Azione 35 del 29 agosto 2022

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Per il suo passato di commediante, non pochi vedono Zelensky come una semplice marionetta nelle mani ame ricane ed europee. Il primo a sotto stimarlo è stato Putin, convinto che sarebbe fuggito all’arrivo dell’armata russa. Invece è rimasto a Kiew, per ché intuiva che l’esercito non avrebbe combattuto se lui fosse scappato. Dal 24 febbraio si rivolge tutti i giorni ai suoi cittadini e al mondo, perché sa che una guerra è persa quando viene dimenticata. Ma cruciale è stato il suo atteggiamento alla vigilia e nei primi giorni della guerra. Dalle ricostru zioni del «Washington Post», quando Zelensky si è convinto che l’invasio ne russa era imminente, pochi giorni prima del 24 febbraio, all’invito degli americani di preparare la popolazio ne ha risposto che l’annuncio di una guerra avrebbe portato al collasso l’e conomia e spinto alla fuga ancora più persone, lui invece aveva bisogno che la popolazione reagisse all’invasione prendendo le armi; all’insistenza da parte del suo entourage di mettersi in salvo, che stava rischiando la vita, ha risposto che non voleva pensarci, per ché avrebbe equivalso ad essere già morto, e questo non lo avrebbe aiuta to a resistere. Come un commediante si è trasformato in presidente guerrie ro, così migliaia di medici, informa tici, imprenditori, lavoratori di ogni professione si sono trasformati in sol dati, da un giorno all’altro. Zelensky incarna solo quello che la gran parte della popolazione ucraina è spontane amente spinta a fare. Sei mesi dopo noi tutti siamo tuttora di fronte all’imprevedibile, basti pen sare al destino della centrale nucleare di Zaporizhia, teatro di bombarda menti, non si sa bene da chi. Anche se si percepisce la tentazione di vo ler volgere lo sguardo altrove, in un umano benché inutile tentativo di rimozione.

guerra imprevedibilecontinua,

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diSettimanaleinformazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 Cooperativa Migros Ticino edizione 35 ◆ ● G.A.A.6592Sant’Antonino MONDO MIGROS Pagine 2 / 4 – 5 CULTURA Pagina 33 Un’antologica al m.a.x. museo omaggia il percorso artistico di Vito Noto e il suo senso delle idee ATTUALITÀ Pagina 21 In Russia scoppierà una guerra civile alimentata anche dalla rabbia dei soldati tornati dal fronte? TEMPO LIBERO Pagina 16 In barca a vela dall’Irlanda alla Bretagna, navigando lungo la Cornovaglia e attraverso la Manica SOCIETÀ Pagina 3 Guardare con gli occhi, vedere con il cervello: la percezione visiva del mondo è una questione complessa Alle terme di Pfäfers, osannate da Paracelso Romano Venziani – Pagina 15

La

Peter Schiesser La guerra in Ucraina, in Europa, du ra ormai da sei mesi e il pensiero che possa durare anni, oggi è meno remoto di quello che finisca fra breve. Ci sia mo sbagliati un po’ quasi tutti, chi nel non crederla possibile, chi nell’imma ginare che sarebbe finita con la capi tolazione dell’Ucraina in pochi giorni, chi nel credere che la Russia si sarebbe piegata all’evidenza della sconfitta e al peso delle sanzioni politiche ed econo miche, indebolita dalla reazione ucrai na armata dagli Stati Uniti. Lo stallo nell’offensiva russa nella parte orienta le del paese, confermato dal ministro della difesa Shoigu con l’affermazione che le operazioni subiscono un rallen tamento volontario, non deve illuderci che la guerra si spenga, i due conten denti si odiano troppo per non vole re la sconfitta totale dell’avversario. Il frequente appello alla liberazione del la Crimea da parte ucraina è un panno rosso davanti agli occhi del toro Putin, le distruzioni di depositi di munizio ni e di 8 aerei militari della flotta del Mar Nero mostrano la risolutezza e la strategia degli ucraini: negoziati di pa ce seri sono impossibili oggi. Ed è dif ficile immaginarli domani. Gli ucraini ne sono consapevoli, non si fanno illusioni. Mostrano al mon do che vogliono resistere e che pos sono farlo solo se ricevono e fintanto che riceveranno armi adeguate. Sop portano le decine di migliaia di morti fra militari, volontari e civili, i 6 mi lioni di profughi, la distruzione di infrastrutture e abitazioni, di dover vivere con la paura, con un senso di lutto. Finché terrà questa resistenza psicologica collettiva, l’Ucraina non si arrenderà. È un’ironia della storia che al Vladimir delle Russie, cresciu to da bullo nelle strade e poi afferma tosi come agente segreto, si opponga un Volodimyr diventato famoso in Ucraina per aver impersonato da co mico il presidente del paese.

Il direttore di Migros Ticino Mattia Keller e il gerente della prima filiale ticinese VOI Andrea Maglie. (Flavia Leuenberger Ceppi)

Sabato 3 settembre ritorna a Biasca l’amata manifestazione marCHethon Sarà proposta la Fun Run and Walk non competitiva (partenza alle 11.00) con la possibilità di partecipare di corsa, camminando o con i roller. Sempre alle 11.00, partenza di mar CHethon per Juniors e Runners at traverso Biasca, su un nuovo traccia to con cronometraggio professionale. Seguiranno maccheronata e grigliata e nel pomeriggio, dalle 13.30, le ga re dei bambini. Vi saranno inoltre un’attrezzata area giochi ed esibizioni di diverse associazioni. Madrina della manifestazione sarà Alessandra Fer rarini, pediatra e genetista. marCHethon è sport e divertimen to, ma anche una gara di solidarietà (negli anni marCHethon ha raccolto oltre 200’000 CHF). I proventi sa ranno devoluti a Fibrosi Cistica Sviz zera che ha lo scopo di promuovere e attuare l’assistenza ai soggetti affetti da fibrosi cistica, favorendo anche le iniziative sociali atte a garantire la tu tela del diritto alla salute e il supera mento dell’emarginazione dei malati. La Fibrosi Cistica Svizzera, inoltre, insieme allo Swiss Working Group for Cystic Fibrosis, sostiene progetti di ricerca. Informazioni www.marchethon-ti.ch

Ogni negozio va però adattato ai lo cali che occupa. Il concetto è pensato per le superfici di vendita fino a 500 mq. Per fare un paragone, pensia mo che ad esempio Migros Taver ne o Migros Mendrisio Campagna Adorna superano gli 800 mq. Le fi liali VOI saranno riconoscibili per il loro colore caratteristico verde, per il layout e per una pavimentazione differenziata.

Un supermercato di prossimità per VOI

VOI offrirà anche prodotti freschi? Ci sarà un’ottima zona frutta e ver dura, disposta in modo da ricordare un mercato, grazie anche all’utiliz zo di molto legno. Non manche ranno latticini e carne. VOI offrirà tutto quello che serve a un’economia domestica.

Solidarietà/1 ◆ Una partita tra il Gran Consiglio e la Nazionale italiana cantanti Una partita di calcio per divertire partecipanti e spettatori, ma anche un evento benefico per aiutare bam bine e bambini confrontati con la ma lattia: è questo il motore della Parti ta del Cuore che vedrà al Comunale di Bellinzona l'incontro tra una rap presentanza del Gran Consiglio tici nese e la Nazionale italiana cantan ti. I proventi della giornata saranno devoluti all’Associazione Alessia e ad Aftoim (Associazione dei Familiari e dei Tutori degli Ospiti Istituto Mira lago). Per l’occasione la compagine ti cinese potrebbe essere rinforzata da Türkiylmaz, Sermeter e Rivera, con Pier Tami a bordo campo, mentre per l’Italia giocheranno Enrico Ruggeri, Paolo Vallesi, Boosta dei Subsonica, Bugo, ZW Jackson e Moreno. Il match è in programma per le 19.30 e sarà arbitrato da Massimo Bu sacca. In pomeriggio ci sarà il torneo dei ragazzi. Alle 18.30 è prevista l'e sibizione live del coro pop di bambi ni e ragazzi Filling the music men tre alle 19 l’appuntamento è con la Civica Filarmonica Bellinzona. Al termine della sfida si esibiranno gli Sgaffy. Nell’area è prevista la pre senza di food truck, nonché giochi e intrattenimento.

Che le abitudini delle e dei ticinesi, e non solo, siano cambiate con l’arrivo del Covid, è ormai noto da tempo: fra le altre cose si è ad esempio riva lutato il senso del tempo domesti co e si assegna maggiore importan za ad aspetti della vita fino a qualche anno fa magari marginali. In que sto processo di cambiamento sociale molte aziende (tra cui anche Migros) hanno deciso di favorire una nuova ripartizione del tempo di lavoro, of frendo la possibilità di lavorare alcu ni giorni da casa. È in questo quadro che si inserisce il nuovo formato di supermercato di prossimità VOI Migros Partner, ide ato dalla Cooperativa Migros Aare, già adottato da quattro cooperative (Aare, Ginevra, Lucerna e Zurigo, presenti sul territorio elvetico con 62 filiali), che sposa un nuovo concetto di vicinanza al cliente e che il prossi mo primo settembre sbarcherà anche in quel di Lugano, e più precisamen te a CosaViganello.cambierà rispetto a un «clas sico» supermercato Migros? E qua li saranno i vantaggi di un super mercato VOI Migros Partner, per la clientela e per l’azienda? Ne abbiamo parlato con Mattia Keller, direttore di Migros Ticino. Signor Keller, perché c’è bisogno di una nuova catena di supermercati in un cantone che si dice già infla zionato di centri commerciali e, ap punto, supermercati? Perché i VOI non sono grandi super mercati e non sono nemmeno centri commerciali. Si tratta di supermer cati di prossimità che andranno a colmare gli eventuali «buchi» nella nostra rete di supermercati classici, oltretutto creando quella vicinanza alla clientela oggi più richiesta che mai. L’abbiamo visto durante il Co vid: l’acquisto deve essere sempre più vicino a casa, oltre che veloce e sem plice. Oggi molti lavoratori trascor rono a casa due o tre giorni a setti mana e dunque l’acquisto locale ha assunto un altro peso.

Antichi vicini Forum elle ◆ Una visita al parco archeologico di Tremona A partire dal 2000 archeologi e volon tari hanno portato alla luce affascinan ti resti abitativi a Tremona, la storia del cui insediamento in collina affonda le radici nel lontano Neolitico. Forum El le (piattaforma di scambio apartitica, aconfessionale e indipendente di Mi gros) propone una visita dell’insedia mento Parco Archeologico di Tremona Il Castello mercoledì 7 settembre 2022. La visita sarà guidata dal Prof. Alfio Martinelli, da anni attivo sul campo. L’inizio dell’escursione archeologica è previsto per le ore 14.15 davanti al la Chiesa parrocchiale di Tremona, se guirà una breve passeggiata; il rientro sarà alle 16.30 e la giornata si conclu derà con un rinfresco all'Antica Oste ria di Tremona. Il costo della visita p.p. è di CHF 20 (CHF 10 fino al 16 anni). Per iscriversi (entro giovedì 01.09.2022) o maggiori informazio ni mandare una mail a simona.guen zani@forum-elle.ch oppure telefonare allo 091/923.82.02.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 2

VOI nasce come Migros partner: cosa dobbiamo immaginarci dietro a questo concetto? Il concetto VOI è stato ideato da Migros Aare, infatti, con la dicitu ra «partner» si sottolinea come Mi gros sia il garante per il look and feel delle filiali. Le filiali VOI saran no ben riconoscibili, anche perché la maggior parte dell’assortimento è a marchio Migros e dunque la/il cliente sa cosa aspettarsi. A gestirle, però, vi sarà un gerente indipenden te che si è messo in gioco, diventan do imprenditore.

Col pallone nel cuore

Quali saranno i margini di mano vra del gerente? Per quanto riguarda l’assortimen to non Migros (ca. il 10% del totale), il gestore-partner potrà proporre le proprie idee al marketing di Migros Ticino che valuterà con attenzione eventuali estensioni di gamma. Si potranno così includere nell’offerta prodotti che normalmente Migros non vende, come alcolici e tabacchi, ma anche articoli regionali e spe cialità locali. Dunque, a dipendenza dell’ubicazione dei supermercati VOI che apriremo in Ticino, auspico di trovare specialità dell’Alto Luganese così come del Basso Mendrisiotto o di una delle nostre tante valli… Re centemente sono stato in un VOI di Berna e, amando particolarmente un certo tipo di birra locale, la Bärner Müntschi, l’ho cercata: era disponi bile nell’assortimento. Nei VOI sarà possibile anche gioca re al Lotto svizzero e bere un caffè: ci sarà infatti una macchina del caffè ubicata in un punto pratico per chi è di passaggio e non vuole per forza entrare nel negozio. Vicino all’in gresso vi sarà inoltre una bacheca de stinata alle piccole informazioni per i clienti. Per quanto riguarda invece le offerte della settimana, VOI sarà al lineato con Migros. Quanti supermercati VOI sono previsti nel nostro cantone? Prevediamo tra i dieci e i dodici ne gozi nei prossimi anni, e in parte ne abbiamo già identificato l’ubicazio ne. Fino al 2025 è nostra intenzione aprirne da uno a due all’anno. Con Migros come garante le tipi che difficoltà legate all’apertura di negozi di prossimità dovrebbe ro dunque in qualche modo ve nire meno? Sì, perché Migros dà un sostegno forte all’imprenditore su più fron ti. Prima dell’apertura di un nuovo punto vendita, da parte nostra vi so no delle verifiche, dobbiamo esse re infatti certi che una serie di criteri economici sia soddisfatta. Una volta superata questa prima fase, ci occu piamo della formazione e dell’alle stimento iniziale, sia per quanto ri guarda il mobilio, sia per la merce. Sarà poi però l’imprenditore a do vere diventare l’artefice del proprio successo. Sono previste aperture anche in zo ne discoste? Se dalle nostre analisi e stime una determinata ubicazione raggiun ge la massa critica, sì. Al momen to sappiamo dove ubicare circa la metà dei punti vendita previsti. Il primo sorgerà a Viganello, e sia mo certi che sarà un successo. Co me detto, ci orientiamo alle zone mal coperte dalla concorrenza, ma anche dalla stessa Migros. Ci pia cerebbe riallacciarci alla storia dei camion vendita Migros, ma quel li andavano davvero nelle zone più discoste, e anche se noi quella storia non la possiamo riportare a nuova vita, possiamo comunque avvici narci alla gente. Per l’apertura dei supermercati VOI non è prevista la costruzione di spazi nuovi, ma sem mai la ristrutturazione di quelli già esistenti. Le filiali saranno comunque standardizzate e per questo ben riconoscibili… Il concetto VOI sarà applicato in modo rigoroso in ogni punto vendi ta per agevolarne il riconoscimento.

Tutti a marCHethon

Solidarietà/2 ◆ marCHethon della Svizzera Italiana giunge alla 18esima edizione

Info Migros Ticino Il 1. settembre si inaugura a Viganello la prima filiale VOI Migros Partner

Visto che il supermercato VOI vuole entrare nei quartieri dove la gente abita, è guidato anche da un principio di fidelizzazione? Come ho potuto apprezzare nelle fi liali visitate in Svizzera interna, la persona alla cassa deve conoscere i suoi clienti. È importante che sappia come si chiamano e conosca le loro abitudini. La volontà è che il perso nale, proprio perché vicino a questa clientela di quartiere, sia più dispo nibile a intrattenersi con essa. Non a caso lo slogan recita: «Vicino a tut ti VOI». Inoltre, la carta Cumulus permetterà di raccogliere punti an che nei VOI. Non si teme una concorrenza tra i diversi punti vendita in un modo o nell’altro legati a Migros? Non per forza. Dobbiamo scegliere con attenzione dove aprire i negozi di prossimità VOI. Se faremo bene il nostro lavoro renderemo più densa la rete di vendita con delle postazio ni strategiche a vantaggio dei clienti e di Migros. Se pensa a Migrolino, esso prevede anche la vendita di ben zina e solitamente completa l’offer ta Migros.

Guardocongliocchi, vedo col cervello Medicina ◆ Vedere è un fenomeno complesso in cui il cervello interpreta ciò che gli occhi fotografano Maria Grazia Buletti

Pagina 7 Pro Senectute Il grande apporto dei volontari è sostenuto da un Servizio apposito interno alla Fondazione

Pagina 9 La Chiazza di Aurigeno Un piccolo gioiello di muri a secco e vigneti tradizionali è stato ora recuperato a valorizzato

Claudio Staedler. «Quando vedo qualcuno non vedo solo l’immagine, ma una sua elaborazione da parte del mio cervello che mi dice immediatamente che è una persona». (Stefano Spinelli)

SOCIETÀ ● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 3

Pagina 12 I ritmi biologici La Cronobiologia studia i nostri ritmi perché ogni essere umano possiede un «orologio interiore»

Pagina 10 Rock your Life! È attivo anche in Ticino il programma di mentoring dedicato ai ragazzi che finiscono le medie

«Il fascino del nostro cervello sta an che nel fatto che siamo distratti, emo tivi, e abbiamo dei limiti. Non a caso le nostre conoscenze delle funziona lità cerebrali sono ancora poche ri spetto alla complessità delle funzio ni e delle malattie del cervello». A parlare è il dottor Claudio Staedler (primario di Neurologia del Neuro centro della Svizzera italiana EOC) che puntualizza: «Non dimentichia mo che il cervello ha il limite fisiolo gico di non riuscire a capire se stesso». Vogliamo comprendere cosa e come «vedo» quando «guardo», come sono collegati occhi e cervello, se la visione è uguale per tutti, se vediamo la real tà che ci circonda in modo oggettivo. E dare risposta alla domanda: cos’è la realtà? «Sicuramente non vediamo tutti allo stesso modo, perché i dettagli che vedo io non persone»anecessariamentesarannougualiquellivistidaaltre Anche la neurobiologia è sempre più impegnata a spiegare l’ingegnoso meccanismo della visione, trovando risposte sulla scia del mito della ca verna di Platone secondo cui ciò che ciascuno di noi vede rimanda a una realtà relativa e incostante. Plato ne descrive perfettamente la perce zione delle ombre proiettate sul fon do della caverna come primo livello di esperienza conoscitiva comune a tutti. Nel suo mito gli uomini so no prigionieri, incatenati dalla con vinzione che l’unica realtà possibile sia quella delle ombre percepite solo con gli occhi. Finché uno fra loro ri esce a liberarsi e, uscendo dalla grot ta, scopre la luce del sole che illumi na e rende visibile gli oggetti. Basta il tempo di adattamento dei suoi oc chi alla luce ed egli si abitua a per cepire la realtà così come si presen ta. Ciò gli permetterà di ampliare la sua visione, liberandola dalle ombre e rendendola sempre più aderente alla realtà circostante. «L’immagine del mondo che arriva al cervello dipen de da ciò che gli occhi percepiscono come fossero una macchina fotogra fica. Le immagini si imprimono sulla retina (elemento ricettoriale dell’oc chio che però è già parte del sistema nervoso), e percorrono il nervo ottico che funge da “cavo” di collegamen to con la regione del cervello prepo sta a elaborare e produrre l’imma gine così come noi la percepiamo», spiega Staedler, confermando che osserviamo attraverso gli occhi, ma vediamo col cervello: «Quando vedo qualcuno non vedo solo l’immagi ne, ma una sua elaborazione da parte del mio cervello che mi dice imme diatamente che è una persona, con testualizzando quest’informazione oggettiva alla situazione (sta cammi nando verso di me, è piccola, grande, donna, uomo e via dicendo). Que sto processo cerebrale evoca e propo ne il contenuto dell’immagine attra verso molte correlazioni. La visione è quindi composta da una parte og gettiva che viene integrata a livello cerebrale (vedo una certa forma così come tutti la vedono ma ne do la mia interpretazione)».Lavisioneèperciò influenzata da meccanismi neurofisiologici che in fluiscono sulla percezione: «Alcuni sono di natura fisiologica, altri atti nenti alla sfera psicologica come l’e sperienza pregressa, la personalità, gli interessi, i bisogni e lo stato emotivo come tratto caratteristico dell’indivi duo, e quello determinato da contesto e situazione. Entrano pure in gioco in modo pervasivo le variabili di natu ra sociale, come ad esempio la cultu ra dominante e i preconcetti». La vi sta è perciò una pura abilità del corpo, in quanto l’occhio è capace di distin guere i dettagli, gli oggetti e le scrit te con una capacità sviluppatasi in modo funzionale alla sopravvivenza dell’uomo nell’ambiente. La visione, invece, è tutt’altra cosa: «È un feno meno complesso, meglio definito co me percezione visiva, grazie al quale l’immagine è costruita e integrata at traverso processi mentali complessi». Quindi, afferma il neurologo: «Sicu ramente non vediamo tutti allo stes so modo, perché i dettagli che vedo io non saranno necessariamente uguali a quelli visti da altre persone; pren diamo ad esempio le diverse sensibi lità visive degli artisti e dei fotografi, così come pure alcune patologie che possono influenzare questo processo». In altre parole: «Per interagire con il mondo esterno il nostro cervello è in grado di aggiungere, sottrarre, rior ganizzare e codificare molteplici in formazioni sensoriali». Ciò fa sì che l’uomo, a differenza di altri animali, non si limiti solo a osservare il mon do: egli cerca il significato cosciente delle cose che percepisce ed è capace di legare un concetto e un’emozione a un’immagine: «La corteccia visiva cerebrale è come un filtro attraverso cui la realtà deve essere analizzata». Potrebbe derivarne che, se la visio ne è un fenomeno soggettivo, la real tà potrebbe essere un’illusione. «Cosa sia la realtà e cosa voglia dire appar tiene però all’ambito filosofico piut tosto che alle neuroscienze», afferma Staedler.Inoltre, alcune malattie possono pure influenzare la visione: «Possiamo ad esempio riferirci a patologie sem plici, come la disfunzione di un ele mento anatomico nel sistema visivo in cui la visione è bloccata nella parte ricettoriale e la cecità può avere diffe renti cause come una lesione dell’oc chio, una sua infiammazione o una sua degenerazione. Vi sono poi pato logie neurologiche in cui il passaggio dell’informazione alla corteccia cere brale è disturbato (sclerosi multipla, ictus, tumori o anche malattie neu rodegenerative). Ad esempio, un ictus nella regione occipitale del cervello può ledere la corteccia predisposta al la prima elaborazione visiva». Vi sono malattie come quelle neurodegenera tive che possono portare a un cam biamento della percezione: «A que sto proposito, è interessante osservare gli autoritratti di William Utermoh len, un artista che dopo la diagnosi di Alzheimer ha continuato a dipinge re, mostrando via via il cambiamen to della percezione di se stesso». Fra le più interessanti troviamo infine la sindrome di Charles Bonnet: «Un di sturbo che può manifestarsi a qualun que età, quando la diminuzione della vista innesca un rallentamento o un blocco dei messaggi trasmessi dalla retina alla corteccia visiva, mentre il cervello si comporta in modo oppo sto e si attiva per creare vivide allu cinazioni visive delle quali la persona ha in genere piena coscienza, al con trario delle allucinazioni innescate da patologie psichiatriche come le psicosi (in particolare la schizofrenia) di cui la persona non ha coscienza della na tura allucinatoria». La visione è quin di cosa molto complessa: «Il cervello lavora molto più di quanto percepia mo e continua a costruire una realtà che ci permette di interpretare ciò che vediamo». Allora, i concetti di reale e di oggettivo ruotano attorno al co mune denominatore dei dettagli e alla coerenza nel racconto delle persone: «Elementi oggettivi della realtà per ché percepiti simili da tutti».

Come mai questa passione per le api e il miele? Le api sono degli insetti che mi af fascinano da sempre: mi piace sof fermarmi ad osservarle su piante e fiori con cui sono spesso a stretto contatto per l’attività che svolgo. E poi, se penso al lavoro incredibile che fanno al servizio dell’umanità, dovremmo rispettarle di più. L’apis mellifera regala non solo un net tare unico, il miele, ma anche altri prodotti come la cera, il polline e la propoli. Ma la sua vera importanza è data dal suo ruolo di impollinato re come pure di sensibile indicatore della qualità dell’ambiente. Pensia mo che una colonia di api, per pro durre 1 kg di miele, vola 150’000 km e la stessa colonia visita in un giorno 12 milioni di fiori: sono ci fre impressionanti che danno il pe so del lavoro svolto dall’ape, del suo compito fondamentale di impolli nazione ma che danno anche l’idea di come l’ape sia intimamente legata all’ambiente che la ospita. Come descriverebbe il miele pro dotto nella vostra azienda? Il nostro miele, come molti altri prodotti naturali, non è mai iden tico da un anno all’altro. Ogni an no si ottengono infatti dei mieli che variano a dipendenza del tipo e quantità di nettare che le api rie scono a bottinare durante il perio do in cui è presente un importan te flusso nettarifero da permettere un Quest’anno,raccolto. per esempio, abbiamo fatto un raccolto di miele prima verile che non si riusciva più a fare da diversi anni. Si tratta di miele di acacia che però, e qui torno sul discorso del prodotto naturale mai identico, quest’anno presentava an che delle tracce di nettare di ace ro, una pianta che in alcune locali tà dove sono situati i nostri apiari è fiorita parzialmente in contempora nea con l’acacia. Abbiamo poi fatto un raccolto di miele di castagno che anche lui presenta una componen te di tiglio che può variare di anno in anno; quest’anno è meno presen te rispetto al raccolto del 2021. Per finire, grazie all’ottima collabora zione con un amico apicoltore della Svizzera tedesca, ci siamo lanciati nella produzione di miele di bosco, o miele di abete, una vera delizia dai boschi di conifere che qui in Ti cino non si riesce a raccogliere. Ab biamo traslocato alcune arnie in un fitto bosco di abete bianco nel Can ton Lucerna e siamo ritornati con alcuni melari ben ricolmi. È stata sì una soddisfazione per il raccolto ma soprattutto per esserci fatti un po’ di cultura attorno a questo tipo di miele molto conosciuto nella Sviz zera tedesca.

Signor Paratore, ci parli un po’ di lei e da quando fa l’apicoltore… Ho 32 anni e sono diplomato come giardiniere-paesaggista. Ho sempre amato stare a contatto con la natu ra, non sono sicuramente un tipo da ufficio; per questo sono contento di avere da quest’anno un collabo ratore che, oltre ad aiutarmi in api coltura, si occupa di tutta la parte amministrativa. Per quanto riguar da l’apicoltura, produco miele da 10 anni e dal 2019, dopo il periodo di conversione, sono certificato Bio Suisse. Nel 2020, dopo 4 anni di formazione in Svizzera tedesca, ho finalmente ottenuto anche l’attesta to professionale federale di apicolto re e non nascondo di esserne un po’ orgoglioso. Attualmente posseggo un centinaio di arnie distribuite sul territorio malcantonese.

