una legge che prevede piani generali con un ricco schema di rete ciclabile nazionale. Il direttore di EuroVelo, Ed Lancaster, ha da parte sua presentato il progetto per integrare la rete ciclabile europea nella rete transeuropea dei trasporti (RTE-T) e per ampliare quest’ultima con ulteriori infrastrutture ciclabili. La rete EuroVelo conta oltre 90mila km di ciclovie suddivisi in 17 rotte, di cui alcune transitano anche su suolo elvetico: la via Romea Francigena (no. 5), la via Atlantico-Mar Nero (no. 6), la via del Reno (no. 15) e quella del Rodano (no. 17). I progetti di RTE-T, come indicato dal direttore di EuroVelo, possono rappresentate una grande opportunità per integrare anche le ciclovie all’in-
la Presidenza svizzera della convenzione delle alpi La Convenzione delle Alpi è stata firmata dagli otto Paesi alpini ossia, oltre dalla Svizzera, da Austria, Francia, Germania, Italia, Liechtenstein, Slovenia e Principato di Monaco, così come anche dall’Unione Europea. Portata a compimento a Salisburgo il 7 novembre 1991 ed entrata in vigore nel 1995, la Convenzione è stata il primo trattato internazionale al mondo che considera un’area montana transnazionale nella sua interezza geografica. Essa mira alla protezione e allo sviluppo sostenibile delle Alpi, una zona nel cuore dell’Europa che è l’ambiente naturale, culturale, di vita ed economico per più di 14 milioni di persone e per un elevato numero di ospiti all’anno. La Svizzera ha assunto la presidenza della Convenzione delle Alpi lo scorso 10 dicembre 2020 e nel suo biennio di presidenza vuole impegnarsi a favore
di tre priorità tematiche: il clima, i trasporti in chiave sostenibile e le città alpine. L’obiettivo principale è quello di promuovere la protezione del clima e l’adattamento ai cambiamenti climatici nell’arco alpino. Per contribuire al raggiungimento di questo proposito prevede diversi progetti ed eventi che riuniranno gli attori dello spazio alpino. La conferenza internazionale «MoVe the Alps» è stato il primo incontro, mentre al momento è in corso l’edizione 2021 di YOALIN (www.yoalin.org), un progetto della CIPRA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) dove la mobilità sostenibile in bicicletta, in treno e a piedi giocherà un ruolo centrale. Nel mese di ottobre è prevista invece la sesta edizione di «Constructive Alps» (www.constructivealps.net/it).
terno o in prossimità di reti ferroviarie, stradali, ferroviarie o anche navigabili, portando vantaggi sia al traffico motorizzato, sia a quello ciclabile. La conferenza ha pure approfondito l’opportunità per le aree turistiche di presentarsi come destinazioni ciclistiche e lanciare o rilanciare il settore e lo sviluppo regionale. Un esempio è il prodotto turistico di successo «Bike & Ride» del Canton Grigioni, presentato da Renato Fasciati, direttore della Ferrovia retica (RhB), la quale vi fa parte con «Treno e Bici». Un programma che «permette di combinare treno e bici a piacimento», come indica il sito della RhB. Molti itinerari per bici e mountain bike corrono di infatti paralleli alle rotaie, rendendo possibile ammirare i treni e gli imponenti viadotti. Un contesto che ha attirato sempre più turisti, sia dalla Svizzera sia dall’estero, rendendo la bicicletta un mezzo di trasporto e di svago sempre più rilevante. I fattori che hanno contribuito al successo dell’offerta «Treno e bici» grigionese, come illustrato nell’intervento di Renato Fasciati, sono stati gli itinerari attrattivi, il paesaggio, la tolleranza e la condivisione con gli escursionisti, ma anche le campagne di promozione con personaggi famosi o lo svolgimento di eventi di una certa importanza. I Campionati del Mondo (nel 2018 a Lenzerheide) o altri eventi del genere hanno per esempio diffuso immagini della regione a molti potenziali interessati. Come ha indicato Renato Fasciati, la ferrovia retica ha poi saputo e dovuto reagire in tempi abbastanza rapidi per soddisfare le esigenze dei turisti, per esempio ampliando le possibilità di caricare le bici sui treni o sugli autobus, con vagoni aggiuntivi o modificati, oppure con corse più frequenti: «Su certi treni s’arriva a trasportare contemporaneamente fino a 130 biciclette in un giorno», ha indicato il direttore della Ferrovia Retica, ricordando anche
l’importanza della collaborazione con altre linee di trasporto e altri partner, quali albergatori e operatori turistici che, assieme ad abbonamenti appositi, hanno permesso lo sviluppo del progetto «Treno e bici». Lukas Stadtherr, membro della direzione di SvizzeraMobile, ha da parte sua mostrato gli sviluppi digitali, i quali avranno una forte influenza sul cicloturismo in futuro. SvizzeraMobile ha per esempio sviluppato e reso disponibile sul proprio sito web offerte di itinerari ciclabili e pedonali, con itinerari da scegliere, da creare o da percorrere in bicicletta o in mountain bike, accanto a quelli a piedi, in skating (roller), in canoa, in montagna e invernali (escursioni, ciaspolate, sci di fondo, slittino o scialpinismo). Hugo Götsch, presidente dell’Associazione ciclistica altoatesina, ha chiuso la conferenza presentando in che modo l’Alto Adige si posiziona come destinazione ciclistica, dove si stima che il venti percento dei visitatori utilizzi la bicicletta durante la vacanza, portando a 1’150’000 i giorni in bici degli ospiti ogni anno. Come indicato dall’Ufficio federale dello sviluppo territoriale ARE, «la promozione di trasporti rispettosi del clima (sia il cicloturismo sia la politica di trasferimento del traffico) riveste d’altronde un ruolo centrale per l’ARE in quanto coordinatore generale dei trasporti della Confederazione e coordinatore dell’attuazione della politica di sostenibilità della Svizzera. Con la conferenza «MoVe the Alps», l’ARE ha avviato un dialogo sulla promozione di trasporti rispettosi del clima nel turismo alpino, che continuerà nei prossimi due anni di presidenza della Svizzera in seno alla Convenzione delle Alpi». Informazioni
www.are.admin.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
19
ambiente e benessere
Emozioni in altalena
sport Ai Giochi Olimpici di Tokyo, una Svizzera dai due volti ci ha fatto vibrare, sognare, trepidare
Giancarlo Dionisio Prima settimana: dodici medaglie. Seconda settimana una. Morale: se avessi dovuto stilare un bilancio intermedio per la squadra elvetica, sarei stato costretto a inventare nuovi aggettivi, nuove metafore, per descrivere la valanga di allori. Donne: dieci medaglie. Uomini: tre. Morale: le nostre ragazze hanno trascinato di peso la delegazione elvetica. Non sono in grado di individuarne le ragioni, se non l’accessibilità a un numero crescente di discipline per le atlete, con il conseguente aumento della massa critica. Prendo il dato con soddisfazione. Sono in gran parte medaglie provenienti da settori in cui il «gap» finanziario fra uomini e donne è minimo. L’auspicio è che prendano l’esempio anche gli sport, come calcio e hockey su ghiaccio, in cui il baratro è profondo. Le nostre ragazze sono entrate rapidamente nel mood olimpico. In apertura è giunto il bronzo della tiratrice Nina Christen, capace in seguito di conquistare anche l’oro nella carabina da 50 metri. Sempre nei primi giorni abbiamo gioito per i trionfi storici delle nostre Bikers, che hanno acceso di rossocrociato l’intero podio. L’oro, l’argento e il bronzo di Jolanda Neff, Sina Frei e Linda Indergand ci hanno proiettato nella leggenda e hanno confermato l’eccellenza della nostra scuola, che si è fregiata pure dell’argento di Lukas Flückiger. La sua prestazione ha stemperato la delusione per la mancata presenza sul podio di Nino Schurter, il più grande di tutti i tempi. Il mondo del pedale ci ha regala-
to anche l’argento nella cronometro di Marlen Reusser, trentenne dottoressa in sella da poco più di cinque anni. E il bronzo di Nikita Ducarroz nella BMX Free Style. Come dire che siamo stati abili tanto nella tradizione, quanto nell’innovazione. Da come in Svizzera e in Ticino i Giochi erano seguiti e commentati sui social durante quella folle, pirotecnica prima settimana, pareva che il paese fosse in una sorta di trip psichedelico. Il mondo stava girando come volevamo noi. Belinda Bencic, eterno talento a corrente alternata, ha ritrovato il meglio di sé, giocando moltissimo e divinamente. La tennista sangallese ha conquistato l’oro nel singolo, e ha trascinato Viktorija Golubic all’argento nel doppio. Senza Federer e Wawrinka chi se lo sarebbe aspettato? Dal canto loro, i nuotatori, in una disciplina in cui il più delle volte sono stati chiamati a fungere da comparse, hanno riportato in patria due medaglie di bronzo. Attesa quella del veterano Jérémy Desplanches, sorprendente, quasi insperata quella del 20enne ticinese Noè Ponti. Era da Sydney 2000 – argento nel tiro del malcantonese di adozione Michel Ansermet – che la Svizzera italiana non lasciava il segno in un’edizione estiva dei Giochi. Intenzionato a partire per gli Stati Uniti, alla rincorsa di un’ulteriore crescita, Noè guarda avanti. Immenso, gigantesco, simpaticissimo, straordinario comunicatore nel suo essere semplice e spontaneo, l’esponente della Nuoto Sport Locarno non è stato l’unico eroe della Svizzera italiana. Il quinto posto di Ajla Del Ponte nella finale dei 100 metri,
Giochi
1
2
3
15
5 8
9
10
orIZZoNtalI
6
12
16
17
18
19
20 24
4
7
11 14
21 25
seguita dalla compagna Mujinga Kambundji, condito dal quarto della staffetta 4 x 100, che ha fatto sgorgare lacrime di delusione sul volto della nostra sprinter, ha un peso specifico inimmaginabile. Giovane, prima europea, capace di competere con le atlete-jet afroamericane geneticamente più predisposte a sforzi brevi ed esplosivi, Ajla può guardare a Parigi 2024 con giustificato ottimismo. Così come il 23enne Filippo Colombo. Il suo pur confortante dodicesimo posto nel Cross Country è figlio di un grave incidente occorsogli due mesi prima dei Giochi. Il suo vero valore, già noto agli appassionati della MTB, Filippo lo confermerà presto a Europei
e Mondiali. Che dire poi di Ricky Petrucciani? Alzi la mano chi, un mese fa, aveva sentito parlare di lui. In poco tempo ha conquistato il titolo europeo U23 sui 400 metri piani e il quattordicesimo rango assoluto ai Giochi. Ricky, 21 anni, era il più giovane fra i 24 semifinalisti, ed è stato il terzo miglior europeo. Ambizioni allo Zenith. Non calano neppure quelle di Michele Niggeler. Lo spadista dello Scherma Club Lugano ha subìto lo scotto del debutto nella prova individuale, ma è stato il migliore dei nostri in quella a squadre. A 29 anni ha spazio per fissare nuovi obiettivi prestigiosi. Probabilmente non sarà così per Maria Ugolko-
Vinci una delle 3 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il sudoku
Cruciverba Forse non tutti conoscono questo simpatico animaletto. Scoprirai chi è completando il cruciverba e leggendo le lettere evidenziate. (Frase: 6, 1, 5, 3, 7)
13
La karateka argoviese, Elena Quirici, è stata scelta per la cerimonia di chiusura come portabandiera rossocrociata per il suo spirito combattivo a far da modello per molte donne atlete. (Keystone)
va. La nuotatrice moscovita trapiantata in Ticino, a 32 anni ha disputato con grande dignità le ultime gare olimpiche della sua carriera ricca di soddisfazioni. Il magro bottino della seconda settimana, illuminata «solo» dal bronzo nel Beach Volley di Anouk Vergé-Dépré e Joana Heidrich, credo sia frutto del caso. Il programma olimpico è un «puzzle» così come lo è una Delegazione relativamente piccola e composita come quella elvetica, che, per definizione, non può avere nell’omogeneità la sua arma migliore. In fondo, negli ultimi giorni, sono mancate soprattutto le medaglie dei nostri cavalieri, tradizionalmente abituati a flirtare con il podio. Poco male. Il bilancio globale è comunque da Mille e una notte. È il risultato del lavoro eccellente all’interno delle singole federazioni, così come della sempre più stretta collaborazione fra l’Esercito e la Scuola sportiva nazionale di Macolin. C’è solo un tarlo che mi rode. Il fatto che il meccanismo di sostegno finanziario e strutturale a ogni singola disciplina, da parte di Swiss Olympic, si misuri con i successi. Chi vince guadagna. Chi non vince, perde credito. Ciò può scatenare stress da prestazione, con relative difficoltà nel pianificare a lungo termine. Ma questi sono temi che andranno discussi in altre sedi. Oggi è tempo di festa, gioia e gratitudine. La magia di Olimpia ha colpito ancora. Per due settimane ci ha regalato gli splendori, facendoci dimenticare le miserie. Spenta la fiaccola, finita la fiaba. Si torna alla realtà. In attesa dei Giochi Paraolimpici.
22
23
26
28
regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «azione» e sul sito web www.azione.ch
27 29
I premi, cinque carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco.
1. È formata da trefoli 5. Ai confini del Sudan 7. Ha l’emoglobina bassa 9. Andato alla latina 10. 504 romani 11. Non lascia spazio alla speranza 12. Tessuti consumati 13. È formato da ventisei ossa 17. Ha frutti simili alle more 18. Accozzaglie di uomini armati 19. Con la madre... è una gioia... 20. Antico prefisso nobiliare 21. Un golfo della Sardegna 24. Prefisso che vuol dire vino 26. Lo erano Sartre e Pirandello 27. All’inizio della rubrica 28. Mal disposte, riluttanti 29. Di gomito non unge...
Verticali 1. Piccoli carnivori 2. Prescelto da Dio 3. Vezzo settecentesco 4. Le iniziali della cantante Marrone 5. Divisa, frazionata 6. Sposo in spagnolo 8. Piccoli componimenti poetici 12. Disgustosamente sporco 13. «Potere» in spagnolo 14. La cantante Grandi 15. Congiunzione eufonica 16. Anchise ne sposò una 17. Particella cromosomica 19. Pasticcio di carne 22. I raggi del poeta 23. Aggettivo possessivo 25. Bocca in latino 27. Prefisso replicativo Partecipazione online: inserire la
soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la so-
sudoku soluzione:
1
Scoprire i 3 numeri corretti da inserire nelle caselle colorate.
7
5
4
9 3
6
2
9
3
8
1
7
3
5
7
9
8 4
1
1 5
4
2
3
soluzione della settimana precedente
LO SAPEVATE CHE… – Le unghie delle mani crescono il… Resto della frase: …TRIPLO DI QUELLE DEI PIEDI. T U T A
R O U N D
I
A N A L L E M I V A S A C I
P O L O D I I N G O R I O E T T S T O O D A
I O N I E Q I U O P L E A E R N
U N I T I
E D D I E
luzione, corredata da nome, cognome, indirizzo, email del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 6315, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui
7
1
8
3
5
9
6
2
4
4
3
5
1
6
2
9
8
7
6
2
9
7
4
8
3
5
1
8
9
1
5
3
7
2
4
6
2
4
6
8
9
1
7
3
5
3
5
7
4
2
6
1
9
8
5
6
3
2
7
4
8
1
9
1
7
2
9
8
5
4
6
3
9
8
4
6
1
3
5
7
2
concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.
