Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXIX 14 novembre 2016
Azione 46 M shopping 70 / 83-91 – alle pagine 61
Società e Territorio I danesi ci insegnano come crescere bambini felici
Ambiente e Benessere Ortopedia e geriatria: gettate le basi per una futura collaborazione tra chirurgia, medicina interna e fisiatria
Politica e Economia Iniziativa popolare sull’abbandono del nucleare: i pro e i contro
Cultura e Spettacoli Anche a Brescia si festeggiano i cent’anni del dadaismo
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Il cavaliere errante dell’anti-politica
Il trionfo di Trump in un’America divisa
di Peter Schiesser
di Caracciolo, Rampini, Peduzzi, Pompili, Cazzullo
AFP
La democrazia è anche questo: la vittoria dell’anti-politica; della rabbia sulla ragionevolezza; dell’illusione sulla realtà. Sarà il tempo a misurare se la maggioranza ha avuto torto o ragione, se questa scelta dei cittadini statunitensi rafforzerà o meno i valori che sottostanno al concetto di democrazia, che non corrispondono alla supremazia di una maggioranza sulla minoranza. Nel frattempo, il mondo dovrà fare i conti con il più atipico presidente che gli Stati Uniti abbiano espresso in 240 anni di storia. Donald Trump incarna un moto di rivolta contro l’ordine costituito. Barack Obama incarnava la speranza in un cambiamento. Entrambi sono interpreti, diversi fra loro, del desiderio di «rendere l’America di nuovo grande», in risposta all’inconscia consapevolezza che gli Stati Uniti non sono più il paese del «sogno americano». Giunto alla Casa Bianca sull’onda di un potente e progressista messaggio di speranza, il primo presidente afro-americano Obama non poteva che deludere le esagerate aspettative che aveva suscitato (anche perché per sei anni ha avuto entrambi i rami del Congresso contro di lui). Così è stato. L’arroganza del filibustiere bianco narcisista misogino Trump è la risposta a questa disillusione. Dopo un presidente soft, ecco un presidente che si annuncia hard. Ma con la stessa enorme carica di illusioni, seppure di segno diverso. Che evocano al contempo altrettanti forti timori nei suoi avversari, come avvenne con Obama, rifiutato visceralmente dalla destra repubblicana. Pur provandoci, Obama non è stato il «presidente di tutti gli americani»; pur affermandolo, Donald Trump non lo potrà essere. La frattura politicoculturale-sociale all’interno degli Stati Uniti si conferma profonda e difficilmente un paese diviso può tornare ad essere grande. E ricordiamoci: la speranza delusa crea malcontento, rabbia, ma come si fa a calmare la rabbia dopo averla cavalcata? Che cosa aspettarsi da Donald Trump? Nessuno lo sa veramente: è stato votato per il suo messaggio di rottura, non per un suo programma specifico. Qualcuno si è affrettato a dire che non bisogna avere paura di Trump, che il sistema di bilanciamento dei poteri e la consapevolezza dell’enorme potere che sta nelle sue mani smusseranno il novello presidente. Non possiamo che augurarcelo, perché il poco che ha detto in campagna elettorale non lascia ben sperare. La rescissione di accordi commerciali internazionali (in particolare quello con Canada e Messico), l’erezione di un muro (ancora più alto) tra Stati Uniti e Messico, l’abolizione dell’assicurazione malattia obbligatoria per tutti (la Obamacare), la sconfessione dell’accordo nucleare con l’Iran, il disimpegno dall’accordo di Parigi in favore del clima firmato un anno fa, una guerra commerciale con la Cina... non sono segnali che lasciano tranquilli. La sua personalità narcisista e per nulla incline al compromesso, il disprezzo mostrato verso gli avversari, inducono a temere il peggio. Nel suo discorso della vittoria Donald Trump ha voluto porre altri accenti: sui milioni di posti di lavoro per gli americani che creerà per rinnovare le infrastrutture del paese. Ben vengano. Dovrà poi spiegare come lo Stato potrà finanziarli, visto il debito pubblico che si ritrova e la sua intenzione di abbassare le imposte ai più ricchi. E dovrà probabilmente tenersi buona la Cina, visto che finanzia una buona parte del debito pubblico americano detenendo miliardi in titoli del tesoro. Altrettanto fumosi sono altri propositi suoi: come motiverà, od obbligherà, le aziende statunitensi a creare più impieghi in casa propria anziché all’estero (pur dovendo restare competitive) e come pensa di creare ricchezza limitando gli scambi? Con quale credibilità guiderà uno Stato, dopo aver furbescamente evaso imposte per centinaia di milioni di dollari a suon di fallimenti? Se Obama si è illuso che un futuro radioso fosse a portata di mano, Trump fa altrettanto immaginando di poter riportare in vita, a comando, un passato glorioso in un mondo presente completamente diverso. Gli Stati Uniti saranno verosimilmente alle prese con se stessi nei prossimi anni, in bilico tra la ricerca di una stabilità e la contrapposizione tra le due anime del paese. In un mondo instabile, in cui pullulano i Putin, le Marine le Pen, gli Erdogan, gli Assad, gli islamisti di ogni risma, l’assenza della voce della prima potenza mondiale, o – peggio – il ritorno a modi arroganti del passato, non potranno passare inosservati. L’Occidente ne sarà ulteriormente indebolito, se vi includiamo l’instabilità in Europa. Chi potrebbe trarne profitto, se non la Cina? Il secolo cinese è già cominciato, il rinascente Impero celeste ha un’economia, strategicamente diretta, che sta entrando nella piena maturità, la sua influenza si estende a tutti i continenti, la sua forza militare è ancora controllata ma in crescendo. Se poi assumerà la leadership nella lotta ai cambiamenti climatici conquisterà anche una statura morale che fin qui le manca.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Attualità Migros Il team del gerente Stefano Aili (quarto da destra) è pronto a festeggiare questo importante anniversario insieme a tutti i clienti del Luganese. (TiPress)
M Festa di compleanno a Pregassona
Nuove fiammanti Skoda per Migros Ticino Veicoli aziendali Sono state consegnate
a Sant’Antonino nei giorni scorsi
Dopo tre anni di onorato servizio, vanno in pensione le vecchie auto aziendali. Dalla scorsa settimana, 12 collaboratori di Migros Ticino hanno a disposizione delle nuove ecologiche e sostenibili Skoda Octavia 1.6 TDI Combi. Con un consumo di soli 3,9 l ogni 100 chilometri rientrano nella
classe A di efficienza energetica. Nella foto scattata per l’occasione il responsabile di marca Simon Treichler (secondo da sinistra) del garage AMAG di Giubiasco, durante il momento della consegna delle nuove autovetture ai collaboratori, davanti al Centro Migros di S. Antonino.
Anniversari 1 La filiale Migros luganese festeggia il suo quinto
anno d’esercizio. Da giovedì 17 a sabato 19 novembre sconti, omaggi, concorsi e animazioni per i bambini
Esattamente un lustro fa, Migros Ticino ha aperto in via alla Bozzoreda 39 il supermercato di Pregassona. Un punto vendita fortemente voluto, edificato in posizione strategica in un importante quartiere della nuova Grande Lugano e nei pressi di un’importante arteria stradale, dunque facilmente raggiungibile. Un’apprezzata filiale, che in cinque anni di attività ha saputo integrarsi perfettamente nella realtà della regione. A Pregassona i clienti hanno da subito gradito la possibilità di effettuare una spesa completa con la massima comodità e velocità. «La nostra forza deriva dai numerosi servizi offerti: la presenza dei banchi a servizio per la vendita di carni, salumi e formaggi di qualità su-
periore, controllati, certificati e garantiti Migros Ticino, il forno di cottura per il pane in funzione fino alla chiusura, il freschissimo reparto frutta e verdura e la pasticceria della casa, sono solo alcuni dei fattori che determinano il buon andamento di questo punto vendita» afferma Stefano Aili, gerente di questa filiale. Inoltre, il personale cordiale e ben preparato ha in poco tempo imparato a conoscere la clientela, riuscendo nel corso degli anni a soddisfarne i bisogni con cura e attenzione. In negozio si è da subito instaurato un clima accogliente e famigliare, da negozio di paese, pur garantendo un servizio da supermercato. I collaboratori di Pregassona attendono un numeroso pubblico per fe-
steggiare questi cinque anni di successo durante le giornate di giovedì 17, venerdì 18 e sabato 19 novembre, nelle quali avrà luogo un fantastico concorso con in palio 5 x 200 franchi in carte regalo Migros e sarà in vigore il 5x Punti Cumulus. Inoltre, giovedì 17, dolce omaggio alle prime 500 clienti e sabato 19 distribuzione a tutti i clienti di un buono da 5 franchi (valido con un minimo di spesa di 50 franchi) e speciale animazione per i bimbi, con clown, palloncini e piccole sorprese! Orari di apertura:
Lu-sa: 08.00-19.00. Gio 08.00-21.00 Tel. 091 821 72 80
Foto di gruppo per ricordare l’avvenimento. (TiPress)
Il centro di Agno spegne la prima candelina Anniversari 2 Il rinnovato centro Migros malcantonese è già a un anno dalla sua riapertura. Venerdì 18
e sabato 19 novembre 2016 10 per cento di ribasso su tutto l’assortimento
Migros Ticino esattamente un anno fa riapriva il noto centro commerciale di Agno. Un punto di riferimento per la popolazione residente, ma non solo. Edificato in posizione strategica, nei pressi di un’importante arteria stradale, risulta infatti facilmente raggiungibile sia a piedi sia in auto o con i mezzi pubblici e persino in aereo. Un’apprezzata filiale, che ha saputo rinnovarsi e restare al passo con i tempi. Ad Agno i clienti gradiscono la possibilità di effettuare una spesa completa con la massima comodità e velocità. «La nostra forza deriva dai numerosi servizi offerti: la presenza dei banchi a servizio per la vendita di carni, salumeria e formaggi di qualità superiore, in buona parte nostrani, controllati, certificati e garantiti
Migros Ticino, l’isola del buon gusto per la raffinata gastronomia, la nuova fornitissima pescheria, il freschissimo reparto frutta e verdura, il forno di cottura per il pane in funzione fino alla chiusura e la pasticceria della casa sono solo alcuni dei fattori che determinano il buon andamento di questo punto vendita» afferma Sinisa Metikos, gerente di questa filiale. Altri punti forti di questo moderno centro, che vanno a completare la già vasta offerta food, sono i ben frequentati reparti non food come la cosmetica, i casalinghi e i tessili, nonché i negozi specializzati meletronics – con tanto di elettrodomestici - e Do it + Garden. E per un momento di relax, c’è persino l’apprezzato ristorante. Comodi posteggi gratuiti e casse
automatiche Subito, rendono ancor più veloce ed attrattiva l’esperienza d’acquisto. I 110 collaboratori, cordiali e ben preparati, riescono poi a soddisfare i bisogni della clientela con cura e attenzione, in un clima accogliente e famigliare. Il personale di Agno attende un numeroso pubblico per festeggiare questi 12 mesi di successo durante le giornate di venerdì 18 e sabato 19 novembre, nelle quali sarà concesso uno sconto generale del 10 per cento. Orari di apertura:
Lu-ve: 08.00-18.30. Gio 08.00-21.00. Sa: 08.00-17.00. Tel. 091 821 70 00
Il gerente Sinisa Metikos (nella foto, al centro) e il suo staff sono pronti per le giornate speciali. (TiPress) Annuncio pubblicitario
Tutto compreso nel prezzo dell’abbonamento. Abbonamento annuale a soli CHF 740.– (AVS, studenti e apprendisti a soli CHF 640.–) ACTIV FITNESS Bellinzona, Losone e Lugano. www.activfitnessticino.ch
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Società e Territorio I geografi pensano Lugano Un incontro pubblico dell’associazione GEA stimola la riflessione sul futuro sviluppo urbano pagina 4
Videogiochi Battlefield 1 ci conduce sui campi di battaglia della Prima Guerra mondiale: uno sparatutto che mette l’accento sulle emozioni umane
Uno spazio per le storie È nata la piattaforma online liberalatuastoria.net per ragazzi che amano scrivere
A due passi Una visita alla fondazione Beyeler di Riehen insieme a Oliver Scharpf
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Crescere bambini felici
Intervista Arriva dalla Danimarca il metodo
educativo che promette serenità ai genitori: lo svela il manuale bestseller di Jessica Joelle Alexander e Iben Dissing Sandahl
I danesi sono il popolo più felice al mondo, secondo il World Happiness Report, nonostante il buio, il freddo e la pioggia. Il segreto del loro benessere non è (soltanto) il welfare state efficiente, ma un’attitudine diffusa alla felicità, che si impara a scuola e in famiglia e da grandi si trasmette alle nuove generazioni. Così raccontano Jessica Joelle Alexander, giornalista americana, sposata a un danese e mamma di due figli, e Iben Dissing Sandahl, psicoterapeuta, nel manuale bestseller Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni (Newton Compton). Abbiamo intervistato Alexander, per capire meglio le sei regole spiegate nel libro, le cui iniziali formano la parola parent (genitore): play (gioco), authenticity (autenticità), reframing (riformulazione delle situazioni negative), empathy (empatia), no ultimatum (niente ultimatum), togetherness (intimità). Signora Alexander, qual è la prima regola per crescere bambini felici?
È l’auto-riflessione. I nostri figli sono il nostro specchio, ci aiutano a lavorare su noi stessi come genitori e prima ancora come persone. Penso che sia molto importante esaminare gli schemi prestabiliti, gli automatismi che abbiamo appreso dai nostri genitori e dalla cultura, e capire se mantenerli oppure cambiarli. Nel libro si legge che è importante lasciare i bambini liberi di giocare da soli. Perché?
Possiamo incoraggiare i bambini a quello che chiamiamo «gioco libero» portandoli nella natura e lasciando che corrano liberamente. Certe volte bisogna togliere la tecnologia, lasciare che si annoino e trovino il loro modo di essere creativi. I bambini devono
imparare a risolvere da soli i problemi che hanno con i loro coetanei e provare situazioni «pericolose» come saltare dalle rocce, correre, arrampicarsi sugli alberi. Così imparano l’empatia e come superare lo stress, come sviluppare resilienza, cioè la capacità di affrontare in maniera positiva eventi difficili. Il mio suggerimento per gli adulti è di non intervenire. Il gioco non è un momento di pigrizia: in Danimarca, il Paese più felice del mondo, e in Finlandia, il leader mondiale per il sistema dell’educazione, è considerato un’esperienza cruciale dell’infanzia che insegna davvero molto.
Come si fa a riconoscere se i conflitti con gli altri bambini causano problemi e si è in presenza di bullismo?
Ogni bambino può manifestare il malessere in modi diversi: alcuni possono avere segni fisici, come tagli oppure lividi, mentre altri si esprimono col disegno o con cambi di umore. I genitori conoscono bene i propri figli e devono allarmarsi quando ci sono cambiamenti importanti nel comportamento. Un’altra indicazione riguarda la capacità di essere onesti con i propri figli.
È importante essere onesti prima di tutto con noi stessi, quindi con i nostri bambini e insegnare loro che l’onestà e l’autenticità sono un valore. Essere onesti ci aiuta a non perdere di vista quello che ci rende davvero felici nella vita, senza dare retta a ciò che gli altri vogliono per noi. Questo è un grande regalo da fare ai nostri figli. Mio marito, ad esempio, è molto onesto con nostra figlia: se lei gli mostra un disegno che ha fatto e che lui pensa che potrebbe essere fatto meglio, glielo dice. Lei spesso è d’accordo e prova di nuovo. I bambini sono molto più capaci di gestire l’onestà di quanto pensiamo. Essere autentici con loro significa costruire empatia e un migliore benessere. L’onestà è la
Keystone
Stefania Prandi
bussola interna che li guida nella giusta direzione per essere contenti. Per rafforzare l’autostima dei più piccoli cosa è meglio fare?
Io suggerisco di focalizzarsi sullo sforzo e sulla perseveranza, non troppo sul risultato, perché così si valorizza il lavoro svolto e non l’obiettivo raggiunto e questo aiuta a favorire la felicità profonda e l’autostima. D’altra parte vivere significa apprezzare il viaggio e non solo la meta. Un consiglio del libro è riformulare le situazioni, cercando di avere un approccio positivo.
I danesi sono molto positivi, ma non in modo esagerato. Sono davvero bravi a focalizzarsi sui dettagli positivi anche nelle situazioni negative. Questa abilità di ripensare la realtà può essere imparata e più la si insegna ai bambini, più loro diventeranno capaci di vedere il meglio, nelle diverse esperienze della vita, aumentando il loro benessere. Il
modo in cui scegliamo di vedere e descrivere un evento condiziona direttamente anche il modo in cui lo viviamo. Quando ho imparato a riformulare le situazioni sono cambiata come persona e come genitore. I danesi non usano gli ultimatum perché non li ritengono edificanti. Come si possono evitare i diktat restando comunque autorevoli?
L’uso degli ultimatum è un approccio che spesso abbiamo ereditato dai nostri genitori. È una scelta di linguaggio che può essere frutto di un automatismo. Ci sono diversi modi per dire le stesse cose. Ad esempio, invece di minacciare con frasi come «se non ti metti subito le scarpe finisci nei guai», si può dire «se ti metti le scarpe velocemente riusciamo ad andare subito in auto per raggiungere prima il parco». Si tratta di uno dei moltissimi esempi possibili. I danesi sono determinati ma rispettosi nel loro approccio con i bambini. Se si è
rispettosi si insegna sia il rispetto sia a essere rispettati. Non serve la bacchetta magica: funziona e ci si sente molto meglio.
Nel manuale c’è un concetto danese, hygge, per il quale non esiste un equivalente in italiano, almeno non nella traduzione letterale. Può spiegarci cosa significa e perché è importante?
Hygge è uno spazio psicologico sicuro dove si possono abbassare le difese. È il tempo trascorso in un’atmosfera accogliente, con del buon cibo, insieme alle persone che si amano. Hygge vuole dire che l’importante è stare insieme in armonia, senza stress, negatività, drammi, lamentele. Sono soprattutto i bambini a trarre beneficio da questa atmosfera perché loro, in particolare, amano l’assenza di dramma familiare. Per creare hygge ci vuole lo sforzo di tutti e quindi è importante che ognuno collabori.
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Società e Territorio
Il domani di Lugano
Associazione dei geografi Un incontro pubblico ha stimolato una riflessione ad ampio raggio
sul futuro sviluppo urbano mentre si sta elaborando il Piano direttore comunale
Stefania Hubmann Lugano è diventata, dopo il vasto processo di aggregazione, la nona città della Svizzera. Con quali caratteristiche e soprattutto con quale visione per il futuro? L’interrogativo si pone ai politici e ai professionisti dello sviluppo urbano, ma anche a tutti i cittadini. Il momento è cruciale. L’elaborazione di un nuovo strumento pianificatorio – il Piano direttore comunale – sta infatti entrando nel vivo. Esso sostituirà i vecchi piani regolatori, disegnando gli spazi che determineranno l’evoluzione della Città. Riflettere sul bene comune per identificare una visione che guidi con coerenza il suo sviluppo è quindi una necessità. GEA, l’associazione dei geografi della Svizzera italiana, ha voluto promuovere questa riflessione attraverso un recente incontro pubblico seguito da un centinaio di partecipanti, a dimostrazione ancora una volta dell’interesse della popolazione per il tema dell’abitare. Per i geografi la qualità nell’abitare risiede nella possibilità per i soggetti di intrattenere relazioni il più possibile libere con l’ambiente fisico e umano. Claudio Ferrata, membro del comitato direttivo di GEA, attivo nell’insegnamento, nella ricerca e nella consulenza nel campo della cultura del territorio, lo ha ribadito presentando i modelli di città che Lugano sembra aver deciso di seguire negli ultimi anni, in modo però del tutto implicito. L’evocazione di questi modelli, che comportano anche aspetti discutibili, e la loro critica sono serviti quali punto di partenza per la riflessione. Il titolo dell’incontro – Global, smart o green? Il domani di Lugano immaginato dai geografi – richiama proprio tre modelli che possono essere associati alle tendenze manifestate recentemente dalla Città attraverso i suoi progetti. Spiega Claudio Ferrata: «Nel modello di città sostenibile (green) i sistemi ecologici assumono un ruolo centrale, diventando la matrice da cui partire per pensare la nuova città intesa quale territorio so-
Lugano è diventata la nona città della Svizzera. (CdT - Scolari)
stenibile. Un esempio in questo senso è rappresentato dalla valorizzazione dell’asse del fiume Cassarate. Per altri aspetti Lugano può invece essere considerata una città intelligente (smart) e quindi efficiente e sicura, poiché sfrutta le tecnologie più avanzate per migliorare le condizioni di vita e le prospettive di sviluppo economico. Il modello di città globalizzata (global) si colloca all’interno del paradigma emergente delle “reti” secondo il quale le città devono competere tra loro per attrarre risorse, imprese e operatori qualificati. Attraverso una politica attiva la Città è chiamata a promuovere se stessa e la sua immagine. Per Lugano si può utilizzare anche il modello di città della conoscenza e della cultura, dove la creatività, l’informazione e appunto la cultura (vedi LAC) sono ritenute efficaci motori di sviluppo economico». L’immagine gioca un ruolo chiave per una città a vocazione turistica come Lugano. Il contributo di Stefano Agustoni e Mauro Valli – entram-
bi membri del comitato direttivo di GEA e docenti rispettivamente alla Scuola superiore alberghiera e del turismo e al Liceo di Lugano 2 – analizza questo aspetto in relazione ad altre città svizzere e italiane, comparabili per dimensione, morfologia e posizione. Si tratta di agglomerati che hanno saputo trovare un equilibrio fra capacità di innovazione e immagine veicolata, entrando in un circolo virtuoso di crescita. In questo modo si sono inseriti nel trend positivo del turismo urbano contrariamente a Lugano che al momento non beneficia di questo impulso. La differenza fondamentale sta nella capacità di far emergere pochi obiettivi forti. «Un esempio significativo – spiega al riguardo Stefano Agustoni – è quello del Trentino. I Comuni che si trovano alla sommità del lago di Garda hanno puntato su una scelta di qualità. Il divieto della navigazione a motore è stata la misura decisiva per promuovere un turismo slow, composto da camminatori, bikers, surfisti e velisti».
Una scelta chiara e coerente è quindi vincente. Nel Trentino, come a Neuchâtel, dove è stata applicata con successo la «démarche participative» (coinvolgimento degli enti interessati per raggiungere l’obiettivo), si è riusciti a far emergere il bene comune citato in apertura prima di passare all’azione secondo una visione a lungo termine da realizzare sull’arco di un ventennio. L’elaborazione del Piano direttore comunale è l’occasione anche per Lugano, oggi divisa fra la densa zona del centro e le vaste riserve di spazio in periferia, di dotarsi di uno strumento che, oltre a ridisegnare la forma della città, ne definisca i suoi contenuti. Finora questi appaiono agli occhi degli specialisti assai frammentati. Punti di forza come il Parco Ciani e il LAC sono isolati e quindi il loro potenziale ridotto. L’analisi di Agustoni e Valli evidenzia come anche gli eventi promossi dalla Città siano «disconnessi uno dall’altro, per nulla decentralizzati nei quartieri, invasivi e roboanti, senza legame con il territorio e senza qualità». I due
quello importante, e poi, diciamolo, ci sentiamo tagliati fuori dal mondo e da tutti e mentre un senso di ansia ci assale entriamo in una sorta di crisi di astinenza. Ecco, se anche voi siete in una fase del silenzio e della solitudine avete tutta la mia solidarietà. E in ogni caso il mio senso di rifiuto in questo momento è molto ampio e in particolare va a toccare una innovazione tecnologica che pensavo fosse ancora parecchio lontana e invece è alle porte. Mi riferisco alle auto senza pilota, in inglese driver-less, che in primo luogo promettono di semplificarci la vita. Ad esempio mentre l’auto viaggia noi possiamo comodamente fare delle riunioni aziendali, oppure tramite un’app alla Supercar di David Hasselhoff, possiamo chiamare la nostra auto e farci venire a prendere sotto l’ufficio
anziché andare noi a cercarla (per chi non si ricorda mai dove la lascia) camminando dieci minuti a piedi per raggiungere il parcheggio. Ma, e su questo mi ha fatto riflettere un recente comunicato della casa automobilistica Mercedes Benz, oltre ai vantaggi c’è un problema di non poco conto, quello della sicurezza. La lussuosa casa tedesca ha annunciato che in caso di incidente le sue auto senza conducente salveranno chi è seduto nell’abitacolo. Significa che se un bambino sbuca sulla strada all’improvviso l’auto ridurrà la velocità, stringerà le cinture di sicurezza, farà forza sui freni ma non eviterà l’impatto al fine di salvare la vita di chi siede nell’abitacolo. D’altra parte, ragionando in termini di marketing e di vendite, chi comprerebbe un auto che in caso di pericolo mette a rischio la sua vita e
Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11
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geografi utilizzano le figure della volpe e del porcospino per descrivere da un lato chi è generalista e se la cava a fare molte cose e dall’altro chi sa fare una cosa sola, ma la fa estremamente bene. Cosa paga di più? L’interrogativo dei due ricercatori è rimbalzato anche dall’attenta e sensibile platea, soddisfatta di poter disporre degli strumenti di lettura proposti dai geografi. Fra le analisi anche quelle di Simone Garlandini e Gian Paolo Torricelli sui punti di forza e le fragilità della «nuova Lugano» e di Marcello Martinoni sull’urbanistica partecipata. Un altro tema emerso durante la manifestazione è il senso del lago con particolare riferimento al suo significato all’inizio del nuovo millennio. Elemento imprescindibile e punto di forza del paesaggio, il lago è chiamato a giocare un nuovo ruolo. Quale? Specchio d’acqua per lo svago rispettoso dell’ambiente o bacino per gli sport roboanti? Sono quindi stati soprattutto gli interrogativi a fungere da fil rouge nella riflessione proposta dai geografi. GEA è impegnata a stimolare questo tipo di approccio per i temi legati al territorio sin dalla sua fondazione, nel 1995. Anche nel dibattito interdisciplinare che interessa il futuro sviluppo di Lugano, nona città svizzera ma soprattutto polo trainante del cantone, la disciplina ha il suo contributo da offrire. Lo ha dimostrato sul campo con un incontro nel cuore della città, lo Spazio 1929 in via Ciseri, esempio di riconversione di un edificio storico in luogo di lavoro e cultura. La Città, però, non deve più ragionare come se fosse ancora la Lugano di un tempo, concentrandosi sulla visibilità di luoghi centrali già affermati. Occorre allargare lo sguardo e creare, in particolare attraverso nuovi spazi pubblici nei 21 quartieri, condizioni favorevoli allo sviluppo delle relazioni umane, per promuovere innanzitutto un territorio abitabile di qualità. Informazioni:
www.gea-ticino.ch
La società connessa di Natascha Fioretti La tecnologia non sempre ci piace Sicuramente è un mood del momento, ma vi dico che tutta questa iperconnessione e ipercomunicazione ultimamente mi va un po’ stretta. Sbuffo ogni volta che ricevo una notifica del tipo «il tuo amico Orazio ha postato una foto su Instagram, tu non ce l’hai un profilo?», oppure «la tua amica Caterina è su Snapchat, perché tu non ci sei?» e ancora «Elisabetta ti ha aggiunto al gruppo WhatsApp delle casalinghe disperate, confermi?». Ma se uno per motivi suoi decide di non voler comunicare, interagire, rispondere, essere disponibile per una settimana può farlo? O rischia una sanzione per cattiva condotta? E se spegne il telefono, gli amici riusciranno a trovarlo? Ci sono già le email del lavoro che ci raggiungono ovunque e alle quali
Azione
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
con solerzia rispondiamo, tra l’altro abituandoci sempre di più a scrivere per monosillabi, messaggi cifrati, senza alcuna forma di cortesia se non è strettamente necessario e comunque restando nel minore numero di battute possibili neanche volessimo fare concorrenza a Twitter (di cui tra l’altro da mesi si mormora sia in crisi profonda). Se ad esse aggiungiamo tutti i vari social, per stare dietro a tutto dovremmo saltare la pausa pranzo e magari anche le pause caffè di tutta la giornata. E se a volte sentire quel «bip» di notifica che equivale a «qualcuno ti cerca, ti pensa, ti ha scritto» ci gratifica, altre ne faremmo volentieri a meno e ci viene voglia di spegnere il telefono. Se lo facciamo però ci sentiamo in colpa: qualche cataclisma potrebbe accadere proprio in quel momento, tra tanti messaggi potremmo perdere
Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni
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quella dei suoi famigliari? Lo scenario è a dir poco allarmante e, dice bene Roberto Simanowski, professore in Digital Media Studies alla City University di Hong Kong, nel suo articolo apparso di recente sulla NZZ, «siamo di fronte ad un conflitto etico preoccupante». E il problema non risiede solo nel fatto che sarà un algoritmo a guidare ma nel fatto che una decisione di questa portata venga presa a priori e a tavolino. E poi, si chiede il professore, «Chi li programmerà? Secondo quali criteri gli algoritmi dovrebbero decidere della vita e della morte delle persone? Ci sarà una decisione dell’ONU in materia? E la Mercedes Benz con la sua promessa non cerca forse di ottenere dei vantaggi sulla concorrenza?». Non so voi, ma a me piace guidare e voglio continuare a farlo.
Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Società e Territorio
Sui campi della Grande Guerra
Il capitale umano
in un gioco che sa mettere l’accento sulle emozioni umane
il congresso di HR Ticino
Videogiochi C on Battlefield 1 riviviamo gli orrori della Prima Guerra mondiale
Davide Canavesi Nel mondo dei videogiochi ci sono titoli inattesi, che colgono di sorpresa i giocatori per creatività e innovazione. Il medium videoludico offre la possibilità alle menti creative di creare nuove esperienze, coinvolgenti ed uniche. La serie di cui parliamo oggi decisamente non fa parte di questa categoria, ma rimane una delle più longeve e questo Battlefield 1 ne è il quattordicesimo episodio. Battlefield 1 è un first person shooter, ovvero uno sparatutto in prima persona. Del personaggio che controlliamo vediamo solo la parte frontale dell’arma che impugna, in modo da poter mirare più agevolmente ai nemici. Bene inteso, un gioco di questo genere è adatto solo per un pubblico adulto! In Battlefield 1 rivivremo gli orrori della Prima Guerra mondiale. La modalità storia per giocatore singolo si apre con un disperato assalto, una lotta senza esclusione di colpi tra le trincee del fronte occidentale. Un combattimento brutale e feroce in cui moltissimi giovani in cerca di gloria ed avventura hanno trovato invece solo disperazione e morte. La speranza di vita di quei combattenti si riduceva a una manciata di minuti e, proprio come allora, anche la nostra vita è brevissima. Qualche colpo, una fuga frettolosa e un colpo letale. Ad ogni morte del giocatore vediamo comparire sullo schermo il nome del soldato che stavamo impersonando, le date di nascita e morte. Ma la partita non si interrompe e siamo
Battlefield 1 offre un’ampia panoramica dei teatri di guerra. (Electronic Arts)
costretti a rivivere la stessa scena, solo con un altro nome e un’altra vita spezzata. La prima missione non dura più di 10-15 minuti ma è davvero di enorme impatto psicologico. Terminato questa sorta di battesimo del fuoco, la vera campagna di Battlefield 1 può iniziare. La storia, che ci viene raccontata attraverso gli occhi di diversi personaggi che combattono su diversi fronti e con diverse specializzazioni, si snoda per tutto il periodo della Grande Guerra. Vivremo il brivido dei combattimenti aerei in compagnia degli squadroni volanti inglesi, ci sporcheremo le mani di grasso a bordo di inaffidabili carri armati, vivremo gli orrori di ritirate disperate assieme ad un plotone di soldati australiani, combatteremo sulle Alpi
italiane e sperimenteremo l’arguzia di Lawrence d’Arabia nel deserto. La campagna di Battlefield 1 non dura più di sei ore ma ci offre un’ampia panoramica dei teatri di guerra. L’accento, una volta tanto, non è messo esclusivamente sui momenti pirotecnici e sull’eroismo improbabile a cui siamo abituati in questo tipo di gioco. Sebbene non sia una ricostruzione fedele della prima guerra mondiale, Battlefield 1 riesce efficacemente a trasmettere un messaggio importante: la guerra non rende grandi. Questo gioco mette l’accento sulle emozioni umane, cerca di trasmettere al giocatore la disperazione, lo sconforto e la repulsione della guerra. Ovviamente, trattandosi di un videogioco, deve anche essere divertente da
giocare. Si tratta d’un equilibrio difficile: l’esaltazione dell’eroismo e della consapevolezza che stiamo combattendo per i buoni e al contempo evitare la banalizzazione della guerra in generale. Da questo punto di vista citiamo una scena in cui, al termine di un’entusiasmante battaglia tra due schieramenti, gli ultimi due soldati ancora vivi decidono di abbassare il fucile. Uno dei due soldati è il giocatore, l’altro è un suo nemico. L’offerta di Battlefield 1 non si limita alla storia per giocatore singolo. Una estesissima serie di modalità online permette di prendere parte a larghi conflitti multigiocatore. Le mappe sono molto estese e prevedono combattimenti a terra, su mezzi di terra ed aeroplani. Al netto di una difficoltà piuttosto elevata, gli scontri online sono molto divertenti. Le mappe permettono un approccio strategico e un gruppo di giocatori compatto e coordinato ottiene immediatamente un vantaggio tattico. Visivamente, che giochiate su PlayStation 4, Xbox One o PC, Battlefield 1 ci ha stupiti. Che siano le distese sabbiose dell’Arabia, le foreste francesi o i cieli britannici, ogni panorama è mozzafiato. Impossibile non fermarsi un attimo ad ammirare i giochi di luci, ombre, riflessi e vari effetti speciali. Battlefield 1 non è un gioco particolarmente originale ma, per una volta tanto, cerca di raccontare una storia umana senza essere così irrealistico da risultare quasi una parodia. Sembrerebbe proprio che la quattordicesima volta sia quella buona.
Imprese A Lugano
A distanza di tre anni dalla prima esperienza, pensata per il 40° dell’associazione, HR Ticino organizza un secondo congresso, che avrà luogo venerdì 18 novembre 2016 presso il Palazzo dei Congressi di Lugano. Il tema dell’evento si ispira alla missione dell’associazione, che mira a «contribuire a sostenere nel territorio della Svizzera italiana la competitività e lo sviluppo delle imprese, delle istituzioni e della pubblica amministrazione, attraverso la diffusione delle migliori pratiche e lo stimolo dell’innovazione nella gestione delle risorse umane e di una cultura aziendale incentrata sulla persona». La prospettiva adottata parte dalle necessità del business, con particolare attenzione al modo in cui si crea valore per l’impresa attraverso il contributo e le competenze delle risorse umane. Il congresso inizierà con una relazione di Rico Maggi, professore universitario e direttore dell’Istituto Ricerche Economiche sulle «Sfide economiche per le aziende ticinesi nei prossimi cinque anni». Seguiranno gli interventi di tre relatori che ci porteranno da queste sfide alle persone: Luca Bolzani, Presidente del CdA di Sintetica SA e Sergio Ermotti, Group CEO, UBS, mentre Lorenzo Emma, direttore di Migros Ticino, sarà presente con un’intervista in video. La seconda parte della giornata prevede invece workshop dedicati e temi HR ritenuti strategici. Informazioni e iscrizioni:
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Società e Territorio
Uno spazio per le storie
Giovani È nata la piattaforma liberalatuastoria.net per ragazzi che amano leggere e scrivere
Paola Bernasconi Una volta, soprattutto per le bambine, era il diario. Il più delle volte era segreto, anche se molti narrano come venisse lasciato inconsciamente in un luogo dove la mamma potesse trovarlo e scoprire i segreti della figlia: gli amici, le difficoltà, i primi amori. Scrivere di sé stessi e di quel che accade attorno a sé, ma in particolare nel proprio intimo, è da sempre un’esigenza, per capirsi e analizzarsi. Con la tecnologia, anche il diario si è evoluto, finendo in rete nei blog. Secondo una statistica di qualche tempo fa, il 65% dei blogger che scrive in lingua italiana ha meno di 25 anni, smentendo chi afferma che i giovani non scrivono più, o che gli sms e i social network hanno impoverito la loro capacità di scrittura. Da pochissimo, in Ticino è nato il progetto di liberalatuastoria.net: è un’evoluzione di un’idea sviluppata da una giovane stagista di infoclick.ch della Svizzera tedesca (l’associazione per il sostegno ad iniziative infantili e giovanili), dove esiste sin dal 2012. Si tratta di una piattaforma che ha come obiettivo quello di «dare ai giovani dai 12 ai 25 anni che amano scrivere la possibilità di pubblicare i loro testi», come ci spiega la responsabile Natascha Nota. «Molti giovani – continua la nostra interlocutrice – scrivono per conto proprio, ma penso che il fatto di sapersi “letti” li incoraggi a stare più attenti alla grammatica, all’ortografia o allo stile. I ragazzi, grazie alla nuova piattaforma, possono così veder le loro
storie pubblicate, commentare quelle degli altri e anche dare un’occhiata sulla pagina facebook di liberalatuastoria per scoprire quali sono le novità nel mondo della scrittura e della lettura nella Svizzera italiana. È prevista inoltre la creazione di club di lettura e condivisione, nei quali i giovani potranno leggere i propri testi agli altri». Prima di dare un’occhiata ai primi testi pubblicati, chiediamo alla signora Nota quali siano gli argomenti più toccati. «I ragazzi che hanno scritto fino ad ora, hanno parlato soprattutto di emozioni, sentimenti e relazioni (con altre persone, ma anche con animali). Immagino sia un modo di verbalizzare ed elaborare ciò che loro stessi vivono. Le storie sono probabilmente solo in parte inventate: c’è secondo me, una buona dose di sé stessi in ogni racconto o poesia». Gli scritti non sono ancora moltissimi e sono firmati con dei nickname. Un ragazzo scrive una lettera alla nonna, in cui si ripercorre un legame affettivo che si è evoluto ed è rimasto forte per l’intero processo di crescita sino al bisogno, attuale, di chiedere aiuto per capire un mondo dove «sento parlare persone in giacca e cravatta di cose che non capisco: di frontiere, Dèi differenti, interessi economici, rabbia, odio, potere, terrorismo, distruzione. Mi sento confuso perché in fondo quello che vedo in tutte le persone che soffrono sono le stesse lacrime salate, lo stesso sangue rosso, le stesse espressioni di paura». C’è bisogno di capire il mondo at-
La nuova piattaforma online incoraggia i ragazzi a scrivere e pubblicare. (Keystone)
tuale, però anche di poter dire «ti amo» alla persona che si ha a fianco, oppure di analizzare la rabbia, un fuoco che «non si deve spegnere. Bisogna piuttosto alimentare le fiamme e farsi mangiare dal fuoco, perché non c’è cosa migliore che sentirsi vivi, e la rabbia ti fa sentire vivo», prendendo in prestito i passaggi più significativi. I testi non sono molto lunghi, però sono di buona qualità, dal punto di vista lessicale, sintattico e grammaticale. «Negli scritti di quei ragazzi che pubblicano regolarmente si è riscontrata più scioltezza, più capacità espressiva, padronanza linguistica, ricchezza di
vocabolario», conferma la nostra interlocutrice. I giovani che pubblicano possono disporre di un servizio di coaching, di cui per ora si occupa Natascha Nota, anche se sta cercando professori di italiano in pensione che diano una mano. «Scrivono la loro richiesta, io la ricevo e provvedo a dare una risposta individuale e specifica per il loro caso». Probabilmente, ciò che conta è scrivere: ma chi lo fa, vuole solo sfogarsi e capirsi o anche essere letto? «La scrittura è un atto molto intimo e al contempo, spesso si desidera condividerlo. Il fatto che i ragazzi pubblichino le loro storie con uno pseudonimo,
dopo essersi iscritti alla piattaforma, li rassicura: possono farsi leggere senza scoprire la loro vera identità. È risaputo che scrivere rappresenta un valido sfogo dei vari stati dell’animo, soprattutto negativi. Chi esprime – scrivendo – il proprio vissuto interiore ed esteriore diventa emozionalmente più forte. È un auto-aiuto. Sembrerebbe addirittura che la scrittura (o meglio l’espressione delle proprie emozioni) fortifichi il sistema immunitario. Scrivere è un modo quindi di elaborare il proprio vissuto, ma anche di uscire allo scoperto per dire a tutti: eccomi, guardate, anche questo sono io», conferma Natascha Nota. In un articolo dell’«Huffington Post» si dice che scrivere ha effetti per certi versi eccezionali: «L’atto della scrittura espressiva permette alle persone di fare un passo indietro e valutare la loro vita. Invece di essere morbosamente ossessionati dell’evento, possono concentrarsi per superarlo. In questo modo, i livelli di stress si abbassano e la salute corrispondentemente migliora», ha spiegato il professore che ha compiuto la ricerca da cui è partito l’articolo citato, J. W. Pennebaker. E, ha aggiunto, basta farlo anche su un blog. Ovviamente, c’è chi desidera vedere il proprio testo divenire un libro. Se si vuol tentare quella strada, il sito liberalatuastoria.net elenca alcuni concorsi a cui consiglia di partecipare, da Castelli di Carta al premio Dialogare, per citarne due. «Se esiste un autentico talento letterario troverà il suo modo per farsi conoscere», conclude Natascha Nota.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Società e Territorio Rubriche
Lo specchio dei tempi di Franco Zambelloni Sempre più in fretta La vita che ci è data è abbastanza lunga e disponiamo dunque del tempo necessario per apprezzarla e viverla adeguatamente; ma quando accade di dissipare i giorni nell’inerzia o nella fretta, ci si rende poi conto che quella vita, che non ci siamo accorti che passava, è ormai trascorsa. Non sono pensieri miei: sono riflessioni che Seneca annotava scrivendo della Brevità della vita. Si era intorno all’anno 50 d.C.: cosa scriverebbe adesso, se fosse confrontato con i ritmi e con la dispersione del nostro vivere quotidiano? Al tempo di Seneca e fino alla fine dell’Ottocento quella vita «abbastanza lunga» che ci era data si aggirava intorno ai cinquant’anni: tale è stata, per lo più, la speranza di vita per la quasi totalità della nostra storia. Oggi tale limite si è spostato al di là degli ottant’anni; e c’è chi prevede che, grazie alla manipolazione cellulare e genetica e alle nanotecnologie, si potrà giungere
fino a 180 anni e oltre. E però, paradossalmente, mentre la vita si allunga il tempo si accorcia. È colpa dell’accelerazione dei ritmi esistenziali propria della nostra epoca e lamentata da molti studiosi. Uno di questi, Hartmut Rosa, docente di Scienze politiche a Jena, attribuisce la nuova celerità del tempo ad alcuni fattori, il primo dei quali è la tecnologia. È indubbio che la tecnologia dei mezzi di trasporto punta ad una velocità sempre crescente. Così lo spazio si contrae e il tempo si riempie di una miriade di eventi: se un pellegrino per giungere da Calais a Roma, nei primi secoli dopo il Mille, ci metteva almeno un paio di mesi, oggi lo stesso viaggio si può fare in poche ore. Ma probabilmente il riscontro emotivo è assai meno intenso: la lunghezza del viaggio, l’attesa, la lentezza, le fatiche e i pericoli rendevano significativa la meta; con il va e vieni in giornata non è la stessa cosa.
