La resa dei conti si avvicina
Peter SchiesserDonald Trump ci riprova (o almeno ci prova): primo fra tutti, ha annunciato martedì scorso che si candiderà a presidente nel 2024. Deve far lo. Per vendetta; per salvarsi dalle inchieste sulle truffe fiscali del suo impero, per aver trattenuto nella sua villa in Florida documenti confiden ziali e segreti della Casa Bianca, per aver tenta to di influenzare l’esito del voto presidenziale in alcuni Stati, forse nei prossimi mesi dovrà an che confrontarsi con un’inchiesta per aver aizza to i suoi sostenitori ad assaltare il Congresso il 6 gennaio 2021. Infine, deve ricandidarsi perché il suo ego narcisista non può accettare di perdere, e benché neghi di essere stato battuto da Biden ha comunque perso la Casa Bianca e l’aureola di uomo più potente della Terra.
Ad osservare Trump annunciare la sua candi datura, davanti ad una folla osannante in un sa lone del suo club privato a Mar-a-Lago, viene da chiedersi: ma lui ci crede davvero, di poter ottenere la nomination repubblicana e poi di ri conquistare la Casa Bianca? Non è più il cosid detto underdog e outsider, ha trascorso quattro
anni al potere, ha un influsso notevole sulla ba se repubblicana. Inoltre, di fronte alla constata zione che ha perso la presidenza nel 2020, il suo partito la maggioranza alla Camera dei rappre sentanti nel 2018 e del Senato a inizio 2021, re cuperando solo la Camera nelle recenti elezioni di medio termine, la sua fama di uomo di suc cesso ne esce fortemente ridimensionata. In so stanza, con Trump si perde. Se ne sono accorti anche molti repubblicani e sostenitori di Tru mp. Come Rupert Murdoch, i cui media Fox News, «New York Post» e «Wall Street Journal» dopo le elezioni di midterm hanno cominciato a criticarlo.
Tuttavia, mai sottostimare personaggi come Trump. Possono non avere successo, ma han no un’alta carica distruttiva. Senza dubbio spa rerà letame a cannonate sugli altri concorrenti repubblicani. Così facendo allargherà il fossato interno al partito fra i suoi sostenitori e quell’a la moderata fin qui sottomessa che ora osa una fronda ancora timida, sotterranea. In sostan za, come hanno rimarcato altri commentatori,
Trump dichiara guerra non solo ai democratici ma prima di tutto al suo stesso partito. Qualche commentatore americano paventa persino una scissione del partito, in particolare se Trump de cidesse di candidarsi anche senza essere nomi nato dai repubblicani. Il partito repubblicano e soprattutto i suoi poli tici di punta si trovano in un dilemma che han no contribuito ad alimentare. Consapevoli che la base sta con Trump, molti di coloro che aveva no preso le distanze dopo l’assalto al Congresso sono poi andati in pellegrinaggio a Mar-a-La go per assicurarsi un suo appoggio, o perlomeno una non opposizione, in vista delle elezioni di questo novembre. La sua discesa in campo ob bliga tutti a porsi la questione dove stare, se con l’ex presidente, se tentare di superare il trum pismo, se cercare un altro volto del trumpismo, per esempio con Ron DeSantis (che ancora non dice se si candiderà o meno alle presidenziali). Sarà difficile trovare un denominatore comune fra una base con riflessi evangelici in perpetua ricerca di un predicatore che prometta la reden
zione del paese e le frange più moderate da anni integrate nell’apparato istituzionale americano di cui condividono le regole.
Probabilmente, i democratici non sanno cosa augurarsi: se è meglio affrontare di nuovo Tru mp, speculando sulla mobilitazione di chi vuo le evitare a tutti i costi una sua rielezione (come successo alle elezioni di novembre con la scon fitta di molti trumpiani nella lotta per il Con gresso, per i governatorati degli Stati, per la ca rica di segretario di Stato, che ha la competenza di certificare i voti delle elezioni), oppure un re pubblicano più moderato, o un trumpiano me no imprevedibile e dirompente di Trump. Con il secondo scenario rischiano maggiormente di perdere la presidenza. Diversamente, se Trump ottenesse la nomina dei repubblicani e poi per desse di nuovo l’ipotesi di una nuova insurre zione tornerebbe d’attualità, ma se dovesse es sere rieletto a pagarne le conseguenze sarebbe l’intero sistema democratico americano - e ciò avrebbe certo ripercussioni anche sugli equili bri mondiali.
Tecnologiche esplorazioni
Molte sono le profondità marine, le grotte o le vette delle montagne ancora inaccessibili e sconosciute
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Come votano i giovani
Tra attivismo e disinteresse: i risultati del Monitor politico di easyvote, progetto nazionale che vuole avvicinare i giovani alla politica
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Braccia e gambe gonfie
Quando e perché si rende necessario il trattamento microchirurgico del poco noto linfedema cronico?
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Sotto il cielo del disastro ambientale
Stefania PrandiIl nostro impatto sulla terra è così per vasivo da avere dato inizio a una nuo va era geologica: l’Antropocene. Non esiste luogo – dal centro della calotta polare artica alle fosse oceaniche più profonde – senza la nostra impronta. Siamo la principale causa di estinzio ne degli altri esseri viventi; abbiamo deviato e arginato la maggior parte dei principali fiumi; i nostri aerei, le auto e le centrali elettriche emetto no una quantità di anidride carbonica quasi cento volte superiore rispetto a quella prodotta dai vulcani.
Basta arrivare a pagina diciassette dell’ultimo libro della giornalista sta tunitense Elizabeth Kolbert per ren dersi conto – non che manchino già i segnali – che il futuro del mondo sarà tutt’altro che roseo. L’autrice, firma di «The New Yorker», aveva già pro posto scenari apocalittici con La se sta estinzione, testo che nel 2015 le ha fatto vincere il premio Pulitzer. Ap pena pubblicato in italiano, Sotto un cielo bianco, tra i libri dell’anno secon do «The Washington Post» e «Time», aggiunge un ulteriore tassello: non è vero, come sostengono alcune teo rie, che il progresso ci salverà. Il tito lo stesso del libro, nonostante sembri evocare qualcosa di poetico, in realtà rimanda, racconta Kolbert ad «Azio
ne», a un possibile effetto collatera le di una «geoingegneria solare» per combattere il surriscaldamento glo bale. Si tratta di una tecnologia che consisterebbe nel diffondere particel le riflettenti nella stratosfera. Queste, rispecchiando la luce del sole verso lo spazio, provocherebbero un raf freddamento globale e i cieli azzurri diventerebbero più bianchi. Le pre occupazioni per un intervento del ge nere non si limitano all’aspetto, per così dire, estetico: per alcuni esper ti, tra le conseguenze negative, ci potrebbe essere un’alterazione delle precipitazioni atmosferiche che cau serebbe siccità in Africa e in Asia.
In Sotto un cielo bianco emerge tut ta la hubris degli esseri umani: invece di riconsiderare e modificare i nostri comportamenti, preferiamo cercare soluzioni sempre più complicate, in troducendo nuovi problemi. Nume rosi i casi esemplari citati da Kolbert. Negli Stati Uniti, nel Chicago Sani tary and Ship Canal – corso d’acqua artificiale scavato per collegare i baci ni dei fiumi Mississippi e Chicago –nei decenni passati sono state porta te delle carpe argentate per ridurre le erbacce acquatiche. Dopo la pubbli cazione di Primavera silenziosa di Ra chel Carson, nel 1963, gli americani
erano preoccupati per la presenza del le sostanze chimiche nell’acqua e i pe sci avrebbero dovuto offrire un modo non tossico per tenere sotto controllo la diffusione delle alghe. Ma le car pe asiatiche sono mangiatrici voraci e, moltiplicandosi nel corso del tempo, sono diventate infestanti. Così, per contenere la loro avanzata, il Corpo degli ingegneri dell’esercito degli Sta ti Uniti ha inserito delle barriere elet triche nel canale. Non solo, le carpe vengono anche uccise da pescatori pa gati per la missione e nella mattan za restano coinvolti i pochi esemplari autoctoni rimasti.
Kolbert mostra l’Antropocene nel le sue declinazioni più assurde. Spie ga: «Si discute molto su quando sia iniziato: secondo alcuni, quasi dieci mila anni fa, all’epoca dell’invenzio ne dell’agricoltura. Altri sostengono che sia un fenomeno del dopoguerra. In ogni caso, Antropocene è una de finizione importante perché ci sug gerisce che ora siamo noi a gestire il destino del pianeta, anche se in re altà non controlliamo ciò che sta accadendo».
Un altro esempio: New Orle ans è in «lotta» perenne contro il fiu me Mississippi attraverso un sistema sempre più elaborato di argini e dre
naggi. Più l’acqua viene pompata, più velocemente la città sprofonda. E più sprofonda, più è necessario pompare. Gli idrologi descrivono il delta della Louisiana come un «sistema per metà umano e per metà naturale». A questo proposito esiste un acronimo inglese, Chans (Coupled human and natural sy stem). «Un nome orribile – un’altra de finizione intricata – ma non è sempli ce descrivere il groviglio che abbiamo contribuito a creare».
La nostra noncuranza rispetto alle altre specie viventi presenti sulla terra, ci ha portato a distruggere parte delle barriere coralline. Dopo avere visto i danni, gruppi di scienziati di tutto il mondo hanno avviato un esperimen to di «evoluzione assistita» per creare varianti di coralli più robuste, capa ci di resistere alle minacce della pesca eccessiva, dell’inquinamento, dell’au mento della temperatura dell’acqua e dei mari sempre più acidi. L’arrogan za ci porta a decidere chi deve conti nuare a vivere e chi, invece, è meglio che muoia. Come accade con topi e ratti: per sterminarli, in certe isole del Pacifico, «da qualche decennio usia mo delle esche con un anticoagulante che produce emorragie interne, l’ar ma adottata più di frequente nelle in festazioni dei roditori». Tra gli aspet
ti negativi di questo metodo, il fatto che se altri animali li mangiano van no incontro alla stessa sorte. Ed ecco che la soluzione che si sta cercando è quella di modificare i topi dal punto di vista genetico, per far sì che produ cano solo figli maschi e si estingua no «naturalmente». Tuttavia, ricorda Kolbert, attingendo alla letteratura distopica, «la tecnologia della spinta genetica è stata paragonata al fami gerato ghiaccio-nove di Kurt Vonne gut, un composto talmente potente che un solo frammento è sufficiente a congelare tutta l’acqua del mondo». Per evitare catastrofi simili, si stanno studiando «spinte genetiche» in grado di esaurirsi dopo un certo numero di generazioni oppure vincolate a certe varianti locali.
Kolbert non ha scritto Sotto un cielo bianco per lanciare un messag gio particolare: «Credo solo che do vremmo pensare attentamente prima di pianificare nuovi interventi, per ché quelli vecchi hanno avuto im portanti conseguenze indesiderate. Molte tecnologie descritte nel libro sono davvero promettenti. Per esem pio, l’ingegneria genetica è uno stru mento importante, potrebbe portare grandi benefici, ma comporta anche grossi rischi».
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Per una politica inclusiva
Pro Infirmis ◆ Il percorso formativo Politinclusiva offre informazioni teoriche e pratiche per facilitare le persone con disabilità a impegnarsi attivamente a livello politico o associativo
Stefania HubmannSta suscitando curiosità, interesse e desiderio di confronto il nuovo cor so di Pro Infirmis dedicato alla for mazione politica per persone con di sabilità. Proposto per la prima volta in Ticino, il percorso formativo denomi nato Politinclusiva offre in quattro in contri serali, iniziati lo scorso 20 otto bre, informazioni teoriche e pratiche per facilitare chi desidera impegnarsi attivamente a livello politico o asso ciativo. Già sperimentato con succes so a inizio 2022 nella Svizzera tede sca e romanda, il corso gratuito mira a incoraggiare le persone con disabi lità in ambiti che le vedono poco rap presentate, sovente perché non si sen tono legittimate a partecipare. Inoltre nell’immaginario collettivo le aspet tative riguardo all’ambito politico so no particolarmente elevate. Si tratta quindi di fornire agli iscritti strumen ti mirati per facilitare il superamento di una barriera culturale che penaliz za persone già confrontate nella vita quotidiana con difficoltà legate alla loro situazione. Oltre alle spiegazio ni su Politinclusiva fornite da Miche la Luraschi di Pro Infirmis, «Azione» ha raccolto le testimonianze di una donna e un uomo che si sono lanciati nell’avventura.
Il primo riscontro all’innovativo progetto è positivo, perché la parte cipazione ha quasi raggiunto il nu mero massimo di persone ammesse. «Al corso – conferma Michela Lura schi – sono iscritti dieci donne e uo mini di età diverse con esperienze di partecipazione alla vita sociale pure distinte. Alcuni sono già attivi in or ganismi politici o in associazioni, in quest’ultimo caso anche a difesa dei diritti delle persone con disabilità, al tri stanno valutando la possibilità di aderire alla campagna elettorale per le elezioni cantonali dell’anno prossi mo. In vista anche di questa scaden za, abbiamo ritenuto che il momento fosse propizio per una tale forma zione». Chi, come la nostra interlo cutrice, lavora a stretto contatto con le persone con disabilità, sa quanto la loro visione della realtà possa esse re arricchente per tutti. Allora è for se più la società a non essere anco ra preparata a vederle come proprie rappresentanti nei consigli decisiona li che la riguardano? Eppure loro si sentono pronte a mettersi al servizio della comunità come ogni altro cit tadino o cittadina. Prosegue Miche la Luraschi: «La società pone effet tivamente diversi paletti. Pensiamo solo a quante volte i nostri utenti de vono chiedere, ringraziare o scusarsi per situazioni che alle altre persone non pongono nessun problema. Tut to questo è faticoso, come ci confer mano regolarmente».
azione
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938
Redazione
Peter Schiesser (redattore responsabile), Simona Sala, Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Romina Borla, Natascha Fioretti Ivan Leoni
In concreto quali strumenti vuo le offrire la formazione Polinclusiva?
Risponde la rappresentante di Pro In firmis: «Partecipare alla vita politica o associativa significa esporsi pubbli camente con tutte le conseguenze del caso. Il corso desidera quindi fornire conoscenze in tre ambiti principali: il sistema politico svizzero, le strategie di una campagna elettorale e il lavo ro con gli organi di informazione e i social media. Il nostro sistema poli tico è complicato, ma ha il vantaggio di offrire numerose possibilità di par tecipazione a diversi livelli (comuna le, cantonale, nazionale), possibilità che le persone con disabilità possono sfruttare per portare la loro esperien za provando a cambiare le situazioni sfavorevoli non necessariamente solo a loro beneficio. Quanto alle campa gne elettorali, si tratta di capire cosa è una strategia politica, a cosa serve e come la si costruisce partendo dai propri obiettivi. Nell’ambito dei me dia, infine, è necessario saper defini re, riassumere e promuovere il pro prio messaggio, sia affidandolo a uno scritto, sia durante un’intervista».
Per approfondire questi aspetti della partecipazione alla vita politi ca o associativa, Pro Infirmis ha fat to appello a professionisti dei rispet tivi settori, nonché a politici di aree di pensiero diverse in modo da assicu rare, oltre alle necessarie competenze dei relatori, una pluralità di visioni. È inoltre prevista un’alternanza di cenni teorici ed esercizi pratici per mettere subito in pratica gli insegnamenti ri cevuti. Il corso, che si tiene nella se de cantonale di Pro Infirmis a Bellin zona, si concluderà il 19 gennaio con
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una tavola rotonda per promuovere il dialogo con i relatori dei tre moduli –Andrea Pilotti, Laura Riget, Nicola Pini e Aldo Sofia – e i consiglieri di Stato Claudio Zali (presidente) e Raf faele De Rosa (direttore del Diparti mento della Sanità e della Socialità), pure invitati all’evento.
A questo aspetto, incentrato sul dialogo e lo scambio, tiene molto Denise Carniel, presidente dell’as sociazione All4All operante a favo re delle persone con disabilità. «Ve do Politinclusiva come una parte del mio percorso – spiega con entusia smo Denise, professionalmente at tiva nel settore dei media – La for mazione può fornirci gli strumenti adeguati per muoverci meglio nei va ri ambiti nell’interesse non solo del le persone disabili, ma delle comuni tà marginalizzate in generale. Non ho un obiettivo preciso; ritengo però che sia necessario esprimersi con una voce forte, autentica e convincente. Il corso è inoltre una preziosa occasio ne per un interscambio di esperienze e per allargare la rete di conoscenze. Apprezzo anche il fatto che si svolga in presenza, facilitando il confronto».
Curiosità e desiderio di apprende re nuove modalità di esprimere i pro pri concetti sono le motivazioni di un altro partecipante, Daniele Raf fa, informatico con esperienza politi ca in qualità di consigliere comunale a Mendrisio. Al riguardo precisa: «Il corso offre nozioni teoriche seguite da applicazioni concrete, ciò che tro vo interessante. Sono animato dal de siderio di trovare nuovi spunti da ap plicare nella mia attività politica. Una Città vivibile per tutti è il mio cavallo
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di battaglia e ciò può avvenire più fa cilmente se nei consessi istituzionali chiamati a prendere le decisioni sono presenti coloro che vivono personal mente le situazioni di difficoltà legate alle barriere fisiche e culturali».
Nella Svizzera tedesca e in Ro mandia, dove il corso è stato orga nizzato per la prima volta all’inizio di quest’anno, il riscontro è stato tale da indurre i promotori a pensare già all’edizione 2023. «In Ticino abbia mo beneficiato della loro esperienza – chiarisce Michela Luraschi – riu scendo inoltre a proporre i moduli in presenza. L’evento finale, essendo la nostra realtà più piccola, è stato con cepito con una formula diversa: un in contro tra politici attivi sul territorio cantonale e le persone interessate, per avvicinare questi “due” mondi e cer care di abbattere paure e pregiudizi. Figure come il consigliere di Stato ti cinese Manuele Bertoli o il consiglie re nazionale Christian Lohr, vicepre sidente di Pro Infirmis e tra i relatori del corso nella Svizzera tedesca, fun gono sicuramente da traino, ma poter beneficiare di una formazione a livel lo personale è un grande incentivo».
Politinclusiva rappresenta dunque una prima esperienza volta a sostene re in modo mirato le persone con di sabilità nella partecipazione alla vita associativa e a quella politica in par ticolare. L’interesse da parte dei de stinatari non manca e il corso con il suo evento finale allargato ha pure l’obiettivo di sensibilizzare il mondo politico.
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Contro la violenza di genere
25 novembre ◆ Al via
una campagna di sensibilizzazione e informazione
Sono ancora troppi i casi di violen za domestica e di genere che riman gono sommersi o peggio che si con cludono in maniera drammatica. Troppa la violenza di genere onli ne (come racconta Luisa Betti Dakli nel suo articolo a pag. 31). Troppe le donne che subiscono e non trovano la forza di denunciare, vittime silen ziose e impaurite. Per questo motivo ogni anno il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, un evento che anche in Ticino vede molte associa zioni impegnate in una campagna di sensibilizzazione e informazio ne che durerà fino al 10 dicembre. I 16 giorni di attivismo contro la vio lenza di genere inizieranno già il 24 novembre quando all’Auditorium del Centro professionale di Treva no (20.30) sarà presentata l’associa zione «Mai più sola». Il 25 novem bre sarà la volta di Comundo che in collaborazione con diverse panetterie del territorio organizzerà una vendi ta speciale di pane accompagnandola a informazioni sulla violenza dome stica. Alla sera tre gli appuntamen ti in agenda: la rappresentazione di Sognatrici-Docushow seguito da una tavola rotonda (Auditorium Centro professionale di Trevano, 20.00), l’a pericena «L’ultima cena… ma anche no» tra donne che vogliono scam biarsi idee volte a contrastare la vio lenza (Canvetto luganese, 19.00, in fotouchmesoftly@gmail.com) e la serata pubblica organizzata da Pun tozero Ticino con proiezione del do cumentario Sopravvissute di An na Bernasconi, Falò (Liceo Lugano 1, 20.30).
Due le mostre previste durante le 16 giornate, una alla Casa comuna le di Cadenazzo intitolata Victims of Beauty, Silence Kills Dignity con im magini di Franco Taranto, l’altra al la Filanda di Mendrisio intitolata Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta con fotografie della gior nalista e collaboratrice di «Azione» Stefania Prandi (inaugurazione con l’autrice che presenterà anche il libro collegato alla mostra, 29 novembre alle 18.00). Tanti ancora gli appun tamenti e le iniziative: il program ma completo è consultabile su www. ti.ch/violenza. La campagna si chiu derà il 10 dicembre al Teatro sociale di Bellinzona con lo spettacolo Dop pio taglio di Cristina Gamberi e Ma rina Senesi (20.45).
Abbonamenti e cambio indirizzi tel +41 91 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75
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Colletta alimentare per Tavolino Magico
mezzo al tavolo. Anche in questo caso puoi comporre il vassoio di carni onli ne secondo i tuoi gusti scegliendo tra tagli quali il filetto di manzo, vitel lo o maiale, il petto di pollo, il filetto di agnello oppure ancora perché non deliziarsi con della pancetta croccan te o dell’aromatica cipollata? Preferi sci un’alternativa più leggera alla car ne? Allora lasciati tentare dalla fondue di pesce fresco, una vera leccornia an che per i buongustai più esigenti. I pe sci più indicati per questa preparazio ne sono quelli a carne soda e i frutti di mare che si possono infilzare fa cilmente sulle forchettine, come per esempio salmone, merluzzo, tonno, gamberetti, calamari o capesante. Le dosi consigliate sono di ca. 300 g per ogni commensale. Aggiungendo un po’ di vino bianco al brodo della chi noise di pesce, quest’ultima risulterà particolarmente saporita e delicata.
Migros.ch/banconeconsueta colletta alimentare a favore dei più bisognosi
Al motto di «Condividere i bisogni per condividere il senso della vita» il pros simo sabato avrà luogo l’ormai tradi zionale raccolta di generi alimentari a favore di Tavolino Magico, iniziativa organizzata dagli Amici della Colletta con la partecipazione del Lions Club Lugano. In undici filiali Migros, du rante l’orario d’apertura dei negozi, la clientela avrà pertanto la possibilità di donare ai volontari degli Amici della Colletta prodotti a lunga conservazio ne da destinare a persone in difficol tà finanziaria, generi che completano idealmente la raccolta quotidiana già effettuata dall’associazione. Tra gli ar ticoli particolarmente indicati allo sco po, possiamo segnalare per esempio caffè, pasta, riso, latte, succhi di frut ta, legumi, pelati, cereali per la cola zione, carne e tonno in scatola, come pure prodotti per l’igiene personale.
Tavolino Magico nella Svizzera italiana Tavolino Magico è un’associazione senza scopo di lucro attiva nella Sviz zera italiana da ormai 16 anni. Nei suoi 14 centri di distribuzione sparsi su tutto il territorio consegna settima nalmente generi alimentari in ottimo stato a oltre 2200 persone in situazio
ne di bisogno, come anche a una ven tina di mense sociali, grazie alla col laborazione con dettaglianti, grossisti, produttori, volontari e donatori. Nel 2021 l’associazione ha raccolto e di stribuito ben 640 tonnellate di cibo in perfette condizioni. Tavolino Magico rappresenta un luogo concreto di soli darietà non solo a favore dei più biso gnosi, ma anche contro lo spreco ali mentare grazie alla raccolta di generi che altrimenti andrebbero al macero.