Oggi: pizza per tutti IDEE PER IL CONDIMENTO DELLA PIZZA migusto.ch/pizza
conf. da 2
25% La Pizza
–.95
4 stagioni o margherita, per es. 4 stagioni, 2 x 420 g, 11.50 invece di 15.40
Salsa per pizza con aglio e origano Longobardi 200 ml
1.95 5.20
Olive nere Polli 80 g
Gorgonzola, DOP bio, 200 g
3.30
Carciofi con erbe mediterranee La Trattoria 125 g
3.40
Mascarpone Galbani 250 g
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
2.95
Burrata affumicata Sélection 100 g
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
21
Politica e economia malala maiwand e le altre Reportage dall’Afghanistan, dove i talebani avanzano ogni giorno di più e le donne rischiano la vita e le libertà pagina 23
Nella «bella foresta» Gli abitanti delle Sundarbans, isole di mangrovie minacciate dal cambiamento climatico, se la devono vedere con cicloni, Covid e tigri affamate
I furboni del green pass Il numero di chi sfida il Coronavirus e la legge continua ad aumentare
pagina 24
pagina 25
le cause di una débacle Un rapporto rimarca l’assenza di controlli e provvedimenti nei confronti di due gestori di capitali, costati 6 miliardi al Credit Suisse
pagina 27
In afghanistan missione compiuta l’analisi Per gli Stati uniti gli obiettivi
della guerra sono stati raggiunti: colpire Al Qaeda ed evitare un altro 11 settembre. «Non volevamo esportare la democrazia»
Federico Rampini «Io non manderò un’altra generazione di americani a rischiare la vita in Afghanistan senza una prospettiva, una missione chiara e definita. Dopo vent’anni di guerra, mille miliardi di dollari spesi, più di 2400 dei nostri militari uccisi, chi di voi è pronto a mandare sua figlia o suo figlio su quel fronte?». Con queste parole Joe Biden ha messo una conclusione alla più lunga di tutte le guerre americane, quella che ebbe inizio poco dopo l’11 settembre 2001 e come reazione a quell’attacco terroristico. Un ventennio: vuol dire più delle due guerre mondiali e del Vietnam messe insieme. «E nonostante questo – ha ammesso il presidente – i talebani sono tornati al massimo delle loro forze dal 2001». È un Biden realista, che ha rivolto alla sua Nazione il linguaggio dell’onestà. Ha vietato ai suoi collaboratori di usare l’espressione «missione compiuta» d’infausta memoria (la pronunciò George W. Bush a proposito dell’Iraq, mentre la guerra non era affatto giunta al termine). Ma il ritiro degli americani nel 2021 è cosa fatta, e non si torna indietro. Neanche se i fustigatori dell’imperialismo americano sono colpiti da amnesia: rimproverano agli Stati uniti di abbandonare un Paese nel quale (secondo quel che loro stessi dicevano venti o dieci anni fa) non sarebbero mai dovuti entrare. Ghazni, a sud di Kabul, è il decimo capoluogo di provincia preso dai talebani in una settimana (dato aggiornato a giovedì scorso). Vaste aree dell’Afghanistan sono tornate sotto il controllo di quelle milizie islamiste. Le truppe governative spesso si arrendono senza combattere, il morale è a pezzi, la corruzione dilaga ai vertici, l’impressione è quella di uno spappolamento delle forze armate ufficiali. L’ambasciata degli Stati uniti raccomanda ai propri concittadini di lasciare il Paese. Non deve ingannare l’ordine dato da Joe Biden di far bombardare dai B-52 alcune postazioni dei talebani: la Casa bianca e il Pentagono sanno che non si riconquista l’Afghanistan dal cielo. Biden non dà cenni di ripensamento rispetto alla sua decisio-
ne, annunciata ad aprile e confermata a luglio: il ritiro totale e definitivo delle truppe statunitensi avverrà nei termini previsti, cioè entro la fine di questo mese. Non è inverosimile immaginare l’epilogo. Il ventesimo anniversario dell’11 settembre 2001 potrebbe coincidere con la rivincita dei talebani e il ripristino del loro potere su gran parte del territorio afgano. Questa non è una sorpresa per Biden. Quando il presidente prese la sua decisione sul ritiro, un rapporto dell’intelligence Usa gli diceva proprio questo: la partenza delle forze americane e Nato con ogni probabilità avrebbe provocato un ritorno al dominio dei talebani. La «guerra più lunga» è stata dunque del tutto inutile? Biden era divenuto uno scettico sulla guerra in Afghanistan molti anni fa, di sicuro quando era il vice di Barack Obama, e si oppose (invano) alla pressione dei generali che volevano un nuovo aumento di truppe su quel fronte. L’attuale presidente può sostenere che anche in Afghanistan è accaduto quel fenomeno che segnò il conflitto del Vietnam e fu definito «mission creep», cioè la metamorfosi strisciante da una missione a un’altra. All’origine, quasi vent’anni fa, gli Stati uniti e la Nato andarono a combattere in Afghanistan non perché il regime dei talebani si macchiava di orrendi abusi contro i diritti umani, opprimeva le donne e le minoranze religiose, distruggeva preziosi simboli di altre religioni come le statue millenarie dei Buddha nella valle di Bamiyan. Per quanto l’elenco dei crimini dei talebani si possa allungare ben oltre, quello che fece scattare l’intervento militare dell’Alleanza atlantica, fu l’aver dato ospitalità logistica e protezione ad Al Qaeda quando Osama Bin Laden preparava l’attacco agli Stati uniti. I dirottamenti multipli, la distruzione delle Torri gemelle a New York, l’attentato contro il Pentagono di Washington, tutto era stato ordito e preparato dalla base afgana di Al Qaeda. I talebani si erano rifiutati di consegnare Bin Laden agli americani anche dopo che si era macchiato della strage di quasi tremila civili innocenti. L’invasione dell’Afghanistan da parte di George W. Bush e degli alleati Nato aveva quindi una legittimità e uno scopo preciso: ca-
Quel che resta delle Torri gemelle, 11 settembre 2001. (Shutterstock)
stigare un regime terrorista che aveva colpito la sicurezza nazionale degli Stati uniti; ed estirpare Al Qaeda dal suo suolo. Questi due obiettivi sono stati raggiunti da un decennio. I talebani offrirono una resa incondizionata già nel 2003. Bin Laden fu eliminato nel 2011, anche se nel frattempo si era rifugiato in Pakistan con la protezione dei servizi segreti di un’altra teocrazia islamica. Forse «missione compiuta» avrebbe potuto dirlo Barack Obama nel 2011 e ritirarsi dall’Afghanistan: questa allora era la posizione di Biden. Ma nel frattempo era avvenuto il «mission creep», l’allargamento strisciante della missione originaria. Un’ala della sinistra umanitaria si era messa in testa di trasformare l’Afghanistan in una Nazione modello per il rispetto dei diritti umani; per la destra dei neoconservatori era un tassello di un piano geostrategico
più vasto teso a ridisegnare gli equilibri del Medio Oriente. Sono quelli che oggi accusano Biden di fallimento. Le critiche al presidente, di aver «perso la guerra in Afghanistan», vengono da questi due fronti contrapposti. La sinistra umanitaria, cioè la stessa che era solita denunciare le guerre americane come operazioni imperialiste, ora accusa Biden di abbandonare il popolo afgano al suo destino, in particolare le donne che grazie all’invasione Nato avevano il diritto allo studio e altre parità. I falchi di destra accusano Biden di ritirata di fronte al nemico, sorvolando sul fatto che già Donald Trump aveva preso le distanze da tutte le guerre imperiali dell’era Bush. Intanto non è solo in America che trapelano preoccupazioni. La Cina teme che il ritorno dei talebani possa generare infiltrazioni islamiste nel suo Xinjiang, dove perseguita
gli uiguri, e Xi Jinping ha nominato un nuovo comandante militare per quella regione che confina con l’Afghanistan. Per Biden gli obiettivi formulati dopo l’11 settembre 2001 sono stati raggiunti. «Abbiamo estirpato le basi di Al Qaeda. Abbiamo spedito all’inferno Osama Bin Laden. Abbiamo reso impossibile un ripetersi dell’11 settembre». Biden prende le distanze invece da altre finalità che via via furono caricate su quella guerra dalla sinistra: esportare democrazia, diritti, parità per le donne. «Non siamo andati in Afghanistan per costruire una Nazione. Nemmeno per unificarla. Non ci è mai riuscito nessuno, neppure gli imperi del passato». Se volesse dare una lezione di storia, potrebbe risalire fino ad Alessandro Magno, molto prima che l’Afghanistan fosse definito «la tomba degli imperi» britannico e sovietico.
Prezzo ridotto, gusto pieno
20% sulla frutta secca e sulle noci Sun Queen
20% Tutta la frutta secca e le noci Sun Queen (prodotti Premium Nuts e sfusi esclusi), per es. mandorle, 200 g, 2.20 invece di 2.80
Da questa offerta sono esclusi gli articoli già ridotti. Offerta valida solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
23
Politica e economia
se essere donna è una colpa
afghanistan I famigliari ricordano Malala Maiwand, giornalista e attivista uccisa a 26 anni da uomini armati.
Intanto i talebani avanzano e le forze internazionali lasciano il Paese: sono in moltissime a rischiare la vita e le libertà
Francesca Mannocchi «Non era solo una giornalista, Malala era una scrittrice, un’oratrice, sapeva parlare alla gente e trovava le parole giuste per descrivere la loro pena, la loro vulnerabilità. Malala era un tesoro, una gemma della società afgana che ora non c’è più». Gul Mullah ha 51 anni, il viso segnato dalle perdite prima e dalla paura poi, apre la porta della sua modesta casa di Jalalabad – città dell’Afghanistan orientale – accogliente e premuroso. «Siete venuti da lontano a raccontare la storia di mia figlia, aiutate il mondo a non dimenticarla». Malala Mainwand era una giornalista di Enikass, la più grande emittente di radio e tv della provincia di Nangarhar, a poche decine di chilometri dal Pakistan. Aveva 26 anni quando, lo scorso dicembre, è stata uccisa insieme al suo autista in un attacco di uomini armati nel vicolo di fronte casa, mentre andava a lavorare. La sua colpa: essere una donna giornalista, una donna di fronte a una telecamera, un’attivista per i diritti civili e per l’emancipazione delle giovani donne come lei. Non le è stato perdonato, così come non le è stato concesso di continuare a essere la voce degli ultimi in Afghanistan. «Era quello per lei il senso della professione che aveva scelto. Dare voce a chi non ne ha», continua Mullah, mentre elenca gli studi di sua figlia, la sua collaborazione come consulente per i ministeri a Kabul, i suoi workshop a Kandahar per dire alle altre donne: possiamo rafforzare la società afgana». Dopo il suo brutale omicidio il Governo ha manifestato sdegno annunciando 2 arresti, ma i familiari di Malala sostengono che fosse solo un’azione dimostrativa per mettere a tacere le altre attiviste. Il segretario del consiglio provinciale di Nangarhar ha detto: «Malala è morta con la sola colpa di lavorare per lo sviluppo e la prosperità delle donne» e Sediqullah Tawhidi, membro del Comitato per la sicurezza dei giornalisti, si è detto allarmato per lo stato del giornalismo nel Paese: «Se il Governo non ha la capacità di difendere i suoi cittadini significa accettare la fine della libertà di stampa. Non è mai stato più importante per il popolo afgano sentirsi in grado di esprimersi liberamente e fornire le proprie opinioni sui colloqui di pace, nonché impegnarsi nel processo, per raggiungere una pace inclusiva». Diritti delle donne e libertà d’opinione sono solo due dei grandi temi aperti in Afghanistan a seguito dell’offensiva inarrestabile lanciata dai talebani lo scorso maggio, dopo l’annuncio del definitivo ritiro delle truppe statunitensi dal Paese che dovrebbe terminare entro fine agosto. La paura per tutti è tornare agli anni Novanta, quando la leadership religiosa talebana che ha controllato il Paese per 5 anni, fino al 2001, ha bandito le donne dalla scuola e dal lavoro e ha imposto loro di indossare il burqa. Negli ultimi 20 anni l’Afghanistan ha compiuto grandi passi avanti nel campo dei diritti e dell’emancipazione delle donne, ma tutto ora sembra fragile, minato da una guerra infinita che attraversa il Paese da 40 anni e che vede, in queste settimane estive, una nuova violentissima ondata di combattimenti. «Tante, troppe persone sono contro la libertà delle donne che si lega alla libertà d’espressione. E vogliono tornare indietro, agli anni bui. È un tradimento per le donne afgane, il ritiro delle forze internazionali, in questi tempi e senza condizioni, è un tradimento per chi ha creduto in un Paese diverso», dice Fatima Zaara Hilal, 23 anni, una delle sorella di Malala, mentre sfoglia le sue fotografie. Due la ritraggono men-
Fatima Zaara Hilal mostra la foto della sorella Malala Maiwand. (romenzi)
tre presentava un programma nello studio di Enikass tv. Il giorno dell’omicidio ha sentito degli spari, è corsa in strada con suo fratello, gli assassini di Malala hanno sparato nella loro direzione, mancandoli, e sono scappati, ma prima di fuggire hanno alzato il burqa per verificare che il corpo fosse davvero quello di Malala, si sono scambiati un cenno di sì con la testa, le hanno portato via lo zaino con il computer e i documenti di lavoro e sono andati via. «L’hanno punita perché era la voce degli ultimi in una società in cui l’unico destino ammesso per le donne è la
casa», osserva Fatima Zaara Hilal. «Malala ha aperto la porta di casa e ha provato a camminare libera per il mondo. Se i talebani tornassero al potere sarebbe solo una ripetizione del passato. Anzi, peggio perché noi siamo cresciute sapendo cos’è la libertà. I Paesi stranieri hanno giustificato la loro presenza in Afghanistan spendendo milioni di dollari per difendere valori e diritti umani, ora devono aiutarci a mantenerli». Fatima e Malala erano bambine durante il regime dei talebani, ma Fatima ricorda i racconti di sua madre. Le donne erano obbligate a indossare l’hijab o il velo in pubblico e non potevano usci-
Il padre di Malala davanti alla sua abitazione. (romenzi)
re di casa senza essere accompagnate da un membro della famiglia maschio e non godevano quasi di diritti sociali. Le ragazze non potevano frequentare la scuola. Molto è cambiato da allora, 3 milioni e mezzo di ragazze frequentano le scuole, le donne rappresentano più del 20% dei membri del Parlamento e un terzo degli impiegati nelle istituzioni del servizio civile. Ci sono ministre e ambasciatrici. Ma secondo i funzionari locali e gli esponenti della società civile i talebani avrebbero già limitato i diritti e la libertà di donne e ragazze nelle aree cadute sotto il loro controllo nelle ultime settimane: avrebbero di nuovo vietato
alle donne l’accesso al lavoro, alle scuole e reso obbligatoria per loro la presenza di un tutore maschio ogni volta che si recano all’esterno. L’uccisione di Malala si inserisce in una campagna di omicidi volta a mettere a tacere giornalisti e attivisti della società civile in un momento cruciale della travagliata storia dell’Afghanistan. Dopo il suo omicidio altre tre donne, anch’esse giornaliste, sono state brutalmente ammazzate. Omicidi che hanno portato alcune emittenti della provincia di Nangarhar alla dolorosa scelta di non assumere più donne, per tutelare la loro incolumità. Dopo essere cresciuta nell’Afghanistan post-talebano, Malala Maiwand si è sempre fortemente opposta al ritorno del regime del gruppo terroristico e ha espresso i suoi timori sulla vita sotto un futuro Governo a seguito di un accordo di pace tra i talebani e le autorità afgane. Prima di morire, aveva parlato pubblicamente della sfida di essere donna e attivista, sottolineando di voler proseguire il lavoro di sua madre, anch’essa uccisa da un commando armato 5 anni fa: «Non c’è vita senza pace», aveva detto in un’intervista a Radio free press. «Il diritto all’istruzione, all’alloggio, all’assistenza sanitaria, al lavoro e alla libertà di parola può essere protetto solo quando c’è pace nella società e nel Paese». Critica sugli accordi di Doha stretti tra gli Usa e la delegazione talebana in Qatar, disse: «Dopo un accordo di pace con i talebani, mi sarà ancora permesso di venire al microfono e fare domande come sto facendo oggi?». Secondo il Committee to protect journalists, un osservatore globale dei media, dal 1994 in Afghanistan sono stati uccisi 51 giornalisti. Le autorità hanno indagato e sanzionato solo una manciata di questi crimini. I talebani negano di aver minacciato o fatto pressioni sui giornalisti e accusano il Governo afgano di usare i media contro di loro. Ma a maggio Zabihullah Mujahid, un presunto portavoce dei talebani, ha avvertito quei giornalisti afgani che ha accusato di dare una copertura unilaterale favorendo il Governo afgano a fermarsi o «affrontare le conseguenze». «L’ideologia dei talebani è chiara a tutti, sono gli stessi che erano al potere due decenni fa quando privavano le donne delle libertà fondamentali», dice il padre di Malala nella casa di Jalalabad. «Ma non le ho mai chiesto di smettere, nemmeno nei giorni in cui ero più in pena per la sua sorte. L’ho sempre incoraggiata. Quando ha saputo di essere in una lista di potenziali obiettivi per i gruppi locali legati allo Stato islamico mi ha detto: se mi fermo al primo avvertimento il mio lavoro non ha senso». Malala non si è fermata. È stata fermata dal fuoco armato della brutalità. Oggi, come lei, rischiano la vita e le libertà milioni di donne afgane.
Il simbolo del triste destino delle donne. (romenzi)
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
24
Politica e economia
la «bella foresta» in pericolo
bangladesh/India Tra gli abitanti delle Sundarbans, isole di mangrovie minacciate dal cambiamento climatico,
che cercano di sopravvivere ai monsoni, al Coronavirus, alle tigri affamate e ai trafficanti di esseri umani Francesca Marino È il delta formato dalla confluenza del Gange, del Brahmaputra e del Meghna. Uno dei delta fluviali più grandi del mondo, dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Un mondo d’acqua che rischia ormai da anni di scomparire per sempre per diverse ragioni. Sono le Sundarbans, la «bella foresta». Isole di mangrovie e vegetazione fittissima, sparse nell’immenso delta che, dopo Calcutta, comincia a dividersi in rami e ramoscelli fino a confondersi col mare. Due terzi in Bangladesh e un terzo in India. L’area comprende la più grande foresta di mangrovie del mondo e, a causa del cambiamento climatico (confermato dall’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici pubblicato il 9 agosto), è costantemente minacciata dall’erosione che lenta ma inesorabile innalza il livello del mare e dal cambiamento del rapporto tra i rivoli di acqua dolce proveniente dai fiumi, che permettono ai suoi abitanti e agli animali di sopravvivere, e le acque salate figlie del mare. Qui Amitav Ghosh ha ambientato il suo magnifico The hungry tide, in italiano Il paese delle maree. L’onda affamata, l’onda del monsone che ogni anno sommerge parte di questo mondo d’acqua causandone l’erosione lenta ma irreversibile. L’onda che periodicamente, con frequenza e potenza sempre maggiore travolge furiosa tutto ciò che incontra al suo passaggio, sconvolgendo la geografia e la dislocazione di interi villaggi, causando centinaia di morti e lasciando senzatetto migliaia di persone. Rimescolando di continuo i rapporti tra acqua e terra, i confini del cielo e del suolo. Le porzioni di terra su cui è possibile camminare e vivere. L’equilibrio, stabile nella sua instabilità fino a qualche anno fa, che permette a uomini e animali di sopravvivere in questo mondo con infiniti doppi continuamente riflessi dentro a specchi d’acqua. C’è una parte turistica, delle Sundarbans. Le riserve protette in cui si organizzano crociere per turisti più o meno di lusso che possono così ammirare le foreste di mangrovie e le tigri. Circa cinquecento esemplari in tutte le isole, affermano gli zoologi. Sembra poco, ma si tratta della più grande con-
Le acque periodicamente travolgono furiose tutto ciò che incontrano sul loro passaggio, causando centinaia di morti. (Marino)
centrazione al mondo di tigri allo stato selvaggio. Che, dicono, a causa dell’erosione delle isole che rende scarsa l’acqua dolce e le costringe a bere sale rendendole aggressive e a causa dell’aumento di cicloni nella zona, scendono sempre più vicine ai centri abitati o diventano particolarmente audaci nel cacciare le più indifese delle prede che si aggirano in questo paradiso naturale: i pescatori
e i raccoglitori di miele. Perché c’è una parte delle Sundarbans difficilmente accessibile ai turisti, una parte che in pochi vogliono o possono vedere. La «bella foresta» di quelli che nelle isole sono nati, vivono e cercano di sopravvivere alle onde assassine, al sale che avvelena i raccolti, al cambiamento climatico che ruba sempre più terraferma, alla necessità sempre più pressante
di addentrarsi nella giungla per trovare mezzi di sussistenza. Cercano di sopravvivere all’acqua, alla terra e soprattutto alle tigri. Che, ai tempi del Coronavirus, sono diventate ancora più affamate e audaci di qualunque devastante ciclone. Da aprile, secondo i dati ufficiali, almeno cinque persone sono state uccise dalle tigri. Ventiquattro in tutto l’anno del Coronavirus, secondo
i media locali. Più del doppio dell’anno precedente. Le barche non circolavano, gli esseri umani erano costretti in casa. Non c’era lavoro. E in molti, per riuscire a sopravvivere, hanno scelto di addentrarsi nella giungla, in quella giungla che garantisce sussistenza, sì, ma ad un prezzo altissimo. Pescatori e contadini a volte organizzano delle vere e proprie cacce per liberarsi di qualche esemplare particolarmente pericoloso: di frodo, perché gli animali (ma non gli esseri umani) sono una specie protetta. Più spesso, si limitano a pregare la divinità locale, Bonbibi, la signora delle tigri. Nessuno, nelle isole, si avventura nella foresta senza chiedere l’invocazione della dea e nessuno, per non offenderla, si azzarda a lasciare tracce umane tra le mangrovie. I raccoglitori di miele non sputano, non vanno in bagno e fanno molta, molta attenzione a riportare a casa i rifiuti dei loro pasti. Una vita fuori dal tempo e dal mondo, che si consuma tra cielo e acqua e le incredibili gradazioni di verde della vegetazione. O meglio si consumava, perché l’emergenza, quella ambientale e quella creata dal Coronavirus, sta cambiando per sempre culture, tradizioni e gesti millenari. Già prima di quest’ultimo anno le isole più piccole erano difficilissime da raggiungere, praticamente isolate dal resto del mondo a parte per sporadiche comunicazioni via acqua per le barche-ambulanza che fanno parte di un più ampio progetto sanitario-educativo chiamato Shish, Southern health improvement sanity, e sono state donate all’organizzazione da Dominique Lapierre, scrittore e filantropo francese, autore de La città della gioia. Sulle isole più grandi o su quelle più vicine alla terraferma le cose sono gradualmente cambiate e si trovano cittadine e paesetti di discrete dimensioni. In cui le organizzazioni non governative fanno da anni un incessante lavoro di scolarizzazione e di aiuto alle fasce di popolazione più disagiate. Cercano ad esempio di prevenire, o di arginare come possono, il traffico di ragazze che, a causa della povertà estrema, vengono spesso attirate dai trafficanti con il miraggio di un lavoro ma poi finiscono nei bordelli di Calcutta o di Bombay. Il Dipartimento forestale del Bengala occidentale ha iniziato un progetto di monitoraggio, grazie ai radio collari, nel tentativo di proteggere al tempo stesso le tigri e gli abitanti dell’area, e ci sono diversi progetti di sostegno e di sviluppo dell’agricoltura. Associazioni e ong cercano da tempo di sensibilizzare le Nazioni unite, la Fao e le organizzazioni internazionali perché mettano a disposizione fondi e progetti per tentare di assicurare un futuro agli abitanti delle Sundarbans. Per evitare che in futuro non troppo lontano le isole di Tremal Naik di salgariana memoria, le isole di Bonbibi, le isole dove l’acqua si confonde con la terra e il mondo è sempre riflesso, diventino soltanto una distesa di mangrovie che i turisti, uniche forme di vita rimaste, vanno ad ammirare. Annuncio pubblicitario
LEUKERBAD
Offerta speciale Bagni 2021
3 notti
5 notti
con mezza pensione
7 notti
con mezza pensione
con mezza pensione
Entrata ai bagni termali della “Leukerbad-Therme” con sauna e bagno turco compreso. Accesso libero alla teleferica della Gemmi, Leukerbad Card Plus
Entrata ai bagni termali della “Leukerbad-Therme” con sauna e bagno turco compreso. Accesso libero alla teleferica della Gemmi, Leukerbad Card Plus
Entrata ai bagni termali della “Leukerbad-Therme” con sauna e bagno turco compreso. Accesso libero alla teleferica della Gemmi, Leukerbad Card Plus
Fr. 396.- per persona
Fr. 660.- per persona
Fr. 896.- per persona
Supplemento per camera singola Fr. 10.- al giorno su tutte le offerte. La piscina termale alpina più grande d’Europa è a vostra disposizione a partire dalle 12:00 del vostro giorno d’arrivo.
