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Il “nonno” della bomba atomica
Lo scienziato Robert Oppenheimer diventa un idolo americano grazie a un dettaglio, il dubbio NUCLEARE dente Truman per redigere un report sul nucleare «per prevenire l’uso dell’energia atomica per scopi distruttivi». Oppenheimer studia per mesi prima di svolgere i 10 giorni di lezione che tiene ai due uomini di Stato.
L’appuntamento si rinnova nel 1952 alla sola presenza di Acheson. Negli anni, Oppenheimer si espone pubblicamente riconoscendo le reali intenzioni del governo sul nucleare e sulla sua proliferazione. Di fronte al report e la sua uscita recente, rivolgendosi ad Acheson, il fisico nucleare ne rintraccia il nucleo: «Il problema che è sollevato dal rilascio dell’energia atomica è il problema dell’abilità della razza umana di governare se stessa senza l’uso della guerra».
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Per gli scienziati il problema è però ridotto al successo dell’operazione. Oppenheimer, nonostante sia diventato la “Morte”, riconosce la nebbia che lo circonda. Un potere effimero, schiacciato dai burocrati di Washington e da una guerra che necessita una svolta. «La ragione per cui facciamo questo lavoro è una necessità organica. Se sei uno scienziato non puoi fermare certe cose. Ma non è possibile essere scienziati se non si crede che ci sia della bontà nella conoscenza», pronuncia nel 1945 durante un discorso.
Del deserto rimane poco o nulla. Trinity, la sua creazione, la prima bomba nucleare, richiede un test. Mentre sfumature di rosso colorano la nuvola di polvere e fuoco, alla vista del suo scoppio le labbra di Oppenheimer sibilano un antico verso delle scritture Hindu: «Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi».
Ad Alamogordo, la piccola cittadina del New Mexico in cui si è svolto l’esperimento, gli scienziati del progetto Manhattan trovano il luogo ideale per dare una svolta al mondo della scienza. Provenienti dal laboratorio di Los Alamos, nella schiera di camici bianchi sono reclutati i migliori cervelli dell’epoca, compresi gli italiani Enrico Fermi ed Emilio Segre. A capo della squadra c’è un certo Robert Oppenheimer, uno scienziato sconosciuto a con- fronto dei premi Nobel presenti. Ai loro occhi, e a quella della società americana, riesce però a diventare un mito vivente.
A erigerlo sul piedistallo della comunità scientifica interviene un elemento tanto essenziale quanto rischioso per la ricerca: il dubbio. Oppenheimer è un uomo alto, dagli occhi azzurri e l’aura tormentata. Non capisce chi lui sia e cosa stiano facendo in quel piccolo rettangolo nucleare a Los Alamos. Che se ne farà delle bombe? Dopo il lancio su Hiroshima e Nagasaki, a esistere rimane solo il dubbio.
Dopo pochi anni le bombe crescono, si evolvono e la nuova possibilità di esplosivi a idrogeno impone delle domande. A volere delle risposte sono Acheson e Lilienthal, i due uomini scelti dal presi-
È il senso di offuscamento che lo mette in costante allerta. Le conseguenze immediate le ha colte fin troppo bene. La sola possibilità che quel male possa riapparire comporta in lui una posizione di continua incidenza con il potere. A esiliarlo dai palazzi nel 1954 il senatore McCarthy. L’accusa, simpatie per il comunismo. Oppenheimer perde il laboratorio, ma soprattutto l’accesso ai segreti di Stato sul nucleare. L'incidenza diventa quiete e l’allerta, con l’inizio dell’insegnamento a Princeton, scompare. A rimanere sono le conseguenze, che ricorda in ogni lezione fino alla morte nel 1967. A ripristinare l’accesso ai documenti è nel dicembre del 2022 il presidente statunitense Joe Biden. Infatti a rivelarlo è la Segretaria all’Energia Jennifer Graholm. Secondo l’amministrazione americana, «più passava il tempo, più prove emergevano sul fatto che Oppenheimer fosse stato vittima di un’ingiustizia, mentre le prove del suo amore e della sua lealtà verso il Paese venivano confermate».
Dopo 68 anni, il dubbio sbiadisce. Ad Alamogordo i lupi messicani hanno invaso l’Alameda Park Zoo. Di fronte al deserto dove Trinity fece brillare tutto il cielo, a fare la guardia rimane solo il pistacchio più grande del mondo. ■