100 Capolavori da far vedere ai vostri figli

Il Mereghetti 100 capolavori da far vedere ai vostri figli Quali film far vedere ai bambini, quali sono i titoli piÚ adatti alle loro mutevoli sensibilità , sono domande con cui ogni genitore deve fare i conti quotidianamente, non foss’altro che per filtrare e guidare il flusso di stimoli che bombardano ininterrottamente i nostri figli.

Affari in grande (Big Business, Usa 1929, b/n, 19’) James Wesley

Horne [e Leo McCarey]. Con Stan Laurel, Oliver Hardy, James Finlayson, Tiny Sandford, Retta Palmer, Charlie Hall. ◆ Incapaci venditori porta a porta di alberi di Natale nell’assolata California, Stanlio (Laurel) e Ollio (Hardy) cercano dapprima di piazzare un pino a una zitella (Palmer) che li liquida in malo modo e poi ci provano con un burbero ometto (Finlayson). Le reazioni inconsulte di quest’ultimo finiranno con l’innescare una serie di ripicche e dispetti reciproci: Stanlio e Ollio cercheranno di distruggere la casa del mancato acquirente, mentre questi si accanirà sulla loro automobile e il suo carico. E a nulla servirà l’intervento di un poliziotto (Sandford). Scritta da H.M. Walker, è una tra le più celebri comiche mute del duo, qui assolutamente scatenato, giocata in egual misura sia sulla abituale e parossistica escalation dell’azione secondo la tecnica dello slow burn (che rallenta l’effetto di reazione a un’offesa subìta per aumentare l’attesa e ingigantirne le conseguenze) sia sulla mimica straordinaria di Laurel e Hardy e quella, non inferiore, dei loro abituali comprimari (memorabile il pianto congiunto di falso ravvedimento finale). Ne esiste una versione italiana sonorizzata negli anni Ottanta in cui Enzo Garinei nel ruolo di Stanlio e Giorgio Ariani in quello di Ollio «recitano» le battute delle didascalie scritte. Conosciuto anche con i titoli italiani alternativi Grandi affari e Uomini d’affari.

Febbre dell’oro, La (The Gold Rush, Usa 1925, b/n, 75’) Char-

lie Chaplin. Con Charlie Chaplin, Georgia Hale, Mack Swain, Tom Murray, Henry Bergman, Betty Morrissey, Malcolm Waite, Heinie Conklin, Tiny Sandford. ◆ Fine Ottocento. Alla ricerca dell’oro tra i ghiacci dell’Alaska, un cercatore solitario (Chaplin) trova riparo durante una tempesta nella capanna del violento Black Larsen (Murray) insieme a Giacomone [in originale Big Jim McKay] (Swain) che ha appena trovato un ricco filone aurifero.

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Partito Larsen alla ricerca di cibo, il cercatore si cuoce una scarpa e deve tenere a bada Giacomone che sotto i morsi della fame lo vede trasformato in un pollo succulento. Quando Black Larsen scopre la miniera di Giacomone lo tramortisce per fuggire con l’oro, ma muore cadendo in un burrone. Intanto il cercatore è arrivato nel vicino villaggio dove si innamora di Georgia (Hale), la chanteuse del saloon, che lo illude per far ingelosire il fidanzato (Waite) e si guarda bene dall’accettare il suo invito per la notte di capodanno.

Senza memoria per l’aggressione di Larsen, Giacomone spera che il cercatore possa aiutarlo a ritrovare la sua miniera e lo riporta nella capanna: una tempesta sposta la baracca sull’orlo di un precipizio ma anche nei pressi del filone d’oro, che renderà i due molto ricchi. Ma lui non ha dimenticato Georgia. Un capolavoro immortale, dove Chaplin accentua la componente di solitudine del suo personaggio, non a caso chiamato «Lone Prospector» cioè Cercatore solitario (che l’infelicità amorosa e l’ostilità della natura sottolineano con ancora più forza) mentre compie una rivisitazione tenera ma disincantata del mito americano della frontiera.