Ma sono soprattutto le nuove tecnologie della comunicazione a rattrappire il tempo. Si rimbalza di continuo da un messaggino all’altro; c’è chi va per la strada «messaggiando» freneticamente sul cellulare, magari non senza rischio, perché fissare la tastiera e il monitor sembra più importante che guardare dove si va a sbattere. Siamo inondati di notizie, di immagini e di commenti – e tanta sovrabbondanza si affloscia nell’indifferenza. Che strada hai fatto venendo qui? Hai visto le belle foto appena esposte nella piazza? No, non le ha viste. Ma non importa, rimedia: tira fuori il cellulare e comincia a digitare e dopo un po’ mostra, trionfante, le foto che avrebbe potuto vedere dal vero se avesse guardato dove andava. Ripensiamo al passato. Nell’antica Roma un detto ammoniva: «Festina lente» – affrettati lentamente. Sembra una contraddizione, ma non lo è; si
potrebbe tradurre: «Fai quel che devi fare e fallo subito, ma con calma». Nella Roma di Cicerone questo poteva essere un buon consiglio, ma a quel tempo le cose da fare non erano troppe; oggi gli impegni e i divertimenti sono talmente tanti che bisogna spicciarsi per farceli stare tutti. Se si paragona quel che facevano i nostri nonni nel corso di una giornata a quel che facciamo noi, ci si rende conto di quanto siano sovraffollati i nostri giorni. E poi, a far sentire la contrazione del tempo, ci sono i cambiamenti sociali in continua e rapida successione. «Innovazione» è ormai la parola dominante. Tutto deve cambiare, in meglio e in fretta: la moda, le regole civili, il linguaggio, gli strumenti tecnologici, le prescrizioni salutistiche, la popolarità dei personaggi televisivi che emergono e tramontano rapidamente… Non c’è più nulla, ormai, di
stabile e abbastanza duraturo. E, se ripenso agli ultimi decenni, ne traggo la netta impressione che la spinta d’accelerazione aumenti il suo ritmo in un crescendo rossiniano. Così, chi ha raggiunto le soglie della vecchiaia e guarda al passato, ha l’impressione di scrutare in un altro mondo, che svanisce. Per molti versi, quello d’oggi è un mondo migliore, per comodità, salute, libertà, sicurezza sociale, speranza di vita: tutte condizioni che potrebbero fare di un lungo percorso esistenziale una vita pienamente vissuta, se assaporata con quel calmo andare nel tempo che una volta era possibile. Seneca, per tornare a lui, dava un consiglio che ancor oggi non ha perso di valore: «Pensa sempre quale vita vuoi, non quanta». E di chi non era giunto a questa saggezza, diceva: «Non è vissuto a lungo, ma è stato al mondo a lungo». Il consiglio è sempre buono; seguirlo oggi è più difficile.
Reiter ma poteva anche esserci Pinco Pallino. Nella sala numero quattro è il paesaggio fuori che m’invade con la sua fuggevole grazia autunnale: i colori sorpassano quelli di Jawlensky, Werefkin, e compagnia bella. E inquadrati negli otto spazi rettangolari della vetrata che abbraccia anche lo specchio d’acqua e due dei quattro muri portanti lunghi centoventisette metri, sono ancora più pittorici. Del resto «la natura resta il bene più importante, più importante dell’arte, la filosofia, la letteratura» afferma Beyeler nel libro-intervista La passione per l’arte (2003). Uno sguardo serio va comunque gettato all’Improvisation 10 (1910), quadro rivoluzionario di Kandinsky appeso per tutta una vita nel salotto di Beyeler e sua moglie Hildy. Niente male la Grosse Promenade: Leute im Garten (1914) di August Macke. C’è parecchia gente. È domenica, chiaro, perdipiù ai primi freddi è ideale rifugiarsi qui. Da sindrome di Stendhal la sala sette della collezione permanente: quattro Giacometti in
un colpo solo e due belle tele stordenti di Barnett Newman. L’epocale L’uomo che cammina (1960) va verso le due grandi donne coeve. La disposizione, va da sé, non è casuale. «Credo siamo arrivati a una stanza in movimento» confessa Beyeler a Christophe Mory nell’appassionante libro citato prima. Le famose ninfee di Monet non sono appese nella sala a loro dedicate, ma le potete vedere giù sotto, su un tavolo, in restauro. Mentre fuori, nel tanto amato stagno davanti, delle ninfee soniche si formano a intermittenza, increspando la superficie dell’acqua grazie a degli altoparlanti subacquei dell’installazione Water Lilies (2012) di Walter Parreno. La luce zenitale, dosata con delle lamelle mobili sul tetto, è uno dei punti di forza di questo luogo dell’anima. Nel Jardin d’hiver longitudinale che è un corridoio con vista sui campi, ci sono dei divani bianchi e cataloghi di vecchie mostre da sfogliare. Fuori, cinque arnie in fondo al campo che costeggia la Wiese. Tra l’altro, in svizzerotede-
sco, Beyeler significa apicoltore come amava ripetere il sobrio ed elegante signor Beyeler con la faccia da ritratto vivente. Caratteristico l’occhio destro spesso strizzato in una smorfia accattivante. Lassù sulla collina di Tüllingen, i vigneti giallicci di blauburgunder sono messi in riga per bene. Attraverso senza particolare attenzione le sale di Roni Horn. In fondo ecco ancora uno stagno, in mezzo un triste coniglio gigante in bronzo di Thomas Schütte che vomita acqua. Esco e lo raggiungo. Anche qui dietro, spunta dalle mura patagoniche il tetto da pagoda epurata. E di nuovo quell’impressione spaesante da Giappone benché non ci sia mai stato in Giappone. Tutte le intuizioni che ha avuto il signor Beyeler sono venute mentre remava con il suo compare di canottaggio sul Reno: «un fiume che porta lo sguardo verso il mare» citando ancora Beyeler. Nel giardino si accende il rosso di un acero giapponese che si riallaccia a certi rossi Blaue Reiter dentro in mostra.
fra pubblico e privato, che caratterizza il sistema elvetico. Ma, poi, per diventare effettivo deve poter contare su persone disposte e capaci di tradurre idee e programmi in gesti concreti. In altre parole, autobus da guidare, case da costruire, pizze da sfornare, abiti da vendere, informazioni da trasmettere, e via dicendo. E chi sono queste persone? La risposta è scontata. E le mie giornate zurighesi me l’hanno riconfermando. Sono loro, gli immigrati, e spesso quelli della seconda o terza generazione, discendenti dai «Gastarbeiter» anni 60, a fornire le prestazioni indispensabili alla nostra quotidianità, anche vissuta da turista. Ecco, quindi, il servizievole portiere d’albergo, che mi parla in spagnolo, ma è kosovaro, l’abile commessa della boutique, una «secondo» di origine napoletana, il premuroso cameriere nel ristorante pizzeria, un serbo, che si sente zurighese. Ed è pure l’obiettivo dell’impiegato, nel «Museumshop», un tedesco che segue corsi intensivi di «Schwytzerdütsch». Mi sono, insomma, trovata alle prese con
un campionario umano, il cui comune denominatore è l’integrazione, in parte raggiunta in parte da perfezionare. Con effetti persino grotteschi. C’è, infatti, chi non si limita a diventare svizzero a pieno titolo, ma addirittura «supersvizzero». Esistono strumenti ad hoc. È il caso di «Neue Heimat Schweiz», un’associazione presente in varie località d’oltre Gottardo, che si propone di «trasmettere ai nuovi arrivati i valori e le virtù elvetiche». Si tratta di un universo curioso, osservato dall’inviata della «Neue Zürcher Zeitung» con un po’ di malizia. Anche il patriottismo può diventare una trappola a rischio di ridicolo. Non soltanto questi neosvizzeri espongono bandiere rossocrociate, si circondano di «oggetti devozionali dell’elvetismo», immagini del Grütli e statuine di Tell, ma c’è persino chi dichiara «di pagare con piacere le tasse perché il Paese funziona bene». E allora ha ragione il presidente dell’associazione quando sostiene che anche gli svizzeri avrebbero ancora molto da imparare.
A due passi di Oliver Scharpf La fondazione Beyeler a Riehen C’ero stato una domenica di marzo quindici anni fa, con una mia ex, per la mostra di Rothko. Mi aveva talmente colpito che non sono più tornato, paura di sciupare il ricordo di quella bellezza totale. Negli occhi avevo ancora lo scorcio del museo con lo stagno di una pace tipo gli stagni accanto agli antichi templi di Kyoto. Mi volto a salutare i due basilischi color verderame sul tetto della stazione di Basilea e salgo sul tram numero sei fino alla Badischer Bahnhof. La fondazione Beyeler nasce nel 1997 per desiderio di Ernst Beyeler (1921-2010): gallerista basilese tra i più importanti del dopoguerra secondo il «New York Times» e che è partito da commesso in una libreria antiquaria specializzata in buddismo e stampe giapponesi al nove della Bäumleingasse, diventata poi la sua galleria. Alla Badischer Bahnhof si cambia, il due, fermata Fondation Beyeler a Riehen (276 m). Comune di ventunmila anime circa, tra Kleinbasel e il Baden-Württemberg, dove scendo una domenica
pomeriggio di metà novembre. La Beyeler, si sa, è opera di Renzo Piano: architetto genovese classe 1937 diventato famoso per il Pompidou di Parigi (1977) ma ingaggiato da Beyeler per via del riuscito museo che accoglie la Menil Collection a Houston (1987), del quale qui si ritrova qualcosa. A pieni vetri, antimonumentalità, luce zenitale filtrata, pilastri rettangolari. Qui però Piano, assieme alle idee di Beyeler, si è superato. Già solo il porfido rossastro-rosaceo della Patagonia che ti rapisce appena scendi dal viaggetto in tram, è da sogno. Scelto, pare, sul posto, da Beyeler stesso che tra l’altro ha insistito per la diversità di colore dei blocchi, è poesia pura al pari di certi quadri di Klee con i quadratini. E richiama cromaticamente un po’ l’arenaria rossa della cattedrale di Basilea. Ed eccolo il rigoroso stagno dove sono inzuppati due dei pilastri che sostengono l’arioso tetto bianco. L’acqua arriva fino alle vetrate e dona una calma a tutto l’edificio. C’è Kandinsky, Marc e il gruppo Der Blaue
Mode e modi di Luciana Caglio Quando l’integrazione sembra funzionare La buona notizia che, giornalisticamente parlando non fa notizia, a volte, riesce a imporsi. E, in tempi di Trump, di crisi economica, di minacce terroristiche e di generale diffidenza, assume il peso di una rarità e merita un posto nelle cronache. Come, appunto, sto per fare, raccontando un’esperienza personale, di per sé banale, che però si presta all’interpretazione in chiave positiva di uno degli aspetti più discussi della realtà elvetica: l’integrazione. Che ho visto funzionare, attraverso una fortunata esperienza, un paio di giorni trascorsi in una Zurigo che, complice i
colori d’autunno, offriva il meglio di sé. A cominciare dal Landesmuseum, recentemente ristrutturato e ampliato da due giovani architetti, Christoph Gantenbein e Manuel Christ: in un edificio centenario un po’ «Heimatstil», hanno saputo innestare dinamismo e spettacolarità. In questa nuova dimensione scenografica e grazie ai mezzi elettronici, gli oggetti esposti si animano, incuriosiscono e dialogano con il visitatore. A sua volta, lo spazio interno del museo dialoga con lo spazio esterno, attraverso oblò e fessure che rendono visibili ciò che sta fuori: il
La nuova ala del Landesmuseum di Zurigo. (Wikimedia)
fiume, il parco, e soprattutto la gente. E gente impegnata in ruoli diversi. C’è chi questo museo l’ha costruito, chi l’organizza, chi lo tiene pulito, chi lo visita, vi studia, e via dicendo. Ora, è proprio di loro, che si deve parlare, cioè di una presenza umana, ormai composita, alla quale questa città deve la sua immagine di efficienza, addirittura di emblema del perfezionismo nazionale. A Zurigo, infatti, tutto sembra filar liscio: strade senza buche, tram e autobus puntuali, prati rassettati, alberghi accoglienti, ristoranti per ogni palato, negozi per ogni esigenza, insomma un mix di funzionalità commerciale e di capacità creativa. Sono, appunto, questi luoghi e questi servizi che diventano i punti di riferimento per definire l’identità urbana, determinando la cosiddetta qualità di vita. Un ambito in cui le città svizzere si collocano ai primi posti. Ma a chi spetta la responsabilità e il merito di questa situazione privilegiata? Certo, dipende dalle scelte di una gestione politica corretta, da quel connubio
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Attualità Migros
M Alleviare la miseria nascosta Soldarietà Nella ricca Svizzera, quasi una persona su otto è minacciata dalla povertà. Con la sua nuova raccolta fondi, Migros s’impegna a lottare contro questa miseria spesso invisibile
Michael West Vivere una situazione del genere è come camminare su un filo: se si inciampa all’improvviso, si precipita nel vuoto. Secondo l’Ufficio federale di statistica il 13,5 per cento della popolazione svizzera vive ai margini della povertà. Apparentemente queste persone conducono ancora una vita normale, ma basta poco per farle scivolare nella miseria: le fatture del dentista o la percentuale da pagare all’ospedale dopo un ricovero. Nella quotidianità svizzera questo tipo di povertà si vede poco. Il fatto è che chi ne è colpito spesso resta nascosto. «Da noi chi non può consumare non ha accesso alla vita sociale», sostiene Urs Kiener, psicologo infantile e giovanile alla Pro Juventute. «Succede ai giovani e ai vecchi, ai single e alle famiglie.» Quando bambini e ragazzi si ritrovano in piscina o un gruppo di anziani si raduna attorno al tavolo di un bar per una partita a carte, chi deve rivoltare il franco in mano prima di spenderlo è sempre escluso. Con la sua azione di Natale, Migros intende alleviare la miseria nascosta. Come negli anni scorsi lavora in stretto contatto con Caritas, Heks (l’organizzazione di soccorso del-
le Chiese protestanti della Svizzera), Pro Juventute e Soccorso d’inverno; a queste si è aggiunta oggi anche Pro Senectute. Alla fine della campagna, la
somma globale raccolta sarà divisa in parti uguali dalle cinque associazioni citate. Il denaro è destinato a progetti di aiuto mirati.
Pro Juventute, Pro Senectute e Soccorso d’inverno. Migros aumenterà l’importo raccolto di un milione di franchi
Mediante versamento Versate la vostra donazione indicando l’oggetto «Raccolta fondi Migros di Natale » entro il 31.12.2016 su questo conto corrente: 30-620742-6.
Come donare
Con la sua raccolta fondi di Natale Migros viene in aiuto a persone che nel nostro ricco paese sono minacciate dalla povertà. La somma raccolta va esclusivamente a beneficio delle organizzazioni di aiuto Caritas, HEKS Aiuto protestante svizzero,
Potete partecipare così Donate nella vostra filiale Migros Con l’acquisto di un cuore di cioccolato (Fr. 5.–/10.–/15.–) alla cassa nella filiale Migros o nei nostri mercati specializzati (Do It, Micasa, melectronics, SportXX) – fino al 24.12.2016. Mediante SMS Con la parola chiave «MIGROS» al numero 455. Esempio: per una donazione di Fr. 50.– inviate «MIGROS 50» al numero 455 – entro il 31.12.2016.
Via Internet Donate con la carta di credito su www.migros.ch/donare. In alternativa potete anche scaricare la canzone di Natale Ensemble su Ex Libris, iTunes o GooglePlay facendo così una donazione. Ulteriori informazioni su: migros.ch/natale «Azione» riferirà su progetti di aiuto scelti in Svizzera che verranno incentivati con le donazioni.
Per Pro Juventute si tratta ad esempio del programma «My Future Job- Riorientamento professionale per ragazzi e giovani adulti», rivolto ai giovani che dopo una crisi personale hanno interrotto l’apprendistato. Lo scopo è che trovino un nuovo posto di tirocinio e riescano a entrare nella vita professionale. «Perché in questa fase spesso si decide se una persona trova un aggancio alla società o più tardi scivola in condizioni di vita precarie», afferma Kiener. A Pro Senectute le donazioni finiscono fra l’altro in un progetto che aiuta i parenti di anziani affetti da demenza. Heks utilizzerà i fondi per aiutare migranti qualificati nella ricerca di un posto di lavoro adeguato. Caritas coordinerà l’impegno dei volontari che aiutano i contadini di montagna nel loro lavoro. E il Soccorso d’inverno utilizzerà i fondi per coprire i costi della salute di persone ai margini della società, che spesso ne restano letteralmente soffocate. Come si vede si tratta di aiuti di vario genere, ma che hanno qualcosa in comune: contribuiscono a rimettere in piedi le persone in modo che possano muovere un passo verso la normalità.
I collaboratori sono la chiave del successo Assemblea dei delegati FCM Il 5 novembre a Zurigo si sono riuniti i rappresentanti
delle 10 cooperative Migros La strategia Migros per le risorse umane e lo sviluppo dell’organico sono stati i temi principali dell’Assemblea dei delegati che si è tenuta il 5 novembre scorso nella sede della Federazione delle Cooperative Migros, in Limmatplatz a Zurigo. Nonostante la difficile situazione economica, nel 2015 Migros è riuscita ad accrescere il proprio organico e per la prima volta dà lavoro a oltre 100’000 collaboratori. Alla fine del 2015 la Comunità Migros contava 100’373 collaboratori tra Svizzera ed estero; di essi, quelli occupati in Svizzera sono oltre 86’000. Ciò significa che Migros è il più grande datore di lavoro privato della Svizzera. All’interno della Comunità Migros il commercio al dettaglio delle Cooperative gioca un ruolo rilevante. Circa due terzi dei collaboratori sono infatti impiegati in questo settore. Senza contare le nuove acquisizioni, la sola Industria Migros ha creato 546 nuovi posti di lavoro, 456 dei quali in Svizzera. A ciò si
aggiungono le nuove e importanti acquisizioni quali, ad esempio, i Centri della salute santémed e il gruppo Lüchinger + Schmid. Migros è, per tanti aspetti, uno specchio della nostra società. Gli sviluppi politici, sociali, economici e demografici influiscono su quelli dell’impresa, che a propria volta li interpreta e vi risponde in una visione lungimirante e orientata al futuro. Come datore di lavoro Migros dà all’intero Paese un sostanziale contributo alla coesione sociale e alla promozione dell’integrazione. Inoltre, le 37 imprese della Comunità Migros stanno formando circa 3700 apprendisti in più di 50 professioni differenti. Il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) Migros ha stabilito sin dal 1983 condizioni di lavoro favorevoli alle esigenze famigliari dei collaboratori ed è oggi annoverato tra i maggiori e migliori contratti collettivi di lavoro della Svizzera. Più di 50’700 collaboratori distribuiti in circa 40 imprese beneficiano delle condizioni preferenziali stabili-
te dal CCNL. In esso sono centrali gli aspetti della politica famigliare, e questo per ottimizzare la conciliabilità fra lavoro e famiglia, come pure l’equiparazione dei vari modelli familiari e di convivenza. Per citare solo alcune delle condizioni preferenziali che il contratto stabilisce in proposito, il congedo maternità ha una durata di 18 settimane a salario pieno mentre il congedo paternità retribuito ammonta a tre settimane e può essere
prolungato di ulteriori due settimane non retribuite. I Delegati prendono atto degli sviluppi positivi registrati nell’ambito dell’organico. «Senza i collaboratori non si procede. Sono loro la chiave del successo. Migros lo ha riconosciuto presto ed ha investito molto per garantire loro condizioni di lavoro esemplari» afferma Ursula Nold, Presidentessa dell’Assemblea dei delegati FCM.
A fine sessione 10 cuochi di altrettante nazionalità diverse, tutti collaboratori Migros, hanno preparato un pranzo etnico. (Severin Nowacki)
Migros ha un cuore M-Industria
Alla Chocolat Frey la produzione di cuori di cioccolato gira a pieno regime. Già nella campagna di raccolta fondi dell’anno scorso erano stati ricercatissimi
Una macchina trasforma una cioccolata al latte a 35 gradi di temperatura in cuori di cioccolato. «Il cioccolato deve risultare bello lucido e avere anche un certo grado di durezza, ma sciogliersi delicatamente in bocca», spiega Remo Lehmann, direttore della Confezione confetteria alla Chocolat Frey, azienda della M-Industria. Dopo che il cioccolato si è solidificato, i collaboratori dell’azienda della M-Industria di Buchs AG fanno uscire i cuori dalle forme e li trasferiscono su un grande piatto girevole. Un’altra macchina munita di delicati bracci prensili avvolge in un baleno i dolci in un foglio di alu colorato. Ora brillano di viola, verde, rosso e oro, sempre con le parole Danke, Merci e Grazie. La macchina riesce ad avvolgere fino a 70 cuori al minuto. Da ora i cuori sono offerti alle casse delle filiali Migros per cinque, dieci o quindici franchi. Chi li acquista dà un contributo all’azione natalizia di quest’anno. L’anno scorso i clienti hanno donato in diversi modi più di cinque milioni di franchi in tutto per i bambini bisognosi in Svizzera. I cuori di cioccolato hanno avuto un grande successo: la loro vendita ha fruttato quasi il 90 per cento di tutto il ricavato della campagna. Dal momento che Migros ha integrato la somma totale con un ulteriore milione, alla fine le associazioni di aiuto interessate hanno ricevuto 6’120’000 franchi in parti uguali. Da allora Caritas, Heks Soccorso protestante svizzero, Pro Juventute e Soccorso d’inverno investono il denaro in progetti d’aiuto scelti con cura. Ad esempio, per nuovo materiale scolastico per i bambini o per offrire un soggiorno in un albergo in Alta Engadina a famiglie bisognose, e aiutarle così a evadere momentaneamente dalla loro dura vita d’ogni giorno. In molti casi, grazie all’azione natalizia i progetti hanno potuto essere ampliati e garantiti a lungo termine. I cuori variopinti hanno contribuito in modo decisivo a questo successo. Questi piccoli dolci hanno dunque un grande effetto/MW.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Ambiente e Benessere L’isola di Montecristo Come mai la natura selvaggia, un tempo vissuta come pericolosa, oggi ci affascina?
Una rete wi-fi sottomarina Sunrise è un progetto che cerca di sviluppare un nuovo sistema di comunicazione subacquea, utile per monitoraggi, interventi e prevenzioni
L’Islanda vista dall’acqua Per i geologi quest’isola è un libro aperto sulle profondità del nostro pianeta
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La settimana del baratto Un nuovo modo di viaggiare che va incontro a bisogni reali, ma che è pure un efficace strumento di comunicazione pubblicitaria
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Guido Ongaro, geriatra (a sinistra) e Bernhard Ciritsis, chirurgo ortopedico (Vincenzo Cammarata)
La collaborazione che fa la differenza Medicina L’interdisciplinarietà ortopedico-geriatrica nella cura del paziente anziano
ne favorisce prognosi e qualità di vita
Maria Grazia Buletti In Svizzera, e nel nostro cantone, l’invecchiamento demografico progressivo della popolazione è cosa nota. E sono disparati gli effetti che questa tendenza demografica inevitabilmente produce, tra i quali un aumento dei traumi cui la persona in età può incappare. «Sia che si tratti di traumi a seguito di una caduta, sia di fratture dovute all’osteoporosi, dobbiamo fare i conti con una realtà che ci mostra chiaramente l’aumento dei casi di traumatologia ortopedica nella terza e quarta età», questa la premessa del chirurgo ortopedico dottor Bernhard Ciritsis, vice primario responsabile di traumatologia e ortopedia all’Ospedale Regionale di Bellinzona e Valli (Orbv). Lo incontriamo per approfondire il tema dell’approccio (ideale e a vantaggio delle prognosi di questo gruppo sensibile di pazienti) della chirurgia ortopedica geriatrica, insieme al dottor Guido Ongaro, caposervizio di geriatria e medicina interna sempre all’Orbv, che dal canto suo conferma la tendenza: «In Ticino il 20 % della popolazione supera i 65 anni, e un’alta percentuale è ultra ottantenne».
Ongaro rende attenti sul fatto che: «Per il 60-70 %, gli anziani sono sani e, dunque, un atto traumatologico rimane, per cura e prognosi, simile a quello di una persona adulta. Però, il 20 % circa è un po’ più fragile a causa di altre patologie. Mentre un 5-12 % di anziani sono definiti a tutti gli effetti fragili a causa di una serie di patologie che ne minano a priori l’autonomia». Parliamo di un evento accidentale, o di fratture conseguenti uno stato osteoporotico della persona anziana: fratture del collo del femore, bacino, colonna vertebrale, omero e radio. Il dottor Ciritsis è chiaro: «Si tratta di fratture osteoporotiche che potrebbero facilmente aumentare addirittura la mortalità dell’anziano». E il dottor Ongaro ci fornisce qualche ulteriore elemento di riflessione, contestualizzato all’evoluzione dell’approccio terapeutico nell’anziano: «Rispetto a un tempo, oggi i traumi nell’anziano sono presi a carico con una tempestività che tiene conto dello stato di salute generale». Sul filo di questo discorso, i due specialisti ribadiscono dunque l’importanza della collaborazione fra chirurgo
ortopedico e geriatra nella cura del paziente anziano. E arriviamo al nocciolo della questione: l’interdisciplinarietà come nuovo approccio ideale fra chirurgia ortopedica e geriatria, una stretta collaborazione nella presa a carico del paziente in età e del trauma che lo ha colpito, con il chiaro obiettivo di restituirgli autonomia e qualità di vita consone alla sua età. A questo proposito è chiaro il chirurgo ortopedico: «Il trauma di un anziano non è da considerare come un incidente, ma come una patologia: siamo dinanzi a una persona che, a causa della sua età, ha consumato parte delle sue risorse, energie che gli vengono a mancare nel decorso post-traumatico, per rapporto a un giovane adulto. Prendiamo ad esempio una foresta che brucia: se si tratta di alberi giovani, essa non brucerà in fretta né tutta; se è una foresta secca, allora il fuoco avrà gioco davvero facile e veloce». Questo per dire che la chirurgia geriatrica deve cominciare a cambiare la sua prospettiva, nell’ottica di evitare all’anziano un declino a causa di altre patologie come ad esempio problemi car-
diaci, osteoporosi, diabete e altro ancora. Il dottor Ciritsis così riassume il cambiamento di paradigma: «Prima il chirurgo rimaneva esclusivamente nel proprio ambito, con un approccio prettamente meccanico e arrogante, focalizzando l’osso in luogo del paziente nel suo essere. Oggi l’approccio sarà più complesso, insieme ai colleghi geriatri, nell’integrazione delle ulteriori conoscenze sulla persona anziana, a vantaggio della strategia terapeutica e del risultato». Un approccio di questo tipo andrebbe pure a vantaggio del contenimento dei costi, come spiega il dottor Ongaro: «La collaborazione va a ottimizzare il risultato terapeutico; non aumentano i costi, ma al contrario, perché un lavoro interdisciplinare fra chirurgo ortopedico e geriatra (in collaborazione pure col fisiatra laddove la mobilità del paziente potrà essere ottimizzata) diminuirà anche il rischio di altre cadute e di recidive». Collaborare meglio ridurrebbe perciò anche i costi della salute. «Oggi i criteri chirurgici strizzano l’occhio all’equilibrio fra medicina interna e chirurgia: un aspetto oramai non più negoziabile che vede gli specialisti
concentrarsi sul paziente, senza competizione di specialità: rimane un approccio comune e omogeneo in cui tutti lavorano nello stesso giardino», afferma il dottor Ciritsis, il quale con questo procedere strizza anche un occhio alla prevenzione nello specifico di alcune prese a carico di pazienti anziani e dei loro specifici traumi. Un futuro prossimo, del quale oggi all’Orbv si seminano le tracce e in altri Ospedali Eoc è in fase di realizzazione», spiega il chirurgo ortopedico: «Il paziente ultra settantacinquenne che giunge al Pronto soccorso con un trauma, oggi sarà seguito anche dal geriatra e/o medico internista per quanto attiene alle sue patologie esistenti come diabete, problemi cardiocircolatori, anemia e quant’altro. Questo durante tutta la sua ospedalizzazione in traumatologia». Anche la fisiatria giocherà un ruolo importante e congiunto nell’intervento riabilitativo precoce dei pazienti fragili. «Un futuro approccio interdisciplinare che sarà certamente possibile attraverso un certo grado di umiltà da parte nostra, nella collaborazione a tutto favore del paziente anziano», conclude il dottor Ongaro.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Ambiente e Benessere
Il fascino dell’isola di Montecristo
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Il seme nel cassetto L a natura selvaggia
affascina. Ma perché?
Già il nome è leggenda. L’isola di Montecristo, a sud dell’isola d’Elba, è ben radicata nell’immaginario collettivo grazie ad Alexandre Dumas che nel Conte di Montecristo ambientò lì una delle scene più sorprendenti del romanzo, il momento in cui Edmond Dantès, fuggito dal carcere e ivi recatosi su suggerimento del suo compagno di cella, vi trovò un tesoro di valore inestimabile. Chi ha letto il feuilleton non può non ricordare la bellezza di quelle pagine, il senso di meraviglia e di scoperta, ma anche l’immergersi del protagonista nel luogo, come se possedesse una concretezza animica superiore ad altri posti. Una cosa, questa, che tutte le isole possiedono, perché nei luoghi piccoli come per effetto di compressione si sprigionano forze enormi, ma Montecristo di più, e lo ha spiegato bene Marco Albino Ferrari nel suo denso, colto e profondo libro, Montecristo. Dentro i segreti della natura selvaggia (Laterza, 200 pagine, 18 euro), il resoconto di un’esperienza unica: non è così semplice visitare l’isola e c’è chi, per una gita di un giorno, si mette in attesa per anni. Quello che è riuscito a ottenere Ferrari, scrittore, giornalista e direttore della rivista «Meridiani Montagne» è qualcosa di unico: per la prima volta dall’istituzione della Riserva biogenetica (1971), infatti, è stato concesso a un osservatore di vivere e muoversi liberamente sull’isola per due intere settimane. Perché l’isola ha questo sapore di proibito, di mitologico, di lontano e inaccessibile? Ferrari nelle sue pagine spiega bene il valore simbolico di Montecristo, il suo essere sineddoche (la parte per il tutto), il concentrarsi lì, in quel remoto angolo quasi dimenticato da Dio fatto di zone scoscese, aride, di intensi odori e abitato soprattutto da capre selvatiche, di tematiche squisitamente contemporanee legate al rapporto fra l’uomo e l’ambiente. Il libro scorre veloce fra la scoperta del luogo e alcuni passaggi memorabili, come questo: «Ero in compagnia dell’isola stessa, come entità vitale, soggettiva, in uno stato di meraviglia continuamente rinnovata. Meraviglia nel senso più preciso del termine: dal greco thauma, cioè sgomento nella scoperta dell’ignoto. Così non mi restava che lasciarmi invadere dalla vertigine del nuovo, in un ripetersi di felicità improvvise che avevo deciso di non controllare più, lasciandomi andare a quegli slanci senza freni. Che importava? Nessuno mi poteva vedere». In alcuni punti in cui descrive salite verso luoghi impervi ricorda addirittura il Petrarca dell’Ascesa al Monte Ventoso, ma non si tratta solo di questo, perché il libro è ricchissimo anche
da un punto di vista storico-culturale: leggendolo, per esempio, si viene a scoprire che l’attuale nome è la rivincita cristiana, in seguito alla conversione della terra da parte di San Mamiliano, il quale secondo la leggenda avrebbe sconfitto un drago, dominatore del luogo e simbolo di una natura ancora da cristianizzare. Prima l’isola si chiamava Monte Giove e i Romani vi avevano costruito un tempio poi trasformato in monastero; la vita dei monaci, racconta il giornalista, non doveva essere semplice e a loro Montecristo doveva apparire più come la Corsica a Seneca (si legga a tal proposito la Consolatio ad Helviam matrem, splendidamente tradotta da Elio Marinoni per le edizioni Signorelli): un’isola selvaggia, sterile, in cui dover esercitare l’arte di contare solo su se stessi per raggiungere la saggezza e quindi la felicità. Se il filosofo romano avesse saputo quanto si spende, oggi, per passarci un paio di settimane lontani da email e smartphone, avrebbe fatto un sorriso a mezza bocca. La stessa cosa vale per Montecristo. Ma allora perché oggi teniamo in gran considerazione questi luoghi, perché gli odori del rosmarino e delle erbe selvatiche di quell’isola ci sembrano qualcosa di straordinario? Come mai la natura selvaggia, un tempo vissuta come pericolosa, ostile, nemica della civiltà e dell’ingentilirsi dei rapporti, oggi esercita tanto fascino su di noi? Ferrari abbozza una risposta: abbiamo visto i danni che l’uomo può arrecare all’ecosistema e abbiamo paura di estinguerci come specie. Sappiamo che la preservazione della diversità è alla base della vita, che la monocultura uccide (ricordate qualche puntata fa, quando si parlava della Botanica del desiderio di Michael Pollan e si diceva che la grande carestia irlandese fu causata in primo luogo dall’aver scelto di puntare tutto sulla coltivazione della patata), quindi la semplice constatazione che la natura, dopo un processo di domesticazione, rinasce, rivince, non abbassa la testa, tranquillizza tutti. Insomma, la lotta non è più quella fra uomo e natura, ma fra uomo e tempo, e in questo il selvaggio è un alleato. Che fa ancora paura, certo, come un orco sconosciuto col quale bisogna andarci piano, ma sicuramente forte, per la sua caparbietà, il suo saper combattere fino all’ultimo. Il suo erigersi come barricata di fronte agli assalti della morte. Bibliografia
Medicamento fitoterapeutico in caso di infiammazioni acute non complicate dei seni nasali.
Marco A. Ferrari, Montecristo. Dentro i segreti della natura selvaggia, Laterza, 2015, 200 pagine, 18 euro
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Janus, l’esperanto 3.0
Progetti del futuro È nato il primo standard di comunicazione acustica sottomarina integrata
Amanda Ronzoni Due terzi del nostro pianeta sono ricoperti d’acqua e restano per noi un mondo ancora sconosciuto. I dati che abbiamo raccolto finora sono ancora troppo pochi e disomogenei. Eppure la nostra esistenza dipende in gran parte proprio dal mare, dagli oceani e dai bacini d’acqua dolce, che ci garantiscono molte risorse vitali. Dialogare con il mondo sommerso diventa una priorità. Raccogliere dati quantitativamente significativi e farlo in modo responsabile è fondamentale per conoscere meglio questo ambiente e proteggerlo. In questo contesto è nato e si sta sviluppando il progetto Sunrise, inserito nel VII programma quadro della UE, che ha un capofila italiano, l’Università La Sapienza di Roma, oltre a una serie di partner sia italiani sia internazionali. Una rete per le comunicazioni sottomarine, performante e a basso costo, ci consentirebbe una conoscenza più approfondita degli habitat subacquei, ampliando di conseguenza le nostre capacità di monitoraggio e intervento in ambienti altrimenti preclusi all’uomo (come ad esempio faglie, fosse e vulcani sottomarini) o in situazioni di particolare rischio (in caso di tsunami, sversamenti di sostanze inquinanti, o ancora per operazioni di sminamento, soccorso in mare, eccetera), senza considerare quanto si potrebbe fare per la tutela degli ecosistemi marini e la protezione di siti archeologici sommersi. Il team della professoressa Chia-
ra Petrioli, dell’Università La Sapienza di Roma, coordinatrice del progetto, ha intercettato già diversi anni fa le esigenze di gruppi di ricerca specializzati in ambito sottomarino, per i quali si rendeva necessario sviluppare una tecnologia di raccolta e scambio di dati affidabili che operasse appunto sott’acqua. Ma è proprio la peculiarità di questo elemento a rendere particolarmente difficile e sfidante il progetto. Il primo aspetto critico riguarda le risorse. La ricerca in mare richiede già di per sé l’appoggio di navi attrezzate, personale qualificato e dispositivi particolari, con costi, di conseguenza, importanti. Le attrezzature inizialmente disponibili sono sempre state estremamente costose, i protocolli di comunicazione molto diversi tra loro, la quantità di dati raccolti utili minima. Si aggiunga un ambiente di trasmissione ostico. La possibilità di creare un network di comunicazione efficiente e affidabile, al pari di quello Internet realizzato nell’etere grazie alle onde radio (il wi-fi), viene infatti ostacolato dalla natura stessa dell’acqua che non permette uguale velocità di propagazione dei segnali – 100mila volte più lenti che nell’aria – e la stessa distanza: in mare, le onde radio si propagherebbero solo per qualche metro. Una prima fonte di ispirazione è arrivata dal sistema di comunicazione dei mammiferi marini, basato sulle onde acustiche. Dopo averlo studiato e copiato si è riusciti a realizzare dei modem acustici via via più performanti, in gra-
Salvo Emma
per permetterci di migliorare la ricerca scientifica negli oceani
do di trasmettere su frequenze diverse da quelle di balene e delfini, così da non disturbarli. Poi è stato necessario creare un nuovo concetto di rete introducendo un cambio nei protocolli di comunicazione, nuovi linguaggi e un percorso ottimizzato. Quindi si è cercato di abbattere progressivamente i costi dei droni e dei dispositivi utilizzati in acqua. Le trasmissioni in acqua – non è un mistero – sono complesse e possono essere afflitte dalle condizioni ambientali, molto mutevoli. La tecnologia acustica, in particolare, è parecchio sensibile a temperatura, salinità, moto ondoso, correnti, al passaggio di navi, tanto per citare qualcuno dei fattori di disturbo più comuni.
Fondamentale per accelerare il processo è stata, dunque, l’introduzione della multi-modalità, ovvero l’affiancamento alla comunicazione acustica di quella ottica. Mentre la prima consente un flusso di dati limitato (da decine a centinaia di kbit al secondo), ma su lunghe distanze, la seconda ha una capacità maggiore (in termini di megabit al secondo) ma su distanze brevi. Ulteriore passo in avanti è stato riuscire a far comunicare tra loro dispositivi diversi, caratterizzati da sistemi «proprietari» e modem costruiti da aziende diverse che, in genere, non sono in grado di dialogare tra loro. È nato così il primo standard di comunicazione acustica sottomarina integrata: Janus, l’esperanto 3.0.
Al momento il progetto può contare su una flotta eterogenea di veicoli, una dozzina in tutto, tra droni e robot, sviluppati sia a fini commerciali sia al servizio della ricerca. Il progetto Sunrise ha anche quattro test bed (aree di prova) attivi in Italia, Portogallo, Olanda, Turchia, cui se ne aggiungerà presto uno nell’Oceano Atlantico, di fronte alla costa est degli Stati Uniti. Accanto all’Università La Sapienza di Roma, il centro Nato STO Centre for Maritime Research and Experimentation di La Spezia, ISME (Interuniversity Center of Integrated Systems for the Marine Environment) di Genova e Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna di Pisa, NEXSE, società italiana di system integration, l’Università di Firenze e l’Università della Calabria. Tra i player stranieri: EvoLogics (azienda europea che realizza modem acustici), le Università olandese e portoghese di Twente e Porto, SUASIS (azienda turca) e, la Northeastern University di Boston, cui si sono aggiunti grazie al sistema di open call GridNet (SME greca), Marine Southeast e University of Southampton (rispettivamente azienda e ateneo inglesi), l’Universitat de Girona (Spagna), la Tallinn University of Technology (Estonia) e la Heriot-Watt University di Edimburgo. Informazioni
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Ambiente e Benessere
I luoghi segreti dei subacquei islandesi Mondo sommerso Alcuni fra i siti più belli in cui immergersi, temperature a parte
Sabrina Belloni, foto di Franco Banfi L’Islanda ha fascino, non c’è che dire. È intrigante, seducente. Lo scopri già prima di metterti in viaggio, quando ancora studi le mille sfaccettature di un paese che in pochi sanno dove sia esattamente e di cui molti hanno iniziato a interessarsi dopo aver simpatizzato per i calciatori islandesi impegnati nei recenti campionati europei e aver scandito fragorosamente l’haka vichinga. Dell’Islanda si conosce soprattutto la sua natura incontrollabile. Quei vulcani dai nomi impronunciabili, che con i loro sbuffi cinerei sono in grado di congelare il traffico aereo dell’intero emisfero boreale.