La colletta alimentare si svolgerà sabato 26 novembre 2022 nelle filiali Migros di:
• Mendrisio Sud
• Agno
• Lugano
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• Taverne
• Giubiasco
• S. Antonino
• Locarno
Ecco il libro della StraLugano
Siete alla ricerca di un regalo unico e originale per le prossime Feste? In questo caso perché non scegliere il li bro dedicato ai 15 anni della StraLu gano? Questa corsa popolare tra le più apprezzate in Svizzera, dal 2007 sostenuta con convinzione dalla Mi gros, in pochi anni è riuscita a cam biare gli atteggiamenti «sportivi» di tante persone che con coraggio e passione si sono avvicinate alla corsa a piedi. Il libro vuol essere un com pendio commemorativo sui primi tre lustri della StraLugano, una sorta di tributo necessario a una manifesta zione entrata ormai a pieno titolo nel cuore di molti e che ha visto la par tecipazione attiva di tantissimi atle ti. Sono infatti quasi 25mila i podisti che in questi 15 anni hanno potuto apporre il pettorale della StraLuga no sulla propria maglietta: ognuno di essi potrà ritrovare il suo nome e cognome nelle ultime pagine del li bro! A tutti loro, ma anche a quan ti – organizzatori, volontari, politici, sponsor, ecc. – hanno reso possibile questo bel risultato era giusto dedi care delle pagine di memoria e rico noscenza. Pagine preziose che saran no soprattutto un bel viaggio dentro una storia di successo: dalle prime edizioni, ancora incerte dal punto di vista organizzativo, ai grandi numeri e risultati degli ultimi anni. Per lanciare la StraLugano verso un futuro ancora più radioso!
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Il miglior cioccolato dei Maîtres Chocolatiers Lindt per momenti magiciAnnuncio pubblicitario
Quel che fa bene alla ricerca scientifica
Amanda Ronzoni testo, Alessio Romeo fotoCosa spinge uno speleologo a infilar si in un buco sottoterra, al buio? E un glaciologo a scalare montagne e af frontare crepacci al freddo e al gelo? Perché andare sulla Luna o su Marte quando abbiamo tanti problemi irri solti sulla Terra?
Conoscere e capire come funzio nano il nostro mondo e quelli più vi cini a noi non sono attività fini a sé stesse. Alla base del gusto che l’uomo ha per l’esplorazione, c’è anche il bi sogno di comprendere i meccanismi che sottendono alla vita. Per poterla vivere al meglio.
Ci sono luoghi sul pianeta, come le profondità marine, le grotte o le vette delle montagne, ancora inac cessibili e sconosciuti, che custodi scono letteralmente miniere di infor mazioni. Oltre all’oggettiva difficoltà di accesso per ragioni logistiche, ge ografiche e geomorfologiche, spes so questi posti sono «protetti» anche da condizioni climatiche particolar mente ostiche. E questo è il motivo per cui le spedizioni e i progetti mes si in campo per la loro esplorazione necessitano approcci non convenzio nali, team di ricercatori con compe tenze multiple e incrociate, finanzia menti spesso importanti e difficili da ottenere.
Uno di questi progetti lo abbiamo presentato proprio nelle scorse set timane in queste pagine (v. articolo Istantanee del passato su «Azione» del 24 ottobre 2022). La componente in ternazionale e multidisciplinare è de terminante per la qualità e non solo per la quantità dei dati che si voglio no raccogliere e dei risultati attesi. Per accedere alle cavità glaciali ed esplo rare i tunnel di lava (dei quali parle remo nel nostro prossimo articolo) sono entrati in azione ricercatori che hanno anche una solida esperienza di speleologia, alpinismo e arrampicata sul ghiaccio
Si spera che le nuove tecnologie destinate alla raccolta e analisi di dati ci porteranno lontano. Non solo in termini «spaziali»
Determinante la presenza di un’asso ciazione come La Venta Esplorazio ni Geografiche (www.laventa.it) che, in collaborazione con le società spe leologiche locali, si occupa dell’esplo razione di luoghi remoti supportando i ricercatori con il massimo livello di sicurezza e garantendo loro un ampio raggio di manovra. Ma oltre all’espe rienza e alle competenze personali, la ricerca fa sempre più spesso affida mento anche su un apparato tecno logico che nel tempo si sta affinan do sempre più. Le parole chiave sono miniaturizzazione e portabilità.
Fin dal primo campo internazio nale di speleologia glaciale, svolto si nel 2014 in Svizzera, sul ghiacciaio del Gorner, nell’ambito del progetto di collaborazione trasversale Inside the Glaciers, la presenza dei droni è stata determinante. Si trattava all’epoca di una tecnologia giovane, coi suoi pre gi e difetti, e ancora molti dubbi sui risultati che avrebbe prodotto. Non esistevano ancora modelli tascabili: i primi strumenti erano tanto ingom branti quanto delicati. Per realizzare la prima mappatura 3D di un muli no glaciale, fu necessario trasporta re con notevoli difficoltà e fatica un
grosso quadricottero autocostruito. Il risultato però fu incoraggiante: ven ne elaborato il modello fotogramme trico dell’ingresso del mulino G6, il più imponente tra quelli esplorati nel ghiacciaio del Gorner in oltre 20 an ni di attività. Da allora, in meno di dieci anni la tecnologia ha fatto passi da gigante.
Droni sempre più leggeri e perfor manti che possono infilarsi nei cre pacci alpini o nelle viscere della terra sono stati messi all’opera recentemen
te, sia sui ghiacciai svizzeri, sia come preannunciato nei tunnel di lava.
In ambiente glaciale, sempre nell’alveo del progetto Inside the Gla ciers partecipano alle attività sia l’i taliana Vigea (vigea.it), sia l’elveti ca Flyability (www.flyability.com), che con i suoi collision drone a strut tura sferica, resistenti a urti, schiz zi d’acqua e basse temperature, sono in grado di restituirci mappature 3D di ambienti sub-glaciali e superficiali mediante laser scanner e fotogram
metria. I modelli tridimensionali e la documentazione fotografica permet tono di effettuare confronti morfolo gici con i materiali acquisiti a inter valli regolari. I risultati di indagini effettuate da droni ad alta risoluzio ne con sensori multispettrali per mettono di isolare i diversi contribu ti di componenti biotiche e abiotiche all’annerimento dei ghiacciai. I dati ottenuti vengono poi combinati con le misurazioni del satellite Sentinel-2 per comprendere i meccanismi di de
posizione della polvere e il ruolo delle fioriture algali nell’aumentare il pro cesso di fusione superficiale.
Durante le attività di quest’anno (2022), è stata collaudata con succes so sul campo un’altra importante no vità tecnologica. Con il supporto del la società Vigea, è stato utilizzato il nuovo scanner Leica BLK2GO per la realizzazione di mappature in 3D all’interno di una grotta di contatto che è stata rilevata in pochi minuti, semplicemente camminando all’in terno della cavità, senza rischi per gli operatori.
Ancora, si è fatto ricorso con suc cesso a dispositivi portatili che con sentono analisi spettroscopiche di as sorbimento UV-visibile per lo studio del metabolismo dei microrganismi presenti nella calotta glaciale e la ri cerca di nuove proteine fluorescenti per la biotecnologia.
Per quanto riguarda i tunnel di la va, dopo l’eruzione del vulcano Fa gradalfjall, avvenuta lo scorso anno nella penisola di Reykjanes in Islan da, Francesco Sauro, geologo ricer catore e professore presso l’Universi tà di Bologna, vincitore nel 2014 del prestigioso «Rolex Award», ma anche del «National Geographic Explorer», ha richiesto e ottenuto un grant dalla National Geographic Society per un progetto – Hraunrásir (ovvero, Tun nel di lava, in islandese) – incentrato sullo studio di questi ambienti estre mi, sulla loro evoluzione mineralogi ca ed ecologica. Le attività hanno il supporto di La Venta, dell’Univer sità d’Islanda, di Veðurstofa Íslands (l’ufficio meteorologico islandese), del FABIT dell’Università di Bolo gna e coinvolgerà molti altri esperti e collaboratori.
Continua insomma lo studio in tensivo di questi luoghi, già avviato con il progetto Microceno alle iso le Selvagens dove per studiare la ca ratterizzazione elementare di rocce e minerali e analizzare il DNA di cam pioni microbiologici sono stati impie gati un’apparecchiatura portatile di fluorescenza a raggi X, «Phenom XL G2» della Thermo Fisher Scientific, e un sequenziatore portatile di DNA per analisi in-situ, MINI-ION, per mettendo l’identificazione dei mi crorganismi presenti in meno di 24 ore dal momento del campionamen to (e anche di questo progetto avremo modo di parlare in seguito).
Questi dispositivi, sempre più pic coli e maneggevoli, sono destinati a essere i nostri occhi e le nostre ma ni in luoghi un tempo inaccessibili all’uomo, dischiudendoci un baga glio immenso di informazioni che ci accompagneranno verso il futuro.
Dalla strada alle urne
Giovani ◆ Impegnati nell’attivismo e disinteressati alla politica? Il rapporto dei giovani svizzeri con la politica è più complesso, come conferma l’analisi del Monitor politico di easyvote
Valentina GrignoliTendenza all’attivismo per le strade su ispirazione dei movimenti internazio nali ma al contempo disinteresse per l’amministrazione locale: questa sem brerebbe la cartina di tornasole che ri specchia il comportamento dei giovani rispetto alla politica negli ultimi an ni. Ma che cosa sappiamo veramente di come, quando e quanto votano i ra gazzi? Quali sono i temi caldi per loro, e come si informano rispetto ai mo vimenti che li circondano? Lo abbia mo chiesto a Alice Zolliger, capa del team relazioni clienti di easyvote, un progetto che dal 2012 si pone come obiettivo principale l’aumento della partecipazione politica dei giovani in Svizzera. «Innanzitutto noi ci basia mo su due assunti fondamentali: ren dere più accessibili le informazioni e rimanere assolutamente neutrali. Uno dei problemi fondamentali, infatti, è il linguaggio complicato dei documen ti ufficiali che arrivano nelle famiglie, per questo la partecipazione era calata negli anni. Quando il parlamento dei giovani di Köniz, vicino a Berna, se ne è reso conto è nato easyvote, inizial mente come una piattaforma online e ora come progetto nazionale».
Innanzitutto, cosa si intende con «giovani»? «Il nostro target è la Ge nerazione Z (Gen Z), i ragazzi dai 18 ai 25 anni. Ci siamo accorti che negli ultimi anni ci sono stati molti movi menti giovanili interessati a temi in
ternazionali come black live matters (movimento attivista internazionale, originatosi all’interno della comuni tà afroamericana e impegnato nel la lotta contro il razzismo, salito alla ribalta dal caso George Floyd ucciso da un agente di polizia in Minnesota nel 2020). Ma anche l’emergenza cli matica e l’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna. Per questi temi i gio vani hanno portato la loro voce nelle strade. Noi non ci occupiamo diret tamente di attivismo, ma è una forma che abbiamo ripreso negli studi de gli ultimi anni perché fa parte della politica». Mi parla di studi, di cosa si tratta? «È il nostro Monitor politico, uno studio a cadenza annuale basa to su questionari sottoposti ai ragaz zi. Così capiamo cosa li muove, cosa li preoccupa: spesso si tratta di temi che li toccano direttamente. Li pub blichiamo da sei anni, ogni volta con un tema specifico, quest’anno ci sia mo interrogati proprio sulla dicoto mia attivismo e disinteresse che ca ratterizza la Gen Z».
Uno studio fresco fresco di stampa, perché presentato alla conferenza an nuale di easyvote il 16 novembre scor so. Secondo i dati, una nuova tenden za viene però a delinearsi: l’attivismo da parte dei giovani è in diminuzione.
«Per quanto riguarda i temi, come sempre è più forte la politica interna zionale – commenta Alice Zolliger,
dati alla mano – clima in primis e a se guire le tematiche precedentemente ci tate. Anche l’uguaglianza uomo donna prende piede e motiva maggiormente le persone a impegnarsi politicamen te. Ma il risultato più importante è che i temi che interessano maggior mente i ragazzi sono quelli che si tro vano di meno nell’attualità della poli tica». E che paradossalmente sono più vicini alla nostra realtà: «la previdenza sociale per la vecchiaia, la disoccupa zione, la sicurezza sono all’ultimo po sto! Siamo su due piani completamen te diversi rispetto a quello che succede in parlamento e quello che interessa i giovani». Lo studio sottolinea anche un interesse in diminuzione per il Co
ronavirus e l’aumento d’ingaggio dei ragazzi per il matrimonio per tutti e le tematiche LGBTQIA+.
Ma cosa fanno i giovani e come si vorrebbero impegnare? «Oggi come oggi sono in aumento i ragazzi che partecipano, ma in maniera parziale. Quindi spesso solo tramite le votazio ni e meno attraverso movimenti giova nili. L’aumento è dovuto alle ragazze, che da quest’anno sembrano coinvol te in maniera più importante». E co me vedono la loro partecipazione fu tura? In diminuzione: oggi sì, domani ci interesserà meno. «Un risultato cu rioso riguarda la Svizzera italiana, che si distanzia di molto dal resto del pae se: qui infatti i ragazzi sembrano avere
meno tendenza a voler esprimere pub blicamente la propria opinione».
Anche attraverso l’attivismo? «So no sempre meno i giovani che pensano che questi movimenti possano portare dei cambiamenti, che debbano essere ascoltati maggiormente dalla politica, e che rappresentino dei buoni metodi alternativi. Sempre più giovani dico no invece: perché partecipare ai mo vimenti quando viviamo in un paese come la Svizzera, dove esistono possi bilità concrete come le iniziative?».
Via dai movimenti di strada quindi e sì a una partecipazione più convenzionale.
Per costruirsi una coscienza politi ca, informarsi è essenziale, e i ragaz zi lo stanno facendo sempre di più. «Quasi due terzi dei giovani dichiara di informarsi riguardo temi politici al meno una volta alla settimana, anche se non sappiamo attraverso quali mez zi, ma la tendenza è in aumento rispet to agli anni precedenti». Sappiamo in vece chi sono gli attori motivanti per la costruzione di un pensiero politico e la conseguente voglia di partecipa re: «Prima di tutto i genitori, la fami glia in generale, poi gli amici e in terzo luogo gli insegnanti».
Informazioni
Lo studio completo è consultabile sul sito: https://www.easyvote. ch/it/f/informazioni/ricerche
Il linfedema: malattia ancora poco nota
Medicina ◆ Cure integrate del linfedema cronico nell’ambito del trattamento del tumore al seno
Maria Grazia BulettiIl sistema linfatico svolge un ruolo decisivo in quello immunitario, seb bene ci si accorga del suo ruolo solo quando è compromesso: «Svolge im portanti funzioni e comunica col si stema vascolare drenando i liquidi che si accumulano nel tessuto sotto cutaneo: il 10% circa del liquido che irrora i tessuti non ritorna al cuore at traverso le vene, ma per via del siste ma linfatico. Ciò che ne fa un sistema di drenaggio essenziale a supporto di quello cardiovascolare». A parlare è il professor Yves Harder (primario e direttore medico del Servizio di chi rurgia plastica, ricostruttiva ed esteti ca EOC) che, nell’ambito della rico struzione del seno, si occupa pure del trattamento microchirurgico del lin fedema cronico, una patologia ancora troppo poco nota (e non sempre indi viduata) che può affliggere linfonodi e sistema linfatico.
«Il linfedema compare quando la linfa non può scorrere adeguatamente verso il cuore e i liquidi ristagnano nei tessuti: le braccia e le gambe si gon fiano e si forma l’edema: un gonfiore spesso cronico», spiega lo specialista aggiungendo come tuttavia sia possi bile condurre una vita normale «con il trattamento giusto e un atteggiamen to positivo».
Due le forme distinte: il linfedema primario (relativamente raro), di soli to congenito e causato da canali lin fatici o linfonodi non completamen te formati, e quello secondario (molto più frequente) che può originare da infezioni, lesioni o interventi chirur gici, di cui approfondiamo gli aspetti: «Le pazienti affette da tumore al se no, oltre all’asportazione del tumore, spesso devono sottoporsi a un’aspor tazione mirata di uno o più linfonodi e/o sottoporsi a radioterapia linfono dale. Ad esempio, per poter valutare l’estensione della malattia in stadio poco avanzato si può togliere un co siddetto “linfonodo sentinella”, oppu re un primo e secondo livello ascellare se il tumore ne ha già compromesso i linfonodi, siano essi inguinali o ascel lari, secondo la neoplasia in questione
(ndr: ad esempio potrebbe trattarsi di tumore al seno, o melanoma agli arti inferiori)».
Yves Harder chiarisce come si può formare il «blocco linfatico» causato dalla mancanza dei linfonodi aspor tati e dalle cicatrici che risultano do po la chirurgia e/o la radioterapia: «La linfa non riesce più a ritornare al cuore attraverso i vasi linfatici: il suo deflusso anomalo favorisce il ri stagno di liquidi e il relativo gonfio re più o meno evidente». Il linfedema è una malattia da non sottovalutare: «Anche quando l’intervento al se no ha successo, l’evidenza scientifica dice che togliendo un solo linfonodo la percentuale di sviluppare un linfe dema è del 5%. Asportandone di più in ascella, il rischio aumenta fino al 20%. Infine, se il trattamento va com pletato con la radioterapia, il rischio va ben oltre il 35%».
Si parla di rischio, ma il messag gio è chiaro: «Con l’asportazione del tumore e le terapie adiuvanti, oggi si riesce a guarire più del 95% delle ne oplasie mammarie non avanzate. La qualità di vita è dunque sempre più importante e pone lo specialista di nanzi all’esigenza di assicurare una chirurgia ablativa e ricostruttiva an cora più precisa, che diminuisca al massimo i rischi di linfedema e nel contempo ricostruisca un seno il più morbido e bello possibile, idealmente come prima della malattia».
Non va tralasciato l’aspetto subdo lo del linfedema che può presentarsi a diversi stadi che talvolta non lo ren dono ben identificabile: «Nello sta dio 0, i vasi linfatici sono già danneg giati, ma non è ancora visibile alcun gonfiore. Lo stadio 1 mostra uno svi luppo durante la giornata, ma scom pare parzialmente o completamen te tenendo gli arti sollevati e si nota perché premendo un dito sui tessuti si forma una depressione che rimane per un certo tempo. Se il gonfiore persiste anche dopo riposo prolungato si par la di stadio 2: la cute è rigida e solle vare gli arti non serve più. Infine, lo stadio 3 è caratterizzato da gonfiore
spesso grottesco (elefantiasi) e altera zioni cutanee (vescicole che perdono il liquido linfatico)».
Per prevenire la sua progressione allo stadio 3, il professor Harder rac comanda di occuparsene già nelle fasi precoci: «È utile consultare il medico specialista che potrà diagnosticare la patologia e prescrivere il trattamento adatto, facendo in modo che l’edema non progredisca ulteriormente, ma che si riduca idealmente o almeno ri manga costante».
Ricordiamo gli altri fattori di ri schio: «Per citarne alcuni: obesità, ripetute infezioni dovute a diver
si fattori come danni da pedicure o manicure non eseguite a opera d’arte, diabete che diminuisce la resistenza immunologica all’infezione e via di cendo». A livello preventivo, secondo il nostro interlocutore è essenziale la multidisciplinarietà della presa a ca rico delle pazienti che passa dalla loro informazione da parte delle infermie re del Centro di senologia: «Laddove necessario, esse sono orientate verso sedute di linfodrenaggio, fisioterapia, sana alimentazione, movimento ade guato e così via».
Prestare attenzione alle piccole co se del quotidiano contribuisce altresì
a tenere sotto controllo il linfedema: «Portare indumenti comodi, igiene della pelle, perdere peso se in sovrap peso, ginnastica ed esercizi specifici sono di grande aiuto affinché questa malattia cronica, controllata con un trattamento corretto e a lungo termi ne, non peggiori ulteriormente».
Di grande aiuto sono i capi com pressivi a maglia piatta per il mante nimento, da indossare regolarmente per un risultato costante e per evitare la diffusione dell’edema: «Sono fatti su misura e adattati alla circonferen za del braccio o della gamba, eserci tano una pressione costante sull’arto coinvolto, non causano costrizioni e sono disponibili dai rivenditori spe cializzati su prescrizione medica». Un cenno sulla presa a carico, sostan zialmente individualizzata, di questa malattia cronica: «L’approccio con servativo è essenziale, ma solamente sintomatico. Di recente è stata messa a punto una terapia chirurgica sempre più performante per gli stadi che non rispondono bene al trattamento con servativo: si può ricostruire un siste ma che riesca nuovamente a drenare, oppure togliere il tessuto in eccesso della gamba o del braccio aspiran do il grasso e riducendone la massa in eccesso».
Interventi ancora relativamente ra ri, fra i quali sono promettenti il con cetto di «anastomosi linfovenosa» e il trapianto di linfonodi: «Attraverso il trapianto di linfonodi sani, il tessuto si rigenera ed è un po’ come guarirlo». Per concludere: «I gonfiori di braccia e gambe vanno presi sul serio, chie dendo consiglio al medico, perché og gi si può fare tanto per limitare il peg gioramento del linfedema».
Dove e quando
Mercoledì 23 novembre, alle 18.30, avrà luogo la conferenza pubblica virtuale «La chirurgia ricostruttiva in un modello di cura integrato e personalizzato del tumore del seno», con i dottori Yves Harder e Lorenzo Rossi.
Vedi link: https://bit.ly/3fYO02I
NUOVO DESIGN STESSE RICETTE
Certe cose non dovrebbero cambiare mai, tra queste la nutrizione secca e umida di Purina® VITAL BALANCE® Questa la ragione per la quale, solamente il loro design moderno e il loro imballo fabbricato a partire da plastica riciclata si sono rinnovati*.
*Il contenuto riciclato di questa confezione viene attribuito utilizzando il sistema del bilancio di massa, che contribuisce all’economia circolare. Questo consente di produrre plastica nuova da una certa quantità di materiale riciclato, riducendo la necessità di plastica vergine.
1940
Le caramelle Ricola sono sulla (e nella) bocca di tutti. La ricet ta top-secret a base di 13 erbe, messa a punto nel 1940, è rima sta praticamente invariata fino ad oggi e costituisce tuttora la base di tutte le varietà Ricola.
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sono i gusti attualmente dispo nibili – a destra alcune delle die ci varietà presenti nell’assorti mento Migros. Tutte le varietà contengono solo ed esclusiva mente aromi naturali.
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Ogni singola caramella racchiu de 13 erbe alpine svizzere, fra cui fiori di sambuco, alchimil la, salvia e timo. Le erbe ven gono coltivate tra Vallese, valle dell’Emmental, Val Poschiavo, e ai piedi del Giura e Svizzera centrale.
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campi da calcio: a tanto equi vale la superficie dedicata alla coltivazione delle erbe Ricola in Svizzera.