Acc alle t anto er Leuk me di erba d
T 027 472 70 70 info@alpenblick-leukerbad.ch alpenblick-leukerbad.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
25
Politica e economia
Una serie di intrighi legati al coronavirus
Prospettive Vaccini contraffatti, green pass e test negativi falsi.
Il numero di chi sfida la malattia e la legge è in costante crescita Alfio Caruso Segnali inquietanti erano emersi nel febbraio scorso. Il primo ministro della Repubblica ceca, Andrej Babis, rivelò di aver ricevuto, attraverso un intermediario di Dubai, l’offerta di acquistare dosi di Astrazeneca all’epoca non ancora in commercio. Il privilegio prevedeva però un pagamento anticipato e prezzi quasi raddoppiati. Babis aveva rifiutato. A nostra insaputa, era in corso la grande campagna dell’intrigo legata alla Covid. Un’ulteriore tappa avvenne in Cina: la polizia confiscò 4 mila fiale. Anziché il vaccino, contenevano acqua salata. Poi fu il turno degli Usa: nel Maryland l’Fbi scovò un sito di vendita di vaccini contraffatti. Questa ondata del fraudolento si concluse in Svizzera: alla frontiera furono intercettati diversi falsi di test Pcr negativi indispensabili per entrare nella Confederazione. Christian Bock, direttore dell’Amministrazione federale delle dogane dichiarò: «Abbiamo impiegati qualificati nella falsificazione di documenti, persone che sono state addestrate e sanno dove guardare per identificare un falso».
In Francia già in luglio la richiesta di falsi attestati è aumentata, attraverso Telegram, del 5000 per cento La prevenzione ha funzionato in Svizzera, un po’ meno in altri Paesi europei. I più esposti appaiono Francia e Italia. In Francia già in luglio la richiesta di falsi attestati è aumentata, attraverso Telegram, del 5000 per cento. A scoprire simile crescita esponenziale è stata la società di sicurezza informatica Check point software technologies. Secondo i suoi rilievi, il fenomeno è legato sia all’espansione delle offerte su Telegram di certificati di vaccinazione e di test Covid negativi contraffatti; sia al considerevole aumento degli utenti vogliosi di approfittarne. E il numero di chi sfida il virus e la legge, nonostante siano previste ammende salate e in alcuni casi la galera, lievita di settimana in settimana. In Italia l’indagine è scaturita dalle ricerche del giornalista Rai Filippo
Pala: lo scorso aprile aveva esplorato i canali di vendita di vaccini nel mercato nero online. Dagli account in cirillico si annunciava la disponibilità di vaccini in arrivo dall’Ucraina, «coprodotti da Pfizer (Usa) e Biontech (Germania) negli stabilimenti della casa madre». Ovviamente all’insaputa di Pfizer e Biontech. Sul canale «Vaccines impfstoff corona virus Covid-19» le proposte commerciali erano addirittura corredate da immagini raffiguranti flaconi e scatole di vaccino Moderna e Spuntnik. Agli acquirenti veniva fornito l’indirizzo dove effettuare il pagamento in Bitcoin. Molto più concreta la richiesta di un medico trevigiano no-vax disposto ad acquistare da un impiegato della sanità locale la certificazione vaccinale. La Guardia di finanza ha avviato un’indagine con l’impiego di bot e avatar di ultimissima generazione. Grazie a essi, veri e propri infiltrati virtuali, è stato effettuato un monitoraggio in diretta delle compravendite in rete. L’inchiesta si è allargata ai finti vaccini, ai tagliandi green pass contraffatti, ai presunti medicinali anti-Covid senza richiesta medica, ai passaporti per il via libera agli spostamenti tra Paesi europei, alle mascherine e ai guanti senza certificazioni. Un mercato che in Italia aveva già portato al sequestro di milioni di esemplari con il clamoroso coinvolgimento della società di un ex presidente della Camera, Irene Pivetti. Sono stati chiusi diversi canali. Il Coronavirus vaccines preventions assicurava di poter commercializzare vaccini efficaci: «Ciao, se ti trovi qui è perché sei decisamente alla ricerca di una affidabile cura o prevenzione per il Coronavirus. Noi abbiamo maschere facciali, guanti di qualità e vaccini per la Covid». Altrettanto esplicito, e un po’ ripetitivo, il canale Corona virus cure and vaccines: «Ciao se ti trovi qui è perché sei decisamente alla ricerca di una cura per la Covid-19. Noi abbiamo vaccini per la Covid-19 e vogliamo salvare il mondo da questo virus. Vaccini disponibili». Contava più di 8 mila iscritti l’altro profilo individuato dalla Guardia di finanza, Buy Covid-19 vaccines: proponeva la vendita, pubblicizzata da diverse immagini, di vaccini anti-Covid. Il prezzario variava dai 110 dollari di Astrazeneca ai 120 di Pfizer, ai 128 di Moderna. Disponibili pure i certificati vaccinali.
Ma il colpo grosso l’ha effettuato la polizia postale. Di recente ha portato alla luce il più sorprendente degli imbrogli, degno del classico pacco, contropacco e contropaccotto della scuola napoletana (fu anche il titolo dell’ultimo film di Nanni Loy). Con l’obbligatorietà del green pass in Italia da venerdì 6 agosto, gli irriducibili no-vax hanno pensato di procurarsi falsi certificati su Telegram e su Whatsapp. C’è stato solo l’imbarazzo della scelta: dai 100 euro per la versione digitale ai 120 euro per quella cartacea fino a 300 euro con l’aggiunta di tamponi molecolari o antigenici. Disponibile pure il pacchetto famiglia per un nucleo di 4 persone: 300 euro per il green pass digitale, 350 per il cartaceo. Alcuni di questi canali, come Green pass ita o Green pass Italia acquisto, annoveravano migliaia di iscritti (oltre 17mila il primo, 35mila il secondo). A costoro veniva spiegato che la struttura si appoggiava a un dottore o a una dottoressa di fiducia dipendente di un ospedale e disponibile, nel nome della causa, a fornire l’attestazione fasulla. I problemi per i compratori si sono palesati dopo aver pagato, compresi i 20 euro per la spedizione: non è giunta alcuna certificazione. Alla singolare minaccia di una denuncia, da parte di chi voleva frodare, i truffatori hanno replicato chiedendo altri soldi per non pubblicare i dati dei passaporti e delle carte d’identità forniti dagli stessi aspiranti bari. Stupefacente la minacciosa sincerità di questi malfattori: «Noi offrivamo fino a poche ore fa un servizio illecito, è vero. Ma la nostra identità è sempre stata ben tutelata, così come i nostri sistemi. I clienti, gli stessi che ora cercano di minacciarci, ci hanno fornito i loro documenti, i loro recapiti e hanno addirittura pagato fornendo prove del pagamento, tutte prove che abbiamo archiviato consci che sarebbe successo questo. Minacciare un’identità ignota quando si è disarmati, nel torto e con l’unica possibilità di prendere una denuncia penale è da stupidi». Per fortuna degli stupidi sono intervenuti i poliziotti di Milano, Roma e Bari. L’operazione Fake pass ha portato a perquisizioni e sequestri nei confronti degli amministratori di 32 canali Telegram, alla chiusura di gran parte di essi, a quattro arresti, fra i quali due minorenni.
In Italia dal 6 agosto il green pass è obbligatorio per accedere a musei, teatri, cinema, palestre, piscine, eventi sportivi, bar e ristoranti, terrazze escluse. (Shutterstock)
La vicenda della velocista Kristina Timanovskaya alle Olimpiadi ha ricordato che la Bielorussia resta una prigione per 10 milioni di cittadini. (Shutterstock)
regime bielorusso verso il collasso? Il punto Altre sanzioni contro Lukashenko
che colpisce gli oppositori anche oltre confine Anna Zafesova «Me ne andrò molto presto». Aleksandr Lukashenko ha impiegato ben 8 ore di conferenza stampa, nell’anniversario delle elezioni presidenziali in Bielorussia che non ha vinto, per ricordare che lui è «parte di questo Paese, che è ormai parte di me, non riesco a immaginarmi per ora senza la mia carica», e quindi la sua uscita di scena – chiesta a gran voce dal suo popolo, dall’Occidente e perfino dalla Russia – resta una promessa di un lontano futuro. Il presente rimane una repressione senza precedenti per durezza: un anno dopo le massicce proteste contro i brogli elettorali, la polizia continua ad arrestare chi aveva manifestato per le strade di Minsk nell’agosto 2020, mentre i tribunali continuano a emettere condanne a 5-7 anni di prigione anche a semplici manifestanti. Svetlana Tikhanovskaya, che un anno fa ha vinto le elezioni nelle urne, nell’anniversario della rivolta bielorussa ha strappato a Joe Biden un incontro alla Casa bianca e la promessa di nuove sanzioni contro il regime, ed è ormai una leader politica matura, rispetto a quando, un anno fa, era stata sequestrata dalla polizia di Lukashenko per venire minacciata e portata a forza in Lituania. Ma suo marito resta in carcere e lei non può tornare in patria, come tutti gli altri leader della protesta, come la scrittrice premio Nobel Svetlana Alexievich, i cui libri sono stati eliminati dai manuali di scuola, insieme a quelli di Aleksandr Solzhenitsyn, sostituiti dai «romanzi» di un generale fedelissimo del regime. Un anno e 37 mila arresti dopo la Bielorussia è l’incubo e l’imbarazzo dell’Europa, la sua ultima (o forse non più) dittatura che sta degenerando dalla farsa alla tragedia. Nell’agosto del 2020 una protesta trasversale e pacifica, in cui un’avanguardia femminile che aveva conquistato le prime pagine di tutto il mondo era stata affiancata da operai, giovani, intellettuali e imprenditori, aveva fatto sognare una rivoluzione non violenta che avrebbe completato la caduta del Muro, iniziata nel 1989. Nell’agosto del 2021 la fuga verso la libertà della velocista bielorussa Kristina Timanovskaya, riuscita a sfuggire durante le Olimpiadi di Tokyo ai servizi di Lukashenko, ottenendo asilo a Varsavia, ha ricordato che l’ex Repubblica sovietica resta una prigione per 10 milioni di cittadini, e l’omicidio a Kiev dell’attivista Vitaly Shishov, impegnato ad accogliere i bielorussi in fuga verso l’Ucraina, ha mostrato che il regime di Minsk è pronto a colpire anche fuori dai suoi confini. Lukashenko appare sempre più una scheggia impazzita, un kamikaze che, conscio della fine imminente, cerca di portare con lui il numero più alto di nemici. Ha iniziato a importare in maniera organizzata decine di iracheni ai quali era stato promesso il passaggio sicuro verso la Lituania, un tentativo di provocare una crisi di migranti e uno scontro armato sul confine con l’Ue. Mentre il Governo iracheno chiudeva i voli con Minsk e prometteva il rimpatrio gratuito a tutti i suoi cittadini
finiti nella trappola di Lukashenko, i migranti venivano scortati dai poliziotti bielorussi verso la frontiera con la Lettonia e quella con la Polonia. L’adesione degli Usa e della Gb alle sanzioni contro le esportazioni bielorusse già indette dall’Ue dopo il dirottamento verso Minsk dell’aereo della Ryanair da una rotta interna all’Europa, allo scopo di arrestare il giornalista dissidente Roman Protasevich (prigioniero da maggio scorso e torturato), mostra che la pazienza della comunità internazionale si sta esaurendo. Il dittatore in conferenza stampa ha replicato che esporterà i suoi concimi di potassio – la principale voce del commercio estero bielorusso – attraverso i porti russi. E se è vero che senza il sostegno di Mosca il regime sarebbe probabilmente collassato già un anno fa, il Cremlino non è particolarmente entusiasta di sostenerlo, anche perché alle prese con i propri problemi e le proprie sanzioni. Lukashenko dovrebbe offrire a Putin una contropartita generosa, come quella unione che Mosca auspica da anni, ma durante le sue 8 ore di esternazioni il dittatore di Minsk ha di nuovo respinto l’ipotesi, e si è rifiutato anche di riconoscere l’annessione della Crimea, un gesto al quale il Cremlino tiene molto e in cambio del quale sarebbe disposto a perdonare parecchio. Non solo Lukashenko ha respinto l’idea, ma è stato sarcastico, promettendo di riconoscere la penisola annessa all’Ucraina «quando lo farà l’ultimo degli oligarchi russi»: un’allusione pesante al fatto che perfino i sudditi più ricchi di Putin evitano di fare affari in Crimea per non ricadere nelle sanzioni internazionali, che ha irritato molto Mosca. Resta da capire se i russi la faranno pagare all’autocrate che deve i suoi 27 anni al potere essenzialmente ai soldi di Mosca, o se alla fine prevarrà il calcolo di non lasciare che un cambio di regime a Minsk porti anche la Bielorussia verso l’Europa, privando definitivamente la Russia di una dimensione imperiale, e mostrando ai russi che una protesta in nome della democrazia può anche avere successo. Lukashenko sembra convinto della seconda ipotesi, e ha promesso durante la sua conferenza stampa che «se necessario, qui arriveranno domani tutte le truppe russe che esistono», facendo accenno perfino all’eventualità di una «terza guerra mondiale» che il Cremlino potrebbe lanciare per difendere il regime bielorusso dalle mire dell’Occidente. Fonti dell’opposizione bielorusse parlano ormai apertamente di una malattia mentale del dittatore (che appare sempre più provato anche fisicamente), e sicuramente il suo comportamento politico appare sempre più autodistruttivo. L’opzione di un passaggio di potere soft, attraverso un negoziato che porti a elezioni libere, proposto da Tikhanovskaya, o di una uscita di scena di Lukashenko accompagnata da una riforma costituzionale che tuteli il regime (ipotizzata da Mosca), appare sempre più impraticabile, mentre le sanzioni accelerano la prospettiva di un collasso economico e quindi politico al quale né l’Europa, né la Russia appaiono preparate.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
26
Idee e acquisti per la settimana
come dal barista
Buongiorno!
Un espresso come quello del bar dietro l’angolo? Grazie ai nuovi prodotti Barista – composti da una miscela al contempo equilibrata e forte di Arabica e Robusta – gli amanti del caffè possono concedersi questo piacere anche tra le quattro mura di casa. L’Espresso Barista macinato è ideale per l’utilizzo nella caffettiera moka, quello in chicchi per le macchine da caffè con macinino integrato. Entrambi sono in qualità biologica e vengono prodotti secondo i criteri Fairtrade.
BIALETTI argento, 6 tazze Azione 40% Fr. 17.95 invece di 29.95
Foto e Styling: Veronika Studer
Fino al 23 agosto
20x Punti cumulus*
* sulle novità Barista Espresso fino al 23 agosto
NOVITÀ Bio Max Havelaar Barista Espresso, macinato, per la moka 500 g Fr. 9.50
NOVITÀ Bio Max Havelaar Barista Espresso, chicchi, per macchine da caffè con macinacaffè, 500 g Fr. 9.50
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
27
Politica e economia
credit suisse nella bufera
Finanza Con i conti semestrali in calo, la banca ha presentato il rapporto di uno studio legale americano
da cui emergono mancanze di controlli e provvedimenti in relazione a due grandi gestori ad alto rischio
Ignazio Bonoli Il Credit Suisse (CS), presentando i bilanci del secondo trimestre, non poteva non tener conto della crisi che ha investito la banca quest’anno. E così l’utile netto si è assestato a 253 milioni di franchi, con un calo del 78% rispetto allo stesso trimestre del 2020, e nettamente inferiore alle aspettative. I ricavi sono stati di 5,1 miliardi di franchi. La banca ha inoltre dovuto subire una diminuzione di 4,7 miliardi di depositi di clienti, solo in parte compensati dall’arrivo di depositi da parte di casse pensioni e aziende nella gestione patrimoniale. Si è così fatto fronte alla seconda parte delle perdite provocate dall’affare Archeos (594 milioni), dopo che il collasso del fondo americano aveva già influito per 4,4 miliardi nel primo trimestre. Il 6 agosto CS ha rimborsato 400 milioni di dollari agli investitori della catena Greensill, l’altro gestore di fondi fallito. Questo porta il totale dei rimborsi effettuati a 5,9 miliardi. Per capire l’incidenza che i due fondi hanno sui bilanci, basti ricordare che l’impegno totale che CS dovrà rimborsare sarà di circa 6,6 miliardi di dollari. Già in marzo e aprile erano stati rimborsati 4,8 miliardi, seguiti da un altro rimborso di 750 milioni e da quello citato sopra di 400 milioni. Il tutto per il 66% dei fondi gestiti al momento della loro soppressione.