«In Islanda, sopra e sotto la superficie dell’acqua, si percepisce la supremazia dei fenomeni naturali» Affacciata alla periferia della zona artica, è il luogo geologicamente più attivo del pianeta. Si trova giusto al di sotto del circolo polare, con la sola isola di Grímsey che tocca realmente tale latitudine. Ospita centinaia di vulcani e camini vulcanici: qui si vive fra i sibili ricorrenti dei geyser, i brontolii delle fumarole e delle fenditure geotermali. Le pianure sono nere di lava, talvolta ricoperte da licheni, talvolta da candidi ghiacci. La sabbia delle spiagge è scura, generata dall’erosione delle rocce basaltiche a opera delle incessanti onde oceaniche. L’Islanda è l’isola di maggior rilievo della dorsale medio atlantica, una catena di montagne sottomarine lunga circa 10mila chilometri che fa parte di un sistema di fratture nella crosta terrestre e che corre all’incirca dal polo nord al polo sud, nell’Oceano Atlantico. L’isola si trova proprio a cavalcioni della frattura della crosta terrestre che separa le placche continentali del Nord America e dell’Eurasia e che si dilata di circa due centimetri ogni anno. Per i geologi è un libro aperto verso le profondità del nostro pianeta poiché è il crocevia di immense tensioni della crosta terrestre, responsabili di lacerazioni e fuoriuscite magmatiche, terremoti che a loro volta causano eruzioni e maremoti, con rapidi e continui rimodellamenti straordinari del paesaggio. Molti turisti vi giungono per cercare di capire i desolati paesaggi vulcanici, per guardare le maestose cascate, visitare i villaggi tradizionali e sperare di vedere l’ammaliante aurora boreale. I subacquei sono interessati prevalentemente all’immersione in alcuni dei siti di acqua dolce più trasparenti del pianeta e spesso si focalizzano sulle
L’incredibile trasparenza delle acque gelide islandesi.
esplorazioni dei siti geologici; tuttavia è consigliata una visita anche ai molti siti in mare, dove la fauna marina è assolutamente unica e persuasiva anche per i subacquei più esperti. In Islanda, sopra e sotto la superficie dell’acqua, si percepisce la supremazia dei fenomeni naturali, amplificata dalla limpidezza degli elementi, che esaltano l’intenso contrasto dei colori e dei profumi dei vari ecosistemi. Blu è il colore dell’acqua e dell’aria più pure che io abbia mai visto. È il colore del freddo e dello scorrere lento dell’acqua sorgiva che riempie le spaccate, in totale contrapposizione con il rosso, il caldo, il fuoco e l’intensità dello scorrere della lava dei vulcani (la maggior parte sono fortunatamente inattivi) che costituiscono l’isola. Lo scuro delle rocce basaltiche e delle lunghe notti invernali sono in totale contrasto con il bianco accecante e puro della neve intonsa che ricopre i ghiacciai, delle nuvole che sembrano creazioni artistiche di panna che si rincorrono nei cieli azzurro intenso, e le quasi 24 ore quotidiane di luce iridescente nel mese di giugno. L’isola va esplorata, va capita, evitando di fermarsi solamente nei luoghi più noti e dedicando del tempo a quelli
più remoti, quelli che sono conservati nei cuori degli islandesi, quelli che raramente sono indicati sulle guide turistiche. Grazie a un eccezionale mentore islandese, ho imparato che l’Islanda offre molto di più delle iconiche immersioni nel parco nazionale di Thingvellir, nei punti di frattura dove si dividono le due placche continentali Eurasiatica e Nord Americana. Le immersioni nell’acqua sorgiva di Silfra e Davidsgja sono le più conosciute e le più frequentate. Ma nulla hanno di superiore a quelle nei luoghi privi di un nome, non ancora segnalati su alcuna guida turistica, in cui solo un autentico subacqueo islandese ci può condurre. Le fenditure, come il colore blu, non amano i confronti, ognuna ha le proprie particolarità, ognuna è diversa dall’altra. Le accomuna un senso di eternità e di sicurezza che può trarre in inganno i subacquei meno esperti, meno consapevoli del corretto utilizzo di una muta stagna (indispensabile) e delle immersioni a poca profondità in acque a 2 - 4° C. Silfra è la fenditura più grande, larga da cinque a dieci metri e lunga circa
200 metri. È alimentata dall’acqua che si liquefa dal ghiacciaio di Langjokull, percola fra le rocce dove viene filtrata sino a confluire nel lago Thingvallavatn. La limpidezza delle sue acque amplifica la sensazione di volare lungo il percorso. Nei giorni di sole, quando l’acqua è increspata da brevi fluttuazioni, la luce penetra la superficie e si irradia con un arcobaleno di colori creando scenografie magiche. Nesgja è meno profonda, più corta e più piccola di Silfra, ma incredibilmente bella con quel colore blu cobalto dell’acqua sorgiva che lambisce le rocce basaltiche naturali a forma di colonna poliedrica, con i lati talmente regolari da sembrare – erroneamente – scolpiti dalla sapienza di esperti artigiani. Ci sono spaccate il cui nomignolo varia di volta in volta, in base alle diverse guide che conducono l’immersione. Questi sono i «luoghi segreti», i luoghi del cuore dei subacquei residenti, laddove i subacquei visitatori hanno una chance di tuffarsi solamente se hanno capito e apprezzato la sensibilità della guida. Alcuni di questi siti richiedono un approccio estremo, da spedizione
esplorativa più che da gita rilassante. Talvolta si rendono necessarie le potenti superjeep o un elicottero per raggiungerli: non sono immersioni per i subacquei neofiti o capricciosi. Sono fra i luoghi più belli in cui io mi sia mai immersa, con l’impagabile piacere di poter restare in acqua per un tempo limitato solamente dalla mia capacità di tollerare la temperatura, senza alcuna limitazione dettata da un programma a orari prestabiliti. Senza alcun altro subacqueo se non Franco e la nostra guida David, abbiamo trascorso alcune ore ammirando l’unicità della superficie a specchio su cui si riflettono le rocce circostanti e gli effetti di luce delle formazioni vulcaniche. Immergersi in questi luoghi con serenità e con un equipaggiamento adeguato per tollerare la temperatura gelida, genera un senso di calma e rilassamento totale: maggiore la sfumatura di blu, maggiore il senso di unicità e di libertà che si percepisce. Informazioni
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Ambiente e Benessere
Ambiente e Benessere
(S)cambiamo vacanza
Viaggiatori d’Occidente Dal 14 al 20 novembre molti bed & breakfast italiani propongono la Settimana del baratto
proprio quoziente d’intelligenza: e si capisce che un risultato lusinghiero è premessa per un trattamento migliore. Valentina legge i tarocchi e ascolta chi ha voglia di sfogarsi. Sara fa tatuaggi permanenti.
Claudio Visentin Potete cucinare il vostro piatto forte, suonare per gli altri ospiti dal vivo, oppure dare lezioni di danza: oltre alla soddisfazione personale, in cambio trascorrerete qualche giorno di vacanza in un bed & breakfast senza pagare nulla. Benvenuti alla Settimana del baratto (www.settimanadelbaratto.it): inizia oggi e continua sino al 20 novembre, in numerosi B&B italiani. Si sa, il baratto è lo scambio diretto di beni, senza far ricorso alla moneta: in origine la forma più antica di transazione economica, ora un’utopia rivolta al futuro in un mondo ossessionato dal denaro. Il primo esperimento fu tentato nel 2009, quando si scoprì che un B&B associato alla piattaforma di prenotazione bed-and-breakfast.it utilizzava già abitualmente questa formula. Da allora il numero dei B&B coinvolti è raddoppiato e l’anno scorso le proposte di scambio sono state complessivamente diecimila. Insomma l’iniziativa ha preso piede e, sia pure in forma ridotta, è possibile anche nel resto dell’anno (barattobb.it). Partecipare è facile: attraverso il sito potete proporre quel che sapete fare meglio o accogliere la richiesta di qualche B&B. Si può realizzare un servizio fotografico o tradurre dei testi per il sito web del vostro ospite, dare lezioni di lingue o di informatica, svolgere lavori manuali: per esempio riparare gli impianti, curare il giardino o raccogliere le olive. Anche chi vive di turismo vuo-
Trascorrete alcuni giorni in un B&B senza pagare nulla, offrendo quel che sapete fare meglio o quel che serve a chi vi ospita
L’interno di uno dei tanti B&B, questo è Il Ghiro di Carloforte (Sardegna).
le andare in vacanza e dunque lo scambio di ospitalità è la scelta più frequente (un quarto del totale). Molte richieste sono decisamente sensate, ma c’è anche spazio per una sana stravaganza, soprattutto nel settore dei servizi. E così, in cambio di vitto e alloggio per un weekend, Giusy
propone un massaggio ayurvedico e degli ottimi dolci fatti in casa. La parrucchiera Vania offre invece un taglio di capelli e qualche consiglio per cavarsela da soli in futuro. Sara è una bibliotecaria e legge ad alta voce storie per adulti e bambini. Sandra corrisponde forse meno agli stereotipi cor-
renti di femminilità, ma vi stermina i topi di casa. Il portoghese Vicente è un urban sketcher e disegna graffiti sui muri (sarà bene verificare prima quali soggetti predilige). Altrimenti potreste scegliere i mosaici di Giuseppina, tradizionali o moderni. Senja è una psicologa e offre un test per stabilire il
Siete spaventati dalla crescita del crimine? Armando dà lezioni di boxe e Girolamo insegna street fighting. Oppure in alternativa rivolgetevi a Marzia per addestrare il vostro cane e trasformarlo in un leone. E se volete iscrivervi in qualche palestra, il medico Priscilla vi prepara un certificato di sana e robusta costituzione. Di questi tempi poi potrebbe aver senso la consulenza geologica di Fabrizio. E gli esempi potrebbero continuare… La Settimana del baratto viene incontro a bisogni reali, ma è anche assai efficace dal punto di vista della comunicazione. Con un minimo investimento (siamo in bassa stagione) si riceve molta e buona pubblicità gratuita. Infatti parecchi giornali ne hanno parlato, soprattutto all’estero, dove tutti sognano di trascorrere una settimana in Italia senza dover mettere mano al portafoglio.
Le buone idee si copiano: l’anno prossimo, la Settimana del baratto verrà proposta anche nel Regno Unito (www.barterweekuk.com). Questa dimensione creativa è sempre più importante per tutte quelle strutture, come i B&B, che non raggiungono la massa critica per investire in costose campagne promozionali. E anche piccole destinazioni possono adottare la stessa strategia. Per esempio, proprio mentre tutti cercano di essere un passo avanti nelle attività in rete e di promuovere il Web 2.0 o 3.0, il piccolo comune di Civitacampomarano (cinquecento anime in provincia di Campobasso) si è affidato all’artista Biancoshock che l’ha riportato indietro… al Web 0.0. L’intento era mostrare come certi servizi oggi di moda siano in fondo sempre esistiti nella vita di un paese di provincia. Così, applicando dei semplici cartelli colorati, la cabina telefonica è diventata Whatsapp, la bacheca con gli eventi del paese Facebook, lo scambio di informazioni mentre si prende il caffè Google, la buca delle lettere Gmail, le chiacchiere di ogni giorno Twitter, la donna anziana perennemente fuori dalla porta di casa che conosce gli affari di tutti Wikipedia, il negozio di generi vari eBay, la televisione del bar YouTube, gli angoli appartati per gli amanti Tinder. La provincia italiana del resto ha sempre avuto una vena nascosta di genialità. Poco più a nord, in Abruzzo, gli abitanti di Caldari di Ortona hanno costruito una fontana dalla quale zampilla l’ottimo vino rosso del territorio, offerto gratuitamente ai pellegrini che percorrono il Cammino di San Tommaso. È un ritorno all’età dell’oro e anche qui la stampa internazionale ha ripreso in mille modi la notizia. Insomma, c’è sempre bisogno di buone idee. E voi, cosa proponete?
Notizie scientifiche
A scuola di viaggio
Medicina e dintorni Marialuigia Bagni
Nuovo appuntamento in Ticino con il laboratorio di scrittura.
«Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi» ha scritto Proust. Per questo, da diversi anni, settimana dopo settimana, la nostra rubrica «Viaggiatori d’Occidente» propone riflessioni e spunti per viaggiare in modo più interessante e creativo. Ora siamo lieti di proporvi un nuovo incontro dal vivo con Claudio Visentin, curatore della rubrica e fondatore della Scuola del Viaggio (www.scuoladelviaggio.it). Insieme a Scuola Club Migros Lugano è stato infatti organizzato un laboratorio dedicato all’arte di viaggiare, per imparare a raccontare le esperienze in una forma più curata e coinvolgente. Il laboratorio inizierà con una riflessione d’apertura: come progettare un viaggio interessante, come prendere appunti strada facendo, come rielaborare quanto visto dopo il ritorno a casa. In seguito verrà approfondita la scrittura di viaggio nelle sue diverse forme, dal racconto al reportage, alternando
teoria ed esercizi: nella convinzione che, anche nell’età dell’immagine, la scrittura resta uno degli strumenti più efficaci per capire e raccontare i luoghi visitati. Il laboratorio è aperto a tutti: sono benvenuti i principianti al pari di chi ha già qualche esperienza di scrittura. Informazioni
Il laboratorio si svolgerà sabato 3 dicembre 2016, ore 09.00-12.00 e 13.0016.00, presso la Scuola Club Migros Lugano, via Pretorio 15. Il costo dell’iscrizione è di CHF 144.– (con uno sconto del 10 per cento a chi porterà «Azione» al momento dell’iscrizione); inoltre a ogni partecipante verrà donato il taccuino della Scuola Migros. Il corso è a numero chiuso (massimo 20 partecipanti, in ordine d’iscrizione sino a esaurimento dei posti disponibili). È possibile iscriversi presso la segreteria della Scuola Club Migros Lugano per telefono (091/821 71 50), via posta elettronica (scuolaclub.lugano@migrosticino.ch) o direttamente sul sito internet www.scuola-club.ch.
Sci migliori dalla Svizzera Ricercatori del Politecnico di Losanna e dell’Istituto per gli Studi sulla Neve di Davos hanno ideato sci più sicuri e maneggevoli ispirandosi alle scaglie delle tartarughe, che si allargano quando l’animale respira bloccandosi, cioè diventando rigide, in caso di choc. Davanti e dietro agli sci sono state poste due placche di alluminio collegate, che si spostano in sintonia, permettendo di «agganciare» meglio la neve. Non servono dieci dita Che si scriva con la macchina per scrivere o al computer, non è necessario usare tutte le dita per battere rapidamente. Ricercatori finlandesi hanno dimostrato che, al contrario, basta che le lettere siano pigiate dallo stesso dito, che non ci siano incertezze e che le mani non si muovano. Una tuta per camminare È in fase di sperimentazione una tuta per camminare. Servirà soprattutto agli anziani e a chi ha difficoltà motorie o ai pazienti in riabilitazione. Lo studio è in corso in Giappone. Si tratta di una sorta di armatura leggerissima dotata di pompe che gonfiano, attraverso la pressione esercitata con il passo, un muscolo artificiale posto sulla coscia. I curiosi restano sempre giovani Lo spiega su «Psychology Today» una ricercatrice dell’Università del Kentucky, negli Stati Uniti. Il genuino interesse a scoprire altro stimola ad imparare cose nuove e, nello stesso tempo, a interessarsi agli altri. Due fattori, secondo la ricerca, che rinforzano il
nostro «ego» e aiutano il cervello a non invecchiare. I sedentari rischiano il diabete Ogni ora supplementare passata seduti aumenta il rischio di diabete del tipo 2. La ricerca è stata condotta all’Università di Maastricht, in Olanda, su 2500 donne, misurando la loro «sedentarietà» con l’aiuto di un accelerometro. Lo stress viene ereditato Lo stress si trasmette ai discendenti. Fino a sei generazioni, secondo uno studio dell’Università statunitense di Pensylvania. Colpevole il cortisolo, l’ormone dello stress. La sua produzione, stimolata dalla paura, «colpisce» i bebé ancora nell’utero della madre e si mantiene elevata anche dopo la nascita e la pubertà. Gli esperimenti, finora, sono stati condotti solo in laboratorio. Trenta minuti per star bene Una passeggiata in un parco almeno una volta alla settimana è la ricetta per restare in salute, riducendo il rischio di soffrire di depressione, stress, ansia e pressione alta. Lo evidenzia uno studio pubblicato sulla rivista «Nature Scientific Report», condotto da un’équipe dell’Università australiana del Qeensland. Mal di testa? Colpa di certi grassi L’emicrania può dipendere da anomalie lipidiche. Gli sfingolipidi (una famiglia di grassi presenti nelle membrane cellulari e prodotti naturalmente dall’organismo) giocano un ruolo importante nei processi dolorosi e potrebbero essere responsabili delle crisi di emicrania, come spiega uno studio pubblicato sulla rivista «Neurology».
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Le buone idee si copiano: l’anno prossimo, la Settimana del baratto verrà proposta anche nel Regno Unito (www.barterweekuk.com). Questa dimensione creativa è sempre più importante per tutte quelle strutture, come i B&B, che non raggiungono la massa critica per investire in costose campagne promozionali. E anche piccole destinazioni possono adottare la stessa strategia. Per esempio, proprio mentre tutti cercano di essere un passo avanti nelle attività in rete e di promuovere il Web 2.0 o 3.0, il piccolo comune di Civitacampomarano (cinquecento anime in provincia di Campobasso) si è affidato all’artista Biancoshock che l’ha riportato indietro… al Web 0.0. L’intento era mostrare come certi servizi oggi di moda siano in fondo sempre esistiti nella vita di un paese di provincia. Così, applicando dei semplici cartelli colorati, la cabina telefonica è diventata Whatsapp, la bacheca con gli eventi del paese Facebook, lo scambio di informazioni mentre si prende il caffè Google, la buca delle lettere Gmail, le chiacchiere di ogni giorno Twitter, la donna anziana perennemente fuori dalla porta di casa che conosce gli affari di tutti Wikipedia, il negozio di generi vari eBay, la televisione del bar YouTube, gli angoli appartati per gli amanti Tinder. La provincia italiana del resto ha sempre avuto una vena nascosta di genialità. Poco più a nord, in Abruzzo, gli abitanti di Caldari di Ortona hanno costruito una fontana dalla quale zampilla l’ottimo vino rosso del territorio, offerto gratuitamente ai pellegrini che percorrono il Cammino di San Tommaso. È un ritorno all’età dell’oro e anche qui la stampa internazionale ha ripreso in mille modi la notizia. Insomma, c’è sempre bisogno di buone idee. E voi, cosa proponete?
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A scuola di viaggio
Medicina e dintorni Marialuigia Bagni
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«Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi» ha scritto Proust. Per questo, da diversi anni, settimana dopo settimana, la nostra rubrica «Viaggiatori d’Occidente» propone riflessioni e spunti per viaggiare in modo più interessante e creativo. Ora siamo lieti di proporvi un nuovo incontro dal vivo con Claudio Visentin, curatore della rubrica e fondatore della Scuola del Viaggio (www.scuoladelviaggio.it). Insieme a Scuola Club Migros Lugano è stato infatti organizzato un laboratorio dedicato all’arte di viaggiare, per imparare a raccontare le esperienze in una forma più curata e coinvolgente. Il laboratorio inizierà con una riflessione d’apertura: come progettare un viaggio interessante, come prendere appunti strada facendo, come rielaborare quanto visto dopo il ritorno a casa. In seguito verrà approfondita la scrittura di viaggio nelle sue diverse forme, dal racconto al reportage, alternando
teoria ed esercizi: nella convinzione che, anche nell’età dell’immagine, la scrittura resta uno degli strumenti più efficaci per capire e raccontare i luoghi visitati. Il laboratorio è aperto a tutti: sono benvenuti i principianti al pari di chi ha già qualche esperienza di scrittura. Informazioni
Il laboratorio si svolgerà sabato 3 dicembre 2016, ore 09.00-12.00 e 13.0016.00, presso la Scuola Club Migros Lugano, via Pretorio 15. Il costo dell’iscrizione è di CHF 144.– (con uno sconto del 10 per cento a chi porterà «Azione» al momento dell’iscrizione); inoltre a ogni partecipante verrà donato il taccuino della Scuola Migros. Il corso è a numero chiuso (massimo 20 partecipanti, in ordine d’iscrizione sino a esaurimento dei posti disponibili). È possibile iscriversi presso la segreteria della Scuola Club Migros Lugano per telefono (091/821 71 50), via posta elettronica (scuolaclub.lugano@migrosticino.ch) o direttamente sul sito internet www.scuola-club.ch.
Sci migliori dalla Svizzera Ricercatori del Politecnico di Losanna e dell’Istituto per gli Studi sulla Neve di Davos hanno ideato sci più sicuri e maneggevoli ispirandosi alle scaglie delle tartarughe, che si allargano quando l’animale respira bloccandosi, cioè diventando rigide, in caso di choc. Davanti e dietro agli sci sono state poste due placche di alluminio collegate, che si spostano in sintonia, permettendo di «agganciare» meglio la neve. Non servono dieci dita Che si scriva con la macchina per scrivere o al computer, non è necessario usare tutte le dita per battere rapidamente. Ricercatori finlandesi hanno dimostrato che, al contrario, basta che le lettere siano pigiate dallo stesso dito, che non ci siano incertezze e che le mani non si muovano. Una tuta per camminare È in fase di sperimentazione una tuta per camminare. Servirà soprattutto agli anziani e a chi ha difficoltà motorie o ai pazienti in riabilitazione. Lo studio è in corso in Giappone. Si tratta di una sorta di armatura leggerissima dotata di pompe che gonfiano, attraverso la pressione esercitata con il passo, un muscolo artificiale posto sulla coscia. I curiosi restano sempre giovani Lo spiega su «Psychology Today» una ricercatrice dell’Università del Kentucky, negli Stati Uniti. Il genuino interesse a scoprire altro stimola ad imparare cose nuove e, nello stesso tempo, a interessarsi agli altri. Due fattori, secondo la ricerca, che rinforzano il
nostro «ego» e aiutano il cervello a non invecchiare. I sedentari rischiano il diabete Ogni ora supplementare passata seduti aumenta il rischio di diabete del tipo 2. La ricerca è stata condotta all’Università di Maastricht, in Olanda, su 2500 donne, misurando la loro «sedentarietà» con l’aiuto di un accelerometro. Lo stress viene ereditato Lo stress si trasmette ai discendenti. Fino a sei generazioni, secondo uno studio dell’Università statunitense di Pensylvania. Colpevole il cortisolo, l’ormone dello stress. La sua produzione, stimolata dalla paura, «colpisce» i bebé ancora nell’utero della madre e si mantiene elevata anche dopo la nascita e la pubertà. Gli esperimenti, finora, sono stati condotti solo in laboratorio. Trenta minuti per star bene Una passeggiata in un parco almeno una volta alla settimana è la ricetta per restare in salute, riducendo il rischio di soffrire di depressione, stress, ansia e pressione alta. Lo evidenzia uno studio pubblicato sulla rivista «Nature Scientific Report», condotto da un’équipe dell’Università australiana del Qeensland. Mal di testa? Colpa di certi grassi L’emicrania può dipendere da anomalie lipidiche. Gli sfingolipidi (una famiglia di grassi presenti nelle membrane cellulari e prodotti naturalmente dall’organismo) giocano un ruolo importante nei processi dolorosi e potrebbero essere responsabili delle crisi di emicrania, come spiega uno studio pubblicato sulla rivista «Neurology».
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Ambiente e Benessere
Saltimbocca di pesce in salsa
Cucina di Stagione La ricetta della settimana
Piatto principale Ingredienti per 4 persone: 2 limoni · 800 g di filetti dorsali di nasello · sale, pepe
· 4 cucchiai di farina · 1 mazzetto di prezzemolo · 12 fette di prosciutto crudo · 1 scalogno piccolo · 4 cucchiai d’olio d’oliva · 1 dl di vino bianco · 180 g di panna semigrassa per salse
1. Tagliate la metà dei limoni in 12 fettine sottili e spremete il resto. Tagliate i filetti di pesce di traverso in pezzi di circa 5 cm. Conditeli con sale e pepe. Quindi infarinateli. Accomodate su ogni pezzo di pesce 1 fetta di limone e 1 gambo di prezzemolo e avvolgete il tutto con 1 fetta di prosciutto crudo.. 2. Staccate le foglie di prezzemolo rimaste dai gambi. Tritate lo scalogno. Scaldate l’olio in una padella ampia. Rosolate il pesce poco alla volta da entrambi i lati per circa 5 minuti. Estraetelo e tenetelo in caldo. Fate appassire lo scalogno nella stessa padella, nel fondo di cottura. Sfumate con il succo di limone e il vino. Aggiungete la panna e fatela ridurre leggermente. Unite le foglie di prezzemolo e frullate la salsa. Condite con sale e pepe. Servite il pesce con la salsa e accompagnate con pasta al burro.
Un esemplare gratuito si può richiedere a: telefono 0848 877 869* fax 062 724 35 71 www.saison.ch * tariffa normale L’abbonamento annuale a Cucina di Stagione, 12 numeri, costa solo 39.– franchi.
Preparazione: circa 25 minuti. Per persona: circa 41 g di proteine, 36 g di grassi, 12 g di carboidrati, 2250 kJ/540 kcal.
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Giochi
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(N. 41 - Sfregano uno contro l’altro) regalo Vinci unai nasi delle 3 carte
da 50 franchi con il cruciverba e una 2 carte regalo 50dove franchi O da F A R E G Ocon L Ail sudoku (N. 44 - Non esistono ventidelle favorevoli per chiS non sa andare) 1
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Cruciverba
Risolvi il cruciverba e leggi le lettere evidenziate, troverai un saggio proverbio (Frase: 3, 8, 5, 10, 3, 3, 3, 2, 4, 6)
F O G L I A A L Z O 29 I D T O G A L I T Ambiente e Benessere Giochi per “Azione” - Novembre 2016 R OSargentini D I T O R E A O Stefania
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ORIZZONTALI 1. Tra le Calende e le Idi 4. È nervoso ma anche solare 9. È il numero uno in Inghilterra 10. Qualora in poesia 11. Le iniziali della ballerina Titova 12. Ha un proprio servizio 13. Modera l’andatura 14. Matusalemme lo era di Noè 16. Scorrono senza far rumore 18. Saluto d’altri tempi 19. Confederazione Generale Italiana del Lavoro 20. Viene venerato 22. Accanto alle cascine 24. Isola francese 25. L’Arpagone di Molière 27. Parte del corpo umano 29. Pronome 30. Prefisso che vuol dire vino 32. Si alternano nel branco 33. L’antica Sidone 34. Centro della Cecoslovacchia 35. Le iniziali dell’attore Argentero 37. Scuola Militare Alpina 38. Danno un punto a scopa 39. Non pubblicate 40. Dio greco della guerra VERTICALI 1. Un vento Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch I premi, cinque carte
regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti
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(N. 4225- “Anche se fossero mille fermateli!”) 26
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2. Li comportano gli onori 3. Particella negativa 4. Il famoso Italo scrittore 5. Hanno la criniera sulla schiena 6. Torna se ora non c’è... 7. Piccolo ed elegante scaffale 8. Non si deve calpestare 10. Relativo alla bocca 15. Le iniziali dell’attrice Incontrada 17. Hanno clienti frettolosi 19. Noto servizio segreto 21. Onda umana 22. Non è mai sazia 23. Capi d’abbigliamento tahitiani 25. Espressione di rimpianto 26. Rispettabilità, dignità 28. Sigla di paternità ignota
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N I A N T A C I S I S E R O M O C VO NE I , L R E N O O R A V E O
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U N O M A O E C A S Sudoku N O N E N P U N T Soluzione: I DNI O O ET A Scoprire i 3 numeri A da T inseR O corretti T E FT rire caselle A nelle L O E colorate. V RN E B A O E P I L O G
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P S AF RE R EA I
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O L O L E C H E O A C S S O L M S A TA I P A T T O EAT T OS S T O D I TR
A A V S E H I E TI AD L M F EA A S E
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M A I V O I L A O N O O V R I E S
29. Gli attori di un film 24 31. Genere della famiglia dei caprini comprendente le pecore Soluzione della settimana precedente (N. ... camoscio si chiama camozza) LO SAPEVI CHE … – La femmina del: … CAMOSCIO SI CHIAMA CAMOZZA 36.43Le- iniziali del Duca della Vittoria 38.2 Le iniziali di Respighi 1 3 4 5 6 C A R M E L O
I vincitori
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Vincitori del concorso Cruciverba 16 18 19 su15«Azione 44», del17 31.10.2016
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Vincitori del concorso Sudoku 29 30 31 su «Azione 44», del 31.10.2016 L. Togni, F. Boggia
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S C I C H E E S F O I D R O
I A V E E S C P O C A G L I T O D I T
O S S T E I M O A G A O R
A R M R O A L Z L I E A
A Z O T O
che avranno fatto pervenire la soluzio- (N. sito pubblicato sulla pagi-per chi pante essere spedita a «Redazio- in contanti dei premi. I vincitori sa44formulario - Non esistono venti favorevoli nondeve sa dove andare) ne corretta entro il venerdì seguente 1 na2 del3 sito.Partecipazione postale: ne Azione, Concorsi, C.P. 6315, 6901 ranno avvertiti per iscritto. Il nome dei 4 5 6 7 8 N O NNon E si intratterrà S I ScorrisponT E M Avincitori sarà pubblicato su «Azione». la pubblicazione del gioco. Parteci- la lettera o la cartolina postale che ri- Lugano». 9 10 11 O NsuiE concorsi. O VLe Evie legali N sono T I Partecipazione riservata esclusivamenpazione online: inserire la soluzione porti la soluzione, corredata da nome, denza 14 15 del cruciverba o del sudoku nell’appo- 12cognome,13indirizzo, email del parteciescluse. Non è possibile un pagamento T E F R E N O A V Ote a lettori che risiedono in Svizzera. 16 17 18 19 O R E A V E C G I L Annuncio pubblicitario 20 21 22 I D O L O A I E A 23 24 25 26 P I L E A V A R O 27 28 29 30 31 A N C A C H I E N O 32 33 34 R N O S A I D A O V 35 36 37 38 E L A S M A O R I 39 40 I N E D I T E A R E S
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Politica e Economia Passaggio di consegne Primo incontro tra il neo-eletto 45.presidente Usa Donald Trump e Barack Obama alla Casa Bianca
Democratici allo sbando «Il soffitto di cristallo non si è rotto», ha detto Hillary ufficializzando la vittoria di Trump. Ma la sconfitta non è solo quella di una donna che ha mancato per un soffio la Casa Bianca, è anche quella del modello democratico americano
America divisa Nonostante la vittoria schiacciante, Trump eredita un Paese tutt’altro che unito
Trump anche scrittore Autore di saggi e manuali per non arrendersi e diventare un uomo di successo. Dalle parole ai fatti pagina 35
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AFP
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Che ne sarà del resto del mondo?
Trump e la politica estera Di certo la scelta più urgente del nuovo inquilino della casa Bianca riguarderà il rapporto
con Mosca al fine di trovare un compromesso con Putin sull’Ucraina e sulla Siria
Lucio Caracciolo Come cambierà, se cambierà, la politica estera americana sotto la presidenza Trump? Non possiamo avere certezze, ma qualche indicazione appare plausibile. Per ordine. In generale, la politica estera degli Stati Uniti d’America dipende in misura molto relativa dall’inquilino della Casa Bianca. L’incrocio di poteri e contropoteri che caratterizza il sistema è estremamente complesso. Gli attori principali che determinano la rotta della potenza americana nel mondo sono infatti, accanto al presidente, l’alta e media burocrazia degli apparati diplomatici, militari, di intelligence, le lobby e prima ancora il Congresso. Un ruolo non secondario lo giocano i singoli Stati confederati, alcuni dei quali hanno la capacità e la consistenza di muoversi quali attori semiautonomi sulla scena internazionale, senza e talvolta contro Washington. Esempio: dopo l’accordo con l’Iran, sul quale Trump si è finora espresso in termini di fuoco, oltre alle sanzioni previste dal Congresso restano efficaci quelle messe in piedi da di-
versi Stati, che non vogliono sottostare alla decisione presidenziale di trovare un compromesso con Teheran. Gli apparati esercitano di fatto un controllo piuttosto pervasivo sulle politiche decise dalla Casa Bianca. Soprattutto, essendo chiamati ad eseguirle, possono facilmente modificarle, interpretarle, financo insabbiarle. Nessun presidente è libero di eccedere questi vincoli, indipendentemente dalla sua volontà e dalle sue capacità. In secondo luogo, è vero che il Congresso è allineato formalmente con il presidente – Senato e Camera dei rappresentanti sono a maggioranza repubblicana – ma questo non garantisce affatto che si riducano a suoi strumenti docili. Una buona parte della maggioranza repubblicana non si riconosce affatto in Trump e non fa mistero di aver preferito il successo di Hillary Clinton, a patto che il loro partito si impossessasse di entrambi i rami del parlamento. A questo punto i casi sono due: o assisteremo a un’impressionante gara di fedeltà in soccorso del vincitore da parte di suoi segreti oppositori – ipotesi ben possibile – oppure il nuovo inqui-
lino della Casa Bianca dovrà anzitutto guardarsi le spalle dai suoi presunti amici e colleghi di partito. Considerando fra l’altro il ruolo chiave del Senato nella ratifica dei trattati internazionali, questa alternativa non ha valore puramente scolastico. In terzo luogo, quanto della retorica elettorale di Trump corrisponde alle sue convinzioni profonde? E soprattutto fino a che punto è disposto a spingersi nel tentativo di trasformarle in concrete politiche? Scontato un certo grado di propaganda e di estremismo verbale utile ad attrarre l’attenzione dei media, restano al netto almeno tre dati distintivi che segnalano le intenzioni di fondo, in politica estera, del futuro presidente degli Stati Uniti: il protezionismo, l’istinto isolazionista e la fiducia nel rapporto personale con i suoi omologhi. Quanto al protezionismo. Trump critica il Nafta, ma non ha il potere né il consenso sufficiente ad abolirlo. Le due formidabili operazioni di geopolitica commerciale abbozzate da Obama, il Ttip (libero scambio con l’Europa) e il Tpp (idem con l’Asia, ma senza la
Cina) sono in crisi. Il primo pare anzi abortito per la convergente opposizione di parte del Congresso e dell’opinione pubblica americana prima ancora che di alcuni paesi europei. Il secondo comincia a mostrare qualche crepa, anche perché troppo evidente appare la sua funzione geopolitica di contenimento della Cina, che non piace a molti paesi della regione. L’isolazionismo non è categoria assoluta. Gli Stati Uniti non possono guidare il mondo, ma non possono nemmeno ritrarsene. La rete dei loro interessi economici, strategici e culturali (soft power) è semplicemente troppo vasta per sopportare derive autarchiche. Allo stesso tempo, il declino relativo della potenza americana esclude che Washington possa tornare a dominare il pianeta, come nel primo ventennio successivo alla Seconda guerra mondiale. Come ogni buon uomo di affari, Trump ha poi una fiducia smodata nel rapporto diretto, fiduciario, con la sua controparte. Ma immaginare di costruire ad esempio una nuova politica verso la Russia basandola unicamente
sull’eventuale rapporto di fiducia che riuscisse a stabilire con l’uomo forte del Cremlino è fantapolitica. Ancora una volta, si dimentica la complessità dei sistemi di cui Trump e Putin sono portabandiera, ma non dittatori assoluti (anche se qualcuno pensa, sbagliando, che Putin lo sia). La più urgente scelta di politica estera di Trump riguarderà il rapporto con Mosca. Il nuovo presidente vuole rovesciare la deriva in corso, che ha portato russi e americani a scontrarsi in una sorta di guerra ibrida che minaccia di trasformarsi, sia pure per accidente, in conflitto vero e proprio, diretto. Operazione possibile, trovando un compromesso sull’Ucraina e sulla Siria e concedendo a Putin di apparire sul palcoscenico globale come un leader paritario. Contro una simile opzione possiamo immaginare che la reazione del Pentagono, ma anche di gran parte del Congresso e dell’opinione pubblica, sarà molto rumorosa. E probabilmente vincente. A quel punto dovremmo tornare a chiederci: ma davvero vale emozionarci ogni volta che gli americani eleggono un nuovo presidente?
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Politica e Economia
Le ruspe di Donald Trump
Passaggio di consegne La scelta degli uomini dello staff presidenziale darà i primi segnali sulla caratura
della presidenza Trump, ma la demolizione dell’eredità di Barack Obama promette di essere violenta Federico Rampini «È uno che non sa controllarsi su Twitter, i collaboratori gliel’hanno dovuto togliere. Voi gli dareste un arsenale nucleare?». Fu una delle più feroci battute che Barack Obama lanciò contro Donald Trump nelle ultime giornate della campagna. Ora dovrà passargli tutti i poteri presidenziali, atomica inclusa. E ha inizio la demolizione di Obama. La sua «legacy», l’eredità che sperava di lasciare alla storia, verrà smontata. Obama è l’altro grande sconfitto subito dopo Hillary Clinton. La sua uscita di scena poteva essere maestosa, trionfale. Sarà mesta e amara. Non si direbbe, dal grande fair play delle sue prime parole: «La transizione deve essere facile e fruttuosa. Non è un segreto che lui ed io abbiamo avuto delle divergenze notevoli, ma ora quello che conta è il bene del paese».
La demolizione di Obama, l’hanno cominciata gli elettori. Il presidente può consolarsi con quel 54% di consensi che continuano a tributargli, altissimo alla fine di un secondo mandato. Ma gli brucia il tradimento della classe operaia, in quegli Stati del Midwest che la destra aveva gettato in una crisi drammatica e che Obama salvò nel 2009: con le nazionalizzazioni di General Motors e Chrysler, con la maxi-manovra di 800 miliardi di investimenti pubblici. Tutto cancellato, dimenticato, per eleggere un imitatore di Ronald Reagan che ha promesso di ridurre le tasse sui ricchi e sulle imprese. La demolizione promette di essere violenta, come gli interventi delle ruspe nei cantieri edili di Trump. In cima ai bersagli c’è «Obamacare», la riforma sanitaria che per un tempo il presidente democratico considerava il suo gioiello, e si era già parecchio appannata nel giudizio dell’opinione pubblica. C’è l’accordo di Parigi sull’ambiente, sul quale Trump sposa in pieno la tesi negazionista dei petrolieri. C’è la timida e parziale riforma dell’immigrazione con cui Obama mise al riparo dalle espulsioni almeno alcune categorie (i giovani cresciuti qui da bambini, che non conoscono altro paese se non gli Stati Uniti). C’è la legge Dodd-Frank che ha riformato banche e mercati finanziari rendendo un po’ più difficile la speculazione. «Cancellare Obama» è una delle poche parole d’ordine su cui l’affarista outsider e i notabili della destra sono sempre stati d’accordo. È ancora più lungo l’elenco di quelle aspirazioni, ambizioni e promesse sulle quali Obama è rimasto un presidente incompiuto. Tutto quello che lui sperava di lasciare a Hillary, nella staffetta ideale che avrebbe completato la sua opera. Intervenire sulle armi per fermare le stragi continue. Alzare il salario minimo federale per ridurre le diseguaglianze. Riformare le leggi sui finanziamenti elettorali, attenuando l’impatto micidiale della sentenza Citizen United con cui la Corte suprema ha tolto ogni limite ai soldi delle lobby. Intervenire sul diritto allo studio, sul dramma dei debiti studenteschi che trasformano l’American Dream in un miraggio. L’elenco delle riforme incompiute corrisponde spesso al programma di Bernie Sanders. Obama si è trovato fra due fuochi: l’ala sinistra del partito lo accusava di non osare abbastanza; il Congresso dominato dai repubblicani gli bocciava tutte le riforme
AFP
In cima ai bersagli di Trump ci sarà l’Obamacare, la riforma sanitaria, considerata un gioiello dal presidente democratico
perché considerate troppo radicali, antibusiness. Obama si ritrova a invidiare Trump per quella robusta maggioranza a Camera e Senato, cui presto si aggiungerà la Corte suprema: il presidente uscente ebbe invece un corto biennio di maggioranze congressuali, e neanche entusiaste. I primi 100 giorni di Donald Trump saranno fuochi d’artificio. Guerra alla burocrazia, stop all’ambientalismo, e soprattutto una maxi-manovra di investimenti pubblici per le infrastrutture di sapore «rooseveltiano» e quindi bipartisan. Ora ci vuole la squadra per farlo. La vittoria è arrivata così inattesa, che Trump ha uno staff minuscolo rispetto a quello di Hillary. L’establishment repubblicano per la maggior parte aveva tenuto le distanze. I pochi politici di destra che stavano al suo fianco erano considerati dei marginali: ora hanno vinto la lotteria. C’è la calca per candidarsi ai tanti posti liberi negli organigrammi dell’esecutivo: i consiglieri della Casa Bianca, i vertici dei ministeri, le agenzie federali. In tutto 4.000 poltrone dello spoil-system. Il tycoon-outsider sarà magnanimo o vendicativo? Premierà i fedelissimi della prima ora o spalancherà le porte all’establishment conservatore? Dopo il suo primo summit con Obama, giovedì Trump è andato subito a incontrare il presidente della Camera Paul Ryan e il leader del Senato Mitch McConnell. Due repubblicani, essenziali per fare passare la sua agenda di riforme: il piano dei 100 giorni glielo deve approvare il Congresso, se si tratta di spese pubbliche, leggi fiscali, trattati di libero scambio. Ryan e McConnell avevano dato un endorsement tardivo e riluttante a Trump. Sono due «conservatori fiscali» e neoliberisti: in linea di principio non sono favorevoli né ai maxi-investimenti pubblici che creano deficit, né
alla cancellazione degli accordi di libero scambio. Per accattivarseli Trump può proporgli di votare subito l’abrogazione di Obamacare, la riforma sanitaria, un tema unificante a destra.