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Il miele del Malcantone Attualità Il giovane apicoltore di Novaggio Sandro Paratore, produttore di miele bio di castagno e tiglio per Migros Ticino, ci parla della sua affascinante attività

Quali sono le problematiche prin cipali che dovete affrontare? I mesi cruciali per la nostra apicol tura sono quelli di luglio e agosto: da un lato è in pieno svolgimen to il raccolto del miele di castagno e tiglio, dall’altro l’apicoltore deve affrontare quel che da noi rappre senta il problema numero uno, ossia l’acaro parassita varroa, presente da noi dagli anni Ottanta. Questo pa rassita rappresenta un pericolo per lo sviluppo e/o la moria delle co lonie e, purtroppo, ci accompagna durante tutto il corso dell’anno api stico. Invidio gli apicoltori che ope ravano prima dell’avvento di questo Perparassita…farfronte a questa situazione noi adottiamo due misure principali che sono, da una parte, la creazione di giovani colonie in primavera e, dall’altra, nel mese di luglio, subito dopo aver tolto i melari, delle tec niche apistiche che contribuiscono ad eliminare gran parte della varroa presente. Così facendo, dovrem mo contenere la pressione dell’acaro in modo da permettere lo svilup po in buone condizioni della covata invernale e delle api che nasceran no. Se non facessimo nulla a luglio, potremmo infatti trovare la colo nia collassata oppure indebolita a tal punto da non riuscire a passare l’in verno. Queste misure, accompagna te da altre che seguiranno successi vamente, non sono una garanzia al 100% di sopravvivenza delle colonie ma sono, allo stato attuale delle co noscenze, le uniche che noi ritenia mo utili, fattibili e conformi alle norme del biologico per mitigare il problema delle morie invernali. Quanto influiscono siccità e cam biamenti climatici in generale sul la produzione di miele? Siccità e cambiamenti climatici in fluiscono sulla produzione perché possono compromettere la capaci tà pollinifera e nettarifera di alcune piante, quindi anche meno dispo nibilità per le api di raccogliere nu trimento per la colonia e, di rifles so, anche meno miele. In alcune regioni la siccità rappresenta pure un problema di approvvigionamen to di acqua per le api stesse. I cam biamenti climatici hanno però un impatto rilevante sulla salute del le api e sulle pratiche di conduzio ne degli alveari. Per esempio, se le temperature invernali sono «nor mali», ossia costantemente basse, le api si raccolgono in glomere e la regina aspetta i primi tepori di fine gennaio inizio febbraio per iniziare a deporre la covata. Con un inver no mite come quello scorso, le re gine hanno iniziato a deporre ben prima. La presenza di covata fresca corrisponde anche al consumo di nutrimento che, in questo periodo, può provenire solo dalle scorte pre senti nell’alveare. Occorre quindi sempre sorvegliare che sia sufficien te per evitare che muoiano di fa me e completarlo se necessario. Ma una covata opercolata significa pure sviluppo della varroa: i pochi aca ri sopravvissuti dopo i trattamenti invernali, iniziano già a sistemarsi nelle celle opercolate della covata e inizia così, con largo anticipo, il lo ro ciclo di riproduzione. Anche qui occorre vegliare affinché si possa intervenire per tempo con delle mi sure di contenimento, per evitare di raggiungere troppo presto la soglia critica. Per riassumere, i cambia menti climatici comportano per l’a picoltura e l’apicoltore più impegno e più risorse ma anche la necessi tà di mantenersi sempre aggiornati. Queste importanti sfide stimolano anche lo scambio con altri apicolto ri e spesso mi rendo conto che non si finisce mai di imparare. Anche questa è una parte che mi affascina dell’apicoltura! Si può migliorare il benessere delle api? Certamente, ognuno di noi può contribuire al benessere e allo svi luppo delle api. Per gli insetti è im portante disporre tutto l’anno di un’offerta variegata di nettare e pol line. I giardini fioriti contribuiscono in maniera significativa. Scegliendo di coltivare piante mellifere nel pro prio giardino si favorisce l’impolli nazione da parte delle api e una rac colta più copiosa di frutta, bacche e verdure. E poi esse non saranno solo un’oasi per le api ma anche per i no stri occhi quanto osserviamo i fiori colorati di prati e aiuole. Altro fat tore determinante che contribuisce a migliorare il benessere delle api è quello di rinunciare il più possibile all’utilizzo di prodotti fitosanitari e di biocidi.

Miele del Malcantone biologico di castagno e tiglio 500 g Fr. 19.–L’apicoltore Sandro Paratore.

Lo chef Luca Merlo ha cucinato alcuni ispirandosipiatti alle antiche ricette di Maestro Martino.

Le antiche ricette di Maestro Martino Gastronomia ◆ Lo chef Luca Merlo ha rivisitato alcune ricette del famoso cuoco bleniese del 1400 utilizzando ingredienti dei Nostrani del Ticino

CeppiLeuenbergerFlavia

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Buona visione!

Pomodori ticinesi da assaggiare

In concomitanza con le settimane dei Nostrani del Ticino, nei pros simi giorni in alcune filiali Migros sono previste delle degustazioni di pomodori (vedi programma a la to). Oltre ad essere prodotti in mo do ecologico sul nostro territorio da decine di coltivatori, questi ortaggi principe dell’orticoltura ticinese so no una vera prelibatezza e sono ot tenibili in numerose varietà nel vo stro negozio Migros di fiducia. Tra i pomodori che potrete assaggiare sul posto figurano, tra gli altri, i pomo dorini cherry, dolci e saporiti da gu stare crudi o appena saltati in padel la; i croccanti datterini perfetti come delizioso snack giornaliero; il kuma to con il suo sapore unico e il parti colare colore nero; il versatile pomo doro ramato con la sua polpa succosa e aromatica e il cuore di bue, il po modoro «gigante» ideale per insalate capresi da leccarsi i baffi. Dulcis in fundo, per rendere ancora più invi tante l’assaggio, i pomodori saranno conditi con qualche goccia di aceto balsamico, anch’esso di provenienza locale. Questo aromatico condimen to prodotto con mosto di uva ame ricana dall’azienda Delea di Losone viene fatto invecchiare minimo due anni in botti di legno pregiato. Non vi resta che annotarvi i luoghi e le date delle degustazioni.

Attualità ◆ Lasciatevi tentare nei nostri negozi dai prodotti della regione

Il eMercoledìdelleprogrammadegustazioni31.8giovedì1.9.2022 Migros Serfontana Venerdì 2.9 e sabato 3.9.2022 Migros Locarno Migros Agno Migros Lugano Migros S. Antonino

Persona molto conosciuta in Ticino e non solo, nonché gerente e chef della Locanda Marco di Bellinzona, Luca Merlo ha accettato di buon grado di preparare dei gustosi piatti basandosi principalmente sui prodotti del no stro territorio, nella fattispecie quelli firmati dai Nostrani del Ticino Mi gros. Le ricette realizzate dallo chef bellinzonese sono tuttavia state ispi rate da un personaggio importante nella storia della Valle di Blenio e del nostro Cantone, Martino de Rubeis o Martino de Rossi, detto Maestro Martino. Nato a Grumo attorno al 1420, divenne famoso per essere sta to un apprezzato cuoco alla corte de gli Sforza a Milano e presso due Pa pi a Roma. Considerato dagli storici come il fondatore della cucina italia na, tanto che importanti accademie di cucina portano oggi il suo nome, Maestro Martino è ritenuto l’autore del primo testo di cucina per cui si conosce il nome dell’autore, il Libro De Arte Coquinaria, ricettario mano scritto composto tra il 1450 e il 1467 diventato un vero e proprio fonda mento della letteratura gastronomi ca. Con quest’opera Maestro Mar tino passò alla storia anche come «principe dei cuochi». A proposito, quest’anno la Valle di Blenio rende omaggio al suo illustre convallerano. E lo fa con una serie di eventi, espo sizioni e iniziative che non manche ranno di coinvolgere chiunque abbia piacere di conoscere l’avvincente sto ria di Maestro Martino. Tra queste, citiamo per esempio le mostre pres so il Museo storico etnografico Valle di Blenio, conferenze con esperti di storia della gastronomia, proiezioni e un escape room. Inoltre, alcuni risto ranti, osterie e grotti della Valle di Blenio e del Bellinzonese propongo no delle ricette originali del principe dei cuochi. Per tutte le info, visitare la pagina maestro-martino.ch Sfiziose ricette firmate dallo chef Luca Merlo Luca Merlo ha raccolto con entusia smo la sfida di proporre alla cliente la alcune ricette antiche di Maestro Martino, rivisitandole in chiave no strana, attuale e creativa utilizzando alcuni prodotti dei Nostrani del Ti cino. Le ricette sono facili da realiz zare e sono spiegate passo per passo nei video pubblicati sul portale no stranidelticino.ch. Potrete così sco prire come si preparano gustosi ma nicaretti a base di pesce, «Carpionar trutte al modo di carpione»; di carne, «Per fare polpette di carne de man zo e de altra bona carne», un pri mo come le «Ova sperdute» oppure un delizioso dessert come la «Torta bianca». Per realizzare le ricette Lu ca Merlo ha utilizzato in gran parte ingredienti a km zero del nostro ter ritorio, come ad esempio gli aceti di vino rosso e balsamico, l’olio di gira sole, i robiolini, il latte fresco, le uova nostrane, il manzo charolais, la pan cetta, la passata di pomodoro, le erbe aromatiche e la farina bianca.

Nuova apertura VOI a Viganello! dal 1° settembre 2022 * Esclusi prodotti non Migros, come tabacco, bevande alcoliche, prodotti Swisslos, ecc., sacchi e bollini con tassa, vignette, depositi, schede telefoniche, prestazioni di servizio, e-loading, schede iTunes, carte SIM, carte regalo e Smartbox. Non utilizzabile negli shop Online. VOI Viganello Via alla Chiesa 2 6962 Viganello Tel. 091 821 73 www.viganello@voi-ticino.ch30voi-migrospartner.ch Orari Lunedì–Venerdìd‘apertura 7.00–19.00 Sabato 7.30–18.30 di-10%riduzionesututto*l‘assortimentopressoVOIMigrosViganello1°-3settembre2022Benvenuti da VOI Il nuovo supermercato di quartiere moderno, fresco e simpatico dall’ottimo rapporto qualità-prezzo 4 Il negozio vicino ai bisogni della clientela per la spesa rapida e comoda 4 Ampia offerta di articoli di marca, prodotti freschi a marchio Migros e bevande alcoliche 4 Un occhio di riguardo per la produzione locale 4 Servizi «Lotto» e articoli chiosco Il nostro assortimento Prodotti freschi Frutta, verdura, pane e molto altro ancora – freschi e regionali Vino e birra Vini, birre e superalcolici selezionati Alimentari Per la varietà a tavola Assortimento chiosco Una selezione di prodotti chiosco e lotteria nel vostro negozio preferito Bevande Bevande e rinfreschi per tutti i gusti Casa e cura Articoli per la casa, l’igiene personale e gli animali domestici

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 7 SOCIETÀ

450000400000350000300000250000200000150000100000500000mensilitàdinumero Evoluzione

Bruna è l’unica volonta ria rimasta al Centro diurno di Mag gia dopo la pandemia. Urgono quin di rinforzi, perché le proposte a favore degli utenti sono molteplici. Valentina Gnesa, responsabile della struttura sin dalla sua apertura tre anni or sono, ha man mano ampliato con i suoi collabo ratori le attività. Spiega la responsabile: «Già nei primi mesi il numero di par tecipanti è cresciuto gradualmente così come le nostre proposte per le quali eravamo aiutati da quattro volontari. Lo stop forzato a causa della pandemia (durante la quale abbiamo comunque assicurato altri servizi indispensabili in quel periodo) ha interrotto questa con tinuità. Siamo però ripartiti con il me desimo spirito, improntato all’apertura verso l’esterno e all’ascolto di bisogni e desideri della nostra utenza». La col laborazione con il ristorante e gli altri commerci presenti nel complesso, co me pure con le scuole, le associazioni della valle e altri centri diurni, permet te di garantire momenti ricreativi in sede e uscite all’esterno anche di un’in tera giornata per le quali l’appoggio dei volontari risulta altrettanto prezioso. Il Centro è frequentato quotidianamente da 20-25 persone con un’età che spazia dai 65 ai 95 anni. In prevalenza si trat ta di donne e sull’arco della settimana (la struttura è operativa anche al sabato dalle 10 alle 16) si alternano un’ottan tina di utenti. Accanto ad attività più tradizionali – come tombola, canti po polari, ginnastica dolce, i citati lavoret ti manuali – sono stati introdotti con successo incontri riguardanti la salute, la pasticceria, la fotografia e il disegno. A quest’ultimo corso si è iscritta anche la volontaria Bruna, a testimonianza di come il Centro diurno possa suscitare nuovi stimoli pure in chi lo frequenta perSulaiutare.ruolo di risorsa di appoggio dei volontari richiama l’attenzione Vini cio Bosshard, coordinatore del Servi zio Volontariato. Così spiega il percor so predisposto da Pro Senectute: «Gli interessati, dopo il primo contatto, partecipano ad un incontro durante il quale viene loro spiegato chiaramen te cosa significa diventare volontario.

Riccardo De Gottardi Oggi arcobaleno non è più solo quel suggestivo arco colorato che compare nel cielo allorché una leggera piogge rella si incontra con i raggi del sole. Oggi Arcobaleno è anche il titolo di viaggio per utilizzare i trasporti pub blici in Ticino. Arcobaleno designa un modo di spostarsi versatile, con veniente,Versatilesemplice.perché con esso ci si può spostare in un determinato compren sorio con tutti i mezzi disponibili in dipendentemente dall’impresa che gestisce il servizio. Inoltre il titolo di trasporto è disponibile in tante forme: come abbonamento annuale, mensile o settimanale; come biglietto sempli ce o carta giornaliera. Con un abbo namento valido per 6 zone o un bi glietto per 8 zone Arcobaleno diventa un lasciapassare per l’intero Cantone. Dal 2018 ha pure valicato la frontie ra combinandosi con i servizi di Tre nord nella Regione Lombardia. Ar cobaleno è conveniente, non ha infatti rivali per chi si sposta regolarmente e il suo costo è nettamente inferiore a quello dell’automobile. Presuppo sto è che si calcolino correttamen te i costi, ciò che troppo spesso an cora non succede. Da un lato poiché si sottostima l’onere della propria au tomobile, dall’altro perché ci si infor ma ancora troppo poco sulle offerte dei trasporti pubblici. Per chi viaggia saltuariamente la soluzione vincente è l’abbinamento del biglietto singo lo o della carta giornaliera Arcobale no con l’abbonamento per biglietti a metàArcobalenoprezzo. compie nel 2022 il suo venticinquesimo compleanno. Quello che oggi sembra scontato ha tuttavia dovuto superare non poche difficoltà, di cui sono stato testimone in qualità di funzionario cantonale. L’iniziati va assunta dal Cantone appariva so spetta a talune imprese di trasporto. Qualcuno temeva di dover abdicare alle proprie competenze e di trovar si disarmato di fronte a perdite di in troiti. Alcuni Comuni hanno perora to l’allargamento dei perimetri delle zone per ampliare i propri vantaggi ricorrendo perfino contro la decisione finale del Consiglio di Stato, che do veva a sua volta garantire il finanzia mento del progetto. Dal profilo tec nico, inoltre, le esperienze acquisite erano ancora sporadiche. Agli inizi degli anni ’90 le Comunità tariffali in Svizzera si contavano infatti sulle di ta di una mano, oggi sono oltre venti. Tutto ciò ha potuto essere superato. Il principio che per progredire occor resse unirsi ha fatto breccia nelle im prese, i Comuni hanno riconosciuto che l’elasticità dei confini di zona ha dei limiti e hanno aderito ad un ade guato sostegno finanziario mentre il Governo prima e il Parlamento poi hanno riconosciuto al settore dei tra sporti pubblici una dignità nell’ambi to della politica della mobilità che era allora ancora del tutto embrionale.

Un questionario aiuta a chiarire la di sponibilità in termini di tempo, il ti po di servizio che si desidera prestare, i propri interessi, i mezzi di traspor to utilizzati, in modo da poter indivi duare il compito più appropriato co me fosse un vestito cucito su misura. I volontari, oltre che nei centri diurni e a domicilio (per la spesa, passeggia te o compagnia) possono aiutare nelle pratiche amministrative, in operazio ni puntuali di breve durata o ancora nell’accompagnamento dei gruppi di vacanza». Delle circa 300 persone at tive nel volontariato di Pro Senectute Ticino e Moesano, il maggior nume ro, oltre cento, è impegnato nelle visite a domicilio.Altroaspetto importante è la for mazione. Ancora il coordinatore del Servizio: «Il volontario non è mai la sciato solo. È sempre accompagnato dai coordinatori e ringraziato in oc casione di un incontro annuale pre visto quest’anno il 24 settembre. So prattutto, ha la possibilità di seguire un programma di formazione annua le composto da diversi corsi, alcuni dei quali organizzati sia nel Sottoceneri, sia nel Sopraceneri. Dall’opportuni tà di acquisire una visione d’insieme delle attività di Pro Senectute – corso fortemente consigliato per meglio co noscere la realtà globale delle persone anziane – si passa a proposte mirate su tematiche di tipo assicurativo, sanita rio, emozionale, senza dimenticare il benessere dello stesso volontario». Quest’ultimo è spesso identificato con la figura dei neopensionati, desi derosi di rimanere attivi e con nuovo tempo libero. Nella maggior parte dei casi è proprio così. Tutti gli interessa ti sono però ovviamente benvenuti e al proposito Vinicio Bosshard rivela l’e mergere di una nuova realtà. «Cresce il numero dei richiedenti l’asilo in atte sa di una decisione che si offrono qua li volontari. Tre le loro motivazioni: il desiderio di integrazione, la possibilità di imparare l’italiano e la riconoscenza per l’accoglienza ricevuta». Nel 2021 l’organizzazione ha regi strato nel complesso oltre 12mila ore di volontariato. Un apporto significa tivo quanto indispensabile. Mettersi a disposizione gratuitamente a favore di persone bisognose deve però rimanere innanzitutto un piacere e il passaparola risulta sovente la miglior forma di coin volgimento. Durante la visita al Centro diurno socio-assistenziale di Maggia lo hanno sottolineato la volontaria, la re sponsabile del Centro e il coordinato re del Servizio Volontariato, rappresen tanti di tre ruoli interconnessi. Per tutti l’aspetto essenziale resta la ricchezza dei rapporti umani che si instaurano fra i diversi partecipanti alla vita del Cen tro diurno come pure fra i volontari e gli anziani visitati a casa loro.

Essere attivi nel volontariato fa bene al prossimo e a se stessi. In Ticino po trebbero testimoniarlo in molti. L’ap porto di queste persone è essenziale per garantire tutta una serie di servi zi offerti da molteplici organizzazio ni. Fra queste Pro Senectute Ticino e Moesano – Fondazione impegnata a favore del mantenimento a domici lio degli anziani – i cui volontari sono circa 300. Le richieste però sono sem pre superiori alla disponibilità, per cui l’appello ai potenziali interessati resta attuale. A invitarli a provare questa esperienza l’affermazione iniziale che riassume la testimonianza di Bruna raccolta nel Centro diurno socio-as sistenziale di Maggia dove opera dal 2019. L’impegno della volontaria o del volontario in termini di tempo non è intenso, ma è richiesta costanza, sen sibilità e capacità di contatto umano. I volontari sono accompagnati dai professionisti e dall’apposito Servizio della Fondazione. Un programma di formazione annuale su temi legati al mondo della persona anziana facili ta il loro compito, sia esso a domici lio, nei centri socio-assistenziali (per utenti ancora autonomi) o nei centri diurni terapeutici (per chi soffre di un degrado cognitivo). Grazie a que sti corsi si promuovono nel contempo la crescita personale e lo scambio di esperienze.Ritiratasi dal mondo del lavoro a 55 anni per trascorrere più tempo con il marito giunto all’età della pensione, Bruna ha iniziato a frequentare il Cen tro diurno socio-assistenziale di Mag gia nell’autunno di tre anni fa, accom pagnandovi la madre. Ha subito visto che poteva rendersi utile, sfruttando la sua passione per i lavoretti manuali. Oggi è responsabile di questa attività, incarico che svolge due pomeriggi al mese. «Siccome ho molto tempo libe ro – racconta volentieri Bruna – ven go al Centro anche in altre occasioni o partecipo quale accompagnatrice alle uscite esterne. In media direi che sono attiva una volta alla settimana». Cosa piace maggiormente alla vivace volon taria? «Sicuramente il contatto con le persone», risponde Bruna. «Avendo lavorato per molti anni in farmacia, ero abituata a incontrare tanta gente. Qui offro tempo e attenzione alle per sone anziane, ma da loro ricevo molto. È uno scambio arricchente, che mi fa starePurtroppobene».

Stefania Hubmann

La signora Bruna volontaria al Centro diurno di Maggia durante un’attività creativa proposta agli utenti.

Informazioni volontariato@prosenectute.orgTel.Serviziowww.prosenectute.orgVolontariato,0919121717.

Venticinque anni di Arcobaleno

Pro Senectute ◆ La Fondazione ha un servizio specifico che affianca e forma i volontari il cui apporto è essenziale per le diverse attività proposte

Istantanee sui trasporti ◆ Nascita e successo della comunità tariffale che ha semplificato l’uso dei trasporti pubblici in Ticino

La ricchezza del volontariato

Oggi il costo delle agevolazioni ta riffali ammonta a circa 13 milioni di franchi all’anno, ripartito a metà tra Cantone e Comuni. Gli utenti infine hanno accolto la riforma tariffale con molto favore. Il numero delle mensi lità vendute nella forma di abbona menti mensili e annuali è quasi tri plicato e la quota di utenti-adulti ha ormai superato il 50%. Nel 2019 era no mediamente in circolazione quasi 49'000 abbonamenti. La corsa al ri alzo si è arrestata solo nel 2020 con l’esplodere della pandemia da Coro navirus per poi dare nell’anno suc cessivo un segnale di ripresa. Il recu pero prosegue anche nei primi mesi del 2022, grazie anche a una offerta di servizi che dal 2021 ha conosciuto un potenziamento generale in corri spondenza dell’apertura della galleria di base del Ceneri. Un compleanno non deve tuttavia essere motivo di solo compiacimen to. Deve piuttosto diventare l’occa sione per stabilire nuovi traguardi e attrezzarsi per le nuove sfide perché «chi si ferma è perduto». Gli elementi cui confrontarsi sono diversi. La pan demia ha allontanato una parte degli utenti, che ora lavorano a casa per al cuni giorni della settimana. Il lavoro a tempo parziale tende a diffondersi. Gli spostamenti per lo svago, in fa miglia o in gruppo, hanno raggiunto una quota attorno al 50% degli spo stamenti complessivi. La concorren za dell’automobile è agguerrita e nel prossimo futuro potrà esibire innova zioni in grado di mettere in discus sione alcuni degli attuali atout dei trasporti pubblici. Sono dunque ne cessarie risposte tempestive attraverso innovazioni che possano sposarsi con le nuove esigenze e offrire più flessibi lità. Progetti-pilota sono in corso per offrire, ad esempio, abbonamenti va lidi per 2 o 3 giorni a scelta durante la settimana. Tutto questo senza pe raltro perdere di vista che la scelta del mezzo di trasporto è primariamente dettata dalla qualità del servizio in termini di rapidità e di frequenza. degli abbonamenti mensili e annuali Arcobaleno abbonamento giovani abbonamento adulti

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 9 SOCIETÀ Solo pocopertempo! Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti. Offerte valide solo dal 30.8 al 5.9.2022, fino a esaurimento dello stock poco tempo! 15% Pack da 3 3.30 invece di 3.90 Twix yogurt 3 x 120g 15% Pack da 3 3.30 invece di 3.90 M&M’s yogurt 3 x 120g Annuncio pubblicitario Una conca ritrovata Territorio ◆ Recuperata e valorizzata la Chiazza di Aurigeno, un gioiello nascosto, con suggestivi muri a secco, edifici rurali e vigneti tradizionali Elia Stampanoni La Chiazza è una conca nascosta a due passi da Aurigeno, villaggio della Vallemaggia. Raggiungerla non è dif ficile e dalla frazione di Terra di Fuo ri vi si arriva in poco più di quindici minuti seguendo le indicazioni. Sbu cando dal bosco dopo la breve salita che permette di superare un dislivel lo di circa cento metri, all’improvvi so risplende l’avvallamento, ricco di muretti a secco, vigneti tradizionali, prati, selve e coltivazioni, che forma no un paesaggio affascinante. Situata tra i 410 e i 430 di altitu dine, la Chiazza (dal termine locale e dialettale che indica il mestolo, per analogia alla conformazione del ter reno) è stata oggetto, tra il 2016 e il 2020, di un intervento di recupero, ripristino e valorizzazione, che ha ri dato luce a un comparto ricco di sto ria e di fatiche. Promotore e maggio re finanziatore del progetto è stato il Patriziato di Aurigeno che, grazie all’appoggio di enti, istituzioni pub bliche, fondazioni private e sostenito ri, ha potuto inaugurare gli interventi la scorsa primavera, pubblicando an che, con Vallemaggia Pietraviva, un opuscolo informativo (Paesaggi di Pie tra, Aurigeno: la Chiazza). Al centro delle attenzioni è stata appunto la zo na della Chiazza, dove sorge un pic colo nucleo di edifici, molti dei quali ancora utilizzati. Al posto di un di roccato, ormai irrecuperabile, è inve ce stata costruita una stalla che, rigo rosamente in pietra, funge da ricovero temporaneo per gli animali al pasco lo. Come leggiamo nel citato pieghe vole, «prima del declino della civiltà rurale, tutta la zona era sfruttata per la produzione di uva, castagne e al tra frutta, così come per l’allevamen to di mucche e capre che qui dispone vano di pascoli relativamente ampi e comodi. Ad inizio 900 e per gli anni a venire, lassù vi era un insediamento periodico di aziende agricole dove vi operavano 6-8 Coltivazionipersone».eterreniche non sono mai stati abbandonati e che il proget to ha rafforzato con un rinnovo par ziale del vigneto e con la piantagione di ciliegi e meli, a complemento del frutteto di prugni già esistente. Paral lelamente sono pure stati ripristinati numerosi tratti di muri a secco, per una lunghezza complessiva che rag giunge ora i 500 metri lineari e che, oltre a creare un paesaggio affasci nante, sono pure un elemento efficace per proteggere le colture dal bestiame e per delimitare le proprietà. Il vigne to è inoltre caratterizzato dai tipici sostegni in sasso, i carásc, che forma no delle pergole imponenti e impres sionanti, affiancate in altre parti da uva coltivata in filari. La Chiazza, seppur mai trascura ta, ha così trovato nuovo slancio, for nendo oggi un ambiente produttivo, ma anche ricco di valori naturalistici e paesaggistici. Nella zona sono anche state recuperate e rivalorizzate la selva castanile e alcune aree di pascolo, am pliando una superficie agroforestale di pregio. Il Patriziato di Aurigeno ha così potuto scongiurare, ancor prima che ciò accadesse, un potenziale ab bandono o un progressivo deteriora mento di questa conca, fornendo nel contempo uno stimolo al migliora mento e alla garanzia di una gestione duratura nel tempo. In vetta al colle è pure stato allestito un punto panora mico che, completo di tavolo e pan chine, è il luogo ideale per una sosta e per ammirare il paesaggio. Nel progetto è rientrata pure la va lorizzazione di altri comparti situa ti nelle vicinanze e collegati trami te il circuito ad anello proposto, che si sviluppa per una lunghezza di tre chilometri circa. Innanzitutto è sta to migliorato il sentiero d’accesso, ri pristinando anche qui diversi muri a secco. In zona Runch di Paolitt sono inoltre stati sistemati nove pozzi che un tempo erano adibiti alla macera zione della canapa, i quali si possono visitare con una deviazione (segna lata) durante l’ascesa. Qui si posso no distinguere le cavità dove veniva messa ammollo la canapa, mentre un pannello informativo spiega breve mente i processi fondamentali: dalla coltivazione al prodotto finale, pas sando per la macerazione, l’essica zione, la stigliatura, la pettinatura e la filatura.Oltrepassata la Chiazza e scesi dal versante opposto, si raggiunge invece il ponte romanico in zona Runch da l’Ört, pure oggetto di un intervento di consolidamento. Il manufatto, ad arcata unica e con un suggestivo sel ciato irregolare, era un varco obbliga to per entrare in Vallemaggia, quando era difficile o impossibile superare le gole di Ponte Brolla e le altre. Il colle gamento tra il Locarnese e la valle av veniva probabilmente da Tegna verso il Castelliere, passando dalla forcola di Dunzio e quindi, appunto, tramite questo ponte in direzione di Aurige no. Lungo il fiume sono anche stati ricostruiti, a scopo didattico, dei ca nali in legno che servivano in passa to per portare l’acqua al mulino posto nelle vicinanze, che oggi invece è in rovina e inaccessibile. La Chiazza e il ponte romani co sono inoltre integrati nell’itinera rio «Aurigeno e il Vanoni» uno dei percorsi pedestri della serie «Sentieri di pietra» edita da Vallemaggia Tu rismo, APAV (Associazione per la protezione del patrimonio artistico e architettonico di Valmaggia) e Valle maggia Pietraviva. Nei dintorni si po tranno dunque incontrare altri pun ti d’interesse, come l’antico lavatoio a Terra di fuori, che si raggiunge risa lendo lungo un suggestivo cammina mento circondato, anche qui, da im ponenti muri a secco. E.Stampanoni