Con i bilanci di metà anno, CS ha pubblicato anche il rapporto dello studio legale americano Paul, Weiss, Rifkind, Wharton e Garrison («Paul, Weiss»). L’inchiesta ha constatato mancanze in materia di una gestione efficace dei rischi, sia nel caso della prima linea di difesa, sia in quello della seconda. Mancanze nella trasmissione per via gerarchica e nel controllo del superamento dei limiti nelle due linee di difesa, nonché nell’esercizio delle responsabilità di sorveglianza. Infine, nelle priorità della presa di misure di attenuazione del rischio e dell’eventuale miglioramento. L’inchiesta ha comunque rilevato che nessun membro del personale dei settori commerciale o del rischio ha esercitato attività fraudolenti o illegali, oppure ha agito con cattive intenzioni. L’inchiesta non ha nemmeno mostrato lacune nell’architettura dei controlli del rischio e dei processi di gestione del rischio della banca, né evidenziato un’incapacità di funzionare dei sistemi di prevenzione del rischio, in modo da identificare i rischi critici e i problemi che possono suscitare. Sulla base di questo rapporto la banca ha preso alcuni provvedimenti importanti. Già prima del rapporto aveva comunque provveduto alla sostituzione del capo dell’area rischio. Il rapporto ha inoltre individuato 23 persone responsabili, nove delle quali sono state licenziate. Negli Stati uniti, la
I fallimenti di Archeos e Greensill sono costati quasi 6 miliardi di franchi. (Keystone)
situazione ha anche indotto alcuni responsabili di settore a lasciare spontaneamente la banca. Inoltre, la direzione ha deciso di applicare le regole del «malus» e ha ridotto i «bonus» per un totale di circa 70 milioni di dollari. Infine la banca sta applicando le misure suggerite dall’indagine della «Paul, Weiss». Tra queste si rilevano ancora investimenti maggiori in risorse per migliorare la gestione dei rischi, definizione chiara dei modi, delle responsabilità e dell’obbligo di rendere conto, rinforzo dei processi di protezione dai rischi, riesame delle tendenze al rischio e controlli in materia di con-
troparti, miglioramento della qualità dell’informazione sui rischi e dell’accesso ai suoi dati, lettura incrociata dei dati e proseguimento del miglioramento della cultura del rischio. Tutte le posizioni del fondo Archeos sono state sciolte all’inizio di giugno e sono state adottate le misure necessarie. In termini finanziari l’impatto di Archeos è stato di 594 milioni di franchi nel secondo trimestre 2021 e di 5 miliardi di dollari nel primo trimestre. La banca cercherà inoltre di ricuperare soldi presso terzi di vario tipo. Anche, per esempio, con i «bonus» pagati in passato.
Per quanto concerne Greensill, la restituzione di fondi agli investitori resta una priorità assoluta, così come il loro recupero massimo possibile. Ci si chiede – ma anche il rapporto pone la domanda– come mai Credit Suisse possa essere caduto in una così gigantesca trappola. Tutte le informazioni per valutare l’importanza del rischio erano date. Eppure si sono avallate (o sopportate?) posizioni di rischio catastrofico. Si è trattato di una fondamentale mancanza del management e delle istanze di controllo, soprattutto, della banca di investimenti a New York. In particolare si sarebbero dovute sorvegliare le operazioni di un grosso cliente come Bill Hwang: già nel 2012 era sospettato di delitti «insider» e nel 2014, insieme proprio ad Archeos, si vide vietato il commercio sulla borsa di Hong Kong. Eppure Hwang riuscì perfino a ottenere una diminuzione del tasso di rischio accettato. Un esempio che evidenzia come la banca avrebbe dovuto seguire certi clienti con maggiore attenzione. Gli effetti di questa crisi si sentiranno per qualche tempo ancora. Il CS sta uscendo da una serie di crisi, tra le quali la più grave è certamente questa. «Non tolleriamo più comportamenti inaccettabili» ha detto il capo della direzione, facendo eco al nuovo presidente del CdA. Vi è da sperare che questo si realizzi per quella che rimane la seconda banca in Svizzera con responsabilità sistemiche. Annuncio pubblicitario
Suggerimento di consumazione
LC1 regola la sua digestione in modo delicato e naturale – con tanto sapore!
Lo yogurt naturale senza zuccheri aggiunti* di LC1 è ideale come base per un muesli! *Contengono per natura zuccheri.
LC1 è in vendita alla tua Migros
450g
150g
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
28
Politica e economia
Il pugno duro di Pechino la consulenza della banca migros
Thomas Pentsy
azioni cinesi con notevole distacco 20% 15% 10% 5% 0% -5% -10%
SPI
S&P 500
EuroStoxx 50
MSCI Emerging Markets
Hang Seng
CSI 300
Performance dall’inizio dell’anno
ristrutturarla. I giganti tecnologici come Alibaba e Tencent sono stati multati per pratiche monopolistiche o sono stati costretti a rinunciare ai loro diritti esclusivi in determinati settori. Questi esempi dimostrano agli investitori stranieri quanto i loro
investimenti siano esposti alle autorità di vigilanza cinesi. Nelle borse di Shanghai e di Hong Kong i titoli tecnologici e quelli legati all’istruzione sono crollati talvolta in modo significativo. Nel complesso le due piazze borsistiche hanno registrato un andamento deludente nell’anno
Fonte: Bloomberg (al 02.08.2021)
Thomas Pentsy è analista di mercato presso la Banca Migros
Dopo le Big Tech, il governo cinese sta ora intervenendo duramente anche nei confronti del settore dell’istruzione privata. Le nuove direttive di Pechino proibiscono agli istituti di apprendimento, tra l’altro, di produrre rendimenti per gli investitori, raccogliere capitali o quotarsi in borsa. Attualmente le nuove istituzioni private che offrono tutoring non possono registrarsi, mentre le piattaforme educative online esistenti devono richiedere una nuova autorizzazione alle autorità di vigilanza. Con queste misure il governo mira a ridurre il carico costante che grava sugli studenti e rendere l’educazione dei bambini e la formazione più accessibili, con l’intento di contrastare il calo del tasso di natalità. Si stima che il mercato cinese del tutoring e dell’istruzione online sia di oltre 100 miliardi di dollari. Negli ultimi anni, le imprese dedite alla formazione, in particolare quelle quotate in borsa, hanno beneficiato notevolmente degli investimenti esteri. Tuttavia, le riforme dimostrano l’intenzione della Cina di voler limitare gli investimenti esteri. Insieme alle misure adottate per i gruppi tecnologici, queste evidenziano l’intenzione di Pechino di riconquistare il controllo dell’economia e
in corso. Le incertezze normative rappresentano infatti un importante fattore di rischio per le esposizioni azionarie in Cina. Tali rischi specifici legati al Paese e al titolo possono tuttavia essere ridotti investendo in un fondo azionario ampiamente diversificato. Annuncio pubblicitario
PER BUDGET 50% DI MINI. RIDUZIONE Il tuo abbonamento MINI ora per due anni a soli 9.50 invece di 19.– al mese.* Chiamate & SMS/MMS illimitati | 1 GB di dati
*9.50 invece di 19.– al mese per due anni alla nuova stipulazione di un abbonamento M-Budget Mobile MINI dal 17.8 al 6.9.2021. Dopo due anni il prezzo mensile dell’abbonamento torna a essere di 19.–. Le chiamate/gli SMS senza limiti valgono per la Svizzera e per il normale uso personale. I numeri business, brevi e speciali sono a pagamento. Il volume dati mensile è valido in Svizzera. Escl. 40.– di tassa d’attivazione. Nessuna durata minima del contratto.
Disponibile da: m-budget-mobile.ch
MOBILE
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
29
Politica e economia rubriche
Il mercato e la Piazza di Angelo rossi Frontalieri sotto la lente Nella ricerca empirica degli economisti pochi temi pongono così tante difficoltà di interpretazione come il mercato del lavoro. In primo luogo perché i dati che lo concernono fanno sempre difetto. In secondo luogo perché è un mercato che continua a mutare. È quindi sempre difficile riconoscere quali siano i suoi orientamenti di fondo, quelli cioè che ne potrebbero influenzare l’evoluzione futura. Tanto di cappello quindi al giovane economista Elia Pontalli che, nella sua tesi di bachelor, ha cercato di fare una fotografia del mercato del lavoro ticinese, interessandosi in particolare alla sua evoluzione dopo l’introduzione degli accordi con l’Ue sulla libera circolazione delle persone. I risultati della sua analisi sono stati pubblicati di recente, in versione sintetica, nella rivista «Dati». Nella sua descrizione di cosa sia successo nel corso degli ultimi
due decenni, Pontalli mette dapprima in evidenza quanto rapida sia stata la crescita dell’occupazione nell’economia ticinese, largamente superiore alla crescita della popolazione attiva. Ovviamente questa evoluzione è stata possibile solo grazie all’importante apporto della manodopera frontaliera. Altrettanto palese è perché si sia imposto questo tipo di sviluppo. La possibilità di ricorrere alla manodopera frontaliera è stata sfruttata in maniera ampia dalle aziende ticinesi soprattutto perché, a parità di qualifiche, il frontaliere costava loro meno del lavoratore residente nel Cantone. Pontalli presenta dati, derivati dalla statistica ufficiale, che provano che, in Ticino, il differenziale di salario tra lavoratori svizzeri e lavoratori frontalieri si ritrova praticamente in tutti i settori della classificazione Noga, ossia della classificazione internazionale
dei settori di occupazione. Secondo lui, l’esistenza di queste differenze di salario può solo in parte essere fatta risalire a livelli di formazione diversi. Un altro fattore che determina le differenze di salario tra svizzeri e frontalieri è dato dalla diversa distribuzione degli effettivi di questi lavoratori tra i vari settori di occupazione. Ma, come si è già ricordato, la differenza di salario si ritrova anche all’interno del medesimo settore: i frontalieri sono, con pochissime eccezioni, pagati dal 15 al 25% meno degli svizzeri. Pontalli rileva poi quello che studi eseguiti negli anni Ottanta dello scorso secolo avevano già messo in evidenza, ossia che, nell’ambito delle regioni di frontiera svizzere, la discriminazione salariale nei confronti dei frontalieri è grande solo in Ticino. Nelle altre regioni le differenze di salario sono molto più contenute. In certe regioni,
addirittura, il frontaliere è pagato di più che il lavoratore svizzero. Quando si discute di queste differenze si sente spesso l’argomentazione stando alla quale anche con un salario più basso di quello versato ai suoi compagni di lavoro svizzeri il lavoratore frontaliere si ritrova a fine mese, grazie alle differenze nei prezzi tra Svizzera e Italia, con un potere di acquisto più elevato di quello che avrebbe potuto conseguire rimanendo a lavorare nel suo Paese. Anche Pontalli pensa che siano queste differenze nel potere di acquisto a indurre i frontalieri ad accettare salari più bassi di quelli versati ai lavoratori svizzeri. Questo però non significa che essi non siano coscienti di essere discriminati dal profilo salariale. Che sia così lo dimostra un altro risultato del lavoro di Pontalli. Si tratta delle modifiche nelle scelte del frontalierato rispetto ai settori di
occupazione. Nel corso del tempo non solo i lavoratori svizzeri ma anche quelli frontalieri si muovono verso i settori con posti di lavoro sicuri e che hanno non solo salari più elevati ma anche differenze salariali tra le diverse componenti dell’occupazione (come per esempio lavoratori svizzeri e lavoratori frontalieri) più contenute. Per il momento questi movimenti non hanno creato problemi di reclutamento ai settori che pagano meno. La riserva di frontalieri interessati a venire a lavorare in Ticino sembra infatti essere quasi inesauribile. La maquiladora ticinese continua quindi ancora a funzionare. Notiamo però che, da dieci anni a questa parte, si creano sempre meno nuove aziende in Ticino. Nella nostra economia terziarizzata, se le aziende cessano di aumentare, anche i frontalieri cominceranno a diminuire.
no sarebbero stati riconosciuti (ed entrambi sono stati eccezionali anche al passo d’addio). Quasi tutti gli altri atleti non facevano parte dell’immaginario e della vita pubblica. In pochi giorni, è cambiato tutto. Non è stata una grande Olimpiade per lo sport italiano. È stata una grandissima Olimpiade per l’atletica italiana: lo sport della tenuta e della sofferenza, dell’energia fisica e morale, in cui si deve davvero andare sempre più veloce, sempre più in alto, sempre più forte. Ma ovviamente il bilancio di Tokyo 2020 (i Giochi si chiamano così anche se si sono svolti nel 2021) non può essere limitato alle varie Nazioni (gli Usa hanno superato la Cina vincendo nove ori nell’ultimo giorno, la Germania si è detta soddisfatta, la Gran Bretagna si muove ancora sull’onda lunga di Londra 2012, la Francia che sarà padrona di casa nel 2024 esulta per la bella prestazione negli sport di squadra, oro nella pallamano maschile e femminile, oro nel volley maschile, argento dietro gli Stati uniti nel basket
maschile, bronzo nel basket femminile ecc.), né può essere limitato al solo ambito sportivo. Certo, l’Olimpiade è innanzitutto un fatto di sport. Ma per la sua dimensione universale inevitabilmente assume un significato che riguarda la vita di tutti noi. Si sapeva che sarebbe stata un’edizione carica di simboli. Era giusto farla. Il catastrofismo iniziale era fuori luogo. Il mondo riparte anche da qui. In Italia si è parlato molto delle vittorie dei neri italiani. Espressione che ha poco senso, sarebbe meglio dire italiani e basta. Ovviamente un oro olimpico non risolve una questione epocale come l’immigrazione, ma aiuta a capire che grazie ai nuovi italiani – o svizzeri, o generalmente europei – arriveremo in posti che finora ci erano negati, faremo cose che prima non ci riuscivano. E il fenomeno Jacobs non deve far dimenticare un altro prodigio: quello di Vanessa Ferrari, che ha conquistato una medaglia olimpica nella ginnastica al quarto tentativo e a trent’anni compiuti, in uno sport dove sino a non
molto tempo fa una diciottenne era considerata vecchia. A Rio, Vanessa aveva raccontato così la sua infanzia: «Mia madre cercava disperatamente in me una qualche forma di talento. Mi regalò tutte le cassette dello Zecchino d’oro; non le ho mai ascoltate. Mi fece sentire la musica classica; da allora la detesto. Mi regalò la carta Fabriano e i pastelli a cera; ma non sapevo dipingere. Mi fece recitare, ma ero talmente incapace che mi diedero il ruolo di coniglietto; dopo le proteste di mamma fui promossa principessa; sul saluto finale al pubblico inciampai nel vestito e rotolai sul palco». Poi scoprì la ginnastica. Ma il vero talento di Vanessa Ferrari e dei nostri campioni più o meno conosciuti non è fare salti, che possono riuscire a tanti; è resistere, un giorno o un minuto più degli altri. Non è vero, come dice il titolo di un libro peraltro molto bello, che «resistere non serve a niente». Resistere è il vero sport universale. Resistere è l’unica cosa che un po’ tutti noi possiamo fare.
predicazione dannunziana si chiesero se non fosse il caso di inglobare nella «grande Italia» anche le popolazioni insubriche delle Alpi meridionali, almeno fino al confine naturale del San Gottardo. Occorreva, insomma, «redimere» questi territori orfani che le vicende storiche avevano staccato dalla madrepatria: fare in modo che potessero ritornare nel loro grembo materno, ossia la civiltà italica. In quest’operazione si distinse la rivista fiorentina «La Voce», la quale – per la penna del suo direttore Giuseppe Prezzolini – nel biennio 1912-1913 si fece promotrice di un vivace dibattito sull’«anima» del Canton Ticino, cui parteciparono anche Francesco Chiesa, Emilio Bontà e Augusto Ugo Tarabori. Insomma, chiedeva Prezzolini ai suoi amici ticinesi, che cosa siete voi veramente, qual è la vostra indole? In fondo non siete né carne né pesce, siete un anfibio ancora sconosciuto alla tassonomia animale… Dovete chiarirvi le idee, giacché la redenzione
non potrà che essere opera vostra. Il Novecento, «il secolo degli estremi» con le sue crisi, i suoi regimi criminali e le sue devastanti guerre, ha spento ogni focolaio irredentistico. Ciò nonostante la Confederazione è rimasta a lungo un animale esotico, indecifrabile, quasi fantastico. Solo negli ultimi decenni è stato possibile diradare le nebbie e favorire un approccio meno superficiale e impreciso, meno zavorrato da stereotipi, non di rado ingenerosi. Chi scrive ricorda il numero speciale della rivista romana di geopolitica «Limes» del 2011 («L’importanza di essere Svizzera»), ma anche iniziative di parte elvetica rivolte al pubblico italofono, come i tredici tomi del Dizionario storico della Svizzera e la collana, curata da Oscar Mazzoleni per l’editore Dadò, le «Sfide della Svizzera». L’ultimo contributo alla reciproca conoscenza è giunto dall’editrice Iperborea di Milano, con un numero speciale di The Passenger, già segna-
lato su queste pagine. Si tratta di un bel quaderno, originale, in cui si affrontano vecchi temi da angolazioni nuove, come il «formidabile esercito svizzero», oppure argomenti ritenuti scabrosi, come il suicidio assistito. Si parla inoltre di miti, di lingue, di frontiere, di cittadinanze accolte o rifiutate. Un’operazione riuscita, che la redazione ha promosso appoggiandosi a studiosi e intellettuali nati o comunque attivi nella Confederazione. Nell’editoriale si dice che la Svizzera ha fatto dell’invisibilità la sua forza, «ma questo incredibile cocktail di contraddizioni glocal lo rende un esperimento politico e culturale troppo interessante per lasciarlo nascosto e misconosciuto proprio nel cuore dell’Europa». Concordiamo. Solo incrementando e incrociando gli sguardi è possibile sollevare i veli e illuminare le varie facce del poliedro elvetico, sia quelle di cui andiamo fieri, sia quelle che abbiamo preferito occultare negli armadi.