Obama si ritrova a invidiare Trump per quella robusta maggioranza a Camera e Senato, cui presto si aggiungerà la Corte suprema Il primo cerchio magico attorno a Trump è un gruppo ben identificato. Tre vecchi notabili del partito che lo appoggiarono presto: il governatore del New Jersey Chris Christie, l’ex sindaco di New York Rudolph Giuliani, l’ex leader della Camera Newt Gingrich. Christie è in lizza con un altro notabile, il presidente del partito Reince Priebus, per fare il capo-staff della Casa Bianca, incarico di grande potere. Giuliani è chiacchierato come prossimo ministro di Giustizia anche se lui smentisce. Altro uomo-chiave, già impegnato in un ruolo di punta nella squadra di transizione, è il senatore dell’Alabama Jeff Sessions, che potrebbe diventare segretario alla Difesa. Per quel posto, o quello ancora più influente di National Security Advisor, è in lizza anche il generale Michael Flynn. Come segretario di Stato circolano i nomi di John Bolton, neocon dell’èra Bush che fu ambasciatore all’Onu, e del senatore Bobb Corker che presiede la Commissione Esteri. Al Tesoro potrebbe andare un giovane banchiere di Goldman Sachs, Steven Mnuchin, che fu il tesoriere della campagna. Oppure Jamie Dimon di JP Morgan. Ma
Trump potrebbe creare molte sorprese, per esempio attingendo al mondo del business. Tra i suoi alleati ci sono petrolieri come Forrest Lucas e Harold Hamm, nonché il miliardario hi-tech della Silicon Valley Peter Thiel, cofondatore di Paypal. La scelta degli uomini darà i primi segnali sulla caratura della presidenza Trump e quindi anche sui 100 giorni. Sarà una Casa Bianca «familistica» come la sua campagna elettorale, con ruoli di punta per i figli Eric e Ivanka? Premierà gli stravaganti fanatici come Sarah Palin e lo sceriffo Arpajo? O invece farà una grossa campagna acquisti tra figure rispettabili e collaudate? Manterrà la promessa di un codice etico, vietando i passaggi dal lobbismo alla politica e viceversa? Sui contenuti dei 100 giorni lancia un segnale Gingrich: «Cinque grandi riforme strutturali, dal controllo del confine Sud al licenziamento dei burocrati incapaci». Trump ha promesso anche di «eliminare due regolamenti burocratici per ogni nuova legge approvata». Farà una guerra senza quartiere agli ambientalisti: «Via libera subito all’oleodotto col Canada che Obama vietò; stop ai pagamenti all’Onu per l’accordo sul cambiamento climatico». Aprirà il negoziato per cambiare il mercato unico nordamericano Nafta, e bloccherà l’iter di Tpp e Ttip. Ma più di ogni altra cosa i 100 giorni dovrebbero essere segnati dalla sua iniziativa neokeynesiana che piace alla sinistra: rifare le infrastrutture fatiscenti, dagli aeroporti alle stazioni, dalle strade alla rete elettrica. «L’America è diventata un paese del Terzo mondo», è stato un leitmotiv nei suoi comizi. Sarà una manovra pro-crescita, da fare invidia a tanti europei. Intanto la sinistra si lecca le ferite come può. Emblematico il Day After dei giovani: sindrome da stress post-traumatico. Nelle scuole e nelle università,
lo shock per l’elezione di Donald Trump è tale che devono intervenire le autorità accademiche. Come dopo una strage da sparatoria, o una grave calamità naturale. Gli educatori si mobilitano per offrire supporto, assistenza, conforto; più la garanzia che gli atenei restano dei luoghi di tolleranza multietnica. «In tutta la mia vita – scrive il presidente della Columbia University, Lee Bolliger, nel suo appello agli studenti – non ricordo un simile senso di vulnerabilità tra studenti, docenti, personale universitario. Chi si sente in crisi ha l’opportunità di confidare e discutere le proprie ansie. Stiamo pianificando appositi incontri in tutti i dipartimenti universitari». La seconda parte della sua lettera aperta suona come una promessa di protezione: «Niente intolleranza o intimidazione. Noi resteremo fedeli ai nostri valori tra cui la difesa della libertà di espressione, il rispetto di tutte le diversità». Traspare dietro il linguaggio rassicurante il senso di angoscia degli studenti. C’è chi vede l’America istradata verso forme di autoritarismo e ricorda le minacce di Trump («Hillary in carcere», «nuove norme per punire i giornali che diffamano»). Ci sono studenti afroamericani spaventati dalle posizioni del neo-presidente contro il loro movimento BlackLivesMatter. Infine i tanti studenti immigrati o figli d’immigrati paventano espulsioni di massa per loro o i genitori. Si può ironizzare sull’atteggiamento protettivo degli educatori. I giovani vanno tutelati dalle sconfitte elettorali? Forse dovrebbero rimboccarsi le maniche e preparare una rivincita, se Trump non gli sta bene. Stando ai dati sull’affluenza, non si può escludere che alcuni dei giovani manifestanti il giorno prima avessero disertato le urne, o disperso voti su candidati di protesta come l’ambientalista Jill Stein e il libertario pro-marijuana Gary Johnson.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Politica e Economia
Campane a morto per il clintonismo
La disfatta dei democratici A perdere non è stata soltanto Hillary, è il modello degli ultimi venticinque anni
della sinistra americana che è stato rifiutato e che ha consegnato il Paese nelle mani del trumpismo
to grande consenso ma ha da sempre confuso la propria grande abilità oratoria con una reale empatia con l’elettorato. Obama è un’icona, un simbolo, quasi un guru, ma rappresenta l’élite tanto quanto Bill e Hillary Clinton. È comunque un professore alla Casa Bianca. Raccogliendo la palla dell’obamismo, con già addosso tutto il clintonismo possibile, Hillary è inciampata. Ed è rimasta schiacciata da tutto quel che non ha compreso negli americani, nella retorica antiglobalizzazione, nell’impoverimento. Obama oggi dice che «il sole sorge ogni giorno», che si vince e si perde e che adesso è necessario gestire una transizione collaborativa, ma non è vero che a perdere è stata solo Hillary. Non si può trascurare il fatto che in otto anni di presidenza Obama, al primo appuntamento elettorale, la sinistra si è lasciata attrarre da Bernie Sanders e da una visione anni Sessanta del mondo, mentre la destra una visione così vetusta l’ha portata addirittura alla Casa Bianca. Le responsabilità sono comuni, e riguardano un enorme abbaglio culturale, che ha impedito di vedere che il continuo scagliarsi contro il sistema stava diventando – è diventato – un movente elettorale potentissimo.
Paola Peduzzi Ora i clintoniani ammettono che sapevano delle fragilità insormontabili, della questione email che non se ne sarebbe mai andata, della difficoltà di battagliare ogni giorno per far sì che Donald Trump non si normalizzasse, non diventasse semplicemente il «candidato repubblicano». Ora che tutte le crepe si sono aperte insieme, nella notte infernale del conteggio dei voti delle presidenziali americane, non si nega più, non si nasconde più, Hillary Clinton ha perso, Trump è il nuovo presidente degli Stati Uniti, si può soltanto trovare un punto da cui ripartire.
Obama ha interpretato in modo ancora più radicale il clintonismo e anche lui rappresenta l’élite tanto quanto Bill e Hillary
Molte cose sono andate storte se è stato più facile eleggere un uomo nero che una donna bianca
AFP
Hillary non è la persona giusta per farlo, naturalmente. Ci ha messo ore per trovare la forza di salire su un palco e commentare pubblicamente quest’umiliazione assoluta, mentre tutto il suo staff piangeva indefesso – John Podesta, l’uomo delle email che hanno raccontato il sistema-Clinton, il consigliere fedele che nella notte della sconfitta è uscito sul palco del Javits Center quando nessuno cantava più, e ci si guardava attoniti, gli occhi in basso per l’incredulità, gli occhi in alto verso quel soffitto di cristallo intatto, e ha detto: «Contiamo ancora, andate a casa, non è finita». Era invece finita, di lì a poco Hillary avrebbe telefonato a Trump per congratularsi per la sua vittoria. E ora che Trump ha ricominciato a chiamarla «secretary», e non più «corrotta», Hillary non riesce a pensare a un futuro, rassicura i ragazzi e le bambine dicendo che bisogna insistere, e crederci, e intanto ingoia lacrime, lei che è la donna che meglio si è rialzata dalle sconfitte dice di essere onorata di aver avuto l’occasione di provare a diventare presidente, ed esce di scena: non pensa a dove sarà domani, la donna più resiliente d’America è crollata, e non si pone il problema di far finta che non sia così. La ripartenza oggi dei democratici è fuori da casa Clinton, per quanto la tragedia si sia consumata lì e le indagini debbano necessariamente essere condotte lì, vicino al cuore spezzato di questa dama del Partito democratico americano battuta due volte da due outsider, Barack Obama nel 2008, Donald Trump nel 2016. Che cosa è andato storto? Prima di tutto la strategia dei numeri. Robby Mook, capo della campagna di Hillary voluto da David Plouffe, che già era stato l’architetto elettorale dell’obamismo, si è affidato alla «ground machine», a quella enorme macchina elettorale clintoniana che convince gli elettori porta a porta a recarsi nelle urne. Da un punto di vista strettamente organizzativo, questo era l’elemento di forza del team Clinton, rispetto all’improvvisazione trumpiana: le elezioni sono una cosa semplice, si diceva, si tratta di accompagnare l’elettore al seggio. Sulla base di questa presunzione e di una serie di sondaggi e di
interpretazioni a senso unico (a senso hillariano), Mook ha continuato a ignorare i segnali contrari al clintonismo che si ammonticchiavano attorno a Hillary. Ora è facile accorgersi di tutti i dettagli, delle campagne pubblicitarie fatte da Trump in Winsconsin, per esempio, mentre la Clinton non si è nemmeno mai presentata nello Stato tanto era sicura di vincerlo. Ora la lista dolorosa delle sviste sarà compilata con metodo dal Partito democratico, ma la verità è che Mook, giovane ragazzo con gli occhiali e la passione dei big data, è stato travolto dalla più colossale sbandata mai presa dai media e dai sondaggi. Ci spiegheranno come è potuto accadere, com’è che gli algoritmi perfetti collassano tutti e tutti insieme su un’elezione così seguita e scandagliata come quella americana, ma intanto è chiaro che è stato un pregiudizio a guidare la strategia, l’idea che l’impresentabilità del personaggio Trump fosse superiore a qualsiasi altra argomentazione.
Mook naturalmente non è l’unico responsabile, l’abbaglio è stato di tutto il team clintoniano, che è rimasto compatto e uguale per tutta la campagna (Trump ha cambiato campaign manager tre volte), ma quando Podesta dice che Mook è il più giovane e il più talentuoso dei dirigenti di campagne elettorale che ci sono in America, si sente sotto lo stridore della disperazione: che futuro ha Mook dopo una sconfitta così? E che futuro hanno gli altri? Ci sono tanti tormenti interni, dal dramma personale e professionale di Huma Abedin, la «seconda figlia» di Hillary, che in un anno ha perso marito e carriera, alle prospettive incerte della Clinton Foundation, ma l’interrogativo è soprattutto politico. Il clintonismo rappresenta il modello di successo per la sinistra americana e occidentale degli anni Novanta: libero mercato, apertura, concorrenza, liberalismo e pluralismo. Bill Clinton è il fondatore di questo approccio che ha rivoluziona-
to la sinistra, l’ha distaccata dalla sua tradizione e l’ha resa garante di un decennio di benessere. Nel frattempo il Partito democratico ha completato una trasformazione che era in atto da tempo e che l’ha reso sempre più alieno alla middle class, ai lavoratori che erano da sempre il suo cuore, e l’ha avvicinato invece ai professionisti e alle cosiddette élite. Secondo una celebre definizione, sono nati i «Limousine liberal», più ricchi, più innovatori, più cittadini, e l’allontanamento dalla middle class si è definitivamente consumato. Il clintonismo inizialmente è stato la voce di questa parte della popolazione e della sua ambizione di trasformarsi e di afferrare il sogno americano ma progressivamente è stato percepito come establishment, élite, del tutto disconnesso dalla cosiddetta «pancia». Barack Obama, presidente in uscita, ha interpretato in modo più radicale il clintonismo, se n’è in molti ambiti distaccato (in politica estera certamente), ha raccol-
Più blandamente c’è chi dice che dopo otto anni di presidenza democratica ci vuole un’alternanza e che ha fatto più, nella coscienza e nel portafoglio degli americani, l’aumento delle polizze di copertura sanitarie a partire da questo autunno – conseguenza dell’Obamacare – che tutto il chiacchiericcio di email, video, scandali e «commenti da spogliatoio». Di certo avrà contato anche l’Obamacare, ma come dicono molti esponenti del Partito – affranti, dovunque ti volti c’è un liberal che piange e si dispera – è la prospettiva che deve cambiare. Il modello degli ultimi 25 anni della sinistra americana è stato rifiutato, e non soltanto dal maschio-biancoarrabbiato, simbolo del trumpismo, ma anche da sua moglie, che alla fine a votare Hillary non ci è andata, e non si è sentita affatto solidale con la prima donna presidente (e nemmeno infastidita dal modo con cui Trump tratta le donne: è stato più facile eleggere un uomo nero che una donna bianca). Dopo tanti anni di successo, ora il Partito democratico si trova a parlare ai più ricchi e ai più poveri, e a qualche minoranza: il resto è appannaggio dei repubblicani, anzi, sarebbe meglio dire del trumpismo. Hillary ha le sue colpe, anche personali, non avendo mai davvero scaldato cuori che avevano bisogno di rassicurazioni, ma non è soltanto il clintonismo a morire – per sempre, ormai – in questo novembre 2016. L’eredità di Obama resterà offuscata, e nessuno crederà più alla favola della sinistra che sa parlare alla middle class, almeno finché non si trova un’altra formula da offrire. E che sia altrettanto liberale è probabilmente, oggi, da escludere: Bernie Sanders docet.
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Politica e Economia
Un’America disunita
Fotografia di un Paese La frattura evidente che sta lacerando il popolo americano
è qualcosa che trascende la battaglia elettorale appena conclusa
Ecco come ha fatto Trump a diventare Trump Manuali I l presidente
è anche uno scrittore prolifico
Giulia Pompili Nel suo primo discorso da presidente eletto, di fronte alla folla di sostenitori, Donald Trump ha detto a «repubblicani, democratici e indipendenti: è arrivato il momento di riconciliarci come un unico popolo». Nonostante la vittoria schiacciante, il Paese che The Donald si appresta a guidare è tutt’altro che unito. Il successore di Barack Obama ha sfidato l’establishment, ha sfidato la stampa – anche quella conservatrice – portando avanti la sua campagna elettorale senza ricevere nemmeno un endorsement dai media e dai molti vip come Madonna Lady Gaga, Robert De Niro per citarne solo alcuni. D’altra parte, la candidata democratica Hillary Clinton ha vinto nel voto popolare: un dato che non cambia il risultato finale, ma di sicuro influisce sull’analisi sociale di una elezione che cambierà la storia. Gli Stati Uniti non sono mai stati così disuniti, ha scritto Jerry Schwartz sull’ebook dell’Associated Press Divided America. Secondo l’Ap – e secondo un considerevole numero di analisti di affari americani – si tratta di una frattura che va oltre la battaglia elettorale che si è appena conclusa, e di cui la nuova Amministrazione Trump è solo un sintomo. «I sondaggi con psicologi ed elettori hanno dimostrato che questa elezione si è contraddistinta per aver suscitato un livello di passione, rabbia e divisione da cui si guarirà con difficoltà», ha scritto mercoledì scorso il premio Pulitzer Jason Szep su Reuters. Secondo un recente sondaggio Reuters/Ipsos, in particolare, il 15 per cento degli americani ha dichiarato di aver smesso di parlare con un familiare o con un caro amico per via delle elezioni. Tra i democratici, questo dato arriva fino al 23 per cento, più del doppio rispetto al 10 per cento dei repubblicani. La recente campagna elettorale è stata la causa della fine di una relazione per il 12 per cento degli intervistati. «Non è una novità, quella parte di America che si è entusiasmata per Trump è sempre esistita», dice Anselma Dell’Olio, giornalista newyorcheseitaliana, scrittrice liberal con una vita tra cinema e impegno politico. «The Donald ha contribuito a rimuovere quella coltre di politicamente corretto che si era posata soprattutto con la presidenza Obama, ha dato voce a quegli americani che si sono sempre sentiti esclusi, emarginati, non considerati». Sono quella parte di Paese che ha riempito le platee durante i comizi dell’ormai ex candidato repubblicano e ora inquilino della Casa Bianca. Nessuno aveva previsto un risultato del genere anche perché, secondo Dell’Olio, quelle due Americhe, anche geograficamente, non s’incontrano mai. L’establishment, i giornali, i commentatori e la «società civile», i social network da una parte. Dall’altra gli abitanti del «Flyover country», espressione che si usa spesso in senso dispregiativo e che definisce la regione che si attraversa in aereo passando dalla East alla West coast (senza mai fermarsi). È l’America dei bianchi che rivendicano il diritto di essere armati, quella preoccupata del 2055, l’anno in cui saranno una minoranza nel loro Paese: «A un certo punto è arrivato questo signore e ha detto molte delle cose che loro già pensavano – alcune anche giuste», spiega Dell’Olio, «ma Trump è un arruffapopoli, concentrato sulla comunicazione, e ha fatto un calcolo da businessman: ha capito che farli arrabbiare gli avrebbe dato una buona occasione per candidarsi alle elezioni, candidatura alla quale pensava da tempo». Deal, affare fatto, e missione compiuta: l’uomo dei reality show si trasforma in comandante in capo del mondo libero, solo la storia dirà se sarà in grado di trasformare anche la retorica della campagna elettorale per mobilitare il
Paolo A. Dossena
L’elezione di Trump ha suscitato proteste e manifestazioni di violenza verbale in tutto il Paese. (AFP)
suo «movimento» in una coerente strategia politica. Nel recentissimo film All The Way prodotto da Steven Spielberg per la Hbo, l’attore Bryan Cranston interpreta il 36.mo presidente degli Stati Uniti, Lyndon B. Johnson, il vicepresidente che entrò nello Studio Ovale il 22 novembre dopo l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. Johnson è noto per aver portato avanti la legge sui diritti civili di Kennedy, che lo portò a firmare nel 1964 il Civil Right Act. Il biopic della Hbo si concentra proprio su quel periodo, sulla battaglia politica durissima che dovette affrontare Johnson (che di certo non godeva del consenso di Kennedy) in un’America spaccata a metà sui diritti da riconoscere agli afroamericani e agli immigrati. Nel film c’è pure quella famosa frase, che avrebbe pronunciato Johnson mentre firmava la legge che vietava la segregazione razziale: «Abbiamo appena perso il Sud per una generazione». «Certo, le divisioni di oggi sono la prosecuzione delle divisioni di allora, che partono dal movimento nativista, le stesse descritte da Martin Scorsese in Gangs of New York», spiega Dell’Olio.
Ci sono due Americhe che non s’incontrano. Quella dei giornali, dell’establishment, dei social network e quella dei bianchi del «Flyover country» E alla luce dei risultati delle elezioni, dice molto anche il video che per giorni è stato condiviso sulle pagine dei social network di mezzo mondo, con Robert De Niro che, in una memorabile prova d’attore, diceva di Donald Trump: «È un cane, un maiale. Un artista della stronzata. Non paga le tasse, è un disastro nazionale. Mi fa arrabbiare il fatto che questo Paese sia arrivato al punto di consentire a quest’idiota di arrivare sin qui». E poi: «Dice che prenderebbe la gente a pugni in faccia. Beh, a me piacerebbe prenderlo a pugni». Nel giro di qualche migliaia di condivisioni, De Niro si era trasformato nel protagonista dell’antitrumpismo, senza però aggiungere nulla alle motivazioni del suo sostegno per
Hillary. Il 6 novembre scorso, durante una serata di beneficenza e sostegno per Israele, De Niro ha incontrato il suo collega, nonché ex governatore repubblicano della California, Arnold Schwarzenegger. Al momento di scattare una foto insieme a Schwarzenegger, De Niro si era tirato indietro: «Hai intenzione di votare per Trump?», ha detto all’ex culturista di origini austriache, che ha fatto cadere la domanda senza risposta, «Se non sei parte della soluzione, sei parte del problema». Schwarzenegger a ottobre aveva diffuso una dichiarazione nella quale affermava che non avrebbe votato per Trump: «Per la prima volta da quando sono diventato un cittadino americano nel 1983 non voterò per il candidato repubblicano. Sono orgoglioso di definirmi repubblicano. Ma, al di sopra di ogni cosa, mi definisco Americano». Eppure la reazione di De Niro, incurante della dichiarata terzietà dell’ex governatore della California, risponde a una divisione chiara, netta, che non si traduce in un confronto politico ma in un: con noi, o contro di noi. Per Daniele Scalea, direttore generale dell’Istituto di Alti studi in Geopolitica, la divisione che dovrà affrontare il presidente Trump è «sia culturale sia economica. Ma la sensazione è che questa frattura divenga sempre più etno-culturale. È dal 1968 che i bianchi non ispanici votano in maggioranza il candidato presidente repubblicano. Le minoranze invece hanno sempre sostenuto in maniera netta i candidati democratici. La novità è che le minoranze contano sempre più percentualmente all’interno dell’elettorato americano, tanto da decidere le elezioni presidenziali grazie al loro voto compatto, comunitario. Per reazione anche i bianchi assumeranno un comportamento sempre più comunitario». Simili argomentazioni erano state usate anche per spiegare l’inaspettato voto sulla Brexit: «Una parte della società americana somiglia al popolo della Brexit: si tratta del ceto medio e basso di etnia bianca, che beneficia poco degli effetti positivi della globalizzazione ma sostiene il grosso delle ricadute negative», spiega Scalea, «la Brexit è stato un voto non tanto contro l’Europa, ma contro la globalizzazione. È la burocrazia di Bruxelles, cosmopolita, liberal,
regolatrice compulsiva che agli occhi del popolo della Brexit incarna la globalizzazione. Agli occhi del “movement”, come lo chiama Trump, la globalizzazione è incarnata dall’establishment di Washington». Il voto americano è dunque un voto anti-establishment, antiglobalizzazione, e per Scalea «è tutto l’Occidente a vivere questo disagio. Da alcuni decenni siamo nella fase di svolta. Mentre i benefici della globalizzazione si concentrano a vantaggio d’una fascia ristretta, gli svantaggi pesano sul resto della popolazione. L’ideologia per ora costituisce un forte freno se non al malcontento, quanto meno al suo esprimersi in voto attivo per la cosiddetta “destra populista”. Ma non reggerà in eterno». Chi sono dunque, quegli americani che lo scorso 8 novembre hanno permesso a Donald Trump di entrare alla Casa Bianca? «Negli Usa come in Europa, i laureati sono meno sedotti dal messaggio “populista”, dalla rivolta contro la globalizzazione», dice Scalea. Del resto, «c’è una parte di laureati che trova impiego nei settori dell’industria ad alta tecnologia e dei servizi avanzati. È la classe dei vincenti della globalizzazione, che ha un interesse oggettivo a difenderla – ma non più oggettivo dell’interesse degli sconfitti ad attaccarla. Inoltre i laureati sono proporzionalmente più numerosi nei ceti benestanti e chi sta bene economicamente è più pronto a difendere l’ordine costituito. Infine, c’è una terza chiave di lettura. Ossia che all’ordine costituito, quello retto dalla classe cosmopolita e pro-globalizzazione, corrisponde anche un’ideologia, una narrativa che è egemone nel sistema culturale. Chi vi è più esposto? Chi studia di più. In tale accezione, l’università è anche luogo di “indottrinamento”, per cui anche chi non ha motivi oggettivi per difendere la globalizzazione, può esservi spinto per ideologia. Credo che tutti questi tre fattori siano reali e operanti». Per Anselma Dell’Olio, invece, è proprio la scuola che farà tornare l’America ai valori del film Mr. Smith va a Washington: «Negli Stati Uniti, ogni mattina, i ragazzi dovevano recitare il “Pledge of Allegiance” prima di iniziare le lezioni a scuola. Quelli sono i princìpi, i valori che muovono l’America e che servono a far crescere una popolazione coesa». Nonostante Trump.
«Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei». Nel caso di Donald J. Trump il vecchio adagio può essere adattato in: «Dimmi cosa scrivi e ti dirò chi sei». Non tutti lo sanno, ma quest’uomo d’affari, che dal 20 gennaio 2017 sarà il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti, è uno scrittore prolifico, e i suoi saggi sembrano veramente riflettere la sua personalità di businessman di grande successo. Anche Hillary Rodham Clinton ha scritto diversi libri, ma di genere completamente diverso. L’ex first lady e ex segretario di Stato ha pubblicato, fra gli altri, un paio di autobiografie (che erano nei fatti un’esposizione programmatica delle sue idee): Scelte difficili (2014) e La mia vita, la mia storia (2004); e un paio di libri dalle molte riedizioni e mai tradotti, It Takes a Village e Dear Socks, Dear Buddy. I libri di Donald Trump sono principalmente saggi a metà strada tra quello che gli americani chiamano «Business&Economics», ovvero studi sugli affari, il lavoro, il commercio, l’economia, le scienze economiche, e la fortunata categoria dei «self-help» (manuali di auto-aiuto). Da vari decenni, questo genere editoriale ha molta fortuna, sia negli Stati Uniti, sia in Europa e include manuali di ogni genere, dall’arte della meditazione alla spiegazione su come riconoscere ed evitare i narcisisti. I libri di Donald Trump, dalla prima autobiografia del 1987 (L’arte di fare affari, Sperling&Kupfer, 1989), spiegano come fare i soldi, come avere successo e come mandare «tutti al diavolo». Il loro successo è straordinario, sono tradotti in italiano, tedesco, spagnolo e polacco. I più recenti sono «Trump 101. La via del successo» (edizioni Gribaudi, 2016), «Pensa in grande e manda tutti al diavolo» (Rizzoli, 2012) e Perché vogliamo che tu sia ricco (Gribaudi, 2007). Naturalmente, questi libri sono tradotti dall’inglese, e sono tradotti con un certo tatto, perché il titolo originale di Pensa in grande e manda tutti al diavolo è piuttosto crudo: Think BIG and Kick Ass in Business and Life (2007). Ovvero: «Pensa in grande e tira calci in culo negli affari come nella vita». Altri testi del miliardario, come The Art of the Deal (2009) rientrano in pieno nella psicologia del personaggio. Questa psicologia è enunciata dallo stesso Trump in una citazione contenuta nel libro: «Mi piace pensare in grande. L’ho sempre fatto»e «gli affari, preferibilmente grandi, sono la mia unica forma d’arte». Anche gli altri libri di Trump, a partire dai titoli, rientrano in questo tipo di filosofia: Think Like a Champion (pensa come un campione); Trump: Think Like a Billionaire (Trump: pensa come un miliardario), Never Give Up (Non arrenderti mai); Trump: The Way to the Top (Trump: La via per la cima); Trump: The Art of Survival (Trump: l’arte della sopravvivenza), ecc. Quest’anno, con la sua candidatura alla presidenza degli Stati Uniti, c’è stata la svolta editoriale, e il miliardario ha scritto a sua volta un’autobiografia programmatica: Great Again: How to Fix Our Crippled America (Di nuovo grandi: come riparare la nostra America azzoppata). Per questo intervento riparatore la filosofia di Trump resta quella ampiamente esposta nei sui libri: pensare in grande, non arrendersi mai, tirare calci. Perché, sostiene, l’America ha bisogno di ricominciare a vincere.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Politica e Economia
Uscire dal nucleare, ma con quali tempi?
Votazione federale del 27 novembre L’iniziativa popolare lanciata dai Verdi anticiperebbe la chiusura delle cinque
centrali atomiche, tre delle quali dovrebbero essere spente nel 2017 - Governo e parlamento la respingono
Alessandro Carli «Energia nucleare? No grazie», recitava uno slogan degli avversari di questa tecnologia per la produzione di corrente elettrica, slogan che ha finito per imporsi in Svizzera sull’onda delle emozioni suscitate dal disastro di Fukushima Daiichi, conseguente allo tsunami dell’11 marzo 2011. Difatti, nel maggio successivo, il Consiglio federale si è pronunciato per l’abbandono graduale del nucleare. Questa decisione è poi stata ribadita nella Strategia energetica 2050. Ciò significa che, una volta spente, le cinque centrali nucleari svizzere non potranno più essere sostituite. Questa posizione del Governo, poi confermata dal Parlamento, è sostanzialmente in linea con la richiesta dell’iniziativa popolare «Per un abbandono pianificato dell’energia nucleare», sottoposta a popolo e cantoni il 27 novembre prossimo. A non essere condiviso da Consiglio federale e dalla netta maggioranza delle Camere è però lo spegnimento precipitoso delle centrali nucleari: una mossa affrettata e costosa, sicuramente prematura e inopportuna. Insomma, a essere contestato non è il problema della rinuncia all’energia nucleare, ma i tempi accelerati con cui l’iniziativa propone di attuare questo obiettivo. Secondo due recenti sondaggi, la maggioranza dei cittadini approverebbe non solo l’abbandono del nucleare, ma anche la strategia dell’iniziativa che fissa un programma vincolante di spegnimento delle centrali. Lo stesso entrerebbe in vigore già l’anno prossimo, non essendo necessaria una legge d’applicazione. Se si fosse votato nelle prime settimane di ottobre, gli elettori si sarebbero pronunciati a favore dell’iniziativa nella misura del 57%, mentre il 36% si sarebbe detto contrario. Il restante 7% era ancora indeciso. Anche secondo il primo sondaggio online condotto da Tamedia, l’iniziativa dei Verdi raccoglierebbe il 55% dei consensi, contro il 43% di contrari e solo il 2% di indecisi. Il fronte dei sì sarebbe quindi in vantaggio, sebbene la campagna in vista della votazione fosse solo agli inizi, ciò che potrebbe dar spazio a nuove percentuali. Le cinque centrali nucleari svizzere producono circa il 40% dell’energia elettrica del Paese. Potranno restare in funzione fintanto che sono sicure. In sostanza, l’iniziativa dei Verdi vuole spegnere le cinque centrali nucleari svizzere dopo 45 anni dalla loro entrata in funzione e sostituire la corrente elettrica da esse prodotta con energie rinnovabili. È sostenuta dal Partito socialista, dal
La centrale nucleare di Beznau 1, la più vecchia al mondo, è attiva dal 1969. (Keystone)
Partito evangelico, dai Verdi liberali, nonché da varie organizzazioni ambientaliste. Quali sono le conseguenze di questa modifica costituzionale? Se popolo e cantoni dovessero accoglierla, la centrale nucleare di Beznau 1, entrata in servizio nel 1969, dovrebbe essere spenta l’anno prossimo. Lo stesso vale per le centrali di Beznau 2 e Mühleberg, entrambe attivate nel 1972. BKW Energie AG, che sfrutta Mühleberg, ha comunque deciso di chiudere la centrale nel 2019 per motivi economici. Le scadenze di spegnimento per le rimanenti due centrali sono le seguenti: 2024 per la centrale di Gösgen, messa in servizio nel 1979 con una potenza di 1000 MW, 2029 per quella di Leibstadt, entrata in funzione nel 1984 con una potenza di 1165 MW. Quest’ultima produce corrente per 2 milioni di economie domestiche. Gösgen e Leibstadt danno lavoro assieme a quasi 1000 dipendenti. Dunque, l’anno prossimo verrebbero a mancare di colpo oltre 1100 Megawatt (MW) di potenza elettrica netta, pari a un terzo dell’elettricità prodotta attualmente nel nostro Paese con il nucleare, da sostituire con maggiori importazioni di elettricità, di origine nucleare da Francia e Germania (ciò che è un controsenso) e fossile (corrente elettrica prodotta con combustibili che sono all’origine dell’effetto serra che
tutti vorrebbero ridurre). Infatti, l’anno prossimo non saremo ancora pronti a sostituire questi 1100 MW con una maggiore efficienza energetica e con le fonti rinnovabili. Va ancora segnalato che i due reattori di Beznau, oltre alla produzione di elettricità, riforniscono undici comuni limitrofi con circa 150 GWh di calore attraverso un sistema di teleriscaldamento. Secondo i promotori dell’iniziativa, l’energia nucleare è superata e pericolosa, visto che le Camere federali non hanno voluto rafforzare la sicurezza e dare ulteriori mezzi di controllo all’Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN). Sempre a loro modo di vedere, il nucleare è un «fiasco finanziario». Con i prezzi ridotti dell’elettricità, lo sfruttamento della fissione nucleare non è più redditizio. I fautori dell’iniziativa temono che, alla fine, saranno i contribuenti a pagare la fattura. Anche il Consiglio federale, dopo aver preso la decisione di principio di abbandonare il nucleare, è consapevole che si debba trovare un’alternativa. La strategia proposta dall’iniziativa è però affrettata. Sviluppare nuove energie rinnovabili, come quella solare o eolica, richiede tempo. L’iniziativa creerebbe dunque grossi problemi dal profilo dell’approvvigionamento energetico e potrebbe costare molto caro ai contri-
Abbandono del nucleare: finora 1 sì e 6 no Sull’energia nucleare, gli Svizzeri si sono già pronunciati sette volte. L’unico sì risale al 1990, quando venne approvata l’iniziativa per una moratoria di dieci anni sulla costruzione di centrali atomiche. Lanciata dopo la catastrofe di Tchernobyl (1986), l’iniziativa ottenne il 55% delle preferenze, nonostante l’opposizione di governo e parlamento. Nella stessa occasione, con il 53% di no venne però respinta l’iniziativa socialista che chiedeva l’abbandono progressivo dell’energia nucleare. Nel 2003, i cittadini bocciarono (maggioranza del 58%) di prorogare di 10
anni la moratoria nucleare e di limitare a 40 anni la durata di sfruttamento delle centrali. Parallelamente, il 66% dei votanti respinse un’iniziativa che chiedeva lo spegnimento di Beznau 1 e 2, come pure di Mühleberg, entro il 2005, Gösgen nel 2009 e Leibstadt nel 2014. Negli anni Ottanta, su questo tema, gli Svizzeri vennero chiamati alle urne tre volte. La prima iniziativa sul nucleare venne respinta di misura nel 1979 da una maggioranza risicata del 51%. Gli avversari della progettata centrale di Kaiseraugst (abbandonata nel 1988) chiedevano che la popolazione potesse
pronunciarsi sulla costruzione di centrali atomiche. Infine, nel 1984, i cittadini respinsero, con una maggioranza del 55%, l’iniziativa «per un futuro senza centrali nucleari» e, con il 54%, quella «per un approvvigionamento energetico sicuro, economico ed ecologico», che proponeva di favorire le energie rinnovabili, in particolare tassando gli altri agenti energetici. Allora, i promotori ritenevano che con l’accettazione della loro iniziativa e di quella antinucleare si sarebbe ottenuta, verso il 2000, una riduzione del consumo di corrente elettrica e di petrolio. (AC)
buenti. Per questo, il governo invita a respingere il progetto dei Verdi. La ministra dell’energia Doris Leuthard, lanciando la campagna contro l’iniziativa, ha ammonito che, in caso di sì, i gestori delle centrali potrebbero avanzare richieste di risarcimento per gli investimenti già effettuati, stimate in centinaia di milioni di franchi.
I 1100 Megawatt mancanti dovrebbero essere compensati importando da Francia e Germania energia proveniente da centrali nucleari e di origine fossile, carbone in primis Finora ci sono stati due casi di risarcimento. In seguito alla bocciatura popolare della centrale di Kaiseraugst (AG), nel 1989 la Confederazione ha dovuto versare 350 milioni di franchi ai proprietari della progettata centrale a titolo d’indennizzo per gli investimenti già effettuati. Altri 227 milioni erano stati versati nel 1996 per l’impianto di Graben (BE), pure abbandonato. Uno spegnimento in tempi brevi ci costringerebbe – come detto – a importare elettricità. Tuttavia, un incremento massiccio delle importazioni, rischierebbe di sovraccaricare l’infrastruttura della rete, mettendo in pericolo la sicurezza di approvvigionamento della Svizzera. Il Consiglio federale avverte che le linee elettriche e altri elementi della rete non sono attualmente in grado di sostenere un aumento significativo e duraturo delle importazioni di elettricità. Per tutti questi motivi e per non correre il rischio di avventurarci in penurie e in inutili costi da addossare in ultima analisi ai contribuenti, Consiglio federale e partiti borghesi preferiscono puntare sulla strategia energetica 2050, approvata dal Parlamento a fine settembre. Questa strategia prevede un abbandono graduale del nucleare. Ciò significa che le centrali esistenti, una volta spente, non potranno essere sostituite.
L’abbandono del nucleare dovrà andare di pari passo con una riduzione del consumo di elettricità, con un consolidamento delle energie rinnovabili e con un potenziamento delle reti elettriche. Contro questa legge definita «disastrosa», l’UDC ha impugnato il referendum. Adducendo calcoli basati su documenti ufficiali, questo partito sostiene che la fattura ammonterà a circa 3’200 franchi supplementari all’anno per una famiglia di quattro persone e a 200 miliardi, entro il 2050, per consumatori e contribuenti. Secondo la citata strategia energetica, le centrali nucleari esistenti possono continuare a funzionare finché sono sicure. La centrale di Beznau 1 che, con 46 anni di esercizio alle spalle, è la più vecchia del mondo, non potrebbe sollevare qualche dubbio per quanto riguarda la sicurezza? Per Doris Leuthard, che abita a soli 40 km di distanza, il «rischio zero» non esiste da nessuna parte. Ciò vale anche per altri settori, come i trasporti. I gestori delle centrali sono tenuti a garantire standard di sicurezza elevati. Se necessario, l’Ispettorato federale della sicurezza nucleare (IFSN) può ordinare l’immediato spegnimento di una centrale. Gli avversari delle centrali nucleari sostengono tuttavia che le analisi di sicurezza non tengono conto di nuove minacce come gli attacchi terroristici. Ma Doris Leuthard ribadisce che sono stati esaminati scenari quali cadute di aerei e anche attacchi terroristici dai quali risulta che le centrali svizzere sono ben protette. Non ritiene corretta la strategia degli avversari delle centrali atomiche volta a sollevare inutili paure. La nuova legge sulla strategia energetica 2050, sempre che non inciampi nel referendum dell’UDC, non entrerà in vigore prima del 2018. Tuttavia, se nel 2017 si porrà fine alla produzione di tre delle cinque centrali nucleari elvetiche, si dovrà sopperire al 15% della domanda di elettricità. Anche governo e parlamento hanno deciso di non più costruire nuove centrali, abbandonando così a medio termine lo sfruttamento pacifico dell’atomo. Occorre però saper valutare la realtà e non compiere il passo più lungo della gamba, per non correre il rischio di trovarci spiazzati.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Politica e Economia
«Un controprogetto diretto per salvare capra e cavoli»
Dibattito A colloquio con l’esperta di diritto europeo Christa Tobler sulle difficoltà di applicazione dell’iniziativa
popolare contro l’immigrazione di massa e sul progetto di legge approvato dal Consiglio nazionale
«L’UE non vuole fare concessioni alla Svizzera che potrebbero complicare le trattative con il Regno Unito». (Christa Tobler)
Luca Beti Nodo gordiano, quadratura del cerchio, missione impossibile. Sono solo tre delle innumerevoli metafore che negli ultimi mesi sono state usate per descrivere le difficoltà legate all’applicazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa. Dal febbraio 2014, gli attori del mondo politico, accademico ed economico si arrovellano il cervello per formulare una soluzione che salvi «capra e cavoli», ossia una legge che rispetti sia l’articolo costituzionale approvato dal popolo sia gli accordi bilaterali con l’Unione europea. Negli ultimi due anni e mezzo, Christa Tobler, esperta di diritto europeo, ha seguito con attenzione il dibattito a Berna e a Bruxelles. «Con un controprogetto diretto all’iniziativa Rasa si potrebbe chiedere al popolo di approvare l’aggiunta di un breve testo all’articolo 121a che vincolerebbe la sua applicazione al rispetto degli obblighi di diritto internazionale», indica la professoressa presso le università di Basilea e Leiden, in Olanda. Intanto, gli ingranaggi della politica continuano a girare, ora più in fretta di prima visto che il tempo stringe. Nella sessione invernale, il Consiglio degli Stati dovrà dibattere sul progetto di legge approvato dal Nazionale, la cosiddetta preferenza indigena light. In seguito il Consiglio federale elaborerà un controprogetto diretto all’iniziativa Rasa (dal tedesco, Raus aus der Sackgasse, fuori dal vicolo cieco). Nell’intervista, Christa Tobler traccia un’esauriente panoramica di questa intricata matassa. Dal febbraio 2014, l’Unione europea e la Svizzera dibattono sull’applicazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa. Quali segnali giungono da Bruxelles?
L’UE ha più volte ricordato alla Svizzera che l’applicazione dell’articolo 121a deve rispettare l’accordo sulla libera circolazione delle persone e che non tollererà alcuna discriminazione nei confronti dei cittadini dell’UE.
In settembre, il Consiglio nazionale ha approvato la cosiddetta preferenza indigena light, una soluzione all’acqua di rose per non mettere a
e quindi non vuole certo creare un precedente con la Svizzera.
Certo, è proprio così. Dopo la votazione nel Regno Unito, la discussione intorno alla libera circolazione delle persone si è ulteriormente inasprita e irrigidita. In questo momento l’UE non vuole di sicuro creare un precedente, facendo delle concessioni alla Svizzera che potrebbero complicare le trattative con Londra. Una questione di politica interna rimane ancora irrisolta: l’applicazione dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa. La preferenza indigena light non rispetta l’articolo costituzionale.
repentaglio i bilaterali con l’UE. Tuttavia, a Bruxelles questa proposta piace poco.
L’UE non si è ancora espressa ufficialmente su queste questioni. Ci sono solo dei documenti interni in cui si indicano possibili conflitti con l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Ma per il momento non c’è ancora una presa di posizione ufficiale, anche perché in Svizzera ci troviamo nel bel mezzo del processo legislativo. Lei sostiene che il progetto di legge del Nazionale è troppo light. Dello stesso avviso è anche la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati. Secondo lei quali modifiche non violerebbero l’accordo sulla libera circolazione delle persone?
Oltre all’obbligo di annuncio voluto dal Consiglio nazionale, si potrebbe inserire un tempo d’attesa, per esempio di alcuni giorni, prima di pubblicare il bando di concorso; un tempo necessario per valutare se ci sono possibili candidati disoccupati in Svizzera. Inoltre si potrebbe dare il diritto agli uffici di collocamento regionali di proporre dei candidati a un datore di lavoro. Dal mio punto di vista, queste soluzioni volte a ridurre la disoccupazione in Svizzera e limitare l’immigrazione rispettano l’accordo sulla libera circolazione delle persone.
Quali altre proposte potrebbero invece risultare più indigeste a Bruxelles?
L’obbligo per i datori di lavoro di convocare a un colloquio d’assunzione i candidati proposti dagli Uffici regionali di collocamento (URC) potrebbe far storcere il naso all’UE. Un’altra è la richiesta di motivare in forma scritta la mancata assunzione di una persona disoccupata agli URC. Secondo me queste due ulteriori misure (approvate il 7.11 dalla Commissione degli Stati, ndr) sono ancora compatibili con l’accordo sulla libera circolazione delle persone. Invece, l’obbligo per i datori di lavoro di scegliere i candidati indigeni violerebbe di sicuro tale accordo. Non stiamo giocando con il fuoco? Anche se in forma ufficiosa, il servizio giuridico della Commissione europea ha segnalato che già la preferenza indigena light non è completamente compatibile con l’accordo sulla libera circolazione delle persone.
