Azione 45 del 8 novembre 2021

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Anno LXXXIV 8 novembre 2021

Cooperativa Migros Ticino

G.A.A.  Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura

edizione

45

MONDO MIGROS

Pagine 2 / 4 – 5 ●

SOCIETÀ

TEMPO LIBERO

ATTUALITÀ

CULTURA

Un paziente su dieci ospedalizzati è vittima di incidenti di corsia: serve più cura e più sicurezza

Il tratto di costa del Golfo dei Poeti fu frequentato da artisti e scrittori, ma anche da corsari

Alla conferenza sul clima di Glasgow Stati Uniti e Cina, e nord e sud del mondo, restano lontani

Ritratto di Sferico, il pittore e scultore locarnese che ama definirsi «un selvaggio dell’arte»

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Enrico Martino

L’epica di un’Irlanda antica

Enrico Martino

Clima, urgenza non fa rima con fattibilità Peter Schiesser

Archiviata la prima settimana, con i discorsi di reali e governanti (alcuni come Xi Jinping e Vladimir Putin hanno brillato per l’assenza) e le manifestazioni di protesta corollarie, la esima conferenza sul clima di Glasgow entra nel vivo: in questi giorni si deciderà quanto avanti ci porterà nella lotta al surriscaldamento dell’atmosfera. Sarà un successo, un insuccesso? Dipende dalle aspettative. Siccome i nefasti mutamenti del clima sono già palpabili, non si tratta più di prevenirli ma di evitare il peggio: l’urgenza richiede decisioni drastiche e vincolanti, piani di azione concreti per la riduzione delle emissioni di CO, finanziamenti per centinaia di miliardi di dollari per aiutare i paesi più poveri a decarbonizzare le loro economie, visioni e investimenti per sottrarre CO dall’atmosfera su vasta scala. Ma la realtà purtroppo è un’altra, ogni Stato, ogni regione geografica ha altri interessi, altre priorità, altri funzionamenti. Glasgow, a meno di un insuccesso come la conferenza di Copenaghen nel , sarà probabilmente un’ulteriore tappa in un processo decen-

nale, cominciato a Rio de Janeiro nel . Per gli uni sarà un bicchiere mezzo pieno, per gli altri mezzo vuoto. Mezzo vuoto perché un successo solo parziale significherebbe che l’obiettivo fissato a Parigi sei anni fa di contenere al di sotto dei  gradi l’aumento della temperatura terrestre dovrà essere abbandonato. Se consideriamo che già un aumento di , gradi porta con sé molti rischi e cataclismi (siamo a , gradi e già ce ne accorgiamo), ogni aumento superiore comporterà conseguenze ancora peggiori. Come ricostruito dal «New York Post», seguendo la tendenza in atto prima delle decisioni prese a Parigi, alla fine del secolo la temperatura globale sarebbe stata di  gradi in più, oggi considerata la rapida crescita dell’uso di energie rinnovabili si limiterebbe l’aumento a  gradi (pur sempre catastrofico), e se ogni paese implementasse davvero le riduzioni di emissioni di CO annunciate l’aumento sarebbe di ,-, gradi. Sempre troppo. Tuttavia, anche questo è in dubbio. Poiché un’economia a zero emissioni, come promessa da più

parti, oltre ad essere prevista tardi, fra il  (Stati uniti e Unione europea), il  (Cina) e il  (India), va resa concreta, e invece ne siamo ben distanti. In particolare, né Cina né India hanno piani precisi e finanziamenti previsti per l’abbandono del carbone, da cui traggono gran parte dell’elettricità. Ciò vale per tutti i paesi dell’Asia, la regione al mondo che ad oggi emette in termini reali la maggior quantità di CO e domani ancor di più. Dovrebbero essere i primi a preoccuparsi, centinaia di milioni di persone vivono in riva al mare, ma ondate di calore, siccità, inondazioni, innalzamento del livello del mare pesano meno della crescita economica. I paesi in via di sviluppo ribadiscono il diritto a un benessere materiale. Parallelamente, ricordano che è l’Occidente a portare la responsabilità storica, sono stati la sua rivoluzione industriale e poi l’enorme progresso e benessere materiale che hanno portato agli squilibri climatici attuali. A questo punto, l’unica soluzione per motivare i paesi asiatici, latinoamericani, africani, è di concretizzare la promessa di soste-

gno finanziario e tecnologico alla riconversione delle loro economie e società. Pur con tutti i rischi che comporta (in inefficienza e corruzione), è il pegno storico che l’Occidente è chiamato a pagare, e prima lo fa meno peggio se la cava. C’è poi un’altra dimensione: è urgente frenare fino ad azzerare le emissioni di CO, ma la concentrazione attuale nell’atmosfera resta comunque eccessiva, e crescerà per decenni. Duemila anni fa si era a  parti per milione, dalla metà del secolo scorso la linea si è fatta verticale e oggi si superano le  parti. Va ridotta, anche se sarà possibile solo sul lungo termine. Piantando più alberi da una parte, ma anche investendo in macchinari che risucchiano il CO dall’aria. In Svizzera lo fa da anni la Climeworks a Hinwil, ora ha aperto anche un impianto in Islanda. Altre ditte simili esistono nel mondo, la tecnologia è ancora carissima, ma se applicata su vasta scala i costi scenderanno. È la nuova frontiera della lotta ai cambiamenti climatici. Il bicchiere mezzo pieno è dato dall’evoluzione tecnologica e dalla volontà di utilizzarla.


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