In&outlet di Aldo Cazzullo I Giochi della resistenza Non era difficile prevedere che sarebbero stati Giochi olimpici importanti per il mondo. Sono stati in forse sino all’ultimo. Il popolo giapponese in larga parte era scettico se non apertamente contrario. Eppure sono stati un successo. E passeranno alla storia come i Giochi della ripartenza, o meglio ancora della resistenza, nel pieno di una pandemia che all’evidenza non è ancora finita. Per la Svizzera è stata una buona edizione: tre ori non sono mai scontati; e siccome era ancora vivo il ricordo del bel campionato europeo di calcio disputato dagli elvetici, che hanno eliminato i francesi campioni del mondo, si può dire che per la Svizzera dello sport è un ottimo momento. In Italia è stata vissuta come l’Olimpiade del campione ignoto; in cui chiunque può tentare di specchiarsi e riconoscere un tratto di sé. Pietro Mennea e Sara Simeoni li conoscevano tutti. Erano forse l’uomo e la donna più famosi d’Italia, tipo Celentano e Mina. Jacobs, Tortu, Patta e Desalu (i
vincitori della staffetta 4 per 100) fuori dalla cerchia degli appassionati non li conosceva quasi nessuno. E sono state meravigliose sorprese. Certo, i campioni bisestili, che spuntavano dal nulla ogni quattro anni e nel nulla tornavano sino all’Olimpiade successiva, ci sono sempre stati. Ma salivano sul podio di altri, dignitosissimi sport, dal tiro alla vela; non nella disciplina olimpica per eccellenza, l’atletica. Ovviamente ci sono delle spiegazioni. Il calo d’attenzione verso gli sport diversi dal calcio. Le differenti storie degli atleti. L’oro di Mosca 1980 fu per Pietro Mennea e Sara Simeoni la consacrazione di un percorso straordinario, iniziato nel drammatico quadro di Monaco 1972. Entrambi erano primatisti del mondo. Lamont Marcell Jacobs è esploso all’improvviso e Filippo Tortu ha sorpreso persino se stesso. Più in generale, se avessimo sottoposto la lista dei partecipanti a Tokyo 2020 al pubblico medio dei social, forse solo Federica Pellegrini e Aldo Monta-
cantoni e spigoli di orazio Martinetti la svizzera che non ti aspetti Di tanto in tanto gli italiani ci osservano. Uno sguardo oscillante tra il pregiudizio e l’aperta ammirazione, perché ritengono di poter ricavare dalla fucina elvetica una sagomatura per una possibile riconfigurazione istituzionale della Penisola. Vagheggiano un’Italia federale sulla falsariga del congegno messo a punto nei secoli dai Cantoni svizzeri: l’ultimo grande estimatore del sistema è stato Gianfranco Miglio, l’ideologo della Lega ai tempi di Umberto Bossi. Un intellettuale acuto ma dall’aria luciferina, ideatore di teorie tanto audaci quanto azzardate agli occhi degli stessi leghisti, che difatti, dopo averne subito il fascino, lo collocarono nella galleria dei venerati maestri per infine dimenticarlo. Tuttavia il caso elvetico – il «Sonderfall» – ha attirato l’interesse anche per altri motivi: per la composizione pacifica delle differenze (linguistiche, religiose e sociali), per il rispetto delle minoranze, per il sistema educativo,
per la qualità della ricerca scientifica, teorica e applicata, per la cooperazione allo sviluppo e l’aiuto umanitario. Già nella prima metà dell’Ottocento, il patriota e carbonaro Silvio Pellico espresse meraviglia per i successi di quel piccolo Paese alpino: «Ecco altrove alcune persone che stentano a capirsi; non parlano abitualmente la stessa lingua. Non credereste, che potesse esservi patriottismo fra loro. V’ingannate. Sono svizzeri, questo di cantone italiano, quello di francese, quell’altro di tedesco. L’identità del legame politico che li protegge, supplisce alla mancanza d’una lingua comune, li affeziona, li fa contribuire con generosi sacrifizi al bene d’una patria che non è Nazione». Seguirono, dopo la costituzione del Regno d’Italia (1861), molte altre attestazioni, alcune benevole, altre sottilmente perfide e interessate. Con l’affermazione del nazionalismo, sfociato nelle imprese coloniali in Africa, scrittori e poeti influenzati dalla
Feel Good: che il brunch abbia inizio a partire da 4 pezzi
20% Yogurt bio zuccheri senza aggiunti Fruit mix, mango-mela o Exotic, per es. Fruit Mix, 150 g, –.70 invece di –.85
20% 1.40 invece di 1.80
4.20
Cialde di spelta all'uovo Alnatura 165 g
Carpaccio bio plant-based V-Love 90 g
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
2.45
Le Gruyère semistagionato bio, AOP ca. 250 g, per 100 g, confezionato
30% 3.95
UN CLASSICO DEL BRUNCH CON FRESCO TOPPING AI MIRTILLI: migusto.ch/pancakes
3.20
3.90
invece di 5.70
Honey Fresh Tee You bio 20 bustine
Treccia plant-based V-Love, IP-SUISSE 450 g, confezionato
Lentil Cacao Crunchy You bio 500 g
Novità: il pane si fa snack
20x
20x
PUNTI
PUNTI
Novità
1.80
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Dolc e all ’aroma lampone e c iocc di salat o al g ust o d olat o o i piz Se nza addit iv i . za.
Novità
Twister lampone/ cioccolato 70 g
1.80
Twister pizza 70 g
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
33
cultura e spettacoli le case delle nostre vite A colloquio con Emanuele Coccia, filosofo che si è chinato sulle stanze interiori e non pagina 33
Il nazionalsocialismo e le bestie Il rapporto dei nazisti con gli animali fu profondo e contraddistinto da grande rispetto: l’analisi in un avvincente libro di Jan Mohnhaupt
dopo il Festival Un Festival atteso, quello di Locarno, anche se all’ombra di una perdita che ha scosso
Una grande macchina Alla ricerca di giovani talenti grazie alle attente e mirate iniziative collaterali del Festival
pagina 35
pagina 37
pagina 39
biermann, cantore della dittatura Pubblicazioni Il Canneto ha dato
alle stampe l’avvincente autobiografia di Wolf Biermann
Luigi Forte Già all’inizio degli anni Ottanta lo scrittore e psicologo austriaco Manès Sperber non aveva dubbi: «Lei deve assolutamente scrivere le sue memorie!» intimò a Wolf Biermann che era andato a trovare quel vecchio ex comunista nella sua casa di Parigi. Era ormai chiaro che il bardo socialista cresciuto alla scuola della dialettica brechtiana e incline alla lode del dubbio rappresentava una figura esemplare per le drammatiche vicende della storia tedesca ed europea del dopoguerra. Da allora di tempo ne è passato, ma l’autobiografia In due dittature uscita nel 2016 e ora proposta dall’editore genovese Il Canneto nella splendida traduzione di Alberto Noceti conferma quanto fosse importante seguire quel percorso attraverso l’inesauribile testimonianza del suo protagonista. Rievocando gli eventi anche più drammatici, Biermann scrive pagine coinvolgenti e incalzanti come se rivivesse quei momenti in forma di romanzo e da una distanza che, senza oscurare il dolore e la delusione di un tempo, li traduce in una grande esperienza collettiva. La sua vita del resto si interseca indissolubilmente con la storia della Rdt e di Berlino est dove nel novembre nel 1976, privato della cittadinanza, non poté più rientrare dopo un concerto tenuto a Colonia. Tragico destino per uno come lui, figlio di un padre ebreo comunista morto ad Auschwitz, che aveva deciso di trasferirsi, a diciassette anni, nella Rdt da Amburgo dov’era nato nel 1936. In realtà già da tempo la Stasi, cioè la principale organizzazione di sicurezza e spionaggio della Germania orientale, era intenzionata a spedirlo all’ovest dopo aver tentato invano di convertirlo alla linea del partito. Mentre i suoi lieder, che intonava con voce rauca e aggressiva, parlavano di un socialismo dal volto umano, quasi un’anticipazione della perestrojka, e dalla sua chitarra Weissgerber uscivano note micidiali come proiettili diretti verso burocrati e stalinisti. Naturalmente la reazione non si fece attendere: prima lo accusarono di scetticismo e disfattismo, poi gli impedirono di esibirsi in
pubblico. Lui intanto pubblicava poesie e canzoni presso l’editore occidentale Wagenbach. Raccolte che hanno segnato un’intera epoca come L’arpa di fil di ferro del 1965 e più tardi, nell’autunno del 1968, Con le lingue di Marx e di Engels, che gli guadagnò il Premio letterario Fontane a Berlino Ovest, dov’era uscita anche la sua Fiaba d’autunno che il governo definì «un’istigazione contro lo Stato». Più tardi, nel 1972 sempre da Wagenbach uscirono il poema Germania, una fiaba d’inverno e la raccolta Per i miei compagni. Grazie a un sofisticato microfono che la madre Emma gli aveva portato da Amburgo, mimetizzato da banana, lui riuscì intanto a crearsi un piccolo studio di registrazione a casa propria, nella Chausseestrasse a Berlino est, non lontano dal cimitero dove riposano, fra gli altri, Brecht e Hegel. Faceva da sfondo alle sue canzoni una singolare big band: erano i rumori che salivano dalla strada, l’intera polifonia della grande città. Per il suo paese l’impenitente chansonnier non esisteva, mentre i suoi lieder superavano facilmente il Muro, e all’Ovest andavano a ruba. Visse una sorta di paradosso: negli undici anni durante i quali fu totalmente vietato, finì per essere la persona meno isolata della Rdt. Già nel 1966, in occasione di un concerto al cabaret Distel, Joan Baez gli fece visita e gli dedicò pubblicamente una canzone nel corso della serata. Lo andavano a trovare anche famosi scrittori occidentali come Böll, Frisch e Grass, che lo definì il Grande Inquisitore. In quegli anni lontani Biermann attirava una certa sinistra per quell’idea di socialismo che coniugava Marx con l’utopia, esaltava la felicità del singolo contro la repressione del collettivo e sognava, come il suo grande amico filosofo Robert Havemann, l’umanizzazione del sistema. Non a caso aveva come compagni di strada un manipolo di giovani e scalpitanti scrittori, da Christa Wolf a Heiner Müller, da Volker Braun a Günter Kunert, la parte più genuina e originale della letteratura d’oltr’Elba divisa fra resistenza interna ed esilio, fra un’idea di socialismo democratico e il rifiuto integrale del sistema. Poi le
Wolf Biermann, classe 1936, in un’immagine del 2006. (Shutterstock)
strade si divisero e il cantore Biermann tornò nella natia Amburgo: era svanito un sogno e lui si sentiva «un naufrago in terra straniera». Viaggiava per l’Europa da un concerto all’altro, poi si trasferì per un certo periodo a Parigi, dove ebbe anche occasione di incontrare Sartre. Col tempo dovette dare ragione alla moglie del suo maestro Hanns Eisler: era un fatto positivo che non dovesse più ululare le sue canzoni rinchiuso nella gabbia a Berlino Est. Nel frattempo la sua vita, che sentimentalmente aveva definito uno sconquasso, e di cui l’autobiografia offre un ampia e dettagliata testimonianza fra compagne, mogli e figli, ritrova grazie alla presenza di Pamela un nuovo solido equilibrio. Era la persona unica, che aveva sempre cercato e grazie alla quale riacquistò la forza per resistere nella battaglia del mondo. La sposò il giorno prima della caduta del Muro:
ora rinasceva la sua vita, mentre il crollo della dittatura gli ispirava la Ballata dei vecchi depravati contro i potenti di un tempo a cui si rivolgeva con ironica magnanimità: «Non la vendetta, ma la pensione!». Nel conflitto col Potere non ebbe però dubbi: la Rdt, come riafferma nelle sue pagine, «fu la dittatura di un’élite di Partito sul Partito e sul popolo, uno Stato di ingiustizia, uno Stato iniquo». Ma in qualche modo aveva vinto la sua musica libertaria e insolente se i politici si erano scomodati per una manciata di canzoni contestatrici, facendolo pedinare e spiare da oltre duecento persone nel corso degli anni, come apprese dai dossier recuperati nella vecchia centrale della Stasi. L’inquisitore dalla chitarra micidiale si è da tempo trasformato in un disincantato osservatore della nuova realtà tedesca, ancora oggi pieno di dubbi sulla riunificazione fra parenti
poveri a est e ricchi a ovest o sul capitalismo che dimentica per strada il sogno di una società più equa e giusta. Ma la sua autobiografia va ben oltre l’aspetto ideologico e affonda nella vita e nei suoi affetti, rievocando la coraggiosa figura della madre Emma e di Nonna Meume a cui dedicò una splendida poesia, e di molti amici che lo sostennero così come dei tanti amori che gli diedero forza nei momenti più difficili. L’outsider per nascita, com’egli stesso si è definito, resta il portavoce di un’identità costruita fra le contraddizioni tedesche. Del resto, come dice un suo verso, solo chi muta è fedele a sé stesso. bibliografia
Wolf Biermann, In due dittature. Un’autobiografia, traduzione di Alberto Noceti, Il Canneto editore, p. 329, € 24.–.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
34
cultura e spettacoli
Il desiderio contro la paura Incontri A colloquio con il filosofo Emanuele Coccia, autore di un libro
sulla «filosofia della casa»
una forma ancora embrionale di ciò che la letteratura potrebbe essere su questi media. Il fatto è che tutti i social ci costringono a raccontare e a raccontarci molto di più di quanto lo facessimo prima. Ci raccontiamo in modo rozzo e molto conflittuale perché anche nei social vince la necessità di rivendicare la propria identità. Il problema è che i social media e internet sono in mano a delle persone che non hanno nessun desiderio di fare avanguardia. Dopo l’invenzione della stampa, Lutero inventò una nuova religione, quindi un nuovo modo di stare al mondo, fu la rivoluzione. Internet è uno strumento straordinario di cui gli artisti non si sono impadroniti: sarebbe così facile che dieci scrittori e scrittrici componessero un romanzo collettivo su facebook, per esempio, ma non avviene. Chiediamo agli studenti degli elaborati con le note a pie’ di pagina come 500 anni fa, i corsi universitari non lavorano sui social in modo sistematico, è semplicemente assurdo.
Abbiamo incontrato Emanuele Coccia, filosofo, professore all’EHESS dal 2011, autore di molti saggi, tra cui nel 2017 La vie des plantes (Payot, 2017) tradotto in tutto il mondo. Gli abbiamo chiesto di parlarci del suo ultimo testo, scritto in buona parte prima dell’inizio della pandemia: La filosofia della casa. Lo spazio domestico e la felicità (Einaudi Stile Libero). Qui a partire da spunti autobiografici Coccia inserisce la riflessione filosofica nella vita quotidiana, prendendo spunto dalla divisione in stanze degli appartamenti in cui viviamo. Il suo testo parte dal presupposto che la filosofia si è occupata della città, nei secoli, trascurando la casa, che per questo: «è divenuta uno spazio in cui torti, oppressioni, ingiustizie e ineguaglianze sono state nascoste, dimenticate, riprodotte inconsapevolmente e meccanicamente per secoli». ci racconti come e perché la filosofia allontana l’umanità dal male.
lei scrive: «non c’è nessuna identità di genere: nel genere, in ogni genere, si è almeno in due, e lo si è sempre nel modo di un esperimento, di un tentativo temporaneo». Perché ultimamente è dominante, invece, la necessità che ogni tentativo di genere diventi identitario, quindi definitivo?
Penso che questo identitarismo sia legato a una evoluzione della cultura occidentale. Anche le questioni razziali vengono declinate in termini identitari e non, come accadeva negli anni ’90, all’insegna del métissage. In parte è a causa di un malinteso filosofico per cui la libertà viene intesa come un atto di
Festival Ad Arzo
ritorna la narrazione
Laura Marzi
Non so se lo faccia, se la filosofia abbia questo potere. Probabilmente che la casa sia diventata un luogo di disuguaglianza e oppressione dipende dal fatto che la modernità ha scommesso tutto sulla città, che è diventata il luogo di produzione, al posto della casa. La casa così è diventata un ripostiglio, dove le cose vengono posate e non pensate.
Emanuele Coccia durante un incontro con il pubblico in Francia. (YouTube)
riconoscimento e non di compromesso. La democrazia è l’invenzione di uno spazio in cui attraverso la parola (il parlamento) istanze diverse giungono a una scelta comune. Ora basti pensare al vocabolario dominante, anche nella sinistra, che da due secoli ormai è solo di stampo bellico: lotta, conflitto, rivendicazione... Non ci si ricorda mai che la politica nasce dall’esigenza umana di stare in pace, per poter vivere, e che per questo sono fondamentali la diplomazia e il dialogo.
sia non solo lo spazio in cui abitiamo, ma un piccolo mondo di cui abbiamo più bisogno che del resto del mondo. Anche l’io è una parte di mondo, l’io non è un fatto spirituale, ma materiale. Paradossalmente non è neanche individuale, perché dell’io fanno parte persone, oggetti, sentimenti, eventi. La scrittura è l’esercizio di identificazione per eccellenza, la parola scritta suggella questo costante attraversamento tra l’io e il mondo.
L’idea fondante del libro è che la casa
Sì, scrivo infatti che siamo di fronte a
«Una casa è l’io» scrive, poi crea un legame tra la scrittura e la casa: «abbiamo bisogno di casa per la stessa ragione per cui abbiamo bisogno di scrittura». Perché abbiamo bisogno di scrittura, allora, per avere un io?
ascoltare e narrare per ritrovarsi
dei social media scrive che sono una forma aumentata ed estesa di letteratura. Non trova che la letteratura si caratterizzi per una ricerca estetica, per un amor di precisione di cui i social sono anche negazione?
sulla paura scrive una delle cose più belle mai lette: «contro la paura non serve il coraggio, serve solo il desiderio, la sua ostinazione, la sua forza, a volte la sua cecità». Possiamo dedurne che la paura ci vince solo quando la desideriamo più di quanto non vogliamo altro?
La paura non esiste, c’è solo la debolezza del desiderio. Viviamo un’epoca di grandissime paure, la politica dell’identità è propria di coloro che hanno paura di essere feriti, perché lo sono stati in passato, perché è naturale... Quando non desideri non c’è nulla che ti muove e tutto è così fragile, ogni cosa diventa patrimonio e aumenta la paura di perderlo. Il desiderio travolge, può sconvolgere tutto, desiderando non senti l’esigenza di difendere, perché sei sempre nella soglia tra avere e non avere. Filosofia significa una vita cesellata dal desiderio, dall’amore per il mondo, in una relazione con esso non legata alla proprietà, al diritto, ma guidata dalla forza della filía che è più potente di eros perché si estende fino alla morte.
