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TENNIS

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TENNIS

RE ROGER

LASCIA IL TENNIS

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di Emiliano SOLE

Addio al tennis. Roger Federer ha detto stop allo sport che l’ha reso famoso in tutto il mondo ed ha annunciato il ritiro all’improvviso sui social. Dopo l’annuncio è calato il gelo in tutto il mondo, la notizia è corsa in rete perché è impossibile non ricordare tutti i suoi più grandi successi, tutte le vittorie e in special modo l’uomo, il campione indiscusso. «Questa è una decisione agrodolce, perché mi mancherà quello che il tour mi ha dato. Ma, allo stesso tempo, c’è molto di più da celebrare. Mi considero uno dei più fortunati sulla Terra. Mi è stato dato uno speciale talento per giocare a tennis, e l’ho fatto a un livello che mai avrei immaginato e per più tempo di quel che avrei creduto possibile». Queste le parole scritte in una lettera dedicata a tuti i suoi tifosi. Il momento lo si sapeva vicino, ma in molti avevano cullato la speranza di un 2023 da tour d’addio, in stile Stefan Edberg 1996. Niente di tutto questo: Roger Federer si ritira nel modo più veloce possibile. È stata la Laver Cup, dal 23 al 25 settembre a Londra, l’ultimo suo evento della carriera tennistica, di 24 anni che lo hanno visto portare il suo sport a un livello superiore. Più dei 20 Slam, più dell’infinito numero di record raggiunti, per lui vale un solo sostantivo: icona del tennis. L’ultima notte di Roger Federer non è stata vincente, ma non importa poi così tanto. Il tributo, alla fine, dopo i punti conclusivi del doppio con Rafael Nadal contro Jack Sock e Frances Tiafoe in Laver Cup, è di quelli da far tremare. Come lo è l’intervista a bordocampo, con le luci concentrate sull’uomo che ha cambiato il tennis e lo ha riscritto da cima a fondo. L’inizio è stato di quelli che il pubblico fa fatica a non fermare, prima di ritrovarsi in silenzio: «È stata una giornata meravigliosa. Sono felice, non triste. Ho appena detto ai ragazzi (gli altri giocatori della squadra europea, ndr) che sono felice di essere qui. Mi sono goduto l’allacciarmi le scarpe per l’ultima volta, essere qui con gli amici, la famiglia. Temevo di avere un qualche dolore alla schiena, di stirarmi, ma sono riuscito ad arrivare fino alla fine. Non potrei essere più felice di giocare con Rafa, nella stessa squadra e con tutte le leggende che sono qui, da Borg a Edberg». Sul fatto di avere accanto tutti i rivali principali dei suoi anni: «È straordinario tutto questo. Non volevo sentirmi solo, mi divertivo in una competizione a squadre, mi sono sempre sentito come un giocatore di squadra. Ho sempre avuto un team eccezionale che viaggiava con me, mi ha fatto piacere giocare questa Laver Cup con e contro di voi. Forse questo è quello che speravo». Molto chiaro, però, quel che accadrà nell’immediato: «Ora vorrei passare del tempo coi miei amici. È una giornata perfetta così, e la rifarei tutta da capo. Ho avuto tante belle persone che hanno fatto il tifo per me. Si sentiva tantissimo». L’emozione traspare e continua tra le lacrime: «Fin adesso mi sembra di esser andato abbastanza bene, sono riuscito a parlare, nella mia testa sono tutti qui. La mia famiglia, le bambine, i bambini. Mirka mi poteva fermare tanto tempo fa, non l’ha fatto e mi ha permesso di continuare a giocare. È stata straordinaria. Grazie anche ai miei genitori, siete stati straordinari. Ho troppe persone da ringraziare, siete stati incredibili. È stata una nottata fantastica, grazie ancora». E noi non possiamo che dire grazie a te Roger sei stato un esempio per tutti fuori e dentro il campo, sarai sempre: Re Roger! n 4/2022 Azzurro Sport21

volley

CAMPIONI DEL MONDO

Gli azzurri battono la Polonia e tornano sul tetto del mondo del volley 24 anni dopo l’ultimo successo.

di Emiliano SOLE

C' era una volta nella pallavolo italiana quella che è stata chiamata generazione di fenomeni nata nell'immaginario dei tifosi con la vittoria di un mondiale. Era il 1990 e gli azzurri vinsero a Rio de Janeiro il primo di tre mondiali (19941998). Quello vinto lo scorso 11 Settembre dalla squadra di Fefè De Giorgi, anche lui presente in quella generazione di fenomeni, è il quarto per l'Italia del volley maschile e (si spera) il primo di una nuova epoca, forse non con una generazione di fenomeni, ma con una squadra solida capace di battere avversarie sulla carta più forti come la Polonia bi-campione del mondo, sconfitta in finale a Katowice, a casa sua, dove ovviamente tutto il pubblico era dalla parte dei giocatori polacchi che in patria sono popolari quanto i calciatori. L’Italia batte la Polonia 3-1 (25-22, 21-25, 18-25, 20-25), torna sul tetto del mondo per la quarta volta e viene attesa dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per un abbraccio virtuale da tutti gli italiani. È una vittoria di maturità e serenità di una squadra giovane che ha lasciato a casa le star, ma sa farne a meno e si ripete dove un anno fa ha vinto l'Europeo. In meno di dodici mesi, quindi, l’Italvolley si porta a casa sia il titolo europeo (tra lo stupore generale) sia quello mondiale. Il collante è l'allenatore che fa bella e solida questa Italia capace di rielabo-

rare le sconfitte del passato per vincere quando conta. Il leader in campo è il palleggiatore Simone Giannelli, con parte degli altri reduce dalla sconfitta olimpica di Tokyo e parte di nuovi giovani. Non ci sono Zaytsev e Juantorena. La pallavolo italiana sta facendo nascere nuove stelle: sono giovani e vengono da tutta Italia. Il capitano, degli azzurri, Giannelli, ha commentato a caldo quanto accaduto «Non posso fare altro che sorridere. Non penso più a niente, sorrido soltanto. Guardo i miei compagni e sono orgoglioso di essere parte di questo gruppo, di essere italiano e ora di essere Campione del Mondo». «Siamo un gruppo 24 Azzurro Sport4/2022

incredibile – ha continuato il palleggiatore – non ci interessa quello che succede dall’altra parte della rete. No rimaniamo sul pezzo, continuiamo a giocare duro, ci divertiamo a giocare insieme a questo gioco che amiamo. Questo è il nostro segreto». Premiato come MVP e miglior palleggiatore della competizione, Giannelli ha aggiunto: «Ora possiamo crescere ancora, possiamo costruire un movimento. Abbiamo tanti altri ragazzi giovani di talento, li aspettiamo per continuare a crescere e a migliorare». L'obiettivo è Parigi 2024, quella Olimpiade che neanche la generazione dei fenomeni è riuscita a vincere. n

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