35’000
È il numero di caramelle pro dotte ogni minuto nello stabili mento di Laufen – il totale an nuo è pari a circa sette miliardi di pezzi.
LA CARAMELLA SVIZZERA DI CULTO
1 Caramelle alle erbe
Ricola originali, senza zucchero, 125 g Fr. 4.15
2 Caramelle alle erbe Ricola al gusto limonemelissa, senza zucchero, 125 g Fr. 4.50
3 Caramelle alle erbe Ricola al gusto menta glaciale, senza zucchero, 2 × 50 g Fr. 3.95
4 Caramelle alle erbe Ricola al gusto fiori di sambuco, senza zucchero, 125 g Fr. 4.50
Il paese della musica
Nel piccolo villaggio di Urubichá, in mezzo alla Bolivia amazzonica, ha sede una bella orchestra barocca
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La spontanea Hedera helix Appartenente alla famiglia delle Araliaceae, ha varietà originarie di Europa, Asia e Africa
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La mia anima nel tuo scatto
Fotografia ◆ Colto al volo o messo in posa, il ritratto è un’esperienza che ha ricadute sia su chi scatta, sia su chi viene immortalato
Forse non è del tutto assurda la cre denza, ancora oggi diffusa in varie parti del mondo, secondo cui la foto grafia rubi l’anima a chi viene ritratto, tanto è sorprendente la corrisponden za tra la persona fotografata e la sua immagine. Ma forse non basterebbe se a questo non si aggiungesse pure la peculiare capacità della fotografia di catturare e comunicare anche lo stato d’animo del soggetto ritratto. In un buon ritratto, infatti, non rico nosceremo solo la persona fotografata ma ne coglieremo anche il fondo del le emozioni e dei pensieri che in quel momento la stanno attraversando. Si capisce allora la reticenza che in certe culture le persone possono avere nei confronti della fotografia.
Non esistono ricette universali, ma molteplici approcci alla medesima pratica, sta a noi trovare il metodo che preferiamo
D’altronde, anche a noi capita non poche volte di riscontrare una cer ta riluttanza nel lasciarsi fotografare, riluttanza dovuta probabilmente non tanto a motivi legati a credenze o a superstizioni ma piuttosto a qualche timore nel confrontarsi con la pro pria immagine. Nella nostra società, a stampo sempre più narcisista, ben presente e perniciosa – e a suo modo, paradossale – è infatti l’ingiunzione ad adeguare il proprio aspetto a ca noni estetici, di solito, per i più, ir raggiungibili. Con la conseguenza di alterare le aspettative di chi intende esser fotografato. E di complicare il lavoro del fotografo stesso.
Nella realizzazione di un ritrat to commissionato, non ci sarà co munque solo ciò che il committen te si aspetta e richiede ma anche, è ovvio, la parte che lo sguardo, la cu riosità, la preparazione e la psicolo gia di chi lo ritrae vi apporterà. Ogni persona – il suo viso, il suo corpo, il suo modo di atteggiarsi – rappresen ta un mondo a sé che il fotografo può esplorare e mettere in valore attraver so la scelta dell’inquadratura, un ef ficace uso della luce, e non da ultimo la capacità di cogliere nel momen to giusto l’espressione da fotografa re. Non esistendo ricette universali, ma una molteplicità di possibili ap procci alla medesima pratica, starà al nostro ingegno trovare quello che ri terremo sia il migliore rispetto a una situazione data.
L’arte del ritratto non si limita solo a soddisfare i lavori su commissione, tutt’altro. Prendiamo, per comincia re, la circostanza in cui la realizzazio ne di un ritratto nasca da una nostra esigenza. In questo caso, non saremo più soggetti alle attese altrui ma avre mo modo di dare corso a un’indagi ne più libera e personale della figura umana, sulla base di presupposti che avremo noi stessi stabilito: in bianco e nero o a colori, con luce naturale o artificiale, collocando i nostri sogget ti in determinati modi e contesti, fo calizzandoci su loro specifiche parti colarità, e così via. Tutto ciò al fine di dar meglio forma all’idea che voglia mo comunicare.
Come già detto in precedenti pun tate, anche in questo caso si tratta di delineare, quantomeno di concetto, un orizzonte verso cui tendere nella realizzazione del nostro lavoro. L’o biettivo non dovrebbe essere quello di scattare delle belle e disparate fo tografie, magari da postare su qual che social per far vedere quanto sia mo bravi, ma di andare ad affinare, scatto dopo scatto, la nostra capaci tà di cogliere il soggetto in rapporto al progetto che vogliamo sviluppare. Come esempio di una famosa serie di ritratti, vi suggerisco di andare a ve dere il lavoro di Richard Avedon, In the American West (Harry N Abrams Inc; Reissue edizione, 1996). Non è che un esempio tra i molti possibili, ma particolarmente illuminante ri guardo alla forza che un lavoro ben concepito arriva a sprigionare.
Fin da subito il ritratto fotografi co ha suscitato un grande interesse e spinto schiere di fotografi a esercitar lo. Dal ritratto in studio, che nelle sue forme prendeva in genere spunto dal la pittura – ed era prerogativa dei ceti più abbienti di cui ne rappresentava vi sivamente la posizione di privilegio –, col miglioramento dei materiali sensi bili e di ripresa e con la contemporanea democratizzazione della fotografia, si poté passare all’esplorazione di forme di ritratto meno rigide e, soprattutto, realizzarli anche fuori dagli atelier, ri prendendo la figura umana dal vivo, immersa nei suoi contesti di vita.
Lungo questa linea di svilup po storico, germogliano le categorie che ancora oggi costituiscono i mol teplici volti della poliedrica pratica ritrattistica. Al ritratto posato si ac costa quello spontaneo, colto al volo, magari rubato per strada (vedere, ad esempio, il particolare lavoro di Be at Streuli a New York, Marsiglia e in
Tra assaggi e vigneti vodesi Il Canton Vaud, con circa 4mila ettari vitati, ricopre quasi un quarto della superficie viticola Svizzera
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Crea con noi
I caldi colori delle foglie autunnali danno vita a tre simpatici animaletti del bosco
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altre città del mondo), oppure messo in scena, costruito ad arte per porsi sul confine tra realtà e finzione, co me nei lavori di Jeff Wall o di Cin dy Sherman. Da indagini di ordine strettamente estetico, formale, talvol ta psicologico, a mire più documen taristiche, volte ad approfondire temi a sfondo sociologico o politico, che tutte queste abbiano risvolti artistici o meno, le strade che il ritratto ci apre sono davvero innumerevoli.
Vi sono tuttavia dei limiti legati a questa pratica, non sempre ben defi niti, di cui tener conto. Limiti di ri levanza etica e pure giuridica regola no – oggi sempre più – la possibilità di fotografare le persone e di utiliz
zarne pubblicamente le immagini. È, questa, una materia assai complessa, che coinvolge la deontologia legata ai vari settori d’azione: diverse sono, ad esempio, le prerogative di un fotore porter di guerra rispetto a quelle di un paparazzo o di un fotografo di strada. Diversi gli intenti, i canali di comu nicazione, i pubblici raggiunti. E di verse di conseguenza anche le norme, scritte o no, che regolano questi am biti d’azione.
Starà all’intelligenza e alla sensibi lità del fotografo capire dove si situa no i confini da non oltrepassare con la sua pratica, tenendo come punto fer mo il fatto di trovarsi di fronte a per sone e non a cose inanimate, a sog
getti dotati dunque di una propria dignità da rispettare e di determina ti diritti, ad esempio, nel non essere rappresentati in dati modi o situazio ni. Per tale motivo, oltre agli aspetti tecnici e di concetto, nell’elaborazio ne di un progetto andranno conside rate con attenzione le conseguenze che un determinato agire fotografico potrebbe comportare.
Fino a dove ci si può spingere nel fotografare le persone? È una doman da interessante, e anche molto attuale pensando ai miliardi di fotografie che ogni giorno vengono scattate. Una domanda che ci può far riflettere sul senso, i limiti e le potenzialità della fotografia in rapporto alla realtà.
L’anima barocca di Urubichá
Baldelli, testo e fotoNelle vie polverose di terra rossa del piccolo villaggio di Urubichá, nel la selva amazzonica boliviana, ci so no pochi e piccoli negozi che vendo no un po’ di tutto, dagli alimentari agli oggetti di artigianato, e, ogni tanto, si può incontrare lungo una sterrata anche qualche bar dove be re una birra.
Accarezzato dal fiume Blanco, Urubichá è un piccolo paese di circa settemila abitanti, edificato secondo l’architettura coloniale nata intorno alla missione dei gesuiti arrivati qui nel XVII secolo per convertire i po poli indigeni. Urubichá è un mondo contadino, di chi vive di agricoltu ra e dove il ritmo della vita è detta to dalle stagioni e dalla natura. Per i tanti adolescenti e ragazzi che vivono qui, sono pochi gli svaghi per riem pire il tempo libero dopo la fine delle lezioni scolastiche: aiutare i genitori nella coltivazione dei campi, andare a pesca sul fiume o giocare a calcio nel campetto della chiesa. Oppure ancora imparare a suonare uno strumento ed entrare nell’orchestra barocca.
Proprio così: anche se si trova in mezzo alla foresta amazzonica, an che se è una piccola comunità con tadina di indios Guarayos, a Urubi chá, dove l’elettricità è arrivata circa 20 anni or sono, esiste una famosa or chestra che suona le musiche di Ba ch e Vivaldi. Furono proprio i gesuiti nella seconda metà del 1700 a portare qui i primi strumenti (violini, viole, flauti). La musica serviva per evange lizzare la popolazione, e fu tale la sua efficacia che le sette note iniziarono a scorrere nel sangue di questa gente attraversato i secoli, fino a metà del Novecento. Andò affievolendosi in torno agli anni Cinquanta.
Fu un altro prete a ridare vita al la musica di questo luogo. Giunto qui negli anni Sessanta, il francesca no Walter Neuwirth trovò infatti un villaggio disgregato, dove i giovani passavano le loro giornate senza fare nulla, molti andavano via per cercare lavoro in città, abbandonando la mu sica e gli interessi per la loro cultura. Decise in fretta che il tempo libero di quei giovani andava riempito di nuo vo con i suoni. In fondo, il concet to stesso di tempo libero è quello di impegnare i momenti di «non-lavo ro» con qualcosa che non sia un do vere, ma uno svago, un’attività gra tificante, un’evasione senza diventare condizionamento.
L’intuizione di Neuwirth ebbe su bito successo. Fu riportata così la mu sica nella vita dei giovani, occupan do di nuovo quelle ore dopo la fine della scuola, che altrimenti sarebbe ro andate perse nell’ozio delle calde giornate della selva. Oggi le varie or chestre, quella infantile e giovanile
insieme al coro contano più di 400 giovani. Qualcuno di loro spera e so gna di diventare un grande musici sta «ma non è questo lo scopo dell’or chestra», mi spiega il direttore César Cara, che incontro all’interno della scuola di musica situata vicino alla chiesa, mentre sistema alcune parti ture su un leggio. «La musica baroc ca è nell’anima di questo popolo. Per secoli è stata ascoltata e mischiata alla musica locale. Gli avi hanno trascrit to la musica dai vecchi spartiti porta ti qui dai gesuiti, hanno conservato e tramandato un tesoro unico. È par te della tradizione, storia e cultura di questo popolo».
Il primo pomeriggio e le strade si riempiono di ragazzi e ragazze con i loro strumenti in spalla. Si dirigono verso la scuola di musica. Le aule si riempiono, c’è quella per i principian ti e quella per chi già suona da anni e fa parte dell’orchestra. «È un luogo di ritrovo per tutti loro, imparare a suonare riempie le giornate, riempie quelle ore che altrimenti sarebbero perse, perché qui c’è ben poco da fa re» mi dice una docente della scuola.
Si accordano gli strumenti, parto no le prime note, il maestro correg ge, consiglia, incita a sentire la musi ca non solo nella testa ma anche con il cuore. Pedro è un giovane di po co più di 14 anni, lo sguardo attento sullo spartito e le dita che si muovo no veloci sulle corde del violino. Ac canto a lui Anita, poco più grande e i capelli raccolti in un vezzoso fioc co rosso, il violino appoggiato sul la spalla. Intorno a loro altri ragazzi e ragazze tutti concentrati per ese guire al meglio il pezzo musicale. Dopo un’ora la prima pausa che fa riversare i giovani musicisti nel cor tile interno.
«Vengo qui tutti i pomeriggi a suonare, per due o tre ore. Mi pia ce, sento che il mio tempo non è per so, ma anzi, mi sembra che passi in fretta, è qualcosa che mi arricchisce» dice Pablito, un ragazzo di poco più di 15 anni che suona la viola, elegan te nella sua camicia bianca, i capelli all’indietro e ogni tanto uno sguardo intenso verso una ragazza del coro. «Come hai potuto vedere – continua mentre si appoggia a una colonna –qui a Urubichá non c’è niente da fare per noi giovani. E questa scuola, que sta musica che è anche dei nostri avi, ha riempito le nostre giornate. Lo so che da voi in Europa è diverso. Ma il punto rimane sempre lo stesso: da re un senso al tempo libero, riempir lo con qualcosa che ti fa stare bene. E io qui sto bene» dice ancora, prima di rientrare in classe senza dimentica re di guardare ancora verso la ragaz za del coro.
La presenza della scuola di musica
e dell’orchestra ha portato a Urubichá anche un’altra attività parallela: quel la dei liutai. Non saranno certo famo si come quelli di Cremona, ma men tre cammini per i vicoli li vedi intenti a lavorare e scolpire il legno per dare forma agli strumenti.
Sono trascorse oramai tre ore e le lezioni sono finite, i musicisti si in camminano di nuovo verso casa. Ri dono e scherzano tra di loro, qualcu no si avvia più veloce perché deve fare i compiti. Ma le note della musica ba rocca continuano a riempire l’aria. E quando la luce del tramonto colora
di rosso i muri e la canicola conce de un po’ di tregua, dai cortili e dalle finestre aperte arrivano le note di chi si esercita ancora, di chi non riesce a staccarsi dal suo strumento.
Mi affaccio in un giardino e vedo la giovane Marisol con il suo violino intenta a provare. È una casa di con tadini, umile ma dignitosa, le galli ne ancora in giro e i panni stesi vici no alla siepe. «Mio nonno conosceva questa musica, la ascoltava da giova ne e prima che morisse, quando la suonavo, teneva il tempo con il pie de. È una composizione del 1800».
Mi racconta che appena ha un po’ di tempo libero si dedica alla musica. Poco dopo esce la madre, orgogliosa della figlia che grazie ai concerti ha potuto viaggiare, Argentina, Perù, la capitale La Paz e il prossimo anno spera di andare in Messico. «Mi pia cerebbe vedere Venezia, dove è nato Vivaldi», aggiunge Marisol con un filo di voce.
Suonare è certamente un modo per arricchire la propria cultura e la propria anima. Ma in un luogo sper duto della selva, dedicare ore e ore al lo studio delle note e delle partiture, scegliere come impegnare il proprio tempo fuori dagli obblighi lavorati vi o scolastici, mi fa tornare in men te una considerazione: se una volta il tempo libero era una priorità per le classi agiate qui a Urubichá, che non è certamente un paese ricco, è diven tato un elemento fondamentale del la vita di questi ragazzi. Aver saputo coniugare tempo libero e musica ha portato alla felicità di questi giovani perché il tempo libero non è visto co me un elemento negativo, una perdi ta di tempo, ma una condizione che può elevare l’animo umano.
Informazioni
Su www.azione.ch, si trova una più ampia galleria fotografica.
cellenza, quella che tutti conoscono
che vanta moltissime varietà, ognuna di queste resistenti e facili da coltiva re. Ciononostante, spesso viene snob bata perché ritenuta troppo comune e dunque un poco banale.
Nulla di più inesatto, se solo si considerassero le sue diverse espres sioni: a foglia piccola è l’edera comune (Hedera helix), che può essere però va riegata di bianco (H. algeriensis «Glo ire de Marengo»), oppure color cre ma (H. colchica «Dentata Variegata»), o ancora a macchie gialle (H. colchi ca «Sulphure Heart»), per non parla re della varietà che, grazie al freddo invernale, assume i colori del bronzo (H. helix «Atroporpurea»).
Se sono proprio le piccole voglie a non convincere, si può deviare la no stra attenzione verso le varietà a foglia palmata (H. helix «Duckfoot»), oppu re a margine intero (H. helix «Caven dishii»), o in alternativa andare dalla parte opposta, e scegliere quella con foglie finissime (H. helix «Bill Ar cher»). E l’elenco potrebbe continua re ancora a lungo.
Appartenenti alla famiglia delle Araliaceae, le varietà di edera sono ori ginarie di Europa, Asia e Africa. La più comune come abbiamo detto è la Hedera helix, che cresce spontanea nei boschi e nelle zone ombrose del giar dino; ha uno sviluppo molto rapido e nessuna esigenza specifica. In vendita
vi sono moltissime specie che possono vivere anche al sole, in vaso o all’in terno degli appartamenti.
In quest’ultimo caso possiamo tro vare ad esempio Hedera helix «Won der», dalla piccola foglia verde tri lobata, la «Golden Gate», dai bordi gialli, oppure la «Chicago» che in vece produce foglioline strette e lun ghe. Tra le mie preferite vi è senz’altro la già citata H. algeriensis «Gloire de Marengo», un’ottima copri suolo ed eccellente rampicante molto utilizza ta per abbellire muri e recinzioni.
Ho avuto la fortuna di coltivarne una, ancora perfettamente in salute. Piantata dalla mia bisnonna, presu mo abbia almeno 120 anni, conside razione che mi permetto di azzarda re anche in base al fusto, che a livello del colletto arriva a misurare più di 20 centimetri di diametro; ancora oggi si arrampica placida su una colonna di sasso. Tenuta costantemente potata, non supera i due metri d’altezza, e dai suoi lunghi rami con foglie grandi, verdi e bianco latte, ho ricavato mol tissime talee.
Questa varietà cresce con estrema facilità anche in pieno sole, ha foglie molto larghe con superficie bombata e lobi poco profondi. Se lasciata cre scere indisturbata, raggiunge facil mente gli otto metri di lunghezza, sviluppando rami lunghi in grado di ancorarsi alle superfici grazie alle loro radici avventizie; una sola pianta, nel
corso degli anni, riesce a coprire un’a rea di quindici metri quadri.
L’edera «Gloire de Marengo» de ve il suo nome al luogo dove è stata
scoperta e studiata: ovvero ad Alge ri, nel parco Marengo, costruito in onore del colonnello Marengo, un ufficiale napoleonico, il cui vero co
gnome era Cappone, ma ribattezzato dallo stesso Napoleone in Marengo, in segno di stima. Di origine piemon tese, Marengo-Cappone, realizzò un orto-giardino al centro di Algeri, per offrire verdure e bellezza al popolo che lo stava accogliendo.
Un’altra edera molto bella e anche molto simile a quella descritta è H. colchica «Dentata Variegata», che ha la particolarità di avere foglie molto grosse, le quali possono raggiunge re persino i venticinque centimetri di lunghezza.
Qualsiasi sia l’edera che coltivere te, ricordatevi anche della sua utilità per le piccole api: a fine estate, tra set tembre e ottobre, l’edera produce dei fiori, verdi, poco appariscenti, legger mente profumati, che risultano esse re molto utili per le api e altri insetti, specie per le scorte invernali di pol line e miele d’edera, che è abbastan za raro da trovare in vendita: presenta una cristallizzazione fine e un colo re bianco avorio. A seguito dei fio ri, in inverno compaiono le classiche bacche scure.
Un’ultima curiosità legata a questa affascinante rampicante: a far compa gnia a una delle poche liane presenti sul nostro territorio, è Clematis vital ba, che non è una pianta parassita co me erroneamente viene definita, ben sì un’epifita, ovvero è una pianta che utilizza le altre piante come supporto per poter crescere.
Preparazione
Tagliare lo zenzero a fette sot tili. Far sobbollire il brodo e lo zenzero per circa 10 minuti. Tagliare il tofu a fette e il ci pollotto a rondelle. Distribu irli in quattro ciotole. Versarci sopra il brodo caldo. Irrorare con l’olio di sesamo. Cosparge re con i semi di sesamo e i mi crogreens/germogli. Accompa gnamento ideale: uno snack di alghe Nori.
Il regno dello Chasselas
Bacco giramondo ◆ La Côte, il Lavaux e lo Chablais, a partire da Changins, la miglior fucina di giovani enologi della Svizzera
Davide ComoliCon i suoi circa 4mila ettari vita ti, il Canton Vaud rappresenta qua si un quarto della superficie vitico la Svizzera.
Da molti secoli, vigna e vino sono presenti nella vita sociale ed economi ca della Svizzera romanda. Le vigne allevate con continuità, su terrazza menti tra le creste alpine e il lago Le mano tra Nyon e Montreux, contri buiscono non poco a creare paesaggi idilliaci e bucolici, lasciando l’ignaro viaggiatore a bocca aperta.
La storia c’insegna comunque che furono soprattutto i monaci, nel Me dioevo, a comprendere l’importan za di una sana gestione dei vigneti su queste terre. Rimandano a loro, di fat to, le denominazioni di alcuni terre ni dissodati in quei tempi, dove anco ra oggi vengono prodotti grandi vini: Clos des Moines, Clos des Abbayes, Clos des Abbesses, eccetera.
Il vigneto vodese viene normal mente diviso in sei regioni viticole che per ordine d’importanza sono: la Côte (tra Nyon e Losanna), Lavaux (tra Lo sanna e Montreux), Chablais (tra Vil leneuve e Bex), queste tre zone godo no dell’influenza del lago Lemano. A nord del cantone troviamo Côtes de l’Orbe, Bonvillars (presso la riva ovest del lago di Neuchâtel) e Vully (sulla riva ovest del lago di Morat).
Per ragioni di spazio c’interessere
mo delle prime tre zone, sebbene tutte le regioni condividano la passione di tutti i viticoltori per il vitigno Chasse las, il quale, pur facendo qualche con cessione in favore di vitigni rossi, re sta l’assoluto ambasciatore dei vini del canton Vaud.
Normalmente sono vini con poca acidità, con profumi e aromi ben defi niti dati dai terroir d’origine (floreali in certi casi, fruttati o minerali in altri). Anche il Gamay sembra cedere terre no a favore del Pinot Nero, in progres sione il Gamaret e il Garanoir
Per meglio conoscere gli aspet ti della viticoltura del Canton Vaud, abbiamo pensato di approfondire le nostre conoscenze partendo da quella che noi consideriamo la miglior fucina di giovani enologi della Svizzera: stia mo parlando della scuola di Changins.
La strada del vino si snoda da nord-ovest del lago Lemano su crinali dalle ondulate colline dove si alterna no campi fruttati e vigne allevate sui dolci pendii, dove il clima temperato del lago crea in concomitanza di ter reni leggeri una situazione ideale per la vigna. La strada ci porta ad attra versare incantevoli paesaggi tra fasci nosi villaggi: Begnins, Luins, Vinzel, Bursinel, Tartegnin, Mont-sur-Rolle.