Come tutti i festival che si rispettino, anche quello di Arzo ha un fedele ed entusiasta stuolo di ammiratori, che non vedono l’ora di sciamare per le suggestive vie e corti di Arzo e incontrare e gustare le storie di un appuntamento di fine estate che ha ormai il sapore della tradizione. Si riparte giovedì 19 agosto con Antonio Perrotta (Meride, Corte dei Miracoli, ore 18) che presenterà Dare corpo al padre e si andrà avanti fino a domenica 22 con Elle et mon genre, di e con Alberto Garcia Sanchez (Meride, Giardino al Roccolo, ore 18). La novità di quest’anno, come forse si evince già dai due spettacoli nominati, è che si tratterà di un «festival diffuso», e che dunque non rimarrà circoscritto unicamente ad Arzo, ma forse proprio in virtù della caratteristica congenita a ogni tipo di narrazione, «invaderà» anche spazi inusuali e finora non ancora battuti, in particolare concedendosi alcune apprezzate incursioni anche nel territorio di Meride e di Tremona. Ciò permetterà il coinvolgimento, oltre che di grandi e piccoli amanti di storie, anche di alberghi, ristoranti e imprese. Arzo non sarà più solo fiabe, dunque, ma anche scoperta di un realtà piccola ma ricca di spunti. dove e quando
21esimo Festival internazionale di narrazione di Arzo, 19-22 agosto. Per informazioni e programma: festivaldinarrazione.ch
Padrona della kermesse sarà anche quest’anno la parola.
l’odio e le sue forme
Pubblicazioni Un sentimento e una postura sociale dalle molteplici declinazioni e dalle conseguenze individuali
e collettive da non sottovalutare in un documentato libro della pedagogista Milena Santerini Stefano Vassere «È certo che, mentre l’amore è abitualmente verso una o poche persone, l’odio diventa molto facilmente un fenomeno di gruppo, che richiede una comunicazione tra più individui». La contemporaneità vive un po’ dappertutto il crescere del sentimento di odio, che ci pare abitudine più vitale e diffusa che mai. Una sorta di mortifero «odiocene» che sembra espandersi inesorabile, senza limiti di quantità e di qualità, esprimendosi in realtà sociali differenti e ricorrendo a vari modi e varie attitudini. Certo è che l’odio c’è sempre stato e sono tutt’al più i destinatari e, soprattutto, i canali che eventualmente cambiano. Bene fa, quindi, la pedagogista Milena Santerini a fare il punto su tutta questa varietà nel suo documentato La mente ostile. Forme dell’odio contemporaneo. Il libro si distribuisce attorno alle forme dell’odio: quello nell’Internet, l’odio collettivo, il razzismo, l’antisemitismo, l’odio a sfondo sessuale e quello rivolto ai musulmani. In capo a
tutto ciò sono poste le basi di una definizione («uno spettro di emozioni, atteggiamenti e comportamenti») e considerazioni sui fondamenti biologici. Soprattutto in questo ultimo ambito si concentrano le direzioni di ricerca recenti, un po’ per stabilire qualche continuità dell’odio nelle sue varie declinazioni storiche e un po’ per indagarne la sua bislacca comunicazione. È la parte un po’ più di frontiera, dove impariamo che gli esperimenti con le immagini neurologiche hanno dimostrato che la localizzazione nel cervello della produzione di odio è parzialmente sovrapposta a quella dell’amore romantico (che, aggiungeremmo, è facile a trasformarsi in odio per accadimenti di vario tipo). Oppure che il comportamento d’odio è condizionato da reazioni precognitive, istintuali e istantanee, che «le emozioni legate al riconoscimento dei volti degli “altri”, di “persone che non ci assomigliano”, arrivano prima del momento in cui pensiamo razionalmente». E ancora che competenze umane come la memoria o il recupero di informazioni
del passato ci permettono di ricorrere a pratiche che gli animali non conoscono: la vendetta, il piacere per le disgrazie altrui, il sollievo per il danno capitato al prossimo e non a noi, la comodità semplificatrice del pregiudizio, ma anche l’empatia, la compassione e tutta una serie di bontà. È indubbio che la scena di questo dibattito sia occupata in questi anni da una particolare espressione del fenomeno: l’odio in Rete. Ne ha parlato, nella stessa collana di questo libro, il giurista informatico Giovanni Ziccardi qualche anno fa. Il tema sembra semplice da affrontare: da tempo si richiamano caratteristiche specifiche come la velocità, la capacità delle nuove tecnologie di dar voce ai borborigmi di chiunque abbia un PC o un telefonino, altre specialità di questi mezzi. Però, si comincia anche a ragionare su fatti che emergono con sempre maggiore regolarità: tra gli altri, la tendenza puntuale a mandare qualsiasi scambio subito fuori giri e sopra le righe. Si può parlare di sessismo nella lingua, calcio, vaccinazioni, l’ultimo
royal baby, come cucinare la pasta e fagioli ecc. e – non c’è verso – si litiga immediatamente, dandosi dell’illu-
strissimo senza risparmiare le bastonate. E oltre a tutto il resto, c’è pure la fastidiosa mania di taluni politici di letteralmente innescare un pandemonio dando con apparente neutralità una notizia delicata che riguardi i temi caldi del quotidiano. E scatenando quindi la canea di commenti e insulti lanciando il sasso per vedere che effetto fa: uno sbarco, la condanna di un richiedente asilo, la sentenza di un processo. Tutto questo male fa male, naturalmente. La continua tensione verso destinatari individuali colpiti da vere e proprie tempeste di odio collettivo e categorie sociali investite nel loro insieme finisce per coinvolgere, a macchia d’olio, i diretti interessati, le loro cerchie, osservatori, passanti e l’intera comunità socioculturale. Insomma, tutti noi. bibliografia
Un’analisi doverosa delle derive del contemporaneo.
Milena Santerini, La mente ostile. Forme dell’odio contemporaneo, Milano, Raffaello Cortina Editore, 2021.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
35
cultura e spettacoli
Poteri bestiali
Pubblicazioni Nel libro di Jan Monhaupt viene scandagliato e ricostruito il profondo (e controverso)
rapporto dei nazisti con gli animali Natascha Fioretti C’era una volta, nel cuore della Germania, all’ombra di faggi e querce, un piccolo giardino zoologico abitato da pesci rossi, scimmie, uccelli e orsi. Karl Koch lo aveva pensato e voluto per svagare e intrattenere i suoi sottoposti nelle pause lavorative, quando non erano intenti a sorvegliare i prigionieri. Gli stessi che con le loro mani avevano costruito lo zoo. Il ridente parco si trovava proprio accanto al Campo di concentramento di Buchenwald. Dal crematorio alla gabbia degli orsi c’erano dieci, forse quindici passi. A segnare il confine tra prigionieri e aguzzini, tra sub-umani e umani, un semplice filo spinato vicino al quale Ilse Koch, moglie del comandante, spesso passeggiava con i bambini. Era vietato fare foto ma diverse immagini dell’album di famiglia ritraggono Karl e suo figlio Arwin con gli animali. Qualche anno più tardi Ilse Koch siederà davanti a un tribunale militare affermando di non essersi mai accorta né del filo spinato né del Campo di concentramento. Era vietato disturbare gli animali o dare da mangiare e chi contravveniva veniva punito. I prigionieri ambivano al posto di guardiano, in particolare faceva gola la gabbia degli orsi. Chi se ne occupava aveva accesso a carne e miele. I meno fortunati venivano, invece, dati in pasto agli orsi. Karl Koch si divertiva ad osservare i plantigradi dilaniare le carni degli ebrei.
Paradossalmente i nazisti furono all’avanguardia nella tutela dei diritti degli animali Le due cose, la tutela degli animali da un lato, i crimini contro l’umanità dall’altro, non costituivano alcuna contraddizione per i gerarchi nazisti. Rudolf Höß, comandante del Campo di concentramento di Auschwitz, amava i cavalli. Ne cercava la vicinanza quando i quotidiani massacri non gli riuscivano con la solita diligente ubbidienza. Per Heinrich Himmler il rapporto con gli animali dimostrava la superiorità morale del Regime nazista, per Höß era la prova del suo carattere sensibi-
Koch con il figlio mentre dà da mangiare a un cerbiatto nello zoo del Lager; foto dall’album di famiglia, 1939. (national Archives Washington, BwASignatur: 018-094)
le ed empatico. Hitler smaniava per il pastore tedesco. Blondi, con grande gelosia di Eva Braun, era la sua vera compagna di vita, lo accompagnava persino in limousine. A Treblinka, invece, tutti conoscevano Barry, un meticcio San Bernardo grande come un vitello. Di buona indole, quando era solo si lasciava accarezzare dai detenuti. Di solito però accompagnava Kurt Franz, vicedirettore del Campo di stermino di Treblinka. Per lui i detenuti non erano persone e quando più ne aveva voglia li faceva azzannare da Barry che fedele obbediva agli ordini. Il primo ministro prussiano Hermann Göring, invece, era un patito della caccia, un insaziabile collezionista di trofei, uno per tutti il cervo rosso Raufbold. Un magnifico esemplare che Göring uccise nella sua riserva di Rominten nel febbraio del 1936 per poi immolarlo in una scultura di bronzo per i posteri. Impazziva per i leoni e i predatori. Famosa è l’immagine che lo ritrae a casa sul divano mentre gioca divertito con Mucki, un cucciolo di leone. Barry, Blondi, Raufbold, Mucki, Jan Monhaupt ci racconta anche la storia di Siegfried, stallone Trakehner che con milioni di altri cavalli partecipa al Secondo conflitto mondiale e alla campagna in Russia. Avanzano in migliaia, sauri, falbi, morelli e grigi. I Trakehner
sono i più nobili, resistenti e veloci tra i purosangue tedeschi. Resistono al caldo come al freddo. Dal 1933 all’inizio della guerra la Wehrmacht decuplica il loro numero. Nel 1941 Siegfried e il suo cavaliere, il soldato di cavalleria Max Kuhnert del Reggimento di fanteria 432, dai monti della Bassa Sassonia si dirigono a Varsavia. Qui nei territori occupati della Polonia sostano per parecchi giorni finché non arriva l’ordine di partire alla volta dell’Unione Sovietica. Tra orrori e fatiche, passano le settimane e i due instaurano un legame molto forte. Una mattina, alle porte di Mosca, mentre Kuhnert sella il cavallo scoppia una granata. Il boato è tremendo e lo butta a terra. Quando si rialza si avvicina a Siegfried e vede che sotto l’occhio destro c’è una ferita. Si gira verso la tasca della sella per prendere un fazzoletto e dal ventre del suo amico vede zampillare copioso il sangue. Un attimo dopo si accascia a terra e con gli occhi sgranati saluta il suo cavaliere un’ultima volta. Disperato, Kuhnert grida «Alzati, non puoi farmi questo!». Tutto invano, Siegfried il suo protettore, il suo compagno non c’è più. Nelle sue memorie Kuhnert scriverà «per me non era solo un cavallo, era il mio migliore amico». Nell’ideologia nazionalsocialista tra lupi, grandi felini e predatori, il ca-
vallo, l’unico erbivoro con l’istinto della fuga, ricoprì un ruolo d’eccezione. Raccontare il nazionalsocialismo attraverso il rapporto che l’élite al comando aveva con gli animali consente di mettere a fuoco l’ideologia nazista da un punto di vista inedito. I nazisti furono all’avanguardia nella tutela dei diritti degli animali tanto che l’attuale sistema di leggi tedesco si basa sulle decisioni di allora. Hermann Göring era contrario a ogni forma di sperimentazione animale, minacciò i vivisezionisti con il Campo di concentramento. Perché fino ad oggi se n’è parlato poco? Secondo Mieke Roscher dell’Università di Kassel, unica cattedra in Germania per gli Human-Animal-Studies, la ricerca, in particolare quella tedesca, temeva di poter in qualche modo sminuire la portata delle barbarie e di fare un torto alle vittime umane. L’indagine invece evidenzia in quale misura il bagaglio ideologico fosse pericolosamente radicato negli aspetti della vita quotidiana e con quali pesanti influenze sulla società. La storia degli animali è trasversale a molte delle tematiche note della ricerca sul nazionalsocialismo e ha il pregio di aprire scorci nuovi e mai riduttivi. Lo testimonia il lavoro della storica Maren Möhring da cui emerge che quello che a prima vista può sembrare un pensiero o un atteggiamento
paradossale in verità è un puro mezzo di propaganda. Per i nazisti c’erano animali di serie A e di serie B, animali che meritavano di vivere e altri di morire. L’ideologia non distingue tra uomo e animale ma tra vite utili e inutili. Utili in quanto necessarie per il benessere della comunità tedesca, la vittoria della guerra e lo sterminio degli ebrei. Pensiamo al gatto che per la sua natura vagabonda e indomabile veniva associato agli ebrei e dunque considerato inferiore. Per Victor Klemperer, filologo ebreo, e per sua moglie, il gatto Muschel è il compagno di una vita, l’ultima speranza di un’esistenza stremata nella città di Dresda. Sono stati privati della casa, del lavoro, della dignità, della libertà di uscire la sera e di andare al parco. Vivono nel terrore costante delle perquisizioni della Gestapo. Muschel è tutto ciò che gli resta, il simbolo della resistenza finché nel 1940 il ministero della nutrizione vieta gli animali domestici, misura necessaria per risparmiare viveri per la popolazione. Grazie a Hitler che non approva perché ritiene che un simile divieto non si addica ad un popolo che ama gli animali, la legge entra in vigore solo per le famiglie e gli individui che non appartengono alla comunità nazionale tedesca. Contorti nel dolore e nel terrore, i coniugi Klemperer salutano Muschel regalandogli un’ultima cena da re. La stessa sorte, qualche tempo dopo, per motivi diversi, toccherà anche a Blondi la cui vita, ritenuta ormai inutile, termina con quella del Führer. Se Adorno ci dice che il rapporto con gli animali è lo specchio del rapporto dell’uomo con sé stesso e della sua visione del mondo, non vanno lontane nemmeno le parole di Federico il Grande, convinto che gli animali avessero un’anima. Nel 1752 scrive a sua sorella Wilhelmine: «Credo che un uomo capace di mostrare indifferenza verso un animale fedele, non si mostrerà riconoscente nemmeno verso i suoi simili. E nel momento in cui si viene messi dinanzi a una scelta è preferibile mostrarsi sensibili che duri di cuore». Grazie allo storico Jan Monhaupt per averci spiegato la bestialità del potere. bibliografia
Jan Monhaupt, Bestiario nazista. Gli animali nel Terzo Reich, Bollati Boringhieri 2021.
correggersi non è sempre una buona idea
la lingua batte Breve viaggio nel fenomeno linguistico dell’«ipercorrezione»:
fra i simpatici tentativi dei piccoli parlanti e le scelte boriose degli adulti Laila Meroni Petrantoni «Puliscio io!», esclama il bimbo, 3 anni di esuberanza incontenibile. Di solito sono i grandi a rimproverarlo con un categorico «E adesso pulisci!». Così lui ha pensato di rendersi utile e coniugare il verbo pulire nel modo più logico possibile… Esiste un fenomeno nell’uso delle lingue per certi versi molto affascinante. La linguistica lo definisce «ipercorrettismo», o «ipercorrezione». In sostanza si tratta di una sorta di eccesso di zelo, un tentativo azzardato di far giusto anche là dove non si dovrebbe: si presenta ogni volta in cui un parlante o uno scrivente scarta una forma che gli suona non corretta pur essendo giusta, per utilizzarne un’altra che le
assomiglia ma che in realtà è sbagliata. Per capire meglio, partiamo dall’ABC. L’ipercorrezione è piuttosto frequente nei bambini che stanno apprendendo quella che per sempre sarà la loro lingua madre. In età prescolare non è raro che un bimbo racconti come la mamma abbia «aprito la porta», oppure gli abbia «leggiato una fiaba». Certo, il piccolo sta commettendo un errore linguistico, tuttavia come biasimarlo? Nella sua testolina sta solo applicando le complesse regole della grammatica – meccanismo ancora sconosciuto e vissuto piuttosto come un gioco – in particolare la norma per cui se il participio passato di verbi già acquisiti come mangiare e dormire è mangiato e dormito, allora si fa così anche con altri verbi «nuovi», più da gran-
di, come aprire e leggere. Logico, no? Sono sviste candide, tipiche della fase in cui si devono imparare le regole del gioco senza sospettare l’esistenza delle eccezioni e delle forme irregolari. Beata innocenza. L’ipercorrezione non è una prerogativa della lingua italiana: in inglese, l’esempio di erroruccio più frequente fra i parlanti in erba è indicare il passato del verbo andare come goed, per poi dover cozzare contro l’irregolare went. Secondo linguisti e psicologi, l’ipercorrettismo nei più piccoli è la prova che l’apprendimento del linguaggio non è guidato dall’imitazione degli adulti, o almeno non solo e non principalmente; si basa invece sulla logica e sulla capacità del bambino di essere costruttivo e creativo con i pochi principi
linguistici a sua disposizione fino a quel momento. Molto meno giustificabile (meno perdonabile?) è l’ipercorrezione negli adulti. Qui la questione diventa spinosa, perché alla base vi è una carenza nel padroneggiare la lingua in cui si vuole comunicare. Spesso l’ipercorrettismo si manifesta nel tentativo maldestro di sfoggiare un registro linguistico superiore alle proprie capacità, come ad esempio scegliere parole altisonanti ma inserendole in contesti per nulla adatti. Un po’ come sfoggiare con boria un orologio che ostenta un marchio di lusso sperando che nessuno si accorga della patacca al polso comprata in spiaggia. Capita a volte che questo genere di errori, commessi per colmare le proprie
Fantozzi e il congiuntivo: un sodalizio impossibile. (Wikipedia)
lacune linguistiche, siano guardati con indulgenza, magari anche con affetto. O diventino dei veri e propri classici. Come in quel dialogo nella nebbia entrato negli annali della cinematografia italiana… «Allora Ragioniere, che fa: batti?», «Ma? Mi dà del tu?», «No, no, dicevo: batti lei?», «Ah, congiuntivo!»… Grazie, ragionier Fantozzi Ugo: con lei abbiamo imparato a ridere anche dei nostri difetti.
26% di riduzione. 00. 00. 00. 00.2021 2020 17.8 ––23.8.
conf. da 2
26% 5.00
, Agnesi. C è ancora passione in Italia.
invece di 6.80
Agnesi Pesto alla Genovese 2 x 185 g
conf. da 2
26% 5.00
invece di 6.80
Agnesi Pesto Rosso 2 x 185 g
Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
Novità
100%
Rafforza il tuo siste ma* immunitario!
LATTE SVIZZERO
20x PUNTI
4.55 *Le vitamine D, B6, B12 e l’acido folico contribuiscono al normale funzionamento del sistema immunitario.
Fino a esaurimento dello stock. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
Emmi Aktifit Exotic 6 × 65ml
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
37
cultura e spettacoli
evviva il Festival, ma...
smutniak e quei progetti difficili
Festival di locarno La grande kermesse internazionale
ha riportato il cinema tra la gente
Incontri Al Festival di Locarno
anche l’attrice Kasia Smutniak
Nicola Falcinella
Nicola Mazzi
Era più importante tornare al cinema, ai festival e in Piazza Grande, dei singoli film. Così è stato per il 74esimo Locarno Film Festival che si è concluso sabato sera. Un’edizione importante per ripartire dopo l’interruzione forzata del 2020, con la partecipazione di meno spettatori e meno addetti ai lavori che in passato, ma tutti animati dalla voglia di ritrovarsi e ricominciare, nonostante le incognite. Mentre scriviamo non sono ancora noti i premiati e sono passati tutti i film del concorso internazionale tranne l’hongkonghese A New Old Play di Qiu Jiongjiong, sulla carta uno dei più promettenti. L’impressione è che sia mancato il film del festival, quello che contrassegna un’annata, così come tra i 17 in gara non c’era un netto favorito per il Pardo d’oro. La giuria presieduta dalla regista americana Eliza Hittman (da vedere il suo Mai raramente a volte sempre dello scorso anno) avrà avuto i suoi dilemmi nel scegliere tra opere di livello medio-discreto. Il premio maggiore potrebbe aver preso la strada dell’Indonesia, della Russia o della Francia.