DIPLOMA D’ORO EXPOVINA

ROCK YOUR LIFE! è infatti un program ma di mentoring che coinvolge allie vi alla fine del proprio percorso alle scuole dell’obbligo (mentee) e stu denti del post-obbligo o giovani la voratori, i quali svolgono la funzione di mentori. Gli allievi, a prescindere dal loro background sociale, econo mico e familiare, sono accompagna ti durante la terza e la quarta media in un percorso di crescita e scoperta delle proprie potenzialità attraverso un programma riconosciuto e perso nalizzato. Quest’ultimo offre ai gio vani l’opportunità e lo spazio per esa minare i propri obiettivi, sia personali che professionali, sostenendoli anche in questioni pratiche, come la prepa razione delle candidature o la ricerca di un apprendistato adatto. «L’intento è sostenere i giovani in una transizio ne di successo dalla scuola dell’obbli go verso una formazione professiona le, un apprendistato o una formazione secondaria, rafforzando la loro auto nomia e le loro chance nel mondo la vorativo. Intento che perseguono an che il Consiglio di Stato e il Gran Consiglio del Canton Ticino con “Obiettivo 95%”, che mira a preveni re l’abbandono scolastico e accompa gnare i giovani in progetti formativi», aggiunge Zoppi. Il mentoring è uno strumento uti le per raggiungere gli obiettivi prefis si, come dimostrano i buoni tassi di successo riscontrati nei cantoni del la Svizzera tedesca dove il program ma è presente dal 2013. «Si tratta di uno strumento utile, flessibile alle esi genze dei partecipanti e riconosciuto scientificamente per la sua efficacia, complementare a quanto di buono già viene fatto, sul territorio e dagli uffici cantonali – commenta il coordinato re regionale per la Svizzera italiana –ciò che caratterizza il mentoring è il rapporto che si instaura tra le parti, costruito sulla fiducia reciproca, il ri spetto e la comunicazione». Oltre ad allievi e mentori, ROCK YOUR LIFE! coinvolge pure le im prese: «Cooperiamo con aziende par tner per permettere ai giovani di farsi in anticipo un’idea di cosa sia il mon do del lavoro attraverso visite guidate o stage che consentono di mettere in pratica competenze utili nel passag gio al mondo del lavoro», aggiunge Zoppi, che si occupa di collegare la centrale RYL! di Berna con la realtà della Svizzera italiana. Altro attore importante del pro getto, la scuola. Gli insegnanti che vi lavorano, infatti, conoscono bene le difficoltà che gli allievi possono ri scontrare in questa fase della vita. Per gli Istituti interessati il programma ROCK YOUR LIFE! può essere un valido complemento ai servizi offerti per sostenere i ragazzi nel momento di una presa di decisione riguardo al loro futuro scolastico o professionale. Ma vediamo ora meglio il ruolo dei principali protagonisti del pro getto, mentori e mentee, i quali si incontrano un paio di volte al mese, svolgendo diverse attività. Durante gli incontri, mentee e mentore riflet tono insieme su domande riguardan ti aspirazioni, aspettative e attitudi ni, scelte di formazione e carriera, piani futuri e altro ancora, sempre nell’obiettivo di permettere al primo di effettuare con successo una tran sizione nel mondo professionale o di proseguire la sua formazione. «Spes so i mentori hanno vissuto in prima persona le difficoltà che riscontra no i mentee e sono in grado di so stenerli con le loro esperienze perso nali. Questi trascorsi, come pure le diverse competenze dei mentori, ar ricchiscono poi il programma – ag giunge Zoppi – per svolgere questo ruolo non sono richieste formazioni e competenze specifiche, se non una predisposizione all’ascolto, all’empa tia e una disciplina personale impor tante per portare a termine un per corso che dura diversi mesi e può essere impegnativo. I mentori rice vono una formazione di base dai no stri responsabili pedagogici a livello nazionale, con la quale non miriamo però a sostituirci ai professionisti del settore». A sostegno dei ragazzi che si impegnano a vivere questa esperien za, ROCK YOUR LIFE! offre poi workshop di supervisione e un coa ching continuo grazie a trainer ap positamente formati. Per definire al meglio gli obiettivi della relazione di mentoring, il programma offre inol tre delle sessioni di formazione e trai ning tematici rivolti alla coppia. Oltre ad accompagnare un giova ne durante un percorso di crescita co mune, scegliere di essere mentore dà l’opportunità di conoscere meglio il processo di orientamento alla carrie ra e le possibilità formative offerte dal territorio. Consente inoltre di uscire dalla propria confort zone e acquisi re competenze che potranno essere utili in altri campi; infine, a seconda dell’istituto scolastico che si frequen ta, è possibile richiedere una conva lida di questa esperienza arricchente ottenendo crediti ECTS. Partecipare al programma in veste di mentee permette invece di mette re a fuoco i propri obiettivi personali e professionali con il supporto di un ragazzo più grande, scoprire il pro prio potenziale e sviluppare consa pevolezza riguardo ai propri talen ti, oltre a partecipare a delle attività con un gruppo di coetanei che vivo no o hanno già vissuto la tua stessa situazione. «Il programma si rivolge in particolare ai giovani che si trova no in difficoltà nel fare una scelta che avrà una notevole rilevanza sul loro futuro. Tradizionalmente, il soste gno famigliare è importante per valu tare quale direzione imboccare dopo le scuole dell’obbligo ma non sempre oggi questo appoggio è presente. Noi interveniamo, anche, a coprire que sta lacuna. Ogni giovane ha una sto ria diversa e una propria individualità che è importante tenere in conside razione nel fine ultimo di trovare un percorso idoneo che consenta di ot tenere un titolo di studio secondario possibilmente senza incorrere in fal limenti o abbandoni, che rischiereb bero di minare l’autostima e la fiducia del ragazzo», aggiunge Carlo Zoppi. La partecipazione a ROCK YOUR LIFE! è gratuita. «Il pro cesso di candidatura passa attraver so colloqui individuali in cui capia mo le esigenze e la motivazione dei partecipanti e valutiamo se possiamo prenderli a carico o se è eventualmen te meglio indirizzarli verso altri enti – spiega il coordinatore regionale per la Svizzera italiana – per quel che ri guarda invece la creazione delle cop pie, di principio abbiniamo i giova ni tenendo in considerazione le loro caratteristiche personali, gli interessi comuni e anche una certa prossimità geografica che rende gli incontri più semplici». Per ottobre c’è ancora qual che posto disponibile. Chi volesse ul teriori informazioni le trova sul sito www.rockyourlife.org/italiano

La coppia di giovani formata da mentore e mentee si incontra un paio di volte al mese. rockyourlife.org)(www.

10 Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino SOCIETÀ Annuncio pubblicitario Ora ti propone anche le migliori offerte di vini Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino Enoteca Vinarte, Centro Migros AgnoEnoteca Vinarte, Migros Locarno Confronto con la concorrenza* Offerte valide dal 30 agosto al 5 settembre 2022 Italia,Veneto,75 cl Mionetto Prosecco Superiore di Valdobbiadene DOCG extra dry 9.6530%invecedi 13.95* Cartone da 6: 57.90 invece di 83.70* 2020, Spagna,Castilla y León,75 cl Venta TempranilloMazarrónVino de la Tierra de Castilla y León Rating della clientela: 11.6535%invece di 17.95 Cartone da 6: 69.90 invece di 107.70 2021, Svizzera,Vallese,6 x 75 cl Domherrenwein Fendant AOC Valais Rating della clientela: 33.6036%invece di 52.50 Bottiglia: 5.60 invece di 8.75 Votate ora! 2021, Sicilia, Italia, 6 x 75 cl Fontalta Pinot Grigio Terre Siciliane IGP 15.9531%invece di 23.40 Bottiglia: 2.70 invece di 3.90

Scoprire le proprie potenzialità

Ragazzi ◆ Il programma di mentoring ROCK YOUR LIFE! sostiene allieve e allievi nella transizione dalle medie verso un apprendistato o una formazione secondaria Alessandra Ostini Sutto 925 coppie formate in 9 anni. È la ci fra che riassume l’attività di ROCK YOUR LIFE!, un dinamico pro gramma di mentoring peer to peer pre sente nel nostro Paese, appunto, dal 2013. La storia di ROCK YOUR LI FE! comincia in Germania, nel 2008; dopodiché il programma si espan de in Olanda, Spagna e, come detto, Svizzera, dove oggi è presente in di versi cantoni. «Il programma è appe na sbarcato a sud delle Alpi e ci stia mo attivando sul territorio. Il nostro approccio è quello di creare buone re lazioni e collaborazioni con gli enti pubblici cantonali e comunali e i ser vizi privati già esistenti, valorizzan do il coordinamento e la complemen tarietà dei modi di operare – spiega Carlo Zoppi, coordinatore regionale per la Svizzera italiana – al momen to ci stiamo focalizzando su Lugano e il Luganese, dove ci sono i numeri giusti per poter cominciare, ma non escludiamo nei prossimi anni svilup pi in altre parti del cantone. Obietti vo è partire ad ottobre con 10 coppie mentore-mentee. Il progetto è stato ben recepito dalla popolazione e ab biamo ricevuto numerosi messaggi di aspiranti mentori e genitori inte ressati a conoscerci meglio».

Tisana Olivone o Brumana 24 g 20% 4.70 invece di 5.90 Salame al Merlot prodotto in Ticino, per 100 g, in self-service 20% 4.05 invece di 5.10 Quadratini 2 x 100 g, per 100 g 16% 2.–invece di 2.40 San Gottardo Prealpi 250 g, confezionato, per 100 g 20% 2.50 invece di 3.15 Pomodori ramati Ticino, al kg 23% 3.–invece di 3.90 Cicorietta 250 g 20% 2.80 invece di 3.50 Migros Ticino Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. Offerte valide solo dal 30.8 al 5.9.2022, fino a esaurimento dello stock Prodotti genuini a km nostranidelticino.chzero Le settimane dei Nostrani del Ticino Sale alle erbe e fiori 180 g 20% 7.10 invece di 8.90 Pancetta arrotolata affettata, prodotta in Ticino, per 100 g, in self-service 20% 3.60 invece di 4.50 Zucchine bio Ticino, 500 confezionateg, 25% 2.20 invece di 2.95

Fin dalla nascita disponia mo di un insieme di ritmi circadia ni specifici ma occorrono settimane o anche anni perché essi si sincroniz zino con l’ambiente esterno, i neona ti a partire dalla 2° o 3° settimana di vita tendono a urinare maggiormente durante il giorno indipendentemente dagli orari delle poppate, poi fra il 1° e il 5° mese di vita sviluppano un rit mo giornaliero, ma non tutte le fun zioni corporee si stabilizzano in tempi così brevi. I ritmi circadiani subiscono modificazioni sostanziali anche nella vecchiaia, se a 20 anni possediamo un ritmo di 25 ore e 6 minuti è assai pro babile che a 60 sarà di 24 ore e 6 mi nuti, il che significa che con il passare del tempo il nostro ciclo giornaliero sonno-veglia tenderà a essere più bre ve. Uno dei ritmi mensili più evidenti è il ciclo mestruale femminile, si ri pete una volta al mese dalla pubertà alla menopausa per circa 400 volte nell’arco della vita media di una don na, come il ciclo lunare si articola, sal vo disturbi, in 4 diverse fasi, dalla sin drome premestruale all’ovulazione.

Anche alcune forme depressive avrebbero carattere stagionale, talu ni studiosi avrebbero concluso che gli orologi biologici dei soggetti colpiti da depressione non funzionerebbe ro a dovere. Essere fuori ritmo e fuo ri fase non è semplice da gestire, lo scombussolamento è causa di stress, come ben sa la sterminata categoria dei turnisti (cioè lavoratori che fanno i turni di notte) o di chi viaggia in ae reo e si sposta frequentemente da un fuso orario all’altro. Questo continuo processo di riadattamento cui molti sono costretti produce affaticamen to mentale.Alle11del mattino ognuno di noi è una persona ben diversa da quella che è alle 11 di sera, le variazioni del nostro umore sono infinite, abbia mo alti e bassi quotidiani, ogni ora e mezzo attraversiamo una fase in cui siamo più vulnerabili alla stanchez za e al sonno. Dopo anni di ricer che i cronobiologi hanno individua to i momenti della giornata migliori: la nostra sensazione di benessere au menta sensibilmente nelle ultime ore del mattino, per molti l’ora miglio re è il mezzogiorno, quando il livello di vigilanza è massimo, mentre una improvvisa flessione e caduta di tono si verifica nel pomeriggio per un pa io d’ore, le ore pomeridiane risultano indicate per esercitazioni al pianofor te o con altri strumenti musicali, per lavori manuali e mansioni facili e ri petitive. Il momento migliore per me morizzare a breve termine, come ben sanno gli studenti, è il mattino, sem bra che la facilità con cui ricordiamo le cose dipenda dal momento in cui le apprendiamo. Verso il tramonto, la coordinazione migliora in generale e i nostri sensi sembrano farsi più acu ti, questo aiuterebbe a comprendere come mai in tutto il mondo la gen te ama riunirsi di sera per divertirsi, suonare, mangiare. Le ore del pome riggio e della sera sono anche le mi gliori per fare attività sportiva. Voi rientrate nella categoria del le allodole o in quella dei gufi? Siete animali diurni o notturni? In paro le povere amate alzarvi sempre mol to presto e coricarvi di conseguenza o date il meglio di voi a notte alta? Pa re che i «diurni» abbiano un caratte re piuttosto introverso mentre i «not turni» siano maggiormente espansivi. È importante in ogni caso conoscere i nostri ritmi biologici e gli effetti di tutte le fasi del sonno. Anche l’impul so e il desiderio sessuale (come scrivo no Susan Perry e Jim Dawson in Le ore del corpo, Armenia ed.) seguireb bero un andamento ciclico, raggiun gendo un picco nel periodo di fine estate, inizio autunno, e non in pri mavera, come vorrebbero farci crede re i poeti… Shutterstock

Siete

Per non incorrere in confusioni chia riamo che la Cronobiologia di cui parliamo non ha niente a che vedere con la teoria dei «Bioritmi», secondo la quale la nostra vita è governata da 3 brevi periodi che si susseguono co stantemente: fisico, emotivo e intel lettuale, la qualità dei quali gli astro logi calcolano sulla base della data di nascita. La Cronobiologia è, invece, una disciplina abbastanza recente che studia i ritmi biologici degli esseri vi venti e la loro periodicità. Ritenuta si no a pochi anni fa una scienza bizzar ra e di serie B è oggi materia di studio in importanti università e centri clini ci, ci sono cronobiologi che lavorano al servizio della NASA. Tutto in noi obbedisce a un ritmo, la respirazione, il battito cardiaco, la temperatura cor porea, il ciclo sonno-veglia, l’appetito, ogni essere umano possiede un «oro logio biologico» interiore, così come il mondo che ci circonda funziona se guendo ritmi precisi. Verso la fine degli anni 40 Franz Halberg, un giovane ricercatore eu ropeo impegnato negli Stati Uniti, analizzando il sangue di alcune cavie notò come il numero dei globuli bian chi aumentava e diminuiva sensibil mente nell’arco della giornata, tracciò un grafico di tali variazioni e scoprì che esse davano vita a un ciclo giorna liero che chiamò ritmo «circadiano» (dal latino circa diem, circa un giorno). Il nostro ritmo circadiano più evi dente è il ciclo sonno-veglia, ma ac canto ad esso molti altri ritmi regola no le funzioni dell’organismo, come la temperatura corporea, la pressione sanguigna, la secrezione ormonale, la divisione cellulare. I ritmi circadiani seguono un ciclo che si aggira sulle 24 ore, ritmi inferiori a 20 ore ven gono classificati come ritmi ultrara diani. Si è scoperto che nel nostro or ganismo ogni 90 minuti si verificano lievissime variazioni che riguardano ad esempio il tracciato delle onde ce rebrali, i movimenti oculari, il tono muscolare, variazioni legate a fasi di stanchezza o sonnolenza, all’affatica mento, al nostro livello di attenzione, allo stimolo della fame o del flusso urinario.

12 Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino SOCIETÀ DOPPIO PIACERE: METÀ PREZZO. La tua prepagata ora a soli 9.80 invece di 19.80 .* Credito iniziale: 15.– e 100 MB *Offerta valida dal 30.8 al 26.9.2022. Incl. scheda SIM con 15.– di credito, SIM Lock permanente, traffico dati Prepaid fr. 0.28/MB, acquisto di una nuova scheda SIM e registrazione obbligatori. Tutti i nuovi clienti Prepaid ricevono in omaggio un volume di dati da 100 MB per navigare con il dispositivo mobile. Inoltre, mese dopo mese, tutti i clienti Prepaid usufruiscono di 10 MB gratuiti. m-budget-mobile.ch MOBI LE Annuncio pubblicitario

◆ Scopriamo

Eliana Bernasconi

allodole o gufi?

Cronobiologia la disciplina che studia i tempi e i ritmi della nostra vita

Pazienza e fiducia

Come ogni inizio, anche il primo giorno di scuola ha una sua particola re valenza simbolica. Tra i vari signi ficati rituali di questo giorno c’è anche una percezione del futuro come tem po della crescita, dello sbocciare, del fiorire. Questo giorno, sempre specia le, si offre come un luogo simbolico da cui incamminarsi oltre, verso nuovi approdi: desiderati e progettati, o an che solo immaginati e sperati. Sono atmosfere che evocano l’idea del futuro come progresso, un’idea centrale nel pensiero moderno che culmina nello spirito dell’illumini smo. La modernità ha raccontato in tanti modi il desiderio di un’umani tà migliore, e l’impegno necessario per realizzarla, tanto nell’espressio ne individuale quanto nella società.

Dall’identificazione del bene con la maggior felicità per il maggior nu mero di persone di Jeremy Bentham, al coraggio di pensare con la propria testa per essere liberi di Immanuel Kant, il pensiero moderno è un am pio progetto multiforme che vede nel futuro un progresso, una meta da co struire tutti insieme. Questa visione di un tempo progres sivo, ben radicata nella nostra cultu ra, può essere percepita anche nel no stro personale sentimento del vivere. Come ricordano le celebri parole di sant’Agostino, è il «presente del fu turo». Questo futuro che abita il no stro presente, che risuona in noi, qui e adesso, può continuare ad offrirsi co me il tempo dell’attesa, della fiducia e della speranza in un domani pensato come migliore. Oggi tuttavia siamo abitati anche da un sentimento meno luminoso del nostro tempo del vivere. Spesso non riusciamo più ad accoglie re un futuro che sappia suggerire al nostro animo la possibilità di andare oltre, verso nuove fioriture possibili. E ciò perché un’altra percezione del presente ci accompagna nelle nostre giornate, con tonalità ed emozioni molto diverse. Spesso percepiamo «il presente del futuro» come una minac cia; spesso la speranza assume lo stes so significato di quell’unica cosa che era rimasta sul fondo del vaso di Pan dora, da lei sciaguratamente aperto, lasciando così uscire tutti i mali del mondo. Questa speranza rimasta sul fondo del vaso è «timore del futuro», così infatti la definisce Esiodo nel suo Comeracconto.nelmito, anche oggi, sem pre più spesso la speranza assume il volto del timore per un futuro sem pre più minacciato da scelte altret tanto sciagurate di quelle di Pandora. Quel «timore del futuro», unico sen timento trattenuto sul fondo del va so, sta prendendo sempre più spazio tra di noi; anche nel nostro più inti mo vissuto diamo accoglienza a un tempo opaco e minaccioso. Lo per cepiscono pure i giovani questo tem po opaco, lo sentono sulla loro pelle, anche quando, come in questi giorni, ritrovano i profumi di una scuola che dovrebbe e vorrebbe portarli lonta no. Anche in queste atmosfere di cre

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 13 SOCIETÀ / RUBRICHE ◆ ●

E se da un lato ciò mette a nostra di sposizione risorse e tecniche di gran de utilità e potenza, al contempo, ci espone a un rischio. Mantenere in un oggetto piccolo, precario e deperibi le le proprie fotografie, la posta elet tronica, i messaggi delle chat, l’abbo namento ai mezzi pubblici, le fatture del dentista, la propria musica pre ferita, il collegamento con il sistema televisivo digitale, il sistema di paga menti e l’accesso ai propri conti ban cari non è poi sempre così sensato e comodo. Senza contare che in caso di smarrimento o di furto del telefo no tutto quello che siamo può esse re facilmente accessibile da estranei (per i malintenzionati la password di apertura non è così difficile da ag girare). Quindi il nostro consiglio è di mantenere separate vita telefonica e questioni finanziarie, utilizzando per queste ultime un normale com puter di casa. C’è un altro aspetto, che tocca mar ginalmente questa innovazione e riguarda più da vicino proprio la necessità di dotarsi di un accesso di gitale ai servizi di pagamento. L’ab biamo notato scaricando sul cellula re l’app apposita (si scusi il bisticcio) di un istituto finanziario, app con la quale effettuare i pagamenti nel la nuova modalità. Le istruzioni per lo scaricamento riportano il seguen te disclaimer: «Privacy dell’App: lo sviluppatore (…) ha indicato che le procedure per la tutela della Privacy dell’app potrebbero includere il trat tamento dei dati descritti di seguito. I seguenti dati possono essere raccol ti e collegati alla tua identità: infor mazioni finanziarie; identificativi; dati sull’utilizzo, diagnosi». Zanoli

Distopico

Le parole dei figli «Sto leggendo un romanzo distopi co». La risposta della 14enne sotto l’ombrellone fa svanire in un batter d’occhio la mia convinzione di avere finalmente decifrato le passioni degli adolescenti in tema di letture. Capi re cosa leggono è un modo per co noscerli e io pensavo ormai di ma neggiare al meglio la questione. A Il caffè delle mamme abbiamo affronta to la mania dei manga. Con l’aiuto dello psicoterapeuta Alberto Rosset ti e del suo saggio Le persone non na scono tutte uguali abbiamo sviscera to il mondo dei fumetti giapponesi che si leggono al contrario. Ci siamo appassionati a quelle vicende dure, cruente, violente o assurde che par tono da un evento che ribalta l’ordi ne delle cose, dove l’eroe è il più delle volte un debole e un perdente che ri esce a mettersi in gioco e a compen sare le proprie carenze grazie al co raggio e alla sete di giustizia, in un tempo sospeso con volti che trasuda no emozioni. E l’abbiamo fatto per capire perché le amano. La risposta che ci siamo date è che vi si ricono scono per come sono in realtà, con le loro domande sulla vita e sul mondo, i loro problemi, le paure e le parti più oscure della loro personalità, ma an che le loro speranze. E sulla scrivania conservo anche un articolo dell’«Internazionale Kids» che spiega perché i giovani lettori sono attratti anche dai libri di sto rie fantastiche. Il fantasy è un gene re letterario in cui le storie sono am bientate in mondi immaginari con creature come gli elfi o gli hobbit: leggere romanzi fantasy è un otti mo sistema per fuggire dalla vita di ogni giorno perché ti immergi in un mondo pieno di avventure. La saga di Harry Potter di J.K. Rowling, con oltre 500 milioni di copie vendute e annoverata tra i libri più letti di sem pre al mondo, insegna. Ebbene, ora scopro che non è finita qui. Perché adesso arriva come Parola dei figli di stopico. In effetti Clotilde nel corso dei mesi mi ha raccontato le storie di Hunger games di Suzanne Collins (un reality show con protagonisti ragaz zi fra 12 e 18 anni dove per vince re occorre ammazzare gli avversari, ma anche per piacere all’audience te levisiva e agli sponsor); Divergent di Veronica Roth (gli adolescenti sono sottoposti a test attitudinali e forme di addestramento in base a cui si de cide il loro futuro); Maze runner – Il labirinto di James Dashner (un cer to numero di adolescenti, denomina ti Radurai, vengono lasciati in uno strano posto detto Radura, una sorta di labirinto da dove devono uscire). Tutti libri che vantano un successo strepitoso tra i giovani lettori. E la li sta potrebbe continuare. Io però non avevo mai riflettuto, con il disappun to palese della mia 14enne, sul fatto che si trattasse di romanzi distopici. Ma che cos’è un romanzo distopico? «La parola distopia è stata inventa ta per esprimere un’utopia al negati vo spiega sul suo sito la Mondado ri, casa editrice di numerosi di questi bestseller – e se l’utopia vuol descri vere un mondo perfetto e ideale, la distopia ne mette in scena uno inde siderabile e spaventoso». Nei roman zi distopici, dove la vicenda viene ambientata in un futuro prossimo, è presente una società in cui non vor remmo mai vivere e che è la peggiore possibile sotto tutti i punti di vista: schiavitù, povertà, discriminazio ni. Ma proprio questo scenario ren de la storia ancora più avvincente, le conferisce tensione, predice un futu ro inammissibile ma spesso lo fa per aiutarci a riflettere sul presente. Le tendenze sociali sono portate a estre mi apocalittici e, quasi sempre, die tro la distopia si cela la denuncia di aspetti della realtà contemporanea. Al contrario del fantasy, dove la li nea fra bene e male è spesso chia ra, nei romanzi distopici non esiste il buono o il cattivo, ma imperversano personaggi grigi. Perché alla Gen Z piacciono? Il mo tivo, con ogni probabilità, è che la devastazione è solamente causata dall’uomo, non da fattori che non si possono controllare come ad esem pio una invasione aliena o delle cre ature sovrannaturali, quindi l’uomo stesso è l’artefice della propria soffe renza. In quest’ottica i distopici met tono voglia di rivoluzione e di cam biamento. La scenografia tiene sulle spine. Il valore della libertà viene esaltato, così come gli ideali. Cono scere il peggiore dei mondi possibili e i suoi meccanismi è dopotutto un punto di partenza per tentare di co struirne uno migliore. di Simona Ravizza

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di Alessandro

Approdi e derive

Terre Rare Visto che aziende e servizi pubblici aggiornano e perfezionano costan temente i sistemi di interazione con la propria clientela, a noi utenti del la burocrazia digitale non resta che adattarci e, a volte, soffrire un po’. Ne abbiamo già parlato. Uno degli esempi più concreti in questo conte sto è la nuova procedura che riguar da i bollettini di pagamento «bian chi». Alla fine, credo che tutti se ne siano accorti, le cose non sono poi molto diverse da prima. Di fat to, tutto l’esercizio è servito sostan zialmente a convincere (costringere?) gli utenti a modificare le proprie abi tudini, indirizzandosi verso la mo dalità di pagamento digitale, da PC o da smartphone. Ci torna in men te l’affermazione di qualche anno fa del nostro precedente caporedatto re, il quale, diffidando dei primissi mi servizi di pagamento online di ceva qualcosa del tipo: «A me piace ancora andare alla Posta e sentire il tu-tum del timbro sulla cedola…». Anche lui avrà dovuto convertir si: il rumore più frequente che capi ta di sentire mentre si affrontano le incombenze di questo tipo è oggi il «cli-click» della fotocamera, sul te lefono o sul pc, con cui si inquadra il fantomatico QR code. Cercando di intuire il perché dell’in troduzione della nuova procedura, sembra di capire che è stata pensa ta per semplificare il lavoro dell’u tente. Avere a che fare con comodi e compatti quadrettini grafici i qua li, una volta inquadrati dallo smar tphone o dal lettore ottico collega to al computer, possono riportare automaticamente tutte le informa zioni necessarie a definire gli estre mi del pagamento da effettuare, è apparentemente una semplificazio ne e una velocizzazione del proces so. Di fatto, dopo aver effettuato un test d’uso su alcuni sistemi di e-ban king, compreso naturalmente quello ufficiale di Postfinance, e su vari tipi di sistemi di accesso, via smartpho ne e via computer portatile, l’impres sione di fondo è che il nuovo proto collo sia stato pensato proprio per gli Sismartphone.tratta,allo stesso tempo, di una buona e di una cattiva notizia. La transizione degli utenti digitali dal computer al telefono cellulare (sem pre che lo si possa ancora conside rare un telefono…) è una tendenza inequivocabile. Il nostro smartphone «siamo noi»: grazie a quello la tecno logia si è fatta parte complementare della nostra realtà fisica e psicologica.

di Lina

Futuro promessa o futuro minaccia?

scita percepiscono la presenza di un mondo poco accogliente, un mondo che sembra non attenderli da nessuna parte, che non sembra aver molto bi sogno di loro. Questo futuro opaco rischia di rive larsi una gabbia esistenziale per tut ti, giovani e meno giovani. E così ci ritroviamo sempre più bloccati den tro un tempo senza respiro, dentro un tempo della sopravvivenza, in cui la fiducia nel futuro sembra esprimer si ormai solo nella speranza di poter continuare a riprodurre il presente. Proprio come ci propone la grande mistificazione del progresso tecnolo gico, che in realtà è solo continuo po tenziamento di sé e della sua irrinun ciabile presenza. È questo futuro della sopravvivenza ad invitarci oggi a comprare le stu fette elettriche per scongiurare la cri si energetica (in Germania è in corso un vero e proprio boom di acquisti). È lo stesso futuro della sopravvivenza che durante la pandemia aveva spin to molte persone a fare scorta di car ta igienica. E non mi sorprenderebbe, dopo alcuni recenti annunci allar manti, anche un prossimo incremen to vertiginoso nella vendita di candele e legna per l’inverno. Eccoci qua, sempre più minacciati da un futuro opaco, a premunirci contro il rischio di dover rinunciare a quelli che Alexis de Tocqueville aveva de finito i piccoli piaceri volgari con cui riempire il nostro animo. Con incre dibile lungimiranza il filosofo france se aveva previsto, già nell’Ottocento, le fragilità delle nostre democrazie e delle nostre libertà. Ma anche chi, con slancio ideale, rinuncia a rinchiudersi nel proprio piccolo giardino privato, fa fatica ad andare incontro ad un futu ro che sia davvero tale, ad una visione del futuro che possa condurci altrove. Penso soprattutto ai giovani: tra loro e il futuro c’è di mezzo il fantasma di un mondo in rovina. A ragione è sta to detto che speranze e ideali di tanti ragazzi sono diventati passioni tristi. Bertola

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Con postproduzione s’intende, nel per corso di elaborazione di una fotografia digitale, quella fase che segue lo scatto e ne precede l’uso. Di postproduzio ne non si parla nel processo analogico: sebbene qualche operazione partico lare possa intervenire tra lo scatto, lo sviluppo e la stampa, in genere questa fase – critica e determinante – segue un iter piuttosto macchinale, fatto di temperature, diluizioni e tempi di svi luppo regolati dalle tabelle delle case produttrici di pellicole e di agenti chi mici, e dalla propria esperienza. Con la pellicola, quanto resta di lavoro per finalizzare l’immagine, viene poi rea lizzato in fase di stampa. Col digitale, questa fase intermedia richiede invece una buona dose di attenzione e pre parativi, foto dopo foto, per giungere alla stampa, fase durante la quale, al contrario dell’analogico, c’è ben poco da intervenire. Vediamo allora più in dettaglio come si procede. Si tratta innanzitutto di selezio nare a schermo i files tra i vari scatta ti, per poi approntare le dovute corre zioni legate agli inevitabili problemi, grandi o piccoli che siano, che ogni presa comporta. Dopo la loro esecu zione, la scelta degli scatti da rifinire è assai delicata. È una fase che richiede lucidità e lungimiranza. Soprattutto perché, una volta effettuata la selezio ne, difficilmente ci si ritornerà sopra.