Il Consiglio nazionale ha proposto un sistema basato su tre livelli. L’obbligo di annuncio (livello due) non è stato oggetto di critiche, se non a causa di un malinteso. Problematico è invece il terzo punto. Quest’ultimo dà la possibilità al Consiglio federale di ricorrere a misure correttive appropriate per limitare l’immigrazione dall’UE e dagli
Stati dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). Nel caso in cui questi provvedimenti dovessero essere incompatibili con l’accordo sulla libera circolazione delle persone, un comitato misto formato di rappresentanti dell’UE e della Svizzera dovrà trovare una soluzione consensuale. È quest’ultimo passaggio a non piacere al servizio giuridico della Commissione europea poiché questa procedura è già definita – anche se in maniera diversa – nel famoso articolo 14.2 dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. È la cosiddetta clausola di salvaguardia che descrive l’iter da seguire per trovare una via d’uscita in caso di gravi difficoltà di ordine economico e sociale in uno Stato.
Dopo il voto sulla Brexit, l’UE si trova in una situazione piuttosto difficile
Christa Tobler Christa Tobler è professoressa ordinaria di diritto europeo all’Istituto europeo dell’Università di Basilea e dell’Università di Leiden, in Olanda. Nata nel 1961 a Brugg, nel canton Argovia, studia legge all’Università di Zurigo, dove consegue il dottorato nel 1988. Dal 2008 fa parte del comitato dell’Accademia di diritto europeo di Trier.
In effetti, il Consiglio nazionale ha preferito il rispetto dei bilaterali all’applicazione alla lettera della Costituzione. Il progetto di legge della Camera del popolo tenta di regolare l’immigrazione con misure di lotta contro la disoccupazione in Svizzera. Ma non è ciò che c’è scritto nell’articolo 121a: il testo parla di tetti massimi, contingenti e di preferenza per gli svizzeri sul mercato del lavoro. E quindi hanno ragione gli esponenti dell’UDC quando sostengono che si sta assistendo al «funerale della democrazia diretta»?
Mi sembra un’affermazione un po’ forte. Infatti ci troviamo di fronte a un problema estremamente complesso. Di primo acchito il testo costituzionale sembra abbastanza chiaro. Tuttavia nell’articolo si parla anche di interessi globali dell’economia svizzera, che però verrebbero lesi con un’applicazione rigida del testo. Ma è anche vero che c’è un grosso divario tra il progetto di legge del Nazionale e l’articolo costituzionale. La questione è quindi come colmare questo divario.
Con l’iniziativa Rasa il popolo potrebbe ribaltare il voto del 9 febbraio 2014 e cancellare l’articolo 121a dalla Costituzione federale. L’altra possibilità è la presentazione di un controprogetto diretto a questa iniziativa. È ciò che intende fare il Consiglio federale. Si potrebbe lasciare l’articolo sulla regolazione dell’immigrazione, inserendo però una restrizione che vincolerebbe l’applicazione di quest’ultimo al rispetto degli obblighi di diritto internazionale, come gli accordi bilaterali o la Convenzione AELS. Da un punto di vista giuridico sarebbe una possibilità per salvare capra e cavoli. Annuncio pubblicitario
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Politica e Economia
La migliore medicina per gli investitori: il sonnifero La consulenza della Banca Migros Albert Steck
Le azioni sono molto meno rischiose di quanto sembri
Il nemico peggiore dell’investitore è la sua psiche. Quanto più è assiduo nel seguire la borsa, tanto più tende a prendere decisioni sbagliate. Provate a ignorare le quotazioni per sei mesi: come risulta dal nostro test, avrete una percezione completamente diversa del mercato azionario.
Le oscillazioni più massicce dello Swiss Performance Index scompaiono se l’andamento viene misurato solo a scadenza semestrale (ultima misurazione dell’1.11.2016).
Andamento della borsa svizzera
Ge n Fe 201 b2 5 M 01 ar 5 Ap 201 r 5 M 201 ag 5 Gi 20 u 2 15 Lu 01 g 5 Ag 201 o 5 Se 201 t2 5 O 01 tt 5 2 N 01 ov 5 Di 201 c2 5 Ge 01 n 5 Fe 201 b 6 M 201 ar 6 Ap 201 r 6 M 201 ag 6 Gi 20 u 2 16 Lu 01 g 6 Ag 201 o 6 Se 201 t2 6 O 01 tt 6 2 N 01 ov 6 20 16
Albert Steck è responsabile delle analisi di mercato e dei prodotti presso la Banca Migros
Immaginatevi di aver preso un potente sonnifero all’inizio del 2015 e di risvegliarvi soltanto nel corrente mese di novembre, quindi 22 mesi dopo. In questo lasso di tempo il mondo finanziario ha subito radicali trasformazioni: scoprite di colpo che davanti ai tassi d’interesse dei titoli di Stato svizzeri c’è il segno negativo! Inoltre il cambio dell’euro è precipitato. La borsa svizzera risulta invece estremamente stabile: il 1° novembre è solo del 2,2 percento al di sotto del livello di inizio 2015. Grazie al sonnifero non vi siete accorti che in questi 22 mesi le quotazioni sono precipitate per ben quattro volte, prima con lo shock sul franco, poi a causa della Cina, quindi con il crollo del prezzo del petrolio e, infine, dopo il sì alla Brexit. Ma sei mesi dopo queste perdite sono state puntualmente recuperate. Il grafico illustra con chiarezza quanto siano contenute le fluttuazioni, se le misurazioni sono effettuate soltanto a fine semestre. Ma perché gli investitori fanno così fatica a prendere un sonnifero immaginario e
Performance a fine semestre
semplicemente ignorare la borsa per qualche mese? Il motivo è da ricercare nella psiche umana. Siamo così condizionati che preferiamo prendere una decisione sbagliata piuttosto che rimanere passivi. Ad esempio, nel calcio i portieri si tuffano sempre in uno dei due angoli della porta, invece di rimanere fermi in centro, sebbene un quarto di tutti i rigori tirati sia diretto centralmente (per saperne di più
andate all’indirizzo blog.bancamigros. ch). Succede lo stesso in borsa: la frenesia spinge molti investitori a un attivismo esagerato che ha conseguenze nefaste sulla performance. Ma c’è un’altra trappola in agguato: la cosiddetta avversione alle perdite. Il dolore di una perdita è generalmente molto più forte della gioia per un guadagno elevato. Quando le quotazioni subiscono un provvisorio crollo, tendiamo ben presto
a venderle, anche se a lungo termine sarebbero risultate molto proficue. «Chi dorme non pecca», recita un proverbio. Anche negli investimenti finanziari c’è un buon metodo per non tradire i propri principi: dimenticatevi la borsa per i prossimi mesi. Attualità su blog.bancamigros.ch: La migliore medicina per gli investitori: il sonnifero. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Politica e Economia
Preventivi cantonali nel segno della stabilità
Finanze pubbliche Complessivamente la situazione è migliorata, grazie anche ai programmi di risparmio.
In futuro peserà l’incognita della riforma della tassazione delle imprese in votazione il 12 febbraio 2017 che prevede un disavanzo di 132 milioni e si vede costretto a inasprire il proPer il prossimo anno, la maggioranza gramma di contenimento delle spese. dei cantoni svizzeri presenta bilanci Se misurati per abitante, i saldi preventivi equilibrati. Globalmente il negativi di preventivo sono piuttosto disavanzo previsto si attesta sui 282 mi- sostenuti, mentre quelli positivi risullioni di franchi. È comunque probabile tano talvolta insignificanti. Per esempio che i rispettivi parlamenti apportino il Canton Vallese presenta un avanzo qualche modifica ai conti allestiti dai d’esercizio di 1 franco per abitante, Frigoverni. Sono però ben 15 i Cantoni che burgo di 2 franchi per abitante, come presentano disavanzi, mentre soltanto Appenzello Esterno. Mentre Vaud e 11 indicano chiusure provvisorie posi- Argovia chiudono in pareggio, sono ritive. Gli investimenti netti ammontano levanti i disavanzi per abitante nel Canin ogni caso a circa 6 miliardi di fran- ton Zugo (1’077 franchi), in Obvaldo chi. (615 franchi), Nidvaldo (404 franchi). Da parecchi anni si constata però Fanno eccezione Basilea-Città, con un che i preventivi sono allestiti con molta saldo positivo di 743 franchi per abitanprudenza, per cui i consuntivi chiudo- te, Berna con 97 franchi e Soletta con 71 no generalmente con risultati migliori. franchi. Zurigo presenta 11 franchi per Per il 2015, per esempio, il migliora- abitante e Glarona 10 franchi. mento complessivo è stato di 1,3 miliarTra i Cantoni meno virtuosi, oltre di di franchi. Anche il saldo negativo ai citati Zugo, Obvaldo e Nidvaldo, fidei preventivi 2017 è più o meno al livel- gurano anche Neuchâtel (386 franchi lo di quello di quest’anno. per abitante), Svitto (301 franchi), GiParecchi Cantoni sono riusciti a nevra (158), Turgovia (8143), Appenstabilizzare la spesa pubblica, grazie a zello Interno (144), San Gallo (127). programmi di contenimento. Il risulta- Anche il Canton Grigioni supera i 100 to migliore in questo esercizio lo ottiene franchi (102 per abitante), mentre il il Cantone di Basilea-Città, che prevede Ticino si attesta a 98 franchi. La media non solo un avanzo d’esercizio di 143 nazionale è di –34 franchi per abitante. milioni, ma anche risultati positivi per Questi dati significano che in sostanza gli anni a seguire superiori ai 100 milio- (e con pochissime eccezioni) i Cantoni di franchi. Sul fronte opposto si trova ni sono riusciti a tenere le loro finanze Annonce_Smarties_Xmas_Migros_IT_exe.pdf 1 09.11.16 13:55 invece un Cantone ricco come Zugo, sotto controllo. In molti casi si sono Ignazio Bonoli
Basilea-Città è il Cantone che presenta il più roseo preventivo per il 2017. (Keystone)
così visti gli effetti dei piani di contenimento delle spese. Un ulteriore segno di stabilità dei bilanci è dato dall’aumento degli investimenti che al netto indicano un totale di 5,9 miliardi, cioè 700 milioni in più rispetto al preventivo 2016. Non va però dimenticato che, nonostante gli sforzi di contenimento, anche le spese correnti aumentano dell’1,8% e salgono a qua-
si 90 miliardi di franchi. Le maggiori uscite sono dovute, come sempre negli ultimi anni, alla salute, alla formazione, al sociale, in generale. Da notare che per la prima volta i Cantoni hanno dovuto assumersi il 55% dei costi delle cure stazionarie, come prescrive la legge sull’assicurazione malattia. I dati dei preventivi pubblicati in questa statistica non tengono conto di
situazioni particolari, come per esempio, il finanziamento di casse pensioni, ma anche l’uso o il versamento a riserve, il ricorso al capitale proprio. L’assetto finanziario, depurato di questi movimenti, potrebbe essere globalmente migliore. Si deve però anche constatare che lo spazio di manovra finanziaria per i Cantoni diventa sempre più ristretto. Anche sul piano politico si vedono reazioni popolari, soprattutto quando si propongono aumenti di imposte. Rimangono anche alcune incognite importanti. Quella sull’utile della Banca Nazionale sembra superata, ma è caduta anche la speranza di un aumento dei versamenti. Resta invece completamente aperta la valutazione dei possibili effetti della riforma della tassazione delle imprese III. Nessun effetto però per i preventivi 2017, poiché sul referendum si voterà il 12 febbraio. Probabilmente potrà entrare in vigore solo nel 2019. Per alcuni Cantoni non sarà facile, dopo gli sforzi di contenimento delle spese e alcuni aumenti della pressione fiscale, accettare diminuzioni di gettito dovute alla riforma. Si dovranno in ogni caso fare concessioni, in primo luogo per non perdere le sedi delle società estere oggi privilegiate, ma poi anche per far fronte all’inevitabile aumento della concorrenza fra Cantoni. Annuncio pubblicitario
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Politica e Economia Rubriche
Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi La produttività nel settore dei servizi Il settore dei servizi è andato affermandosi, nel corso degli ultimi 50 anni, come il settore dominante dell’economia elvetica. Oggi, a livello nazionale, le persone occupate in questo settore rappresentano il 68% del totale mentre, in termini di prestazione economica, questo settore assicura il 67% del valore aggiunto. L’Ufficio federale di statistica (UfS) ha appena pubblicato i risultati di una ricerca sull’evoluzione della produttività del lavoro, in questo settore, nel corso del periodo 1997-2014. Ricordiamo dapprima che l’aumento della produttività per lavoratore e l’aumento dei lavoratori occupati spiegano, da soli, la crescita del prodotto interno lordo di un’economia. Aggiungiamo poi che le stime, appena pubblicate, non sono molto incoraggianti anche se occorre distinguere tra ramo e ramo. L’evoluzione viene misurata con il tasso annuale medio di variazione durante
il periodo analizzato. Per il settore dei servizi (dal quale, per ragioni di metodo, si esclude l’intera amministrazione pubblica) la produttività nominale del lavoro è cresciuta annualmente, in questo periodo, dello 0.8%. A titolo di paragone ricordiamo che, sempre nel periodo indicato, la produttività del lavoro del settore primario (agricoltura e foresticoltura) è aumentata del 2.3% e quella del settore secondario (industria, artigianato e edilizia) dell’1.2%. Si sa che le attività del terziario sono attività che richiedono molta manodopera e sono difficili da meccanizzare, automatizzare o digitalizzare. Non sorprende quindi che la loro produttività del lavoro sia inferiore a quella degli altri due settori e cresca anche più lentamente. Ma ci sono delle conseguenze. Per quel che riguarda le condizioni di lavoro il fatto che una quota sempre più alta di lavoratori siano attivi nel settore dei servizi può essere
considerato come un fatto positivo perché le attività di servizio si svolgono in ambienti bene illuminati, riscaldati e, in molti casi, stando seduti per la maggior parte del tempo, vale a dire con minor dispendio di forza fisica. Per la crescita della produttività del lavoro e dell’economia, invece, questa tendenza è, in generale, negativa, proprio per la scarsa produttività del settore. Qualche decennio fa, il governo laburista inglese aveva addirittura tentato di frenare la crescita dell’occupazione nei servizi, introducendo un’imposta sui posti di lavoro nel terziario. L’imposta era stata soppressa quasi subito perché non sembrava essere in grado di flettere la tendenza alla terziarizzazione. Poi naturalmente bisogna aggiungere che, dal punto di vista del livello di produttività e del suo sviluppo ci sono servizi e servizi. Se parliamo di livelli, troviamo in cima alla classifica il ramo della «ri-
cerca e sviluppo» con una produttività di oltre 400’000 franchi per lavoratore. In fondo, invece, si trova il ramo dell’«educazione e insegnamento» con appena un po’ più di 60’000 franchi per lavoratore. Di passaggio noteremo che in diversi ambiti, in particolare in quello universitario, le due attività sono combinate: un accademico, di solito, insegna e fa ricerca e quindi ha una produttività che dovrebbe essere una media ponderata di quelle delle due attività. Forse ancora più interessanti delle stime sui livelli della produttività nel 2014 sono le informazioni sull’evoluzione della stessa durante il periodo analizzato. Da questo punto di vista i rami del terziario possono essere divisi in tre gruppi. Ci sono dapprima quelli che hanno perso produttività. Si tratta del ramo «ricerca e sviluppo», di quello della «tecnologia dell’informazione», di quello dell’«educazione e insegnamen-
to», di quello delle «professioni liberali» e del ramo delle «attività immobiliari». Sul posto hanno marciato il «sociale», le attività del «settore finanziario», quelle delle «telecomunicazioni», quelle dei «media» e il ramo delle attività complementari al traffico. Infine la produttività è cresciuta significativamente nei rami del «commercio», del «traffico», delle «poste e servizi di corriere», delle «assicurazioni», della «sanità», della «cultura e tempo libero», dei «servizi domestici» e degli altri servizi. Quanto alle ragioni di questa evoluzione lo studio dell’UfS non dice niente. Una considerazione anche solo superficiale dei tassi di crescita della produttività per ramo suggerisce però che la concorrenza abbia potuto giocare il ruolo di determinante principale. I tassi più elevati di crescita della produttività si ritrovano, in generale, nei rami nei quali la concorrenza, nel periodo analizzato, è stata più intensa.
Eppure le prime parole del nuovo presidente sono state concilianti. «Together», insieme, è stata la parola chiave del discorso, accanto a «work», lavoro, e a «dream», sogno. «Finora ho lavorato per me, ora lavorerò per il mio Paese. E metterò al lavoro milioni di persone». «Dobbiamo rinnovare il sogno americano. Sognare in grande. Nessun sogno è troppo grande, nessuna sfida».
Il sogno americano francamente non era al Victory Party convocato all’Hilton. Bastava scorrere l’elenco degli invitati, sia al banco dei vip sia a quello dei sostenitori: quasi tutti indirizzi di Manhattan, molti di Park Avenue e dell’Upper East Side. È un’America abituata a comandare, animata dallo spirito di rivincita più che di conquista. Ma è un’America che torna egemone dopo gli anni di Obama. Gli uomini sono in netta maggioranza, non è vero che le donne non si siano mobilitate per Hillary, anche la Fox riconosce che il 54% contro il 42 ha votato per lei; ma tra le donne qui convenute Hillary è odiatissima. Trump ha ringraziato i parenti uno a uno. Ha evocato il padre Fred, il carpentiere diventato costruttore, e la madre scozzese Mary Anne da cui ha preso gli occhi azzurri, «che stasera hanno guardato giù, verso di me». Le sorelle Maryanne ed Elizabeth, il fratello Robert. Ha citato il fratello alcolista che non c’è più, Fred jr, omettendo di aver fatto escludere i suoi figli dall’eredità paterna. La terza moglie
Melania in peplo bianco a scoprire la spalla destra. Ivanka, la figlia prediletta, la più applaudita. Tiffany, che si chiama come la gioielleria sotto casa. Eric, cui ha passato gli occhi azzurri, e Don, che porta il suo nome. E poi i servizi segreti, «che l’altro giorno mi hanno trascinato via dal palco: era un falso allarme, hanno fatto le prove». I duecento generali che l’hanno sostenuto. E i newyorkesi: «Spesso sono sottostimati, ma io li stimo moltissimo». Dichiarazioni consuete, tipo «sarò il presidente di tutti gli americani», diventano notizie in bocca al candidato politicamente più scorretto della storia. Nello stesso momento, Lady Gaga andava a gridare la sua rabbia sotto la Trump Tower, anticipando il corteo dei ragazzini. Un gesto di esibizionismo, forse. Ma anche il segno che coloro che detestano Trump continueranno a farlo. Per l’America, e di conseguenza per il mondo, comincia un periodo di grandi incognite. Interessanti da raccontare, ma anche gravide di possibili conseguenze negative.
brevi intervalli e con minuta tessitura, finché tutta la superficie dell’acqua ne rimanga invetriata». Una visione analoga, ma su scala molto più ampia, è proposta oggi dall’urbanista e geografo indo-americano Parag Khanna. Nel suo ultimo libro intitolato Connectography, disponibile anche in italiano, questo studioso disegna una mappa intessuta da un’infinità di connessioni, materiali (strade, ferrovie, linee aeree) e virtuali (web): «La vera mappa del mondo non dovrebbe rappresentare soltanto gli Stati, ma anche le metropoli, le autostrade, le ferrovie, le pipeline, i cablaggi per Internet e gli altri simboli della nostra nascente civiltà di network globale». Dunque una gigantesca e avvolgente ragnatela, fili e nodi in cui muoversi agilmente in base alle proprie esigenze. Ma sarà proprio così? Vediamo di esaminare da vicino anche qualche groppo di questa immensa rete. I tempi, innanzitutto. Siamo sicuri che
AlpTransit li abbatterà per la gioia di noi viaggiatori? Rispetto ad oggi, l’orario dell’11 dicembre dà, sulla tratta Bellinzona-Zurigo, un guadagno di 39 minuti per il treno più veloce: non molto se si considera che la galleria di base ha inghiottito oltre 12 miliardi di franchi... Sulla tratta Zurigo-Venezia il vantaggio sarà complessivamente di mezz’ora, ma per converso diminuirà il numero dei collegamenti veloci. Peggioreranno invece i tempi di percorrenza da Lugano a Venezia, che oggi sono di 4.15 (con un cambio) e domani di 4.22 (con l’eccezione del treno delle 7.42). Un passo di gambero che si spiega con l’effetto-imbuto che si produrrà da Chiasso in poi, sulla direttrice Como San Giovanni-Milano Centrale-Mestre. Insomma, AlpTransit non rivoluzionerà, per ora, l’intero sistema, come taluni forse si aspettano. Con l’incremento dei convogli, soprattutto di quelli adibiti al trasporto merci, è poi probabile che vedremo
germinare un secondo effetto negativo, quello del congestionamento delle linee e quindi della moltiplicazione dei ritardi e della perdita delle coincidenze. C’è infine il fattore pericolo, la molteplicità dei rischi connessi all’andirivieni nel cuore degli abitati di vagoni carichi di sostanze tossiche, infiammabili o chissà che altro. La disgrazia di Viareggio del 2009 ha mostrato quali conseguenze genera un semplice deragliamento in un quartiere cittadino. La nuova ferrovia di pianura attraverserà, sferragliando e stridendo, le città di Bellinzona, Lugano, Mendrisio, Chiasso. È quindi legittimo interrogarsi anche su questo aspetto, legato all’innesto su un tronco risalente alla seconda metà dell’Ottocento. E purtroppo sappiamo che per completare l’intero corridoio occorreranno anni, anzi decenni. Il San Gottardo: ancora una volta «via delle genti» e «via crucis».
In&outlet di Aldo Cazzullo I Millennials non amano Trump È stato uno shock per tutti: per i democratici, ma anche per i repubblicani. E non solo perché Trump ha sconfitto in un colpo solo entrambi i partiti, quello dei Clinton e il suo. Trump non si aspettava di vincere. Né se lo aspettavano i suoi; esattamente come i democratici non si aspettavano di perdere. Questo spiega come entrambe le due Americhe siano sotto shock. Mi sono ritrovato quasi per caso nel corteo anti-Trump che ha attraversato New York. La cosa più impressionante è l’età. Il più vecchio avrà trent’anni. La media è attorno ai venti: una cosa impensabile nelle manifestazioni italiane. Non un simbolo di partito, di un sindacato, di un’associazione. Nessuno striscione, solo cartelli scritti a mano. Migliaia di ragazzi hanno invaso le strade di Manhattan mercoledì sera alle 7. Una manifestazione spontanea, autorganizzata. Si sono dati appuntamento a Union Square, hanno imboccato la Fifth Avenue, hanno girato a sinistra sulla trentesima, poi hanno imboccato la Sesta sino a
Central Park, sotto la Trump Tower, la casa del nuovo presidente, tra il traffico impazzito, i poliziotti incerti sul da farsi che li seguivano correndo, i passanti che solidarizzavano o si univano a loro. Una banda musicale di ottoni. Bandiere del movimento Lgbt, lesbiche gay bisex transgender. La maggioranza erano ragazzi della New York University, della Columbia, delle scuole superiori, di ogni etnia e religione. Cortei simili, anche se meno imponenti, si sono visti a Chicago e nelle città californiane. Ovviamente non cambiano di una virgola il messaggio che gli elettori hanno dato. Ma segnano la presenza di un’America giovane, che si colloca subito all’opposizione. Non legata al partito democratico: nessuno nomina Hillary, cui sembrano del tutto estranei. Divisa da slogan a volte contraddittori. Ma unita da un unico obiettivo polemico: Trump. Con qualche insulto pure per Rudolph Giuliani. E considerazioni decisamente critiche sugli elettori della Florida e di altri Stati che hanno votato per The Donald.
Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti Treni… a bassa velocità Ci siamo quasi. Tra meno di un mese inizia, per AlpTransit, l’esercizio regolare. Nuovo orario, nuovi collegamenti. È il terzo traforo sotto il massiccio alpino: 1882, 1980, 2016. Due gallerie ferroviarie, una stradale. Ma finora si doveva ancora scalare faticosamente le valli, con rampe e viadotti; l’ultima invece scavalca di slancio ogni ostacolo, per infilarsi come un fuso nel ventre della montagna, un cunicolo che cancella ogni paesaggio, ogni feritoia su villaggi, boschi, pascoli, villaggi e chiese. C’è grande attesa per questo nuovo traguardo del genio civile. Scambi, commerci, studio, lavoro. E poi il turismo. Con AlpTransit raggiungere il Ticino dalle brume nordiche sarà più facile e comodo, una rapida gita fuori porta con rientro serale. Diventeremo la Florida dell’agglomerato di Zurigo, allegre comitive di gitanti e frotte di pensionati? Scenari simili erano già stati prefigurati nel secondo dopo-
guerra, con l’esplosione del traffico automobilistico. Eccesso di ottimismo. Ora l’auto ha preso in ostaggio intere zone, soffocandole: il Mendrisiotto, il pian Scairolo, la Lugano-Ponte Tresa, l’ingresso a Bellinzona, la strada che porta a Locarno. Per non parlare della N2 e del San Gottardo, calvario ormai quotidiano. Difficile pensare che AlpTransit contribuirà a diradare il formicaio. Probabilmente la svolta si avrà solo con l’apertura del Monte Ceneri di base, con la rete integrata: una linea metropolitana di superficie che avvicinerà i principali poli del cantone. Era il sogno del «nostro» Carlo Cattaneo, il quale nel 1841 già aveva concepito nella sua mente un intreccio visionario: «Se le strade ferrate devono propagarsi in Europa – annotava nel suo Politecnico con splendida immagine –, non lo possono fare altrimenti che al modo degli aghi di ghiaccio, i quali si scontrano e si attraversano a
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Cultura e Spettacoli Ma chi era Kafka? 99 aneddoti raccontano un autore molto diverso da come ce lo immaginavamo pagina 49
Elvira e Toni Servillo Al Piccolo Teatro Grassi di Milano Servillo rende omaggio al grande Louis Jouvet
Diana Damrau alla Scala La soprano bavarese Diana Damrau in questi giorni è a Milano per le Nozze di Figaro
Immagine e concetto In mostra a Lugano le opere di alcuni fra i più significativi fotografi concettuali italiani
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Via, lontano da questo luogo Mostre Una doppia esposizione dimostra come il fenomeno della migrazione, con tutti
gli scambi che ne derivano, faccia da sempre parte del genere umano Marco Horat pagina 51
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L’antiarte al museo
Mostre Anche Brescia propone
una manifestazione per celebrare l’anniversario DADA
Ada Cattaneo Come già era avvenuto per il Futurismo, così è avvenuto per il Dada. Poter contare su una data inequivocabile di fondazione ha moltiplicato le celebrazioni per i cento anni dalla nascita di quel movimento che seppe raggruppare, nella più contestatrice delle Avanguardie, artisti profondamente diversi tra loro per provenienza culturale e geografica, come Tzara, Ball e Picabia. La manifestazione di più recente apertura è quella inaugurata da poche settimane al Museo di Santa Giulia di Brescia, che proseguirà fino alla fine di febbraio. Qui l’accento è stato posto sulla diffusione e gli sviluppi che il movimento ebbe a Sud delle Alpi, in particolare in Ticino e Lombardia. Da qui il coinvolgimento di tre musei della Svizzera Italiana – Pinacoteca di Casa Rusca a Locarno, MASI di Lugano e Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona – che hanno messo a disposizione importanti opere dalle proprie collezioni, accanto ad altri importanti prestatori, quali la Fondazione Marconi di Milano e la ricchissima Sammlung Marzona di Berlino. Guardando per un attimo alle vicende collezionistiche, si capisce come un contributo determinante per la fortuna del Dada a Sud delle Alpi (e non solo) venne dall’attività di Arturo Schwarz, gallerista di origini egiziane che ne promosse ampiamente la conoscenza con le mostre nella sua galleria milanese a partire dagli anni Cinquanta, diffondendo opere nelle più importanti raccolte d’arte, potendo contare su opere di comprovata autenticità grazie all’intenso rapporto con molti degli artisti che erano stati al centro di quella stagione. La stessa favorevole dinamica si sarebbe verificata anche con molti dei surrealisti, a partire dall’amicizia di Schwarz con André Breton.
L’esposizione Dada 1916. La nascita dell’antiarte è suddivisa in quattro sezioni, prendendo avvio dal clima culturale che permise la nascita di questo fenomeno artistico, che rimane di difficile inquadramento dal punto di vista artistico per la molteplicità delle sue espressioni, ma che certamente venne determinato in modo profondo dalla situazione che l’Europa stava attraversando in quei primi decenni del secolo. È in questa prima parte della mostra che viene illustrata – grazie alle fotografie provenienti dall’Archivio di Stato di Bellinzona e dai musei del locarnese – la grande importanza che il Monte Verità ebbe nell’alimentare il fertile clima che avrebbe dato vita ad esperienze come quella del Cabaret Voltaire. Qui l’attitudine di alcuni artisti, come Jean Arp, verso lo spirituale trovava profondo riscontro. Allo stesso tempo, il connubio con altre discipline artistiche, che sempre caratterizzerà il movimento nato a Zurigo, veniva qui incoraggiato: sopra tutti, il caso dei seminari estivi – fra le cui allieve ci furono regolarmente Sophie Taeuber-Arp ed Emmy Hennings, moglie di Hugo Ball – tenuti dal coreografo ungherese Rudolf von Laban, personaggio determinante per lo sviluppo della danza contemporanea. Il valore di quest’esperienza artistica ticinese, che non smette di affascinare, viene così ribadito ancora una volta nel corso della mostra per il suo ruolo di crocevia delle tendenze più avanzate di quell’epoca. Altre sezioni indagano, tramite alcune opere emblematiche, le influenze del Futurismo, le vicende zurighesi con l’intensa attività di performance dal vivo che le caratterizzò (anche con un tentativo di riproduzione nelle sale del museo del Cabaret Voltaire), fino alla diffusione di Dada
Molte sono le cause che spingono le genti a migrare verso altri lidi più accoglienti o presuntamente tali: ci sono «gli sconfitti di una guerra che sfuggono al ferro del vincitore che ha distrutto la loro città e li ha spogliati di ogni bene; oppure si tratta di cittadini proscritti in seguito a una guerra civile. Talvolta si fugge per il sovrappopolamento di una regione o a causa di epidemie, di terremoti oppure perché attratti da una regione fertile della quale si raccontano meraviglie». A scriverlo è Lucio Anneo Seneca, vissuto duemila anni or sono, al quale, in un certo senso, fa eco Cicerone quando afferma che «agiscono male coloro i quali vietano agli stranieri di godere dei vantaggi della città e li bandiscono; un fatto del tutto incivile». Naturalmente bisogna rapportare i termini usati dagli scrittori romani con le nostre situazioni e interpretazioni moderne; le parole non hanno sempre gli stessi significati. Ma il principio era già affermato agli inizi della nostra era, in rapporto alla presenza del barbaro straniero con il quale i romani dovevano fare i conti: anche allora popoli di diversa cultura bussavano alle porte di un impero già cosmopolita di per sé, visto in qualche modo come una terra promessa, dove convivevano cittadini con diritti civici, peregrini che erano uomini liberi ma non cittadini e schiavi. La storia umana in fondo è sempre stata storia di spostamenti e di incontri (non sempre pacifici, certo) come dimostra il mito stesso della fondazione di Roma ad opera di Enea che, partito da Troia in Asia minore, era approdato in Lazio dopo aver fatto il giro del mondo; un profugo dunque, oltre tutto accompagnato dal padre Anchise, dalla moglie e dai figli. È questo il tema estremamente delicato quanto attuale che affronta una
Mano votiva in bronzo destinata al culto di Sabazio, Avenches (VD).
doppia esposizione allestita nei musei romani di Avenches e di Vallon, ispirata a una analoga iniziativa del Museo di Vindonissa di qualche anno fa. Non sentirsi stranieri da nessuna parte? Ci si chiede provocatoriamente facendo il verso ad affermazioni di segno contrario che oggi si alzano sempre più insistentemente. Il visitatore è invitato a riflettere sull’argomento partendo dal passato per arrivare ai nostri giorni, come pure a confrontare le affermazioni di principio con la realtà dei fatti storici tramandati. Sei capitoli – il viaggio spesso pericoloso per terra e per mare, l’integrazione dello straniero, la nostalgia, la multiculturalità, l’integrazione religiosa e il sentirsi a casa
propria ovunque, visto il principio della libera circolazione – propongono il tema del contatto tra differenti culture, partendo proprio dall’esperienza dell’impero romano che aveva riunito sotto di sé mezzo mondo allora conosciuto, percorso in lungo e in largo da legionari, commercianti, funzionari, marinai, gladiatori, saltimbanchi, artigiani, filosofi e artisti provenienti da tutte le regioni attorno al Mediterraneo; gente che ha lasciato tracce materiali importanti del proprio passaggio. Un crogiuolo di popoli, lingue locali, credenze, monete, leggi, usi, costumi che convivevano sotto lo stesso governo e la stessa bandiera in uno scambio continuo di persone, beni, sentimenti e idee. Il discorso viene affrontato mediante una serie di reperti scelti con cura dai realizzatori della mostra – Clara Agustoni e Sophie DelbarreBärtschi in primis – per la qualità intrinseca degli oggetti, ma anche per la loro portata didattica, il tutto corredato da una discreta quanto efficace messa in scena non scevra di sorprese per il visitatore che viene chiamato in causa in prima persona; vi sono poi filmati realizzati ad hoc, come ad esempio un’intervista con il portiere di colore dello Young Boys sul tema della nostalgia. La provenienza degli oggetti è varia: si passa da ritrovamenti anche recenti nella regione dei tre laghi (vedi la rara figurina in bronzo che ritrae Icaro con le ali spiegate) ai prestiti dei principali musei svizzeri e di alcuni musei tedeschi e olandesi. Ci sono custodie per coltelli venduti a viaggiatori passati per le terme di Baden come souvenir, fibule da Avenches ma realizzate nelle Alpi orientali, gioielli di fattura anglosassone, danubiana o tedesca trovati in tombe appartenute a donne straniere forse sposate con uomini di qui, testimonianze della presenza di un oculista greco operante
nella regione di Losanna-Vidy, un exvoto dedicato a Marte da parte di una donna affrancata dalla schiavitù da un romano che l’aveva poi sposata, una stele che ricorda il centurione Fortunatus morto dopo 40 anni di onorato servizio svolto tra Gran Bretagna, Siria e Africa. Ci sono alcune tavolette incise con scritti talvolta umanamente toccanti come la lettera di un legionario di origine egiziana trovata a Vindonissa, che dal suo presidio in Ungheria scriveva in greco alla famiglia lontana: «Vi ho già scritto sei lettere e voi non mi avete mai risposto – si lamenta – ditemi della vostra salute e di come state. Sono preoccupato e voi non rispondete mai. Scrivetemi per favore». Molto bella una tomba femminile da Minusio-Cadra con oggetti ceramici tipicamente romani ma con fibule e anelli, racchiusi in un cofanetto di legno, di tradizione indigena. Ovunque come a casa propria: un ideale sociale non facilmente realizzabile che deve fare i conti con i legami che uniscono ognuno di noi alla terra di origine. Un ideale che non esclude comunque la tolleranza e la solidarietà dovuta ad altri esseri umani per le ragioni già ricordate da Seneca. Ma attenzione, concludeva il saggio filosofo: «Una cosa è certa: nessuna porzione di umanità è rimasta nel luogo dove ha avuto origine. Il genere umano si sposta incessantemente, nascono nuove città e nuove nazioni emergono sulle vestigia di quelle antiche. Cosa sono tutte queste migrazioni di popoli se non un continuo esilio di massa?». Dove e quando
Partout chez soi? Migrations et intégrations dans l’Empire romain. Avenches, Musée romain, Vallon, Musée romain. Fino all’8 gennaio 2017. www.aventicum.org/museevallon.ch
Il luna park di Copenhagen Pubblicazioni Gli insetti nella vita reale, nella comunicazione e nella letteratura in un libro
del giornalista e scrittore Marco Belpoliti Stefano Vassere
Paul Klee, Untitled n. 161, 1923. (Collezione privata)
dalla Svizzera verso Berlino e New York. Qui è da segnalare la presenza di alcuni ready-made prodotti da Marcel Duchamp e Man Ray, opere ormai talmente iconiche da essere note anche a chi non ha mai avuto modo di sfogliare un manuale di storia dell’arte, insieme agli esperimenti di percezione ottica che i due artisti iniziarono a realizzare a partire dai primi anni Venti, come i «Rotorelief». Un’ultima sezione ripercorre quello che fu l’influsso della stagione dadaista sui movimenti artistici che seguirono, oltre agli intensi contatti intrattenuti con esponenti di altre correnti. Si scopre così dal nutrito corpus di documenti che Tristan Tzara svolse una vera e propria campagna di diffusione del credo dadaista: curò, per esempio, personalmente i rapporti con molti dei Futuristi italiani, pubblicando scritti sulle riviste più seguite, fedele alla convinzione che nella parola si tro-
vasse il mezzo principale per diffondere la nuova estetica, dai manifesti ai volantini, dai romanzi alle riviste. Non sono davvero molti gli autori che si possano definire esclusivamente «dadaisti», eppure quel linguaggio coniato a partire dal 1916 si ritrova nel lavoro di moltissimi altri che verranno in seguito. Anarchici ed individualisti per loro stessa natura, i dadaisti delle origini non furono mai alla base di un vero e proprio movimento accomunato da intenti e forme. Le opere presentate sconfinano spesso nel Futurismo e nel Costruttivismo, nell’Astrattismo, proprio perché i limiti erano labili e alcuni degli artisti passavano da una forma espressiva all’altra, senza temere condizionamenti stilistici. Da quest’ultima parte emerge quindi come l’importanza di Dada si possa apprezzare al meglio dai suoi esiti e dalla sua forza nell’influenzare ciò che venne dopo, sul finire del primo con-
flitto mondiale, fra Europa e Stati Uniti. Il Surrealismo ne è solo il più diretto erede, ma gli echi arriveranno ben più lontano, fino a raggiungere negli anni Sessanta il Neo-Dada di Robert Rauschenberg e Jasper Johns. Sempre presso il museo di Brescia, un’altra mostra accompagna la retrospettiva dedicata al Dada: si tratta della personale di Romolo Romani (1884-1916), autore poco noto – tra i firmatari del primo manifesto della pittura futurista, precursore dell’arte astratta, indagatore dell’inconscio e del paranormale – nonostante la sua capacità di influenzare artisti a lui vicini, come Umberto Boccioni. Dove e quando
Dada 1916. La nascita dell’antiarte. Brescia, Museo di Santa Giulia (via Musei 81/b). Orari: ma-do 9.30-17.30. Fino al 26 febbraio 2017.
«Il gioco delle superfici nelle farfalle ostacola, o favorisce, determinate lunghezze d’onda, che generano colori intensi, oppure iridescenti: come bolle di sapone, cambiano colore a seconda del punto di vista di chi le osserva». Si sa, studiamo il linguaggio degli animali per tre fondamentali motivi: uno perché ci permette di valutare, per difetto, quanto ben strutturato e completo sia il nostro linguaggio, due perché gli animali comunicano spesso con sensi diversi da quelli che usiamo noi, tanto da creare un universo sensoriale per noi alieno e intrigante, terzo perché studiare il linguaggio degli animali è divertente. Il libro di Marco Belpoliti, La strategia della farfalla, appena uscito nella «piccola biblioteca guanda», allietato dalle piccole e tenerissime illustrazioni di Giovanna Durì, è una rassegna di una quindicina di brevi testi dedicati ad altrettanti insetti, che ci sono introdotti per la loro evoluzione storica, i modi con cui comunicano e
sopravvivono, le eventuali sensazioni che hanno suscitato presso gli scienziati che li hanno studiati o gli scrittori che li hanno narrati. La prima squadra, quella degli scienziati, ha rappresentanti ormai mitici, soprattutto nel campo della comunicazione di questi esserini: il premio Nobel Karl von Frisch, «scopritore del linguaggio delle api, cui fu risparmiata l’espulsione dalla Germania nazista solo perché grande esperto di api e di miele, alimento necessario durante la guerra»; o anche Edward O. Wilson, autore di un famoso libro sul mondo delle formiche, che ha vinto il Premio Pulitzer, e del concetto sociobiologico di superorganismo applicato ancora alle api. Nella serie degli scrittori a primeggiare, con ovvietà, è Primo Levi, la cui opera è, come quella di Vladimir Nabokov, popolata di api ma anche di scarafaggi, pulci e numerosi altri insetti. Si studiano però gli insetti (e gli altri animali, anche: le rane, per esempio, che non si muovono ma vedono
tutto, perché hanno occhi talmente sporgenti da sfruttare l’intera, tondeggiante, superficie per vedere qua e là) anche perché comunicano e ricevono stimoli dal mondo circostante con sensi diversi dai nostri. Se noi sfruttiamo la comunicazione usando orecchie e occhi, i «discorsi» delle formiche passano dalla secrezione di ferormoni, che vengono interpretati attraverso il gusto e l’olfatto. La stessa, strafamosa, danza delle api, quella a otto, prima un semicerchio e poi un percorso mediano tutto ondeggiamenti e sculettii, viene da noi vista e dalle api operaie che assistono sentita, attraverso le vibrazioni sonore e il tatto. Il libro di Marco Belpoliti è – ma va? – pieno di curiosità e stranezze: in rassegna esemplificativa e molto limitata, i nomi che nei vari posti definiscono gli scarafaggi (prussiani nella Germania meridionale, svevi in quella del nord, francesi in quella orientale, ancora prussiani in Russia), i circhi delle pulci («Danilo Mainardi racconta di aver visto all’inizio degli anni Settanta
in un luna park di Copenhagen un circo di pulci ammaestrate»), il carattere onomatopeico del nome zanzara, l’idea che del tempo ha la mosca: «von Frisch fa notare che, se in un secondo la mosca compie con le ali duecento movimenti, avrà senza dubbio un’idea del tempo molto diversa da noi umani». Alla fine del libro, densa appendice bibliografica per continuare la lettura. «Primo Levi, visitando nel 1981 una mostra a Torino, si è chiesto: perché sono belle le farfalle? Non certo per il piacere dell’uomo, si è risposto, cosa che asserivano gli avversari di Darwin: sono comparse almeno cento milioni di anni prima di noi umani. La bellezza è un concetto relativo e culturale, e Levi ritiene che si sia modellato nel corso dei secoli prendendo a oggetto le farfalle, così com’è accaduto per le stelle, il mare e le montagne».