Continuiamo il nostro viaggio –Fechy, Aubonne e Morges – conce dendoci una piacevole sosta culina
ria. I classici «filetti di persico» sono un perfetto abbinamento con il nostro Chasselas prodotto a Vinzel, dalle no te floreali e minerali, che insieme sono molto armoniche, e qui non ci lascia mo sfuggire l’occasione per mettere tra i bagagli due bottiglie di Servagnin de Morges, prodotto da una selezione locale di Pinot Nero
Ci lasciamo Losanna alle spal le; inserito nel patrimonio mondia le dell’Unesco, il vigneto del Lavaux beneficia della temperatura più dolce della Svizzera, essendo esposto verso est con le vigne riparate da grandi mu raglie. Vigne che sono coltivate su ter razzamenti che sembrano giardini so spesi sul bordo del lago, raggruppati nella parte inferiore delle rocce, a se gnare la vittoria dell’uomo su una na tura caotica, dove la meccanizzazione non esiste.
È meraviglioso il paesaggio della Corniche che stiamo attraversando, i suoi pittoreschi villaggi: Lutry, Vil lette, Cully, dove sostiamo a gustare un Plant-Robert, selezione di quali tà del Gamay. Sosta d’obbligo anche a Epesses e a Puidoux per acquistare i due grandi Crus: Calamin e Dezaley prodotti con uve Chasselas. La sosta ci permette (assolutamente imperdibi le) di percorrere quello che è chiama to: «le chemin de la Dame » che unisce Epesses a Chexbres, per ammirare i
vigneti a strapiombo sul lago: unici!
Ci fermiamo per la notte tra Ve vey e Montreux, il patron del risto rante ci propone un menu abbinato ai vari Chasselas del Lavaux. Non pote va di certo mancare alla fine una de gustazione di formaggi abbinati a uno Chasselas prodotto a Cully, con uve colte con vendemmia tardiva, che di mostra la potenzialità di questo vi tigno indiscusso protagonista del la regione.
Lasciamo Montreux di primo mattino e, costeggiando il Lemano, passiamo accanto al famoso Château de Chillon per raggiungere Villeneu ve, trait d’union tra il bacino del Le mano e il Vallese. La regione dello Chablais è situata sulla sponda destra del Rodano, gode di un clima partico lare che favorisce la maturazione del le uve, grazie al foehn che soffia da sud in autunno. Anche i terreni sono mol to diversi, ricchi di smottamenti, ges so e calcare che obbliga le radici della vite ad andare in profondità alla ri
è dato dalla «cargneule », terreni situati su una frana che pare possieda no virtù diuretiche.
Attraversiamo Yvorne dove il vi tigno re, manco a dirlo, è lo Chasse las; tappa d’obbligo ad Aigle. Qui vi sitiamo l’omonimo Château dove ogni anno si premiano i migliori Chasselas della Svizzera. È proprio in queste terre che viene prodotto il più celebre vino svizzero al mondo, quello con la lucertola sull’etichetta. Naturalmen te degustiamo anche i vini della vici na Ollon. Attraversiamo St Triphon e arriviamo a Bex, sul confine con il Vallese. Il terreno gessoso regala ai vi tigni una linfa generosa; i rossi Pinot Nero, Gamay, Garanoir e Merlot, co prono l’80% della produzione e sono considerati, con i rossi di Aigle, i mi gliori della regione.
Disegnare con le foglie
Crea con noi ◆ Con un po’ di fantasia gli animaletti del bosco vestiranno i caldi colori dell’autunno
Giovanna Grimaldi LeoniMateriale
Tre simpatici animali del bosco, il cerbiatto, la volpe e il castoro, so no i protagonisti di questo bricola ge autunnale che ci dà l’occasione di soffermarci con i bambini a guar dare l’incredibile varietà di colori e sfumature che ci regala la natura in questo periodo dell’anno. Foglie e piccoli elementi naturali raccol ti durante una passeggiata diven tano così il caldo manto dei nostri personaggi.
Procedimento
Stampate i cartamodelli (li trovate su www.azione.ch). Riportate il dise gno su una base di cartone di almeno 24x33cm e con il taglierino andate ad asportare la parte inferiore del muso degli animali (vedi fotografie). Sempre utilizzando il cartamodello e seguendo le indicazioni di colore, riportate sul feltro la parte superio re della testa e andate a incollarla con la colla a caldo o la colla vinili
Giochi e passatempi
Cruciverba
Tra amici: «Mio nonno mi raccontò di aver visto il Titanic e di aver urlato alle persone che stavano salendo di non partire perché sapeva che sarebbe affondato! Ha continuato a urlare finché la…» Trova il resto della frase risolvendo il cruciverba e leggendo le lettere nelle caselle evidenziate. (Frase: 7, 3, 2, 2, 7, 5, 3, 6)
ca sulla sagoma di cartone. Ora toc ca alla parte più divertente. Fate una bella passeggiata e raccogliete foglie, pigne, ghiande o altro materiale na turale che pensate possa esservi utile per la decorazione. Il mio consiglio è di raccogliere elementi abbastan za piccoli.
Inserite nelle buste A4 le foglie, na turalmente questo potete farlo di rettamente durante la raccolta, ma magari preferite selezionarle per ti pologia e colore e dividerle in base a esso. È anche un buon momento per far notare ai bambini la diversità delle foglie e spiegargli a che albero appartengono e quante calde tonali tà diverse di colore ci offre l’autunno.
Con l’adesivo andate a chiudere l’a pertura della mappetta.
Con l’adesivo di carta fissate tutto il perimetro delle mappette sul retro dei vostri cartoni ed ecco i vostri ani mali del bosco colorati di foglie.
• C artone di riciclo
• Scampoli di feltro marrone, arancio e panna
• Forbici e taglierino
• Occhi movibili da 2cm
• Mappette trasparenti A4 per classificatore
• Colla a caldo o colla vinilica
• Materiale naturale (foglie, pigne, ghiande)
• Stampante per cartamodello
(I materiali li potete trovare presso la vostra filiale Migros con reparto Bricolage o Migros do-it)
Girate i cartoni e decorate i perso naggi con il materiale naturale che preferite. Buon divertimento!
Tutorial completo azione.ch/tempo-libero/passatempi
Vinci una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una carta regalo da 50 franchi con il sudoku
Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in
Viaggiatori d’Occidente
Cinque chilometri romani
Qualche giorno fa sono andato a Ro ma per partecipare a un seminario sul turismo organizzato dall’Istituto sviz zero. La sede romana (le altre sono a Milano e Palermo) è in una villa in sti le eclettico costruita nel 1905 da Emi lio Maraini. Scopro subito che dal Ti cino non ci si libera mai; se anche vai altrove, ti segue. Infatti Emilio Marai ni, nato a Lugano nel 1853, è lo stesso al quale è intitolata l’omonima piazzetta all’incrocio tra via Nassa e via Pessina. Mi distraggo subito dai massimi siste mi turistici seguendo il filo di una vita fuori dal comune (letteralmente). A vent’anni Maraini accumula le pri me ricchezze grazie al commercio di canna da zucchero intuendo presto che il futuro sarebbe stato nella barbabieto la e nel mercato italiano. Collega agri coltura e industria tra Rieti e Roma, capitalizza immense ricchezze, prende la doppia cittadinanza, viene eletto de putato, si fa costruire una splendida di
mora romana sul Pincio. Lui muore nel 1916, la moglie Carolina Sommaruga, anch’essa luganese, nel 1946, lascian do alla Confederazione il loro palaz zo, da allora sede dell’Istituto svizze ro di Roma.
Per tre giorni villa Maraini sarà la mia casa. Nel seminario si discute in pro fondità e con ospiti scelti del futuro del turismo dopo la pandemia, specie nei centri urbani, dove i turisti richiamati da Airbnb si sostituiscono ai residenti. Ma presto da studioso del turismo di vento turista io stesso. Villa Maraini, già in posizione elevata, è sovrastata da un’alta torre. Dopo una faticosa salita per un’impervia scala a chiocciola mi si schiude davanti una vista sorprendente sulla città eterna. Riconosco tutti i luo ghi più famosi: ecco il Vittoriano, san Pietro e la città del Vaticano, la Colon na traiana… Ma a Roma non serve al largare lo sguardo, al contrario. Quasi a ogni passo, a saper guardare, s’in
Passeggiate svizzere
contra la quotidiana meraviglia. Una breve passeggiata la domenica matti na mi schiude un mondo. Nella chiesa di Trinità dei Monti, in cima alla sce nografica scalinata che sale da Piazza di Spagna, la comunità francese cele bra un’impeccabile messa con tanto di accompagnamento d’organo e diretto ri dei canti. Quando «la messe est finie, allez en paix», proseguo verso la vicina Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia (un’altra importante istituzio ne culturale). Poco prima dell’ingres so principale, dove i turisti attendono per la visita guidata, un’anonima por ticina di metallo nasconde una vertigi nosa scala a chiocciola cinquecentesca in pietra che scende per 25 metri e 117 gradini, sino alle fredde acque dell’ac quedotto Vergine, inaugurato da Mar co Vipsanio Agrippa, genero di Augu sto, nel 19 a.C. (!).
Pedoni, ciclisti e pattinatori mi conten dono la strada e si godono la mattina di
sole. Entro nel parco del Pincio costeg giando prudentemente il muro esterno, anch’esso costruito in epoca romana su quello che allora si chiamava Colle de gli Orti, dov’erano costruite le ville del la gens capitolina. Il muro però spesso cedeva vistosamente, da qui il nome dell’ampia strada sottostante, la via del Muro Torto. Sporgendomi per guar dare il traffico incessante scorgo delle strane reti metalliche. Qualcuno pensa servano a scoraggiare tentativi di sui cidio, un tempo frequenti. Perché pro prio qui? Quest’angolo di parco in età moderna ospitava il cimitero dei dispe rati: in fosse comuni, senza riti fune bri, vi venivano seppelliti delinquenti, prostitute, attori, saltimbanchi, ereti ci, ebrei, ortodossi, protestanti eccete ra. Ancora oggi i superstiziosi credono di avvertire strane presenze o vedono fantasmi. Ma la tristezza subito si dilegua. Avan zo tra alberi secolari e innumerevoli
Lo scalone del Musée d’art et d’histoire di Neuchâtel
Già mettendo piede sul primo scali no, quest’opera d’arte totale tra Art Nouveau e Arts and Crafts, inizia a risucchiarti in una spirale visionaria vertiginosa. All’ultimo dei ventidue scalini della prima rampa dello sca lone d’onore del Musée d’art et d’hi stoire di Neuchâtel (434 m), dipin to da Léo-Paul Robert (1851-1923) e decorato da Clement Heaton (18611940) tra il 1886 e il 1921, sei dentro fino al collo. Investito dai tre dipinti smisurati ad arco – il cui soggetto di quello qui in faccia è una Neuchâtel apocalittica, a destra La-Chaux-deFonds l’ultimo dell’anno vista da una fabbrica di orologi delirante, a sinistra un prato fiorito in Val-deRuz tra demoni e angeli – l’occhio al contempo è spinto a proseguire più in alto. Oltre i sette metri e venti di pittura mistico-paesaggistica, verso il soffitto altissimo increspato color lavanda pallido. Le increspature del
soffitto, se aguzzate la vista, si rive lano essere ondeggianti ali d’angelo che incorniciano delle teste. In cima, un lucernario rettangolare, corona e rischiara il tutto.
Disorientato e con il torcicollo, l’u nica via è incominciare a concentrar si sui dettagli, districare la visione un passo per volta. Decido di conti nuare la visita scegliendo la seconda rampa di scale a sinistra, per via del prato fiorito a portata di sguardo. Il visitatore può abbeverarsi gli occhi con questo prato di giugno e assa porare il rosa della Scabiosa columba ria nota anche come vedovina comu ne e quello della lupinella comune (Onobrychis viciifolia). Nell’erboriz zazione sulle scale della flora dipin ta, potete poi catturare il blu della Salvia pratensis e il giallo del Trago pogon pratensis : il barbabecco. LéoPaul Robert, pittore naturalista nato a Bienne e morto a Orvin, specia
Sport in Azione
lista di uccelli ad acquarello, eccel le forse nei suoi acquarelli di bruchi.
Fiori di carciofo a sbalzo, sulla stri scia di rame sotto i dipinti, accom pagnano il visitatore non frettoloso.
Forse però sono le pere sui pilastri a lustrarmi la vista: la prima delle due prodezze inventate da Clement He aton, mastro vetraio nato a Watford, una trentina di chilometri a nord di Londra e morto a New York dopo anni in un atelier qui a Neuchâtel. Brevettato nel 1886, il cloisonné He aton consiste nell’utilizzare, al posto dello smalto del cloisonné medieva le conosciuto anche come lustro di Bisanzio, un impasto speciale di sua invenzione che s’indurisce all’aria senza bisogno di essere cotto. Una filigrana di rame contorna le delica te pere luminose, le loro foglie, fo glie di quercia, lustrini, magnifiche mele cotogne.
In cima alle scale, mi volto e vedo nel
Tifo sportivo tra divertimento e rabbia
« Mourrons pour des idées, d’accord, mais de mort lente » («Moriamo per delle idee, vabbè, ma di morte len ta»). Così cantava Georges Brassens in una delle sue più celebri e inten se chansons. Sugli spalti degli stadi, alcune persone non si sentono solo dei sostenitori o ambasciatori dei lo ro colori. Immaginano di essere eroi, partigiani, martiri. Pronti a tutto, anche a una morte (vio)lenta. Per una bandiera. Per una maglia. Sembra una follia. Anzi, lo è. Ha dell’incredibile quanto è accaduto al cune settimane fa nella Curva Nord del Meazza di Milano, quella che ospita i tifosi dell’Inter. Sulle gra dinate circola la notizia che uno dei Capi Curva storici, Vittorio Boioc chi, pregiudicato 69enne con 30 an ni di carcere alle spalle, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco durante un regolamento di conti. Per rendergli omaggio, i suoi luogotenenti all’in
terno dell’impianto, non trovano nulla di meglio che far sloggiare tut ti dal secondo anello. Uomini, don ne, bambini. Facendo capo anche a maniere rudi. Scoppia la polemica. La società si dissocia da questa ope razione. Ma quelle del suo vicepre sidente ed ex capitano Javier Zanet ti, suonano come inevitabili parole di circostanza. Si sa che spesso i Club sono ostaggio delle frange più estre me e più violente della tifoseria. Tut tavia il popolo neroazzurro non ci sta. La maggioranza degli sfollati, e non solo loro, insorge, indignata. C’erano famiglie che si erano scirop pate un viaggio di centinaia di chilo metri, per vedere la Beneamata. La voratori che avevano tirato la cinghia pur di affrontare una trasferta che si prefigurava come una giornata di fe sta. Invece no. La ferrea legge della curva non consente sgarri. Se i capi decidono di rendere omaggio al lo
ro leader defunto con un’azione di sciopero, tutti devono sposare que sta causa.
Probabilmente, se il condottiero in questione avesse avuto un curricu lum vitae simile a quello di Gesù Cristo, di San Sebastiano, o di un al tro martire religioso o laico che sia, anche i più scettici, magari a malin cuore, si sarebbero allineati al volere dei Capi Curva. Ma così no. Il grido degli sfollati, forte, nitido, si diffon de nell’aria moltiplicandosi all’infi nito: «È assurdo evacuare la curva con la forza per onorare la memo ria di un delinquente seriale, uno che, a quanto si narra, gestiva in ne ro una serie di parcheggi nella zona di San Siro con un profitto mensi le di 80mila euro. Uno che all’inter no della curva veicolava il flusso della droga. Uno che ai ragazzini, imma gino anche a quelli costretti ad ab bandonare lo stadio, vendeva la mor
dipinto centrale un dragone sconfitto dall’arcangelo Michele, la collegiata è ritratta come se si vedesse appena arrivati alla stazione di Neuchâtel.
Il cloisonné Heaton qui si ammira an che lungo gli archivolti e una gra ziosa vetrata con ragazze danzanti, verso il lago, si aggiunge a tutto il resto. Sotto gli archivolti, mi avvi cino per osservare l’altra tecnica in novativa di Heaton brevettata come carta in rilievo Heaton: gigli goffrati sulla carta da parati che sembra ra me, in mezzo a un mare di iris. Gi ronzolo ancora un po’ a cacciare det tagli come i serpenti e la felce lingua di cervo in bronzo, sotto le edicole in marmo nero. Tra leoni spauriti, fio rellini di ceramica mi ricordano gli occhi della Madonna (Veronica per sica). Lì accanto, angeli prostrati in stucco con ali stile libellule. Su in al to, le testoline dei serafini incorni ciati dalle ali che formano il soffit
busti di italiani illustri, guidato dalle note languide di un impeccabile jazzi sta di strada, con tanto di cappello per le offerte. Come un pifferaio magico, mi richiama verso il vicino parco di Villa Borghese. Prima però devo farmi largo tra una colorata e rumorosa fiera dei piccoli comuni del Lazio. Bellissi me ciociare indossano costumi tradi zionali, naturalmente si mangia e si be ve parecchio, mentre le bande musicali fanno a gara nel richiamare l’attenzio ne, producendo un’allegra cacofonia. Passando da Porta pinciana ritrovo ra pidamente la via dell’Istituto svizzero. Quante scoperte in un percorso di ne anche cinque chilometri! Ma c’è anco ra tempo per una sorpresa. Sul marcia piede giace sparpagliato un mazzo di carte; poco distante trovo un fogliaccio con i punteggi delle numerose partite giocate nella notte da alcuni perditem po. Raccolgo un jolly in bella vista: è stato un giorno fortunato.
te. In un mondo che gira per il verso giusto ci si sarebbero potute aspet tare delle scuse, del tipo: «abbiamo sbagliato, ci siamo lasciati prendere dalle emozioni, Boiocchi era uno di noi, ma…». Invece no. In un mon do alla rovescia i «Capitani del popo lo» richiamano al rispetto della legge della curva. «Boiocchi ha pagato il suo debito con lo Stato. Voi non siete degni della curva. Andate a vedere le partite in un altro settore. Oppure restate a casa. Qui viene solo chi cre de nei nostri valori, nella nostra ban diera, per la quale ci batteremo fino alla morte».
Per fortuna, o per caso, non ci è scap pato il morto. Chi ha dovuto slog giare lo ha fatto con dignità e senza reazioni violente. Non oso immagi nare che cosa sarebbe potuto capita re se qualcuno si fosse opposto con durezza alle intimidazioni dei Boss. In seguito agli accertamenti della
to mosso, a guardar meglio, variano una dall’altra. Benché lo sguardo sia sempre quello atterrito-svagato stile Füssli che illustra Blake, la varietà di volti movimenta così ancora di più il soffitto tutto seminato di stelline in maiolica d’oro.
Ai fianchi della vetrata, incorpora te nell’opera d’arte totale e punto di vista privilegiato per studiare i quat trocento metri quadri di ornamenti, ci sono due poltroncine in legno in tarsiato. Luogo di sosta assoluto per il viaggiatore tardo autunnale, un primo pomeriggio a metà novembre sprofondo su una delle due poltron cine simmetriche rivestite di velluto verde larice. In tinta con il verde fo glia di pero e quercia che sembra do minare nelle decorazioni qui al pia no nobile. Il legno del poggiabraccio è intarsiato con il motivo della pi gna. In puro style sapin, da tocca re con mano.
Digos, quattro di loro sono tuttavia stati denunciati per il reato di violen za privata. Probabilmente gli inqui renti non riusciranno a raccogliere elementi sufficienti per incriminarli. L’omertà è uno dei cardini del codice dei clan. La triste vicenda servirà co munque a perfezionare un’analisi più ampia sui gruppi ultrà.
Ci sono paesi, su tutti l’Inghilterra, in cui l’hooliganismo è stato scon fitto, o quantomeno ridotto a feno meno marginale. In Italia c’è ancora molto lavoro da compiere. E per non fare la figura di chi guarda solo in casa altrui, un’occhiatina indagatrice la getterei anche dalle nostre parti. Finora tutto bene? Sì, ma, forse. Si tifa, si canta, si balla, si beve, a volte si insulta. Le derive ci sono. Evitare che si ingigantiscano è un dovere per tutti coloro che amano lo sport e lo considerano non un campo di batta glia ma un sano divertimento.
Offerta valida dal 24.11 al 27.11.2022,
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Perché Pyongyang provoca
La tensione tra le due Coree resta elevata ma la popolazione di Seul è concentrata su altri problemi
Pagina 29
Violenza di genere online
Un documentario canadese mette in luce l’impatto della cyberviolenza sulla vita delle donne
Pagina 31
Asse franco-tedesco in crisi
Il raffreddamento delle relazioni tra Parigi e Berlino mette ancora più a rischio la coesione dell’Ue
Pagina 32
Pochi alloggi, prezzi alti
La popolazione in Svizzera cresce e mancano alloggi, ma i tassi d’interesse alti frenano l’edilizia
Pagina 35
Prove generali di un divorzio economico
Usa/Cina ◆ Trent’anni di globalizzazione hanno costruito una simbiosi tra le due superpotenze che si sono incontrate a Bali
Federico RampiniMentre Joe Biden e Xi Jinping a Ba li celebravano un G20 all’insegna del «disgelo», a Washington una Com missione del Congresso apriva un’in dagine sulla concorrenza sleale della Cina, con la possibilità di annullare la «clausola della Nazione più favori ta» che regola le relazioni commercia li tra gli Stati Uniti e la Repubblica popolare dal lontano 1999. Il rischio di una nuova ondata di dazi sul made in China è reale. Al tempo stesso, in Cina è stato osservato che la «giorna ta dei single», in realtà un’intera set timana di sconti e offerte speciali che segna una frenesia di acquisti onli ne, è stata segnata da una netta prefe renza dei consumatori per le marche nazionali: il protezionismo dei cinesi si basa anche su un patriottismo del portafoglio.
Queste notizie servono a mette re nella giusta prospettiva il G20 in Indonesia. Forse bisognerebbe acco starne una terza e cioè la pioggia di missili che il «grande assente» di Ba li, Vladimir Putin, ha scagliato con tro l’Ucraina proprio nelle ore del summit. Quasi che volesse vendicar si di essere stato messo in ombra dal bilaterale tra Biden e Xi, il presiden te russo si è ripreso l’attenzione mon diale nella maniera più brutale e fe roce. La Cina, come sempre, si è ben guardata dal condannarlo. Questo ri porta all’attenzione un dettaglio del vertice. Al termine dell’incontro fra Biden e Xi, durato tre ore, la delega zione americana si è affrettata a ren dere nota la frase con cui Xi avreb be condannato qualsiasi ipotesi di uso dell’arma nucleare. Gli osservatori occidentali l’hanno interpretata come una implicita sconfessione delle reite rate minacce di Putin e dei suoi acco liti. Però quella stessa frase non è mai apparsa nei resoconti cinesi dell’in contro Biden-Xi. Non c’è motivo di dubitare che il presidente cinese l’ab bia pronunciata, altrimenti da Pechi no sarebbe arrivata una smentita ai resoconti di fonte americana. Però la scelta di non menzionare mai quella condanna è stata un gesto di riguardo verso Putin.