Alcune sequenze sono entrate per sempre nella storia del cinema: Chaplin che per la fame si mangia una scarpa arrotolando i lacci sulla forchetta come fossero spaghetti; la danza con i panini infilati nelle forchette; Giacomone che per la fame vede il suo compagno di sventura come una gallina; la baracca in bilico sullo strapiombo che obbliga i due all’interno a complicate prove d’equilibrismo. Fu il primo film che Chaplin distribuì con la neonata United Artists, che aveva fondato con Griffith, Douglas Fairbanks e Mary Pickford, dopo ben quattordici mesi di riprese (durante i quali sostituì Lita Grey con Georgia Hale nel ruolo della chanteuse) ma fu accolto da un successo straordinario. Nel 1942, Chaplin rieditò il film, portandolo a 72’ (accorciando la scena con l’orso e nella capanna, ma utilizzando per molte sequenze riprese alternative a quelle usate nel ’25) e aggiungendo un commento sonoro e una nuova orchestrazione musicale, affidata a Max Terr.

Mio vicino Totoro, Il (Tonari no Totoro, conosciuto anche col ti-

tolo internazionale My Neighbor Totoro, Giappone 1988, col, 86’) Hayao Miyazaki. ◆ Mentre la madre è in ospedale, le sorelline Satsuki e Mei si trasferiscono col padre in una casa di campagna, dove fanno amicizia con alcune strane creature che abitano nei dintorni: Totoro – spirito della foresta enorme, leggiadro e assonnato, con cui si librano in cielo – e un gatto-autobus che le porta a visita-

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re la mamma. Al suo quarto lungometraggio, Miyazaki (anche sceneggiatore) esplora i temi che gli sono più cari: l’armonia tra uomo e natura, l’animismo shintoista, la fragile magia dell’infanzia che scopre le durezze della vita; e crea un racconto pieno di prodigi e di immediatezza disarmante, che riesce a parlare a spettatori di tutte le età facendo sciogliere anche i cuori più duri. Il talento pittorico del regista tocca vertici insuperati nella storia dell’animazione, rendendo miracolosi i gesti quotidiani più semplici: da antologia la scena alla fermata dell’autobus sotto la pioggia, con le bambine che prestano un ombrello a Totoro. La morbida e tonda creatura, riprodotta in innumerevoli gadget, è popolarissima nell’estremo Oriente ed è diventata il simbolo dello Studio Ghibli di Miyazaki.

Musiche di Joe Hisaishi. Da noi uscito in sala solo nel 2009.

Monsters & Co. (Monsters, Inc., Usa 2001, col, 91’) Pete Docter. ◆ La città di Mostropoli ricava energia dalla paura dei bambini

terrestri, opportunamente spaventati dagli orridi dipendenti della «Monsters & Co.» che penetrano nottetempo nelle loro camerette per carpirne le urla. Ma la crisi energetica incombe, terrorizzare i ragazzini è sempre più difficile e quando una mocciosa penetra per errore nel mondo dei mostri, si scatena il caos: toccherà agli spaventatori Sulley e Mike (sorta di orso azzurro-viola il primo, e sferico monocolo verde il secondo) scoprire che la piccola è assolutamente innocua e che le sue risate producono molta più energia della paura. Sventando così i criminosi piani dell’invidioso Randall. Al quarto lungometraggio in animazione digitale, la Pixar di John Lasseter centra il capolavoro: divertimento a ritmo sfrenato tra slapstick, battute fulminanti, tecnologia prodigiosa, personaggi memorabili per umanità e simpatia. Ma non solo: il regista Pete Docter e gli sceneggiatori Andrew Stanton e Daniel Gerson uniscono al tema del relativismo della diversità – la buffa bambina considerata «diversa» dalla società di «mostri» ignari della loro bruttezza – un’immaginazione senza limiti (l’inseguimento tra le porte volanti) e una vena di sincera poesia (l’inquadratura finale).