Lei è una donna di origine polacca, ma da molti anni vive in Italia. È un’attrice e modella che in molti conoscono perché è stata per anni compagna di Pietro Taricone. Altri per averla vista nella pubblicità della TIM e altri per averla ammirata in qualche film come Nelle tue mani di Peter Del Monte, Allacciate le cinture di Ferzan Özpetek, Made in Italy di Luciano Ligabue e soprattutto Loro di Paolo Sorrentino e Perfetti Sconosciuti di Fabio Genovese. Intervistata da Piera Detassis (presidente dell’Accademia dei David di Donatello) ha lasciato l’impressione di una donna diretta, ironica e genuina. La prima domanda posta davanti a un buon pubblico (tra cui il marito Domenico Procacci) verteva sui primi passi nella moda. «Ho iniziato per una scommessa con gli amici e mi sono iscritta al concorso di miss liceo. Sono arrivata seconda e per premio mi hanno dato un orsacchiotto». Una scommessa che è poi diventata il suo primo lavoro: Kasia Smutniak è diventata modella e ha girato il mondo, fermandosi in Italia nel 1998. Si è quindi soffermata sul premio (Leopard Club Award) che ha ricevuto a Locarno. «All’inizio mi ero preoccupata perché pensavo fosse un riconoscimento alla carriera e quindi temevo stesse per finire. Ma ho capito che è un riconoscimento a quello che ho fatto e ai diversi percorsi intrapresi. A Locarno ho portato un film a cui tengo molto che è quello di Del Monte (scomparso nei mesi scorsi), una persona a cui ho voluto bene perché mi ha profondamente segnata come attrice. Con lui ho appreso a muovermi negli spazi, ad ave-
Nonostante la gioia del ritorno di Locarno, nessun film è riuscito a scatenare grandi entusiasmi Dal sudest asiatico è arrivato Vengeance Is Mine, All Others Pay Cash di Edwin, curioso intreccio di noir e melodramma ambientato nel 1989. Protagonista è Ajo, il duro del villaggio, uno che non teme nessuna sfida. Tutti sono però a conoscenza dei suoi problemi di impotenza, che forse affondano in un episodio vissuto da ragazzino. Un giorno si innamora di Iteung, anch’ella una dura sprezzante del pericolo. Un film sorprendente, che spiazza per poi tirare le fila nel finale. Interessanti i due film russi, più ambizioso Medea di Alexander Zeldovich, più equilibrato e compiuto Gerda di Natalya Kudryashova, che potrebbe avere più possibilità di premio. Il punto di forza del primo sta in una regia creativa e visionaria, con anche la più bella scena di sesso (simulato) del festival. Medea sposa un uomo ricco e corrotto dopo esserne stata l’amante per molti anni, ma, per proteggere il suo status, finisce con l’uccidere il pro-
Scena da Vengeance is Mine, All Others Pay Cash. (festivaldilocarno.ch)
prio fratello e le conseguenze saranno drammatiche. Ritorna la spiritualità in Gerda che è il nome che la studentessa di sociologia Lera adopera quando lavora in un night. Tra le favole in cui crede la madre e l’osservazione della realtà attraverso i questionari che sottopone ai cittadini, un film non originalissimo (ricorda per certi versi Mermaid di Anna Melikyan del 2007) ma certamente curioso. Parte da un’idea interessante, un pianeta abitato quasi da sole donne, After Blue del francese Bertrand Mandico, che unisce fantascienza filosofica e western, con ammiccamenti modaioli, qualche pretesa di troppo e lungaggini inutili. Per la Francia c’era anche Petite Solange di Axelle Ropert, storia sentimentale di un’adolescente. Tra i migliori anche l’italiano I giganti di Bonifacio Angius, che era già stato a Locarno con il suo esordio Perfidia. Cinque uomini si ritrovano in una casa isolata tra droga, alcol, ricordi e parole fuori luogo, in una sorta di Le iene in chiave sarda. Una storia assurda e nichilista dall’atmosfera disperata già dalle premesse. Da citare lo spagnolo Sis dies corrents di Neus Ballus e l’islandese Cop Secret di Hannes Halldorsson, due tipi di film che raramente raccolgono premi ma sono tra i più consigliabili a un pubblico largo. Il primo è una curata commedia che vede protagonisti due tutto fare, uno di mezz’età fuori forma e un giovane immigrato atletico, che vanno nelle case per effettuare riparazioni varie con esiti imprevisti e mai banali. Il secondo è un poliziesco, anche qui con due colleghi molto diversi tra loro: non
mancano le assurdità tra inseguimenti adrenalinici, implicazioni omosessuali e citazioni del cinema anni ’80. Qualche scoperta è arrivata dai Cineasti del presente, competizione riservata alle opere prime e seconde. Tra queste la coproduzione Georgia-Svizzera Wet Sand di Elene Naveriani che ruota intorno a un bar sulla spiaggia del Mar Nero e all’improvviso suicidio di un avventore che rivela segreti ben nascosti. Altra coproduzione svizzera è Zahori di Mari Alessandrini, ambientato sulle Ande argentine con la tredicenne Mora che vuole giocare a calcio e fare il gaucho e si ribella alla famiglia di origine italo-svizzera, ecologista e vegetariana, mentre cerca il cavallo bianco di un anziano vicino che è scappato durante una notte di vento. Nell’eclettico programma di Piazza Grande c’era l’attesissimo Monte Verità di Stefan Jäger girato in Ticino. Una pellicola per ricostruire l’esperienza della nota comunità di inizio ’900, introducendo il personaggio inventato della protagonista Hanna, una giovane moglie viennese che lascia la famiglia per cercare ad Ascona la realizzazione personale. La ricostruzione storica è accurata e lodevole e pure il tentativo di andare oltre gli stereotipi, manca un po’ il coinvolgimento emotivo e funziona di più la storia di emancipazione di Hanna che la descrizione del contesto. Forse per farsi sorprendere c’era da esplorare le retrospettive, le sezioni collaterali e il fuori concorso, magari con le undici ore del portoghese Pathos Ethos Logos di Joaquim Pinto e Nuno Leonel, già a Locarno nel 2014 con lo stupendo What Now? Remind Me.
Kasia Smutniak, un’attrice senza filtri né censure. (Locarnofestival.ch)
re i tempi giusti, me nello stesso tempo mi ha lasciato molta libertà, mi ha dato fiducia e quindi responsabilità; questo per me è stato fondamentale». Un altro regista che ha segnato l’attrice è sicuramente Özpetek. «Quanti litigi, quante discussioni che abbiamo avuto sul set, ma tra di noi c’è un rapporto basato sulla passione e soprattutto sulla fiducia reciproca». Per Kasia la scelta di un film non è semplice e ama percorrere le nuove strade: «Mi piace sempre imparare qualcosa di diverso e quindi amo i progetti difficili. Non mi piace ripetermi, ecco perché cerco idee che non si somigliano e provo a evitare ciò che mi viene facile o che ho già fatto». Sul successo avuto con Perfetti sconosciuti Smutniak sottolinea: «È raro trovare una sceneggiatura scritta così bene, ma nessuno di noi si aspettava un successo planetario del genere. Ho anche partecipato alla versione polacca ed è stato altrettanto divertente. Anche gli attori polacchi erano strepitosi e molto bravi. Personalmente ero solo preoccupata per il menù nelle scene a tavola perché nella versione italiana, dopo aver mangiato gnocchi per settimane non li ho più toccati e anche in Polonia è stato uno dei miei problemi». Infine, rivela candida che spesso non guarda i film nei quali recita. In proposito, nei mesi scorsi, ha girato Pantafa di Emanuele Scaringi: «Racconta le crisi ipnagogiche, quelle che ti fanno risvegliare con la mente mentre il corpo resta dormiente, uno stato che ti può dare allucinazioni auditive e visive. Pensavo di ridere sul set e invece sono andata in paranoia, non credo lo vedrò». Qualche settimana dopo ha girato il nuovo film di Silvio Soldini, intitolato 3/19, «una storia completamente diversa, ma in albergo la notte avevo ancora paura e facevo fatica a dormire, reduce dal film precedente». Infine, è anche fra i protagonisti de Il colibrì di Francesca Archibugi, con Pierfrancesco Favino e Nanni Moretti, tratto dal bestseller di Sandro Veronesi (vincitore del premio Strega): «Interpreto la moglie del protagonista, Marina. Devo dire che è stato un set magico, grazie a Nanni e Pierfrancesco mi sembrava di essere a casa. Mi è piaciuto tantissimo lavorare con Francesca, è una grande fan del libro di Veronesi, ne parlava sempre con ammirazione ed è una donna di una dolcezza infinita con cui ho avuto grandissima fiducia». Kasia Smutniak è così: senza filtri né autocensure e chi l’ha ascoltata l’ha apprezzata proprio per questo motivo. Annuncio pubblicitario
Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino
Enoteca Vinarte, Centro Migros Agno
Enoteca Vinarte, Migros Locarno
Ora ti propone anche le migliori offerte di vini JP. Chenet Cabernet/Syrah Pays d’Oc IGP
2020, Linguadoca-Rossiglione, Francia, 6 x 75 cl
Rating della clientela:
Mateus White
Portogallo, 6 x 75 cl
Votate ora!
Domaine de Valmont Morges AOC Rosé 2020, Vaud, Svizzera, 70 cl
Rating della clientela:
Mionetto extra dry Prosecco Superiore di Valdobbiadene DOCG Veneto, Italia, 75 cl
DIPLOMA D'ORO EXPOVINA
Rating della clientela:
46%
19.95 invece di 37.20
3.35 a bottiglia invece di 6.20
*Confronto con la concorrenza
26%
25.95 invece di 35.40*
4.35 a bottiglia invece di 5.90*
30%
6.95 invece di 9.95
41.70 a cartone da 6 invece di 59.70
30%
8.95 invece di 12.90*
53.70 a cartone da 6 invece di 77.40*
Offerte valide dal 17 al 23 agosto 2021 / fino a esaurimento / i prezzi promozionali delle singole bottiglie sono validi solo nella rispettiva settimana promozionale / decliniamo ogni responsabilità per modifiche di annata, errori di stampa e di composizione / iscrivetevi ora: denner.ch/shopvini/newsletter
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
38
Idee e acquisti per la settimana
smoothie al melone e alla lattuga
FeelGood coN Il meloNe
Per 4 bicchieri da ca. 2 dl 1 banana matura 1 lattuga 1 melone Galia 1 limone piccolo 2 gambi di basilico 1,5 dl di bevanda alle mandorle 2 cucchiai di miele 1. Sbuccia la banana, tagliala a fettine sottili e disponile su una teglia foderata con carta da forno o in un recipiente piatto, poi metti in congelatore per almeno 1 ora. 2. Elimina le foglie esterne della lattuga e il torsolo, poi tagliala a pezzi. Dividi il melone in due, elimina i semi, sbuccialo e taglia la polpa a dadi. Grattugia un po’ di scorza di limone e spremi il succo. Stacca le foglie di basilico dai gambi.
alnatura drink alla mandorla non zuccherato 1l Fr. 3.20
3. Riduci in purea il melone con l’insalata, la banana a fette congelata, il succo e la scorza di limone, la bevanda alle mandorle e il miele utilizzando un frullatore potente poi servi subito.
Testo: Dinah Leuenberger; ricetta: Andrea Pistorius, Migusto; foto: Veronika Studer
sUGGerImeNto Congela un po’ più di banana per i tuoi prossimi smoothie.
alnatura Miele di fiori in bottiglia dosatrice 350g Fr. 4.35
Questo smoothie è una ventata di freschezza stagionale. E non è tutto perché il melone Galia questa settimana alla Migros è in vendita a un franco
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 16 agosto 2021 • N. 33
39
cultura e spettacoli La Filmmakers Academy si presenta agli ospiti del BaseCamp; in piedi Stefano Knuchel, responsabile delle Academies e del settore Filmmakers. (Stefano Spinelli)
Uno sguardo da cogliere
locarno Film Festival A colloquio con il responsabile della Locarno Filmmakers Academy per scoprire talenti
tra i filmmakers Sara Rossi Guidicelli
È come l’amore. Anzi, è proprio amore. Il Cinema non si può fare senza urgenza, senza bisogno, senza essere in due. Due sguardi, una cinepresa e uno spettatore. Stefano Knuchel sembra saltare quando parla, anche se è calmo e racconta con voce pacata della passione, quella vera. Sembra sgambettare di gioia ma non si muove: sono le sue parole che arrivano come un treno in corsa. Lui è uno dei responsabili, fin dall’inizio, fin dal 2011 quando con Carlo Chatrian si è voluta creare l’Academy del Locarno Film Festival: un luogo dove giovani registi, attori, critici, produttori si potevano incontrare, parlare e conoscersi. Nei primi anni tutti insieme, poi divisi in tre sezioni: chi sta entrando nel mondo dell’industria cinematografica (Industry Academy, la cui responsabile è Marion Klotz), chi desidera scrivere di film sui media (Critics Academy, il cui responsabile è Christopher Small) e chi i film vuole farli (Filmmakers Academy). Knuchel si occupa dei filmmakers, dei cineasti. E parla di tortura. «Quando si deve scegliere quella dozzina di partecipanti all’Academy, come fai? Ricevi centinaia di proposte, gente da tutto il mondo che ti manda le sue idee, la sua biografia, i cortometraggi già realizzati... Lasci in panchina gente che adori», dice. E ne scegli pochissimi. Quest’anno saranno sedici (al posto dei venti in anni senza pandemia), alcuni che vengono da altre scuole o festival con cui si collabora, una dozzina invece che peschi nei cinque continenti. Ragazzi, ragazze sotto i trent’anni, sui 25-26 di solito, in quell’età in cui escono dalla formazione e muovono i loro primi passi nell’ambiente del Cinema. Giovani che nel loro pezzetto di mondo sono magari già apprezzati e conosciuti, e che adesso sono pronti a fare il grande salto, quello internazionale. «Non è la tecnica, non è il successo, a volte non è neanche l’idea che conta: è lo sguardo», spiega Knuchel. L’intenzione, il cuore. Come in amore. I cineasti dell’Academy possono anche arrivare con dei difetti, ma quello che li ha contraddistinti e li ha fatti scegliere è un certo modo di essere. Ed è quello che va preservato, curato, fatto esplodere. Quando ti innamori e sei corrisposto,
La Industry Academy a un seminario con Mathias Noschis-Alphapanda; a destra Marion Klotz, responsabile della Industry Academy. (Stefano Spinelli)
tutto gira vorticosamente intorno a voi due e non pensi ad altro; poi d’un tratto ti viene paura. Paura di perdere tutto, paura che finisca, paura di non essere amata. E provi a essere diversa, migliore, un’altra te stessa. Ma perché temere, se sei proprio tu, così come sei, che lo hai fatto innamorare? Ecco, racconta Stefano Knuchel, lui stesso professionista cinematografico, succede così anche nel Cinema: a un certo punto uno si dimentica chi è e cerca di uniformarsi al gusto dominante. «Il rischio della perdita d’identità artistica è dietro l’angolo; noi dobbiamo ricordare a ognuno che se è arrivato fino a qui è perché aveva qualcosa di personale, di unico, di irripetibile ed è quello che va tenuto nello scrigno prezioso della creazione. Poi se uno ha davvero qualcosa da dire le possibilità finanziarie, i mezzi, la tecnica, arrivano. Ma se non c’è un’anima, allora è tutto inutile. Per questo, più che di dargli quelle possibilità finanziarie, quei mezzi e la tecnica, si cerca di creare il punto di vista e la fiducia in quel punto di vista». Alla Locarno Academy arrivano i talenti; è sostenuta da fondazioni – numerose – perché è missione di Locarno come festival spingere i giovani, le scommesse di domani. Si cerca un equilibrio e una varietà tra le aree di provenienza del mondo, gli uomini e le donne, il documentario e la fiction, tra chi qualcosa ha già fatto e chi è proprio agli inizi. Knuchel, dice, ama questo momento in cui il fuoco avvampa e la
La Filmmaker e la Critics Academy incontrano Carlo Chatrian, direttore della Berlinale, con Christopher Small, responsabile della Critics Academy. (S. Spinelli)
Spaghettata di mezzanotte al BaseCamp di Losone per la Filmmakers e Critics Academy. (Stefano Spinelli)
personalità non è ancora del tutto definita: questi giovani arrivano a Locarno all’Academy con un concentrato di energia e passione. Non per forza con un progetto preciso. «Ci interessa la vita, non il singolo progetto. Questo è il Cinema d’autore: il rapporto con il mondo circostante messo a fuoco in un modo particolare», spiega. «In tutti i registi che amo c’è forse un solo punto in comune: sono scontenti del mondo così com’è. E allora lo dicono, ognuno a modo suo, chi poetico chi impegnato chi tragico chi buffone: guarda come potrebbe essere bello, guarda come ci sbagliamo». L’Academy dà a questi
ragazzi dieci giorni di incontri con registi, direttori di fotografia, case di produzione e responsabili di festival, specialisti di Cinema di ogni paese, anche svizzero ma al contempo lascia anche tempo per gironzolare, a piacere nelle sale del cinema o in città vecchia, nel lago o alle feste. Per intessere relazioni, scambiare esperienze (che se già lavori è come fare pratica, dice Knuchel), e soprattutto per scoprire il proprio potenziale e fidarsene. «Prepariamo il programma dell’Academy solo con prodotti freschi», scherza il project manager della Filmmakers Academy. «Mano a mano che
vengono invitati i professionisti del settore a Locarno, noi chiediamo loro se durante questi dieci giorni sono disponibili a incontrare i nostri studenti. E loro di solito accettano volentieri, perché hanno voglia di conoscere le nuove generazioni e sanno già che vi troveranno gente intelligente, aperta, curiosa». Naturalmente ci sono sinergie con le altre due categorie, la Critics e la Industry Academy e insieme agli altri due responsabili, Marion Klotz e Christopher Small: ci si presenta, ci si scambiano i punti di vista e le esperienze, si impara a parlare con qualcuno che in generale la quotidianità non ti spinge a incontrare, si acquista consapevolezza di far parte della generazione che nel futuro vivrà dentro e intorno ai film. E poi Locarno li segue, questi ragazzi che diventano donne, uomini, registi, critici, produttori, per anni ancora; c’è chi vince a Cannes, chi torna a Locarno, chi scrive su grandi giornali o lavora per qualche casa di produzione, chi viene all’Academy a insegnare in qualità di esperto, per raccontare come si passa dall’inizio carriera a un lavoro più maturo. Come sempre, il Locarno Film Festival è in grado di creare un gruppo di affezionati, che cambiano ruolo ma che continuano a passare da qui, perché è bello, perché è rilassato e totalizzante, perché in questo festival davvero si va al cuore del Cinema urlando con dolcezza continua che i film danno più senso alla vita, eccome.
Proprio l’ideale.
Scannerizza ora il codice QR e scopri il prezzo del giorno.