La posizione cinese dall’inizio della guerra si evolve sì, ma poco. Con ogni probabilità Xi pensa che la Rus sia si sia cacciata in un’operazione di scutibile, e la sua stima di Putin deve essere scesa dopo i tanti errori stra tegici. Questo riesame dello scenario ucraino non arriva però a rimettere in discussione l’alleanza tra Cina e Rus sia, che rimane solida perché basata su due pilastri: la comune analisi sul declino irreversibile dell’Occidente; l’aspirazione condivisa a Pechino e a Mosca di sovvertire l’ordine globale americano-centrico. Il G20 non ha cambiato questa situazione. A cos’è servito allora l’incontro di Bali? È an dato in scena all’interno di quel verti
ce un tentativo di stabilire delle regole del gioco, un modus vivendi, all’inter no di un rapporto tra due superpo tenze destinate a rimanere antagoni ste. Qualcosa che assomigli a quella «coesistenza pacifica» che durante la prima guerra fredda consentì di evi tare il peggio: se non altro scongiurò un conflitto diretto tra Usa e Urss che probabilmente avrebbe comportato l’uso di arsenali nucleari.
Putin ha scagliato una pioggia di missili contro l’Ucraina proprio nelle ore del summit, quasi volesse vendicarsi di essere stato messo in ombra dal bilaterale tra Biden e Xi
La Cina pone all’America un proble ma senza precedenti nella storia. Nel le parole dello stratega capo della Ca sa Bianca, Jake Sullivan, «è al tempo stesso il nostro concorrente strategico e uno dei nostri maggiori partner eco nomici». La squadra Biden è impe gnata a ridefinire la competizione tra superpotenze in questo contesto ec cezionale. La Cina, sempre secondo il National Security Adviser Sullivan, è l’unica che oltre a voler sostituire l’or dine globale americano-centrico con un ordine alternativo, nel medio-lun
go periodo «avrà i mezzi per farlo». L’antagonismo è oggettivo, irriduci bile. Un osservatore esperto, l’ex pre mier australiano Kevin Rudd, so stiene che Xi Jinping è un marxista autentico, convinto che la storia se gnerà il crollo finale delle liberalde mocrazie capitaliste. Gli Stati Uniti devono gestire questa gara esisten ziale «in un mondo non manicheo», dicono i consiglieri di Biden: metà del pianeta non si allinea né con l’una né con l’altra delle superpotenze. Pochi vogliono rompere con un’America che possiede il triangolo d’oro delle risor se imperiali: moneta universale, au tosufficienza energetica, superiorità tecnologica (incluse le tecnologie mi litari). Pochi vogliono distanziarsi da una Cina che commercia e investe in Asia, Africa, America Latina.
La stessa industria Usa fatica a li berarsi dalla propria sino-dipenden za; trent’anni di globalizzazione ave vano costruito una simbiosi tra le due maggiori economie, quasi gemelle siamesi. Le prove generali di un di vorzio economico sono iniziate, ma il processo è lento, irto di ostacoli: ne sa qualcosa Apple che tenta di rilo calizzare fabbriche dalla Cina verso l’India e il Vietnam, ma in questi due Paesi non trova la stessa manodopera operaia addestrata, né la stessa quali tà della produzione, né le stesse infra
strutture di trasporto. L’idea di ripor tare in Occidente attività industriali perdute nell’era aurea della globaliz zazione si scontra anche col fatto che non vogliamo più sporcarci le mani: abbiamo declassato la nostra cultu ra operaia e demonizziamo l’indu stria perché inquina. Si parla molto di friend-shoring, cioè una rilocalizza zione in Paesi amici e affidabili, come il nuovo orizzonte di una globalizza zione su scala ridotta, con frontiere ri disegnate secondo i nuovi imperativi della sicurezza strategica.
Le risorse cominciano a esserci, almeno in alcuni settori: Stati Uni ti, Unione europea e Giappone stan no tutti imitando la politica indu striale cinese, con generosi sussidi e aiuti di Stato, per riportare in patria un’attività strategica come la produ zione di semiconduttori. Qualco sa si sta muovendo in quella direzio ne. Però nell’ultimo biennio gli Stati Uniti sono riusciti a rilocalizzare in patria circa trecentomila posti di la voro all’anno, in media: nel venten nio precedente ne avevano delocaliz zati dieci milioni. In altri settori come l’auto elettrica, le batterie, i pannelli solari, perfino i massicci sussidi sta tali degli Stati Uniti rischiano di non bastare per sottrarre alla Cina il con trollo della componentistica a mon te. Anche perché quasi tutto ciò che
precede e prepara il prodotto finale, auto elettrica o pannello solare, è in quinante e l’Occidente preferisce che siano i cinesi a «sporcarsi».
In queste delicate prove generali di un divorzio, Biden e Xi hanno un co mune interesse a prevenire inciden ti di tipo ucraino, magari a Taiwan: crisi improvvise e devastanti, provo cate da errori di calcolo, incompren sione dell’avversario. Conviene a tut ti che siano chiare le «linee rosse» di ciascuno, che l’altro non deve oltre passare. Serve un «telefono rosso» sul modello di quello che funzionò tra Washington e Mosca nella prima guerra fredda: un sistema di comuni cazioni ad altissimo livello per parlar si sull’orlo della crisi e fermarsi prima del baratro.
La ripresa della cooperazione Usa-Cina sull’emergenza climatica è un altro gesto distensivo. Quella co operazione fu interrotta unilateral mente da Xi dopo la visita di Nancy Pelosi a Taiwan. Ma ogni progresso raggiunto a Bali può essere compro messo da crisi bilaterali improvvise, su questioni sulle quali non c’è inte sa. Per esempio: il probabile succes sore di Nancy Pelosi alla presidenza della Camera, il repubblicano Ke vin McCarthy, ha già detto che ha l’intenzione di fare lo stesso viag gio a Taiwan.
Nella Zona demilitarizzata, la striscia di terra che divide la Corea del Nord dalla Corea del Sud lungo il trentotte simo parallelo, è ancora vietato visita re il villaggio di Panmunjeom e l’Area di sicurezza congiunta, quei prefab bricati blu (nella foto) dove nel 1953 fu firmato l’armistizio della guerra di Corea e più di recente, nel 2018 e nel 2019, il leader nordcoreano Kim Jongun ha incontrato il presidente del sud, Moon Jae-in, e quello americano Do nald Trump. Questioni di sicurezza, dicono: quando la situazione si fa più tesa tra le due Coree, quello a pochi passi dal territorio nordcoreano è il primo posto che viene chiuso al pub blico. Panmunjeom negli anni è di ventato un luogo turistico, ma resta soprattutto un simbolo di una que stione irrisolta e importantissima per la politica asiatica: la minaccia del re gime di Pyongyang, la capitale della Corea del Nord, e una guerra fredda mai davvero finita, con una peniso la divisa esattamente a metà tra una dittatura povera, aggressiva e una de mocrazia sviluppata, ipertecnologica. Quando la situazione si fa più tesa il villaggio di Panmunjeom e l’Area di sicurezza congiunta vengono chiusi al pubblico
Negli ultimi mesi il regime ha au mentato esponenzialmente la minac cia missilistica e nucleare contro la Corea del Sud (e contro il suo alleato principale, l’America). Si parla di ol tre trenta missili balistici, con diverse gittate, lanciati in una finestra tem porale brevissima. Ma non solo, rara mente era avvenuto che la Corea del Nord procedesse anche con esercita zioni d’artiglieria sul confine, provo cazioni militari esplicitamente dirette al sud. Generalmente i test missilisti ci nordcoreani avvengono nel tota le disinteresse della popolazione su dcoreana. Ma il 2 novembre scorso i cittadini sudcoreani che vivono sulle isole occidentali si sono svegliati con un messaggino sullo smartphone, e non uno qualunque. Era un allar me che chiedeva ai residenti di rifu giarsi nei bunker. Un missile balisti co nordcoreano era arrivato a soltanto 57 chilometri dalla città sudcoreana di Sokcho, una destinazione turisti ca molto popolare soprattutto in que ste settimane che precedono il fred do inverno. Secondo il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol, il missile ha violato le acque territoriali attor no all’isola di Ulleungdo, nel Mar del Giappone, che dista circa 120 chilo metri dalla costa. Per qualche ora si è temuto il peggio.
È infatti vivo nei ricordi dei sudco reani, specialmente tra i ragazzi che svolgono il servizio di leva, ancora obbligatorio per gli uomini, quel pri mo pomeriggio del 23 novembre del 2010. Alle 14.30, a seguito di alcune esercitazioni militari sudcoreane nel Mar Giallo, l’artiglieria nordcoreana ha aperto il fuoco contro l’isola su dcoreana di Yeonpyeong. Nell’attac co hanno perso la vita due civili dell’i sola (anche due soldati nordcoreani) ma l’episodio viene ricordato soprat tutto per le fasi successive, quelle in cui sembrava che la rappresaglia del Governo di Seul potesse aprire un nuovo fronte di guerra. Così non è stato e per molto tempo, soprattutto nelle frange più oltranziste in Corea del Sud e quelle legate alle Forze ar
mate, l’inazione del Governo del sud per cercare la de-escalation fu in realtà considerata un’umiliazione, e il mo tivo per cui ancora oggi Pyongyang si permette di essere così aggressiva. Secondo gli analisti sudcoreani, in realtà, sono tre i motivi per cui la Corea del Nord negli ultimi mesi sta aumentando le sue provocazioni, ed è pronta al suo settimo test nuclea re, che secondo le immagini satellita ri sarebbe imminente. Da un lato c’è il fatto che alla presidenza di Seul, a maggio, è arrivato Yoon Suk-yeol, un conservatore populista che ha com pletamente cambiato la sua politica nei confronti del nord rispetto alla precedente amministrazione demo cratica guidata da Moon Jae-in. Mo on cercava a tutti i costi il dialogo; Yoon è pronto a rispondere anche con la forza contro il nord. Poi c’è la guer ra della Russia contro l’Ucraina, che ha avvicinato ancora di più il regime alla Russia e che, in un piano di de stabilizzazione globale, si sente sem pre più protetto, soprattutto nelle sedi internazionali come l’Onu. E poi na turalmente ci sono le motivazioni che riguardano la strategia interna nor dcoreana: dopo la pandemia, l’econo mia del nord è praticamente al collas so e le provocazioni sono state spesso usate, in passato, per far tornare al ta volo dei negoziati gli altri Paesi, pron ti con aiuti alimentari ed economici.
La guerra della Russia contro l’Ucraina ha avvicinato ancora di più il regime di Pyongyang a Mosca
La Corea del Nord è stata tra i te mi discussi tra il presidente america no Joe Biden e il leader cinese Xi Jin ping a Bali, in Indonesia, nel contesto del G20 (leggi articolo a pagina 27). L’America sa che il regime si tiene in piedi soprattutto grazie al supporto – politico ed economico – di Pechi no, e la Cina serve per un’azione co ordinata contro il leader nordcoreano Kim Jong-un. Xi Jinping ha parlato di Corea del Nord anche durante il faccia a faccia con Yoon Suk-yeol e ha dichiarato di essere pronto a favori
re la denuclearizzazione del regime di Kim Jong-un solo nel momento in cui anche il leader aderirà alla proposta (non succederà mai, le armi nucleari
sono l’unica difesa per l’esistenza stes sa del regime). Con Pyongyang sem bra di tornare sempre allo stesso pun to. Il problema politico principale, per
Seul e per chi, a Washington, vorreb be mantenere alta l’attenzione sulla questione nordcoreana, resta il fatto che la minaccia in realtà resta lonta na dalla vita quotidiana di Seul. Per le strade della capitale nessuno cre de infatti che una guerra sia davve ro possibile. I problemi reali sono al tri: la strage di Itaewon, per esempio, quando, nell’ottobre scorso, durante i festeggiamenti di Halloween, oltre 150 ragazzi – tra sudcoreani e stranie ri – sono morti schiacciati nella calca. La tragedia ha avuto anche un effetto politico: i gruppi progressisti e demo cratici che oggi sono all’opposizione chiedono le dimissioni del presidente conservatore Yoon per non aver assi curato il corretto svolgimento di una festa pubblica. Di recente, mentre da un lato della piazza principale di Seul, Piazza Gwanghwamun, si svolge va l’ennesima fiaccolata per ricorda re i morti di Itaewon, dall’altra parte è stata autorizzata una contro-mani festazione in favore del conservatore Yoon. E dagli altoparlanti di un ca mioncino, a un certo punto, è parti ta una canzone tradizionale che dice «guerra alla Corea del Nord». La so cietà sudcoreana è divisa su moltissi mi temi e il rischio è che la contrappo sizione tra democratici e conservatori influisca pure su una questione, quella nordcoreana, che da più di settant’an ni nessuno riesce a risolvere.
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Donne: le più odiate del web
Testimonianze ◆ Un documentario canadese mette in luce l’impatto della cyber-violenza sulla vita di politiche e attrici ma non solo
Luisa Betti DakliA pochi giorni dalla Giornata in ternazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novem bre) parliamo della violenza di gene re online. Un fenomeno in costante espansione dagli effetti devastanti. Lo illustra bene Blacklash: misogyny in the digital age, un documentario cana dese girato da Léa Clermont-Dion e Guylaine Maroist che sta facendo il giro del mondo e che racconta senza pietà le storie di chi quel trauma l’ha vissuto sulla propria pelle. A parla re sono l’ex presidente della Camera dei deputati italiana, Laura Boldrini, l’ex deputata democratica statuniten se Kiah Morris, l’attrice francese Ma rion Séclin, la sorella del fondatore di Facebook Donna Zuckerberg, la ma estra canadese Laurence Gratton e il padre di Rehtaeh, una ragazza che si è suicidata nel 2013.
Le vittime sono soprattutto ragazze e donne che osano prendere parola, esponendo pubblicamente le loro idee
Si racconta di minacce, denigrazio ni pubbliche, persecuzioni, linciag gi sui social che portano le vittime a cambiare abitudini, ad avere paura di uscire di casa, fino appunto alla scel ta di porre fine alla propria vita per ché non riescono ad andare avanti. Il documentario dà voce a chi ha subito la cyber-misoginia, specificando che le vittime sono soprattutto ragazze e donne che osano prendere parola, esponendo pubblicamente le loro idee nei contesti più vari.
La prima a raccontarne i terribi li risvolti è Boldrini, resa bersaglio politico in chiave sessista da Bep pe Grillo, fondatore del Movimento
5 Stelle, quando sulla sua pagina Fa cebook seguita da milioni di persone postò la foto di un uomo in auto con una caricatura della presidente men tre si chiedeva: «Cosa faresti se fossi in macchina con la Boldrini?». Un post commentato con migliaia di minacce di stupro, morte e violenza. Non molto tempo dopo il leghista Matteo Salvini, oggi ministro del Governo Meloni, si presentò su un palco con una bambola gonfiabile chiamandola «la sosia del la Boldrini». Esposizioni alla violenza pubblica che diedero il via a un’ondata di attacchi culminati nella busta con un proiettile recapitata per posta a casa di Laura Boldrini e nel commento sui social di Matteo Camiciottoli, sindaco di Pontinvrea, che consigliava di man dare degli stupratori da lei, «magari le mettono il sorriso».
Situazioni da incubo che hanno assillato anche Laurence Gratton, un’insegnante delle elementari per seguitata mentre era all’università da uno studente che, sotto mentite spo glie, durante le lezioni la intimava di stare zitta con messaggini su Fb. Un ragazzo che quando è stato scoperto e denunciato alla rettrice ha messo le sue foto su siti porno esponendo la ad altri uomini, minacciandola di stupro e morte, rivelando di sapere il suo indirizzo di casa. Una storia si mile a quella di Kiah Morris che du rante la sua seconda campagna elet torale in Vermont come democratica alla Camera statunitense è stata vit tima di una devastante campagna di odio, con molestie e atti persecutori online, che l’ha costretta ad andar sene e abbandonare la carriera poli tica, dopo che uno dei suoi «odiatori» si era nascosto nella sua cantina met tendo a repentaglio la sicurezza sua e della sua famiglia, distrutta dalle mi nacce continue. Tra tutte però è Ma
rion Seclin, un’attrice parigina che ha deciso di fare del femminismo la sua battaglia sui social, a detenere il re cord dell’odio sul web con oltre 40mi la aggressioni di ogni tipo. «È deva stante leggere ogni giorno commenti con ingiurie, insulti e minacce», dice, confessando di aver iniziato a pensa re al suicidio.
Per Laurence Rosier, linguista al la Free University of Brussel, più le donne parlano di diritti e rievocano il femminismo, più gli uomini decidono di insultarle: un «vizietto» cominciato già nell’antichità e che è esploso con le suffragette molestate pesantemen te per strada durante le manifesta
zioni e insultate sulla carta stampata. Un fenomeno globale che per Donna Zuckeberg, esperta di violenza di ge nere nei social, colpisce soprattutto le donne di potere che vengono umilia te online anche attraverso figure che hanno il loro volto mentre vengono oltraggiate in ogni modo. Ma tutte ne possono cadere vittima.
La violenza fisica e online ha por tato la giovanissima Rehtach a suici darsi, come racconta suo padre: «Mia figlia era andata a un pigiama party dove c’erano anche dei ragazzi che l’hanno fatta bere. Quando si è sve gliata il mattino dopo era mezza nu da, si sentiva strana e non sapeva cosa
Dalle molestie online allo stupro virtuale
le fosse successo. Ma quando è anda ta a scuola tutti parlavano di lei per ché i ragazzi della sera prima avevano mandato in Rete le foto mentre la stu pravano e le mettevano la testa fuori dalla finestra perché stava vomitan do». Rehtach ha appreso così di es sere stata violentata e, invece di essere soccorsa per quello che le era succes so, è stata oggetto di una vittimizza zione secondaria con un accanimento tribale da parte dei suoi compagni che sui social scrivevano: «Le putt*** non sono benvenute a scuola». Un marti rio che è durato fino al giorno in cui i suoi genitori l’hanno trovata impicca ta nella sua stanza.
Tendenze ◆ La digitalizzazione della società ha preso nuovo slancio durante la pandemia e i cyber-rischi sono cresciuti, specie per «lei»
Romina BorlaLa digitalizzazione della società ha conosciuto un’accelerazione durante la pandemia, con relative chiusure e re strizioni, mentre sono aumentati i cy ber-rischi. Si è verificata un’impenna ta delle forme di violenza digitale che colpiscono specificamente le donne e le ragazze, afferma una ricerca condot ta nel 2021 dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere o Eige (un’a genzia dell’Unione europea). Queste ultime non solo hanno maggiori pro babilità di essere prese di mira in Rete rispetto ai maschi, ma rischiano di su bire conseguenze più gravi: devastan ti sofferenze psicologiche, danni fisici, economici ecc.
«Gli atti di violenza di genere per petrati attraverso le nuove tecnolo gie – sostiene l’Eige – sono parte in tegrante della violenza che le donne e le ragazze subiscono quotidianamen te a tutti i livelli». Si tratta di un fe nomeno da ricondurre «alla situazione di disuguaglianza tra i sessi che anco ra persiste nelle nostre società». Un fe nomeno che assume forme diverse. In alcuni casi si tratta di estensioni onli ne di forme di violenza consumate nel mondo fisico: ad esempio le molestie digitali, il cyber-stalking o il cyber-bul lismo. Comportamenti persecutori che hanno lo scopo di colpire, offen
dere, umiliare, isolare e spaventare la vittima. Tuttavia, evidenzia l’agen zia dell’Ue, «la cyber-sfera può favori re il diffondersi di forme di violenza diverse, uniche, e può amplificare la portata delle sofferenze rispetto ai so prusi attuati nel mondo fisico». Pen siamo al fenomeno della condivisione non consensuale di immagini oppure video intimi (o la minaccia di farlo), al doxing (quando vengono pubblica te informazioni private su una persona senza il suo consenso), al deepfake (do cumenti audio o video falsi in cui una persona fa e/o dice cose che non ha mai fatto e/o detto, realizzati con so fisticate tecniche informatiche; spes so riguardano donne e ragazze ritratte nell’intimità o durante atti sessuali).
Che dire poi del discorso d’o dio online basato sul genere – spes so rivolto a donne che ricoprono ruoli pubblici – il quale può anche com portare «la condivisione di contenuti feroci che ritraggono donne e ragaz ze come oggetti sessuali o bersagli di violenza». Il gendertrolling : l’invio di e-mail o la pubblicazione di post sui social media per denigrare, insulta re, spaventare, danneggiare la repu tazione di qualcuna. La sextortion: la minaccia di pubblicare contenuti a sfondo sessuale che riguardano la vit
tima (alla quale viene chiesto di man dare materiale ancora più estremo o denaro). Fino ad arrivare allo stu pro virtuale, una situazione in cui la rappresentazione digitale di una per sona viene sottoposta a violenza ses suale simulata da parte di altri ava tar. E la lista dell’Eige non finisce qui. Questo tipo di abusi può iniziare offline e continuare online attraver so diversi canali, come social media,
e-mail o app di messaggistica istanta nea. O viceversa: cominciare in Rete e sfociare nel mondo fisico. Gli auto ri possono essere parenti, conoscen ti, partner ed ex partner della vittima ma anche sconosciuti o profili anoni mi attivi nella cyber-sfera. Raccogliere dati in merito è difficile; le cifre ripor tate nelle statistiche sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno in realtà molto più diffuso. Di frequente infatti le vittime non denunciano il loro ag gressore per paura di peggiorare la si tuazione, per vergogna, perché sanno che non rischia granché ecc. Le leggi di solito non contemplano articoli ad hoc per questi tipi di reati (in Svizzera non è nemmeno ancora contemplato il reato di stalking, online o meno).
«La violenza di genere digitale è un fenomeno globale e intercultura le», sottolinea l’Eige. Che ha risvol ti più che inquietanti. Si parla anche della formazione di comunità online che vanno oltre i confini nazionali e che hanno lo scopo di diffondere l’o dio verso le donne, come Manosphere (un inno alla mascolinità) e Incel (da involuntary celibate, gruppo di uomi ni che si sente vittima del rifiuto del le donne). Insomma, nuovi mezzi che veicolano pensieri antiquati e dannosi, duri a morire.
Dati svizzeri e ticinesi
La Statistica criminale di polizia, pubblicata dall’Ufficio federale di statistica (Ust), fornisce informa zioni sui reati digitali dal 2020. Se scorriamo i dati ticinesi, vediamo che nel 2021 ne sono stati registra ti 338 (erano 237 nel 2020), suddi visi nelle categorie cyber-criminali tà economica (255 nel 2021 e 160 nel 2020), cyber-delitti sessuali (ri spettivamente 65 e 53), cyber-lesio ne della reputazione e pratiche slea li (18 e 24). Purtroppo il documento in questione non specifica il genere delle vittime.
Più in generale, in Svizzera nel 2021 il numero dei reati digitali è cresciu to del 24 per cento. Lo scorso an no se ne contavano 30’351, contro i 24’398 del 2020. Si parla di una media di 83 denunce al giorno, del le quali la stragrande maggioranza concerne il settore della cyber-cri minalità economica. I cyber-delit ti sessuali erano 2612 (2572 nel 2020) mentre i casi di cyber-lesio ne della reputazione e pratiche sleali 1240 (1103).