Raccontare Pablo Neruda Filmselezione
Poesia e politica in un capolavoro Fabio Fumagalli **** Neruda di Pablo Larrain, con Luis Gnecco, Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Mercedes Moran (Cile 2015)
Con quattro film di grande qualità nell’arco di tre anni (No, El club, Neruda e Jackie) Pablo Larrain è ormai uno dei più importanti oltre che prolifici cineasti contemporanei. Girata poco prima di Jackie, questa pseudo-biografia del celebre poeta e politico cileno rappresenta il suo primo capolavoro. Perché pseudo-biografia? Perché questa definizione riassume da sola l’incredibile originalità del film, che ha poco a che fare con i tanti biopic in circolazione. Il film è il risultato di una sorta di work in progress sulla traccia di fatti reali destinati a essere progressivamente elaborati. Un itinerario fisico effettivamente vissuto da una figura che conserva un carisma inestinguibile in Cile. Il tragitto si fa però sempre più interiore: inventato, certo, ma infinitamente più prezioso, oltre che coinvolgente. Il film si concentra sui pochi mesi dell’esistenza di un grande della letteratura e della politica dedito alla sopravvivenza della democrazia nel proprio Paese. Nel Cile del 1948 il governo di Videla condanna il comunismo alla clandestinità e ordina l’arresto del poeta, dopo averlo destituito dalla carica di senatore. D’intesa con il partito, Neruda rinuncia al mito della propria presenza tutelare fra i manifestanti delle strade di Santiago e sceglie l’esilio: attraverso le Ande raggiungerà Parigi. Ma il film è interessante soprattutto per la sceneggiatura geniale, che permette alla regia, al montaggio e alle musiche di Pablo Larrain di abbandonarsi a continue, splendide invenzioni, in una dimensione sempre più fantastica. Già la descrizione del Neruda iniziale, letteralmente incarnato da uno straordinario Luis Gnecco, è lungi dall’essere agiografica. C’è la grande nobiltà dei versi declamati che si contrappone allo scrittore, descritto in modo giocoso, a volte irrispettoso: un libertino dal fisico sfatto, frequentatore di bordelli, commediante impenitente. Poi, la svolta: la voce narrante infatti appartiene all’altro «eroe» del film, Oscar Peluchonneau, l’ispettore di polizia che dà la caccia a Neruda. Personaggio impossibile più che spregevole (che Gael Garcia Bernal interpreta alla meraviglia), in preda a una crescente identificazione con l’illustre preda. La presunta vittima e il carnefice si confondono in una fascinazione che da poliziesca si fa farsesca, e infine estetica. Trasfigurata nella luce delle Ande, la presenza abbagliante dello sfondo confonde definitivamente la realtà della storia con il sogno dell’utopia. In un gioco sempre più astratto l’arte di filmare di Larrain si avvicina in modo memorabile all’immaginario squisitamente letterario del futuro premio Nobel.
Bibliografia
Marco Belpoliti, La strategia della farfalla, Milano, Guanda, 2016.
Un particolare della locandina.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Cultura e Spettacoli Ma chi era Kafka? 99 aneddoti raccontano un autore molto diverso da come ce lo immaginavamo pagina 49
Elvira e Toni Servillo Al Piccolo Teatro Grassi di Milano Servillo rende omaggio al grande Louis Jouvet
Diana Damrau alla Scala La soprano bavarese Diana Damrau in questi giorni è a Milano per le Nozze di Figaro
Immagine e concetto In mostra a Lugano le opere di alcuni fra i più significativi fotografi concettuali italiani
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Via, lontano da questo luogo Mostre Una doppia esposizione dimostra come il fenomeno della migrazione, con tutti
gli scambi che ne derivano, faccia da sempre parte del genere umano Marco Horat pagina 51
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L’antiarte al museo
Mostre Anche Brescia propone
una manifestazione per celebrare l’anniversario DADA
Ada Cattaneo Come già era avvenuto per il Futurismo, così è avvenuto per il Dada. Poter contare su una data inequivocabile di fondazione ha moltiplicato le celebrazioni per i cento anni dalla nascita di quel movimento che seppe raggruppare, nella più contestatrice delle Avanguardie, artisti profondamente diversi tra loro per provenienza culturale e geografica, come Tzara, Ball e Picabia. La manifestazione di più recente apertura è quella inaugurata da poche settimane al Museo di Santa Giulia di Brescia, che proseguirà fino alla fine di febbraio. Qui l’accento è stato posto sulla diffusione e gli sviluppi che il movimento ebbe a Sud delle Alpi, in particolare in Ticino e Lombardia. Da qui il coinvolgimento di tre musei della Svizzera Italiana – Pinacoteca di Casa Rusca a Locarno, MASI di Lugano e Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona – che hanno messo a disposizione importanti opere dalle proprie collezioni, accanto ad altri importanti prestatori, quali la Fondazione Marconi di Milano e la ricchissima Sammlung Marzona di Berlino. Guardando per un attimo alle vicende collezionistiche, si capisce come un contributo determinante per la fortuna del Dada a Sud delle Alpi (e non solo) venne dall’attività di Arturo Schwarz, gallerista di origini egiziane che ne promosse ampiamente la conoscenza con le mostre nella sua galleria milanese a partire dagli anni Cinquanta, diffondendo opere nelle più importanti raccolte d’arte, potendo contare su opere di comprovata autenticità grazie all’intenso rapporto con molti degli artisti che erano stati al centro di quella stagione. La stessa favorevole dinamica si sarebbe verificata anche con molti dei surrealisti, a partire dall’amicizia di Schwarz con André Breton.
L’esposizione Dada 1916. La nascita dell’antiarte è suddivisa in quattro sezioni, prendendo avvio dal clima culturale che permise la nascita di questo fenomeno artistico, che rimane di difficile inquadramento dal punto di vista artistico per la molteplicità delle sue espressioni, ma che certamente venne determinato in modo profondo dalla situazione che l’Europa stava attraversando in quei primi decenni del secolo. È in questa prima parte della mostra che viene illustrata – grazie alle fotografie provenienti dall’Archivio di Stato di Bellinzona e dai musei del locarnese – la grande importanza che il Monte Verità ebbe nell’alimentare il fertile clima che avrebbe dato vita ad esperienze come quella del Cabaret Voltaire. Qui l’attitudine di alcuni artisti, come Jean Arp, verso lo spirituale trovava profondo riscontro. Allo stesso tempo, il connubio con altre discipline artistiche, che sempre caratterizzerà il movimento nato a Zurigo, veniva qui incoraggiato: sopra tutti, il caso dei seminari estivi – fra le cui allieve ci furono regolarmente Sophie Taeuber-Arp ed Emmy Hennings, moglie di Hugo Ball – tenuti dal coreografo ungherese Rudolf von Laban, personaggio determinante per lo sviluppo della danza contemporanea. Il valore di quest’esperienza artistica ticinese, che non smette di affascinare, viene così ribadito ancora una volta nel corso della mostra per il suo ruolo di crocevia delle tendenze più avanzate di quell’epoca. Altre sezioni indagano, tramite alcune opere emblematiche, le influenze del Futurismo, le vicende zurighesi con l’intensa attività di performance dal vivo che le caratterizzò (anche con un tentativo di riproduzione nelle sale del museo del Cabaret Voltaire), fino alla diffusione di Dada
Molte sono le cause che spingono le genti a migrare verso altri lidi più accoglienti o presuntamente tali: ci sono «gli sconfitti di una guerra che sfuggono al ferro del vincitore che ha distrutto la loro città e li ha spogliati di ogni bene; oppure si tratta di cittadini proscritti in seguito a una guerra civile. Talvolta si fugge per il sovrappopolamento di una regione o a causa di epidemie, di terremoti oppure perché attratti da una regione fertile della quale si raccontano meraviglie». A scriverlo è Lucio Anneo Seneca, vissuto duemila anni or sono, al quale, in un certo senso, fa eco Cicerone quando afferma che «agiscono male coloro i quali vietano agli stranieri di godere dei vantaggi della città e li bandiscono; un fatto del tutto incivile». Naturalmente bisogna rapportare i termini usati dagli scrittori romani con le nostre situazioni e interpretazioni moderne; le parole non hanno sempre gli stessi significati. Ma il principio era già affermato agli inizi della nostra era, in rapporto alla presenza del barbaro straniero con il quale i romani dovevano fare i conti: anche allora popoli di diversa cultura bussavano alle porte di un impero già cosmopolita di per sé, visto in qualche modo come una terra promessa, dove convivevano cittadini con diritti civici, peregrini che erano uomini liberi ma non cittadini e schiavi. La storia umana in fondo è sempre stata storia di spostamenti e di incontri (non sempre pacifici, certo) come dimostra il mito stesso della fondazione di Roma ad opera di Enea che, partito da Troia in Asia minore, era approdato in Lazio dopo aver fatto il giro del mondo; un profugo dunque, oltre tutto accompagnato dal padre Anchise, dalla moglie e dai figli. È questo il tema estremamente delicato quanto attuale che affronta una
Mano votiva in bronzo destinata al culto di Sabazio, Avenches (VD).
doppia esposizione allestita nei musei romani di Avenches e di Vallon, ispirata a una analoga iniziativa del Museo di Vindonissa di qualche anno fa. Non sentirsi stranieri da nessuna parte? Ci si chiede provocatoriamente facendo il verso ad affermazioni di segno contrario che oggi si alzano sempre più insistentemente. Il visitatore è invitato a riflettere sull’argomento partendo dal passato per arrivare ai nostri giorni, come pure a confrontare le affermazioni di principio con la realtà dei fatti storici tramandati. Sei capitoli – il viaggio spesso pericoloso per terra e per mare, l’integrazione dello straniero, la nostalgia, la multiculturalità, l’integrazione religiosa e il sentirsi a casa
propria ovunque, visto il principio della libera circolazione – propongono il tema del contatto tra differenti culture, partendo proprio dall’esperienza dell’impero romano che aveva riunito sotto di sé mezzo mondo allora conosciuto, percorso in lungo e in largo da legionari, commercianti, funzionari, marinai, gladiatori, saltimbanchi, artigiani, filosofi e artisti provenienti da tutte le regioni attorno al Mediterraneo; gente che ha lasciato tracce materiali importanti del proprio passaggio. Un crogiuolo di popoli, lingue locali, credenze, monete, leggi, usi, costumi che convivevano sotto lo stesso governo e la stessa bandiera in uno scambio continuo di persone, beni, sentimenti e idee. Il discorso viene affrontato mediante una serie di reperti scelti con cura dai realizzatori della mostra – Clara Agustoni e Sophie DelbarreBärtschi in primis – per la qualità intrinseca degli oggetti, ma anche per la loro portata didattica, il tutto corredato da una discreta quanto efficace messa in scena non scevra di sorprese per il visitatore che viene chiamato in causa in prima persona; vi sono poi filmati realizzati ad hoc, come ad esempio un’intervista con il portiere di colore dello Young Boys sul tema della nostalgia. La provenienza degli oggetti è varia: si passa da ritrovamenti anche recenti nella regione dei tre laghi (vedi la rara figurina in bronzo che ritrae Icaro con le ali spiegate) ai prestiti dei principali musei svizzeri e di alcuni musei tedeschi e olandesi. Ci sono custodie per coltelli venduti a viaggiatori passati per le terme di Baden come souvenir, fibule da Avenches ma realizzate nelle Alpi orientali, gioielli di fattura anglosassone, danubiana o tedesca trovati in tombe appartenute a donne straniere forse sposate con uomini di qui, testimonianze della presenza di un oculista greco operante
nella regione di Losanna-Vidy, un exvoto dedicato a Marte da parte di una donna affrancata dalla schiavitù da un romano che l’aveva poi sposata, una stele che ricorda il centurione Fortunatus morto dopo 40 anni di onorato servizio svolto tra Gran Bretagna, Siria e Africa. Ci sono alcune tavolette incise con scritti talvolta umanamente toccanti come la lettera di un legionario di origine egiziana trovata a Vindonissa, che dal suo presidio in Ungheria scriveva in greco alla famiglia lontana: «Vi ho già scritto sei lettere e voi non mi avete mai risposto – si lamenta – ditemi della vostra salute e di come state. Sono preoccupato e voi non rispondete mai. Scrivetemi per favore». Molto bella una tomba femminile da Minusio-Cadra con oggetti ceramici tipicamente romani ma con fibule e anelli, racchiusi in un cofanetto di legno, di tradizione indigena. Ovunque come a casa propria: un ideale sociale non facilmente realizzabile che deve fare i conti con i legami che uniscono ognuno di noi alla terra di origine. Un ideale che non esclude comunque la tolleranza e la solidarietà dovuta ad altri esseri umani per le ragioni già ricordate da Seneca. Ma attenzione, concludeva il saggio filosofo: «Una cosa è certa: nessuna porzione di umanità è rimasta nel luogo dove ha avuto origine. Il genere umano si sposta incessantemente, nascono nuove città e nuove nazioni emergono sulle vestigia di quelle antiche. Cosa sono tutte queste migrazioni di popoli se non un continuo esilio di massa?». Dove e quando
Partout chez soi? Migrations et intégrations dans l’Empire romain. Avenches, Musée romain, Vallon, Musée romain. Fino all’8 gennaio 2017. www.aventicum.org/museevallon.ch
Il luna park di Copenhagen Pubblicazioni Gli insetti nella vita reale, nella comunicazione e nella letteratura in un libro
del giornalista e scrittore Marco Belpoliti Stefano Vassere
Paul Klee, Untitled n. 161, 1923. (Collezione privata)
dalla Svizzera verso Berlino e New York. Qui è da segnalare la presenza di alcuni ready-made prodotti da Marcel Duchamp e Man Ray, opere ormai talmente iconiche da essere note anche a chi non ha mai avuto modo di sfogliare un manuale di storia dell’arte, insieme agli esperimenti di percezione ottica che i due artisti iniziarono a realizzare a partire dai primi anni Venti, come i «Rotorelief». Un’ultima sezione ripercorre quello che fu l’influsso della stagione dadaista sui movimenti artistici che seguirono, oltre agli intensi contatti intrattenuti con esponenti di altre correnti. Si scopre così dal nutrito corpus di documenti che Tristan Tzara svolse una vera e propria campagna di diffusione del credo dadaista: curò, per esempio, personalmente i rapporti con molti dei Futuristi italiani, pubblicando scritti sulle riviste più seguite, fedele alla convinzione che nella parola si tro-
vasse il mezzo principale per diffondere la nuova estetica, dai manifesti ai volantini, dai romanzi alle riviste. Non sono davvero molti gli autori che si possano definire esclusivamente «dadaisti», eppure quel linguaggio coniato a partire dal 1916 si ritrova nel lavoro di moltissimi altri che verranno in seguito. Anarchici ed individualisti per loro stessa natura, i dadaisti delle origini non furono mai alla base di un vero e proprio movimento accomunato da intenti e forme. Le opere presentate sconfinano spesso nel Futurismo e nel Costruttivismo, nell’Astrattismo, proprio perché i limiti erano labili e alcuni degli artisti passavano da una forma espressiva all’altra, senza temere condizionamenti stilistici. Da quest’ultima parte emerge quindi come l’importanza di Dada si possa apprezzare al meglio dai suoi esiti e dalla sua forza nell’influenzare ciò che venne dopo, sul finire del primo con-
flitto mondiale, fra Europa e Stati Uniti. Il Surrealismo ne è solo il più diretto erede, ma gli echi arriveranno ben più lontano, fino a raggiungere negli anni Sessanta il Neo-Dada di Robert Rauschenberg e Jasper Johns. Sempre presso il museo di Brescia, un’altra mostra accompagna la retrospettiva dedicata al Dada: si tratta della personale di Romolo Romani (1884-1916), autore poco noto – tra i firmatari del primo manifesto della pittura futurista, precursore dell’arte astratta, indagatore dell’inconscio e del paranormale – nonostante la sua capacità di influenzare artisti a lui vicini, come Umberto Boccioni. Dove e quando
Dada 1916. La nascita dell’antiarte. Brescia, Museo di Santa Giulia (via Musei 81/b). Orari: ma-do 9.30-17.30. Fino al 26 febbraio 2017.
«Il gioco delle superfici nelle farfalle ostacola, o favorisce, determinate lunghezze d’onda, che generano colori intensi, oppure iridescenti: come bolle di sapone, cambiano colore a seconda del punto di vista di chi le osserva». Si sa, studiamo il linguaggio degli animali per tre fondamentali motivi: uno perché ci permette di valutare, per difetto, quanto ben strutturato e completo sia il nostro linguaggio, due perché gli animali comunicano spesso con sensi diversi da quelli che usiamo noi, tanto da creare un universo sensoriale per noi alieno e intrigante, terzo perché studiare il linguaggio degli animali è divertente. Il libro di Marco Belpoliti, La strategia della farfalla, appena uscito nella «piccola biblioteca guanda», allietato dalle piccole e tenerissime illustrazioni di Giovanna Durì, è una rassegna di una quindicina di brevi testi dedicati ad altrettanti insetti, che ci sono introdotti per la loro evoluzione storica, i modi con cui comunicano e
sopravvivono, le eventuali sensazioni che hanno suscitato presso gli scienziati che li hanno studiati o gli scrittori che li hanno narrati. La prima squadra, quella degli scienziati, ha rappresentanti ormai mitici, soprattutto nel campo della comunicazione di questi esserini: il premio Nobel Karl von Frisch, «scopritore del linguaggio delle api, cui fu risparmiata l’espulsione dalla Germania nazista solo perché grande esperto di api e di miele, alimento necessario durante la guerra»; o anche Edward O. Wilson, autore di un famoso libro sul mondo delle formiche, che ha vinto il Premio Pulitzer, e del concetto sociobiologico di superorganismo applicato ancora alle api. Nella serie degli scrittori a primeggiare, con ovvietà, è Primo Levi, la cui opera è, come quella di Vladimir Nabokov, popolata di api ma anche di scarafaggi, pulci e numerosi altri insetti. Si studiano però gli insetti (e gli altri animali, anche: le rane, per esempio, che non si muovono ma vedono
tutto, perché hanno occhi talmente sporgenti da sfruttare l’intera, tondeggiante, superficie per vedere qua e là) anche perché comunicano e ricevono stimoli dal mondo circostante con sensi diversi dai nostri. Se noi sfruttiamo la comunicazione usando orecchie e occhi, i «discorsi» delle formiche passano dalla secrezione di ferormoni, che vengono interpretati attraverso il gusto e l’olfatto. La stessa, strafamosa, danza delle api, quella a otto, prima un semicerchio e poi un percorso mediano tutto ondeggiamenti e sculettii, viene da noi vista e dalle api operaie che assistono sentita, attraverso le vibrazioni sonore e il tatto. Il libro di Marco Belpoliti è – ma va? – pieno di curiosità e stranezze: in rassegna esemplificativa e molto limitata, i nomi che nei vari posti definiscono gli scarafaggi (prussiani nella Germania meridionale, svevi in quella del nord, francesi in quella orientale, ancora prussiani in Russia), i circhi delle pulci («Danilo Mainardi racconta di aver visto all’inizio degli anni Settanta
in un luna park di Copenhagen un circo di pulci ammaestrate»), il carattere onomatopeico del nome zanzara, l’idea che del tempo ha la mosca: «von Frisch fa notare che, se in un secondo la mosca compie con le ali duecento movimenti, avrà senza dubbio un’idea del tempo molto diversa da noi umani». Alla fine del libro, densa appendice bibliografica per continuare la lettura. «Primo Levi, visitando nel 1981 una mostra a Torino, si è chiesto: perché sono belle le farfalle? Non certo per il piacere dell’uomo, si è risposto, cosa che asserivano gli avversari di Darwin: sono comparse almeno cento milioni di anni prima di noi umani. La bellezza è un concetto relativo e culturale, e Levi ritiene che si sia modellato nel corso dei secoli prendendo a oggetto le farfalle, così com’è accaduto per le stelle, il mare e le montagne».
Raccontare Pablo Neruda Filmselezione
Poesia e politica in un capolavoro Fabio Fumagalli **** Neruda di Pablo Larrain, con Luis Gnecco, Gael Garcia Bernal, Alfredo Castro, Mercedes Moran (Cile 2015)
Con quattro film di grande qualità nell’arco di tre anni (No, El club, Neruda e Jackie) Pablo Larrain è ormai uno dei più importanti oltre che prolifici cineasti contemporanei. Girata poco prima di Jackie, questa pseudo-biografia del celebre poeta e politico cileno rappresenta il suo primo capolavoro. Perché pseudo-biografia? Perché questa definizione riassume da sola l’incredibile originalità del film, che ha poco a che fare con i tanti biopic in circolazione. Il film è il risultato di una sorta di work in progress sulla traccia di fatti reali destinati a essere progressivamente elaborati. Un itinerario fisico effettivamente vissuto da una figura che conserva un carisma inestinguibile in Cile. Il tragitto si fa però sempre più interiore: inventato, certo, ma infinitamente più prezioso, oltre che coinvolgente. Il film si concentra sui pochi mesi dell’esistenza di un grande della letteratura e della politica dedito alla sopravvivenza della democrazia nel proprio Paese. Nel Cile del 1948 il governo di Videla condanna il comunismo alla clandestinità e ordina l’arresto del poeta, dopo averlo destituito dalla carica di senatore. D’intesa con il partito, Neruda rinuncia al mito della propria presenza tutelare fra i manifestanti delle strade di Santiago e sceglie l’esilio: attraverso le Ande raggiungerà Parigi. Ma il film è interessante soprattutto per la sceneggiatura geniale, che permette alla regia, al montaggio e alle musiche di Pablo Larrain di abbandonarsi a continue, splendide invenzioni, in una dimensione sempre più fantastica. Già la descrizione del Neruda iniziale, letteralmente incarnato da uno straordinario Luis Gnecco, è lungi dall’essere agiografica. C’è la grande nobiltà dei versi declamati che si contrappone allo scrittore, descritto in modo giocoso, a volte irrispettoso: un libertino dal fisico sfatto, frequentatore di bordelli, commediante impenitente. Poi, la svolta: la voce narrante infatti appartiene all’altro «eroe» del film, Oscar Peluchonneau, l’ispettore di polizia che dà la caccia a Neruda. Personaggio impossibile più che spregevole (che Gael Garcia Bernal interpreta alla meraviglia), in preda a una crescente identificazione con l’illustre preda. La presunta vittima e il carnefice si confondono in una fascinazione che da poliziesca si fa farsesca, e infine estetica. Trasfigurata nella luce delle Ande, la presenza abbagliante dello sfondo confonde definitivamente la realtà della storia con il sogno dell’utopia. In un gioco sempre più astratto l’arte di filmare di Larrain si avvicina in modo memorabile all’immaginario squisitamente letterario del futuro premio Nobel.
Bibliografia
Marco Belpoliti, La strategia della farfalla, Milano, Guanda, 2016.
Un particolare della locandina.
Tavola in festa. 40%
11.40 invece di 19.– Carne di manzo macinata M-Classic Svizzera, al kg
30%
6.60 invece di 9.50 Pollo intero Optigal, 2 pezzi Svizzera, al kg
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Cultura e Spettacoli
Non c’è nulla di kafkiano
Pubblicazione In Questo è Kafka? Adelphi propone 99 «reperti» che, se presi insieme, compongono un ritratto
dell’autore praghese molto più allegro di quanto si pensasse
Mariarosa Mancuso Abbiamo cominciato a guardare Franz Kafka con occhi diversi dopo un’intervista a Claudio Magris, parecchi anni fa. Parlando dei critici – e del loro accanirsi su dettagli non sempre fondamentali – fece l’esempio di Odradek. Non sforzate la memoria (che oggi si traduce «non cercate su google»): è la minuscola creatura immaginaria, simile a un rocchetto di filo, che parla con voce paragonabile «al fruscio delle foglie cadute» nel racconto Il cruccio del padre di famiglia (la raccolta era intitolata Un medico di campagna). Da dove verrà il nome? E cosa vorrà mai dire? Niente, vuole dire. Kafka aveva letto il nome sul serbatoio di una motocicletta. Poi si scoprì che la foto – mostrava la scritta Odradek sul serbatoio di una moto dell’epoca – era lo scherzo di un critico, perpetrato ai danni dei colleghi che cercavano complicate etimologie e legami con l’ebraismo. Morale: non soltanto i testi di Kafka furono accolti dai primi lettori – accadde con Il processo – come storie comiche. Non solo questa lettura è propugnata da Milan Kundera e Roman Polanski, che conoscono bene l’est europeo. Neanche i suoi critici hanno verso di lui il timore reverenziale esibito dai lettori che dicono «kafkiano» quando perdono il treno. L’amico Max Brod, oltre a descrivere Kafka come una persona che teneva l’ironia in massimo conto, contribuì con una sua gag: avrebbe
dovuto bruciare i manoscritti, se ne guardò bene. Reiner Stach, che ha dedicato a Franz Kafka una biografia in tre volumi uscita tra il 2002 e il 2014, non fa eccezione. La sua «corda pazza» gli ha fatto comporre – con i resti di quel lavoro, diremmo, sennonché i resti sono molto più interessanti per chi ama leggere e ha finito con gli esami universitari – un magnifico album appena uscito da Adelphi con il titolo Questo è Kafka?. Sono 99 momenti, raccontati con le parole di Kafka medesimo o dagli amici, i conoscenti, le fidanzate. 99 «reperti», come vengono chiamati nel risvolto copertina: tutti insieme compongono il ritratto di uno scrittore niente affatto triste, musone, preoccupato per le sorti dell’umanità. Giocava al casinò (anche a Lucerna, perdendo con Max Brod i soldi della cassa comune). Frequentava i bordelli, barava agli esami di maturità, sputava dal balcone, beveva birra, cantava canzonette, falsificava firme, diceva molte bugie, guardava Louis Blériot esibirsi con il suo aeroplanino al campo d’aviazione di Montichiari, poco lontano da Brescia. E non teneva in ordine la scrivania. «Mi sono reso conto che non ci si può combinare nulla di buono» scrive. Segue catalogo: «opuscoli, vecchi giornali, cataloghi, cartoline, lettere, in parte stracciate in parte aperte, quasi a formare una scalinata». Mica è finita: «lo specchio pronto per la rasatura,
Franz Kafka (1883-1924) in una foto scattata attorno al 1910. (Keystone)
la spazzola per i vestiti con le setole all’ingiù, il portamonete aperto, il mazzo di chiavi, la cravatta che cinge ancora in parte il solino smesso, vecchie carte che da tempo avrei buttato via, se avessi un cestino, matite con le
punte spezzate, una scatola di fiammiferi vuota, bottoni, lamette da rasoio consunte…» «A clean desk is the sign of a sick mind» – dietro un tavolo in ordine c’è una mente malata: sta scritto sul-
le tazze e sulle magliette, i disordinati se ne fanno un vanto. Kafka invece se ne fa un cruccio. Figuriamoci quando nel 1910 riceve da un lettore, tale Siegfried Wolff, una lettera di protesta. «Lei mi ha reso molto infelice» – è l’esordio. Il poveretto aveva comprato una copia di La metamorfosi per donarla alla cugina. La cugina aveva letto senza capire nulla, e non ci aveva cavato granché neppure la madre della suddetta cugina, a cui il racconto era stato dato in esame. Fu chiesto un parere a un’altra cugina: neppure lei cavò lo scarafaggio dal buco. Disperate, le femmine chiedono lumi al maschio laureato, nonché guerriero («Ho affrontato per mesi in trincea i russi senza battere ciglio»). Il quale – preoccupato per la propria reputazione – chiede aiuto allo Scrittore: «Mi dica dunque, per favore, quale costrutto mia cugina debba ricavare dalla Metamorfosi». Purtroppo non esiste risposta alla missiva. Come non c’è certezza sul colore degli occhi di Franz Kafka, discussi a pagina 54: chi dice grigi, chi azzurri, chi «scuri». È certo invece che Kafka facesse ginnastica e meditazione, ogni giorno, seguendo il metodo Müller. Era costui un guru del primo Novecento che prometteva miracoli con quindici minuti di esercizi giornalieri. 400 mila copie vendute del manuale ginnico nell’edizione tedesca, e 24 traduzioni, dimostrano che neppure il salutismo l’abbiamo inventato noi. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Cultura e Spettacoli
Claudia e Jouvet, cercando Elvira Teatro Toni Servillo rende omaggio al grande attore e regista francese
Giovanni Fattorini Tra il 14 febbraio e il 21 settembre del 1940, presso il Conservatoire National d’Art Dramatique di Parigi, Louis Jouvet tenne una serie di lezioni su una scena del Don Juan di Molière: più precisamente, la sesta del quarto atto: quella in cui donna Elvira supplica Don Giovanni di pentirsi e di cambiare vita per evitare la dannazione eterna. La parte di Elvira era interpretata da un’allieva del terzo anno, che con tale scena vinse il primo premio all’esame del Conservatoire. Delle sette lezioni – che ci sono giunte in forma di testo stenografico, pubblicato a stampa nel 1965 – Brigitte Jacques ha curato un adattamento – intitolato Elvire Jouvet 40 – che nel 1986 Giorgio Strehler integrò con alcuni brani scritti da lui stesso, al fine di stabilire un collegamento tra i propri convincimenti e le proprie esperienze teatrali con i convincimenti e le esperienze del famoso attore e regista francese. Lo spettacolo che poi ne trasse inaugurò lo spazio del Teatro Studio, ricavato, su progetto di Marco Zanuso, dall’exTeatro Fossati. Per aprire la sua settantesima stagione, il Piccolo Teatro di Milano ha pertanto deciso di co-produrre – con la cooperativa Teatri Uniti, di cui è direttore artistico Toni Servillo, che ha già lavorato in diverse occasioni per lo Stabile milanese – un nuovo allestimento del testo di Brigitte Jacques, tradotto per l’occasione da Giuseppe Montesano. Diversamente da Strehler, Servillo non ci ha aggiunto niente di suo, e lo ha messo in scena nella sede storica del Piccolo, in via Rovello. Nello spettacolo di Strehler, la concezione severa del teatro, e dell’attore in particolare, che sottende e permea le considerazioni di Jouvet (considerazioni in cui si avverte con chiarezza l’influenza
di Copeau) si manifestava anche attraverso l’estrema semplicità della scenografia. Collocati a vista sul pavimento circolare del Teatro Studio c’erano pochi oggetti: una sedia, due panche, e un asse con alcune lampadine accese che fingevano la ribalta.
Solo raramente il bravo Toni Servillo indugia in momenti di autocompiacimento ed enfatizzazione Di eguale sobrietà è la scena dello spettacolo di Servillo. Sul palcoscenico: due sedie, un tavolino con una lampada, e una pedana su cui stanno principalmente i tre giovani allievi di Jouvet: Claudia-Elvira (Petra Valentini), Octave-Don Giovanni (Francesco Marino), Léon-Sganarello (Davide Cirri). In platea: una fila di quattro poltrone separate da quelle destinate al pubblico: Jouvet si muove tra palcoscenico e platea. Gli uomini vestono secondo la moda dei primi anni Quaranta: giacca, cravatta, gilet, pantaloni ampi e con le pinces, che «cadono» alla perfezione (i costumi sono di Ortensia De Francesco). Nello spettacolo di Strehler, prima dell’inizio e verso la fine delle lezioni, venivano proiettate immagini di Hitler, dell’esercito tedesco, dei bombardamenti. Più sobriamente, nello spettacolo di Servillo – tra la quinta e la sesta lezione, se non ricordo male – viene diffusa una breve registrazione che evoca efficacemente l’occupazione di Parigi (avvenuta il 14 giugno del ’40) da parte delle truppe tedesche. Nel 1986, se Louis Jouvet parlava per bocca di Giorgio Strehler (che ovviamente non cercava affatto di restituirne l’immagine per via mimetica), Strehler, da parte sua, si rivelava
Toni Servillo e Petra Valentini in Elvira. (Fabio Esposito)
attraverso le parole – che diceva di condividere ampiamente – di Jouvet. E Giulia Lazzarini (che portava calze di seta con la riga posteriore e scarpe con le suole di sughero) era al tempo stesso Claudia, l’allieva, e Giulia, un’attrice ormai di grande esperienza, impegnata – sotto la guida del Maestro, di Strehler-Jouvet – ad andare «oltre, più in alto», il più vicino possibile all’inattingibile verità del personaggio. Il sospetto di enfasi spiritualistica qua e là suscitato dalle parole del testo non era certo attenuato dalla recitazione di Strehler, che dava quasi
sempre l’impressione di essere uno a cui piaceva ascoltarsi. Un sospetto di autocompiacimento e di enfatizzazione del testo lo suscita, in rari momenti, anche la recitazione fluida e nitidamente articolata di Toni Servillo. Ma si tratta di pecche quasi trascurabili, che arrecano un danno minimo a tutto il resto. Il tono e i modi con cui Servillo-Jouvet muove degli appunti a Claudia, e la incita a «cercare e trovare il sentimento» al di là della ragione e della tecnica, sono di una pacatezza o di un fervore da vero maestro e da attore di primordine.
Diversamente da Petra Valentini (che rende poco avvertibili i progressi fatti da Claudia nell’approfondire il personaggio di Elvira), Servillo oltrepassa sempre, coi gesti e le parole, l’invisibile parete che lo separa dagli spettatori. La sua interpretazione non è mai priva di ciò che Jouvet chiama «la presenza in relazione al pubblico». Che lo segue con grande attenzione, affascinato. Dove e quando
Milano Piccolo Teatro Grassi, fino al 18 dicembre
Cantare Violetta alla Scala e non morire
Personaggi Incontro con la soprano tedesca Diana Damrau, in questi giorni nel celebre teatro milanese,
nei panni della Contessa nelle Nozze di Figaro
Enrico Parola Alta, bionda, tedesca: essendo una diva assoluta della lirica mondiale vien spontaneo figurarsela come un’algida valchiria, discesa dall’inaccessibile Valhalla wagneriano per soggiogare i melomani dei cinque continenti. Ma bastano poche frasi per capire che il mondo di Diana Damrau è tutt’altro: il 45enne soprano bavarese, protagonista in questi giorni alla Scala di Milano come Contessa nelle Nozze di Figaro arricchisce la sua sintassi con frequenti, sonore risate. «Quello del tedesco severo e austero è un vostro stereotipo, e poi io sono bavarese, della Germania del sud: rispetto ai nostri connazionali del nord siamo più aperti e selvaggi; fino a quando non mi sono nati i due bambini mi sono tenuta in forma ballando il flamenco e cavalcando, ora mi alleno correndo dietro a Colyn e Alexander: hanno 3 e 5 anni» spiega, ovviamente ridendoci su. È nata in un piccolo paese, Günzburg, da una famiglia dove non c’erano musicisti. «Da piccola pensavo che avrei potuto diventare una ricercatrice in Amazzonia o comunque trovare un lavoro legato alla natura, che adoro; ma già amavo cantare, ballare e intrattenere improvvisando spettacolini. Niente di classico comunque: al massimo musical come A Chorus Line o Staying Alive con l’idolo John Travolta».
La soprano bavarese Diana Damrau. (Keystone)
La conversione a 12 anni, guardando la Traviata con Teresa Stratas e Placido Domingo nella versione cinematografica firmata da Franco Zeffirelli: «Una folgorazione, capii subito che la lirica sarebbe stata la mia strada: le melodie, i colori, mi affascinava la forza di quella donna come – avrei scoperto poi – quella delle altre eroine
verdiane: Gilda, Amalia, Luisa… tutte vittime, ma capaci di trovare dentro di sé una grandissima forza per affrontare situazioni difficili». Trent’anni dopo è stata Traviata all’inaugurazione della stagione 2013 della Scala: fu lei a salvare un allestimento che suscitò non poche critiche: «La mia prima insegnante, Carmen
Hanganu, mi ripeteva che dovevo avere almeno un sogno per la mia vita personale e uno per la mia carriera; le rispondevo scherzosamente: cantare Violetta alla Scala e non morire! Beh, l’ho fatto, e per un 7 dicembre, e sono ancora qui… Anche se le confesso che sul palco morire è divertente». Non sognava neppure, come avrebbero invece fatto tante sue colleghe, di essere protagonista anche nell’Europa riconosciuta diretta da Riccardo Muti per la memorabile riapertura della Scala dopo il restauro, nel 2004: «Una tensione pazzesca, sentivamo gli occhi di tutto il mondo musicale puntati addosso, ma fu un’esperienza straordinaria». Ora sta impersonando la Contessa per la prima volta in carriera dopo essere stata spesso applaudita come Susanna: è il tempo che passa? «No, è la voce che sta arrotondandosi; se prima ero una Susanna troppo giovane ora i 45 anni sarebbero troppi anche per la Contessa», ride, «Mozart comunque è una splendida fisioterapia per la voce, ti spinge ad essere naturale, nella sua musica ogni forzatura diventa caricaturale, ogni esagerazione suona stonata». Per lei non sono esagerati neppure gli incredibili acuti raggiunti nel Flauto magico dalla Regina della Notte, tante volte cantati sul palco «ma anche nelle mura domestiche: quando devo
sgridare i figli mi immagino di essere la Regina, ma delle sue arie accenno solo qualche nota, basta per farli stare buoni. Per le coccole invece amano le melodie popolari della nostra terra, per la sera la Ninnananna di Brahms». La musica risuona frequente in famiglia anche perché suo marito è un basso-baritono francese, Nicolas Testéat: «Quando possiamo cerchiamo di cantare assieme: abbiamo da poco fatto i Pescatori di perle al Metropolitan di New York; i bambini ci seguono alle prove, ormai conoscono le arie di vari nostri personaggi, anche se non ho ancora capito se preferiscono la classica o il rock; di certo per ballare vogliono Michael Jackson». Anche quando affrontano la stessa opera non possono trasferire i loro affetti sul palco: «Colpa sua» ride Diana «i duetti d’amore sono quasi sempre tra soprano e tenore, Nicolas sul palco mi può far da padre, da zio o al massimo da cattivo come Francesco, uno dei due fratelli-criminali innamorati di Amalia nei Masnadieri di Verdi». Nonostante la fama e la classe, non si atteggia a diva: «Quando canto non voglio sfoggiare me stessa, desidero che il pubblico palpiti per il personaggio che interpreto; quando sono lontano dalla ribalta invece voglio che la gente mi apprezzi per quel che sono, non per quello che mi ha sentito cantare».
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Cultura e Spettacoli
Concetti immortalati
Fotografia A Lugano la Photographica Fine Art Gallery propone una serie di scatti realizzati da maestri italiani
attivi nella seconda metà del Novecento Giovanni Medolago La fotografia concettuale viene inizialmente concepita nella mente del fotografo e poi realizzata per comunicare tale visione. È un’opera che si colloca all’opposto del fotogiornalismo, in cui il fotografo cattura immagini reali, quel che avviene in un preciso momento. Si tratta di comunicare un concetto, di ottenere un risultato specifico nella mente di chi guarda. Usa spesso e volentieri simboli grafici o metafore visive per rappresentare idee, paradossi, stati d’animo. Tramite oggetti reali e concreti esprime concetti che possono non aver nulla a che fare con il loro senso quotidiano; rappresenta una parte per il tutto o esprime un concetto traslando il suo significato su qualcos’altro. Che chi interpreta la fotografia concettuale come un movimento legato a un arco temporale preciso, tra gli Anni 60 e 70 del secolo scorso (ma parecchi studiosi concordano nel definire
Biglietti per il jazz di RETE DUE Concorso online Su www.azione.ch/concorsi, sono in palio 5x2 biglietti per il concerto SJÖ & Classicus Quartet programmato al Teatro Sociale di Bellinzona venerdì 25 alle 20.45. Buona fortuna!
quale prima «foto concettuale» un’immagine di Marcel Duchamp, Piston de courant d’air, datata 1914!), durante il quale nel mondo artistico occidentale si manifesta una crisi dell’oggetto pittorico e scultoreo. Sono parecchi gli artisti che iniziano allora a utilizzare media tecnologici quali la fotografia, il cinema o il video. Non è quindi un caso se alla Photographica FineArt Gallery di Lugano molte opere esposte portino il nome di artisti figurativi o scultori. Camere in prestito presenta infatti nomi quali Vincenzo Agnetti – antesignano con Piero Manzoni dell’arte concettuale tout court e non solo fotografica – Mario Schifano, personaggio imprescindibile nell’ambito della pop art azzurra (presente con un ritratto di Andy Warhol datato 1964); e ancora gli scultori Giuseppe Penone e Gilberto Zorio e l’artista multimediale (si è occupato anche di musica elettronica sperimentale) Maurizio Nannucci. Non poteva certo mancare Franco Vaccari, forse il profeta maggiore della foto concettuale italiana, divenuto celebre nel 1972 quando partecipò alla Biennale di Venezia con Esposizioni in tempo reale. Nella sala a lui riservata comparivano una foto dell’artista e la scritta «La scia una traccia del tuo passaggio». Al termine della Biennale le pareti della sala erano completamente ricoperte da strisce di fotografie attaccate dai visitatori, formando un’opera cresciuta man mano sino a diventare – secondo lo stesso Vaccari – «un organismo sen-
Giuseppe Penone, Scrive, legge, ricorda, 1969, 3 stampe c-print e cuneo di ferro.
sibile a tutte le influenze dell’ambiente». Ma soprattutto l’artista non era più il produttore unico dell’opera posta di fronte a uno spettatore passivo, bensì colui che innesca un evento senza poterne prevedere i risultati. C’è indubbiamente una componente ludica nell’agire degli artisti concettuali. Bruno di Bello, ad esempio, rivisita il celebre Violon d’ingres di Man Ray sistemando orizzontalmente sulla schiena della modella nuda la chiave di violino che nell’originale era posta in verticale. Lo stesso Di Bello (Torre del Greco 1938) ci offre un collage su tela emulsionata quale originalissimo ritratto di Gloria Swanson, celebre diva del cinema muto.