Il bollente prezzo del giorno. Il nostro prezzo del giorno
Avvia la fotocamera dello smartphone, scannerizza il codice QR e scopri il prezzo del giorno.
Il nostro prezzo del giorno
Grill elettrico Beef B02307 Raggiunge 800 °C in 3 minuti, regolazione della temperatura fino a 850 °C, l'alloggiamento esterno resta freddo, carne gustosa come alla steakhouse, display LED con indicazione della temperatura e selezione del tempo, non è necessario acquistare bombole di gas – 7853.001.57319
Il nostro prezzo del giorno
Avvia la fotocamera dello smartphone, scannerizza il codice QR e scopri il prezzo del giorno.
Avvia la fotocamera dello smartphone, scannerizza il codice QR e scopri il prezzo del giorno.
Scopa elettrica a batteria V11 Absolute Extra Pro
Tutto su Pro.
2 batterie, fino a 120 min. di autonomia, display LCD, 3 modalità di pulizia, grande contenitore, Floor Dok, mini spazzola elettrica, spazzola extra morbida, spazzola extra dura, spazzola multifunzione e bocchetta a lancia, batteria di ricambio, supporto murale con unità di ricarica – 7171.915
Il nostro servizio senza pensieri.
Consegna
Schermo IPS Retina da 13,3", chip Apple M1 8 core, GPU 8 core, RAM da 8 GB, SSD da 256 GB, tastiera retroilluminata, Touch Bar, sensore touch ID, Wi-Fi AX, 2 prese Thunderbolt 3 /USB 4 (tipo C), fino a 20 ore di autonomia, Space Gray – 7987.699
Fino alla prima porta di casa o al luogo di utilizzo
Le offerte sono valide dal 3.8 al 23.8.2021 e fino a esaurimento dello stock. Trovi questi e molti altri prodotti nei punti vendita melectronics e nelle maggiori filiali Migros. Con riserva di errori di stampa e di altro tipo.
Messa in funzione A domicilio o in filiale
melectronics.ch
Prenotazione e ritiro Prenota subito online, ritira e paga in filiale
Settimana Migros 17.8 al 23.8.2021
Il nost ro a e ll d o i l g i s n o c se t t imana:
a partire
da 4 pezz
e e n a t t i f o r p p A g ust a 50% 4.75
i
20%
-Love b vegurt V
io e i i), la esclus yogurt b e di bufa Tutti gli e, 180 g, di pecora Fair trad di latte (yogur t o moca, gurt gust per es . yo di –. 85 ce –.70 inve
io
conf. da 3
33% 9.95 invece di 14.85
invece di 9.50
Pollo intero Optigal Svizzera, 2 pezzi, al kg, in self-service
Ravioli Anna's Best ricotta e spinaci o mozzarella e pomodoro, per es. ricotta e spinaci, 3 x 250 g
a partire da 2 pezzi
20%
30%
Tutto l’assortimento Alnatura e Alnavit
Tutti i cereali e i semi per la colazione bio
per es. Crunchy di spelta e avena, 750 g, 4.40 invece di 5.50
(prodotti Alnatura esclusi), per es. fiocchi d'avena integrali, 500 g, –.80 invece di 1.20
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
50% Tutti i detersivi Elan per es. Spring Time in conf. di ricarica, 2 l, 7.45 invece di 14.90
Migros Ticino
Titel Bereich Frutta e verdura
Le nostre Titel ersteofferte Zeile sowie più Titel dolcizweite e croccanti Zeile.
22% 2.90
CONSIGLIO DEGLI ESPERTI Per assaporarle al meglio, le nettarine non vanno mangiate fredde. Se riscaldate (per es. grigliate) sprigionano infatti tutto il loro aroma creando una sorprendente esperienza culinaria.
Uva Vittoria Italia, al kg
invece di 3.75
40% 5.90
Mirtilli Spagna, confezione da 500 g
invece di 9.90
20% 3.95 invece di 4.95
Migros Ticino
Nettarine a polpa bianca Extra Italia, al kg
20% 3.95 invece di 4.95
Prugne Svizzera, al kg
Feel Good per un franco 20% 2.90
Pomodori ramati Ticino, al kg
invece di 3.65
20% 2.–
1.– Meloni Galia Spagna, il pezzo
Carote Julienne Ticino, 250 g
invece di 2.50
1.– Patate resistenti alla cottura
Hit 2.60 Migros Ticino
Svizzera, sacchetto da 1 kg
Insalata Chicago bio 180 g
In quantità usuali per una normale economia domestica e fino a esaurimento dello stock. Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021.
Carne e salumi
Ce n'è per tutti i gusti!
maiale F e t t i ne di p e z i a t e succ ose e s impast o ripie ne di r ne di c a
30% 1.85 invece di 2.65
CONSIGLIO DEGLI ESPERTI Lo sminuzzato surgelato dovrebbe essere scongelato lentamente, l’ideale sarebbe in frigorifero. Se si scongela troppo rapidamente la carne o il pollame, questi perdono il loro succo, diventando duri e secchi. Il pollo scongelato deve essere lavorato subito.
24% 3.95 invece di 5.20
25% 3.05 invece di 4.10
Spiedini Grill mi, TerraSuisse per 100 g, in self-service
Filetti d’agnello M-Classic per 100 g, in self-service
Tomino del boscaiolo con speck 180 g, confezionato
Hit 2.20
Costine carré di maiale Svizzera, per 100 g, in self-service
conf. da 2
40% 9.80 invece di 16.40
Sminuzzato di petto di pollo M-Classic al naturale prodotto surgelato, 2 x 500 g
Migros Ticino
33% Ali di pollo Optigal e bio speziate e al naturale, per es. Optigal speziate, Svizzera, al kg, 9.70 invece di 15.50, in self-service
25% 2.60 invece di 3.50
Fettine di pollo «à la minute» Optigal Svizzera, per 100 g, in self-service
conf. da 3
20%
33% 7.90
Appenzellerli con pancetta, cervelas e bratwurst appenzellesi
invece di 11.85
per es. Appenzellerli, Svizzera, 6 pezzi, 250 g, 5.55 invece di 6.95, in self-service
26% 4.95 invece di 6.70
20% 5.70 invece di 7.20
Prosciutto crudo dei Grigioni Svizzera, per 100 g, in self-service
Fettine fesa di vitello fini, IP-SUISSE per 100 g, in self-service
20x
30% 6.90 invece di 9.90
Gran Bretagna / Australia, 25 g, in vendita nelle maggiori filiali
2.95
Bresaola della Valtellina Beretta Francia, in confezione speciale, 112 g
Australia, per 100 g, valido fino al 23.8.2021, al banco a servizio
Hit 4.10
Filetto di maiale Svizzera, per 100 g, in self-service
20x PUNTI
Novità
Novità
Kings Wagyu Beef Jerky
3 x 8 pezzi, 600 g
Filetto di manzo
PUNTI
Novità
Migros Ticino
invece di 7.35
20x
PUNTI
2.95
20% 5.85
Mini cervelas TerraSuisse
Kings Wagyu Biltong Beef Gran Bretagna / Australia, 25 g, in vendita nelle maggiori filiali
2.95
Kings Bacon Jerky Gran Bretagna / Australia, 25 g, in vendita nelle maggiori filiali
Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Formaggi e latticini
Da sorseggiare, assaporare e mordere
21% 2.25
Parmigiano Reggiano per 100 g, confezionato
invece di 2.85
15% 1.60 invece di 1.90
Le Gruyère piccante, AOP per 100 g, confezionato
20% 4.30 invece di 5.40
conf. da 2
21% Cottage Cheese M-Classic al naturale o all'erba cipollina, per es. al naturale, 2 x 200 g, 2.20 invece di 2.80
Migros Ticino
Baer Camembert Suisse Crémeux 300 g
20% 1.60 invece di 2.–
Furmagín frésch (Formaggini freschi), prodotti in Ticino, per 100 g
Articoli vegetariani e vegani
Novità da provare e amare e Tof u a bas di c e c i
LO SAPEVI?
conf. da 2
1.–
di riduzione
Burro speciale bio o burro da cucina bio per es. Burro speciale, 2 x 200 g, 6.90 invece di 7.90
20x PUNTI
Novità
5.60
Kofu Smoky bio e vegano, 200 g
Alla Migros ci sono quattro nuovi sostituti del latte della marca Provamel in qualità bio. Il drink alle mandorle bio Provamel viene ad esempio prodotto con mandorle bio europee ed è privo di zuccheri e altri dolcificanti.
conf. da 2
15% 5.40 invece di 6.40
Panna intera Valflora UHT 2 x 500 ml
o yo g ur t l l a k n i r d Mini v i t a mi ne n o c o c i t o i pr o b D B 6, B 1 2 e
20x
20x
PUNTI
PUNTI
Novità
Novità
4.55 Migros Ticino
Emmi Aktifit Exotic 6 pezzi, 390 ml
Drink Provamel bio e vegano, disponibile in diverse varietà, per es. mandorla, senza zucchero, 1 l, 3.70
Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Pane e prodotti da forno
Appena sfornato dalla panetteria Migros e della casa a: n a m i t
et s le l a a l l e e i d e raz z ze r i n g a p e t o n i r e I l no s t s t o pe r si s t i c e r e a l i sv s pe l t a u c on g à ant ic he dolo far ro e v a r i e t f a r r o , pi c c c o me
25% Tutti i tipi di pasta per pizza per es. M-Classic, 300 g, 1.25 invece di 1.70
IDEALE CON 32% 9.– invece di 13.30
Migros Ticino
Salmone selvatico Sockeye, MSC pesca, Pacifico nordorientale, Pacifico, in conf. speciale, 280 g
25% Tutte le olive bio (prodotti Alnatura esclusi), per es. olive greche Amphisis, 270 g, 2.– invece di 2.70
Bevande
Offerte rinfrescanti e sfrigolanti
conf. da 6
4.20
33% 3.–
Pane di grano antico TerraSuisse
invece di 4.50
Ice Tea in PET Lemon o Peach, 6 x 1,5 l, per es. al limone
400 g, confezionato
33% Tutto l'assortimento Evian per es. 6 x 1,5 l, 3.95 invece di 5.95
Gust oso sna c por tare c on k da c omple tame sé , priv o di add nt e it iv i
e pe r D a mi x a r e i d r i n k ed pre parar stare puro o da g u
20% Tutti i succhi freschi bio refrigerati per es. arancia, 750 ml, 2.70 invece di 3.40
20x PUNTI
Novità
1.80
Twister pizza 70 g conf. da 10
22% 6.95 invece di 9.–
Migros Ticino
conf. da 24
27% Crodino 10 x 100 ml
25.95 invece di 36.–
Red Bull Energy Drink o Sugarfree, 24 x 250 ml, per es. Energy Drink
Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Scorta
Veloce preparazione, lunga conservazione
Sale marino con ve rdure ed erbe conf. da 2
25% La Pizza 4 stagioni o margherita, per es. 4 stagioni, 2 x 420 g, 11.50 invece di 15.40
20% Tutte le spezie bio (prodotti Alnatura esclusi), per es. Herbamare per insalate e verdure, 250 g, 3.65 invece di 4.60
o c on Sale marin e rbe v e r du r e e d
conf. da 2
22%
20%
Maionese, Thomynaise o senape dolce Thomy
Tutti i tipi di purea di patate Mifloc per es. 4 x 95 g, 3.60 invece di 4.55
per es. maionese à la française, 2 x 265 g, 4.35 invece di 5.60
20x
20x
PUNTI
conf. da 3
20% Minestre di tagliatelle Nissin disponibili in diverse varietà e in confezioni multiple, per es. Soba Classic, 3 x 109 g, 4.30 invece di 5.40
Migros Ticino
PUNTI
Novità
1.50
Novità
Polpettine di carne con minestra con vermicelli Bon Chef in busta da 74 g
1.60
Zuppa Grisella Bon Chef in busta da 73 g
Da colt iv azione Fair trade
20%
20%
Tutta la frutta secca e le noci Sun Queen
Tutti i legumi, i cereali in chicchi, la quinoa e il couscous bio
(prodotti Premium Nuts e sfusi esclusi), per es. mandorle, 200 g, 2.20 invece di 2.80
(prodotti Alnatura esclusi), per es. quinoa tricolore, Fairtrade, 400 g, 3.95 invece di 4.95
30%
conf. da 2
20%
Tutte le capsule Nescafé Dolce Gusto
Tutte le confetture e le gelatine Extra in vasetto e in bustina
disponibili in diverse varietà, per es. Cappuccino, 16 capsule, 4.55 invece di 6.50
per es. confettura alle fragole, 500 g, 1.90 invece di 2.40
conf. da 2
30% Pommes Duchesse o Pommes Rissolées M-Classic Delicious prodotti surgelati, per es. Rissolées, 2 x 600 g, 4.30 invece di 6.20
Migros Ticino
invece di 13.–
Cafino Classic, UTZ in busta, 2 x 550 g
invece di 21.90
conf. da 2
31% 8.95
31% 15.–
conf. da 2
Sofficini M-Classic surgelati, al formaggio, agli spinaci o ai funghi, per es. al formaggio, 2 x 10 pezzi, 2 x 600 g
33% 8.95 invece di 13.40
Bastoncini di merluzzo Pelican, MSC prodotto surgelato, 2 x 720 g
Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Dolce e salato
Bontà fino all’ultima briciola
Snack croccante a base di ceci
conf. da 2
20% Chips Kezz Zweifel o Snack Vaya Zweifel per es. Vaya Bean Salt, 2 x 80 g, 5.95 invece di 7.50
Vog lia dei classic i bi sc ot ti Mig ros?
Tutto il cioccolato Toblerone per es. al latte, 100 g, 1.80 invece di 2.20
Migros Ticino
Tutte le noci tostate Party, Zweifel e bio (prodotti Alnatura esclusi), per es. pistacchi Party, 250 g, 3.50 invece di 4.40
conf. da 3
a partire da 2 pezzi
20%
20%
22% Zampe d'orso, bastoncini alle nocciole e schiumini al cioccolato in confezioni speciali, per es. bastoncini alle nocciole, 1 kg, 6.50 invece di 8.40
31% 6.– invece di 8.70
Biscotti rotondi Chocky al cioccolato o al latte, per es. al cioccolato, 3 x 250 g
Bellezza e cura del corpo
Messa in piega e fragranze inebrianti
conf. da 2
25% Deodoranti Rexona per es. roll-on Cotton, 2 x 50 ml, 3.45 invece di 4.60
conf. da 2
30% 2.90
25% Prodotti Syoss, Taft o Gliss Kur
Biscotti prussiani
per es. spray per capelli Taft Ultra, 2 x 250 ml, 5.40 invece di 7.20
in conf. speciale, 515 g conf. da 2
invece di 4.15
25% Deodoranti Axe in confezioni multiple, per es. deodorante spray Africa, 2 x 150 ml, 6.75 invece di 9.–
conf. da 5
25% 8.95 invece di 12.–
Tavolette di cioccolato Lindt Lindor cioccolato al latte o fondente, 5 x 100 g, per es. al latte
conf. da 3
33% 6.95 invece di 10.50
Migros Ticino
Prodotti per la doccia Axe per es. Africa, 3 x 250 ml
Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Varie
Per la casa, la tavola e le escursioni
in e re più o n e t r e P il f rig ordine
Hit 3.95
Hit 5.95
Contenitore Clic-Clac 0,4 l, il pezzo
Contenitore per organizzare il frigorifero medium, il pezzo
conf. da 2
20% Pellicola salvafreschezza, foglio d'alluminio, sacchetti multiuso o carta da forno Tangan in confezioni multiple, per es. sacchetti da annodare n. 14, 5 litri, 2 x 100 pezzi, 3.90 invece di 4.90
per es. Play Tubes, al gusto di pollo e fegato, 180 g, 3.95 invece di 4.90
Migros Ticino
Scarpa multifunzionale da uomo Salomon Kynthos GTX nera, n. 41–46, per es. n. 43, il paio
conf. da 2
a partire da 2 pezzi
Tutto l'assortimento di alimenti per gatti Felix
79.50 invece di 159.–
Per deliziosi e gioc osi momenti
20%
50%
20% Tutto l'assortimento Pilot (prodotti Hit esclusi), per es. Frixion roller, blu, 0,7 mm, il pezzo, 3.75 invece di 4.70
30% 10.60 invece di 15.20
Panni Total Color Protect 2 x 30 pezzi
Fiori e giardino
E per finire ... un tripudio di colori! a partire da 2 pezzi
40% Tutti i prodotti in carta Cucina & Tavola, FSC (prodotti Hit esclusi), per es. tovaglioli blu medio, 40 cm, 30 pezzi, 1.50 invece di 2.50
Ben biodeg radabile
CONSIGLIO DEGLI ESPERTI
20% a partire da 2 pezzi
33% Tutto l'assortimento di prodotti Hygo WC per es. detergente Maximum Power Gel, 750 ml, 2.65 invece di 3.95
Con mat eria prima ne uzio prov enie nt e dalla proda di carta riciclat
30% Carta igienica Soft Comfort Recycling, Comfort Pure e Deluxe Sensitive, in confezioni speciali, per es. Comfort Recycling, 30 rotoli, 10.75 invece di 15.50 Migros Ticino
11.95
invece di 14.95
Bouquet Surprise Midi M-Classic disponibile in diversi colori, per es. biancorosa, il mazzo
Recidere i crisantemi in obliquo con un coltello affilato e mettere i gambi immediatamente in abbondante acqua fredda. Eliminare eventuali foglie per fare in modo che non vengano immerse nell’acqua.
15% 10.95 invece di 12.95
Crisantemi tono su tono mazzo da 10, disponibili in diversi colori, per es. biancogiallo-verde, il mazzo
Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Gusta la cucina italiana a casa tua
invece di 6.80
Prezzi
imbattibili del
weekend
42% 9.30
conf. da 2
26% 5.–
Validi gio.– dom.
invece di 16.30
Pesto Agnesi alla genovese o rosso, per es. alla genovese, 2 x 185 g
n en che no le m n i a r Prepa salsa origina si dica la al gorgonzola italiana
Filetto di salmone senza pelle M-Classic, ASC d'allevamento, Norvegia, in conf. speciale, 380 g, offerta valida dal 19.8 al 22.8.2021
25% Tutti i tipi di aceto e i condimenti Ponti e Giacobazzi per es. aceto balsamico di Modena Ponti, 500 ml, 3.35 invece di 4.50
50% Tutta la pasta Agnesi per es. lasagne all'uovo, 500 g, 1.70 invece di 3.40, offerta valida dal 19.8 al 22.8.2021
conf. da 10
5.20
Gorgonzola, DOP bio, 200 g
22% 5.75 invece di 7.40
Offerte valide solo dal 17.8 al 23.8.2021, fino a esaurimento dello stock
Sanbittèr San Pellegrino 10 x 100 ml
50% 7.20 invece di 14.40
Gelati da passeggio alla panna surgelati, disponibili in diverse varietà e in conf. speciale, per es. vaniglia, 24 pezzi, 24 x 57 ml, offerta valida dal 19.8 al 22.8.2021