Quel gelo tra Parigi e Berlino
Prospettive ◆ Il raffreddamento delle relazioni tra le due nazioni è un rischio per l’Ue che cerca faticosamente di rimanere coesa
Marzio RigonalliL’invasione russa dell’Ucraina ha mes so a dura prova la concordia all’inter no dell’Ue. L’unità dei 27 Paesi mem bri resiste, almeno fin ora, anche se la ricerca di soluzioni comuni stenta a realizzarsi in più settori. Sulle que stioni energetiche, per esempio. Sugli obiettivi della guerra, dove i Paesi del la parte orientale e del nord del Con tinente vorrebbero una vittoria dell’U craina, mentre i Paesi del centro e del sud optano piuttosto per il rapido rag giungimento della pace. Sull’immi grazione, vecchio problema mai supe rato che è tornato in primo piano con la nave Ocean Viking e la rissa diplo matica tra l’Italia e la Francia. Oltre a queste profonde difficoltà, negli ultimi tempi è sorto un ulteriore ostacolo che rischia di incidere negativamente sulla coesione interna dell’Unione. Trattasi del raffreddamento delle relazioni tra la Francia e la Germania.
Per decenni l’asse Parigi-Berlino è stato considerato il motore della co struzione europea. Tutte le decisioni importanti per il divenire dell’Europa non venivano prese senza il consenso preliminare delle due capitali. E l’inte sa bilaterale trovava un’eco nei cordia li rapporti che esistevano tra i leader dei due Paesi. Tra Charles De Gaul le e Konrad Adenauer; tra Valéry Gi scard d’Estaing e Helmut Schmidt; tra Helmut Kohl e François Mitter rand; tra Gerhard Schröder e Jacques Chirac; tra Angela Merkel e François Hollande ed Emmanuel Macron. Con
l’arrivo di Olaf Scholz alla Cancelle ria tedesca qualcosa si è rotto e le di vergenze si sono moltiplicate. Berlino ha stanziato 200 miliardi di euro per aiutare le aziende e i privati, costret ti a far fronte al rincaro delle bollette energetiche. La decisione è stata pre sa senza avvertire né Parigi né le al tre capitali europee. La Germania ha aumentato il suo bilancio militare ma una buona parte dei soldi stanziati vie ne impiegata per comperare materiale bellico al di fuori dell’Ue. Il cancelliere Scholz, che è stato sindaco di Ambur go dal 2011 al 2018, ha offerto alla Cina una partecipazione nel porto della cit tà sulle rive dell’Elba e si è recato a Pe chino con una delegazione economica tedesca senza proporre ad altri leader europei di accompagnarlo. La dipen denza energetica della Germania nei confronti della Russia, accumulata ne gli anni da Angela Merkel, non sem bra costituire una prassi abbandonata.
Anche il presidente Macron ci ha messo del suo. In maggio ha lanciato il progetto della Comunità politica euro pea (Cpe) senza coinvolgere altri leader nell’elaborazione del progetto. La Cpe, alla quale partecipa anche la Svizzera, ha fatto una prima riunione in otto bre, a Praga, e terrà il prossimo incon tro in Moldavia. Il presidente francese ha bloccato il progetto, caro a Berlino, di un gasdotto dalla Spagna alla Ger mania, attraverso il territorio france se. Infine Macron ha dovuto incassare le critiche tedesche per non sostenere
La prova concreta della distanza tra Parigi e Berlino è stata la cancellazione del Consiglio dei ministri franco-te desco. È un incontro che avviene ogni anno e che quest’anno avrebbe dovuto svolgersi a Fontainebleau, il 26 ottobre. La riunione è stata prima annullata e poi rinviata all’anno prossimo. Per non rendere pubblica la frattura, Macron e Scholz si sono trovati per un déjeuner de travail. Dietro alle divergenze emer gono due diverse visioni dell’Europa. Il presidente francese vuole un’Euro pa sovrana e forte, anche militarmen te, nel cui centro verrebbe volentieri la
Francia, unico Paese dell’Ue a detene re l’atomica. È una visione che non tie ne conto dei cambiamenti intervenu ti dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ossia il rafforzamento politico dell’Eu ropa orientale, il ritorno degli Usa sul vecchio Continente e la rinascita del la Nato. Queste modifiche geostrate giche indeboliscono l’attuale centro di gravità dell’Ue e lo spingono verso est. Il cancelliere tedesco continua con la tradizionale posizione della Germa nia che, per lo meno nel settore del la sicurezza, guarda con più interesse agli Stati Uniti che non alla Francia, e cerca di rivedere il modello economico, fin ora basato sulla Russia, come Pae se fornitore di gas, e sulla Cina, come sbocco dei suoi prodotti commerciali.
Sa però che l’Ue, in tempi non troppo lunghi, si allargherà ad est per incorpo rare Paesi come l’Ucraina e la Georgia e che ciò assegnerà a Berlino un ruolo politico ed economico ancora più cen trale e probabilmente più accattivante di quello di Parigi.
Un ultimo elemento di cui convie ne tener conto, anche se non è decisi vo, sono le relazioni umane tra i due leader. Tra di loro non c’è niente che ricordi l’immagine scattata a Verdun nel 1984, tra Kohl e Mitterrand, mano nella mano, davanti alle tombe dei sol dati caduti, tedeschi e francesi, duran te la prima guerra mondiale. Una foto che poi divenne simbolo della rappaci ficazione franco-tedesca. È impossibile prevedere come queste relazioni evol veranno, se miglioreranno. Macron è in carica fino alla prossima elezione presidenziale (2027). La permanen za di Scholz al potere dipenderà dal la tenuta della coalizione ch’egli guida, con gli alleati verdi e liberali, e quin di dall’evoluzione della politica inter na tedesca.
L’asse Parigi-Berlino ha dunque perso parte del vigore che l’ha carat terizzato negli ultimi decenni. Proba bilmente non verrà sostituito da un al tro asse tra capitali europee. Evolverà, condizionato dallo sviluppo inter no dell’Unione, dai tempi che saran no necessari per arrivare alla fine della guerra e dalla forza che avranno i mo vimenti populisti e nazionalisti nei Pa esi europei.
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Un mercato in cerca di assestamento
Immobiliare ◆ La domanda di nuovi alloggi sta calando a causa dell’aumento dei tassi d’interesse, ma l’immigrazione la mantiene tuttora alta, di conseguenza i prezzi d’acquisto e gli affitti restano alti
Ignazio BonoliA differenza degli altri paesi indu striali, la Svizzera può godere di pre visioni economiche per il 2023 abba stanza buone: il tasso di crescita del PIL rimane positivo e l’inflazione si muove su livelli ben inferiori a quel li di altri paesi. Il franco forte sem bra non impensierire più di quel tan to l’industria d’esportazione, anzi dà un contributo molto prezioso al con tenimento dei prezzi al consumo. La Banca Nazionale applica, come tutte le altre banche centrali, una politica di rialzo dei tassi di interesse, ma non tale da spingere verso limiti troppo alti il costo del denaro in generale.
Secondo uno studio di Raiffeisen, la crescita della popolazione richiede molte più abitazioni di quante siano disponibili
In questo contesto piuttosto favore vole non sembra ancora delinearsi abbastanza nettamente un’attendibile previsione per il mercato immobilia re. Anche se il celebre detto «Quand le bâtiment va, tout va» è ormai ob soleto per le economie più avanzate, l’andamento del mercato immobi liare resta pur sempre un indicatore congiunturale importante. Indicatore però soggetto a molte variabili, tanto intrinseche, quanto (detto in termini tecnici) «esogene».
In questi ultimi anni, compli ce una politica molto espansiva del le banche nazionali, compresa quel la svizzera, il finanziamento delle costruzioni è stato molto agevola to, tanto per il settore privato, quan to per quello pubblico. Già da tem po si è quindi temuta la classica bolla edilizia che, a un certo momento, sa rebbe potuta scoppiare e tradursi in una crisi che avrebbe potuto coin volgere pesantemente tutta l’econo mia. Il crollo non si è invece verifica to, nonostante le premesse piuttosto favorevoli.
Perché questa situazione si sia ve
rificata, tentano di spiegarlo parec chi esperti del mercato. Tra di essi il classico studio trimestrale del Cre dit Suisse che, a fine settembre, os servava come l’inflazione persistente e l’aumento dei tassi di interesse ab biano avuto un impatto minimo sul mercato immobiliare svizzero. Al contrario, i prezzi continuano ad au mentare, gli affitti e le abitazioni in proprietà diventano sempre più cari.
Si tratta di una tendenza dettata soprattutto dai grandi centri urba ni. Qui i prezzi degli appartamen ti in proprietà sono aumentati del 10% in media tra la metà del 2021 e la metà del 2022. Ma la tendenza è confermata anche da altre valutazio ni. Quella di UBS su 25 città a livel
lo internazionale dice che la crescita degli affitti e dei salari non ha tenu to il passo con l’evoluzione dei prez zi degli immobili. Gran parte della responsabilità va attribuita alla poli tica espansiva delle banche centrali che hanno favorito la concessione di crediti a condizioni molto vantaggio se, alimentando a sua volta anche una forte crescita della domanda. Feno meno che si è puntualmente verifica to anche in Svizzera.
Dal canto suo, la Banca Raiffei sen pubblica uno studio che prevede una penuria di abitazioni in Svizzera, soprattutto a causa della forte immi grazione. Nel contesto di prezzi dei terreni edificabili molto elevati, di re golamenti edilizi sempre più esigenti,
nonché di una popolazione pure esi gente, «l’edilizia residenziale sta at traversando ormai da tempo una fase di forte contrazione».
La banca ne deduce che «la popo lazione svizzera, che cresce in modo dinamico e vive in spazi sempre più grandi, necessita di molte più abita zioni di quante ne siano disponibili al momento sul mercato». D’altro canto, la buona tenuta dell’economia svizze ra e la mancanza di personale specia lizzato, nonché la guerra in Ucraina fanno aumentare l’immigrazione.
In termini economici, l’offerta di abitazioni non è in grado di rispon dere a una domanda in crescita, il che provoca inevitabilmente un aumento dei prezzi, sia per l’acquisto, sia per
la locazione di un’abitazione. Sempre la Banca Raiffeisen nota però un’a nomalia importante del mercato: an che al di fuori delle zone migliori si constata una scarsità di alloggi, no nostante fino a due anni fa si sia co struito intensamente.
L’evoluzione di questi ultimi an ni ha favorito anche l’acquisto di ca se unifamiliari proprie. È tuttavia bastato un leggero aumento dei tas si di interesse per porre fine a que sto fenomeno, anche se i prezzi han no cominciato a diminuire. È uno dei sintomi di una domanda che sta ral lentando di fronte a un’offerta sem pre abbondante sia per la casa in proprietà, sia per l’affitto. In quest’ul timo caso la domanda potrebbe avere qualche impulso dall’immigrazione, ma l’offerta continuerà ad essere al ta. Si tratta di solito di investimenti da parte di professionisti che posso no tollerare uno sfitto di circa il 2% e che possono, quindi, anche mantene re l’attuale livello dei prezzi.
In sostanza, non si vedono gli estremi per una crisi nel settore im mobiliare in Svizzera. La fine di un periodo eccezionale di boom immo biliare potrebbe però riportare un mercato iper-espansivo a condizioni più normali. L’offerta potrebbe subi re un certo ridimensionamento, dal momento che gli immobili da inve stimento stanno perdendo in attratti vità. Potrebbero però ricuperarla con un eventuale aumento del tasso ipo tecario di riferimento che permet terà di adeguare gli affitti. Un calo dei prezzi delle case in proprietà sa rebbe anche auspicabile, almeno al punto da riportare il costo del de bito ipotecario al di sotto di quello dell’affitto. Per concludere, il merca to immobiliare svizzero sarà sogget to a qualche fase di assestamento, ma probabilmente non a grandi cambia menti. Il tutto, ovviamente, nell’atte sa di un ritorno alla normalità di cer ti fattori esogeni, come per esempio i costi dell’energia o il clima politico internazionale.
Il Mercato e la Piazza
Economia di guerra
Sarebbe sbagliato attribuire tutti i problemi di cui soffre attualmen te l’economia europea e Svizzera, al la guerra in Ucraina. Ma è vero che quello che, da mesi, sta succedendo sui mercati dei vettori energetici è una conseguenza diretta di questo conflit to ed è anche vero che una buona par te delle misure che Bruxelles e Berna, con le altre capitali europee, hanno già preso, stanno prendendo o inten dono prendere per riportare un po’ d’equilibrio in questi mercati possono essere comparate a misure dell’econo mia di guerra.
La guerra, si sa, ha sempre forti in fluenze negative sull’economia. In primis nei paesi belligeranti perché porta all’annientamento di buona parte del potenziale produttivo e del le infrastrutture degli stessi. In secon do luogo nell’insieme dell’economia mondiale perché ponendo ostacoli insuperabili all’approvvigionamento
In&Outlet
in materie prime, prodotti semi-finiti e beni di consumo, ingenera un pro cesso inflazionistico che frena le pos sibilità di sviluppo di tutte le econo mie e, spesso, determina una caduta del livello di benessere generale. La variazione quinquennale dei prezzi al consumo in Svizzera, dall’inizio di questa statistica ad oggi, mostra come i periodi delle due guerre mondiali si ano stati periodi di forte inflazione eguagliati, nella loro importanza, so lo dal quinquennio 1970-75, durante il quale i prezzi del petrolio, in seguito alla guerra del Yom-Kippur in Israele – dal settembre al dicembre del 1973 – nel giro di tre mesi erano stati qua druplicati dall’OPEC per sostenere lo sforzo bellico dei paesi arabi. L’aumento dei prezzi è quindi la con seguenza diretta di lacune e insuffi cienze nell’offerta, determinate dagli eventi bellici o da misure di sostegno della guerra. Stiamo parlando di un
aumento dei prezzi straordinario che genera sempre reazioni da parte dei governi dei paesi toccati dal fenome no. Il primo tipo di reazione è l’aiuto finanziario, concesso in forme diverse ai soggetti economici colpiti dal rin caro. Certe volte, poi, per finanziare in parte o in tutto questi interventi, i governi introducono misure fiscali particolari, volte a ridurre l’importo dei guadagni straordinari delle azien de private che producono o vendono i beni rincarati, come potrebbe essere attualmente il caso per le aziende del settore energetico.
Un secondo tipo di reazione gover nativa è l’imposizione di un calmie re dei prezzi nei mercati dei beni che guidano l’inflazione. I lettori avranno seguito le discussioni accanite che si sono svolte, ancora di recente, a livel lo di Unione Europea, per arrivare a mettere un tetto al prezzo del gas. Da noi, in Svizzera, un intervento diret
Lo scontro che l’Italia non può vincere
Lo scontro con Emmanuel Macron è alla lunga un bel guaio per Gior gia Meloni sul piano politico, ma sul breve termine può essere un vantag gio propagandistico. Gli italiani so no convinti di essere disprezzati dai francesi. In realtà, i francesi amano l’Italia. Diverso è il giudizio sulla po litica di quello che Dante per primo definì il Bel Paese. L’Italia fascista attaccò la Francia con i tedeschi già a Parigi: una «pugnalata alle spalle» che in particolare i gollisti non hanno mai perdonato. La Francia è stata go vernata per quasi mezzo secolo dalla destra antifascista, espressione che in Italia è considerata quasi un ossimo ro. È abbastanza normale che qualsi asi giustificazione del fascismo suoni stonata sull’altro versante delle Alpi. Quando poi vince le elezioni italia ne un partito che ha lo stesso simbolo – la fiamma tricolore – di Marine Le Pen, contro cui Macron ha combattuto
e vinto due dure campagne presiden ziali, è chiaro che qualche problemino si crea. Se infine il governo francese, tra cento spocchie – «vigileremo sul ri spetto dei diritti umani» – e mille pre giudizi, fa un gesto di buona volontà accogliendo una nave carica di profu ghi che era di fronte alle coste italiane, e un’ora dopo escono i tweet di traco tante esultanza del vicepremier Mat teo Salvini e di altri esponenti della maggioranza, allora si può conclude re che lo scontro l’Italia se l’è andato a cercare. E non lo vincerà, perché la Francia è un Paese che sotto ogni pro filo – Pil, abitanti, nucleare militare e civile, peso e costo del debito pubbli co, seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, numero di turisti – conta più dell’Italia. Poi c’è la Ger mania, che conta ancora di più, e ha interessi ancora più divergenti. Que sto non significa che i deboli debbano obbedire ai forti. Significa che ormai
Il presente come storia
Sovrani nei campi nostri
Nell’occuparsi del passato, più o me no recente, si matura l’impressione di vagare nel labirinto degli specchi di Lucerna, una fantasmagoria di rifles si, dov’è facile perdere la bussola, di sorientati dalle geometrie deformanti. E così concetti che si ritenevano per acquisiti e ben incardinati nel con testo ritornano in scena con lo stesso nome ma con significati diversi, a vol te opposti. Ultimi esempi: la nozio ne di «liberi e svizzeri» e la «sovranità alimentare».
La prima risale allo spirare del Set tecento, all’agonia dell’antico regi me. Nel 1798 la Repubblica cisalpina voluta da Napoleone, comprenden te l’attuale Lombardia e altri terri tori contigui, estese le sue mire sui baliaggi meridionali dei signori sviz zeri. Il progetto consisteva nell’annet tere quelle terre, italiane per lingua e cattoliche per religione, alla Cisalpi na, com’era avvenuto per la Valtelli
na. L’intento tuttavia fallì, i luganesi per primi si opposero all’occupazione mobilitando numerosi volontari ar mati al motto di «liberi e svizzeri». Il monumento di Piazza dell’Indipen denza, eretto un secolo dopo, ricor da quell’episodio, posto a fondamento del processo costitutivo della repub blica ticinese.
L’espressione ricompare per la seconda volta negli anni Trenta, per iniziativa del Consigliere di Stato Guglielmo Canevascini. Deciso ad impedire che il fascismo mettesse piede anche in Ticino, Canevascini nel gennaio del 1934 fondò una società segreta sotto il nome di «Liberi e Svizzeri». Furono queste squadre d’azione a sbaragliare alcune decine di esaltati sottocenerini che si erano messi in testa di ripetere la marcia su Roma a Bellinzona.
La terza rinascita dell’espressione la ritroviamo a metà degli anni Settan ta, sotto il nome di «Alleanza liberi e
l’Europa è un condominio rissoso e l’I talia è l’inquilino moroso, quello che non paga le bollette, l’ultimo che può alzare la voce con gli altri. Non esistono due popoli in Europa la cui storia sia più intrecciata degli ita liani e dei francesi. Napoleone parlava italiano in famiglia da ragazzo, e per tutta la vita parlò francese con accento italiano. Michel Platini era di Agrate Conturbia, Novara. Pierre Cardin si chiamava in realtà Pietro Cardìn ed era nato in un paesino della provin cia di Treviso. Si potrebbero fare de cine di esempi. Eppure questi intrecci rendono ancora più facile scontrarsi. Questa volta la pietra dello scandalo era davvero modesta. Chi tra qualche anno scriverà la storia del nostro tem po, troverà incredibile che, mentre il clima sulla Terra mutava con una ra pidità impressionante desertificando intere regioni, la Russia aggredisse l’Ucraina scatenando una guerra da
to del governo centrale sui prezzi dei vettori energetici è difficilmente pen sabile. Tuttavia anche da noi vi sono esempi storici di calmieri dei prezzi. Durante la prima guerra mondiale sia Lugano che Locarno avevano in trodotto un calmiere per i prezzi dei beni di prima necessità. Una propo sta dei socialisti di introdurre un cal miere a livello cantonale fu invece ri fiutata. Quando poi gli eventi bellici sono tali da impedire completamente l’approvvigionamento in beni neces sari come, nel caso attuale, potrebbe essere l’energia, i governi degli Stati interessati intervengono e, spesso, so spendono la negoziazione sui merca ti di questi beni assumendosi diretta mente la funzione di allocare i beni a produttori e consumatori. È quan to sta succedendo in Ucraina. Al po sto dell’economia di mercato si istalla così un’economia di guerra. Può allora capitare – come è successo
durante la prima guerra mondiale –che la razione di mais assegnata a un maiale dell’Altipiano sia più grande di quella riconosciuta ad un abitante del Ticino per il quale la polenta, in quei tempi, continuava a costituire un elemento essenziale della sua dieta. L’accesso ai beni – anche a quelli che servono per coprire bisogni fisiologi ci – viene razionato, in funzione del le possibilità di approvvigionamento. Queste, ovviamente, tendono a dimi nuire a seconda della lunghezza del conflitto armato. Il razionamento dei consumi costituisce, in un certo sen so, l’apogeo dell’economia di guerra. Speriamo di non dover arrivare, nel caso del conflitto in atto attualmente, a questa situazione estrema. Intanto però, non è sicuramente sbagliato ri costituire le nostre riserve alimentari.