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La scelta degli scatti da rifinire è assai delicata, è una fase che richiede lucidità e (Shutterstock)lungimiranza.

TEMPO LIBERO ● ◆ 14 Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino

Ferma da due anni in Irlanda, Mamé, con Giorgio e Federica Thoeni, torna a casa, passando per la Cornovaglia e la Manica

A meno che l’errore non ci riveli in vece qualcosa d’inatteso, di sorpren dente, al punto da farci decidere per la sua imprevista forza d’includerlo nella selezione. Tante volte la realtà pren de il sopravvento sulla nostra volon tà di controllo e si afferma nella sua evidenza. La fotografia è anche que sto, e proprio anche in questo risiede la sua magia. Va comunque sottolineato che tanti scatti non saranno perfetti in partenza ma presenteranno un margine tecnico di correzione, sia riguardo l’insieme sia in loro specifiche parti. La valuta zione di questo margine, tenuto conto del risultato a cui vogliamo o dobbia mo giungere, fa parte dell’operazione di scelta. Vediamo allora quali sono gli interventi di routine che operiamo sui file. Dapprima eseguiremo delle mo difiche d’ordine generale, in particola re sulla luce (la sua quantità e qualità), piccole correzioni prospettiche, even tuali aggiustamenti d’inquadratura, miglioramento dell’incisività. A se conda del programma di elaborazione che utilizzate potrete anche corregge re eventuali aberrazioni ottiche e cro matiche legate agli obiettivi che avete impiegato. Fatto ciò, si può passare a correzioni – in particolare, della luce –di specifiche parti dell’immagine che richiedono e permettono un migliora mento (lettura di dettagli nelle ombre o nelle alte luci, modifiche locali del contrasto, ecc.). Spuntinature e altri piccoli aggiustamenti sono all’ordine delEntrambegiorno. queste serie di operazio ni possono essere eseguite sia utiliz zando un convertitore di files – specie, se scattate in formato raw –, sia con dei programmi di elaborazione imma gini un po’ sofisticati. Per ottimizza re il flusso di lavoro, talune operazioni è preferibile eseguirle con il converti tore, mentre per la rifinitura, oltre ai convertitori, ci potremo avvalere de gli innumerevoli strumenti messi a disposizione dalle applicazioni dedi cate a questo fine. Considerata l’am pia gamma disponibile, la scelta degli strumenti da utilizzare non può che esser frutto della personale esperien za pratica, e non starò dunque qui a farne l’elenco. Quello che però posso consigliarvi caldamente è di conser vare sempre una copia dell’originale, così come lo avete scattato. Di operare le correzioni alla massima risoluzione del file – salvo casi particolari – e in fine di farle in modo non distruttivo, ossia imparando a lavorare con dei li velli di correzione separati dallo sfon do, che andranno salvati alla chiusura del file. Va qui evidenziata l’importan za di avere, in questa fase, uno scher mo calibrato, che permetta di vedere correttamente le luci, i colori e i con trasti, così come sono stati registra ti dalla macchina fotografica, per poi poter agire di conseguenza. Ecco, questo in grandi linee è quanto perlopiù va fatto per appron tare le immagini in vista del loro uso. Nel caso di fotografie soggette a una committenza bisognerà interveni re per raggiungere le specifiche esi genze. Il digitale, grazie ai sofisticati programmi di elaborazione delle im magini ad esso dedicati, permette poi tutta una serie di manipolazioni che, spesso, esulano dalla stretta pratica fotografica. Mi riferisco in particola re a quegli interventi neopittorialisti, portati a un’innaturale, spesso esage rata, modificazione di certe caratte ristiche dell’immagine, quasi fosse –o la si volesse far somigliare a – un quadro. Non vi è un confine netto tra le due modalità operative (affina mento dell’immagine o sua alterazio ne), ma nel risultato è un qualcosa che riusciamo a cogliere di primo acchito. Beninteso, tutto è possibile, ma – se vogliamo affrancarci da una pratica naïve della fotografia – sta a ciascu no di noi ponderare consapevolmen te in quale territorio vuole muoversi, quali sono i motivi per cui adottia mo determinate opzioni operative, e agire di conseguenza. Ogni scelta ha le sue ricadute. Non è indifferente, rifletteteci.

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Bacco in Piemonte Quarta puntata dedicata ai vini del Piemonte, nella regione che va da Acqui Terme, con il suo Dolcetto, fino al nord della Regione

Uno strumento rivoluzionario

Fotografia ◆ La postproduzione: tra lo scatto e la stampa, o la messa in rete Stefano Spinelli

Se non avete una particolare urgenza nella scelta, vi consiglierei dunque di aspettare prima di mettervi a selezio nare gli scatti. Lasciate passare qual che giorno di decantazione. Sare te meglio disposti, distaccati da quei pensieri che vi hanno indotto a scatta re più – e spesso, troppe – varianti del medesimo soggetto. Il vostro sguardo sarà più oggettivo e la vostra scelta più immediata.Icriteri che si adottano per effet tuare una selezione sono tanti, d’ordi ne oggettivo, determinati principal mente dalla qualità dello scatto ed alle richieste di un’eventuale committen za, come pure soggettivo, vincolati al gusto personale, alla maggiore o mi nore corrispondenza dello scatto con quanto si voleva raggiungere, e altro ancora. Considerata la loro imponde rabilità, lascio a voi l’esame di questi disparati aspetti soggettivi. Anche per i criteri oggettivi, co munque, non vigono regole asso lute. Possiamo però dire che l’esito delle scelte tecniche adottate in fa se di ripresa dovrebbe permetterci di raggiungere l’immagine voluta. Del mosso, o una sfuocatura, o una for te sottoesposizione, poniamo, posso no starci, se funzionali alla resa fina le dell’immagine. In caso contrario, quando lo scatto decisamente non trova soluzioni, va lasciato da parte.

Ritorno in Bretagna

Un porta merende mostruoso Nella rubrica di bricolage Giovanna Grimaldi Leoni ci propone questa settimana un progetto di cucito ideale per il ritorno a scuola

Itinerari ◆ Un’escursione alla gola della Tamina e ai vecchi bagni di Pfäfers

È uno scenario naturale unico, spettacolare e inquietante al contem po, un antro buio, in cui sgocciola una debole luce, mentre il sole vi s’insinua timidamente solo con il solstizio d’e state, sul mezzogiorno. Qua e là, la roccia conserva i fori squadrati, in cui erano infisse le travi che sostenevano le primitive capanne. E poi il fiume, là sotto, avvolto nella bruma, spumeg giante, fragoroso e infaticabile, che sembra deciso a scavare un passaggio sempre più profondo, come a voler pe netrare fino al centro della terra. Se ci venite entro la metà di ottobre, un altro eccezionale spettacolo vi lascerà però senzaDopoparole.unpaio di stagioni di forza ta rinuncia, torna quest’anno Light Ra gaz, un artistico gioco di luci colorate proiettate sulle pareti rocciose, che di segnano fantasmagoriche visioni ani mate da note musicali. Un evento au diovisivo che, per il 2022, evoca il tema dellaVienfelicità.dachiedersi se erano felici, gli ospiti delle terme, negli anni oscuri del Medioevo? Mica tanto, mi sa, a giudi care dal trattamento loro riservato, do po la vertiginosa discesa nella gola. «Li si immergeva in un bagno d’acqua cal da per una dozzina di giorni» mi spie ga ancora Walter Lendi. «Senza pausa. Consumavano lì dentro anche i pasti e uscivano solo per i loro bisogni im pellenti o per dormire nelle casupole appese alla roccia. Durante questa cu ra poco ortodossa, la pelle diventava morbida e rossa, il corpo espelleva le tossine e ne usciva sanato dai mali che lo affliggevano»

Presi per la gola

Le virtù terapeutiche dell’acqua ter male richiamano gente da mezz’Euro pa, che arriva qui per curare acciacchi e malanni vari, ma anche perché i bagni (tutti, a dire il vero, non solo quelli di Pfäfers) sono visti in epoca medieva le come occasione d’incontro, luogo di discussione, di piaceri edonistici e, non da ultimo, di solleticante e lussuriosa promiscuità. Un aspetto, quest’ultimo, che sarà prontamente «sanato» dalla rigida moralità puritana propugnata da Riforma e Controriforma. E a pro posito, ci viene anche Ulrico Zwingli a fare il bagno nell’acqua della Tamina, nel 1531, ma, più che di lenire fastidio si acciacchi, lo scopo del riformatore sembra essere quello di convincere l’a bate a convertirsi alla nuova religione. Senza successo, evidentemente, e se ne andrà con le pive nel sacco. Quattro anni dopo, fa la sua com parsa a Pfäfers, proveniente dal Tirolo, dove ha combattuto la peste, tale Phi lippus Theophrastus Aureolus Bom bastus da Hohenheim, meglio co nosciuto come Paracelso, alchimista, astrologo, filosofo e mistico. Si crede sia lo stesso abate Johann Jakob Rus singer, costantemente sofferente di stomaco, ad invitarlo. Conoscendo la straordinaria personalità del personag gio, l’abate pensa astutamente di po tersene pure servire per una più effi cace promozione delle terme. E non si sbaglia. Paracelso, primo vero medico dei bagni di cui si conosce il nome, la scia due opere memorabili, un Consi lium, manoscritto oggi conservato nel la biblioteca di San Gallo, in cui elenca suggerimenti terapeutici per l’abate, e una lusinghiera descrizione dei bagni, da cui omette però di dire, sornione, che l’accesso alla gola è un’avventura da cardiopalmo.QuelladiPfäfers, sostiene Para celso, è un’acqua acratotermale, ov vero purissima, un dono di Dio per la salvezza dell’uomo. Il caldo elemento è estremamente curativo, ha un effet to depurante per il corpo, sia facendo vi il bagno, sia bevendone in quantità. È un toccasana per svariati malanni e infermità, come la gotta, i reumatismi, il mal di schiena, i sintomi di paralisi, l’atrofia dei muscoli, le febbri ricorren ti, gli infortuni e le ferite. A seconda delle patologie, precisa il medico ter male, la cura va affiancata dall’assun zione di medicinali specifici, da salassi, e da una sana alimentazione. Il pazien te deve mangiare e bere con modera zione ed evitare alimenti quali aglio, cipolle, porri, senape, lenticchie, fagio li, piselli, latte e derivati, ad eccezione delÈformaggio.unavera e propria certificazione per i bagni di Pfäfers, la testimonianza di Paracelso, e la popolarità delle ter me non ha più limiti. «I pazienti ve nivano prevalentemente da Zurigo e dalla Svizzera interna» precisa Walter, mentre mi precede a lunghe falcate verso l’uscita della gola, «poi c’è la no biltà della Germania del Sud, dell’Au stria, della Francia, e tante altre per sonalità. Anche i popolani usano le terme. È una sorta di servizio sociale del monastero, che però vi rinuncerà presto per paura che la sorgente potes se prosciugarsi».L’uscitadella gola ci accoglie con un bagno di luce. Pochi passi più in là, oltre un ponte, ecco un’imponente costruzione con grandi finestre affac ciate sul fiume. C’è anche una cap pella, con il campanile a lanterna, che si staglia contro l’oscurità della roc cia. «A un certo punto», mi dice Wal ter accennando al grande edificio, «dopo una serie di frane ed incendi, i bagni sono stati spostati fuori dal la gola. Questi sono parte dell’Altes Bad Pfäfers, risalgono ai primi de cenni del Settecento e rimarranno in funzione fino alla fine degli anni Ses santa del secolo scorso per poi esse re sostituiti dalla stazione termale di BadFaRagaz»fresconei lunghi corridoi, alcune persone ciondolano nei grandi locali, che oggi ospitano il Museo dell’Abba zia, quello dei bagni, con le stanzette al cui centro c’è la vasca quadrata, e il Memoriale dedicato a Paracelso. Sono i più antichi bagni svizzeri in stile ba rocco e ricordano la storia secolare del centro terapeutico, un tempo frequen tato da re e principesse e da personag gi illustri, come Victor Hugo, Hans Christian Andersen, Friedrich Nietz sche, Friedrich Schelling, che proprio qui passerà a miglior vita, Rainer Ma ria Rilke, o Johanna Spyri, l’autrice di Heidi, che ci viene con la madre go dendosi la sorgente curativa e questo luogo di All’ombraispirazione.deigrandi alberi, turi sti e famigliole con bambini al seguito concludono la scampagnata sgranoc chiando panini e sorseggiando bibite colorate. Alcuni aspettano il bus che li riporterà a Bad Ragaz. Noi invece tor niamo lungo la stradina, seguendo il fiume, che scorre allegro tra le rocce e i grandi tronchi portati dalla corrente o buttati giù dall’alto da passati stratem pi. L’acqua, nel suo perenne ritorno, è l’elemento di congiunzione, che colle ga tutto e tutti, condividendo la storia unica e secolare di questo straordinario complesso termale. Il fotografica.ampiatrovaazione.chPfäfers.l’Altesbagni;TaminagolaVenzianididisegnoRomanodelladellaedeisottoBadSusiunapiùgalleria

Romano Venziani, testo e foto La roccia è tutta imperlata di goccio line, che catturano lampi di luce blu. Un rumore sordo, come lo scrosciare di una cascata, mi accompagna, sem pre più forte, mentre mi avvicino al la parete di fondo della lunga galleria chiusa da una spessa lastra di vetro ap pannato. Fa caldo. Sembra di indossa re un paletot inzuppato di vapore, ma è una sensazione che mi piace. Mi ricor da i tropici. Quando arrivi lì e scendi dall’aereo e ti accoglie una zaffata umi da di aria calda profumata di muschio e fiori di frangipani. C’è una luce dietro il vetro. Illumi na dal basso una vasca piena d’acqua, che sgorga a fiotti da una fessura della grotta. È la sorgente termale della Ta mina, che ha fatto la fortuna dell’an tica Abbazia di Pfäfers, fino alla sua chiusura nel 1838, e di Bad Ragaz d’al lora in poi. Il «potere dell’acqua», scrive Tho mas Schmidheiny, industriale mi liardario, un tempo proprietario della Holcim, il colosso del cemento, e pa tron del Grand Hotel Bad Ragaz, che la famiglia ha preso in mano nel 1928, «ha permesso la creazione e lo svilup po del principale centro di benessere e medico del Vecchio Continente». Ma da dove viene quest’oro blu, che esce copioso da una fenditura del la roccia, sollevando sbuffi di vapore generati dai suoi 36,5 gradi? Antiche credenze ritenevano sgor gasse dal seno di una dea trasmutata in un’alta montagna, sparisse miste riosamente, inghiottita dalla terra, per poi ritornare alla luce dopo duecento anni in questa gola selvaggia, scava ta dal fiume nell’alto scalino roccioso su cui se ne sta appollaiato il villaggio di Pfäfers.Abenguardare, le voci del passato non si scostano più di quel tanto dal le ipotesi formulate dalle indagini ge ologiche. La topografia del massiccio montuoso in cui s’incunea la Tamina tal, così come le oscillazioni climati che degli ultimi dieci milioni di anni hanno conferito alla valle la configu razione attuale. L’alternanza di periodi freddi, con l’estensione dei ghiacciai, quello di Sardona e quello del Reno (scollinato dal Kunkelspass), e perio di caldi, che ne provocavano lo sciogli mento, hanno modellato il paesaggio. Il torrente Tamina ha fatto il resto. È scivolato dapprima nell’ampia valla ta glaciale, per poi inciderne lo sbocco creando una profonda forra alle spalle dell’odierna Bad Ragaz. Ed è proprio lì che alcuni cacciato ri dell’Abbazia di Pfäfers, avventura tisi un giorno del 1240 in questa gola inospitale, forse incuriositi dagli strani vapori provenienti da una grotta, fan no una scoperta eccezionale: la sorgen te termale.Quest’acqua è raccolta, come quel la del torrente Tamina, dalle pendici del Piz Sardona, ma segue un percorso diverso. Inghiottita dalle rocce, s’infi la sottoterra, defluisce, si presume per dieci anni, attraverso gli spessi strati geologici succhiandone quegli elemen ti che le conferiscono virtù curative. Durante il suo viaggio iniziatico si riscalda per poi sgorgare nel cuore del la gola dando origine alla sorgente ter male. Considerato che la sua tempe ratura aumenta di circa tre gradi ogni cento metri, i geologi ritengono pro venga da una profondità attorno ai mille metri, forse da un lago sotterra neo che la raccoglie e ne assicura un deflusso continuo. I benedettini dell’Abbazia di Pfäfers fiutano subito l’affare e, fin dal XIV secolo, riconoscono il potere te rapeutico di quell’oro blu, che scorre nel cuore della montagna. E lo sanno sfruttare. Aprono così i primi bagni termali, quaggiù, nel fondo della «spa ventevole gola» «A quell’epoca» mi racconta Walter Lendi, già presiden te della Fondazione Altes Bad Pfäfers «i pazienti erano alloggiati in capan ne sospese su travi incastrate tra una parete e l’altra, mentre sotto scorreva schiumando il fiume Tamina. L’acces so era difficilissimo. Si pensi ai malati e alla gente che non poteva cammina re. Li calavano in una cesta appesa ad una fune, mentre gli altri scendevano su ripidissime scale» Me li immagino quei poveri cri sti, mentre ci incamminiamo tran quillamente lungo la solida passerella, che oggi permette ai visitatori di per correre, sicuri, tutta la gola. Me li ve do, sospesi nel vuoto, avvinghiati so lo all’incerta speranza che la sorgente miracolosa, gorgogliante là sotto, leni sca i loro dolori. E capisco i vecchi cronisti e le loro descrizioni del luogo, che richiamano visioni di fiumi infernali, come lo Stige e l’Acheronte, porte d’ingresso dell’ol tretomba. Raccontano però anche cose magnifiche, gli antichi testi, immagini di indescrivibile meraviglia, che mi ri trovo a condividere, ammirando le al te pareti che s’innalzano per decine di metri, si avvicinano fino a toccarsi, la sciando liberi solo stretti spiragli attra verso cui s’intravvedono il verde degli alberi e il blu del cielo.

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 16

Ritrovare il respiro dell’alto mare è sempre stata una necessità che, per oltre due anni, le circostanze mi ave vano negato. Un tempo esagerato per Mamé, la mia piccola barca, costret ta a una sosta che cominciava a es sere troppo lunga. Dapprima il fur to del motore fuoribordo nell’Irlanda del Nord. Poi la perdita di quello ap pena sostituito a sud di Dublino sul la via del ritorno. Poi ancora la pan demia più altri accidenti. Insomma, quest’anno il rientro in Bretagna era l’obiettivo che dovevo conquistare. Avrei navigato con Federica, mia fi glia. Sapevamo che non sarebbe sta ta una passeggiata. Non tanto per la lunghezza complessiva del percorso, i turni durante la notte con le sue lu ci, le possibili intemperie o gli impre visti, quanto per il tipo di mare che avremmo dovuto attraversare: noto riamente duro, sempre agitato e ric co di correnti. Una rotta che dal mare d’Irlanda ci avrebbe portato nel ca nale di Bristol per concludere con la Manica. Mamé doveva pertanto es sere pronta a riprendere il mare e non dovevamo trascurare alcun dettaglio. Come ad esempio lasciare asciuga re l’interno rimasto a mollo in mez zo metro d’acqua. Un episodio incre scioso che aveva danneggiato il legno del paiolato, creato macchie di muf fa e, soprattutto, neutralizzato parte dell’impianto elettrico. «Deve essere stato il getto troppo violento dell’i dropulitrice», diceva Peter, un an ziano e premuroso amico irlandese che aveva preso a cuore le sorti della barca stazionata a Arklow durante la mia assenza. Così, dopo averla fatta asciugare per bene, svuotata di tutto il ciarpame accumulato durante gli an ni e verificato il funzionamento delle poche ma essenziali apparecchiature a bordo, prima dell’ultimo inverno la faccio ricoprire da un telo di plastica. Una possibilità per ritrovarla almeno asciutta l’anno dopo. «She’s seaworthy» (non teme il ma re), afferma Peter quando, dopo es ser tornati in giugno e dopo gli ultimi ritocchi gli annunciamo la decisio ne di mollare gli ormeggi. Il piano di navigazione consisterà in tre tap pe. Per la prima, una sorta di rodag gio di una cinquantina di miglia, la sciamo Arklow verso sud-ovest alla volta di Kilmore Quay, un suggesti vo borgo di pescatori della contea di Wexford. Affacciato sul mar Celtico è il trampolino ideale per raggiungere le isole Scilly. La meteo è favorevole, avremo vento al traverso fino all’arri vo. L’ingresso del porticciolo richiede molta attenzione, va imboccato con l’alta marea per evitare di incagliarsi su bassi fondali rocciosi (com’era già successo qualche anno prima…). La sciamo Arklow poco dopo mezzo giorno e, con vento e corrente favo revoli, impieghiamo poco più di nove ore per entrare a Kilmore Quay. Ri maniamo colpiti dai molti pescherec ci ammucchiati nel piccolo porto per lunghe soste a causa del costo del ga solio. Intanto ho un brutto raffreddo re: «Babbo, dovrai startene tranquillo in barca almeno un paio di giorni», è il saggio consiglio di Federica. E io obbedisco, mentre lei visita tutto il paese e si fa aiutare dai passanti per trovare un passaggio fino alla farma cia del villaggio vicino sfoderando il suo disarmante sorriso… Le notti sono fredde, siamo in banchina così possiamo accendere la stufetta elettri ca. Ne approfittiamo per rivedere le scorte a cui avevamo aggiunto qual che busta di cibo liofilizzato: porzioni pronte con tre centilitri d’acqua cal da che ci faranno risparmiare peno si equilibrismi ai fornelli. Il tragitto è quello più lungo: 145 miglia nel mar Celtico attraverso il canale di St. Ge orge e poi quello di Bristol. Dopo un paio di giorni sto effetti vamente molto meglio così decidiamo di ripartire di buon’ora. Dopo 5 mi glia a motore passiamo rasenti (forse un po’ troppo) alle piccole isole Sal tee ma la rotta poi si assesta. Il ven to è variabile e il mare è bizzoso con onde spezzate. Facciamo vela e mo tore, si balla parecchio ma siamo ac compagnati dalle evoluzioni dei del fini: mai visti così tanti. Ci seguono anche durante la notte, umida e fred da, vediamo la loro allegra scia lumi nosa di plancton che sembra indicar ci la rotta. Facciamo un paio di turni ma la notte a quella latitudine è breve e l’alba ci restituisce presto la visibi lità necessaria per l’arrivo alle Scilly evitando gli incroci con i pescherecci e schivando le numerose boette del le reti disseminate qua e là. Dopo 14 ore entriamo con 10 nodi nella baia di St Mary’s e ormeggiamo al gavi tello. Siamo in balìa delle onde di ri sacca ma un miracolo impedisce che quel balletto continuato si trasformi in mal di mare. Un incubo che ci è stato risparmiato per i cinque gior ni in cui siamo rimasti fermi per la sciare passare violente perturbazioni. Mamé non ha fatto una piega, anzi sembrava apprezzare quella danza. Durante il giorno scendevamo a terra con il dinghy, il gommone di un me tro e mezzo (e teatro di indimentica bili scene comiche) oppure approfitta vamo dell’acqua-taxi del capo-porto o ancora, come in una giornata di sole, di un traghetto per visitare Bryher, la più piccola delle cinque isole abitate dell’arcipelago delle Scilly dove Fede rica si tuffa nelle sue acque pulitissi me e gelide. La sera invece, dopo aver mangiato accendevamo la stufetta ad alcol per scaldarci e guardare un fil metto prima di addormentarci cullati dall’incessante minuetto marino. Dopo aver confrontato le previsioni meteorologiche fra i consigli dell’im mancabile Peter che regolarmente monitorava la situazione ecco il suo messaggio: «Il tempo è ancora instabi le ma domani potreste ripartire». Do vevamo solo scegliere l’ora giusta per affrontare le 130 miglia che ci sepa ravano dalla Bretagna. Ad aiutare la decisione è certamente sapere quando attraversare il corridoio di traffico del la Manica, una decina di miglia che occorre tagliare perpendicolarmente. Possibilmente durante il giorno: la vi sibilità è importante e quelle navi ca riche di container non rallentano per farci passare. Lasciamo così le Scilly poco prima delle 12 dopo giorni e not ti di toboga in mezzo alla baia. Partia mo con una leggera brezza da sud-o vest e mare formato, soprattutto dopo le perturbazioni che l’hanno agitato. E la Manica non si smentisce, è sem pre impegnativa: un’avventura anche questa volta. Troviamo infatti un ma re molto mosso, onde da ogni parte fra i 2 e i 5 metri a cui si aggiungono frequenti groppi. Uno in particolare che ci procura una solenne lavata che infradicia tutto il nostro equipaggia mento. I guanti in particolare. Strin giamo i denti e, dopo aver superato il corridoio di traffico, ormai infreddoli ti, ci prepariamo ad affrontare la notte con un paio di turni di tre ore. Fede rica ormai ha un rapporto disinvolto con Mamé e posso fidarmi ad occhi chiusi per ogni cosa (e dormire tran quillo). Impieghiamo 15 ore per or meggiare nel porto di Bloscon a Ro scoff. La soddisfazione e l’emozione per aver riportato Mamé in Bretagna è tanta. Lo si legge nei nostri sguardi e nel sorriso che ci accompagna all’ar rivo in banchina. Ora la barca riposa in un cantiere a cui è stata affidata per rimetterla un po’ a nuovo. Ne ha fatte e viste tante, ora si merita un piccolo restauro prima di riprendere il mare. Ma stiamo già mordendo il freno… La baia di St. Mary, sulle isole (G.gloriosaSotto,(Shutterstock)Cornovaglia.Scilly,laMamé.Thoeni) azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Simona Sala, Barbara IvanNataschaRominaManuelaManzoni,Mazzi,Borla,FiorettiLeoni

Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Telefono tel + 41 91 922 77 40 fax + 41 91 923 18 89 Indirizzo postale Redazione Azione CP CH-69011055 Lugano Posta elettronica cultura@azione.chattualitatempolibero@azione.chsocieta@azione.chinfo@azione.ch@azione.ch Pubblicità Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino tel +41 91 850 82 91 fax +41 91 850 84 pubblicita@migrosticino.ch00 Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino tel +41 91 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria - 6933 Muzzano Tiratura 101’177 copie Abbonamenti e cambio indirizzi tel +41 91 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 registro.soci@migrosticino.ch75 Costi di abbonamento annuo Svizzera Fr. 48.–Estero a partire da Fr. 70.–●

Viaggio in barca a vela ◆ Dall’Irlanda alla Bretagna passando per la Cornovaglia, su un mare imprevedibile Giorgio Thoeni