Il già citato Agnetti realizza invece le sue Photo-graffie strapazzando il negativo vuoi con segni in assoluta libertà, vuoi con forme geometriche precise. Della spezzina Ketty La Rocca (prematuramente scomparsa a soli 37 anni nel 1976) possiamo ammirare un lavoro di «decostruzione» dell’immagine fotografica: partendo dal ritratto di due ragazze proveniente dagli sterminati archivi Alinari, ricostruisce la silhouette delle due giovani con una delle sue poesie visive, altra particolare forma artistica il cui lessico proviene dall’ambito della comunicazione di massa, dai quotidiani, dai rotocalchi, dalla pubblicità o dai fumetti, e che tenta di trasmettere il proprio messaggio
tramite la fusione di immagini e parole miscelate in una sorta di collage che vada al di là delle parole ma anche dell’immagine intesa come forma d’arte. Da segnalare infine l’importante presenza nell’esposizione di Paolo Gioli con tre «Polaroïd» e di Franco Vimercati con le sue Rose per Carla. Dove e quando
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Cultura e Spettacoli Rubriche
In fin della fiera di Bruno Gambarotta È l’ora dei ricreatori Da qualche anno le rassegne culturali, i festival e i saloni del libro si danno un tema, cambiandolo a ogni edizione, al fine di organizzare e mettere un po’ d’ordine nelle centinaia di eventi previsti, lasciando poi liberi i partecipanti di modularlo come meglio credono o di infischiarsene. Non fa eccezione il festival Scrittori in città, la cui sedicesima edizione si svolge nella città di Cuneo dal 16 al 21 novembre. Dopo «Colori» dell’edizione 2014 e «Dispari» dell’edizione 2015 è ora la volta di «Ricreazione». Stando alla presentazione ufficiale del festival, «Ricreazione è novità, è rinnovamento, è il senso della fantasia, della creatività, della creazione in genere». Tutto giusto ma per molti di noi il primo impatto con questa parola apre scatole su scatole di ricordi infantili, riferiti agli anni dell’asilo e della scuola elementare, dal momento che nelle scuole medie inferiori e superiori, la sosta cambiava nome, diventando «l’intervallo» e infine sul lavoro si sarebbe trasformata in «pausa mensa». Dal momento che da allora sono trascorsi molti decenni non
mi vergogno di ammetterlo: io pativo la «ricreazione», non vedevo l’ora che una maestra, affacciandosi sulla porta che immetteva in giardino, ci richiamasse in classe; ero sempre il primo a rientrare. Le ragioni di codesta mia ripugnanza non sono nobili, purtroppo. Avrei voluto eccellere in almeno uno dei tanti giochi praticati all’aperto per brillare agli occhi delle mie compagne, mentre ero impacciato, insicuro e mediocre in tutto. Inoltre temevo che qualche compagno mi chiedesse di prendere parte al privatissimo festino di merende allestite da mamma e nonna in una nobile gara di eccellenza. Per me «ricreazione» è rimasta quella cosa lì, qualcosa di buono divorato il più in fretta possibile stando acquattato in un angolo nascosto del cortile. Bisogna riconoscere però che quel modello di divisione del tempo fra l’impegno scolastico e lo svago, inculcatoci da bambini, ci ha preparati, una volta diventati adulti ed entrati nel mondo del lavoro, ad affrontare la netta dicotomia fra lavoro e gioco. Ora non è più così, la ricreazione ha invaso tutti gli
interstizi del nostro tempo, grazie alla diffusione dei mezzi informatici. Fateci caso quando vi recate in un ufficio pubblico e vi accostate a uno sportello; nove volte su dieci l’impiegato, prima di rispondere alla vostra richiesta, blocca il solitario che stava facendo sullo schermo. Tutti coloro che hanno uno schermo acceso davanti, impiegati, medici, notai, addetti alla sorveglianza degli ingressi, sono inesorabilmente attratti dal gioco. Io stesso, mentre sto scrivendo questo testo sulla tastiera del computer, di tanto in tanto, riduco la pagina dopo averla salvata e richiamo un gioco di carte che ahimè non sono riuscito ad estirpare dalla memoria e che mi attira nel suo gorgo. Mi è stato offerto di tenere una mattinata di lezioni per uno di quei corsi di aggiornamento che i giornalisti professionisti sono obbligati a seguire per venti ore all’anno. Ebbene tutti, ma proprio tutti, mentre io facevo dono della mia sapienza, erano intenti a giocare su un portatile. Anche gli spettatori dei concerti di musica classica giocano, quando sono
eseguiti brani di autori contemporanei. Infine a scuola: l’insegnante spiega e gli studenti giocano sulla tavoletta posata sul banco. C’è un contrappasso: rotto il muro che separava tempo del lavoro e tempo del gioco, tutto si è rimescolato e, pur giocando, non si finisce mai di lavorare, inseguiti dai messaggi e dalle mail grazie al fatto che possiamo portare ovunque con noi quelli che un tempo erano la scrivania o il banco di lavoro. Tornando ancora al programma di Scrittori in città, dobbiamo riconoscere che gli organizzatori puntano in alto dividendo in due parti con un trattino la parola chiave e facendola diventare «Ri-creazione», ovvero impossessarsi di forme di vita, di conoscenza e d’arte e provare a ricrearle ex novo, dando origine a una nuova e più ricca stagione. Il Creatore è uno solo e noi possiamo solo, bene che vada, essere dei Ricreatori. Troviamo questo concetto espresso nel romanzo del finlandese Arto Paasilinna, La prima moglie e altre cianfrusaglie, del 1994 ma pubblicato in italiano da Iperborea solo in questi
giorni. Il protagonista, Volomari Volotinen, è un assicuratore e nel 1968 ottiene il posto fisso. Il suo direttore lo festeggia con un discorso: «Dio lassù in cielo è onnipotente e noi possiamo fare affidamento su di lui. Ma, come ben sappiamo, non aiuta tutti, non né ha né il tempo né la voglia. È risaputo». Il direttore fa una pausa per dare più peso al suo messaggio per il giovane ispettore. «Qui sulla terra sono gli assicuratori che sostituiscono Dio. Se lui non aiuta, lo fa la compagnia di mutue assicurazioni Joukahainen. Noi siamo in un certo qual modo i suoi supplenti, o quantomeno i suoi rappresentanti quaggiù». Ben detto. Si discute molto del ruolo degli intellettuali in questi tempi confusi, gonfi di rabbia repressa, dove nessuno è disposto a concedere deleghe a maestri di vita e di pensiero. È giunta l’ora dei Ricreatori, di coloro capaci di farsi carico dell’esistente e ricrearlo, che sia un’opera d’arte, una teoria filosofica, un canto popolare, un metodo d’indagine, una tradizione popolare, un festival di letteratura.
che avrebbe preferito essere l’amica o addirittura la «sgualdrina» di Abelardo piuttosto che sua moglie. Quattro secoli più tardi Michel de Montaigne farà un paragone tra l’amicizia e l’amore per una donna. L’amicizia, si legge nei Saggi, nasce dall’esercizio della libera volontà, «si gode a misura che la si desidera», «si alimenta e cresce solo godendone». Il matrimonio, invece, è «un accordo dove solo l’ingresso è libero», l’amore è «un fuoco cieco e volubile, ondeggiante e vario, fuoco di febbre, soggetto a eccessi e pause, che ci occupa da un solo lato». In queste condizioni, come sarà possibile per l’uomo meditare, pensare, scrivere? La soluzione, tornando ai nostri giorni, sembrerebbe una sola (escludendo la generosa ma ingiusta profferta di Eloisa): trasformare il matrimonio in amicizia. Si dice che con gli anni la coppia scivoli dal rapporto passionale a quello amicale, e
sarebbe questa la via di salvezza di tutti i matrimoni, una sopraggiunta complicità che serenamente lega due persone anche nella maturità e nella vecchiaia. Ma all’inizio, quando ci si è appena fidanzati, appena sposati, perché cercare anche l’amicizia? La risposta questa volta non è nelle parole di un filosofo, ma è sugli schermi televisivi, d’accordo con l’epoca che stiamo attraversando. Si tratta di un programma ovviamente poco intellettuale, così trash da superare ogni limite di prudenza. Si intitola Matrimonio a prima vista, è un format importato, che furoreggia già in altre parti del mondo. In breve: un team sceglie tra duecento volontari tre maschi e tre femmine che si sposeranno senza essersi mai incontrati. Il team è composto da un sociologo famoso, uno psicologo nerd e una sessuologa ammiccante. La trasmissione segue i tre matrimoni, a partire dall’incontro
tra i due sconosciuti che si promettono fedeltà davanti a un rappresentante del sindaco, la festa, il viaggio di nozze. Le tre coppie sono quasi felici, almeno due su tre sembrano ben consolidate. Ma poi, ahimé, si torna a casa, alla vita di sempre. Qui entra in gioco l’amicizia, che naturalmente non è nemmeno potuta incominciare all’interno delle coppie. A dire il vero entra in gioco anche il team. Per esempio, uno dei mariti allontana la moglie: solo pensare di essere sposato lo mette in ansia. Ma oltre a sottometterlo a test psicologici, perché non domandargli, intendi sposarti? Un’altra coppia è in crisi perché a lui lei non piace fisicamente. Anche qui un pensierino al team: capire il valore dell’«aspetto fisico» per costui andrebbe scoperto prima di accoppiarlo. Se gli uomini seguissero l’esempio dei filosofi, un paio di pensierini al giorno se li porterebbero a casa.
quel cognome si sarebbe comportato diversamente. È affascinante immaginare quanto i destini delle persone dipendano dai loro nomi e se la storia dell’umanità sia influenzata dall’onomastica. Ma guardiamo al presente. Il primo ministro italiano Matteo Bovoli si è complimentato con il nuovo presidente americano Donald McLeod, la cui madre, Mary Ann McLeod (in Trump), era un’immigrata scozzese che sbarcò a Ellis Island nel maggio 1930 e portava una chioma arancione spaventosamente identica a quella di suo figlio. La democratica Hillary Howell – il cui predecessore è, come noto, Barack Dunham – ha pianto lacrime amare: ma resta paradossale che la prima candidata donna, puntando la propria campagna anche sull’orgoglio femminile, non abbia rinunciato al cognome del marito: forse avrebbe vinto se si fosse presentata almeno come Hillary Rodham (cioè con il cognome da nubile, cioè del padre). Del resto, se valesse la legge del cognome materno, lo stesso Bill Clinton potrebbe anche
chiamarsi Bill Cassidy, come il leggendario bandito ottocentesco del West, Butch Cassidy: e non va escluso che con quel cognome avrebbe avuto maggiore difficoltà a imporsi come presidente. Insomma, forse con la linea onomastica materna la storia avrebbe preso un altro corso, visto che i nomi non sono mai etichette neutre. Pensate che Berlusconi si chiamerebbe Bossi, come sua madre Rosa, e che Umberto Bossi si chiamerebbe Mauri. Quanto ai cognomi entrati nel vocabolario, bisognerebbe leggere Dimmi come ti chiami e ti dirò perché, un divertente (e ben documentato) saggio di Enzo Caffarelli (5+) uscito nel 2014 da Laterza. Da cui si apprende, per esempio, che l’abate Camel diede nome alla camelia e il botanico Magnol diede nome alla magnolia. E dove viene anche narrata la storia di Karl Friedrich Louis Dobermann, un esattore tedesco delle tasse ed esecutore di sequestri giudiziari vissuto nella seconda metà dell’Ottocento: il quale, essendo anche un accalappiacani e cinofilo, si presentava alle porte dei
debitori con al guinzaglio una specie di pinscher, in realtà un incrocio di varie razze, che battezzò con il nome del cancelliere Bismark. Quando i cuccioli di Bismark cominciarono a essere molto richiesti, Dobermann pensò che nominare dei cani come il capo del governo non era opportuno, dunque finì per prestare il proprio cognome a una razza che ancora oggi conosciamo come «dobermann». Cioè quella che probabilmente Donald McLeod sguinzaglierebbe volentieri ai confini degli Stati Uniti per preservare il suo Paese dall’invasione straniera. Senza pensare che se i suoi antenati paterni avessero ragionato allo stesso modo, lui non sarebbe né presidente né Trump né McLeod né niente, perché sua madre sarebbe stata respinta senza pietà. E senza pensare, soprattutto, che non avendo pagato le tasse per diciotto anni, il futuro presidente McLeodTrump avrebbe anche potuto trovarsi sotto casa, tra il 1995 e il 2013, un Herr Dobermann redivivo con dobermann al guinzaglio.
Postille filosofiche di Maria Bettetini Amici o sposati La moglie è sempre stata una rovina, per l’uomo di studio. A partire dalla caricaturale Santippe, bisbetica che aggrediva il marito Socrate: sei sempre in giro, non ti curi dei tuoi figli, non ci mantieni e ora ti fai beffe del tribunale e accetti una condanna a morte per fare sempre l’originale. Cosa dirà la gente, cosa posso dire ai tuoi figli, e chi sono questi ragazzini che piangono per te, Fedone, Apollodoro, un altro modo per non curarti della famiglia. Queste avrebbero potuto essere le parole di Santippe, secondo le testimonianze di Diogene Laerzio e di Antistene. Nel medioevo, poi, è la stessa Eloisa ad accettare il matrimonio riparatore con Abelardo solo come un tentativo (fallito) per calmare i parenti. Decenni dopo, nelle lettere che i due si scambiano come da sorella a fratello, citano proprio Santippe, Abelardo ricorda la veemenza del rifiuto di Eloisa: «che accordo ci può
essere tra scolari e serve, scrittoi e culle, libri o tavolette e conocchie, stili o calami e fusi?». E ancora: «Chi, infine, intento alla meditazione di argomenti sacri o filosofici, potrebbe sopportare i pianti dei bambini, le nenie che le nutrici cantano per calmarli, la folla schiamazzante dei servi, maschi e femmine?». Certo, se fossimo ricchi, avremmo un palazzo così grande da poter condurre vite separate, ma «la condizione dei filosofi non è quella dei ricchi, né coloro che ricercano la ricchezza e sono presi dalle cure del mondo avranno tempo per i doveri divini e filosofici». Parole sante. Il vero intellettuale non può essere distratto né dalla vita famigliare, né dalla ricerca del denaro, men che meno da vicende amorose, tranne quel tanto che basta a soddisfare l’appetito sessuale, senza altre implicazioni, come sembra suggerire il famoso passo in cui Eloisa afferma
Voti d’aria di Paolo Di Stefano Se un cognome cambia la storia Se la possibilità di prendere il cognome della madre, come ha stabilito la Corte Costituzionale italiana (giusta decisione, 6-), per un eccesso di correttezza politica venisse estesa retrospettivamente, cambierebbe la storia dell’umanità, la memoria collettiva (e individuale) verrebbe messa a dura prova, i libri di storia, d’arte, di letteratura, di scienza andrebbero riscritti. Perché lo scienziato della relatività non sarebbe più Einstein ma Albert Koch e l’autore della Divina Commedia sarebbe Dante degli Abati. E sapete come si chiamerebbe il poeta che cantò Laura? Francesco Canigiani: il petrarchismo diventerebbe il «canigianismo» cinquecentesco. Il poeta di Recanati si chiamerebbe Giacomo Antici e il Nobel del 1975 non sarebbe Montale ma Eugenio Ricci, tenendo conto del fatto che il Premio Nobel si chiamerebbe Premio Ahlsell, perché la madre del famoso scienziato svedese si chiamava, appunto, Karolina Andriette Ahlsell. Un altro scienziato? Galileo Ammannati e non Galileo Galilei avrebbe pronunciato la famosa
frase: «Eppur si muove». Pablo Picasso è un caso a sé: resterebbe Pablo Picasso perché suo padre si chiamava José Ruiz y Blasco e Pablo decise già per proprio conto, senza aspettare una legge ad hoc, di acquisire il cognome di mamma Maria. Ma Sigmund Freud? Diventerebbe il dottor Nathanson e la sua teoria sarebbe la psicanalisi nathansoniana. Idem il lapsus. Karl Marx sarebbe Karl Presburg, dunque la sua teoria economica sarebbe il presburgismo e il marxismo-leninismo diventerebbe il presburgismo-blankismo, essendo Maria Aleksandrovna Blank la madre di Lenin. Il primo presidente americano si chiamerebbe Abraham Hanks, il Führer sarebbe Adolf Pölzl e il duce Benito Maltoni. Dunque, i manuali di storia racconterebbero che l’Italia maltoniana si alleò con la Germania pölzliana, anche se non è affatto detto che con quei cognomi le cose sarebbero andate così come sono andate. Ed è difficile dire se il primo ministro britannico Winston Jerome avrebbe agito esattamente come agì Winston Churchill oppure se con
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Idee e acquisti per la settimana Maybelline
Far gli occhi belli
Al primo appuntamento ogni donna vorrebbe presentarsi con uno sguardo seducente. Con le dodici tinte coordinate di ombretti della gamma « The Rock Nudes» è tutto semplicissimo. Ci vogliono solo cinque passi Testo Anette Wolffram Eugster; Illustrazioni Nina Tiefenbach
Applicare un ombretto chiaro (vedi A sulla gamma sottostante) sull’intera palpebra fin sotto il punto più alto delle sopracciglia.
In seguito inserire una tonalità scura (B) nella piega della palpebra. Sfumare delicatamente le due tonalità, affinché i contorni non appaiano troppo netti.
Applicare una tonalità media (C) sull’angolo esterno della palpebra superiore. Raccomandiamo di scegliere una tinta che si ritrovi sull’abbigliamento.
Ora inserire nuovamente la tonalità più scura (D) nella piega della palpebra e sfumare i contorni. Un consiglio: per non combinare disastri, si raccomanda di provare il look già qualche giorno prima di quello fatidico.
A
C B
Per uno sguardo espressivo, sottolineare le due corone di ciglia con l’ombretto nero (D).
D
Maybelline New York The Rock Nudes 9,6 g Fr. 18.90 Nelle maggiori filiali
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Idee e acquisti per la settimana
Cucina & Tavola
È scoccata l’ora del tè Agli inglesi piace il tè nero con molto latte. Gli svizzeri, invece, preferiscono quello alla frutta o alle erbe. La filosofia che ci sta dietro è, comunque, la stessa: l’ora del tè porta serenità nella vita quotidiana. Per celebrare correttamente questo rito è d’obbligo un servizio di stoviglie appropriato, come per esempio la graziosa teiera di porcellana di Cucina & Tavola. Il colino d’acciaio inossidabile impedisce ai residui di tè di finire nella tazza, inoltre il calore si conserva a lungo e la base d’appoggio termoresistente protegge le superfici delicate. E non è secondo neppure agli inglesi chi dispone qualche dolcetto sull’elegante étagère e si gode il momento in tutto relax.
Cucina & Tavola Teiera con sottoteiera 1,2 l* Fr. 34.80
Cucina & Tavola Etagère in porcellana* Fr. 17.80
Cucina & Tavola Vassoio* Fr. 29.80
Cucina & Tavola Tazza di vetro «Time for Tea» 1 tazza Fr. 4.90 *Nelle maggiori filiali
Da soli o in compagnia: con un servizio di gran classe l’ora del tè si trasforma in un momento di intenso piacere.
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Idee e acquisti per la settimana Total
Problemi con il bucato? Cosa fare se sui vostri vestiti preferiti ci sono macchie, rimangono aloni grigi oppure i colori perdono brillantezza e luminosità? In molti casi questi fastidi possono essere facilmente risolti utilizzando gli speciali prodotti Total Testo Meike Hall; Illustrazioni Mira Gisler
Contro le macchie Lo smacchiatore prelavaggio permette di trattare in modo facile, rapido e delicato le macchie di olio, grasso, salsa di pomodoro, caffè o erba, così come gli aloni di sudore e di sporco. Spray Total & Wash Smacchiatore pretrattante 2 x 500 ml Fr. 8.90* invece di 11.10
Bucato misto L’utilizzo dei panni monouso impedisce la trasmissione dei colori e l’ingrigire dei capi bianchi, che possono verificarsi quando si fanno bucati misti. Total Color Protect Duo Panni cattura sporco e colore 2 x 30 pezzi Fr. 10.60* invece di 15.20
Il tuttofare Può essere usato per un ammollo di prelavaggio o come aggiunta al detersivo. Già alla temperatura di lavaggio di 20°C la polvere rimuove la maggior parte delle macchie più ostinate. Disinfettante Il risciacquo igienizzante rimuove dal bucato odori sgradevoli, funghi o batteri. Dosare con attenzione. Può essere usato anche per i tessuti delicati e disinfetta già dalla temperatura di lavaggio di 15°C.
Total Oxi Booster Color 1,5 kg Fr. 12.90* invece di 19.35
Total igienizzante 2 x 1 l** Fr. 10.50* invece di 15.– ** Prodotto disinfettante da usare con cautela. Prima dell’uso leggere l’etichetta e le informazioni sul prodotto.
*Azione su tutte le confezioni speciali di additivi Total dal 15 al 28 novembre.
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche i detersivi Total.
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Idee e acquisti per la settimana Candida
Dentifrici per ogni bocca
Se si tratta di prevenire i problemi dentari e della cavità orale, i prodotti Candida hanno raggiunto i massimi livelli della ricerca scientifica. Le speciali paste dentifrice offrono una protezione efficace contro l’alitosi, la decolorazione dei denti, gli acidi degli zuccheri e la carie
Pulizia profonda di denti e lingua
L’alitosi è provocata spesso da batteri sulla lingua. Candida Halitosis contiene agenti antibatterici che prevengono l’alito cattivo. Candida Halitosis Gel 75 ml Fr. 3.30
Protezione completa
La protezione completa di Candida Multicare pulisce delicatamente i denti. Una combinazione di agenti antibatterici inibisce la formazione di placca e tartaro, rafforzando al contempo le gengive. Candida Multicare 7 in 1 75 ml Fr. 3.30
Per denti bianchi e brillanti
Neutralizza gli acidi
La decolorazione dei denti è causata anche dal consumo di tè, vino e nicotina. I micro-cristalli di Candida White Micro Crystals contribuiscono a far ripristinare con delicatezza il bianco naturale dei denti e prevengono la formazione di placca e tartaro.
I cibi e le bevande acide aggrediscono lo smalto dentario. Candida pH Control contiene sali minerali speciali che neutralizzano gli acidi che danneggiano lo smalto. Inoltre, grazie alla sua formula senza mentolo, questo dentifricio ha proprietà omeopatiche.
Candida White Micro-Crystals 75 ml Fr. 3.30
Candida pH Control 75 ml Fr. 3.30
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui i dentifrici e i collutori di Candida.
Pubbliredazionale
Véronique è felice della nascita del suo figlioletto: «Affronteremo il futuro insieme e troveremo un modo per uscire dalla nostra difficile situazione.» La giovane madre ne è fermamente convinta. Ora ha imparato come cavarsela con pochi soldi e anche un bel po’ di nozioni sulle operazioni amministrative ed è più sicura di sé.
Foto: Alexandra Wey
Véronique Zakro*, 23 anni Tornare autonomi grazie ai sussidi sociali Lo smantellamento sociale minaccia le persone colpite dalla povertà in Svizzera, perché spesso è solo grazie ai sussidi che riescono a tornare autonome. È così anche per la 23enne Véronique, che vive nel Canton Vaud con il marito e i due figli. «La mia gioventù è stata difficile» racconta Véronique «ho dovuto prima di tutto trovare me stessa.» Abbiamo visitato Véronique pochi giorni dopo la nascita del suo secondo figlio. La famiglia appare perfettamente felice, ma le cose non sono facili come sembrano. Insieme vivono in un alloggio sociale e percepiscono sussidi. Una giovane madre priva di formazione Véronique ha frequentato la scuola dell’obbligo a Losanna e successivamente ha seguito diversi tirocini. Appassionata di moda, si è iscritta infine alla scuola di sartoria di Losanna. Ma nel corso del primo anno di studi è rimasta incinta e non è più stata in grado di seguire i corsi. «Dopo la nascita di mio figlio non sono più riuscita a frequentare i corsi, con i test e le verifiche» ci
racconta. Véronique interrompe così la sua formazione. La ragazza si trasferisce insieme al futuro marito e sopravvive con piccoli lavoretti, quindi frequenta un tirocinio in pasticceria e decide di effettuare una formazione nella preparazione dei dolci. «Il mio sogno è di aprire una piccola pasticceria tutta mia» afferma Véronique. Ma si tratta di un sogno per il futuro, perché nel frattempo la famiglia si è ingrandita e con due bambini piccoli c’è già abbastanza da fare. Assistenza da vicino da parte dei servizi sociali A casa è il marito ad aiutare Véronique. Claude ha perso il suo lavoro in seguito a problemi di salute ed è disoccupato da tre anni. La giovane coppia si mantiene grazie ad un supplemento
d’integrazione. Il Canton Vaud elargisce questa forma di sussidio sociale a tutte le persone che percepiscono un reddito inferiore al minimo esistenziale e che desiderano un sostegno per l’integrazione professionale e sociale. In cambio, i beneficiari si impegnano a fare il possibile per ritrovare una via verso l’autonomia.
* I nomi sono stati modificati per proteggere le persone.
Non risparmiare sulle spalle dei poveri Già da anni Caritas ricorda che la povertà esiste anche nella ricca Svizzera. Circa mezzo milione di persone vivono nella povertà e altre 500 000 sono minacciate seriamente dall’indigenza. Sottoscrivendo l’Agenda 2030**, la Svizzera si è impegnata ad attivarsi contro la povertà anche sul territorio nazionale. Tuttavia, nei cantoni prevalgono la corsa al risparmio e lo smantellamento sociale: in molti casi gli aiuti per giovani e famiglie numerose sono stati sottoposti a tagli. In caso di ulteriori decurtazioni, ad esempio alle agevolazioni per la cassa malati, le persone a rischio corrono il pericolo di cadere sotto il minimo esistenziale. Caritas invita Cantoni e Comuni ad arrestare lo smantellamento sociale.
Il supplemento d’integrazione prevede l’ausilio da parte di un coach. La coach di Claude lo aiuta a individuare una nuova formazione. Claude, che ha conseguito un AFC come impiegato commerciale, vorrebbe diventare programmatore. Ora si tratta di individuare un modo per finanziare questa formazione biennale. Claude e la sua coach si daranno da fare per trovare una soluzione. Imparare a gestire il proprio budget Véronique e Claude percepiscono un supplemento d’integrazione di 3200 franchi al mese, dal quale occorre dedurre l’affitto, per un importo di 1320 franchi. La coppia beneficia inoltre di agevolazioni per l’assicurazione malattia e di assegni familiari. «Dopo aver acquistato ciò che ci serve per nutrirci e per l’economia domestica, a fine mese a volte ci restano 50 franchi, altre addirittura nulla» spiega Véronique. Il denaro a disposizione per l’economia famigliare è poco. Véronique fa la spesa al negozio Caritas e privilegia i discount ai supermercati tradizionali. Consigliata dalla sua assistente sociale, frequenta il corso di Caritas Vaud sulla gestione del proprio budget e della burocrazia.
Scoprite di più su Véronique e sua famiglia: farelacosagiusta.caritas.ch
Al termine del congedo di maternità, Véronique comincerà di nuovo a cercare lavoro. I servizi sociali la aiuteranno a trovare una soluzione per assistere i bambini. Grazie ad un sistema di supporto sociale che sostiene entrambi,
ma che promuove anche il senso del dovere e richiede impegno e responsabilità, Véronique e Claude potranno presto lasciarsi alle spalle i tempi duri e approfittare al massimo della vita famigliare a quattro.
Caritas si impegna per chi ne ha bisogno offrendo consulenze sociali e fiscali gratuite, mentre nei mercati Caritas è possibile effettuare acquisti a prezzi più bassi e la CartaCultura consente di partecipare alla vita sociale e culturale. ** Vedi caritas.ch/agenda-2030 Conto donazioni: 60-7000-4 Per donazioni online: farelacosagiusta.caritas.ch/svizzera
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Idee e acquisti per la settimana
shopping Grandi classici locali
Attualità Fino alla fine di novembre nelle maggiori macellerie Migros troverete i Cicitt e i salametti di capra Lo sapevate?
Flavia Leuenberger
Si suppone che già presso i Babilonesi e gli Egizi più di 7000 anni fa fosse in uso preparare delle specie di insaccati a base di sangue e piccoli pezzi di carne farciti in stomaci o vesciche di animali. Ai tempi dei Romani il mestiere di macellaio e salumiere era già ben considerato e le salsicce erano molto apprezzate sulle tavole dei banchetti.
Specialità stagionali I Cicitt e i salametti di capra sono per molti buongustai piatti autunnali imprescindibili. Si tratta di specialità tradizionalmente note soprattutto nel Locarnese – in Valle Maggia e Valle Verzasca l’allevamento di capre era molto diffuso – che conquistano gli amanti delle specialità del nostro territorio grazie al loro sapore intenso e autentico.
I Cicitt come da tradizione si cuociono direttamente sul fuoco.
Il produttore I Cicitt e i Salametti di capra disponibili a Migros Ticino sono prodotti a Locarno dalla Macelleria-Salumeria di Stefano Femminis: «La nostra Macelleria-Salumeria vanta una lunga tradizione nella produzione di specialità a base di carne di capra. Prima di me, già negli anni Settanta mio padre Vittorio produceva questi prodotti tipici nella macelleria di famiglia. Alcuni anziani della Valle Maggia mi hanno raccontato che i Cicitt si consumano da oltre 100 anni dalle loro parti. Si ritiene che in origine siano nati a Cavergno. Un tempo, quando non ci si poteva permettere di sprecare nulla, oltre alla carne nei Cicitt entravano anche parti delle interiora. Oggi naturalmente non è più così».
I Cicitt Simili alla luganighetta, si preparano con un impasto a base dei ritagli di carne meno nobili della capra, a cui viene aggiunto grasso, vino rosso e spezie varie, tra cui cannella, noce moscata e chiodi di garofano. L’impasto viene insaccato nel budello naturale dell’animale e lasciato asciugare in appositi locali per alcuni giorni. Tradizionalmente i Cicitt si consumano ben croccanti, dopo essere stati arrostiti direttamente sul fuoco del camino, infilzati su un forchettone. Naturalmente si possono anche arrostire in padella. Cicitt di capra 100 g Fr 3.10
I Salametti Preparati con le parti più magre della capra, la produzione dei salametti non differisce sostanzialmente da quella dei più classici salametti nostrani a base di carne di maiale. L’impasto viene salato con parsimonia e miscelato con grani di pepe e altre spezie, dopodiché insaccato nel budello naturale. La successiva stagionatura avviene in locali dedicati, a umidità e temperatura controllate, per almeno due settimane. Salametti di capra 100 g Fr 4.05
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Idee e acquisti per la settimana
La carne apprezzata dalla regina Degustazione Da giovedì 17 a sabato 19 novembre presso Migros S. Antonino potrete assaggiare alcune sfiziose
specialità di carne del marchio scozzese Donald Russell ne locale per un periodo che va da 25 a 35 giorni affinché possano acquisire un gusto e una tenerezza caratteristiche. Donald Russell a Migros Ticino
Fornitrice ufficiale della famiglia reale britannica da oltre 30 anni, l’azienda Donald Russell si distingue da sempre per l’elevata qualità delle sue specialità a base di carne. Ubicata in una regione della Scozia rinomata per gli allevamenti bovini e ovini, l’Aberdeenshire, la carne Donald Russell proviene solamente da piccole fattorie che allevano i propri animali lentamente e dove si nutrono di pregiata erba fresca dei verdi pascoli. Aspetto, questo, che influisce in modo determinante sulla qualità della carne, che risulta particolarmente aromatica e con un alto grado di marmorizzazione. I migliori tagli, una volta accuratamente selezionati dagli esperti della Donald Russell, vengono lasciati frollare all’osso come vuole la tradizio-
Stinco di manzo 3,2 kg Fr. 100.–
Migros Ticino ha il piacere di poter offrire da alcune settimane alla propria clientela – nei maggiori supermercati – alcune appetitose specialità pronte surgelate del marchio Donald Russell. Preparate con tagli di carne di prima qualità, sono cucinate da esperti chef seguendo ricette della migliore tradizione. Tutte quante sono pronte per essere solamente riscaldate in forno per un successo finale garantito. La scelta include tagli ideali per due persone pronti in 50 minuti – l’ossobuco di maiale in salsa, la carne di maiale con finocchietto al vino rosso e la spalla di agnello –, lo stinco di vitello indicato per 4-6 persone da riscaldare in forno per 95 minuti; nonché una vera leccornia per le grandi tavolate fino a 10 persone: lo stinco di manzo da 3,2 kg pronto in 135 minuti. Per convincervi della bontà di queste specialità, vi diamo appuntamento alla Migros di S. Antonino da giovedì a sabato di questa settimana, dove vi attende una golosa degustazione di alcune di queste ricette. Vi aspettiamo.
Stinco di vitello 1,9 kg Fr. 85.–
Spalla di agnello 500 g Fr. 25.50
Non solo per celiaci
Ossobuco di maiale in salsa 400 g Fr. 21.–
Maiale con finocchietto e vino rosso 500 g Fr. 19.80
Chic per le feste? Concorso Vinci una sessione di trucco
con una make-up artist di Deborah Milano
Dolce Moro* senza glutine, senza lattosio 300 g Fr. 7.80
Tre nuovi gustosi prodotti dedicati a chi soffre di intolleranze alimentari vanno ad arricchire l’assortimento di dolci del marchio Dolcerial: il Dolce Moro, le Frolle e il Dolce Ciok. L’azienda ligure è specializzata nella produzione di pasticceria artigianale secondo i canoni della tradizione ita-
Dolce Griglia Ciok* senza glutine, senza lattosio 350 g Fr. 9.50 *In vendita nelle maggiori filiali Migros
liana per coloro che soffrono di allergie quali celiaci, diabetici, intolleranti al latte, uova e altre intolleranze. La produzione avviene in un laboratorio specializzato certificato, in cui in tutte le fasi della lavorazione vengono applicati rigorosi processi di controllo alfine di evitare qualsiasi tipo di
Dolce Frolla* senza glutine, senza lattosio 300 g Fr. 6.90
contaminazione. I tre nuovi prodotti non sono solo privi di glutine, ma non contengono nemmeno lattosio e zuccheri aggiunti, pertanto possono essere indicati anche per i diabetici. Infine, tutti i dolci Dolcerial sono realizzati senza l’utilizzo di conservanti e coloranti.
Vuoi essere bella come non mai in occasione delle prossime festività? Allora non puoi perderti l’opportunità di partecipare alla nostra straordinaria make-up session alla presenza di una make-up artist del famoso marchio Deborah Milano. Riservato a 5 partecipanti, l’evento è previsto presso la rinnovata Migros di Lugano Centro,
il prossimo venerdì 2 dicembre, tra le ore 13.00 e 17.30. Al termine della sessione una fotografa professionista scatterà ad ogni partecipante una foto ricordo per immortalare questo scintillante momento. Per partecipare telefona al numero 091 840 12 61, giovedì 17 novembre 2016, dalle 10.00 alle 11.00. La sessione è riservata solamene alle cinque vincitrici del concorso. Il sabato è prevista una consulenza aperta a tutte le interessate. Buona fortuna!
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Idee e acquisti per la settimana
M-Classic
L’eterno sgranocchiare
Ricevere da casa un pacco del genere rende felice qualsiasi bambino che si trova in colonia.
Fanno parte dei grandi classici della Migros: flips e popcorn sono amati da giovani e anziani orami da tempo immemorabile. Esistono, infatti, un sacco di occasioni per mettersi a sgranocchiare questi gustosi snack: al cinema, andando a scuola, a passeggio o per aperitivo… I popcorn sono fatti di mais, contengono pochi grassi e moltissime fibre. I flips, invece, sono composti soprattutto di mais e arachidi.
M-Classic Flips 200 g Fr. 1.35
M-Classic Popcorn Choco 120 g Fr. 1.25
M-Classic Popcorn salati 100 g Fr. 1.–
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Idee e acquisti per la settimana
Bricolage e decorazioni d’Avvento
Regali dal cuore
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Un calendario annuale con le pagine mensili personalizzate oppure bocce per l’alberello dipinte con i gessetti: i regali fatti con le proprie mani sono sempre molto apprezzati. Ecco quattro idee per il bricolage che ci fanno già immergere nell’atmosfera natalizia
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Testo Sonja Leissing; Foto e Styling Yves Roth
Portacandele di calcestruzzo
Ecco cosa vi serve: Set Candela di calcestruzzo* Fr. 19.80 Decorazioni per regali con cordoncino 12 pezzi* Fr. 2.90 Set con brillantini 10 pezzi* Fr. 7.90 Adesivi Puffy assortiti* Fr. 2.50 *Nelle maggiori filiali
Calendario annuale
Ecco cosa vi serve: Set di colle 31 pezzi* Fr. 9.80 Matite colorate 40 pezzi Fr. 14.80 Fogli colorati 25 x 35 cm, 50 fogli* Fr. 7.90 Marcatori oro/argento 2 pezzi* Fr. 11.80 Calendario bricolage A4 Fr. 8.50
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Nella vostra Migros trovate tutto il necessario per trascorrere un gioioso Natale. Lasciatevi ispirare su www.migros.ch/natale
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Bricolage e decorazioni d’Avvento
Regali dal cuore
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Un calendario annuale con le pagine mensili personalizzate oppure bocce per l’alberello dipinte con i gessetti: i regali fatti con le proprie mani sono sempre molto apprezzati. Ecco quattro idee per il bricolage che ci fanno già immergere nell’atmosfera natalizia
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Testo Sonja Leissing; Foto e Styling Yves Roth
Portacandele di calcestruzzo
Ecco cosa vi serve: Set Candela di calcestruzzo* Fr. 19.80 Decorazioni per regali con cordoncino 12 pezzi* Fr. 2.90 Set con brillantini 10 pezzi* Fr. 7.90 Adesivi Puffy assortiti* Fr. 2.50 *Nelle maggiori filiali
Calendario annuale
Ecco cosa vi serve: Set di colle 31 pezzi* Fr. 9.80 Matite colorate 40 pezzi Fr. 14.80 Fogli colorati 25 x 35 cm, 50 fogli* Fr. 7.90 Marcatori oro/argento 2 pezzi* Fr. 11.80 Calendario bricolage A4 Fr. 8.50
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Nella vostra Migros trovate tutto il necessario per trascorrere un gioioso Natale. Lasciatevi ispirare su www.migros.ch/natale
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Da dipingere
Ecco cosa vi serve: Etichette di lavagna 6 pezzi* Fr. 4.50 Edding marcatore gesso 1 pezzo* Fr. 5.90 Bocce Magic 2 pezzi* Fr. 14.80 *Nelle maggiori filiali
Lavagna magnetica Renna* Fr. 29.80
Decorazioni per finestre in vetro
Ecco cosa vi serve: Set per decorazioni di vetro 6 pezzi* Fr. 5.90
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Idee e acquisti per la settimana
2 1
3
Da dipingere
Ecco cosa vi serve: Etichette di lavagna 6 pezzi* Fr. 4.50 Edding marcatore gesso 1 pezzo* Fr. 5.90 Bocce Magic 2 pezzi* Fr. 14.80 *Nelle maggiori filiali
Lavagna magnetica Renna* Fr. 29.80
Decorazioni per finestre in vetro
Ecco cosa vi serve: Set per decorazioni di vetro 6 pezzi* Fr. 5.90
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Idee e acquisti per la settimana
Sun Queen
Cookies ai cranberries e al cocco
Gustosa dolcezza
Per ca. 18 pezzi Ingredienti 60 g di spicchi di cocco secchi 60 g di noci di macadamia 60 g di cranberries secchi 80 g di cioccolato da cucina 100 g di burro, morbido 150 g di zucchero 1 uovo 150 g di farina
L’assortimento Sun Queen offre un’ampia scelta di noci e frutta secca, che regalano un gusto originale ai biscotti di Natale. Come ad esempio, i cookies ai mirtilli e noce di cocco della ricetta che vi proponiamo
Preparazione 1. Tagliate il cocco a pezzettini piccoli. Tritate le noci, ma non troppo finemente. Dimezzate i cranberries grandi. Riducete a dadini il cioccolato. Con lo sbattitore elettrico, sbattete il burro e lo zucchero per ca. 5 minuti, finché la massa diventa spumosa. Unite l’uovo e continuate brevemente a sbattere. Incorporate la farina e gli altri ingredienti che avete preparato. Fate riposare in frigo per 20 minuti.
Testo Heidi Bacchilega; Foto Veronika Studer; Ricetta Margaretha Junker
2. Riscaldate il forno a 180°C nella modalità ad aria calda. Aiutandovi con 2
cucchiai, formate dei mucchietti di pasta su una teglia foderata di carta da forno. Lasciate almeno 4 cm di spazio tra un mucchietto e l’altro. Cuocete i cookie nella metà inferiore del forno per 12-14 minuti. Estraete e fate raffreddare un pochino. Distribuite con cautela i cookies su una griglia e fateli raffreddare del tutto. Suggerimento Per una miscela regalo, pesate singolarmente tutti gli ingredienti a parte il burro e l’uovo, e preparateli come descritto nella ricetta. Riempite strato per strato un barattolo di vetro a chiusura ermetica con gli ingredienti. Regalate assieme alla ricetta per i cookies. Tempo di preparazione ca. 40 minuti + raffreddamento ca. 30 minuti + cottura in forno 12-14 minuti Un pezzo ca. 2 g di proteine, 12 g di grassi, 20 g di carboidrati, 800 kJ/190 kcal
Sistemare con cura tutti gli ingredienti (tranne burro e uova) in un bel vaso e regalarlo come miscela da impasto già pronta.
Ricette di
www.saison.ch
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui i generi alimentari Sun Queen.
