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LA LIBELLULA AZZURRA

di Stefano COLOTTI

Nello sport come nella vita, bisogna sempre lottare contro i propri limiti e tra le discipline sportive il salto in alto è quella che incarna perfettamente questo concetto. È proprio per questo che Sara Simeoni verrà per sempre ricordata come un’eroina nazionale. E pensare che l’azzurra di Rivoli Veronese da piccola voleva fare la ballerina, un sogno però destinato a infrangersi perché troppo alta (178 centimetri), ma fu suo merito quello di reiventarsi nel salto trasformando le sue gambe lunghe da difetto a prezioso tesoro, volando come una libellula non sui palcoscenici di un teatro, ma sopra l’asticella di una pista olimpica. I primi risultati arrivano molto presto, ancora 18enne la veneta conquista l’argento ai Giochi del Mediterraneo di Smirne, saltando la misura di 1,74 m, ma è solo l’inizio e i centimetri da scalare sono ancora di più. Dopo aver conquistato la sua prima medaglia di Bronzo agli europei di Roma del 1974 registrando un salto di 1,89 m, due anni più tardi al primo appuntamento olimpico a Montreal 1976, la libellula azzurra infrange per la prima volta il muro dei 1,90 m, portando a casa la Medaglia d’Argento. Ed eccoci arrivare agli Europei di Praga del 1978. Allo stadio ‘Evzen Rosicky’ è una giornata fredda e piovosa, e il Fosbury flop, il suo stile di salto, richiede una rincorsa particolarmente lunga e veloce con stretta curvatura, rischiosa su una pedana resa viscida dalla pioggia. L’avversaria Ackermann, invece, pratica lo straddle, che sotto questo aspetto poneva meno problemi. Nonostante questo iniziale svantaggio, l’azzurra saltò e vinse l’oro europeo stabilendo il record del mondo a 2,01. Se quella era una gara relativamente poco seguita e pochi riuscirono a immortalare l’impresa, diverso fu il contesto olimpico due anni più tardi. Nel 1980 al monumentale stadio Lenin di Mosca, eliminata la favorita Ackermann a 1,94, l’italiana valicò l’asticella posta a 2,01 al terzo tentativo e per lei fu medaglia d’oro. L’immagine del suo sorriso e delle braccia magre allargate verso il pubblico resta indelebile. In genere non ci sono medaglie olimpiche che sono più importanti di altre, ognuna ha un valore intrinseco che non può essere scalfito. Ma se si considera il momento esatto in cui vengono conquistate, allora è vero che possono essere ricordate in modo speciale. Perché in quelle Olimpiadi in terra sovietica, solo 48 ore dopo, Pietro Mennea fece altrettanto nei 200 metri. Ed è grazie alle loro due imprese che l’atletica è entrata nelle case degli italiani, che si appassionarono davanti ai pesanti e piccoli televisori con il tubo catodico. E la Simeoni divenne così anche un simbolo per le donne italiane, diventando la seconda atleta azzurra a vincere una medaglia olimpica, prima di lei e ben 44 anni prima c’era riuscita solo Ondina Valla sugli 80 ostacoli ai giochi di Berlino del 1936. Quattro anni dopo a Los Angeles, Sara non riuscì a ripetere l’impresa ma portò a casa un prestigioso argento, bissando così la medaglia conquistata all’edizione di Montreal 8 anni prima. Fondamentale per lei è stato avere suo marito Eminio Azzaro come allenatore. Un giorno Sara le disse “se non mi alleni tu, io smetto”, al tempo lui aveva ancora ambizioni nel gareggiare come saltatore ma di fronte a quella “minaccia” non seppe sottrarsi intravedendo le grandi potenzialità della sua compagna. Connubio che divenne ancora più sfidante perché i due decisero di adottare come stile di salto il Fo- sbury, tecnica coniata dal saltatore americano Dick Fosbury, campione olimpico a Città del Messico nel 1968 con la misura di 2,24 m, che per primo utilizzò la tecnica che è utilizzata tutt’ora, ovvero quella di scavalcare l’asticella rovesciando il corpo all’indietro e cadendo di schiena. Corteggiata anche dalla Politica per il suo grande carisma, nel 2015 per la Simeoni è arrivato anche il Collare d’oro al merito sportivo del CONI. Mai scontata e banale, la Libellula di Rivoli Veronese è arrivata a spegnere le 70 candeline, e con gli anni si può dire che ha mantenuto una grande vitalità unita a una potente e contagiosa simpatia, vederla nei programmi televisivi come commentatrice è sempre molto piacevole e divertente. Ma il vanto più grande per lei è quello di aver fatto in era moderna da apripista alle tante medaglie olimpiche che sono arrivate dalle atlete italiane fino a oggi. n

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