Mamé torna a casa

Fra vitigni, castelli e tavole imbandite Bacco Giramondo ◆ Da Acqui ai vini del nord Piemonte – quarta puntata Davide Comoli Lasciamo Neive e seguendo la S21 su periamo Mango e poco dopo attra versiamo il fiume Belbo, qui finisce la langa cuneese, siamo nel feudo del Moscato. Su terreni misti sabbia/limo e argilla, le cosiddette «terre bian che», arriviamo in provincia di Asti nel piccolo villaggio di Loazzolo, do ve è d’obbligo rifornirsi di un gioiel lo dell’enologia: il Loazzolo D.O.C. (Moscato), vino passito da dessert. L’attraversamento del fiume Bor mida a Monastero, ci porta nelle terre del Dolcetto d’Acqui, il rosso più signi ficativo della zona. Prodotto in undici zone del Piemonte, il Dolcetto è il vi no quotidiano per eccellenza, talmen te famigliare che per secoli non attra versò i confini regionali. Da qualche anno il Dolcetto si sta scrollando di dosso quella patina di vino sempli ce da tutti i giorni e da tutto pasto che davvero non gli rendeva giusti zia. Ricco di colore e di buon tenore quanto ad alcol e tannini, può reggere l’affinamento in legno e qualche anno in bottiglia. Raggiungiamo alla sera Acqui Terme, stazione termale, già nota fin dall’epoca romana, la nostra tappa per la notte. Nell’Enoteca Re gionale, a pochi passi dalla «Bollente» degustiamo accompagnati da una ru stica «fricassò» (frattaglie con polen ta), un Dolcetto d’Acqui dai profumi di amarena e mirtillo. Un Dolcetto di Ovada dal profumo vinoso e di vi sciole, sapido, accompagna invece una matura robiola di Roccaverano, ma il vero re di questa zona è il dolce Bra chetto, il primo vino rosso dolce a fre giarsi della D.O.C.G., un vino friz zante e delicato, da bersi fresco in una coppa larga. Al mattino risaliamo la strada ver so Ovada, qui prevale la monocoltu ra della vite, ma non c’è vigna da do ve non si scorge un castello: Morasco, Cremolino, Molare, Ovada, tipica zona di produzione del Dolcetto. Si sa le quindi verso Tagliolo Monferrato, Lerma circondata da un caratteristico Ricetto che domina lo strapiombo sul torrente Piota e raggiungiamo Gavi. Quando si dice Gavi, subito il pen siero degli addetti ai lavori dice: Cor tese, vino bianco che veniva smerciato per palati poco esigenti alle genti ri vierasche. A partire dal 1974 anno in cui il Gavi o Cortese di Gavi si fregia della D.O.C., alcune aziende hanno contribuito al miglioramento qualita tivo del prodotto. Oggi troviamo Gavi leggeri, strutturati e spumantizza ti (Oudart l’enologo di Cavour, fu il primo a spumantizzare il Cortese nel 1850). Dopo aver piacevolmente de gustato le tre tipologie a Villa Spari na, proseguiamo verso Novi Ligure dopo aver superato il fiume Scrivia, tra colline non molto elevate con ca ratteristiche morfologiche molto di verse. Le colline sono tappezzate di vigneti nell’area di confine tra la pro vincia di Alessandria e l’Oltrepò Pa vese, per raggiungere i Colli Torto nesi. Strade secondarie consentono di attraversare paesini di indubbio fa scino e ricchi di suggestioni. Nel pri mo pomeriggio ci si ferma a Tortona, capoluogo di questo angolo a sud-est del Piemonte, la pausa pranzo ci dà modo di conoscere meglio il vitigno autoctono Timorasso che dopo decen ni di sperimentazione dona un vino bianco dalle classiche note di pietra focaia, poi agrumi e spezie, di lunga persistenza.Lezone vinicole del Piemon te non sono limitate dall’area cen tro-sud della regione, ma si estendo no lungo vaste fasce pedemontane a ridosso di quasi tutto l’arco alpino. A Biella, prevale incontrastata l’uva Nebbiolo che assume denominazio ni particolari nelle varie aree in cui è coltivata: Picoutener a Carema, Span na nel Vercellese e Novarese, Pru nent nel Verbano-Cusio-Ossola, da cui si ricavano vini strutturati adatti ad invecchiare. Molto spesso il Neb biolo, oltre che all’unicità del terro ir dove viene coltivato, gode nel di sciplinare di produzione delle varie D.O.C. e D.O.C.G. dell’apporto di altri vitigni quali Vespolina, Croatina e Bonarda Novarese (Uva Rara). La fascia prealpina di queste zone offre clima e terreni molto simili, le col line moreniche hanno un substrato particolarmente acido, ricco di fer ro e povero di calcare. A Lessona, il porfido sui cui è depositato un fitto strato di sedimenti marini, ci regala il Nebbiolo Lessona DOC, di grande classe; qui la storia del vino è legata alla famiglia Sella dal 1850. Altret tanto blasonato è il Bramaterra, col tivato su alcuni comuni a cavallo tra Biella e Vercelli, tra cui ricordiamo Masserano, Roasio, Villa del Bosco, Lozzolo. Di certo il più blasonato tra i Nebbioli del nord è il Gattinara, prodotto sulla riva destra del fiume Sesia, sulle propaggini orientali del le Prealpi biellesi. Qui la vite frutta su terreni poveri di humus con sot tosuoloAppenaroccioso.piùin là, oltre la Sesia, s’intravedono le colline di Romagna no, qui il vitigno Erbaluce prende il nome di Greco, ed è il vitigno base per la preparazione dei freschi vini bian chi del Coste del Sesia. Una rapida vi sita a Ghemme, l’unica D.O.C.G. in provincia di Novara, dove ci aspetta l’amico Alberto Arlunno, grande e profondo conoscitore della storia lo cale, il suo Ghemme Collis Breclemae 2013 c’ingolosisce e alcune bottiglie entrano a fatica nel nostro bagagliaio, sarà un vino da aprire fra qualche an no. Sulla fascia collinare più meridio nale verso Novara, si trovano le due denominazioni Fara e Sizzano, dove i vitigni complementari citati sopra trovano più spazio nell’assemblaggio con il Nebbiolo. La S142, che tra i vi gneti di Vespolina attraversa il «Piano Rosa», ci offre la vista di un incredi bile tramonto colorato. La catena del Monte Rosa è un’immagine che ci ri empie il cuore. Shutterstock

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Procedimento Dal jeans e dalla tela cerata ritagliate due rettangoli di 25x40 cm che servi ranno per formare il sacchetto porta merenda e due rettangoli da 15x20 cm che utilizzerete per cucire la patella. Per la patella sarà necessario arroton dare gli angoli inferiori sul lato lungo. Ritagliate quindi dal panno nero e da quello bianco dei tondi per formare gli occhi e, se vorrete aggiungerli, dei bei dentoni (tondi bianchi: 6 e 4,5 cm, tondi neri: 3,5 e 2 cm). Fissate gli occhi con uno spillo sul la patella (potete decidere di farla in jeans o in tessuto fantasia secon do le vostre preferenze personali) e Fissatecuciteli.con la macchina da cucire an che il velcro, sia alla patella (parte in terna) tenendolo centrato orizzontal mente e a 4 cm dal bordo inferiore, sia al sacchetto piegando il rettangolo in due e andando a fissarlo al centro del la parte destra (calcolando un 0,5 cm di margine cucitura) anche qui a 4 cm dal lato superiore. Una volta fissati occhi e velcro, pie gate a metà per la lunghezza, dritto contro dritto i due rettangoli e cucite, prima con punto dritto e poi rifinen do il margine con uno zig zag, la par te laterale e quella inferiore. Assemblate anche la patella, inseren do anche i denti che dovranno essere appoggiati al bordo inferiore guar dando verso quello superiore, e cucite il jeans e il tessuto dritto contro dritto lasciando aperto il margine superiore. Per dare forma e tridimensionalità al sacchetto, cucite nel seguente mo do gli angoli inferiori: misurate 4 cm dallo spigolo, piegate il tessuto come in fotografia (tutte le fotografie sono su www.azione.ch) in modo che i due punti combacino sopra e sotto e cucite una linea dritta, rifinite a zig zag e ta gliate la stoffa in eccesso. Risvoltate la parte in jeans, infilate il sacchetto di tela cerata al suo inter no in modo che combacino perfetta mente, quindi rifinite con uno sbieco il bordo superiore. Per facilitare l’ope razione potete aprire lo sbieco, fissarlo al bordo superiore come in fotografia, quindi ripiegarlo e ribatterlo lungo tutto il Risvoltateperimetro.anchela patella, fate rien trare di 0,5 cm la parte superiore e chiudete con una cucitura dritta. Cucite la patella al sacchetto poco sotto lo sbieco, e se volete aggiunge te un manico per esempio ricavato da una vecchia cucitura dei jeans (in que sto caso visto lo spessore si effettuerà una cucitura a mano). Il vostro mostruoso sacchetto porta merenda è pronto per accompagnare i vostri bambini a scuola. Buon nuovo inizio! Tutorial completo azione.ch/tempo-libero/passatempi Materiale

◆ Un progetto di cucito ideale per il ritorno a scuola

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 18

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Gibson 22

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Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera. Somma scommessa Divisione convenzionale di tempo storico Anche il Morto è agitato Iniziali dell’attore Accorsi Si raccolgono nel frutteto Unica Un’educatrice Schernita, sbeffeggiata C’è chi dice di averlo visto volare 18. Impasto per c ostruzioni 19. Chiave di baritono 20. Luoghi di origine e sviluppo 21. Pronome personale 22. Un numero 23. Dentro 24. L’attrice Wilde 25. Pusillanime 1VERTICALI Sempre presenti in palestra 2. Quella bianc a è gialla Un avverbio 4. Nome femminile Sposò la figlia del re Minosse Custodite dalle vestali Permettono l’accesso Sedili di cuoio Un’immersione Finisce... al fresco È finito... in fondo Cantava «Piaz za Grande» Assassinato per primo Bestie da soma 20. 104 romani Il nome dell’attore Una nota Simbolo chimico del nichelio Cruciverba In Venezuela, sul lago Maracaibo, noi

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• Tessuto jeans di recupero

• Piccoli resti di panno bianco e nero • 10 cm di velcro Forbici per tessuto Spilli per tessuto • Macchina da cucire (I materiali li potete trovare presso la vostra filiale Migros con reparto Bricolage o Migros do-it)

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• Tela cerata (magari recuperata da una vecchia tovaglia)

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Sport in Azione

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Il Walensee, per tre quarti canton San Gallo e un quarto Glarona, sembra un po’ un fiordo norvegese. Lon gilineo, stretto tra le montagne, le sue acque ispirarono a Liszt il pez zo per pianoforte Au lac de Wallen stadt (1835) e ospitano, sui suoi fon dali, una tonnellata di mitragliatrici tedesche MG 42 gettate dall’esercito svizzero nel 1951. Al lago di Walen stadt – dopo il treno fino alla stazione di Walenstadt e un tratto, a ritroso, sul bus quattrocentoquarantaquattro – ci arrivo a piedi da Mols. Cinque cento anime circa, dal 1803 parte del comune di Quarten, per settimane, in inverno, è senza sole tutto il gior no, tanto da risultare la località più in ombra della Svizzera orientale. Da una spiaggia sassosa, a trecentocin quanta metri da riva, posso studiare piuttosto bene, lì in faccia, in pieno sole, la mia isola. Smilza, il verdino dei suoi alberi – tra i quali uno in giallito precocemente per la siccità –si staglia contro il turchese scuro del lago e il verde conifera sullo sfondo, sopra il quale prevalgono falesie roc ciose. Nel toponimo della Schnittlau chinsel, conosciuta nei dintorni dagli ombrosi bevitori mattinali di birra e lettori del «Blick» solo con il dimi nutivo di Inseli, vale a dire isolina (o forse meglio isoletta per evitare la ri ma), si ritrova l’erba cipollina. Spontaneo pensare alla presenza di erba cipollina sull’isoletta, mentre alcuni dicono si chiami così perché quando il livello dell’acqua sommer ge l’isola, gli alberi spuntano come erba cipollina. Nessuno la chiama utilizzando il suo altro nome che ac comuna diverse altre isolette, tra le quali quella in mezzo a un laghetto barocco del parco Karlsaue a Kassel: Schwaneninsel, isola dei cigni. Un ci gno veleggia svagato. Mica kayak né canoa, oggi a nuoto. Ficco lo zaino con i viveri nel sacco fluviale e parto tranquillo a rana. Il sacco impermea bile blu capri, agganciato alla pancia, mi segue come un cagnolino. Avvi sto uno con il solito stand up padd le – una pandemia ormai, sui laghi (ma sempre meglio della piaga im becille degli atroci monopattini elet trici) – con legato dietro un canotto. Nel canotto c’è la sua tipa che leg ge un libro. In fondo, forse, si trat ta anche questa di una fuga d’amo re come quella di Marie d’Agoult e il suo Franz, nell’estate del 1835, in barchetta a remi, su questo lago color pavone. «Franz lì compose, per me, una melanconica armonia imitativa dei sospiri dei flutti e la cadenza dei remi che non ho mai potuto ascoltare senza piangere» annotava la contes sa d’Agoult, a proposito del noto an dante placido di Liszt, nei suoi tac cuini di viaggio. Il mio viaggio a rana, dopo dician nove minuti circa, senza echi lisztia ni né riverberi di mitragliatrici som merse, giunge al termine. Approdo così, sacco fluviale in spalla, sugli scogli frastagliati dell’Isola dell’erba cipollina (421 m) verso la fine di ago sto a mezzogiorno. Di fronte si sta glia la caratteristica catena calcarea Churfirsten, vette come denti, una la chiamano Birsi. Sulla sponda op posta, dove tutto un altro clima ri spetto a Mols permette a kiwi e pal me di crescere, si nota uno squarcio nella montagna: è la miniera abban donata di calcare estratto per farne calce per il cemento tipo Portland. M’inoltro, adagio per via delle rocce tormentate e inospitali, dentro l’iso la. Tra rovi e rocce corrucciate, nel fitto del boschetto, su un palo, tro vo una bucalettere americana. Verde bottiglia, metallica, si apre in verti cale. Ci sono due biglietti, una bu sta marroncina, una piuma di cigno. Su un biglietto, con grafia infantile, due sorelline di Gossau desiderereb bero avere una corrispondenza epi stolare: «scriveteci» invocano Ani ta e Katja. Su un altro biglietto, con grafia ondeggiante, la piccola Marta scrive che sono arrivati sull’isola in canotto. Nella busta c’è un indovi nello che fa ridere i polli e dunque ve lo risparmio, firmato Viktoria. Isoli na per bambine, pare. Su un basto ne, infilata a testa in giù, c’è un’anti ca bottiglia vuota. Isoletta fatta alla sua maniera: messaggi senza botti glia, bottiglia senza messaggio. Di erba cipollina neanche l’ombra. Alla fine, per me, questa isoletta bambi na potrebbe chiamarsi così per la sua filiformità. Sugli scogli cubisti del la punta est mi dedico a un’insalata greca. Come dessert c’è un budino rosa a base di mirtilli rossi selvatici raccolti l’altro giorno in Leventina, una ricetta finlandese. di Oliver Scharpf

L’Isola dell’erba cipollina a Mols

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 19 TEMPO LIBERO / RUBRICHE ◆ ●

Viaggiatori d’Occidente

Orgoglio e pregiudizio

Un agosto

«Cosa ci facciamo qui». Quella di Giovanni non è neppure una doman da, forse solo una constatazione. La città è deserta e questo dove sediamo dev’essere l’unico bar aperto del quar tiere. Oltretutto siamo gli unici clienti. Le serrande dei negozi sono tutte ab bassate, per sopravvivere bisogna affi darsi alla grande distribuzione. «Non c’è rimasto nessuno», aggiunge l’amico senza timore di cadere nell’ovvio. Mi scuoto dal torpore indotto dal la calura del tardo pomeriggio e mi guardo in giro. In effetti è proprio così. «È il revenge tourism», spiego con l’aria di chi la sa lunga. «Il termi ne è stato coniato un po’ per scherzo all’inizio dell’estate, ma ora sta pren dendo piede». «Di chi vogliono ven dicarsi andando in vacanza?» chiede Giovanni. «Di nessuno» rispondo. «Semplicemente i turisti vogliono recuperare il tempo perso nella for zata immobilità della pandemia e si muovono incessantemente, come se li avesse morsi una tarantola». «E lo slow tourism che fine ha fatto?» continua l’amico assicurandosi l’ulti ma patatina di uno striminzito aperi tivo. «C’è ancora, come tutte le altre nuove forme di turismo, ma in ago sto la spiaggia la fa da padrona e tutto il resto deve aspettare il suo turno». «Lo stesso di quand’ero bambino» commenta Giovanni. «Da un giorno all’altro la città si trasformava in un deserto. Lunghe file di auto si inco lonnavano ai caselli autostradali per venire poi sputate fuori qualche ora dopo, alcune centinaia di chilometri più a sud, sulle rive del mare. I miei erano poveri. Andare in vacanza vole va dire avercela fatta, prendersi gioco della miseria passata. Era una gran de festa, un carnevale fuori stagione. Per questo si partiva tutti insieme, ne gli stessi giorni, verso gli stessi posti. Andava bene così». Lo interrompo canticchiando una vecchia hit: «Per quest’anno non cambiare / stessa spiaggia, stesso ma re». «Proprio lui!» esclama Giovanni. «Piero Focaccia, bagnino di Milano marittima prestato alle canzoni, pro tagonista dell’estate 1963 con un te sto ripetitivo e ipnotico, scritto pe raltro da Mogol. Chi restava in città cantava invece “Azzurro“ con Celen tano: “Cerco l’estate tutto l’anno / E all’improvviso eccola qua / Lei è par tita per le spiagge / E sono solo quas sù in città”. Il testo è di Paolo Conte, per dire chi scriveva brani di succes so in quegli anni. In nessun’altra can zone il mare e la spiaggia sono tanto presenti, perché la lontananza molti plica il desiderio». «Era mezzo seco lo fa però» obietto. «Dopo di allora la vacanza era diventata più internazio nale, più personale, insomma si cerca va di distinguersi no? E allora perché qui ci siamo solo noi?». «È vero» am mette Giovanni insolitamente conci liante. «In effetti ci distinguiamo non poco, essendo gli unici rimasti, come gli snob di una volta che in agosto si vantavano di stare a casa quando tut ti partivano. Ma si vede che epide mie, guerra e inflazione hanno ripor tato indietro le lancette dell’orologio e adesso anche gli snob sono in riva al mare. Del resto Dio sa se c’è bi sogno di leggerezza». Il silenzio tor na tra noi. «Siamo nel 2022» ripren do dopo un po’. «Che senso ha questa completa sospensione di ogni attività? Si è tanto parlato di partenze intelli genti, vacanze scaglionate, calendari scolastici flessibili e invece eccoci qui, in questa riedizione degli anni Ses santa, come certi vecchi film che pas sano solo d’estate alla televisione. Ieri pomeriggio infatti davano proprio il classico Domenica d’agosto, 1950, di retto da Luciano Emmer, il racconto di una giornata sul litorale di Ostia». «Chissà, forse è meglio così» rispon de Giovanni. «Almeno una volta l’anno ci si ferma. La nuova flessi bilità post epidemia, il telelavoro e tutte quelle meravigliose invenzioni spesso vogliono solo dire non stacca re mai, rispondere a messaggi e te lefonate quando dovresti riposare. Il lavoro flessibile spesso è inflessibile». Per un momento mi ribello a tanto fatalismo. «Ma l’autunno? Almeno lasciami sperare che non sarà la solita occasione perduta. L’autunno è una stagione perfetta per i viaggi, molto più fresca di questo agosto inferna le per cominciare; e poi si raccoglie l’uva, le castagne e ogni ben di Dio». Giovanni non risponde. Ormai si è distratto e guarda lontano, verso il sole rossastro che tramonta sui pa lazzi in costruzione, chiudendo in modo scenografico questo giorno d’agosto preso in prestito agli an ni Sessanta. Claudio Visentin da anni Sessanta

Dai recenti Campionati Europei –quelli di nuoto di Roma e quelli gene rali di Monaco di Baviera – il Ticino si è portato a casa 3 medaglie. Ar gento sui 100 delfino per Noè Ponti; argento sui 400 piani per Ricky Pe trucciani; bronzo nel Cross Coun try olimpico per Filippo Colombo. E pensare che il poker sarebbe stato lì da cogliere se Ajla Del Ponte non fosse incappata nella classica stagio ne nera e Noè non fosse partito per Roma con un deficit di preparazione dovuto al Covid. Ajla la attendiamo. Tornerà sui suoi livelli e oltre. Ne so no convinto. Noè e Filippo hanno ul teriori margini di crescita. Loro so no solo la punta dell’iceberg. Quella che si vede da lontano. Quella da rag giungere, non da evitare. Esiste anche una ricca realtà sommersa, fatta di la voro, fatica, sudore, ambizioni. Di ri sultati che migliorano giorno dopo giorno. Potrei citare i giovani del pro getto olimpico di Aiuto Sport Ticino patrocinato da AIL. Sono 8 ragazze e ragazzi che inseguono il sogno a 5 cerchi, magari già quello parigino del 2024. Sono ambiziosi, non velleitari. Qualcuno di loro ce la farà. In Ticino siamo circa 353mila. Ciò significa che in agosto ci siamo go duti una medaglia ogni circa 117mila abitanti. Non è poco. Secondo que ste proporzioni l’intera delegazione svizzera avrebbe dovuto conquistar ne 73. Invece, dalle 2 manifestazioni citate ne sono giunte 18. Siamo netta mente al di sopra della media nazio nale. C’è di che essere orgogliosi. Fra le varie classifiche che ci vedono in coda, ce n’è una che ci vede primeg giare. Evviva! Qualcuno potrà senza dubbio obiettare: «Chi se ne frega, so no altre le graduatorie che contano». È un’osservazione legittima, tutta via credo che sia giusto attribuire l’a deguato valore ai successi che i no stri giovani ottengono in giro per il mondo. Vale per gli sportivi. Vale per chi si distingue nelle arti, così come per coloro che si mettono in luce nel le cosiddette Olimpiadi professiona li che coinvolgono cuochi, meccani ci, tecnici e artigiani di vario genere, ma anche per quelli che ogni estate si mettono a disposizione gratuita mente in campi e colonie, integrate o meno che siano. Sono l’immagine di un Ticino che si muove. Che vorreb be continuare ad operare entro i con fini cantonali, senza per forza dover cercare fortuna altrove. È un Ticino che dà segnali. Che risponde a viva voce ai dati preoccupanti relativi al la violenza giovanile, al disagio e al bullismo. Quei numeri parlano chia ro, raccontano storie tristi di ragazzi ni e ragazzine in balia della solitudine e dei loro fantasmi. Vittime spesso in consapevoli di colpe che travalicano le loro coscienze. Ma per fortuna sono una minoranza. Il ruolo della cosid detta parte sana della società non do vrebbe essere sanzionatorio, quanto piuttosto propositivo. Noè, Filippo, Ajla, Ricky, e tutti gli altri che stan no dando l’anima per crescere, sono i nostri veri ambasciatori. Sono i testi moni di un cantone che ha in mano tutte le carte per svegliarsi e darsi una mossa. Mi richiamano il celeberrimo «Yes we can» di Barak Obama. Pos siamo. Seguendo l’esempio di chi ce la fa. Creando le condizioni e le strut ture affinché anche i giovani più timi di e più fragili possano individuare la loro strada. Una strada che porta al successo. Quello personale, che non necessariamente è condito di allori e medaglie. Quello che – la sera quan do ti corichi – ti suscita pensieri e im magini positive. Che ti fa sentire par te di un insieme che marcia verso un obiettivo comune: lo stare bene insie me. La crisi climatica, checché ne di cano i negazionisti, incombe. I gio vani ce lo hanno ricordato. Con tutte le imprecisioni che caratterizzano la loro verde età. Ma anche con tutto l’entusiasmo che li contraddistingue. Continuano a ricordarcelo. I giovani sportivi e i giovani artisti lo fanno a modo loro. Sta a noi adulti ascoltar li. Assecondarli. Se necessario propo nendo loro suggerimenti o eventua li correttivi. Senza imporglieli. Loro sanno meglio di noi che cosa è giusto e cosa è sbagliato. Nella peggiore delle ipotesi potrem mo affermare che stando in vasca, in campo, in pista o in palestra non hanno provocato e non provocheran no danni alla società. Tutt’al più a lo ro stessi, qualora fossero gestiti male. Ma questo è un altro discorso. Inoltre ci regalerebbero, come hanno fatto i 3 medagliati europei, qualche attimo di emozione, di sano batticuore e di or goglio nazionale.

di Giancarlo Dionisio

Passeggiate svizzere

di

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Pagina 23 Siamo troppi sul pianeta? I trend della popolazione mondiale per i prossimi decenni e le loro possibili conseguenze geopolitiche Agenti esplosaluogoesaminanorussiildoveèl’auto di Darya (Shutterstock)nemicolaeilpervenireL’attentatouccidendola.Dugina,puòusatofomentarenazionalismointensificarecacciaalinterno.

ATTUALITÀ ● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 21

Pagina 27 Il tessuto simbolo dell’India Il ruvido khadi, promosso da Gandhi durante la lotta per l’indipendenza, torna di moda

Russia, una guerra civile all’orizzonte?

L’omosessualità in Asia Singapore depenalizza i rapporti gay ma Taiwan resta l’unico paese a prevedere il matrimonio egualitario

L’analisi ◆ L’incubo del Cremlino è la nascita di una vera resistenza alimentata anche dalla rabbia dei soldati tornati dal fronte Anna Zafesova «Un solo paese, un solo presidente, una sola vittoria». Lo slogan conia to dal deputato Leonid Slutsky – l’e rede dell’ultranazionalista Vladimir Zhirinovsky alla guida del Partito li beral democratico di Russia, e il pre sidente del comitato Esteri della Du ma – ai funerali di Darya Dugina ha messo in imbarazzo il Cremlino, ed è sparito dai reportage della televisione russa. Sono rimasti di pubblico do minio invece sia la richiesta del pre sidente della Duma Vyacheslav Volo din di far processare da un tribunale speciale i prigionieri di guerra ucrai ni, sia la promessa del ministro degli Esteri Sergei Lavrov di «punire senza pietà il barbaro crimine». Il Servizio federale di sicurezza di Mosca (Fsb), dopo un’indagine-lampo di meno di due giorni, ha annunciato che a piazzare la bomba sotto il fuoristra da dell’attivista nazionalista Dugina è stata una agente ucraina scappa ta subito dopo l’attentato in Estonia. Ma a inquietare è stata soprattutto la promessa della capa della propagan da statale russa Margarita Simonyan di «mandare qualcuno ad ammirare le guglie di Tallinn», una palese al lusione agli agenti russi che avevano avvelenato l’ex spia Sergei Skripal a Salisbury e che si erano giustificati in un’intervista alla stessa Simonyan di essere andati «a vedere la guglia della cattedrale» della città inglese. La «pista ucraina» raccontata dall’Fsb – con la presunta killer che avrebbe girato indisturbata per Mo sca, in compagnia di sua figlia dodi cenne e di un gatto, a bordo di una Mini Cooper piuttosto vistosa alla quale cambiava regolarmente le tar ghe – lascia più domande che rispo ste, mentre le conseguenze politiche dell’omicidio appaiono già molto più chiare. Un «assassinio di Kirov», ha commentato subito a caldo la giorna lista di opposizione Yulia Latynina, alludendo all’attentato al leader co munista di Leningrado che ha offer to a Stalin il pretesto per scatenare le purghe contro i suoi stessi seguaci. Una tradizione nazionale radicata, e la morte di Dugina è stata trasforma ta in un martirio, con Vladimir Pu tin che ha inviato a suo padre, il fi losofo di estrema destra Aleksandr Dugin, un messaggio di condoglian ze che elogia «l’autentico cuore rus so» che batteva nel petto di Darya, e i commentatori dei talk show di pro paganda che parlavano di una «nuo va santa vergine della Russia», men tre gli esponenti dell’estrema destra ultranazionalista – i più rappresenta ti anche al funerale – hanno promes so vendetta contro gli ucraini, senza distinzione tra civili e militari. Un’e scalation che però, a guardare bene, non è stata benedetta – almeno per ora – dal Cremlino, che ha manda to al funerale soltanto un emissario di terzo rango, e censurato la dichia razione di Slutsky troppo simile agli sloganSegninazisti.diuna probabile lotta in terna, non solo tra l’Fsb e i militari russi – Dugin è figlio di un genera le dello spionaggio militare Gru ed è considerato vicino a quella branca dei servizi, responsabile peraltro de gli avvelenamenti di Salisbury – in tenti a scaricarsi a vicenda le colpe del fallimento dell’offensiva russa, ma anche tra i falchi del Cremlino e i pragmatici più prudenti. Le trup pe russe che hanno invaso l’Ucraina sono ferme ormai da più di un mese, mentre Kiev – grazie anche ai missi li di precisione forniti dall’Occiden te – sta distruggendo metodicamen te aeroporti, depositi e caserme nelle retrovie russe. Le indiscrezioni sulle difficoltà di Putin di reclutare solda ti si sono tramutate di recente in una valanga di rivelazioni su centinaia di militari – soprattutto dei corpi scel ti d’assalto – che si rifiutano di an dare in guerra. Chi per motivi mo rali, chi più banalmente per protesta contro l’inefficienza del comando, costata già migliaia di vite di soldati, le cui famiglie per giunta non sem pre vengono risarcite secondo quan to promesso dal governo. Gli attacchi ucraini alla Crimea – considerata do po l’annessione del 2014 come intoc cabile e piena di vacanzieri russi dati si alla fuga – e la bomba che ha ucciso Dugina, in un quartiere di dacie dei vip moscoviti, hanno portato in Rus sia un senso di vulnerabilità mai pro vato nei primi sei mesi di guerra. Nulla di strano, dunque, che un attentato – indipendentemente dal reale motivo e mandante – possa ve nire usato per fomentare il nazionali smo e intensificare la caccia al nemico interno. Nei giorni immediatamente successivi alla morte di Darya sono stati arrestati o incriminati decine di oppositori, tra cui diversi candidati alle elezioni amministrative di set tembre (il comunista Sergei Burtsev ha riportato anche percosse gravis sime). E l’arresto dell’ex sindaco di Ekaterinburg Evgeny Roizman – che rischia 10 anni per «discredito delle forze armate», cioè aver denunciato la guerra come «invasione dell’Ucraina» – ha portato in carcere l’ultimo famo so esponente dell’opposizione russa. Ora la resistenza al regime resta in mano a un’armata di attivisti locali, prevalentemente giovani, che ani mano una protesta in Rete, aiutano i deportati ucraini, scrivono sui muri «no alla guerra» e scendono in piaz za con proteste solitarie, che gli co stano quasi immancabilmente l’ar resto. Ma anche se la rivendicazione dell’omicidio di Dugina fatta da un finora sconosciuto «Esercito naziona le repubblicano» appare per ora po co fondata, nelle provincie russe sta crescendo un’opposizione non soltan to pacifica. Almeno 25 commissariati militari bruciati, un incremento de gli incidenti ferroviari talmente ver tiginoso da far sospettare una «guerra dei binari» simile a quella che ha fer mato qualche mese prima l’avanzata russa dalla Bielorussia, misteriosi in cendi ed esplosioni a fabbriche e de positi militari... L’incubo del Cremli no è la nascita di una resistenza vera, alimentata anche dalla rabbia (e dalle competenze) dei soldati che rientra no dal fronte. Una caccia alle streghe preventiva, con la scusa degli infiltra ti ucraini che uccidono a Mosca, po trebbe essere funzionale anche a im pedire quella guerra civile che rischia di nascere.

