Azione 39 del 27 settembre 2021

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Cooperativa Migros Ticino

società e territorio «Non aiutiamoli troppo per farli crescere bene!», è l’esortazione che Paolo Crepet rivolge ai genitori

ambiente e Benessere Una conferenza «rosa» per parlare di prevenzione, presa a carico sempre più personalizzata e relative cure specialistiche interdisciplinari contro i tumori femminili

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXIV 27 settembre 2021

azione 39 Politica e economia L’Europa scopre in ritardo che è cambiato il posizionamento strategico degli Stati uniti

Cultura e spettacoli A Basilea si celebra Camille Pissarro, grande artista e uomo vicino al pensiero anarchico

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di Simona Sala pagina 55

Keystone

Così parlò endo anaconda

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squilibri cinesi di Peter Schiesser È raro che il rischio di fallimento di un colosso cinese scuota le borse mondiali. Con Evergrande, sviluppatore immobiliare di Shenzhen, con 300 miliardi di dollari di debito e grave carenza di liquidità, è successo. Dopo un giorno le borse si sono riprese: uno shock finanziario in Cina non avrebbe ripercussioni sul sistema finanziario mondiale, Evergrande non è la Lehman Brothers, il cui fallimento innescò la crisi dei subprime nel 2008. Il pericolo maggiore all’orizzonte è un freno della crescita economica cinese, e questo avrebbe sì ripercussioni a livello globale, vista l’interdipendenza delle economie, vuoi per le esportazioni (che calerebbero), vuoi per i prezzi delle materie prime (idem). Intanto, il caso Evergrande permette di mettere a fuoco alcuni squilibri economici presenti in Cina. La crescita cinese si basa in buona misura sui proventi delle esportazioni e sul credito facile. In un mercato dei capitali ancora poco aperto si è investito molto nel settore immobiliare, uno dei primi ad essere accessibile, in seguito alla privatizzazione della proprietà negli anni Novanta. Al punto che oggi l’immobiliare rappresenta

un quarto delle attività economiche. Come ha fatto Evergrande a diventare il numero due e ad avere 300 miliardi di dollari di debiti? Come tutti gli altri colossi immobiliaristi cinesi, ha acquistato terreni a destra e a manca con crediti ottenuti dalle banche (tutte statali), parallelamente vendeva gli alloggi prima ancora di costruirli, in un crescendo che da una parte ha fatto esplodere i debiti, dall’altra ha fatto di Evergrande un conglomerato di imprese (vende acque minerali, sta sviluppando auto elettriche, è attivo nel turismo soft) e del suo proprietario Xu Jiayin, alias Hui Ka Yan, il 122.esimo uomo più ricco al mondo, secondo «Forbes». L’iperattivismo immobiliare ha però generato una spinta verso l’alto dei prezzi, soprattutto a Pechino. Al punto che il presidente Xi Jinping è intervenuto. Ha promesso affitti accessibili anche ai cinesi meno abbienti e imposto restrizioni sui crediti al settore immobiliare. Di conseguenza, Evergrande non è più riuscito a raccogliere i capitali per completare gli alloggi già venduti, di 800 progetti immobiliari in corso in 234 città cinesi la metà è ferma. Questo crea malcontento e potrebbe scatenare proteste fra gli acquirenti, i fornitori, i dipendenti di Evergrande spinti ad investire nell’azienda.

Che Evergrande fallirà viene dato per certo, anche se a breve racimolasse qualche centinaio di milioni di dollari per onorare le prime scadenze. Si tratta di capire se si riuscirà a controllare le varie fasi del fallimento ed evitare contraccolpi eccessivi su tutta l’economia. In questo i capital-comunisti cinesi hanno poca esperienza, pur disponendo di diversi strumenti e leve per evitare un collasso. La cultura del debito (senza garanzie) resta però un problema di fondo. Riguarda le imprese private, le imprese di Stato (nel loro caso, spesso sovraproducono a costi eccessivi), ma anche la popolazione. Complessivamente, leggo in un’analisi del Ministero tedesco della sicurezza, che nel 2016 i cinesi erano indebitati per una somma pari al 235 per cento del Pil. E un’importante parte, si legge su altri fonti, è da ascrivere ai giovani, ammaliati dal consumismo. Ogni economia cresce sul credito, quindi sui debiti, ma ad un certo punto si supera un punto di «equilibrio» e il sistema crolla. I dirigenti cinesi si trovano di fronte al compito di frenare questa tendenza senza inimicarsi il popolo. Il patto fra governo e popolazione è sempre stato: comandiamo noi, ma voi avrete il benessere. Se il benessere diminuisse, il potere dei comunisti cinesi verrebbe messo alla prova.


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