Non è priva di polemica la riflessione sulla grettezza di un’industria senza scrupoli, che sacrifica al profitto l’innocenza dell’infanzia.

Un Oscar (alla canzone If I Didn’t Have You di Randy Newman) su quattro candidature, tra cui quella come «miglior film d’animazione» (vinto dal meno convincente Shrek). Personaggi e doppiatori (originali/italiani): Sulley/John Goodman (Adalberto Maria Merli), Mike/Billy Crystal (Tonino Accolla), Randall/Steve Buscemi

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(Daniele Formica), Waternoose/James Coburn (Vittorio Di Prima), Celia, la fidanzata-Medusa di Mike/Jennifer Tilly (Marina Massironi). Cameo vocale italiano per la burbera Roz, doppiata da Loretta Goggi. Straordinari i titoli di coda, con gli esilaranti falsi ciak scartati e una geniale riduzione a musical dell’intero film in poco più di un minuto. Ridistribuito nel 2013 in versione 3D prima del lancio del sequel Monsters University.

Settimana, Una (One Week, Usa 1920, b/n, 19’ [ma 25’ se pro-

iettato alla corretta velocità di 18 fotogrammi al secondo]) Buster Keaton, Edward F. Cline. Con Buster Keaton, Sybil Seely, Joe Roberts. ◆ Due giovani sposini (Keaton e Seely) ricevono come dono di nozze una casa prefabbricata da montare, ignari che uno spasimante rifiutato dalla ragazza, per dispetto, ha cambiato la numerazione delle casse che ne contiene i pezzi. Ciò malgrado, riescono ugualmente a portarne a termine la costruzione con esiti paradossali: ingressi situati al primo piano, cucine sui balconi, finestre cieche, pavimenti inesistenti, architetture sghembe e fondamenta instabili. Ma durante la settimana li attendono sventure ancora peggiori, fino a un fatale venerdì 13 in cui l’abitazione, colpita da una tempesta, inizia a girare vorticosamente su se stessa come una giostra; e al giorno dopo, quando nel tentativo di rimorchiarla nel lotto in cui avrebbe dovuto essere effettivamente costruita, finirà sulle rotaie della ferrovia. Scritto con la collaborazione di Cline (accreditato come coregista, ma in realtà solo assistente e gagman), il cortometraggio d’esordio di Keaton dopo una lunga serie di ruoli da coprotagonista al fianco di Fatty Arbuckle è un esilarante accumulo di catastrofi progressive che contiene già in nuce classici temi keatoniani (il matrimonio come abbrivio di ogni sventura; l’ostinata impassibilità ottimista a cospetto del caos), quell’ossessione per l’implicazione «fisica» dell’attore nella gag (che supera e porta alle massime conseguenze le intuizioni chapliniane) e la scelta formale (dettata dall’estrema complessità delle azioni e dall’enormità dei set) dei suoi inconfondibili pianisequenza in campi lunghi. La casa «cubista» al centro della vicenda (un vero prodigio di scenografia) è teatro di un incessante tour de force acrobatico, come sempre senza controfigure: Keaton cade da impalcature di cui sega le travi sbagliate, vola da usci che si aprono sul nulla, monta comignoli scivolando dal tetto e, in una sequenza che anticipa curiosamente la più famosa gag di Io e il ciclone, sopravvive al collasso di un muro grazie a una provvidenzia-

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le finestra aperta. Film estremamente complesso, e costosissimo, fu realizzato la settimana dopo la lavorazione di Tiro a segno: ma al termine del montaggio Keaton ne era così entusiasta da riuscire a imporre che fosse distribuito prima. Nel 1995, il chitarrista d’avanguardia Bill Frisell ne realizzò una moderna colonna sonora nell’album The High Sign/One Week: Music for the Films of Buster Keaton, in cui era contenuta anche una nuova partitura per Tiro a segno.

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