Pagina 28 In attesa del freddo Berna sta definendo la sua strategia contro la penuria di gas, intanto l’industria studia contromisure

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 23

Le proiezioni sulla popolazione mondiale dipendono dalle aspettative che abbiamo sull’Africa. (Shutterstock)

Le conseguenze geopolitiche del le proiezioni demografiche sono tan te. Nei rapporti di forza tra le nazioni, una prima cosa che balza agli occhi è il sorpasso dell’India sulla Cina: gli in diani secondo l’Onu saranno 1,7 mi liardi nel 2064, il 50% in più dei ci nesi. Molte osservazioni sul futuro demografico si focalizzano sull’ipo tesi che la Cina stia entrando in una fase di decadenza perché si riduce la sua abbondante forza lavoro (meno 70 milioni entro il 2035) mentre aumenta una popolazione anziana che va man tenuta. La distanza tra la popolazione cinese e quella americana è destinata a ridursi, mentre resta notevole il diva rio economico tra le due superpotenze rivali: nel 2050 la Cina rischia di non aver raggiunto neppure la metà del reddito pro capite degli Stati Uniti. Il «declinismo» applicato alla Cina, tal volta con toni apocalittici, è una nuo va variante del malthusianesimo? Di sicuro tende a sottovalutare l’esempio del vicino Giappone, che ha dimostra to prima di tutti come si possa coniu gare l’invecchiamento demografico con un nuovo equilibrio economico. Dopo decenni di allarmismo sull’eccesso di nascite, non è affat to passato di moda l’atteggiamen to malthusiano per cui «siamo trop pi sul pianeta». Oggi convive con un nuovo allarmismo di segno oppo sto che lamenta l’improvvisa scarsi tà di giovani, la penuria di manodo pera. I fautori dell’Apocalisse hanno una cosa in comune: la sfiducia nel le capacità di adattamento della spe cie umana grazie al progresso scien tifico, all’innovazione tecnologica, all’intraprendenza economica. Negli anni Sessanta e Settanta gli allarmi sulla «bomba demografica» si accom pagnavano con la certezza che l’a gricoltura non avrebbe mai sfamato così tanti miliardi di persone. Invece i progressi della produttività agrico la hanno continuato a garantire che produciamo più cibo di quanto sia ne cessario. La fame che purtroppo esi ste ancora è la conseguenza di ineffi cienze e diseguaglianze distributive, ma l’innovazione agricola ha avuto la meglio su Malthus.

Keystone

Tutto si gioca in Africa

Milioni di anziani

Visioni ◆ Gli scenari demografici elvetici e ticinesi Romina Borla Lasciamo l’Africa e il pessimismo malthusiano: torniamo in Svizze ra. A fine 2021 la popolazione della Confederazione ha raggiunto quo ta 8’738’800, lo 0,8% in più dell’anno precedente (dati diffusi giovedì scor so dall’Ufficio federale di statistica o Ust). Sempre l’Ust afferma che arri veremo a circa 10,4 milioni di abitan ti nel 2050 (vedi Scenari dell’evoluzione demografica 2020-2050, maggio 2020). E l’aumento demografico sarà princi palmente da imputare al fenomeno migratorio, a fronte di un saldo natu rale (la differenza tra nascite e decessi) più contenuto. «Si tratta del cosiddetto scenario di riferimento ovvero quello considerato il più plausibile», ci spiega Danilo Bruno dell’Ufficio cantona le di statistica (Ustat). Per la fine del 2050 l’Ust presenta altre due opzioni: una crescita fino a 11,4 milioni (scena rio alto) oppure fino a 9,5 milioni (sce nario basso). Una forchetta ampia, os serva l’esperto, che dà ampio margine di manovra.L’Ustsottolinea come l’incremento demografico sarà più marcato intorno alle grandi città, soprattutto Zurigo e Ginevra, che mantengono grande at trattiva, soprattutto per le classi più giovani di età. Mentre per quel che ri guarda il Ticino propone una decre scita demografica: dai circa 353 mila abitanti nel 2019 ai 335 mila nel 2050. Stessa sorte per il canton Grigioni: dai 198’900 ai 190’700 (scenario di riferi mento). «Stiamo parlando di dati ela borati a livello nazionale», evidenzia il nostro interlocutore. «La Confede razione invita comunque i cantoni ad elaborare i propri scenari, che posso no in parte divergere dai primi». Sce nari demografici per il cantone Ticino e i suoi distretti 2020-2050, analisi pub blicata dall’Ustat nel 2021, mostra in fatti una leggera crescita della popola zione nei decenni a venire. Dai circa 351 mila abitanti nel 2019, si passerà alle 359 mila unità nel 2050 (scena rio di riferimento). Lo scenario alto – il più positivo – prevede un massi mo di 391 mila abitanti; quello basso 327 mila. «Il nostro cantone resta una situazione peculiare nel contesto na zionale», dice Bruno. «In Ticino, ad esempio, si rileva un tasso di fecondità inferiore rispetto al resto della Svizze ra. Nei prossimi anni saldo il naturale sarà sempre più negativo; questo so prattutto a causa del forte aumento dei decessi, non compensato dal numero delle nascite». Inoltre i grandi agglo merati urbani elvetici esercitano una forte attrattiva per noi: «Lo testimonia anche il fatto che le partenze dei tici nesi diretti in altri cantoni – soprat tutto Zurigo – sono tendenzialmente salite negli ultimi 10 anni». Per quel che riguarda il saldo migratorio inter nazionale? «In ottica di scenari demo grafici il nostro cantone si allinea alle macro ipotesi proposte a livello na zionale», dichiara l’esperto. In Ticino il saldo migratorio internazionale ha registrato il suo picco nel 2013 (+5397 unità), scendendo in seguito fino qua si ad annullarsi nel 2019 (+60). Ora i flussi stanno risalendo. Cresceranno leggermente fino al 2030, poi rallen teranno, stabilizzandosi fino al 2050. Altro aspetto da considerare: siamo il cantone che presenta la percentuale più elevata di persone dai 65 anni in su (23,4%) e dagli 80 anni in su (7,5%). Vedi dati Ust per il 2021. E, sempre in Ticino, si registra la maggior quota di centenari: 40,6 ogni 100 mila abitanti. Nei prossimi decenni la popolazione –in tutta la Svizzera – continuerà ad in vecchiare. Le persone nate durante il cosiddetto baby boom entreranno in età pensionabile. Dice l’Ust: «La Svizzera del 2050 conterà 2,7 milioni di persone di 65 anni o più, contro 1,6 milioni alla fine del 2019». E ancora: «Nel 2019 so no state registrate 35 persone di età pa ri o superiore ai 65 anni ogni 100 per sone attive tra i 20 e i 64 anni. Secondo lo scenario di riferimento, questa cifra passerà a 53 entro il 2050». «Torniamo al caso specifico del Ticino», aggiun ge Bruno. «Nel 2019 gli ultra ottan tenni erano circa 24’900; sempre per lo scenario medio saranno 57’500 mila nel 2050, quindi più del doppio». Di conseguenza il problema fondamenta le nei prossimi decenni non sarà tan to il sovrappopolamento ma piuttosto quello del forte invecchiamento della popolazione, con tutte le difficoltà che ne derivano: aumento dell’onere socio economico correlato alla cura, all’as sistenza e alle spese previdenziali, la questione dei posti nelle residenze per anziani e case medicalizzate ecc. Il fattore migrazione – sostiene Bruno – potrebbe giocare un ruo lo importante in questo senso, per mettendo di «ringiovanire» la popo lazione. Ma bisogna considerare che l’invecchiamento è un fenomeno che tocca anche i paesi confinanti, e non solo. «Secondo le ipotesi proposte dall’Ust, pure in quei contesti la ma nodopera sarà sempre più preziosa in futuro, dunque è probabile che ver ranno messe in atto delle misure per trattenere i lavoratori entro i confini nazionali, risorse che dunque potreb bero non arrivare più in Svizzera. Dal 2030 si ipotizza infatti una diminu zione degli arrivi». Quali invece gli effetti della pan demia? «Il Covid ha aumentato forte mente i decessi, soprattutto nel 2020», dice il nostro interlocutore. «Quell’an no in Ticino ne sono stati registrati più di 4 mila a fronte dei 3200 dell’an no precedente. Ma questo, a livello di scenari, non dovrebbe avere un im patto rilevante poiché il Coronavirus ha anticipato i decessi che nel model lo sono stati invece distribuiti su un arco temporale più ampio. Inoltre il trend è stato troppo breve per scon volgere le ipotesi sulla mortalità a lun go termine».

Il trend ◆ Quando sale il livello di scolarità femminile la natalità scende Federico Rampini C’era una volta la bomba demografi ca. Oggi, più limitata, c’è la bomba demografica africana. Finirà per ri velarsi anche quella un’esagerazione? Le previsioni sull’andamento della popolazione hanno una dimensione scientifica e una ideologica. Non sem pre è difficile distinguere fra le due. Dai tempi di Thomas Robert Mal thus (1766-1834), influenti correnti di pensiero hanno interpretato il futuro dell’umanità in base a previsioni ca tastrofiste sull’impossibilità di man tenere troppi esseri umani. All’epo ca di Malthus la chiave di tutto stava (secondo lui) nell’impossibilità dell’a gricoltura di sfamare una popolazio ne crescente; quindi l’Apocalisse sa rebbe arrivata sotto forma di carestie che avrebbero falcidiato i troppi nati. Oggi il malthusianesimo viene risco perto da certi ambientalisti secondo cui la specie umana è già in eccesso rispetto alle risorse del pianeta e la natalità viene vista come una forza distruttiva. Dai tempi di Napoleone Bonaparte si è aggiunta una dimen sione geopolitica alla demografia; la potenza delle nazioni viene collegata al numero di abitanti: potenziali sol dati della Grande Armée nell’Ottocen to; poi produttori di Pil nella versio ne più moderna. Perciò le proiezioni su natalità, invecchiamento, mortali tà, sono anche messe al servizio del le analisi sulla gara tra superpotenze. Quanto sono affidabili le previsio ni sul numero di abitanti del pianeta, o di questa o quella nazione? Le più citate sono quelle delle Nazioni Unite, spesso però chi le maneggia dimenti ca di precisare quanto siano «vaghe», volutamente avvolte in un’ambiguità notevole. Quest’anno la popolazione della terra raggiungerà gli otto mi liardi. Poi, l’Onu dice che arriveremo a 9,7 miliardi nel 2050, e questa cifra rappresenta una correzione clamoro sa – al rialzo di 800 milioni! – rispet to ai calcoli che la stessa istituzione faceva vent’anni fa. Per la fine del se colo l’Onu presenta due opzioni: po tremmo salire ulteriormente fino a un massimo di 12,4 miliardi, oppure al contrario scendere a quota 8,9. C’è una differenza enorme, in un caso il boom demografico continua, nell’al tro c’è una netta inversione di tenden za. Occhi puntati sull’Africa, perché nel resto del mondo la denatalità è già cominciata da tempo e si trasforma perfino in spopolamento (dall’Euro pa alla Cina), oppure c’è una crescita demografica in rallentamento (India). Si capisce che l’Organizzazione delle Nazioni Unite voglia salvaguardare la credibilità delle sue previsioni adot tando una forchetta molto larga, il ri sultato però è di descriverci due fu turi alternativi: in uno c’è la bomba demografica, nell’altro c’è l’inversione di tendenza e la popolazione umana sul pianeta Terra declina. L’Onu non è l’unica fonte autore vole. A elaborare proiezioni alterna tive ci sono altri centri studi tra cui il Wittgenstein Center for Demo graphy and Global Human Capital dell’Università di Vienna. Secondo questo istituto il picco massimo del la popolazione umana è più vicino, è più basso, e il declino arriverà prima. Tutto si gioca in Africa, i diversi sce nari per il continente nero spiegano la divergenza nelle proiezioni. Per l’Onu la popolazione africana crescerà dagli attuali 1,3 a 3,9 miliardi alla fine del secolo. Per il centro Wittgenstein di Vienna invece si fermerà a 2,9 o addi rittura a 1,7 miliardi a fine secolo. La differenza sostanziale si spiega con il fattore istruzione. I cambiamenti ri produttivi sono influenzati in modo determinante dal livello d’istruzio ne, soprattutto delle donne. In tut te le aree del mondo, senza eccezio ne, quando sale il livello di scolarità femminile (e con esso anche l’accesso delle donne al mercato del lavoro), la natalità scende o addirittura crolla. È una legge inesorabile che si sta con fermando anche in India, sia pure con qualche lentezza. La politica del figlio unico in Cina ha anticipato e accele rato il trend, ma il crollo della natali tà cinese si sarebbe verificato lo stesso, per il semplice effetto dello sviluppo economico che ha portato con sé un’i struzione migliore e più opportunità di carriera per le cinesi. Una volta che le donne – e anche i loro compagni – decidono che la soluzione ottima le per rendere compatibili il lavoro e gli impegni familiari è avere pochi fi gli, o addirittura uno solo, o nessu no, è difficilissimo o forse impossibile che facciano marcia indietro. La pro va su scala gigante la fornisce la Cina: il regime, spaventato dagli effetti del declino demografico, ha cancellato la politica del figlio unico e l’ha sosti tuita con incentivi a fare più figli, ma senza risultati. Le proiezioni sulla popolazione mondiale dipendono dunque dal le aspettative che abbiamo sull’Afri ca. Se prevediamo un continente nero bloccato nella povertà, nella violenza e nell’instabilità politica, allora è ra zionale che la condizione femmini le migliori troppo lentamente e che la crescita demografica segua il trend più alto indicato dall’Onu. Se l’Africa imbocca un percorso di sviluppo, se guirà la stessa legge demografica che ha condizionato il resto del mondo. Il centro Wittgenstein punta sul fatto che l’Africa non rimanga per sempre prigioniera della situazione attuale. Alcuni segnali sembrano conforta re il suo ottimismo, ivi compresa l’a vanzata «neocoloniale» della Cina che trapianta in Africa il suo modello di sviluppo: con tante forme di sfrutta mento, saccheggio delle risorse, abusi dei diritti umani, ma anche un’indu strializzazione che ha funzionato al trove per innalzare i livelli di vita. Se qualche variante del modello cinese dovesse funzionare in Africa, fra le tante proiezioni sbagliate ci saranno anche i luoghi comuni sulla «inevita bile» invasione dell’Europa da parte di masse sterminate di poveri dall’e misfero sud.

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In Corea del sud, al conservatorismo della società si unisce anche la forza politica delle lobby religiose: ogni an no il Pride di Seul è accompagnato da rumorose proteste dei gruppi religio si. Perfino l’ex presidente democrati co, progressista ed ex avvocato dei di ritti umani, Moon Jae-in, in 5 anni di leadership non è riuscito a far appro vare nessuna legge a protezione delle minoranze Lgbtq+.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 25 Fare la cosa giusta Quando la povertà mostra il suo volto Leggete la storia di Javier: caritas.ch/javier-i

Prospettive ◆ Singapore depenalizza i rapporti gay ma Taiwan resta l’unico paese asiatico a concepire il matrimonio egualitario Giulia Pompili A Singapore essere omosessuale non è più illegale. Ma non è tutto rose e fiori per la comunità Lgbtq+ (in ge nerale tutte quelle persone che non si sentono rappresentate sotto l’etichetta di donna o uomo eterosessuale) della città-stato asiatica. La scorsa settima na il primo ministro Lee Hsien Lo ong ha annunciato sulla tv nazionale l’abrogazione della legge 377A, quel la che criminalizza i rapporti gay, ma allo stesso tempo ha dichiarato che rafforzerà la cornice legale per pre servare la definizione di matrimo nio come unione tra uomo e donna. Secondo i media locali, si potrebbe trattare di una modifica della Costi tuzione di Singapore che lascerà la possibilità di introdurre il matrimo nio tra persone dello stesso sesso sol tanto al Parlamento, e non alle Corti di giustizia, rendendo molto più dif ficile la strada verso la legalizzazione del matrimonio egualitario. «Il com portamento sessuale privato tra adulti consenzienti non solleva alcun proble ma di ordine pubblico. Non c’è alcuna giustificazione per perseguire le per sone per questo motivo né per farne un crimine», ha detto Lee Hsien Lo ong. «Questo porterà la legge in linea con gli attuali costumi sociali e spero di dare un po’ di sollievo agli omoses suali di Singapore». Da anni gli attivisti di Singapore chiedevano l’abrogazione della legge 377A. Una norma introdotta negli an ni Trenta, durante il periodo colonia le dell’impero britannico, e poi lascia ta in vigore anche nel 1963, quando Singapore divenne parte del territo rio della Malaysia, e ancora due an ni dopo, quando dichiarò la sua indi pendenza. Già nel 2007 il Parlamento aveva discusso il superamento della legge – che prevede fino a due anni di carcere per il sesso gay – ma era stato deciso di lasciare così la norma, con solidando allo stesso tempo una prassi di «non applicazione» delle pene. Per la comunità Lgbtq+ comunque resta va un pericolo, soprattutto per il suo uso strumentale. Singapore è un mo dello di prosperità economica ed effi cienza asiatica, di sviluppo e sicurez za, ma è un paese solo nominalmente democratico. Il pluralismo pratica mente non esiste, il People’s action party, di cui il primo ministro Lee è segretario generale, governa sin dal 1959. Il controllo sui dissidenti o sui critici del governo si effettua con ogni strumento. Anche con accuse e leggi del secolo scorso. Pur essendo uno degli esempi più evidenti e importanti del conservato rismo asiatico, Singapore non è l’uni co paese rimasto indietro, rispetto alle società occidentali, nell’apertura ai di ritti legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere. E questo nono stante pure il figlio del fratello di Lee Hsien Loong, Li Huanwu, sia gay e abbia sposato il suo partner in Suda frica nel 2019. Nella vicina Malaysia, a maggioranza musulmana, l’ex vi cepremier e leader dell’opposizione Anwar Ibrahim è stato processato al cune volte per sodomia. In India so lo 4 anni fa, con una sentenza storica, la Corte suprema ha depenalizzato il sesso gay, abrogando l’articolo 377 del Codice penale che da 157 anni preve deva una pena massima di 10 anni per i rapporti sessuali definiti «contro l’or dine della natura». La modifica della legge ha favorito l’accettazione dell’o mosessualità da parte dei gruppi più conservatori della società. Secondo un sondaggio di giugno della società americana Gallup, rispetto a 10 anni fa c’è stato un sostanziale cambiamen to della percezione dell’omosessualità: nel 2011, solo il 12% degli indiani af fermava che la propria città era un po sto sicuro per gli omosessuali, mentre ora è il 53% a dirlo. In India, spiega la società d’analisi, è stata soprattut to quella decisione della Corte supre ma nel 2018 ad aver progressivamen te cambiato il panorama giuridico per la minoranza Lgbtq+. La stessa co sa è avvenuta in Nepal, dopo che nel 2007 l’omosessualità è stata decrimi nalizzata e, 4 anni dopo, è stato rico nosciuto ufficialmente il terzo genere nei documenti d’identità. A oggi la battaglia degli attivisti, da Singapore a Katmandu, riguarda un tipo di discriminazione più loca le, legato alle tradizioni e al pregiudi zio religioso, e soprattutto il ricono scimento del matrimonio egualitario. Ma nella più industrializzata e globa lizzata Asia orientale le cose non van no meglio. È Taiwan, la piccola isola autogovernata che la Cina rivendica come proprio territorio, a essere l’u nico paese asiatico ad aver legalizza to il matrimonio omosessuale. È sta to il governo di Taipei guidato dalla progressista Tsai Ing-wen a prende re la decisione storica nel 2019, e per una ragione essenzialmente politica.

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Dove l’omosessualità fa ancora paura

Secondo Tsai e il Partito democrati co progressista, la Repubblica popo lare cinese e le sue minacce sulla ri unificazione possono essere battute soltanto costruendo una forte identi tà taiwanese, che si basi sulla libertà e sui diritti di tutti in contrapposizione con l’autoritarismo cinese. Dalla poli tica internazionale, però, non ci si li bera mai e infatti un paio di settima ne fa c’è stata molta polemica quando InterPride, l’organizzazione interna zionale incaricata di promuovere il movimento Pride, ha praticamente costretto gli organizzatori taiwane si a cancellare il «WorldPride Taiwan 2025» dopo aver chiesto agli ospitanti di cancellare il nome Taiwan (inviso a Pechino) e di utilizzare invece il no me della città ospitante, Kaohsiung. Dall’altra parte dello Stretto, nella Cina continentale, i diritti delle mi noranze Lgbtq+ invece che aumentare diminuiscono. Se negli anni Duemila sembrava che l’attivismo stesse fioren do anche nella Repubblica popolare cinese, nella nuova Cina di Xi Jinping – più attenta al controllo, al confor mismo, al conservatorismo – c’è stata una evidente involuzione. Già da anni l’Autorità di controllo dei media cine si, responsabile della censura nel pae se, ha iniziato a chiedere modifiche, a volte a bandire film e serie tv su temi o con personaggi omosessuali. L’anno scorso le stesse autorità hanno chiesto alle compagnie di media di evitare l’e sposizione dei «niangpao», un termi ne che si traduce approssimativamen te con «uomini effeminati», che non sarebbero conformi alla mascolinità socialista.Latradizione confuciana rifiu ta chi rompe l’omogeneità sociale, ed è nella stessa tradizione che si fonda la marginalizzazione delle minoran ze Lgbtq+ anche in Corea del sud e Giappone. Il paese del Sol levante è l’unico del gruppo del G7 a non ave re una legislazione che promuove l’u nione per le coppie omosessuali. L’o mosessualità non è considerata una devianza ma un aspetto della vita estremamente privato, da nascondere.

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 27

Stavamo festeggiando, tutti. Tra volti da un’ondata di patriottismo per i 75 anni dell’indipendenza in diana (il 15 agosto 1947 venne infatti proclamata l'indipendenza del pae se, che fu diviso in due Stati: l'Unio ne indiana, a maggioranza indù, e il Pakistan, a maggioranza musulma na). Per strada, ai balconi delle case, negli alberghi, nei negozi e perfino sul carrettino del fruttivendolo tut ti, senza esclusione, avevano esposto bandierine e gonfaloni dell’India se guendo la richiesta del premier Na rendra Modi. La nazione innalzava il «gran pavese», cene e feste condite di racconti di nonni e bisnonni sulla lotta per la libertà avevano in prati ca preso il posto di «Game of thro nes» e finalmente sembrava che l’aria di festa avesse messo d’accordo l’in tera popolazione. E siccome dove ci sono cene e feste sorge, anche in In dia, il più annoso dilemma che es sere umano abbia mai concepito, il famigerato «che mi metto stasera?», le discussioni prima del racconto di conquiste e atrocità servito tra kebab e crostini vertevano sul giusto outfit da indossare. Il 15 agosto 1947 venne proclamata l'indipendenza dell’India. Il paese fu diviso in due Stati: l'Unione indiana, a maggioranza indù, e il Pakistan, a maggioranza musulmana Stavolta però la risposta era unani me: khadi, ovviamente. La stoffa più patriottica di tutte, la più ecososte nibile, la più autarchica possibile. Il ruvido tessuto promosso da Mahat ma Gandhi durante la lotta per l’in dipendenza per finanziare l’autosuf ficienza economica degli indiani, scomparso dai radar per anni, ades so sta tornando prepotentemente di moda. Mi ricordo ancora quando, se volevi del khadi di cotone o di se ta, dovevi andare a cercartelo negli empori statali chiamati «Gandhi ashram». Posti in cui il tempo si era fermato all’epoca del Mahatma e che probabilmente non venivano spolve rati da allora. Le pezze di stoffa ave vano spesso righe di annosa polvere sulla parte esterna dei rotoli, ed era no inamidate a un grado di rigidità tale da parere di carta. Soltanto an ziani signori e gentildonne di un’al tra epoca indossavano il patriottico khadi, filato sul charkha, la ruota che sta anche sulla bandiera india na e con cui Gandhi veniva spesso ritratto. Solo anziani signori e gentildonne di un’altra epoca indossavano il khadi, filato sul charkha, la ruota che sta sulla bandiera indiana e con cui Gandhi veniva ritratto Ai tempi della dominazione inglese, il cotone e la seta prodotti in India venivano esportati in Inghilterra. Le stoffe finite, che davano lavoro agli operai delle filande inglesi, venivano poi reimportate in India. Filando e tessendo i materiali in India, Gan dhi boicottava il governo coloniale promuovendo l’indipendenza eco nomica del paese. Ma il khadi, ri gorosamente filato e tessuto a mano, era una stoffa ruvida, grezza e, fini ta la lotta per la libertà e dimenti cate le bandiere ideologiche da una nuova generazione che, specie negli anni Cinquanta e Sessanta, apprez zava molto di più lo chiffon france se, era stato relegato tra i ricordi e, appunto, nei «Gandhi ashram». Da dove, siccome costava poco e dura va tanto, era migrato in principio nel guardaroba di studenti più o meno marxisti, hippy squattrinati e, dopo qualche anno, in quello delle signo re radical-chic della buona società cittadina. Per fare adesso, in occa sione dei 75 anni dell’indipenden za, un clamoroso ritorno nelle bou tique di lusso. Con prezzi adeguati, ovviamente. Undici uomini, condannati all’ergastolo per stupro di gruppo e omicidio, erano stati liberati in occasione di promulgataun’amnistiaper il giorno dell’Indipendenza E mentre noi ci scambiavamo con aria da cospiratrici i migliori indi rizzi per trovare quell’artigiano che fa ancora tutto a mano senza farti pagare un sari di khadi quanto un vestito di Prada, l’India si colorava di bianco, verde e arancio il giorno dell’indipendenza applaudendo al discorso di Narendra Modi che di chiarava: «Si è insinuata una stortura nel nostro modo di comportarci, e a volte insultiamo le donne. Possiamo promettere di liberarcene? È impor tante che nella condotta e nei discor si non ci sia nulla che leda la digni tà delle donne (…) dobbiamo fare in modo di garantire l’uguaglianza di genere (…) se figli e figlie non sono trattati allo stesso modo dentro casa, non c’è unità. L’uguaglianza di ge nere è un parametro cruciale dell’u nità del paese», facendo scendere più di una lacrimuccia di commozione. Stavamo festeggiando, tutti. Poi la festa è finita. È finita quando, do po poche ore, i telegiornali hanno cominciato a dare una notizia scon volgente: undici uomini, condanna ti all’ergastolo per stupro di gruppo e omicidio, erano stati liberati in occa sione di un’amnistia promulgata per il giorno dell’indipendenza. E, di fron te alla prigione, distribuivano dolci a parenti e amici per festeggiare la lie ta occasione. Gli undici criminali in questione sono colpevoli di aver stu prato una donna incinta, Bilkis Bano, dopo aver spaccato la testa di sua fi glia su una pietra. Di avere stuprato e ammazzato sua cugina assieme al suo bambino di appena due giorni. Bilkis è viva soltanto perché era stata credu ta morta. Gli undici «signori» erano tutti suoi vicini di casa. La storia risale a molti anni fa quando in Gujarat, nel 2002, un tre no che trasportava pellegrini indù era stato dato alle fiamme da un grup po di musulmani. La reazione sca tenata dall’episodio aveva provocato più di mille morti in tutto lo Stato, la maggioranza dei quali musulma ni. Lo stupro di Bilkis e gli omicidi connessi erano stati uno degli episo di più efferati della vicenda. Adesso i suoi assassini e stupratori sono liberi, e un politico locale, commentando il fatto, dichiara: «Sono bramini, uo mini di fede», per giustificare la lo ro liberazione. La reazione non si è fatta attendere. Gran parte dell’In dia, l’India dell’indipendenza e del la lotta per la libertà, l’India che ha cacciato gli inglesi, si è ricompatta ta per un momento in modo trasver sale, annullando differenze politiche e religiose. Chiedendo al governo di cancellare la decisione della Corte, riportando in galera quei crimina li. Di fare in modo che le parole del premier non siano parole vuote, e che le bandiere esposte siano un simbolo di giustizia per tutti i cittadini. Che indossino o meno il khadi.