Fare i biscotti in casa è una tradizione meravigliosa, che diverte grandi e piccini. E non devono essere necessariamente i classici Milanesini e compagnia bella. L’assortimento Sun Queen non annovera solo scatolette di frutta e verdura, ma anche raffinati spuntini di noci e frutta secca, che si prestano perfettamente anche per preparare i dolci. Per esempio, le noci di macadamia salate forniscono un tocco di croccante cremosità. Oppure i mirtilli rossi, che infondono una nota fruttata. Dal canto loro, gli spicchi di noce di cocco regalano quel pizzico di esotismo…
*Nelle maggiori filiali
Sun Queen Noci di macadamia salate, 100 g* Fr. 3.80
Sun Queen Spicchi di cocco 100 g* Fr. 2.10
Sun Queen Mirtilli rossi 150 g Fr. 2.15
Sun Queen Datteri 300 g Fr. 2.70
Sun Queen Mandorle salate 170 g* Fr. 4.50
Sun Queen Mandorle e miele 170 g* Fr. 4.50
Sun Queen Bastoncini di mela 70 g Fr. 2.50
Sun Queen Mezze pere 240 g Fr. 1.80
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Sun Queen
Cookies ai cranberries e al cocco
Gustosa dolcezza
Per ca. 18 pezzi Ingredienti 60 g di spicchi di cocco secchi 60 g di noci di macadamia 60 g di cranberries secchi 80 g di cioccolato da cucina 100 g di burro, morbido 150 g di zucchero 1 uovo 150 g di farina
L’assortimento Sun Queen offre un’ampia scelta di noci e frutta secca, che regalano un gusto originale ai biscotti di Natale. Come ad esempio, i cookies ai mirtilli e noce di cocco della ricetta che vi proponiamo
Preparazione 1. Tagliate il cocco a pezzettini piccoli. Tritate le noci, ma non troppo finemente. Dimezzate i cranberries grandi. Riducete a dadini il cioccolato. Con lo sbattitore elettrico, sbattete il burro e lo zucchero per ca. 5 minuti, finché la massa diventa spumosa. Unite l’uovo e continuate brevemente a sbattere. Incorporate la farina e gli altri ingredienti che avete preparato. Fate riposare in frigo per 20 minuti.
Testo Heidi Bacchilega; Foto Veronika Studer; Ricetta Margaretha Junker
2. Riscaldate il forno a 180°C nella modalità ad aria calda. Aiutandovi con 2
cucchiai, formate dei mucchietti di pasta su una teglia foderata di carta da forno. Lasciate almeno 4 cm di spazio tra un mucchietto e l’altro. Cuocete i cookie nella metà inferiore del forno per 12-14 minuti. Estraete e fate raffreddare un pochino. Distribuite con cautela i cookies su una griglia e fateli raffreddare del tutto. Suggerimento Per una miscela regalo, pesate singolarmente tutti gli ingredienti a parte il burro e l’uovo, e preparateli come descritto nella ricetta. Riempite strato per strato un barattolo di vetro a chiusura ermetica con gli ingredienti. Regalate assieme alla ricetta per i cookies. Tempo di preparazione ca. 40 minuti + raffreddamento ca. 30 minuti + cottura in forno 12-14 minuti Un pezzo ca. 2 g di proteine, 12 g di grassi, 20 g di carboidrati, 800 kJ/190 kcal
Sistemare con cura tutti gli ingredienti (tranne burro e uova) in un bel vaso e regalarlo come miscela da impasto già pronta.
Ricette di
www.saison.ch
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui i generi alimentari Sun Queen.
Fare i biscotti in casa è una tradizione meravigliosa, che diverte grandi e piccini. E non devono essere necessariamente i classici Milanesini e compagnia bella. L’assortimento Sun Queen non annovera solo scatolette di frutta e verdura, ma anche raffinati spuntini di noci e frutta secca, che si prestano perfettamente anche per preparare i dolci. Per esempio, le noci di macadamia salate forniscono un tocco di croccante cremosità. Oppure i mirtilli rossi, che infondono una nota fruttata. Dal canto loro, gli spicchi di noce di cocco regalano quel pizzico di esotismo…
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Sun Queen Noci di macadamia salate, 100 g* Fr. 3.80
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Sun Queen Mezze pere 240 g Fr. 1.80
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Idee e acquisti per la settimana
Cafino
In ogni momento e dappertutto
I fan di Cafino sono numerosi da anni, e non è certo un caso. A casa, sul lavoro o nelle vacanze invernali, il caffè istantaneo con cicoria è sempre presente, perché è semplice e veloce da preparare. E poi: in cucina con Cafino si possono raffinare non pochi dessert
Cafino Voncoré decaffeinato UTZ sacchetto 200 g Fr. 6.50
Crema di caffè Per guarnire 4–6 muffins Preparazione Mescolare 60 g di burro morbido con 1 cucchiaio di zucchero a velo fino a renderlo schiumoso. Miscelare 1-1,5 cucchiai di caffè in polvere istantaneo con poca acqua calda. Aggiungere alla crema di burro e amalgamare bene il tutto. Guarnire i muffins con la crema di caffè.
Cafino Classic UTZ Vaso 550 g Fr. 12.–
Suggerimento Con una miscela pronta per dolci o muffins si possono preparare dei graziosi piccoli cupcakes. Con Cafino, la squisita crema al caffè si prepara praticamente nello stesso tempo in cui si fa una tazza di caffè.
Azione 33% su Cafino 2 x 550 g in sacchetto Fr. 14.40 invece di 21.60 dal 15 al 21 novembre
Utz è simbolo di coltivazioni migliori rispettose dell’uomo e della natura, con cui i produttori accrescono il raccolto e il reddito.
Azione 40%
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11.40 invece di 19.–
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Carne di manzo macinata M-Classic Svizzera, al kg
Clementine Spagna, rete da 2 kg
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8.50 invece di 14.25 Wienerli Svizzera, conf. da 5 x 4 pezzi/1 kg
20% Tutto l’assortimento di frutta secca e noci (Alnatura escluso), per es. nocciole M-Classic, 200 g, 2.80 invece di 3.50
30%
33%
2.45 invece di 3.75
Prosciutto cotto Puccini Tutti i tipi di salame classico e rustico Rapelli affettati e al pezzo, per es. salame classico affettato, prodotto in Ticino, affettato fine in vaschetta, per 100 g Svizzera, 155 g, 4.90 invece di 7.05
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1.20 invece di 1.55 Emmentaler dolce per 100 g
Migros Ticino Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 15.11 AL 21.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20% Tutta la carne per fondue chinoise M-Classic surgelata, per es. manzo, 450 g, 22.40 invece di 28.–
. to a rc e m l a e m o c a z La freschez 30%
3.90 invece di 5.60 Petto di pollo M-Classic affettato finemente Brasile, 187 g
30%
30%
1.75 invece di 2.50
6.60 invece di 9.50
Fettine coscia di maiale Svizzera, imballate, per 100 g
Pollo intero Optigal, 2 pezzi Svizzera, al kg
conf. da 2
20%
40%
20.45 invece di 25.60
15.60 invece di 26.–
Fondue moitié-moitié, pronta all’uso, in conf. da 2 2 x 600 g
Pecorino Romano DOP a libero servizio, al kg
conf. da 2
20%
5.35 invece di 6.70 Leerdammer a fette in conf. da 2 2 x 200 g
20%
2.80 invece di 3.50 Fettine di pollo Optigal Svizzera, conf. da 4 pezzi, per 100 g
25%
3.95 invece di 5.40 Racks d’agnello Nuova Zelanda/Australia, imballati, per 100 g
conf. da 2
20%
3.90 invece di 4.90
30%
13.50 invece di 19.30
Emmentaler e Le Gruyère grattugiati in conf. da 2 Formagín ticinés (formaggini ticinesi) prodotti in Ticino, conf. da 2, al kg 2 x 120 g
Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 15.11 AL 21.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
25%
4.45 invece di 5.95 Bresaola Casa Walser Italia, affettato in vaschetta, per 100 g
30%
3.40 invece di 5.– Bistecche di manzo tagliate fini TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g
20%
3.– invece di 3.80 Arrosto spalla di vitello TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g
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2.95 invece di 3.80
2.70 invece di 3.40
Cachi Italia, imballati, 700 g
25%
5.90 invece di 7.90 Stella di Natale in vaso da 13 cm rossa e bianca, per es. rossa
Cicoria bianca Ticino, imballata, al kg
33%
2.50 invece di 3.80 Pomodori Cherry ramati Spagna, vaschetta da 500 g
conf. da 2
30%
1.25 invece di 1.80 Saucisson Tradition TerraSuisse Svizzera, per 100 g
30%
4.65 invece di 6.70 Filetto sogliola limanda Atlantico nord-orientale, per 100 g, fino al 19.11
20%
40%
6.40 invece di 8.–
1.50 invece di 2.60 Peperoni misti Paesi Bassi, 500 g
Formentino Anna’s Best in conf. da 2 2 x 120 g
conf. da 2
30%
6.85 invece di 9.80 Wienerli Cornatur conf. da 400 g
20%
7.80 invece di 9.80 Prodotti Cornatur in conf. da 2 per es. falafel, 2 x 180 g
* In vendita nelle maggiori filiali Migros. Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 15.11 AL 21.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
1.55 invece di 1.95 Saucisson vaudois* Svizzera, per 100 g
20%
4.30 invece di 5.40 Pere Abate Svizzera, al kg
20%
2.40 invece di 3.– Banane bio, Fairtrade Perù, al kg
20%
3.60 invece di 4.60 Zucca a fette Francia, imballata, al kg
20%
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Cachi Italia, imballati, 700 g
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I nostri superprezzi. 30%
20%
M consiglia
13.85 invece di 19.80
Tutti gli yogurt Excellence per es. ai lamponi, 150 g, –.75 invece di –.95
Freylini Mix Frey in sacchetto da 1 kg, UTZ
20x PUNTI
Tutti i prodotti natalizi Merci e Toffifee per es. Toffifee con motivo natalizio, 375 g, 6.30
UN ACCOMPAGNAMENTO RAFFINATO Il pane di stagione merita un companatico di classe come una tartare di scamone di manzo tritato a mano e aromatizzato con gli ingredienti giusti. Piccante al punto giusto, il tutto condito con un filo d’olio di noci. Ecco pronta una prelibatezza. Tutti gli ingredienti per la tartare di manzo con l’olio di noci li trovi alla tua Migros, la ricetta su saison.ch/consigliamo.
– .4 0
di riduzione
2.90 invece di 3.30 Pane alle castagne 400 g
conf. da 12
20%
12.– invece di 15.– Latte M-Drink UHT Valflora in conf. da 12 12 x 1 l
conf. da 3
20% Tutto l’assortimento di composte e succhi freschi Andros per es. succo d’arancia, 1 l, 3.80 invece di 4.80
20% Pasta Anna’s Best in confezioni multiple per es. fiori rucola e mascarpone in conf. da 3, 3 x 250 g, 11.70 invece di 14.70
Società Cooperativa Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 15.11 AL 21.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
5.25 invece di 6.60 Mini biberli, ripieni 500 g
33% Tutti i tipi di caffè UTZ da 1 kg per es. caffè in chicchi Boncampo Classico, 5.65 invece di 8.50
20% Tutti i prodotti natalizi Smarties e After Eight per es. calendario dell’Avvento a forma di torre Smarties, 227 g, 12.40 invece di 15.50
1.50
20% Tutti i cake e i biscotti M-Classic per es. nidi alle nocciole, 360 g, 3.90 invece di 4.90
di riduzione
4.– invece di 5.50 Miscela natalizia con o senza creste di gallo all’anice, 500 g per es. senza creste di gallo all’anice
50%
6.50 invece di 13.– Succo d’arancia M-Classic, Fairtrade, in conf. da 10, 10 x 1 l
I nostri superprezzi. 30%
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M consiglia
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– .4 0
di riduzione
2.90 invece di 3.30 Pane alle castagne 400 g
conf. da 12
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20% Tutto l’assortimento di composte e succhi freschi Andros per es. succo d’arancia, 1 l, 3.80 invece di 4.80
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Società Cooperativa Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 15.11 AL 21.11.2016, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
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6.50 invece di 13.– Succo d’arancia M-Classic, Fairtrade, in conf. da 10, 10 x 1 l
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6.05 invece di 12.10 Cornetti al prosciutto Happy Hour in conf. da 24 surgelati
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7.80 invece di 15.60
Tutti i prodotti per la cura del viso e del corpo Zoé (Zoé Sun esclusi), per es. crema da giorno rassodante Revital, 50 ml, 10.70 invece di 13.40, offerta valida fino al 28.11.2016
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Hit
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conf. da 12
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Millefoglie alla crema, escluso Léger, 288 g, 2/157 g, 220 g e 5/390 g, per es. Big M-Classic, 220 g, 2.30 invece di 2.90 20% Panettone artigianale, 500 g, 14.30 invece di 17.90 20%
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Near Food/Non Food
Cozze bio, Irlanda, conf. da 1,4 kg, 9.80 invece di 19.60 50% (dal 16.11)
Pane e latticini
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Mini Windy’s Classic e frittelle di mele M-Classic, surgelati, per es. Mini Windy’s Classic, 400 g, 5.60 invece di 8.– 30%
Caffè Condor, macinato, cremina, in chicchi e decaffeinato macinato, 250 g e 500 g, per es. cremina, 250 g, 1.65 invece di 3.30 50% Pizza Toscana M-Classic in conf. da 2, surgelata, 2 x 360 g, 4.55 invece di 7.60 40% Cafino in conf. da 2, UTZ, in bustina, 2 x 550 g, 14.40 invece di 21.60 33% Gomme da masticare M-Classic e Ice Tea Gum alla pesca in confezioni multiple, per es. Ice Tea Gum alla pesca, 2 x 80 g, 5.40 invece di 7.80 30%
Yogurt Greek Style Oh! mini toffeechoco, 4 x 100 g, 4.40 Novità ** Scaloppina vegetariana alla viennese Cornatur, 340 g, 5.90 Novità ** Detersivi Elan in conf. speciale, Active Powder e Color Powder, 7,5 kg, per es. Active Powder, 23.10 invece di 46.30 50% **
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Idee e acquisti per la settimana
Coupe Chantilly
Il mitico dessert con un nuovo design Una rosetta di panna apposta su una finissima crema al cioccolato o al caramello negli anni 80 era considerato il massimo dai golosi di dolci. Perciò la Coupe Chantilly veniva proposta durante i pasti domenicali in famiglia. E
i fan di allora offrono oggi il dolce cremoso ai loro figli. Il classico dessert è ora presentato in una rinnovata coppetta dal design moderno. Il contenuto è rimasto uguale e il dessert continuerà ad appassionare i suoi estimatori.
Coupe Chantilly Chocolat 125 g Fr. 0.50
Coupe Chantilly Caramel 125 g Fr. 0.50
Suggerimento Le coupe possono essere personalizzate con decorazioni in caramello, croccante e cioccolato, oppure con una dose extra di panna. Con una bella presentazione le coupe diventano un originale dessert per l’intera famiglia.
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche le Coupe Chantilly.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Idee e acquisti per la settimana
Noi firmiamo, noi garantiamo
Momenti che restano
Galeotto fu il cioccolato Per attaccar bottone con Katja Kriebel (a destra), Claudia Graf ha preso la scusa di curiosare nello scaffale del cioccolato della Migros, coinvolgendo Katja nel discorso. Oggi le due sono una coppia e si gustano insieme il loro cioccolato preferito.
Dalla foca sull’alpe fino al megafan a Bischofszell: al termine della campagna Momenti Migros, una scelta delle storie più belle e più divertenti inviate dai clienti Testo Thomas Tobler; Foto Paolo Dutto, zVg
La scatola col buco Nel Momento Migros di Vreni di San Gallo si parla di una scatola di ananas, nella quale era stato fatto di nascosto un buco per berne il succo. Il fatto si spiegò solo quando la madre di Vreni andò alla Migros a lamentarsi degli ananas avvizziti. Una storia che l’artista Isabelle Favez ha animato in modo meraviglioso.
I biscottini per il bimbo Nove mesi e, chissà perché, in lacrime: era Stephan nel 1961. Niente poteva consolarlo… fin che gli misero in mano un biscotto a forma di ruota della Migros.
La foca sull’alpe Da bambina Monica Poretti di Bellinzona trascorreva spesso le vacanze estive in una baita sui monti ticinesi. In una giornata torrida, nella piccola funivia che trasportava la merce trovò una confezione di gelato alla vaniglia. Che fresca sorpresa! Così il gelato con la foca è diventato parte della storia familiare. wwww wwwwww Il leone Risoletto Benché sia il re degli animali e un carnivoro: per il Risoletto ha fatto un’eccezione. Fotografato da Antoine di Neuchâtel.
Momenti in cifre Fiori dal reparto refrigerati A Ruben (7 anni) piacciono gli yogurt densi al caramello. Gli piacciono talmente che ogni sera prende un cucchiaio e se ne pappa uno. Intanto sua sorella Sarah (9 anni) beve il suo amato bicchiere di latte. Quando il cartone del latte è vuoto e tutti gli yogurt sono stati mangiati, se ne ricavano fiori e vasi.
Dov’è la torta?
Generoso per il matrimonio nel bosco
Innamorati grazie al cioccolato Migros Al corso di sci a Splügen GR si incrociarono le strade di Seluan Ajina e Lena Hilfiker di Zurigo. Lei timida, lui munito di Risoletti. Grazie alla barretta di cioccolato cominciarono a parlarsi, e oggi – dieci anni più tardi – pensano al matrimonio.
Marina e Stefan Ziltener di Rüti GL si sono sposati nel 2009 nel bosco. La nonna di Marina ha portato la minestra d’orzo, e per dessert c’era il dolce Generoso. Ancora oggi la coppia si gusta la torta della Migros, ma ora con l’aiuto della figlioletta Virginia.
La piccola Mirjam di Zurigo sedeva nel seggiolino della bicicletta di mamma Rebecca e doveva tenere ben ferma la torta fresca al cioccolato della Migros. Giunte a destinazione, proprio l’ultimo pezzetto di torta spariva nella bocca di Mirjam. Questo Momento Migros è stato illustrato dal cartoonist Gabriel Giger.
I fatti di otto mesi su momenti-migros.ch
1630
le storie personali caricate dai clienti su momenti-migros.ch.
229’484
volte è stato giocato sulla Migros App il gioco «Momenti-Migros. Il gioco» nelle ultime tre settimane – ciò che significa in media per 4:47 minuti. Sommato dà una durata complessiva del gioco di 2 anni.
Tutte le storie e i video si trovano su momenti-migros.ch. Si può anche continuare a inviare cartoline postali.
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Dalla foca sull’alpe fino al megafan a Bischofszell: al termine della campagna Momenti Migros, una scelta delle storie più belle e più divertenti inviate dai clienti Testo Thomas Tobler; Foto Paolo Dutto, zVg
La scatola col buco Nel Momento Migros di Vreni di San Gallo si parla di una scatola di ananas, nella quale era stato fatto di nascosto un buco per berne il succo. Il fatto si spiegò solo quando la madre di Vreni andò alla Migros a lamentarsi degli ananas avvizziti. Una storia che l’artista Isabelle Favez ha animato in modo meraviglioso.
I biscottini per il bimbo Nove mesi e, chissà perché, in lacrime: era Stephan nel 1961. Niente poteva consolarlo… fin che gli misero in mano un biscotto a forma di ruota della Migros.
La foca sull’alpe Da bambina Monica Poretti di Bellinzona trascorreva spesso le vacanze estive in una baita sui monti ticinesi. In una giornata torrida, nella piccola funivia che trasportava la merce trovò una confezione di gelato alla vaniglia. Che fresca sorpresa! Così il gelato con la foca è diventato parte della storia familiare. wwww wwwwww Il leone Risoletto Benché sia il re degli animali e un carnivoro: per il Risoletto ha fatto un’eccezione. Fotografato da Antoine di Neuchâtel.
Momenti in cifre Fiori dal reparto refrigerati A Ruben (7 anni) piacciono gli yogurt densi al caramello. Gli piacciono talmente che ogni sera prende un cucchiaio e se ne pappa uno. Intanto sua sorella Sarah (9 anni) beve il suo amato bicchiere di latte. Quando il cartone del latte è vuoto e tutti gli yogurt sono stati mangiati, se ne ricavano fiori e vasi.
Dov’è la torta?
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Innamorati grazie al cioccolato Migros Al corso di sci a Splügen GR si incrociarono le strade di Seluan Ajina e Lena Hilfiker di Zurigo. Lei timida, lui munito di Risoletti. Grazie alla barretta di cioccolato cominciarono a parlarsi, e oggi – dieci anni più tardi – pensano al matrimonio.
Marina e Stefan Ziltener di Rüti GL si sono sposati nel 2009 nel bosco. La nonna di Marina ha portato la minestra d’orzo, e per dessert c’era il dolce Generoso. Ancora oggi la coppia si gusta la torta della Migros, ma ora con l’aiuto della figlioletta Virginia.
La piccola Mirjam di Zurigo sedeva nel seggiolino della bicicletta di mamma Rebecca e doveva tenere ben ferma la torta fresca al cioccolato della Migros. Giunte a destinazione, proprio l’ultimo pezzetto di torta spariva nella bocca di Mirjam. Questo Momento Migros è stato illustrato dal cartoonist Gabriel Giger.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 14 novembre 2016 • N. 46
87
Idee e acquisti per la settimana
Lou dell’Entlebuch Si presume che tutti i cani amino i cervelat. Così anche Lou, che vive col suo padrone JeanDaniel in Argovia, ma si chiama «Entlebucher». E Lou ama talmente le salsicce della Migros che fa salti di gioia non appena gliene si offre una.
Le cartoline postali Per tre settimane i clienti hanno potuto inviare cartoline postali coi loro ricordi Migros. 20 clienti hanno vinto un acquisto gratis nel camion della Migros.
64’315
in tutto le cartoline postali spedite, sia elettroniche che per posta normale. Il soggetto più frequente era il camion della Migros, seguito dal gelato-foca e dal Risoletto.
Ti ricor di, Hei di?
10’027
cartoline postali sono state pubblicate su momenti-migros.ch.
Il ritorn o Per due se ha fatto ttimane il cam ion della visita ai 20 vinc postali itori del Migros restau in tutta rato concor la Svizz comunit so ca era, à del cam di fan e molti fe e ha incontrato rtoline lic ion si pu u ò veder i vincitori. Il vid na grandissim e su mig a eo del g ros-mo mente.c iro h.
Cioccolato nella frutta «Fin che il cacao cresce sugli alberi, per me il cioccolato è frutta». Il Momento Migros di Mirka di Berna è fra i più apprezzati di tutti.
Herbert Bolliger, capo della Migros «Siccome non potevamo andare da soli al supermercato, talvolta da bambino andavo di nascosto alla Migros per comprare una tavoletta di cioccolato da 35 centesimi. Ero incredibilmente affascinato dai prezzi convenienti e dalla straordinaria scelta».
La Migros unisce I prodotti Migros rievocano ricordi di avvenimenti e persone, in Svizzera e nel mondo. Ad esempio Sarah e Renate di Zurigo (sotto) che ancora oggi pensano alle loro fughe segrete durante la pausa per una tavoletta di cioccolato Migros. O Désirée, che a Los Angeles non può vivere senza Sun Look, e quindi ordina continuamente rifornimenti dalla Svizzera. I megafan
Il Toni della Migros Nel 2007 il camion della Migros ha fatto il suo ultimo giro. Al volante c’era Anton Imhof (nella foto), che la sua clientela vallesana chiamava semplicemente Toni della Migros. Per 82 anni la Migros ha rifornito i suoi clienti utiizzando fino a 144 veicoli.
La musica del Momento Con le loro canzoni Angie Ott (foto sotto) e «il vagabondo» hanno fornito il perfetto accompagnamento sonoro ai Momenti Migros, hanno composto testo e musica di una canzone dedicata al tema e hanno immortalato le loro storie anche in un video musicale.
Irene Gloor (sopra) e Pascale Metzger sono grandi fan rispettivamente dei biscotti Migros e delle patatine Migros. La visita della Midor SA, risp. della Bischofszell Generi alimentari SA, che hanno vinto, hanno fornito la prova: durante la visita non hanno saputo resistere e hanno sgranocchiato a più non posso i loro favoriti appena sfornati.
Momenti Migros. Il gioco Sull’app Migros si potevano giocare sei minigame basati su sei Momenti Migros. Si trattava fra l’altro di far scoppiare bolle di sapone e nutrire un porcellino salvadanaio.
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Idee e acquisti per la settimana
Lou dell’Entlebuch Si presume che tutti i cani amino i cervelat. Così anche Lou, che vive col suo padrone JeanDaniel in Argovia, ma si chiama «Entlebucher». E Lou ama talmente le salsicce della Migros che fa salti di gioia non appena gliene si offre una.
Le cartoline postali Per tre settimane i clienti hanno potuto inviare cartoline postali coi loro ricordi Migros. 20 clienti hanno vinto un acquisto gratis nel camion della Migros.
64’315
in tutto le cartoline postali spedite, sia elettroniche che per posta normale. Il soggetto più frequente era il camion della Migros, seguito dal gelato-foca e dal Risoletto.
Ti ricor di, Hei di?
10’027
cartoline postali sono state pubblicate su momenti-migros.ch.
Il ritorn o Per due se ha fatto ttimane il cam ion della visita ai 20 vinc postali itori del Migros restau in tutta rato concor la Svizz comunit so ca era, à del cam di fan e molti fe e ha incontrato rtoline lic ion si pu u ò veder i vincitori. Il vid na grandissim e su mig a eo del g ros-mo mente.c iro h.
Cioccolato nella frutta «Fin che il cacao cresce sugli alberi, per me il cioccolato è frutta». Il Momento Migros di Mirka di Berna è fra i più apprezzati di tutti.
Herbert Bolliger, capo della Migros «Siccome non potevamo andare da soli al supermercato, talvolta da bambino andavo di nascosto alla Migros per comprare una tavoletta di cioccolato da 35 centesimi. Ero incredibilmente affascinato dai prezzi convenienti e dalla straordinaria scelta».
La Migros unisce I prodotti Migros rievocano ricordi di avvenimenti e persone, in Svizzera e nel mondo. Ad esempio Sarah e Renate di Zurigo (sotto) che ancora oggi pensano alle loro fughe segrete durante la pausa per una tavoletta di cioccolato Migros. O Désirée, che a Los Angeles non può vivere senza Sun Look, e quindi ordina continuamente rifornimenti dalla Svizzera. I megafan
Il Toni della Migros Nel 2007 il camion della Migros ha fatto il suo ultimo giro. Al volante c’era Anton Imhof (nella foto), che la sua clientela vallesana chiamava semplicemente Toni della Migros. Per 82 anni la Migros ha rifornito i suoi clienti utiizzando fino a 144 veicoli.
La musica del Momento Con le loro canzoni Angie Ott (foto sotto) e «il vagabondo» hanno fornito il perfetto accompagnamento sonoro ai Momenti Migros, hanno composto testo e musica di una canzone dedicata al tema e hanno immortalato le loro storie anche in un video musicale.
Irene Gloor (sopra) e Pascale Metzger sono grandi fan rispettivamente dei biscotti Migros e delle patatine Migros. La visita della Midor SA, risp. della Bischofszell Generi alimentari SA, che hanno vinto, hanno fornito la prova: durante la visita non hanno saputo resistere e hanno sgranocchiato a più non posso i loro favoriti appena sfornati.
Momenti Migros. Il gioco Sull’app Migros si potevano giocare sei minigame basati su sei Momenti Migros. Si trattava fra l’altro di far scoppiare bolle di sapone e nutrire un porcellino salvadanaio.
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Idee e acquisti per la settimana
Cake all’ananas con ripieno alla crema
Sanissa
Per 1 stampo per cake di 25 cm Per ca. 15 pezzi
Buona come il burro
Ingredienti 200 g di margarina Sanissa au beurre 200 g di zucchero sopraffino 4 uova 1 scatola di pezzi d’ananas in succo d’ananas (425 g, peso sgocciolato 270 g) 0,5 dl di succo di limetta, spremuto fresco 1 cm di zenzero fresco 220 g di farina 1 cucchiaino di lievito in polvere 120 g di mandorle spellate macinate
Sanissa au beurre conferisce un delicato sapore di burro a soffici impasti e ripieni cremosi. Soprattutto durante la cottura la margarina svizzera con il dieci per cento di burro si dimostra un vero e proprio tuttofare
Ripieno 75 g di margarina Sanissa au beurre 60 g di zucchero a velo 2 cucchiai di succo di limetta Preparazione 1. Riscaldate il forno a 180°. Foderate lo stampo per cake con carta da forno. Amalgamate la Sanissa au beurre con lo zucchero e le uova, finché la massa diventa chiara. Fate sgocciolare bene i pezzi d’ananas e tagliateli a pezzettini piccoli. Aggiungeteli alla massa assieme al succo di limetta. Unite lo zenzero grattugiato. Mescolate la farina e il lievito in polvere, incorporate alla massa assieme alle mandorle e impastate. Versate l’impasto nello stampo e cuocete in forno per 60-65 minuti (verificate il grado di cottura con uno stuzzicadenti di legno). Estraete il cake dallo stampo e fatelo raffreddare del tutto.
Si risveglia la gioiosa attesa del Natale: il cake all’ananas con ripieno alla crema può essere facilmente preparato con la margarina al burro.
Altre ricette di dolci natalizi su www.sanissa.ch
2. Per il ripieno, mescolate con la frusta la Sanissa au beurre, lo zucchero a velo e il succo di limetta, finché la massa diventa chiara e spumosa. Dimezzate il cake in orizzontale, spalmate la crema al burro sulla superficie di taglio e coprite con l’altra metà del cake. Conservate in frigo fino al momento di servire. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + cottura in forno ca. 60 minuti + raffreddamento
Testo Anette Wolffram Eugster; Foto Claudia Linsi; Ricetta Janine Neininger
Per pezzo ca. 6 g di proteine, 21 g di grassi, 31 g di carboidrati, 1400 kJ/340 kcal
Ricette di
www.saison.ch
Sanissa au beurre 500 g Fr. 3.75
Sanissa au beurre 250 g Fr. 2.15
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche Sanissa au beurre.
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Idee e acquisti per la settimana
Cake all’ananas con ripieno alla crema
Sanissa
Per 1 stampo per cake di 25 cm Per ca. 15 pezzi
Buona come il burro
Ingredienti 200 g di margarina Sanissa au beurre 200 g di zucchero sopraffino 4 uova 1 scatola di pezzi d’ananas in succo d’ananas (425 g, peso sgocciolato 270 g) 0,5 dl di succo di limetta, spremuto fresco 1 cm di zenzero fresco 220 g di farina 1 cucchiaino di lievito in polvere 120 g di mandorle spellate macinate
Sanissa au beurre conferisce un delicato sapore di burro a soffici impasti e ripieni cremosi. Soprattutto durante la cottura la margarina svizzera con il dieci per cento di burro si dimostra un vero e proprio tuttofare
Ripieno 75 g di margarina Sanissa au beurre 60 g di zucchero a velo 2 cucchiai di succo di limetta Preparazione 1. Riscaldate il forno a 180°. Foderate lo stampo per cake con carta da forno. Amalgamate la Sanissa au beurre con lo zucchero e le uova, finché la massa diventa chiara. Fate sgocciolare bene i pezzi d’ananas e tagliateli a pezzettini piccoli. Aggiungeteli alla massa assieme al succo di limetta. Unite lo zenzero grattugiato. Mescolate la farina e il lievito in polvere, incorporate alla massa assieme alle mandorle e impastate. Versate l’impasto nello stampo e cuocete in forno per 60-65 minuti (verificate il grado di cottura con uno stuzzicadenti di legno). Estraete il cake dallo stampo e fatelo raffreddare del tutto.
Si risveglia la gioiosa attesa del Natale: il cake all’ananas con ripieno alla crema può essere facilmente preparato con la margarina al burro.
Altre ricette di dolci natalizi su www.sanissa.ch
2. Per il ripieno, mescolate con la frusta la Sanissa au beurre, lo zucchero a velo e il succo di limetta, finché la massa diventa chiara e spumosa. Dimezzate il cake in orizzontale, spalmate la crema al burro sulla superficie di taglio e coprite con l’altra metà del cake. Conservate in frigo fino al momento di servire. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + cottura in forno ca. 60 minuti + raffreddamento
Testo Anette Wolffram Eugster; Foto Claudia Linsi; Ricetta Janine Neininger
Per pezzo ca. 6 g di proteine, 21 g di grassi, 31 g di carboidrati, 1400 kJ/340 kcal
Ricette di
www.saison.ch
Sanissa au beurre 500 g Fr. 3.75
Sanissa au beurre 250 g Fr. 2.15
M-Industria crea numerosi prodotti Migros, tra cui anche Sanissa au beurre.
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Idee e acquisti per la settimana
Pollo all’arancia con zafferano
Attualità
Piatto principale per 4 persone Ingredienti 4 cosce di pollo 2 cucchiai di succo d’arancia 4 cucchiai d’olio d’oliva 2 cucchiai di senape granulosa 2 cucchiai di zucchero greggio 1 presa di stimmi di zafferano 4 cipolle rosse 3 spicchi d’aglio 2 arance sale, pepe 4 rametti di timo Preparazione 1. Passate le cosce di pollo sotto l’acqua fredda e asciugatele tamponando con carta da cucina. Emulsionate il succo d’arancia, l’olio, la senape, lo zucchero e lo zafferano, finché lo zucchero si è sciolto. Dividete in quarti le cipolle e senza pelarli appiattite gli spicchi d’aglio. Spalmate
il pollo, le cipolle e l’aglio con la salsa, coprite e lasciate marinare in frigo per ca. 2 ore.
Agrumi dall’aspetto brillante Quasi nulla risplende più delle arance nelle scure giornate autunnali. Baciati dal sole, questi frutti succosi e ricchi di aromi portano un po’ di estate nella stagione fredda. Migros offre agrumi anche nella qualità bio e frutti particolarmente grandi a marchio «Extra».
2. Riscaldate il forno a 200 °C. Tagliate le arance a fette spesse. Condite il pollo con sale e pepe. Versate pollo e marinatura in una pirofila. Unite le fette d’arancia e i rametti di timo. Cuocete in forno per ca. 40 minuti. Cospargete con prezzemolo tritato a piacimento. Accompagnate con riso o cuscus. Tempo di preparazione ca. 15 minuti + marinatura ca. 2 ore + cottura in forno ca. 40 minuti
Le arance bionde sono molto succose e sono quindi particolarmente idonee per essere spremute. Sono disponibili tutto l’anno.
Per persona ca. 30 g di proteine, 24 g di grassi, 15 g di carboidrati, 1650 kJ/400kcal
Quale responsabile del reparto frutta/verdura presso Migros Serfontana, Antonio Lopes conosce molto bene le differenti varietà di agrumi.
Le arance rosse maturano da metà dicembre, quando le notti sono fredde e la polpa dei frutti diventa rossa. L’aroma delle arance rosse è più intenso di quello delle arance bionde.
Antonio Lopes
Le clementine non hanno semi, sono dolci e facili da sbucciare. Sono disponibili da novembre a inizio febbraio.
«Queste sono vitamine pure» Mandarini o clementine? Un esperto ci spiega le differenze tra gli agrumi
La stagione inizia con arance bionde, mandarini e clementine provenienti dalla Spagna. Nel corso della stagione l’offerta diventa poi più variegata.
No, gli agrumi vengono sempre raccolti quando sono pronti per il consumo, poiché poi non maturano più. Le parti verdi dipendono dalle temperature notturne spesso miti a inizio stagione, poco prima del raccolto, e sono innocue.
Quali varietà sono particolarmente apprezzate?
Perché le arance rosse sono disponibili solo a stagione inoltrata?
Antonio Lopes, quali agrumi sono attualmente disponibili nei negozi?
Chiaramente le clementine, dal momento che possono essere comodamente mangiate anche fuori casa. Al secondo posto ci sono le arance bionde. Le clementine sono spesso confuse con i mandarini. Qual è la differenza?
Le clementine sono un ibrido tra arancio e mandarino. Hanno una buccia più spessa, sono praticamente senza semi e il loro gusto è notevolmente più dolce rispetto a quello dei mandarini. A volte gli agrumi hanno macchie verdi. Si tratta di frutti immaturi?
Sono disponibili da circa metà dicembre. Il colore del frutto siciliano dipende dalle condizioni atmosferiche. Per avere una pigmentazione rossa uniforme sono necessarie notti fredde e giornate calde. Ma l’attesa merita, visto che le arance rosse sono particolarmente gustose.
Le arance sanguigne come la Tarocco hanno un sapore agrodolce. Conferiscono alle insalate un accento fruttato.
Suggerimento La buccia delle arance è ricca di aromi. Per dolci, salse e marinate è meglio utilizzare arance biologiche non trattate.
Cosa contiene? Rappresentano la «medicina universale» quando, con l’arrivo dell’inverno, sono in agguato i virus del raffreddore. Gli agrumi forniscono al corpo vitamina C, che rafforza il sistema immunitario e può agire contro fatica e svogliatezza. Il fabbisogno giornaliero raccomandato per un adulto è coperto già da un pompelmo o un’arancia, in alternativa da tre mandarini o clementine. www.migros.ch/frutta-verdura
Qual è il suo frutto preferito?
Le clementine e le arance Tarocco. Entrambe sono dolci e rinfrescanti.
Ricette di
E come le mangia?
Semplicemente così. Per me sono vitamine pure.
www.saison.ch
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Pollo all’arancia con zafferano
Attualità
Piatto principale per 4 persone Ingredienti 4 cosce di pollo 2 cucchiai di succo d’arancia 4 cucchiai d’olio d’oliva 2 cucchiai di senape granulosa 2 cucchiai di zucchero greggio 1 presa di stimmi di zafferano 4 cipolle rosse 3 spicchi d’aglio 2 arance sale, pepe 4 rametti di timo Preparazione 1. Passate le cosce di pollo sotto l’acqua fredda e asciugatele tamponando con carta da cucina. Emulsionate il succo d’arancia, l’olio, la senape, lo zucchero e lo zafferano, finché lo zucchero si è sciolto. Dividete in quarti le cipolle e senza pelarli appiattite gli spicchi d’aglio. Spalmate
il pollo, le cipolle e l’aglio con la salsa, coprite e lasciate marinare in frigo per ca. 2 ore.
Agrumi dall’aspetto brillante Quasi nulla risplende più delle arance nelle scure giornate autunnali. Baciati dal sole, questi frutti succosi e ricchi di aromi portano un po’ di estate nella stagione fredda. Migros offre agrumi anche nella qualità bio e frutti particolarmente grandi a marchio «Extra».
2. Riscaldate il forno a 200 °C. Tagliate le arance a fette spesse. Condite il pollo con sale e pepe. Versate pollo e marinatura in una pirofila. Unite le fette d’arancia e i rametti di timo. Cuocete in forno per ca. 40 minuti. Cospargete con prezzemolo tritato a piacimento. Accompagnate con riso o cuscus. Tempo di preparazione ca. 15 minuti + marinatura ca. 2 ore + cottura in forno ca. 40 minuti
Le arance bionde sono molto succose e sono quindi particolarmente idonee per essere spremute. Sono disponibili tutto l’anno.
Per persona ca. 30 g di proteine, 24 g di grassi, 15 g di carboidrati, 1650 kJ/400kcal
Quale responsabile del reparto frutta/verdura presso Migros Serfontana, Antonio Lopes conosce molto bene le differenti varietà di agrumi.
Le arance rosse maturano da metà dicembre, quando le notti sono fredde e la polpa dei frutti diventa rossa. L’aroma delle arance rosse è più intenso di quello delle arance bionde.
Antonio Lopes
Le clementine non hanno semi, sono dolci e facili da sbucciare. Sono disponibili da novembre a inizio febbraio.
«Queste sono vitamine pure» Mandarini o clementine? Un esperto ci spiega le differenze tra gli agrumi
La stagione inizia con arance bionde, mandarini e clementine provenienti dalla Spagna. Nel corso della stagione l’offerta diventa poi più variegata.
No, gli agrumi vengono sempre raccolti quando sono pronti per il consumo, poiché poi non maturano più. Le parti verdi dipendono dalle temperature notturne spesso miti a inizio stagione, poco prima del raccolto, e sono innocue.
Quali varietà sono particolarmente apprezzate?
Perché le arance rosse sono disponibili solo a stagione inoltrata?
Antonio Lopes, quali agrumi sono attualmente disponibili nei negozi?
Chiaramente le clementine, dal momento che possono essere comodamente mangiate anche fuori casa. Al secondo posto ci sono le arance bionde. Le clementine sono spesso confuse con i mandarini. Qual è la differenza?
Le clementine sono un ibrido tra arancio e mandarino. Hanno una buccia più spessa, sono praticamente senza semi e il loro gusto è notevolmente più dolce rispetto a quello dei mandarini. A volte gli agrumi hanno macchie verdi. Si tratta di frutti immaturi?
Sono disponibili da circa metà dicembre. Il colore del frutto siciliano dipende dalle condizioni atmosferiche. Per avere una pigmentazione rossa uniforme sono necessarie notti fredde e giornate calde. Ma l’attesa merita, visto che le arance rosse sono particolarmente gustose.
Le arance sanguigne come la Tarocco hanno un sapore agrodolce. Conferiscono alle insalate un accento fruttato.
Suggerimento La buccia delle arance è ricca di aromi. Per dolci, salse e marinate è meglio utilizzare arance biologiche non trattate.
Cosa contiene? Rappresentano la «medicina universale» quando, con l’arrivo dell’inverno, sono in agguato i virus del raffreddore. Gli agrumi forniscono al corpo vitamina C, che rafforza il sistema immunitario e può agire contro fatica e svogliatezza. Il fabbisogno giornaliero raccomandato per un adulto è coperto già da un pompelmo o un’arancia, in alternativa da tre mandarini o clementine. www.migros.ch/frutta-verdura
Qual è il suo frutto preferito?
Le clementine e le arance Tarocco. Entrambe sono dolci e rinfrescanti.
Ricette di
E come le mangia?
Semplicemente così. Per me sono vitamine pure.
www.saison.ch
1° ANNO
AGNO
Venerdì 18 e sabato 19 novembre 2016
10
%e
n o i z u d i r i d
su tutto* l’assortimento di alimentari e non alimentari di Migros Agno (compreso assortimenti: melectronics, Do it + Garden, SportXX e Micasa) * Ad eccezione di un numero ridotto di prodotti e delle prestazioni di servizio. Esclusi Ristorante e De Gustibus Migros.
Migros Agno Via Lugano 21, 6982 Agno, tel. +41 91 821 70 00 Orari d’apertura: lunedì–venerdì: 8.00–18.30 giovedì: 8.00–21.00 / sabato: 8.00–17.00
Parcheggio gratuito