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La banana con il cinnamomo

Musica ◆ La violoncellista Julia Hagen si svela tra vezzi, ricordi e passioni Enrico Parola

«Quando ho iniziato a rendermi conto che mio padre era un importante violoncellista? Quando la gente ha iniziato a chiedermi come fosse vivere in casa con un grande violoncellista… Per me Clemens è sempre stato un bravo papà; certo, lo sentivo esercitarsi, si assentava anche a lungo per le tournée, ma poi, quando era con noi, faceva quello che fanno i padri di tutto il mondo».

Eppure, alla fine, Julia ha seguito le orme di Clemens Hagen, fondatore e anima di uno dei quartetti più celebrati nel firmamento concertistico internazionale, e che tra l’altro porta il nome di famiglia: Quartetto Hagen. Nata a Salisburgo, la città di Mozart, 28 anni fa, perfezionatasi al Conservatorio di Kronberg (fortuita coincidenza, lo stesso di Anastasia Kobekina, la violoncellista che l’ha preceduta sul palco del LAC nella stagione della Osi), la talentuosa violoncellista austriaca è solista in uno dei più bei concerti mai scritti per il suo strumento, quello di Dvorak. «Come scrisse Victor Hugo, la musica esprime quello che le parole non possono dire; io non sono brava a parlare, le note mi aiutano a comunicare agli altri quello che ho dentro. Non parlo solo di classica: credo che ogni genere musicale, dal jazz al blues, dal pop al rock, abbia fondamentalmente questa funzione».

L’incontro con il violoncello è avvenuto per gioco: «Avendo entrambi i genitori musicisti potrei dire, poeticamente, che il mio incontro è avvenuto quando ero ancora nella pancia di mia madre, che sono nata e cresciuta immersa nella musica, quasi che il mondo dei suoni fosse un liquido amniotico spirituale. Può essere, però se devo rispondere citando ricordi e avvenimenti concreti, allora forse è meglio raccontare un’altra storia. Mi piaceva giocare a nascondino, uno dei miei rifugi preferiti era la custodia del violoncello di mio padre, molto più efficace della coperta che mi mettevo in

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