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Come affrontare la crisi energetica

nell’affrontareinteressieinnumerevolitenerfederaleilSommaruga:SimonettaConsigliodevecontodicontrastanti la crisi (Keystone)energetica.

«Voglio intestare la casa ai figli»

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 28

Vogliamo intestare la casa ai figli. Di cosa dobbiamo tenere conto? Le modalità di «trasferimento» di pendono anche dalla vostra situazio ne patrimoniale. Se non possedete altri beni significativi, vi rendere ste finanziariamente molto dipen denti dai figli se cedeste loro la pro prietà dell’immobile senza ricevere un compenso o se trasmetteste loro l’intera eredità anticipata. Pertan to sarebbe preferibile una donazione mista, ossia una vendita al di sotto del valore effettivo della proprietà.

La consulenza della Banca Migros ◆ Per evitare spiacevoli sorprese, in un trasferimento di proprietà bisogna tenere conto di numerosi aspetti

Non bastano le fonti interne, si dovrà importare ◆ Le industrie pensano a una parziale soluzione interna, appare però sempre più necessario un accordo a livello europeo

Affinché i figli non debbano mette re mano al portafoglio, potete fare del prezzo di acquisto un prestito, che concederete ai figli a un tasso da Suppongonegoziare. che vogliate continua re ad abitare nella casa il più a lungo possibile nonostante il trasferimento di proprietà. Questa possibilità vie ne regolata tramite un diritto di abi tazione o un diritto di usufrutto. Il prezzo di acquisto viene ridotto del valore di tale diritto. Occorre tenere presente che il diritto di abitazione vale molto di più dell’usufrutto per ché l’usufruttuario deve assumersi obblighi più ampi: il titolare del di ritto di abitazione è responsabile solo del valore locativo figurativo e della normale manutenzione dell’immobi le, mentre all’usufruttuario incom bono anche oneri quali interessi ipo tecari, assicurazioni, imposte e tasse patrimoniali. Riflettete su ciò che più vi conviene e chiedete consiglio a un esperto in materia. Suggerimento: la maggior parte delle persone desidera cedere anticipatamente la proprietà ai figli per non doverla vendere in un secondo tempo qualora si trovasse a dover finanziare un soggiorno in una casa di riposo o di cura. Nel calcolo di un eventuale diritto alle presta zioni complementari (PC) per il fi nanziamento dei costi della casa di cura si tiene conto, tuttavia, dei beni patrimoniali volontariamente trasfe riti, detratti 10’000 franchi all’an no dall’avvenuta donazione. Esem pio: su una donazione del valore di 200’000 franchi la rivalsa PC verreb be meno solo dopo 20 anni. Patric Brechbühl, consulente alla clientela della Banca Migros ed esperto di ipoteche.

Ignazio Bonoli La fine dell’estate e le previsioni di un inverno difficile stanno inducen do alcuni paesi europei a prevedere misure particolari per evitare perico losi cali dei normali approvvigiona menti. Si pensa soprattutto alle fonti energetiche, ma in alcuni casi anche ai problemi alimentari. In Svizzera, il Consiglio federale ha presentato mer coledì scorso le linee del suo piano di risparmi, strutturato in quattro fasi, ma prima di entrare nei dettagli at tende di sentire le reazioni di Canto ni, mondo economico e associazio ni, nella prossima consultazione, per prendere eventuali decisioni di sua competenza. Un attendismo che su scita parecchie critiche e induce qual che cantone a pensare seriamente alle proprie prospettive. Tra essi, il Canton Grigioni è stato uno dei primi a muoversi e preparare un piano d’emergenza nel caso in cui alcune fonti energetiche venissero a mancare, in tutto o in parte. Lo stes so Consiglio federale non manca co munque di prepararsi al peggio. Così ha già ventilato possibili soluzioni per l’importantissima, in Svizzera, ener gia elettrica: tra queste spicca l’inten zione di produrre energia elettrica anche con centrali a petrolio, soprat tutto nel caso in cui venisse a mancare un’adeguata fornitura di gas. Resta da definire se anche le economie private potrebbero essere obbligate a ridurre il consumo, in una fase acuta di ca renza di gas. In tutti gli scenari possibili appa iono due misure indispensabili. Da un lato garantire a tutti un minimo di fornitura, dall’altro attuare misure di risparmio, più o meno pesanti, nei consumi di energia. Misura quest’ul tima che potrebbe trovare soluzioni immediate efficaci: dall’interruzione delle forniture per alcune ore a misu re come quelle di evitare eventi spor tivi di notte. In risposta ai numerosi appelli, giunti un po’ da tutte le parti, il capo del Dipartimento federale dell’econo mia ha precisato che in caso di neces sità il governo è pronto a intervenire e punterà in primo luogo su una ridu zione dei consumi. Nel contempo pre vede però anche la soluzione di «cen trali di riserva» per una produzione di 300 megawatt, in pratica pari alla produzione della centrale nucleare di Mühleberg, nel frattempo disattivata. Vi è però un settore importante dell’economia che potrebbe trovar si di fronte alla decisione di chiude re l’attività. È quello delle industrie con elevati consumi di energia. Una chiusura di queste attività per man canza di energia potrebbe avere riper cussioni pesanti su tutta l’economia: dalle forniture al mercato interno, alle esportazioni, dal mercato delle sotto forniture a quello del lavoro. Le stesse cifre dei consumi di ener gia la dicono lunga sull’impatto che queste attività hanno su tutta l’econo mia. La quota dell’industria sul con sumo di gas in Svizzera è del 34,3%, quella sul consumo di elettricità è del 29,9%. Gli industriali interessati so no stati allarmati da notizie trapelate da Berna, secondo le quali le attività industriali sarebbero le prime a dover ridurre i consumi, soprattutto in in verno. Anche la ventilata sostituzione di impianti a gas con centrali a petro lio ha suscitato qualche perplessità. La proposta si basa sul fatto che la Sviz zera dispone di riserve di petrolio suf ficienti, ma non di gas, e di elettricità almeno a breve o media scadenza. Tra le molte proposte che sorgo no a vari livelli, quella recente degli industriali appare degna di nota. È

quella di creare una piattaforma in internet, dedicata ai grandi consu matori di energia. In casi di penuria le aziende possono usare questa piat taforma per chiedere energia dispo nibile presso altre aziende, compresi per esempio contingenti al momen to non utilizzati. La piattaforma do vrebbe essere in funzione già a partire da metà Secondosettembre.ilvice-direttore di Swis smem, l’associazione delle industrie metal-meccaniche, sono centinaia le aziende che potrebbero utilizza re questa possibilità. Anche secondo economiesuisse con questo mezzo si possono affrontare meglio eventua li crisi, riducendo al minimo i danni. All’operazione partecipa anche l’asso ciazione delle industrie chimico-far maceutiche. Così facendo si potrà af frontare meglio un obiettivo generale del Consiglio federale che potrebbe imporre, per esempio, una riduzione dei consumi all’80%. Riduzione che per alcune aziende potrebbe essere sopportabile, ma per altre provocare grossi danni. Scopo della piattaforma è proprio quello di evitare queste si tuazioni acute.

Il funzionamento della piatta forma prevede già i molti dettagli dell’organizzazione e tanto il Con siglio federale quanto i fornitori di energia considerano una buona cosa questo tipo di pooling. La struttura è semplice, i costi sono ridotti e il fi nanziamento viene assicurato dalle aziende interessate, inoltre la rete di distribuzione è garantita per tutto il territorio svizzero. È però evidente – e tutti se ne ren dono conto – che la Svizzera non può vivere a lungo in un regime di qua si autarchia. Le fonti rinnovabili non basterebbero a coprire eventuali lacu ne di produzione e anche la produzio ne con centrali nucleari ha molti li miti. In realtà la crisi energetica sta appena cominciando e si prevede che potrebbe durare a lungo, con prezzi dell’energia alle stelle. Nel contempo dovrà continuare anche il progressi vo abbandono delle energie da mate riali fossili. Nel frattempo la Svizzera non ha seguito correttamente, in mi sura adeguata, le idee, nate da tempo, di un miglioramento energetico nelle costruzioni, oppure lo sviluppo dell’e nergia solare, o anche quello di tecno logie per il riscaldamento a distanza o per le Sulpompe-calore.pianopolitico non si può di menticare che tutti gli investimenti a livello svizzero avranno costi tali per cui si potrà perdere buona parte della odierna concorrenzialità internazio nale. In altri termini, per conservare la nostra posizione economica (e an che politica) non potremo far a meno di ricorrere a importazioni di energia, in particolare dall’Europa, che nei suoi acquisti avrà un potere contrat tuale superiore al nostro. Non possiamo pensare a un suf ficiente approvvigionamento in energia senza contare su una stret ta collaborazione con l’Europa. Ba sterebbe, infatti, una indisponibilità di una delle nostre centrali nucle ari per creare grossi problemi di ri fornimento. Problemi risolvibili sol tanto con l’importazione di energia dai paesi vicini. Da qui la necessità di concludere al più presto un accor do di scambio di energia con l’Unio ne Europea, magari a complemento e perfezionamento dell’accordo sull’e nergia elettrica, che sta incontrando parecchie difficoltà. Guy Parmelin e

In&Outlet Un’autobomba destinata all’ideo logo di Putin ha ucciso sua figlia. Se ne può discutere, mantenendo ferma la condanna verso i russi e l’aggressione all’Ucraina? Le idee di Aleksandr Dugin erano dete stabili; non rappresentano però una buona ragione per ammazzar lo, né tanto meno per ammazzare sua figlia. C’è una guerra in corso, e ogni guerra da sempre si combat te anche con l’informazione, talora con il terrore. Nessuno è al ripa ro. Né a Kiev né a Mosca. Il re gime di Putin non poteva pensare di scatenare una guerra d’aggres sione senza pagarne le conseguen ze, a tutti i livelli; e non è detto che nel mirino debbano esserci so lo le reclute mandate a combattere in Ucraina, a volte con l’inganno. Tuttavia le esecuzioni mirate sono sempre uno strumento discutibile. Spesso le persone eliminate ven gono sostituite da altre peggiori e l’argomento che riecheggia in un classico del cinema, Munich di Ste ven Spielberg – «anche le unghie ricrescono, non per questo rinun ciamo a tagliarle» – non convince. So bene che è un’arma cui anche le democrazie, dagli Usa a Israele, hanno fatto ricorso. Ma i dubbi re stano, proprio perché le democra zie dovrebbero avere metodi diver si da quelli delle dittature. Certo, con il suo carisma Dugin ha giu stificato se non ispirato la guerra in Ucraina. Ma le esecuzioni mi rate hanno una caratteristica: de vono essere, appunto, mirate. Se colpiscono nel mucchio, o se col piscono la persona sbagliata, sono controproducenti per la causa che avrebbero dovuto servire, e diven tano un’arma in mano alla causa che avrebbero dovuto combattere. La discussione sulla fine da riser vare ai nemici dell’umanità dura da secoli e secoli. «Era ora! Pren diamoci una sbornia / beviamo a viva forza: Mirsilo è morto». Così Alceo celebrava la fine del tiran no che l’aveva esiliato da Mitile ne e inaugurava un genere lette rario, il «nunc est bibendum» di Orazio: ora si deve brindare. Nel la Grecia antica, la civiltà che in ventò la democrazia, il tirannicidio era considerato un valore e gli ate niesi eressero una statua di bronzo ad Armodio e Aristogitone, che li avevano liberati dal despota Ippar co. E in America nessuno o quasi protestò quando fu impiccato Sad dam Hussein. Quando poi venne ucciso Osama Bin Laden, la mor te dell’uomo che aveva voluto l’11 settembre fu festeggiata a Ground Zero. A molti americani apparve naturale, se non giusto. Non esi stono regole generali. Ogni perso naggio fa storia a sé. La logistica finisce per contare più dei princi pi, e gli uomini che uccisero Bin Laden forse non potevano agire diversamente, così come forse per attentare alla vita di Dugin non si poteva agire diversamente. In ogni caso sottoporre Osama Bin Laden – o, per attualizzare il di scorso, Muhammad Al Zawahiri, il numero due di Al Qaeda ucci so da un drone americano di re cente a Kabul, dov’era protetto dai talebani – a un regolare processo, magari davanti al tribunale inter nazionale costituito proprio allo scopo di provare e punire i crimi ni contro l’umanità, sarebbe stato un passaggio difficile per l’Ame rica, ma certo avrebbe rafforzato il suo prestigio di patria della demo crazia moderna, uscita scossa dalle vicende dell’Iraq, di Abu Ghraib, di Guantanamo. È difficile avan zare rilievi agli uomini che libe rarono il mondo dal fondatore di Al Qaeda e che un’intera nazione onorò, a cominciare dal presiden te democratico Obama e da Hil lary Clinton, che annunciò secca: «Bin Laden è morto, giustizia è fatta». Però non c’è dubbio che le buone cause non escono ridimen sionate ma rafforzate da un proce dimento giudiziario condotto se condo il diritto internazionale, che comprende anche le garanzie per i Qualchecolpevoli. anno fa si è riaperta in Italia la discussione sull’opportu nità della fine di Mussolini. D’A lema definì un errore l’esecuzio ne per mano dei partigiani, subito corretto dall’allora segretario Ds Fassino. I realisti ricordarono che un processo al Duce sarebbe sta to fonte di grandi imbarazzi, non solo per gli antifascisti dell’ultima ora, ma anche per le potenze alle ate che l’avevano avuto come inter locutore (e, nel caso di Churchill, corrispondente) per anni. L’atten tato a Dugin ricorda semmai l’at tacco in cui fu ucciso Giovanni Gentile, il filosofo che aveva ap poggiato il Duce pure nei mesi ne ri di Salò e dell’occupazione nazi sta: un crimine o un atto di guerra? Nessun uomo davvero libero, se non qualche estremista o qualche derelitto animato dal rancore per l’Occidente, piange la morte dei tiranni e dei loro ideologhi. Però in questo caso è morta un’innocen te, Darya Dugina. Davvero non so se siano stati gli ucraini, o l’oppo sizione russa, o addirittura il regi me, in una contorta manovra per attribuire la responsabilità a Kiev. So che da oggi la Russia ha un pre testo in più per colpire, per allon tanare la pace, di cui tutti avreb bero bisogno. Aldo Cazzullo si ammazza un tiranno

VOICESCIVILSPINAS

di

AncheFunzionerà?iliberali-radicali, compagine storicamente bicefala, devono trova re il modo di arginare le ambizio ni della loro ala liberista; devono, in particolare, fare in modo che la lo ro ideologia classica, il liberalismo, non scivoli nelle braccia dei due con correnti che li tallonano sul fianco destro, ovvero la Lega dei ticinesi e l’Udc. Il Plrt si è sempre definito un partito interclassista, il che ha si gnificato rivolgersi non soltanto alla «borghesia», ma anche ad ampie fa sce di ceto medio, ovvero impiegati, funzionari e insegnanti. Anch’esso si vuole centrista, come l’ex Ppd, ma con ambizioni governative ben mag giori, quasi egemoniche. Un’ambi zione tarpata nel 2011 (Consiglio di stato) e nel 2013 (Municipio di Lu gano) per opera della Lega. Nomi, strategie, programmi… ma con numerosi convitati di pie tra. Non sappiamo infatti in qua li condizioni verseranno Cantone e Confederazione alla fine dell’au tunno-inverno alle porte. Le con dizioni materiali (aumento del costo della vita, penuria di energia, fami glie in difficoltà) e spirituali (sfiducia nelle istituzioni per inadempienze e neghittosità amministrative) saran no Nelledeterminanti.vicendeeuropee novecente sche, guerre e recessioni economi che hanno sempre condizionato il voto, favorendo l’ascesa al potere di autocrati e dittatori. Questo avven ne dopo la prima guerra mondiale e il crack del 1929 nell’Europa strema ta dall’inflazione, inacidita da risen timenti e percorsa da forze anti-de mocratiche di ogni colore. Facile prevedere che l’esito delle prossime elezioni (cantonali e federali) di penderà largamente dall’atmosfe ra al cardiopalma che ci attende nei prossimi mesi. di Orazio Martinetti

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La terminologia medica ha coloniz zato il linguaggio giornalistico, e non soltanto in Italia, paese in pe renne campagna elettorale. A sof frirne è il «cuore» della politica, che non funziona come dovrebbe. Di qui continue «fibrillazioni», «tachi cardie», «aritmie», e poi le inevitabi li «tensioni», che – come noto – alla lunga intaccano, danneggiandolo, il sistema cardiovascolare. Da qualche tempo le citate «fibrilla zioni» hanno valicato il confine per incistarsi nel dibattito locale: si veda in proposito la discussione in corso nel sito naufraghi.ch, dove si discor re sulle possibili alleanze tra la vec chia e la nuova sinistra, tra il Parti to socialista (Ps) e il Movimento per il socialismo (Mps). Una relazione fin qui spigolosa, e che tale rimar rà anche in futuro, giacché il Ps non potrà mai assumere il ruolo di forza di opposizione nelle forme ruvida mente sollecitate dal Mps. E que sto per un motivo molto semplice: il Ps porta con sé una secolare cultura di governo. Le proposte di fuoriu scire per volontà propria dagli ese cutivi, cantonali o federali che sia no, non sono mai andate in porto. Anzi, il Ps ha sempre combattuto per rimanervi, giudicando nefasta, per sé ma soprattutto per il paese, l’eventuale perdita del seggio. Det to altrimenti: nella nostra configu razione istituzionale, fondata sulla logica del consociativismo (presente e operante non solo nel campo po litico), si ottiene di più stando den tro che fuori: più conoscenze, più co-decisioni, più poteri di influen za e di interdizione. È questa la vo cazione dei socialisti ticinesi fin dal 1922. Le formazioni concorrenti so no condannate al ruolo di compri marie: due-tre deputati al massimo nel legislativo. Per cui il copione si ripeterà anche nell’aprile del 2023: una capillare mobilitazione per con fermare il posto in Consiglio di sta to. Con tutta probabilità sarà una donna ad occuparlo. Chi in partico lare è tutto da vedere, il carosello è appena ai primi giri. Che la sinistra rischi la crisi cardia ca non è una novità. Ma come stan no gli altri partiti? Sono in salute e rubizzi? Il Ppd ha appena cambiato nome. Ora si autodefinisce Il Cen tro, allineandosi agli amici della Svizzera tedesca (Die Mitte) e della Romandia (Le Centre). Ma più che a un’identità, il Centro rimanda ad una collocazione geometrica nell’a rena della contesa politica: no agli estremi, ma un’equidistanza d’im pronta moderata dalla destra e dal la sinistra. Fatto sta che nella nuo va definizione non è andato perduto soltanto il partito, ma la democra zia e il popolarismo, elementi por tanti della tradizione democristiana. Ciò che resta è una versione spuria e depurata di ogni riferimento al «fattore C», ossia al cristianesimo.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 29 ATTUALITÀ / RUBRICHE ◆ ●

La politica nel reparto cardiologia

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Si dice che un designer non sia tale se non ha progettato un orologio. Vito Noto, figura di rilievo nel panorama del design contemporaneo interna zionale, lo ha fatto. Non si è limitato però a concepire uno strumento per misurare il tempo secondo i canoni tradizionali, ne ha invece sovvertito le regole, elaborando criteri di lettura alternativi caratterizzati da un’inedi ta numerazione del quadrante e dal lo scorrimento delle lancette al con trario. Tutto questo affinché guardare l’ora non fosse più un gesto inconsa pevole dettato da leggi prestabilite ma un atto che ci spingesse a riflettere su ciò che stiamo facendo e a instaurare un nuovo rapporto con il tempo. Gli orologi realizzati da Noto sono emblematici del suo approccio incon sueto alla progettazione e ci catapul tano subito nel suo universo creativo in cui il pensiero è alla base di tut to e nulla viene dato, mai, per scon tato. D’altra parte sbaglia, sostiene il designer elvetico, chi crede che un oggetto sia sempre frutto di un’intui zione. Il più delle volte il prodotto fi nale nasce da un lungo percorso co stellato di quesiti e ragionamenti in cui il «mondo delle idee» si relaziona costantemente alle esigenze pratiche del «mondo delle cose». Discreto, introspettivo e schivo, Vito Noto, nato in Sicilia nel 1955, ma svizzero dall’età di tre anni, quando con la famiglia si trasferisce prima nel canton Lucerna e poi in Ticino, ha dato vita a un’articolata attività pro fessionale che gli ha permesso di sag giare le infinite applicazioni del desi gn e gli ha consentito di sviluppare un concetto molto esteso di cosa signifi chi progettare. I contesti del suo ope rare sono molteplici e vanno dal dise gno industriale, con la realizzazione, ad esempio, di macchinari per il tes sile o per l’ambito medico-sanitario, al design della casa e al visual design, arrivando anche all’elaborazione gra fica per la filatelia e per la numisma tica celebrativa. Una produzione dav vero poliedrica, la sua, che richiede ricerca continua, interdisciplinarietà e lavoro in team, nonché un puntuale confronto con la committenza. Questa varietà di approcci, che ha visto e vede tuttora Noto impegnato in molti campi che potremmo defini re di nicchia rispetto a quelli solita mente associati al design, ha fatto sì che la sua figura non fosse immedia tamente riconoscibile ed etichettabile. Tanti sono stati i riconoscimenti uf ficiali al lavoro di Noto (basti citare il Design Preis Schweiz, il Compasso d’Oro, l’iF Design Award - Die gute Industrieform, l’ADI Design Index e l’A Design Awards), eppure, proprio la complessità della sua veste profes sionale, e vuoi anche il suo carattere introverso, poco incline alla monda nità, lo hanno reso meno conosciuto al grande Mancavanopubblico.difatti una mostra e un catalogo a lui dedicati. L’occasione è arrivata con i suoi quarant’anni di attività, conteggiati da quando, dopo aver frequentato la prestigiosa Scuo la Politecnica del Design di Milano, ateneo all’avanguardia in questo set tore, e dopo aver fatto esperienze di formazione a Zurigo, Amburgo e Pa rigi, Noto decide, nel 1982, di aprire il proprio studio a Cadro, ancora oggi la sua fucina di idee con vista sull’abside della chiesa del L’esposizionequartiere.èorganizzata negli spazi del m.a.x. museo di Chiasso e si pone quindi come la prima antolo gica del designer svizzero. L’obietti vo è quello di ripercorrere in maniera scrupolosa l’iter professionale di No to, testimoniando attraverso la grande ricchezza dei materiali radunati l’evo luzione del suo pensiero artistico. A incentivare la realizzazione di questa rassegna è stata l’importante dona zione che lo stesso Noto ha fatto all’i stituzione chiassese: il suo intero ar chivio costituito da più di un migliaio di dossier, elaborati grafici e modelli della sua vita di progettazione. Il criterio espositivo della mostra unisce l’ordine cronologico alla sud

divisione per temi, aiutando così lo spettatore a comprendere meglio la composita produzione del designer che annovera oggetti estremamente diversi tra loro, dal temperino al re spiratore artificiale, dal francobollo al camino, dall’orologio alla mone ta. Ed è interessante notare come in ciascuno di questi prodotti Noto sia riuscito a infondere il suo stile pecu liare, una sorta di marchio di fabbri ca capace di caratterizzare tutte le sue creazioni secondo una versatile pro pensione a considerare ogni cosa al la stessa stregua, restituendole valore estetico e praticità. Alla base dei lavori di Noto c’è l’i dea di trovare efficaci alternative a ciò che già esiste, cercando sempre di ag giungere sostanza all’oggetto. Prag matismo, precisione, razionalità e ca pacità di analisi, qualità tipiche della scuola elvetica, si fondono con la cre atività latina, quella del suo paese di origine: affascinato dalle figure geo metriche pure e dotato di una grande sensibilità cromatica, Noto è riuscito a concepire opere che sono una perfetta sintesi di forma, colore e funzionalità. Ne è un esempio significativo l’incorsatrice automatica universale Stäubli di Sargans, apparecchio uti lizzato nell’industria tessile, che nel la mostra di Chiasso è stata collocata nell’atrio: 450 chilogrammi di im ponente ed elaborato macchinario a cui il designer svizzero conferisce un aspetto piacevole, a partire proprio dall’uso del colore, che con ingegno viene distribuito sullo strumento non solo in funzione estetica ma anche per facilitarne l’utilizzo e garantirne la sicurezza.Daqui si sviluppa l’itinerario espositivo, con la prima sala che do cumenta la formazione di Noto av venuta negli anni Settanta a Mila no con i grandi del design e dell’arte, tra cui Max Huber, Bruno Muna ri, Achille Castiglioni, Bob Noor da e Gillo Dorfles. È nel capoluogo lombardo che Noto apprende i capi saldi dello stile Made in Italy e che acquisisce il modus operandi che con traddistinguerà da lì in poi il suo lavo ro, con quell’attitudine ad avvicinarsi al design secondo principi scientifi ci di cui la scuola milanese si faceva ambasciatrice.Seguepoi la produzione legata all’ambiente domestico, comparto in cui la tradizione del design italiano si fa più manifesta. Iconico oggetto che colpisce subito lo spettatore è il Cono ideato da Noto negli anni Ot tanta, un centrotavola eseguito per la Württembergische Metallwaren Fa brik GmbH che con la perfezione delle sue forme dalle geometrie pure celebra il rito della convivialità in una veste nuova. Ci si addentra di seguito nel mon do dell’ufficio, della domotica e dell’industrial design con prodotti per cui Noto ha dovuto tener conto di una serie di vincoli, misurandosi con problematiche di natura tecnica non ché relative all’efficienza e al rispetto delle normative di sicurezza. È pro prio in questo genere di opere che ben si coglie il suo metodo di lavoro scru poloso, capace di affrontare tutti i te mi del progetto. Un approccio ancor più affinato, questo, quando ad essere realizza ti sono macchinari in uso nel campo medico e sanitario, per cui è neces sario governare un processo più va sto interfacciandosi anche con la ri cerca scientifica. Nell’ultima sezione della mostra un respiratore artificiale per stazioni intensive ci fa riflettere su quanto creatività e inventiva possano giocare un ruolo importante nell’am bito della scienza e della salute e su quanto questa responsabilità sociale elevi e nobiliti il ruolo del designer. Dove e quando Vito Noto. Quarant’anni di grafica e design. Il senso delle idee. m.a.x. museo, Chiasso. Fino all’11 settembre 2022. La mostra è curata da Mario Piazza e Nicoletta Ossanna Cavadini. Orari: ma-do 10.00-12.00/14.00-18.00.

Pagina 37 Little Satchmo Un libro e un documentario raccontano la verità di Sharon Preston-Folta, ospite a Lugano di Othermovie, sul grande Louis Armstrong

Pagina 35 Atmosfere familiari La Fondazione Rolla omaggia il suo fondatore con una mostra fotografica che ci racconta la sua California e i luoghi cari dell’infanzia

In alto al centro, Giorno/Notte Orologio da parete 24 ore Il serie Perditempo, 1989. Serigrafia bifacciale su vetro. Product design. Collezione d’arte m.a.x. museo. (© Vito Noto) WOW Temperamatite Eisen, 2003. Product Design. Collezione d’arte m.a.x. museo, Chiasso. (© Carlo Pedroli)

CULTURA ● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino 33

Il pensiero prima di tutto

Pagina 39 L’alchimista della moda La grande eredità dello stilista e designer giapponese Issey Miyake, sempre alla ricerca di nuovi materiali e tecnologie, scomparso a 84 anni

Mostra ◆ Chiasso dedica una mostra antologica al designer svizzero Vito Noto Alessia Brughera

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Bibliografia Alberto Ravasio, La vita sessuale di Guglielmo Sputacchiera Quodlibet, Macerata, 2022.