Anche perché i prezzi della prossima primavera saranno decisamente più alti di quelli di oggi.
svizzeri», associazione che intendeva arginare l’infiltrazione della sinistra marxista e rivoluzionaria nei vari or dini di scuola e nella radiotelevisione. Ora – e siamo ai giorni nostri – «liberi e svizzeri» si dicono perfino i comuni sti, nella convinzione che la Svizzera abbia compiuto un errore madornale nell’abbandonare la neutralità inte grale di fronte dell’aggressione della Federazione russa all’Ucraina (posi zione analoga a quella assunta dall’U DC e dalla neonata Pro Svizzera). Altrettanto singolare appare la pa rabola della «sovranità alimentare», indirizzo volto a contrastare le mul tinazionali dell’agroalimentare e a promuovere il cibo lento e salutare, in contrapposizione con il «fast fo od» straricco di grassi e di zuccheri, causa prima di obesità e di disfun zioni cardiovascolari. Uno dei prin cipali bersagli delle campagne contro l’agrobusiness furono gli organismi
centinaia di migliaia di morti e feri ti per il Donbass. E che, mentre la guerra infuriava sui confini orienta li d’Europa, due grandi Paesi europei si scontrassero per 200 migranti. Non perché il Donbass e 200 migranti non siano importanti, ma perché incom bono questioni epocali, da cui dipen dono le sorti di tutti noi esseri umani. Si è molto parlato del litigio tra Ma cron e Meloni, e poco della Cop27, la conferenza sul clima. Quest’estate so no stato in una provincia del Kenya dove non piove da tre anni. Non ci sono più animali, quindi non ci sono più turisti. Tra poco non ci saranno più abitanti. La pressione dell’Afri ca sull’Europa è destinata a crescere, man mano che siccità e carestie avan zano. Invece di tenersi il muso per una nave, non sarebbe male che il gover no francese e quello italiano coope rassero per sgominare i trafficanti di esseri umani. L’immigrazione conti
nuerà, ne ha bisogno l’Africa e ne ab biamo bisogno noi europei, ma non può essere affidata ai moderni negrie ri. Quanto al merito della questione, la reazione della Francia è sproposita ta. Ma Macron ha i sovranisti in ca sa, e non può consentire ai sovranisti italiani di presentare un gesto di buo na volontà come un cedimento. A mio avviso, Macron resta meno peggio di Marine Le Pen, che è meno peggio di Eric Zemmour. Ma fino a quando gli europei non avranno un presidente comune, eletto dal popolo, tutti i capi di Stato e di governo continueranno a rispondere solo alle opinioni pubbli che nazionali. E tutti, chi più chi me no, si riveleranno sovranisti. Il punto è che, per un paese indebitato come l’Italia, il sovranismo è un problema, perché i quasi tremila miliardi di de bito pubblico sono di fatto garantiti dall’Europa, vale a dire dalla Francia e dalla Germania.
geneticamente modificati: iniziati ve che in Francia, alla fine del secolo scorso, sfociarono in manifestazioni e occupazioni guidate da un agricolto re occitano, José Bové. Ma le proteste si sono via via estese alla tutela del le risorse naturali, alla difesa dell’ac qua come bene pubblico primario, al controllo delle sementi. Le figure più note sono l’indiana Vandana Shiva, l’italiano Carlo Petrini, il francese Serge Latouche. Ma tornando agli affari locali, occor re ricordare che la sovranità alimenta re è arrivata anche nelle nostre urne: la prima volta il 23 settembre 2018, attraverso un’iniziativa popolare na zionale (respinta); la seconda volta il 13 giugno 2021 nel solo canton Ti cino, via referendum perché c’era di mezzo una modifica costituzionale. Il testo – accettato con il 62,1% dei vo tanti ticinesi – è quindi stato inserito nella Costituzione (art. 14/n) e reci
ta: «Il Cantone provvede affinché sia rispettato il principio della sovranità alimentare in quanto ad accessibili tà agli alimenti per una dieta variata, alla destinazione d’uso sostenibile del territorio e al diritto dei cittadini di poter decidere del proprio sistema ali mentare e produttivo». Si poteva far meglio, l’articolo non è un capolavoro letterario, ma questo è. La sovranità alimentare è anche nostra, non solo dei francesi e degli italiani. Due esempi, soprattutto il secondo, che ben illustrano la situazione che si è creata dopo la morte delle ideo logie, un labirinto linguistico e con cettuale che sta accompagnando le nostre giornate, un andirivieni dalla destra alla sinistra e viceversa, scaval cando steccati che sembravano ina movibili. D’altra parte nell’universo della post-verità in cui siamo immersi possiamo aspettarci tutto e il contra rio di tutto.
IERI BOTTIGLIE, OGGI BORSE
Migros propone articoli da viaggio e per il tempo libero realizzati in gran parte con PET riciclato – prodotti sostenibili al prezzo di quelli standard
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Così le bottiglie in PET rinascono a nuova vita
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CHE COS’È EFFETTIVAMENTE IL BAKUCHIOL?
Acido ialuronico, retinolo o vitamina C... Sul mercato svizzero è disponibile tutta una serie di principi attivi anti-age. Dall’inizio dell’anno, sugli scaffali si trova sempre di più anche l’ingrediente Bakuchiol. Un intervista con l’esperta NIVEA nella cura del viso, Dr. Ute Breitenbach, del centro di ricerca per la cura del viso Beiersdorf di Amburgo.
CHE COS’È EFFETTIVAMENTE QUESTO PRINCIPIO ATTIVO E CHE COSA LO RENDE PARTICOLARE?
Dr. Breitenbach: il Bakuchiol è un principio attivo anti-age di prossima generazione. Secondo le ricerche più recenti, il Bakuchiol incrementa significativamente l’attività delle cellule dell’epidermide e la produzio ne del collagene proprio della pelle.
COME AGISCE ESATTAMENTE IL BAKUCHIOL SULLA PELLE?
Il Bakuchiol agisce proprio dove inizia l‘invecchiamento della pelle. Questo principio attivo superstar stimola le cellule e ne ringiovanisce il comportamento. Attraverso test indipendenti abbiamo potuto dimostrare che il Bakuchiol incrementa la produzione di collagene del +48% in sole 4 ore* dopo l’applicazione e quindi contrasta efficacemente il processo di invecchiamento della pelle.
QUALI RISULTATI VISIBILI SI POSSONO PREVEDERE?
Già dal 1° giorno la pelle è tangibilmente più liscia, compatta e la carnagione è come rigenerata. Dopo una sola settimana i contorni del viso sono visibilmente definiti e persino le rughe profonde vengono ridotte.
QUAL È L’EFFICACIA DI BAKUCHIOL RISPETTO AGLI ALTRI PRINCIPI ATTIVI ANTI-AGE?
Abbiamo confrontato Bakuchiol con il noto principio attivo anti-age retinolo e siamo rimasti entusiasti del risultato. Studi scientifici hanno dimostrato che Bakuchiol svolge un’azione simile al retinolo, ma la sua tolleranza cutanea è migliore. Inoltre, nei nostri studi abbiamo potuto dimostrare la superiorità del Bakuchiol. Il Bakuchiol favorisce infatti l’attività cellulare e protegge le cellule dai radicali liberi in modo migliore rispetto al retinolo*. Abbiamo verificato gli ottimi risultati in qualità di team di esperti NIVEA nella cura del viso e attraverso istituti indipendenti. Sulla base di questi risultati è stata creata la nuova serie NIVEA CELLULAR Expert Lift. Le formule con Bakuchiol sono adatte a tutti i tipi di pelle. Possono utilizzarla senza problemi anche le consumatrici con pelle delicata.
* in vitro
SCANSIONARE PER AVERE PIÙ INFORMAZIONI
INCONTRO CON L’ESPERTA
La Dr. Ute Breitenbach esperta nella cura del viso
NIVEA CELLULAR EXPERT LIFT
Cura da giorno anti-age con Bakuchiol puro e acido ialuronico FP30
Una casa museo da sogno
La dimora al numero 14 di rue de La Rochefoucauld rappresenta l’ultimo grande sogno del pittore francese Gustave Moreau
Pagina 43
La fornace
A distanza di anni e nell’originale traduzione di Magda Olivetti, Adelphi ripropone la sconvolgente storia di Konrad e sua moglie
Pagina 45
Il «poeta maledetto»
Nel Crepuscolo del pianoforte il poeta e critico musicale Beniamino Dal Fabbro fa sfoggio di quella critica feroce che lo contraddistinse
Pagina 51
«Con l’OSI ho stretto un legame d’amicizia»
«C’erano una volta (e se ne trova an cora qualcuno) i direttori-tiranni, che comandano e ordinano inflessibili che cosa fare e come. In generale è un at teggiamento che si è molto smussato, ma a me interessa altro: quando con un’orchestra sboccia una tale intesa che davvero iniziamo a fare musica in sieme. Non è più un flusso unidirezio nale podio-leggii, ma uno scambio co stante; l’orchestra ispira, sprigiona un suo animo, idee sue, un suono suo, e io mi lascio guidare da tutto ciò, pensan do: come le mie idee possono liberare, esaltare ulteriormente le qualità che l’orchestra mi sta mettendo davanti?
Quando accade non serve quasi più parlare – talvolta, quando proprio non riesco a farmi capire da certi ensem ble, ricorro a immagini, colori, idee pittoriche o narrative. Quando ci si capisce immediatamente, è come ra gionare con una stessa testa e sentire con un medesimo spirito. Questa, ar tisticamente parlando, la chiamo ami cizia. Con l’OSI è accaduto fin dall’i nizio: sento di aver stretto con essa un legame di amicizia».
«Avevo un vago desiderio di studiare musica, ma senza nessuna idea precisa e senza nessuno in casa che potesse darmi dei suggerimenti»
Riflessione lunga e articolata, ma Kr zysztof Urbanski (nella foto sul pal co del LAC con l’OSI) vuole pun tualizzare con la massima precisione possibile perché ha accettato, dopo esserlo stato per sei anni alla NDR Elbphilharmonie, l’incarico di Di rettore Ospite Principale della for mazione ticinese, rapido coronamen to di un sodalizio iniziato quattro anni fa. «Artisticamente parlando, l’OSI ha un organico più cameristico, perfetto ad esempio per la mia idea di Beethoven. Quando però abbiamo affrontato una grandiosa partitura sinfonica come Star Wars, che ormai è da considerare a tutti gli effetti un classico del Novecento, ho constatato come l’OSI abbia profondità e poten za, sappia sprigionare quelle legature e quei colori che ci consentiranno di affrontare meravigliosamente anche il grande repertorio romantico e tar do ottocentesco, tra cui sicuramen te la seconda sinfonia di Brahms e la quarta di Ciajkovskij». Quarant’anni compiuti lo scorso 17 ottobre, il ma estro polacco vanta già una carriera blasonata, nonostante i primi passi sulla via dell’arte furono abbastanza casuali e ondivaghi: «Avevo un vago desiderio di studiare musica, ma sen za nessuna idea precisa e senza nessu no in casa che potesse darmi dei sug gerimenti. Mi dissero solo: “Prova
con la chitarra, è uno strumento bel lo, facile”. Non c’erano più posti e mi ritrovai nella classe di corno. Intan to ascoltavo solo pop: adoravo i New Kids on the Block, antesignani delle boyband come i Take That, poi passai a Michael Jackson».
La folgorazione avvenne quando ricevette la colonna sonora del film L’immortale amata, dedicato a Be ethoven e accompagnato dalle sue musiche. «Per due anni non ascoltai altro, mi si era aperto un mondo. Poi arrivò Richard Strauss: stavano pas sando alla radio un brano strepitoso, cercai al volo di registrarlo ma rima nevano solo i cinque minuti finali e non annunciarono il titolo. Fu il mio insegnante di Storia della Musica a ri velarmi che si trattava del Don Juan di Strauss». Neppure l’approdo sul podio fu lineare: «Mentre suonavo il corno francese iniziai a studiare com posizione, il che implica soprattutto l’analisi delle opere dei grandi autori. Presto capii che quanto scrivevo era nettamente inferiore a tanta musica già esistente e quindi mi domandai se stessi facendo un qualcosa di utile oppure di superfluo; il giudizio verté rapidamente sulla seconda opzione e abbandonai la composizione».
Però fu proprio cimentandosi co me compositore che scoprì di avere talento, ma come direttore: «Abitual mente gli studenti di composizione vengono chiamati a far eseguire dei propri brani. Io lo feci con un ensem ble del Conservatorio di Varsavia; co me ormai si sarà capito, i brani non entusiasmarono né il pubblico né me, ma fu l’atto stesso di dirigere a rapir mi. Poter condividere idee con altri musicisti, creare un suono con tan ti strumenti mischiando colori, tim bri, intrecciare linee melodiche e ar monie: fu un’esperienza inebriante; in quel momento capii che cosa avrei vo luto fare da grande: il direttore».
«Sono un fanatico degli sport: calcio, surf, kitesurf, nuoto, sci, corsa, palestra» È cresciuto ascoltando i grandi mae stri («Quando ascolti Karajan o Bern stein non puoi non essere soggiogato dalla loro grandezza, magari anche senza condividere tutte le loro scelte interpretative; mi sono ritrovato tan te volte a pensare: non farei suonare un certo passaggio così, ma è indub bio che suona benissimo»), ma solo uno è stato un vero riferimento: Clau
dio Abbado. «La sua capacità di cre are un suono cameristico anche con un’orchestra di novanta strumentisti era folgorante: l’impasto generale era splendido, ma al contempo riusciva a far percepire ogni linea interna, ogni dialogo tra le sezioni. E aveva un sa cro rispetto della partitura, un atteg giamento quasi religioso nel ricerca re il pensiero autentico dell’autore: è un aspetto che condivido totalmen te, perché il mio primo approccio sul podio è stato influenzato dai trascorsi studi di composizione, che mi porta vano a guardare a uno spartito, pri ma ancora che da interprete, da «col lega», attento ai processi compositivi che avevano portato a un certo esito più che al solo esito definitivo e com piuto». Paradossalmente, ad aiutar lo sono stati alcuni «cattivi» maestri: «Assistendo, da studente, a tante pro ve, vedevo chiaramente quando l’or chestra suonava male, un’orchestra che magari avevo ammirato altre vol te per la sua qualità. Allora osservavo ancor più attentamente i gesti, i mo di, le parole di chi era sul podio e mi dicevo che avrei evitato di replicar li, se provocavano nei musicisti cer te reazioni».
Nonostante ormai il suo nome
Keystone
di ascoltare, da dopo la pandemia, quasi esclusivamen te musica pop: «Però non dirigerò le versioni sinfoniche dei Queen o dei Pink Floyd, secondo una moda che sta attecchendo in varie parti d’Euro pa: per me sono due dimensioni net tamente separate, è un po’ come dif ferenziare il lavoro – la classica – e il tempo libero – pop e rock. E credo che l’orchestra possa sì suonare be nissimo, ma non rendere appieno il genio unico e particolare di un Fred die Mercury». Rispetto a tanti colle ghi (non solo ad azzimati), Urbanski colpisce per il look sbarazzino (ciuffo ribelle, maglietta nera attillata sotto la giacca) e il fisico atletico: «Sono un fanatico degli sport: calcio, surf, ki tesurf, nuoto, sci, corsa, palestra. Di rigere è un’attività fisica, ci si stan ca non solo mentalmente: mi capita talvolta di finire una prova ed esse re esausto a livello muscolare e arti colare più che cerebrale; per questo è importante essere tonici e reggere davanti all’orchestra anche a livel lo fisico. Penso che a Lugano, con la sua natura e i suoi luoghi meraviglio si, sarà bellissimo fare sport».
Moreau l’alchimista
Per cercare di capire le opere di Gu stave Moreau bisogna prima leggere À Rebours di Joris – Karl Huysmans (Parigi, 1848-1907) l’autore che ha contribuito fortemente alla «vittoria del Simbolismo sul Naturalismo», co me scrive Carlo Bo. Huysmans rac conta la storia dell’aristocratico Jean Des Esseintes il quale disgustato del la vacuità della vita parigina sceglie di isolarsi fuori città, in una sorta di an nullamento della realtà, all’interno di un sogno. Des Esseintes cerca di sot trarsi a «un’odiosa epoca di tanghe ri indegni» creando una sua immagi naria collezione di dipinti realmente esistenti di autori come Odilon Re don, Rodolphe Bresdin, il lugubre, veemente e selvatico incisore olandese Jan Luyken e appunto Gustave More au che lo faceva andare in estasi. Nel libro diverse pagine sono dedicate a due dipinti dell’artista: Salomé e L’Ap parition. In quest’ultimo di Salomè scrive: «Una gorgiera le serra la vita come un corsaletto e, come un super bo fermaglio, un gioiello meraviglioso dardeggia i suoi lampi nella divisio ne dei seni… Infine sul corpo rima sto nudo, fra la gorgiera e la cintura, il ventre si inarca, inciso da un ombelico la cui fossa sembra un sigillo di onice, dai toni lattiginosi, dalle tinta di rosa di unghie».
Moreau (1826-1898) parimenti ai grandi visionari di inizio Ottocento, Füssli e Blake, lavora la materia co me un gioielliere e un alchimista tra fantasticherie solitarie, il mondo dei sogni ed «erudite isterie». «Non cre do che a quello che non vedo e unica mente a quello che immagino», dice l’artista che riempie le sue tele di ri sonanze mitiche e significati arcani.
Nel 1846 è ammesso all’École des Beaux-Arts, ma per la sua formazione è fondamentale il soggiorno in Italia. Tra il 1857 e il 1859 visita Roma, Fi renze, Milano, Venezia. Ed è proprio qui che scopre Carpaccio e ne rima ne folgorato. Dopo anni di frustrazio
ni nel 1864 espone al Salon Oedipe et la Sphinx che segna l’inizio della sua fortuna. La sua pittura gira attorno a sé stessa e, in prevalenza, al sogget to di Salomè. E un’ossessione: la de cadenza, che corrisponde allo stesso evolvere degli avvenimenti: la guerra Franco-prussiana, la Comune. L’arti sta ci lascia molti scritti e in uno di questi intitolato Riflessioni personali scrive: «… i miei soggetti sono il sim bolo degli avvenimenti e delle aspi razioni, nonché dei cataclismi attua li. Giacobbe sarebbe così l’angelo che ferma la Francia nella sua corsa idio ta verso la materia; Mosè, la speranza in una nuova legge… David la cupa malinconia del tempo passato del la tradizione… l’angelo ai suoi piedi è pronto a restituire l’ispirazione se si acconsente ad ascoltare Dio».
Uno dei suoi capolavori, anzi uno dei capolavori del XIX secolo, è sicu ramente La Vie de l’humanité (18791886). Un polittico ad olio su legno con una grandiosa cornice dorata e a fianco due colonne corinzie. L’ope ra riassume la storia dell’umanità se condo le età dei greci – l’oro, l’argen to e il ferro – attraverso nove pannelli che si possono leggere sia da destra verso sinistra, sia dall’alto verso il basso che viceversa. Sopra una lunet ta con il Cristo, mentre i tre registri iniziano con il Paradiso terrestre di Adamo ed Eva, che rappresenta l’in fanzia. Il secondo registro raffigura l’età dell’argento incarnata in Orfeo per terminare con l’età del ferro e l’o micidio di Abele da parte di Caino nella quale il mattino rappresenta il lavoro, il pomeriggio il riposo e la se ra la morte.
Dopo anni di intenso lavoro Mo reau si dedica al suo ultimo sogno: la casa museo. Gustave Geffroy scrive: «Era solo, sapeva che i suoi giorni era no ormai contati e che aveva giusto il tempo di schizzare i suoi sogni, di portare in luce il mondo delle forme e dei colori, delle espressioni che aveva
dentro di sé. Chiuse dunque la porta, ma la chiuse su sé stesso…».
La sua abitazione, comprata dal padre Louis nel 1852, si trova al 14 di rue de la Rochefoucauld, nel quartie re de la Nouvelle Athènes cosiddetto per le caratteristiche architetture neo classiche e abitato da pittori, musicisti e scrittori. Nel 1895 incarica il giovane architetto Albert Lafon di trasforma re la casa in un museo. I lavori durano un anno durante il quale Moreau ne prepara l’allestimento. Alla morte nel 1898 l’amico e assistente Henri Rupp si incarica dell’inventario delle ope re. Nel testamento l’artista dona tut to allo Stato. Nel 1902 il lascito vie ne accettato e l’anno seguente viene inaugurato il Musée national Gusta ve Moreau.
La casa è disposta su quattro piani e contiene 25’000 opere in un conte sto spettacolare e intimista. Orologi, scacchiere, vasi, farfalle, piatti, ogget ti musicali come la lira che è servita da modello per l’Orphée del 1866, fo to di Henri Rupp rappresentanti nudi come la modella che posa per il Par siphaé e tanti, tanti dipinti appesi uno sopra l’altro.
Al pianterreno per esempio trovia mo gli acquerelli Polyphème e Ulysse et les sirènes; al primo piano la copia dal Carpaccio Le Congédiement des ambas sadeurs, nella camera che era la vecchia sala della madre c’è anche un ritrat to dell’artista realizzato Edgar De gas e nel boudoir gli oggetti e i sou venir appartenuti all’unica sua amica: Alexandrine Dureux. Al secondo pia no si trova l’atelier dell’artista. Il terzo è diviso in due sale e vi si può ammi rare, fra gli altri, La Vie de l’Humanité Colpisce la particolare scala elicoi dale che porta al terzo piano.
Dove e quando Musée de Gustave Moreau. 14, rue de La Rochefoucauld, Parigi. Me-lu 10.00-18.00. www.musee-moreau.fr
L’album di una vita
Pubblicazione ◆ In ricordo di Dino Buzzati Mondadori
ristampa una chicca editoriale
Angelo FerracutiSono passati 50 anni dalla morte di Dino Buzzati (nella foto), scrittore del Deserto dei tartari, il suo libro maestro, ma anche de Il segreto del bosco vecchio e di Un amore, scrittore, mirabile repor ter e raffinatissimo giornalista di ne ra al «Corriere della Sera», di cui fu firma autorevole, autore del Poema a fumetti e con la vena di pittore meta fisico di quadri fantastici e inquietan ti. Per questo anniversario la sua casa editrice, Mondadori, ristampa in edi zione aggiornata e in grande formato Buzzati. Album di una vita tra imma gini e parole, oltre 400 pagine biogra fiche di fotografie, lettere, pagine di diario, articoli giornalistici e molto al tro, curato da Lorenzo Viganò, anche autore di un testo narrativo che fa da collante ai diversi repertori di una au tobiografia montata attraverso le fon ti archivistiche. È un vero e proprio itinerario biografico che mescola mol tissime immagini, soprattutto in bian co e nero, documenti di archivio, dagli anni giovanili vissuti tra San Pellegri no Terme e Milano fino a quelli della vecchiaia e della morte, avvenuta il 28 gennaio 1972, «mentre Milano è av volta da una bufera di neve che ha co perto tutta la città».
Già a tredici anni, in compagnia dell’inseparabile Illa, Arturo Brambil la, talento precoce, Buzzati cominciò a scrivere poesie, a disegnare, a legge re i grandi romanzieri dell’Ottocen to, ad amare la montagna, e invaghiti dell’antico Egitto i due amici scrivo no addirittura insieme una lettera ge roglifica. Al Liceo Parini di Milano, come confessa in uno scritto, scopre la grande letteratura «Nella mia gio vinezza, nella mia adolescenza, ci fu rono degli inglesi: Oscar Wilde. Poe (…) Naturalmente un po’ di Steven son, Conrad, eh, Conrad, parecchio. Dickens anche», e naturalmente Franz Kafka al quale è stato spesso associa to. Veste elegantissimo, in modo ri gorosamente classico, anche quando è in divisa da sergente al campo mili tare estivo del 1927, o in giacca scura, cravatta e cappello di feltro in un ri tratto a Venezia dell’anno dopo quan do presenta domanda di assunzione al «Corriere della Sera», dove entrerà nel luglio 1928, addetto al servizio di cro naca; nello stesso periodo riesce a lau rearsi in Giurisprudenza.
Nel 1933 esce il suo libro d’esordio, Bàrnabo delle montagne, l’archetipo di tutti i libri successivi e della sua let teratura, al quale seguirà Il segreto del bosco vecchio, «l’ho scritto veramente nella condizione psicologica miglio
re, vale a dire, senza pensare nean che lontanamente alla possibilità che il mio scritto venisse pubblicato. Cer cavo di fare una cosa che piacesse a me, come un bambino che si mette a fare un giocattolino di legno», con fesserà. Ma a metà degli anni Tren ta comincia a lavorare a «quella cosa in gamba», cioè Il deserto dei tartari, che scrive ogni giorno tornato not tetempo a casa dalle tre di notte fi no all’alba. Il manoscritto arriva nelle mani di Leo Longanesi, che decide di stamparlo da Rizzoli nella sua col lana Il sofà delle muse. È un successo. Nell’Album mondadoriano si possono guardare anche le foto del giornalista inviato dal «Corriere» ad Addis Abe ba, fotografato con il suo attendente Ghilò e con il fucile in mano vicino a un suo trofeo di caccia, «un gazzel lone abbattuto da me durante il giro in Dancalia», oppure sull’incrociatore Fiume o sul Teulada nel 1940 quando partecipa alla battaglia di Capo Teu lada come corrispondente di guerra. Altre foto rigidamente in bianco e ne ro lo ritraggono al tavolino in reda zione, serioso e concentrato, quando prende appunti sul suo taccuino, op pure a scalare le vette in cordata sulle Dolomiti del Brenta o a San Marti no di Castrozza, un’altra sua passio ne, come quella per i cani, tra i quali il boxer Napoleone.
