Anno LXXXIV 15 novembre 2021
Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura
edizione
46
MONDO MIGROS
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SOCIETÀ
TEMPO LIBERO
ATTUALITÀ
CULTURA
Malaria: un farmaco di prevenzione contro una delle più antiche e pericolose malattie infettive
Un fotografo amatoriale alle prime armi deve anzitutto capire quale attrezzatura acquistare
Un primo provvisorio bilancio degli effetti geopolitici della pandemia da Covid 19
Due registe sudamericane, Arami Ullòn e Marí Alessandrini, alla ricerca di nuovi temi inclusivi
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Cinico Lukashenko, L’arte che viaggia impotente Europa sulla ferrovia Peter Schiesser
Hanno dell’inverosimile le immagini di centinaia di migranti mediorientali bloccati davanti al filo spinato che divide Polonia e Bielorussia, alle loro spalle forze dell’ordine e militari bielorussi a impedir loro di tornare indietro, davanti file di soldati polacchi decisi a non farli entrare (la Polonia ha schierato mila soldati). Si stima che siano tre-quattromila persone, senza cibo o altri aiuti, all’addiaccio con temperature che la notte scendono sotto lo zero. Una decina sono già morte. Loro malgrado, questi migranti sono la testa d’ariete del presidente bielorusso Lukashenko. In una telefonata al presidente russo Putin, la cancelliera tedesca Merkel ha definito inaccettabile e disumana la strumentalizzazione dei migranti da parte di Lukashenko, chiedendogli di intervenire presso il presidente bielorusso. Putin ha invitato Merkel e l’Unione europea a trattare direttamente con Lukashenko, che è ciò a cui mira quest’ultimo. Come si è arrivati a questo punto? Dopo che l’Unione europea ha imposto sanzioni contro il suo regime e entourage, in aprile Lukashenko ha cominciato ad offrire visti d’entrata con facilità, facendo accordi con determinate compagnie aeree, per portare migliaia di migranti dal Medio Oriente, dall’Irak in particolare, e spingerli verso la frontiera con l’Unione europea (negando loro alloggio e aiuti, una volta arrivati a Minsk). Il ragionamento di Lukashenko è semplice: se nel il presidente turco Erdogan è riuscito a farsi pagare miliardi di euro ed ottenere altre concessioni per fermare il flusso di migranti dalla Turchia alla Grecia, posso provarci anch’io. Il cinismo con cui Lukashenko gioca con la vita di migliaia di persone per ottenere un ammorbidimento politico da parte dell’Unione europea è inqualificabile. Di fatto, con il suo comportamento aggiunge a quella senza fine nel Mediterraneo una nuova crisi umanitaria in Europa e oltre a ciò crea una delicata crisi politica al confine orientale dell’Unione. Bisogna riconoscere che il tema migrazioni è complesso e nessuno ha mai trovato il modo di regolarne i flussi. La storia ci ricorda numerose ondate migratorie, nel passato molto più sanguinarie e devastanti, oggi perlomeno pacifiche e semmai pericolose per chi lascia il proprio paese. Allo stesso tempo va riconosciuto che la politica migratoria europea non ha
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fatto passi avanti in questi anni, neppure nei sei seguiti alla grande ondata del . Ancora non c’è un meccanismo di distribuzione dei migranti fra i paesi membri (Ungheria, Polonia e altri paesi si oppongono), per cui Italia e Grecia devono sopportare più di altri l’impatto dei tanti arrivi, mentre l’Europa orientale si blinda erigendo barriere di filo spinato alle frontiere nazionali (una sorta di nuova cortina di ferro europea). In questi anni è stata soprattutto rafforzata la difesa dei confini esterni. Da anni esperti di migrazione segnalano che l’Unione europea e i singoli Stati devono invece dotarsi di meccanismi per regolare l’afflusso di migranti, in particolare introducendo un sistema di visti anche per persone che vengono dall’Africa e dal Medio Oriente, oggi escluse da qualsiasi possibilità di ottenere un permesso regolare nel proprio paese d’origine. La pressione migratoria esiste e non c’è legge che la fermi, ma si può tentare di incanalarla in un sistema che permetta un certo afflusso, regolando in modo meno restrittivo i visti d’ingresso. In questo modo si toglierebbe potere anche alle organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di esseri umani. Ma questo appello è finora caduto nel vuoto. E poi c’è la crisi politica con il presidente bielorusso Lukashenko. L’ultimo dittatore d’Europa, come viene denominato, si aggrappa al potere reprimendo la popolazione e perseguendo gli oppositori politici, senza fermarsi di fronte a nulla. L’Unione europea assiste impotente, rispettivamente ha come sole armi le sanzioni economiche. Ma di fronte alla mossa di Lukashenko, che manda migliaia di migranti alle frontiere disposto a lasciarli morire d’inedia e di freddo (dicendo che vogliono andare in Germania, che è l’Ue che non vuole accoglierli), potrà rifiutare un gesto umanitario e assistere alla morte dei migranti? A ciò si aggiungono le tensioni militari fra Polonia e Bielorussia: entrambi i paesi schierano militari a ridosso delle frontiere, una provocazione fa presto a nascere, con il rischio di innescare uno scontro militare. Ma alle spalle di Lukashenko c’è comunque la Russia, che aspira a controllare sempre più la Bielorussia, con l’obiettivo di avvicinarsi al confine con l’Unione europea. Una situazione pericolosa, che si prospettava dalla primavera scorsa, ma ha colto di sorpresa gli europei.