Mostra ◆ La fotografia di Phil Rolla in mostra a Bruzella, in Valle di Muggio, fino al 30 ottobre

In estrema sintesi potremmo dire che il titolo dell’esposizione, Where I came from, più che ad una semplice ricerca delle radici, indichi – proprio nell’intenzione di individuare un punto di partenza e di origine – una successiva, personale traiettoria capa ce di dare, nel tempo presente, signi ficato al percorso attuale, e parallela mente, mettere in fila tutta una serie di ricordi, l’evolversi delle proprie scoperte visive e culturali. E queste ultime, nel caso di Phil Rolla, nel va sto mondo delle immagini, sono state molte e felici. Dove e quando Phil Rolla, Where I came from, Fondazione Rolla, Bruzella. Fino al 30.10.2022. Ogni seconda domenica del mese dalle ore 14.00 alle 18.00 e su appuntamento. www.rolla.info

Le avventure picaresche di Guglielmo Sputacchiera

La lettura del grande fotografo è tutta concentrata sull’esperienza che l’autore ha potuto vivere, il cammi nare nei frutteti «con il suo splendido ritmo di luce e ombra », sottolineando come l’atto fotografico possa costitu ire una sorta di «riconciliazione», ca pace di evocare speranze («una por ta sembra aprirsi», conclude Adams).

L’amore per la forma e l’architettura vernacolare

Gian Franco Ragno In questi due anni di pandemia ab biamo avuto tutti il tempo per apri re i cassetti e rivedere alcuni vecchi progetti. È stato così anche per Phil Rolla (1938), collezionista e creatore dell’omonima Fondazione, qui per la prima volta nella veste di fotografo. Nello spazio espositivo di Bruzel la ad accoglierci ci sono una trenti na di immagini che ci trasportano in una Santa Clara Valley del 1972, po co più a sud di San Francisco, il luogo dove l’autore è nato e cresciuto pri ma di trasferirsi in Europa e diventa re un imprenditore nel campo dell’in gegneria nautica. Gli scatti sono il frutto di una ri cognizione intorno alla casa di fami glia durante uno dei ritorni a casa, e riguardano una serie di camp e edi fici abbandonati – fienili, cascinali e magazzini – lasciati da tempo alle in temperie e senza traccia di vita. Luo ghi, geografie e mappe simboliche dell’infanzia che sbiadiscono come i ricordi nella Nonostantemente.l’usura data dagli ele menti, si intravvedono negli edifici di legno scuro forme semplici e funzio nali, ancora capaci di evocare una sta gione di duro lavoro nei campi, qui soprattutto frutteti. Si scorge altresì qualche auto e mezzo agricolo abban donato nelle vicinanze. Laddove vi geva una forte etica del lavoro, sem bra essersi posato un velo di incuria e rinuncia, una sorta di abdicazione. Nel momento storico in questione questo contesto vive una fase di pro fondo cambiamento antropologico ed economico: un tempo regione tra le più ricche di frutta al mondo, da lì a poco vedrà l’istallarsi delle industrie dell’elettronica, come IBM, e poi via via le altre imprese che trasformeran no quest’area in una Silicon Valley. Rolla opera quasi come se fosse impiegato in una intima e persona lissima Farm Security Administration, campagna fotografica del mondo ru rale del governo americano condot ta da una serie di fotografi negli anni della Depressione. Come una sorta di Walker Evans che a metà degli anni Trenta metteva a fuoco il suo pun to di vista documentario – privo di sentimentalismi e interventi formali – con la ripresa seriale di chiese rura li dell’Alabama e della Carolina del Sud dalle forme molto simili tra loro (le Negro’s Churche s, famose e ricer catissime dai musei di tutto il mon do). Senza la pretesa di proporsi co me fotografo professionista, ma con l’incoraggiamento di alcuni di loro, Phil Rolla presenta una serie di im magini che insieme costituiscono un documento.Madato ancora più importante, ristampando questi scatti – ad opera del bravo Simone Casetta – l’autore rintraccia temi che ritroverà, incon sciamente, nella stessa genesi della sua collezione. Tratti delle sue pre ferenze e delle sue idiosincrasie. Tra questi l’amore per la forma funziona le e l’architettura vernacolare, siano esse d’autore o meno, l’assenza della persona nell’immagine, una tensione verso il progetto seriale e preciso. Ripercorrendo la sua collezione, pur avendo iniziato con significati vi esempi del Minimalismo e del le Neoavanguardie (Donald Judd, Sol LeWitt, Richard Long ma an che i nostri Pierino Selmoni e Fla vio Paolucci), parallelamente all’a mico varesino Panza di Biumo, si può affermare che nei primi anni Novanta la passione di Phil Rol la si sia concentrata verso una fo tografia contemporanea di ricerca, indipendentemente dalle stagioni e dalle tecniche, volendo inseguire il proprio gusto e la qualità intrinseca dell’immagine.Tuttociòha fornito il materiale per le esposizioni che la Fondazione ha messo in campo dal 2010. Citiamo alcune letture di grandi classici (Jo sef Sudek, Edward Weston, Hiroshi Sugimoto), le riscoperte e gli inedi ti (Ruth Hallensleben), le collettive e, non da ultimo, il sostegno a pro getti di giovani fotografi (Giuseppe Chietera, Fabio Tasca). Insomma, per quanto riguarda il canton Tici no, un aggiornamento culturale im portante nel mondo dell’immagine fotografica.Altrasorpresa: il consueto libret to che accompagna la mostra contie ne un contributo di assoluto rilievo, quello di Robert Adams (1937), fo tografo americano, amico dell’autore, protagonista dell’importante esposi zione New Topographics del 1975 e ad oggi ancora uno dei maggiori foto grafi viventi nell’ambito delle foto grafia di paesaggio.

Pubblicazione ◆ Convince, in particolare per lo stile, il romanzo tragicomico e d’esordio di Alberto Ravasio

Dalla serie Where I came from, stampe dirette ai sali d’argento su carta baritata. (Fondazione Rolla)

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino CULTURA 35

Roberto Falconi C’è chi un mattino si sveglia scara faggio, e la storia è piuttosto nota. E poi c’è chi si sveglia transessualizza to: «Un mattino d’agosto Guglielmo Sputacchiera si svegliò sprofondato in un bel paio di seni: i suoi. In otto ore di sonno si era trasformato in una donna, creatura a lui sconosciutissima, che in trent’anni di vita non era quasi mai ri uscito ad avvicinare, non dico per le acrobazie pubiche, ma anche solo per le informazioni stradali». È questo il fulminante incipit del romanzo d’e sordio di Alberto Ravasio, autore già illustratosi con alcuni contributi onli ne, che ora, retrospettivamente, appa iono come le prove generali di questa narrazione più estesa, tra l’altro finali sta al Premio Italo Calvino. Stia alla larga da questo libro (che non a caso esce per la Compagnia Ex tra di Quodlibet) chi vi cerca ricchez za di storie; se lo procuri senza indu gio chi nella letteratura cerca (ancora e soprattutto) un’esperienza stilistica che gli ormai inamovibili neo-colo nizzatori delle classifiche delle ven dite possono solo velleitariamente promettere attraverso le scintillan ti fascette promozionali. Non che la trama manchi, ma appare piuttosto esile e consiste nella fuga da casa di Sputacchiera dopo la scoperta di cui sopra (troppa è la paura di farsi sco prire dal padre), cui segue una serie di incontri con personaggi variamen te strampalati (un medico, una psico loga, un santone) per tentare di riap propriarsi della virilità perduta. Un percorso intervallato da una corposa serie di segmenti analettici che riper corrono l’esistenza del protagonista. Guglielmo Sputacchiera, sin dal nome, appare come il rappresentan te di una generazione fallita, la sfor tunata «vittima dell’incidente genita le dei genitori, l’estrazione perdente della loro tombola cromosomica». Fi glio di un padre (l’unico personag gio, significativamente, anonimo) «ammaccalamiere arricchito», che al di fuori del lavoro è rimasto lo stes so di quando era entrato in fabbrica a quindici anni («calciomane, ipervi rile e dunque naturalmente omofobo, tifoso della fica e di chi la castiga»), e di una madre le cui uniche due occu pazioni sono «trattenere il piscio dal lo stimolo al bagno e prendere le dieci pillole giornaliere prescritte dal dot tore della testa», il protagonista cresce e vive in un «paesello stercoso» (nel la Bergamasca), «museruolato dall’a nalfabetismo». Ai vari scacchi nelle relazioni e negli studi, con i docenti della facoltà di Filosofia che gli con sigliano di darsi all’ippica, «possibil mente come equino», Sputacchiera reagisce regredendo nel mondo pla stificato del Porno (sempre con la ma iuscola) online, l’unico capace di re stituire le certezze di un’esistenza in frantumi e, apparentemente, di sod disfare quei desideri da sempre irre alizzabili, in realtà costruiti ad arte da algoritmi che non fanno altro che sfruttare i dati di navigazione per pro porre consigli personalizzati che cri stallizzano l’ossessione e la dipenden za. Sta qui il punto focale. Quello di Ravasio è prima di tutto un libro sui desideri infranti di una generazione «colta ma disoccupata», e quindi do lorosamente lontana da padri «igno ranti ma indipendenti», coi quali è tuttavia possibile, se non una ricon ciliazione, perlomeno un confronto nella parte finale del romanzo, di cui davvero non si può rivelare nulla. Un conflitto che si gioca tutto sul bino mio denaro-sesso: l’assenza di virilità del figlio come riflesso dell’incapacità di affrancarsi dalla dipendenza eco nomica da un padre, lui sì, ben dota to. Come dire: pura materialità, e più Marx che Freud, come l’autore ha del restoSericonosciuto.ilprotagonista si rifugia nel Porno, l’autore esorcizza una realtà destabilizzante attraverso la costru zione di un universo linguistico-let terario che permetta di riaffermare la centralità del soggetto nella sua ca pacità creativa, restituendogli le cer tezze perdute. Così si spiega l’osten tazione di alcuni topoi, come la fuga da casa del giovane che cerca il pro prio posto nel mondo o la lettera al padre (ancora Kafka) che chiude il cerchio, essendo concettualmente il punto di partenza e strutturalmente il punto di arrivo del libro. E a que sta logica risponde l’impressionante paletta delle scelte linguistiche: dai neologismi per prefissazione («apeni co») o, più frequentemente, per suf fissazione («binladeniano», «vulvato», «cessoide», «cricetesco», «LGBTnia mente»), spesso negativizzante («pa rentume», «cibume»); alle invenzio ni morfologiche («studentesso»); fino alla creazione di sintagmi dalla fina lità ironica, ottenuti attraverso la de costruzione di forme d’uso (Sputac chiera scelto dal proprio professore come «capra espiatoria»; Sputacchie ra che ha come avvilente prospettiva professionale quella di lettore esterno per «capanne editrici») o attraverso l’invenzione di forme del tutto origi nali (il protagonista è un «vulvolatra acritico», «sentimentalmente invali do»). Per tacere delle iperboli grotte sche («Dormì poco, s’addormentò alle dieci del mattino e si svegliò alle ot to, sempre del mattino, per un tota le di meno due ore di sonno»); degli elenchi dal sapore fantozziano (così gli abiti femminili che il protagoni sta ordina da internet: «reggiseno im bottito con archetto, mutandine di pizzo, calze velate, abitino floreale in stile lolitesco»); dei climax (il profes sore al liceo interroga Sputacchiera «a sorpresa, nelle ore buche, nei corridoi, in bagno»).Restadietro l’angolo il pericolo che Ravasio si faccia prendere un po’ la mano dalle proprie indiscutibili ca pacità espressive e che tutto si esauri sca nel fuoco d’artificio della perizia tecnica. Appuntamento, dunque, al secondo libro, e, soprattutto, al terzo, che è poi sempre il vero banco di pro va per uno scrittore.

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Il libro e il film che parlano del la sua storia sono un vero e pro prio «outing» e fanno luce su una sofferenza durata anni: si sente meglio ora? Ora che ho condiviso la mia storia e affermato la mia infanzia e la mia vi ta mi sento riappacificata. Non sen to più la vergogna e il peso di una discendenza da mantenere segreta. Mi ha aiutato rendermi conto che la mia era una condizione di bambina, e mi ha aiutato accettare e perdonare i miei genitori per quello che hanno fatto, capendo che a loro volta ave vano agito il meglio che potevano. Mi ha aiutato anche pensare di pos sedere una ricca storia di famiglia, e di avere vissuto anche molti bei mo menti insieme.

Sharon Preston-Folta è la figlia di Louis Armstrong, uno dei maggiori artisti della scena musicale mondiale di sempre. Il fatto che fosse jazzista e di colore non ha mai rappresenta to un problema alla sua affermazio ne: Armstrong è stato indubitabil mente una delle personalità di spicco del 900. Oltre alla sua figura di arti sta, Satchmo è stato un personaggio pubblico di enorme prestigio: il suo modo di essere, la sua attitudine gio viale e bonaria, il suo impegno nel la filantropia e nella difesa dei diritti della minoranza di colore americana sono unici, documentati, onorevoli, e gli hanno fruttato decine di ricono scimentiSenonché…ufficiali.Armstrong ha avuto una figlia, illegittima. Succede a mol ti, nel mondo dello show business. Ma in questo caso la vicenda si colo ra di aspetti anche grotteschi, se non fossero drammatici: il trombettista americano era infatti sposato e, pur desiderando divorziare dalla moglie per sposare la madre di Sharon, non l’ha mai fatto. Sharon è in possesso di decine di lettere, fotografie, regi strazioni, cedole bancarie, che dimo strano l’attaccamento di suo padre. Il quale però non ha mai riconosciuto ufficialmente la ragazza come sua fi glia (anche se moltissimi nel suo en tourage ne erano al corrente).

Alessandro Zanoli Ci sono storie personali che colpi scono per la loro particolarità. An che senza essere attraversate da epi sodi violenti o gravemente traumatici, sono vicende di ordinaria anormali tà, vissute silenziosamente all’inter no di consuetudini, in famiglie ap parentemente normali della classe media. A volte sono storie di disor dine e sofferenza personale che sem brano uscite da una fiaba: ambientate in interni borghesi in cui si muovono personaggi famosi e ricchi, non han no lieto fine. La storia di Sharon Preston-Folta è una di queste. L’abbiamo scoperta qualche settimana fa grazie al festival cinematografico di Lugano Other movie (www.othermovie.ch), durante il quale è stato presentato il documen tario di John Alexander Little Satch mo. Il film, premiato con una «Men zione speciale», è la trasposizione cinematografica del libro della stessa Preston-Folta, Little Satchmo. Living in the shadow of my father Louis Daniel Armstrong. (Little Satchmo. La mia vita nell’ombra di mio padre, Louis Daniel Armstrong. L’ebook si trova, in inglese, su Amazon) Il titolo spiega esattamente gli elementi fondamentali dell’esperien za della sua autrice. Pur raccontando avvenimenti personali, il libro nasce come un invito generale, terapeutico, rivolto a ogni persona: «È un dirit to fondamentale sapere da chi siamo nati, chi è stato responsabile di dar ci la vita, e sapere come ognuna delle loro esperienze, siano esse minuscole o monumentali, ha posto le basi per quello che siamo infine diventati».

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Sharon è stata costretta da sua madre, nel corso degli anni, a na scondere questo legame. La carrie ra e la reputazione del padre non po tevano essere messe a repentaglio, in una società americana benpensan te e conformista. Armstrong aveva un’immagine luminosa da difende re, ma allo stesso tempo portava con sé un’ombra socialmente riprovevo le. In quest’ombra è cresciuta Sharon Preston-Folta. Dopo aver attraversa to anni di difficoltà economiche, in particolare dopo la morte del padre, Sharon ha trovato il modo di costru irsi una vita «normale» ma ha porta to per decenni dentro di sé il peso di un’ingiustizia subita. Solo grazie alle insistenze di un’amica e del suo se condo marito ha accettato l’idea di liberarsi pubblicamente di quest’om bra. Il suo libro, e il film che ne è na to, sono una scelta «terapeutica» che le è servita per riappacificarsi con la sua esperienza. Ne abbiamo parla to con lei.

L’ombra segreta di Louis Armstrong

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Personaggio ◆ Un libro e un film raccontano Sharon Preston-Folta, figlia di uno dei grandi del jazz

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Da sinistra a destra: Sharon Preston-Folta, Lorenza Campana e Drago Stevanovic di Othermovie, durante la consegna del premio. A sinistra la locandina del documentario. (Othermovie)

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«Mi sento riappacificata» Signora Preston-Folta, nel suo libro ho trovato un’affermazio ne iniziale che mi ha colpito: «Ho pensato che dovrei cominciare a raccontare dicendovi chi non sono. Non sono amareggiata. Non sono arrabbiata. Non sono una cercatri ce d’oro o un’affamata di denaro che vuole mettere le sue grinfie sulla fortuna economica di una leggen da del jazz». Perché questa precisa zione, e pensa che i suoi lettori l’ab biano capita? Sì, penso che l’affermazione fosse necessaria e che i lettori l’abbiano ca pito. Penso che molte persone si si ano chieste perché ho aspettato così a lungo nel divulgare questo segre to di famiglia. Ho voluto far sapere ai lettori, proprio all’inizio del libro, che il mio intento era appropriarmi della mia discendenza famigliare, e fare in modo che i miei figli e nipo ti ne potessero parlare liberamente e con fierezza. Durante la redazione del libro e la preparazione del film ha mai te muto le reazioni negative dei fan di Louis Armstrong, i quali adorano in particolare gli aspetti positivi e luminosi della sua personalità? Onestamente, non sapevo proprio quali sarebbero state le reazioni da parte dei fan di Louis Armstrong. Mentre mi preparavo a scrivere il libro, ho cercato di essere sicura di mantenere un tono rispettoso nel modo di raccontare la nostra storia, il modo in cui eravamo una famiglia e tutte le emozioni che facevano par te di quell’esperienza. Sono perfet tamente consapevole di quanto mio padre fosse amato e rispettato e cre do che sia importante far conosce re meglio al mondo vari aspetti della sua umanità.

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXV 29 agosto 2022 azione – Cooperativa Migros Ticino CULTURA 39

importanza al vestito che alla persona che lo indossa, o meglio non concepi sce l’uno senza l’altro. Grazie alle sue creazioni elegan temente fluide e spregiudicatamente austere che uniscono magistralmente eleganza e tecnologia, Issey Miyake è riuscito a liberare i corpi dai diktat del la moda. Categorie fittizie come quel le di «femminilità», «mascolinità», taglia, peso, altezza, età, colore della pelle e molte, molte altre si mescola no, perdono qualsiasi significato gua dagnando una fluidità e una libertà di movimento fondamentali. Secondo una concezione della moda incentrata non sulle forme o le taglie (quella del la maggior parte degli stilisti occiden tali) ma sul movimento, solo e unico motore della vita, il vestito ideale di Miyake è fatto di pura illusione, di un solo, potente soffio di vento. Visiona rio, il designer giapponese ha di sicuro inventato la moda genderless (ma anche ageless, raceless, ecc.) prima che il ter mine fosse sulla bocca di tutti. La tecnica della plissettatura che l’ha reso iconico e che prende vita con la linea Pleats Please, sviluppata nel 1993, serve a Miyake per realizzare uno dei suoi più grandi sogni: quel lo di permettere a chi indossa i suoi vestiti di muoversi liberamente sen za temere che questi si deformino o si sgualciscano. Le geniali plissettature che colonizzano vestiti, giacche, pan taloni, camicie e molto altro danno vita ad un’osmosi naturale fra corpo (qualsiasi corpo) ed indumento, per mettono in un certo senso a chi in dossa le sue creazioni di dimenticar sene, di vivere il corpo liberamente, in modo provocatorio e ludico. I vestiti che compongono la rivoluzionaria li nea Pleats Please sono allo stesso tem po belli e funzionali, pratici, ingual cibili e terribilmente originali. Un po’ come l’intramontabile tubino nero o l’immancabile t-shirt bianca portata con un classico jeans Levi’s, le crea zioni plissettate di Miyake emanano una sorta di nonchalance che le rende iconiche. Libero dall’egemonia della forbice che guida la mano della mag gior parte degli stilisti occidentali, Is sey Miyake concepisce il suo mestiere come un designer, riflette in termini di volumi e di spazi. Grazie alla sua visione della moda, corpo e indumen to smettono infine di lottare per unir si in modo intelligente rispettandosi mutualmente, riconoscendosi nella fragilità di un presente che Miyake ha saputo trasformare in magia.

Una modella in duranteazionela Parigi Fashion Week di (Keystone)quest’anno.

«Il sarto del vento» Moda ◆ Issey Miyake, l’alchimista della moda, è volato via all’età di 84 anni Giorgia Del Don «Il sarto del vento», come amano de finirlo i parigini, si è spento all’età di ottantaquattro anni lasciandoci un’eredità che si estende ben oltre il mondo della moda, un’eredità fatta di leggerezza e una discrezione non sprovvista di giocosità che lo rendo no unico. Creatore di vestiti (e non stilista), come amava definirsi, Issey Miyake concepiva le sue collezioni noncurante delle tendenze che dan no filo da torcere a molti suoi colle ghi. Non si lasciava influenzare dal le deadline serrate delle passerelle, si concentrava soltanto sulla propria vi sione della moda: libera, malleabile e amica dei corpi. La sua ricerca, du rata più di cinquant’anni, è stata ri gorosa e inarrestabile. Rivoluziona rio, visionario senza mai cadere nel fanatismo ma al contrario vestendo si sempre di un’elegantissima mode stia, Issey Miyake ci ha regalato un mondo fatto di incontri fruttuosi e inaspettati fra l’oriente e l’occidente, fra i generi, fra i materiali più dispa rati dalla resina al crine fino al washi (un tipo di carta tradizionale giap ponese) che hanno dato vita a vere e proprie sculture in movimento, a poesie effimere che esaltano la no straSemprevulnerabilità.inbilico fra materiali tà e astrazione pura, il geniale crea tore giapponese ha focalizzato la sua ricerca sulla fragilità, tanto degli es seri umani quanto delle cose che li circondano. Reduce dell’atroce bom bardamento di Hiroshima, dove è na to nel 1938, che l’ha reso, ancora mol to piccolo, orfano di madre e che gli ha «regalato» un’andatura particola re causata da un problema osseo ri scontrato quando aveva dieci anni, Issey Miyake ha vissuto sulla sua pel le questa stessa fragilità, la fugacità di un’infanzia che si è consumata in un istante, come un fiammifero spen to da un potentissimo soffio. Sebbene non abbia mai veramente voluto par lare di questa tragica esperienza per paura delle reazioni compassionevoli che poteva suscitare, le immagini che gli sono rimaste impresse nella mente hanno molto probabilmente influen zato la sua concezione dei corpi, la sua visione del capo d’abbigliamen to non come un simbolo di opulen za o un mero oggetto estetico ma co me una vera e propria seconda pelle. Il vestito, così come la pelle, delicato ma indispensabile, serve allora d’involu cro protettore d’una sensibilità uni ca, quella di chi lo porta. Alla stregua della pelle, il vestito deve adattarsi a ciascuno (e non il contrario), alle sue specificità morfologiche, alla sua età, alle sue preferenze di genere. Visionario, il designer giapponese ha di sicuro inventato la moda genderless prima che il termine fosse sulla bocca di tutti Lontano dall’egocentrismo che con traddistingue tanti stilisti, Issey Miyake ha sempre incitato le persone a impadronirsi giocosamente delle sue creazioni che, come diceva lui stesso, devono «essere viste dall’esterno ma vissute dall’interno». È in questo in contro fra la materialità del vestito e la sensibilità di chi lo indossa che si spri giona tutta la magia del creatore giap ponese. Emblematica di questo biso gno di lasciare le sue creazioni libere di adattarsi ai corpi che avvolgono è la storica collezione A-Poc (abbrevia zione di «A Piece of Cloth») compo sta da vestiti tubolari creati a partire da un singolo filo grazie a performan ti macchine da cucire industriali. Un progetto audace questo, presentato nel 1999 dopo quasi un decennio di ri flessioni. I tubi di jersey, terribilmen te complessi nella loro semplicità, so no ritagliati e messi in forma da chi intende indossarli seguendo le linee guida proposte dal creatore, trasfor mandosi, secondo il bisogno, in ve stiti, calze, mutande, ma anche bor se o berretti. Grazie a questa sorta di co-creazione i corpi perdono le clas siche connotazioni stereotipate lega te ai generi, all’età, ma anche all’etnia o all’handicap per trasformarsi in pu ra materia, malleabile, delicata e libe ra. Sempre controcorrente, il maestro giapponese dà in un certo senso meno

MenganiSimoneMenganiSimone

Narrazioni per tutti Teatro ◆ Fra storia, attualità e fantasia anche quest’anno il Festival ha incantato il suo pubblico Giorgio Thoeni

Da poco concluso, il 22esimo Festi val Internazionale di Narrazione di Arzo ha confermato il successo di una formula che unisce il fascino dei suoi spazi a spettacoli in cui prevale il racconto di storie destinate ai gio vanissimi e agli adulti. Fatta eccezio ne per la prima serata che si è svol ta sul palco dell’Oratorio di Balerna per il maltempo, il programma non ha subito variazioni e ha permes so a un nutrito pubblico di seguire la manifestazione fra le vie e le cor ti del villaggio o sul palco allesti to nel giardino del Castello. Con il titolo Che basta un colpo di vento per anche questa edizione ha mostrato un Festival sensibile all’ascolto del la contemporaneità. In particolare con le sue proposte serali, mirate e impegnative.Ainaugurare la rassegna è stata Laura Curino (nella foto), beniami na del Festival e storica rappresen tante del teatro di narrazione, che ha riproposto Big Data B&B, uno spettacolo dedicato alla potenza de gli algoritmi e giocato su domande che molti si fanno ormai da tem po: dove vanno a finire le informa zioni che condividiamo in rete e che uso ne vien fatto? Chi ne approfit ta? Un’attualità in un certo senso ri masticata pensiamo agli happening di Beppe Grillo che hanno preceduto la sua entrata nell’agone politico. Lau ra Curino l’ha fatto suo realizzando ne dapprima un libro con il contribu to di un pool di docenti del META del Politecnico di Milano che studia il rapporto fra scienza e tecnologia dal profilo etico. In seguito, grazie al Piccolo Teatro, quel lavoro è anda to in scena debuttando alla fine del lo scorso anno. Il Big Data B&B im maginato dall’artista torinese è una sorta di ostello abitato da informatici esperti in diverse branche dell’in telligenza artificiale. Una comunità che diventa un pretesto per osserva re sotto altre angolazioni i molteplici aspetti del problema. Attorno all’i ronica e intelligente metafora condo miniale del progresso tecnologico, a nostro avviso lo spettacolo mostra un’eccessiva fragilità drammaturgi ca, un’eccessiva leggerezza che allon tana dai nodi sensibili sull’argomen to che reggono la scena soprattutto grazie alla bravura della protagoni sta, peraltro acclamata da una platea entusiasta.Diben altro spessore l’atmosfera creata dall’attore umbro Alessandro Sesti con Ionica. La vicenda narrata è quella di Andrea Dominijanni, un testimone di giustizia calabrese con tro la ’ndrangheta sottoposto a una scorta di massimo livello. Per poter la raccontare, Sesti ha vissuto con lui per un periodo, ovviamente autoriz zato, entrando a contatto con una re altà sconvolgente. Ionica, una storia di coraggio e di verità, dove i cattivi sono cattivi, i buoni sono eroi sen za paura e che oltre a mettere in lu ce una capacità di scrittura notevole di Sesti, a tratti persino umoristica, traccia un percorso narrativo e tea trale forte, con un monologo con vincente che sovrasta la drammati cità della situazione con pennellate di straordinaria umanità fino a im mergere il pubblico in una confessio ne finale drammatica e sconvolgente. Un successo ampiamente meritato per un artista che ha saputo miscela re con grande intelligenza e discre zione dramma personale e sostan za teatrale.Lamemoria storica è un tema sul quale voler insistere non è mai trop po. Anche a distanza di pochi anni, su certe vicende occorre tornare a ri flettere per comprendere la necessità, opporsi criticamente e pacificamen te agli abusi di potere, alla violenza di Stato operato con il concorso della politica. Un amaro esempio è quel lo del G8 organizzato vent’anni fa a Genova che la compagnia Usine Baug ha voluto ricordare sulla scena con Topi (immagine in alto), uno spetta colo cucito fra un racconto farcito di suoni originali e un’allegoria, con un interno infestato da un’invasione di ratti invisibili dove si sta preparando l’arrivo di alcuni ospiti. Una metafo ra sul G8 non nuova ma efficace, che cede però il passo a molte ingenui tà teatrali. All’epoca i protagonisti di Usine Baug erano troppo giovani ma va loro certamente riconosciuto l’im pegno nell’evitare che l’oblio avvolga quella buia pagina di storia.

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