Nonostante il successo e la popo larità del lavoro di scrittore e giorna lista, Buzzati «rimane sempre osses sionato dal suo pessimismo creativo», come scrive Viganò, «non riesce a es sere mai soddisfatto di sé, e fatica a godere dei successi che ottiene». Lo stesso curatore spiega che il libro «non esaurisce il ritratto dello scrittore bel lunese, tuttavia vuole essere una chia ve per entrare nel suo mondo, uma no e artistico, sfogliando l’Album della sua esistenza, un viaggio intimo nel la storia e nella poetica, nelle amici zie e negli amori, nei successi e nei tormenti di uno dei più significativi e apprezzati autori del Novecento». Uno che aveva le idee chiare quando si metteva alla macchina da scrivere: «Quando scrivo la mia massima pre occupazione è di non rompere l’anima al lettore, sono del parere di Voltaire: qualsiasi genere letterario è ammesso tranne il genere noioso».
Bibliografia
Buzzati. Album di una vita tra immagini e parole, a cura di Lorenzo Viganò, Mondadori, Milano, 2022.
Fu amore a prima lettura. Era il ro manzo Perturbamento dell’austriaco Thomas Bernhard (nella foto in uno scatto del 1970 nella sua casa di Ohl sdorf) pressoché sconosciuto in Italia, che Einaudi pubblicò nel 1981. Parla va del conflitto generazionale, del do lore e dell’assurdità dell’esistenza. Poi ne seguirono molti altri, dal Soccom bente ad Antichi maestri, da Colpi d’a scia a Gelo fino all’ultimo capolavoro, Estinzione, un paio di anni prima del la morte, non ancora sessantenne, nel 1989. Mi colpivano le sue tirate osses sive, l’eccentrica maniacalità, l’ironia pungente, i paradossi e le provocazioni a non finire. Era una scrittura nuova, inedita, cadenzata e musicale, spesso con spezzoni di frasi che si susseguo no come in una composizione seria le, ricca di contrappunti e tonalità, dal drammatico all’umoristico, che tanto piacevano anche a Italo Calvino. Per non parlare dei suoi folli personaggi, eterni sconfitti confinati nella pro pria paranoia per i quali la vita è solo un’inconcludente messinscena.
La scrittura si ritorce spesso su sé stessa e plasma un’unica storia con centrata su un tema ossessivo come nel romanzo La fornace, che Adelphi ripropone ora a distanza di molti an ni nell’originale splendida traduzio ne di Magda Olivetti. Qui Konrad, il protagonista, che vive con la moglie
immobilizzata su una sedia a rotel le, sta cercando da decenni di scrive re invano un saggio sull’udito. Come il principe Saurau, isolato dal mon do nel romanzo Perturbamento, an che Konrad esorcizza la realtà come finzione e beffa atroce. Come lo stes so Bernhard, una sorta di extraterre stre ritiratosi a scrivere in un villaggio dell’Alta Austria.
La vita in quella fornace che Kon rad aveva sognato per anni, riuscen do infine ad acquistarla dal cugino Hörhagen, ha una svolta improvvi sa: nella notte di Natale lui uccide con una carabina Mannlicher la mo glie con due colpi alla nuca o forse al la tempia, dice qualcuno, in una sorta di raptus o piuttosto per soddisfare il desiderio di lei, la cui esistenza era or mai solo un tormento. È già un finale in forma d’inizio che dà una risposta definitiva a quel progetto inseguito maniacalmente per tutto il libro. An che Konrad fallisce come Rudolf, nel romanzo Cemento, che non riuscirà a scrivere l’agognato studio su Men delssohn Bartholdy.
La mania è il motore stesso delle pagine di Bernhard, i cui personaggi sembrano sempre voler esorcizzare la morte con vane farneticazioni. Anche nel caso di Konrad i pensieri si sus seguono in una sorta di irrefrenabile pulsione rimbalzando qua e là nell’i
nerzia del tempo che la fornace ha or mai ammutolito. In quel luogo di te nebra con pareti nude, stanze vuote e porte sprangate per proteggersi dal mondo esterno, Konrad cammina per ore intere con un’unica idea fissa e molti opprimenti ricordi: l’infanzia come una visione d’orrore, l’educa zione oppressiva, la solitudine scon finata. Lentamente il personaggio si fa segreto portavoce del suo autore quando inveisce contro il dilettanti smo degli esperti e dei pensatori che oggi «non pensano più». O si lancia in debordanti tirate contro l’Austria, «il più ridicolo, il più terribile dei paesi», dove non c’è genio che non si sia spre cato, «un cimitero d’idee, una landa perversa dove precipitano voli d’al ta quota». È un leitmotiv che attra versa tutta l’opera di Bernhard e che qui sottolinea l’isolamento del per sonaggio da ogni dimensione socia le, con un cenno critico anche verso la religione, tentativo maldestro, per Konrad, di rendere docili gli uomini che in realtà sono una massa domi nata dal caos. Invettive, formule sem pre presenti nelle pagine dello scrit tore austriaco, severo e intransigente verso il mondo circostante, che però non premia nemmeno i suoi perso naggi. Konrad fa di tutto per dare voce e forma a quel saggio a cui la vora da almeno vent’anni. Utilizza
a tale scopo perfino la moglie in co stanti esercizi ed esperimenti vocali. È l’utopia dell’arte che, anche in que sto caso, sembra rasentare la follia in un lento ma progressivo gioco di au todistruzione. Era convinto che gli bastasse scrivere un paio di frasi per portare a termine il progetto defini tivo. Ci aveva provato un po’ dovun que, in tanti paesi europei, ma nem meno ora, nel vuoto della fornace, la fortuna lo assiste. C’è sempre qualcu no che lo disturba: una volta è il do mestico Höller che spacca la legna, un’altra è il fornaio o lo spazzacami no, ed ecco che quando lui è al culmi ne, tutto ricomincia a sgretolarsi e si dissolve fra immagini estranee. E poi c’è la moglie che lo considera un mo
stro e gli ha reso sempre impossibile il suo lavoro.
Forse è vero, come sostiene Kon rad, che questa storia della fornace non è altro che una commedia, un po’ come l’intera esistenza. Per sop portarla occorre ogni tanto scarica re il cervello, svuotarlo del suo con tenuto: afferrarsi alla creatività e dare un senso alle cose con il gioco libera torio dell’arte. Magari con un saggio sull’udito, inafferrabile, ma con il tra gico carisma di un’utopia che non co nosce confini e persiste fino alla pro pria disfatta.
Bibliografia
Thomas Bernhard, La fornace Adelphi, Milano, 2022.
TV ◆ Analisi dei dibattiti TV, mero espediente narrativo della società-spettacolo
Marco ZüblinQualcuno (Antonio Dipollina) ave va, subito dopo il voto, pronosticato un «riposizionamento» dei talk del la TV italiana dopo il trionfo della destra alle ultime elezioni. In realtà, una un po’ masochistica frequenta zione delle palestre in cui si scontra no politici ed esperti di ogni sponda permette di scoprire che invece poco è cambiato nella narrazione isterica di taluni contenitori, compresi gli imbo nitori che vi si accampano come con duttori o come ospiti; e neppure negli spazi più britannici e paludati, in cui i toni (ma solo quelli, eh) del certame oratorio sono meno scomposti, Otto e mezzo, DiMartedì, Cartabianca, Piaz zapulita. Poi, business as usual anche in Accordi e disaccordi (Nove), che pur tra qualche eccesso sta trovando nella re altà della politica la conferma di alcune delle proprie tesi; o in Propaganda Live (La7), che continua ad offrire, a tratti e con una bella commistione di registri, momenti di giornalismo vero e di ana lisi attenta delle cose.
A ben vedere, attendersi un cam biamento di toni a seguito dell’entrata in scena di nuovi manovratori sarebbe stato non cogliere bene i meccanismi e le ragioni di una TV che va molto avanti a colpi di pugni e schiaffi in fac cia al pubblico, nel tentativo un po’ di sperato di catturarne la volubile e nar colettica attenzione con espedienti di ogni tipo, anche da avanspettacolo o da circo. Al netto del percepibile mu tamento della «narrazione» dei TG del
servizio pubblico, tutti ora assai attenti al bilancino tra condiscendenza verso il potere e dignitoso rispetto dei fat ti, i talk sono quindi uguali a se stessi, dal punto di vista tematico, linguisti co e drammaturgico. Quelli omoge nei ai nuovi padroni del vapore hanno smesso i panni dei guastatori per ar ruolarsi gioiosamente tra i corifei del la maggioranza, ma sempre ravanando negli stessi temi, con la stessa «quali tà» di analisi e con gli stessi toni; quelli orfani della stagione dei Migliori de clinano in forme diverse, con variabi le onestà intellettuale e con degnazio ne lievemente spocchiosa, la presunta superiorità etico-politica di coloro che furono e del loro progetto.
Tutto questo per dire che le vicende del nostro povero mondo, e a maggior ragione quelle minime della politi ca italiana, non hanno troppo peso né sul modo di fare televisione né sui te mi. Da un certo punto di vista, la cosa è rallegrante perché sembra scongiu rare un bulgaro allineamento dei me dia al potere e alle sue attese; dall’al tra è una preoccupante conferma che, al pari dei logori minuetti della poli tica (italiana?), i dibattiti in TV sono un mero espediente narrativo della so cietà-spettacolo e un altro specchio di un rituale social-partitico autoreferen ziale, stanco e un po’ fasullo, in cui tut ti interpretano il ruolo che ci si atten de da loro ma senza né vera passione né interesse autentico per i destini del mondo di cui sopra.
PER AMORE DELL’AMBIENTE
In bagno si accumula rapidamente un sacco di plastica, ma con i prodotti ecologici Migros per la bellezza e la cura del corpo il consumo di plastica può essere facilmente ridotto
Legno, bambù, cera e tes suti sono in prima linea: nei nuovi prodotti per la cura ecologica del corpo la plasti ca è sempre più al bando. Il risparmio di risorse comin cia già dalla confezione. Ec co sette prodotti con i quali si può fare tanto di buono per sé stessi e per l’ambien te in un colpo solo.
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Spazzolino da denti in legno Candida Eco soft, 2 pezzi Fr. 3.95
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Intimo mestruale Selenacare, taglia M Fr. 24.90
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7 Questa spazzola per mani e unghie è realizza ta in legno di faggio certifi cato FSC e setole di sisal. Persino la confezione, in carta FSC riciclata al 100%, contribuisce alla tutela dell'ambiente.
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Metodo 1. Scaldare dolcemente una padella ampia sul piano cottura. Disporre 2 tortillas pronte da farcire.
In una ciotolina mescolare insieme il Cathedral City Mature grattugiato, i cipollotti, i peperoni jalapeño e il chorizo.
Dividere il composto di formaggio tra le 2 tortillas assicurandosi di tenerle in modo uniforme lasciando uno spazio di 1 cm dal bordo. 4. Ricoprire entrambe le tortillas con un'altra tortilla per creare un sandwich, quindi metterne una nella padella. Tostare delicatamente per circa 2 minuti per lato o fino a quando le tortillas non saranno dorate e il formaggio si sarà sciolto. 5. Ripeti con l'altra quesadilla, poi taglia ciascuna in 6 triangoli.
Servire con guacamole, panna acida e salsa.
Richard
Il Kunsthaus di Zugo si sta profilan do con una mostra di grande interesse dedicata a Richard Gerstl (1883-1908), il pittore universalmente considerato il primo espressionista austriaco. Al lestita in collaborazione con il Museo Leopold di Vienna e curata dal diret tore del Kunsthaus Matthias Halde mann, l’esposizione comprende una quarantina di opere fra ritratti, autori tratti e paesaggi, provenienti da Zugo (la cui collezione di opere di Gerstl è seconda solo a quella del Museo Leo pold), Vienna e New York, unitamente a lavori di artisti che ne subirono l’in fluenza, quali Otto Muehl, Georg Ba selitz, Günter Brus e Martha Jungwir th, pure eloquentemente esposti.
Negli intensi, dinamici e drammatici ritratti e autoritratti si evidenzia un’accurata indagine psicologica che è poi la vera e propria chiave della sua poetica
Nonostante la parte più significativa dell’itinerario artistico di Gerstl sia concentrata nel periodo fra il 1903 e il 1908, si è al cospetto di una produzio ne che evidenzia tutta la sua potenza espressiva, forte e di considerevole im patto sull’evoluzione della pittura eu ropea novecentesca. Rielaborati certi parametri del Romanticismo e alcune
tendenze dell’Impressionismo, rifiu tati quelli più edulcorati di un Klimt e della Secessione Viennese non pro prio consoni al suo spirito inquieto che già non gli avevano reso la vita faci le durante gli studi presso l’Accademia di Belle Arti, egli non tralascia all’ini zio riferimenti a Manet, Van Gogh, ai Fauves, a Toulouse-Lautrec, Bonnard, Vuillard e Hodler.
Con il passare del tempo, la sua ar te si rivela in virtù di pennellate più decise e di quelle dissonanze tipiche dell’Espressionismo tedesco. Gerstl prosegue su un percorso di ricerca so litaria che sfida senza scendere a com promessi, e in misura persino maggio re rispetto a quanto non abbia fatto per esempio Egon Schiele, qualsiasi con cezione stilistica del suo tempo. Negli intensi, dinamici e drammatici ritrat ti e autoritratti si evidenzia un’accura ta indagine psicologica che è poi la ve ra e propria chiave della sua poetica. Soprattutto gli autoritratti, alcuni dei quali per stile originale, prospettiva, ed espressioni ricordano un po’ i selfie di oggi, rivelano una personalità mul tipla, inquieta, misteriosa, introversa da un lato, ma, paradossalmente an che amante della provocazione. Provo cazione che rimane una notevole com ponente della sua ispirazione.
Persona molto colta e interessata a filosofia, letteratura e musica, Gerstl subisce anche il fascino di ogni tipo di avanguardia culturale, in particolare
della musica concreta, di tutti i relati vi aspetti rivoluzionari in fatto di stile e armonia e di quel respiro comple tamente nuovo da cui sta muovendo proprio allora il compositore Arnold Schönberg. Il pittore lo incontra per la prima volta nel 1906 e inizia subi to a frequentarne il cenacolo di mu sicisti. La mostra di Zugo, dedican do particolare attenzione a questo rapporto di ammirazione e amicizia, raduna diversi ritratti di amici, di scepoli e famigliari del compositore, come ad esempio quello di Alexan der von Zemlinsky, o come Die Fa milie Schönberg e Gruppenbildnis mit Schönberg. Esistono parecchi ritrat ti anche della moglie di Schönberg, Mathilde, di cui Gerstl si innamora, tra questi Sitzender weiblicher Akt, un nudo molto probabilmente di lei nel suo atélier. Quando la donna, dopo una breve fuga con il pittore, rientra in famiglia, il dolore, sommato al suo tormento interiore e ad altre delusioni professionali di quel periodo e ante cedenti, è tale che egli si toglie la vita, impiccandosi nel suo studio il 4 no vembre 1908, a soli 25 anni.
Dove e quando
Richard Gerstl, Inspiration –Vermächtnis, Kunsthaus Zug, Dorfstrasse 27, Zugo. Fino al 4 dicembre, ma-ve 12.0018.00; sa-do 10.00-17.00. www.kunsthauszug.ch
Sulle tracce di Dante
Stroncature superbe
Musica
Da
Dal Fabbro non risparmiava nessuno come mostra il volume uscito da Pendragon
Giovanni GavazzeniChi era l’uomo del crepuscolo del pia noforte descritto nel bel saggio omo nimo dimenticato di Beniamino Dal Fabbro? Nientemeno che il leggenda rio Arturo Benedetti-Michelangeli.
Per il poeta-traduttore e critico musicale bellunese, il suo successo era «frutto di verdetti emessi a suon di battimani da una folla snobistica, sempre pronta a rispecchiarsi e a lo darsi in chi ne impersona l’angusto spirito salottiero».
Anche nella stroncatura non con divisibile lo stile di Dal Fabbro è su perbo, le aggettivazioni da manuale: Benedetti-Michelangeli «mondano e mellifluo carilloneur del beghinag gio pianistico», «prigioniero nel lim bo del suo laccato mondo sonoro», «pianola perfetta» che versa un «deli quiescente sciroppo sonoro», creatore di un «paradiso fonico liscio e arro tondato», di una «vellicazione vellu tata» che mette Beethoven «sotto una lastra di vetro, come fa l’entomologo con le farfalle morte dalle vaghe ali screziate, e lo contempla, o lo man da a passeggio, tutto attillato e min gherlino, in un giardino froebeliano». Le crociate donchisciottesche di Dal Fabbro non si limitavano al pianofor te, ma si accanivano contro altri fuo riclasse del suo tempo: la bestia ne ra era Maria Callas che lo denunciò, perdendo, per diffamazione e il mae stro Victor De Sabata. Cause che fi
nirono per annullare i non pochi me riti del saggista, con la sua scrittura alata, sostanziata da una vasta cultu ra specifica e dalla lunga pratica del pianoforte. Anzi, per reazione, gli fu affibbiata la «patente» di Pirandello, quella di jettatore. Così per non chia marlo con il suo nome, i suoi nemici si riferivano a lui come al «Poeta ma ledetto». Quando Dal Fabbro passava nei ridotti della Scala, c’era chi faceva le corna o s’infilava le mani nei cal zoni. Così fece anche il marito-con sorte di Maria Callas, Giambattista Meneghini, ostentando la manovra anti-jettatoria davanti alle madame scaligere: la risposta di Dal Fabbro fu fulminea: «Signor Callas, non si toc chi i Meneghini».
Prima del crepuscolo michelan geliano, il libro descrive meraviglio samente il passaggio dal «fitto e ni tido tintinnio con la grazia pungente e corrosiva del suo timbro» del cla vicembalo («lo strumento proprio dell’Illuminismo, il secolo che vole va vederci chiaro in ogni cosa») all’or ribile rimbombo del pianoforte crea to da Bartolomeo Cristofori: si passa da Bach «che sembra scrivere per uno strumento che non esiste» al «tintin nio dei becchi di penna» a Couperin che ci fa sentire «il fruscio delle trine entro le gonne femminili, definite con ermetica galanteria Le barricate mi steriose»; da Mozart che ha «il tim
bro del clavicembalo e gli effetti del pedale del pianoforte […] nelle arti non si sa mai quanto la fantasia crea tiva abbia determinato i mezzi prati ci e in che misura questi stessi mezzi abbiano influito sulla fantasia crea tiva» a Muzio Clementi, di cui tut ti siamo allievi, con i suoi innovativi effetti d’imitazione dell’orchestra (in carna nel pianoforte perfino «l’azione riunita del quartetto d’archi in parti reali e dialogate»).
Un viaggio stupendo che par te dalla prospera borghesia tedesca («ogni vagito era presagio di canto, ogni cucchiaio battuto sull’orlo della scodella promessa di giusta intuizio ne ritmica»), tocca l’apogeo con Be ethoven e Chopin, quando «la cas sa d’ebano entra nelle case borghesi e ciascuno poteva dedicarsi alla cre azione di mondi fantastici», per de clinare quando gli uomini, secondo la definizione di Beethoven, perdo no la ragione e il sentimento via via che acquistano la velocità delle dita. Fra gli interpreti dei suoi tempi elo gia Ferruccio Busoni e Alfred Cortot, poi Horowitz, Backhaus e Gieseking, sempre in contrasto con l’incompren sibile uomo del crepuscolo.
Bibliografia
Beniamino Dal Fabbro, Crepuscolo del pianoforte, Pendragon, Bologna, 2022.
Cinema
Nel film Pupi Avati racconta la sua grande passione e
ammirazione
Di Dante, l’ultimo lavoro di Pu pi Avati presentato a Castellinaria durante la serata di apertura, colpi sce anzitutto il desiderio di attua lizzare la figura del sommo poeta e di umanizzarla. La lontananza nel tempo e la conseguente mitizzazio ne della sua opera lo hanno infatti reso irraggiungibile e lontano da noi. Invece – ed è proprio questa l’inten zione principale del regista bologne se – raccontare la storia della sua vi ta, con le sue titubanze, le fragilità, i dolori, l’innamoramento e le incer tezze è un modo per rendersi conto che è stato prima un ragazzo e poi un uomo come tutti. Pupi Avati, co me ha dichiarato alla stampa, se ne è reso conto quando lesse La Vita Nova: «quel prosimetro d’amore che Dante ventenne si trovò a scrivere all’indomani della morte di Beatri ce Portinari. Sufficiente a far sì che mi riconoscessi nella gran parte del le emozioni di quel giovane remoto e facessi mio il tentativo di tenere in vita, attraverso la sublimità della po esia, quell’essere celestiale che fu per lui Beatrice». Sentimenti che lo han no convinto a realizzare un film am bizioso ma allo stesso tempo molto concreto, dove la poesia si confonde con i desideri carnali, e la dura realtà, fatta di guerre ed esili forzati nella Firenze del 1300, si mescola a scene oniriche e metaforiche.
Il film è anche un omaggio a Boc caccio (Sergio Castellitto convincen te in una parte non semplice) e alla sua grande ammirazione per Dante.
La linea narrativa principale è am bientata nel 1350 quando lo scritto
per il sommo poeta
re del Decameron viene incaricato di portare dieci fiorini d’oro come risar cimento simbolico a Suor Beatrice, figlia di Dante (morto in esilio nel 1321) e monaca a Ravenna. L’altra li nea narrativa ripercorre gli episodi salienti della vita del poeta, dall’in contro con Beatrice all’amicizia con Guido Cavalcanti, dalle guerre fra Guelfi Bianchi e Neri all’ingresso in politica come priore. Boccaccio si trasforma, in altre parole, in una sorte di detective: incontra i testimo ni rimasti in vita e si fa raccontare il Dante uomo. E come non pensare a Quarto Potere dove il giornalista Jer ry Thompson viene incaricato di sco prire il significato di Rosebaud, (pro nunciato da Charles Foster Kane in punto di morte), attraverso una serie di interviste a chi lo ha conosciuto?
Il parallelismo Pupi Avati-Orson Welles però si rompe subito se pen siamo al resto. Certo, la ricostruzione storica e scenica è davvero precisa e accurata (Avati è un vero appas sionato del poeta e ha potuto con tare su un importante corpus di fi lologi dantisti), ma a volte tutto ciò può essere anche controproducente. Se da una parte in Dante si avverte la passione del regista per il poeta e il desiderio di ricostruire fedelmente un’epoca lontana, infatti, dall’altra lo spettatore avverte anche una certa ri gidità: il film è composto da una se rie di scene ingabbiate da un rispetto troppo grande per la materia trattata.
Alla fine, purtroppo, il regista non ce l’ha fatta, ha commesso lo stesso errore di chi legge oggi Dan te: lo ha mitizzato.
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