Natwalproject

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ESPLORA RACCONTA CONDIVIDI

Un sistema multimediale per i percorsi emozionali e le storie collettive VOLUME 1 Ogni storia è una mappa



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I

Un sistema multimediale per i percorsi emozionali e le storie collettive VOLUME 1 Ogni storia è una mappa

Politecnico di Milano Scuola del Design CdLM in Design della Comunicazione a.a. 2010-2011 Barbara Desiderato matricola 752060 Relatore Prof. Mauro Panzeri



Ai miei nonni, per le passeggiate in cittĂ , tra il mare e il Castello, e le gite in campagna, con Nero e le margherite; alle mie nonne, per i racconti di luoghi e tempi lontani, ricordi dal valore inestimabile, e per le storie di fantasie mai esistite, ma vive nello spazio delle pagine piĂš amate; ai miei genitori, che saranno sempre un punto fermo del mio percorso, a prescindere dai tragitti e dalle deviazioni che la vita mi proporrĂ di intraprendere; e a mia sorella, che sta per imboccare la sua strada e che sono certa la porterĂ esattamente nel posto giusto.



Bristol, Inghilterra

IN

DI

Conclusioni

1. Racconti, vettori e connessioni

CE

Outro

a err hilt g n ,I dra Lon

pag. 117 bibliografia pag. 120 sitografia pag. 122 ringraziamenti pag. 123

2. La città percorsa

pag. 68

Tell me a map: storie metaforiche del mondo conosciuto

NATWAL project concept pag. 26 web site pag. 28 mobile app pag. 52

, ilson College Warren Wro a lin Nor th Ca

pag. 57

New

Earthwork e Land Art

York ,

rmania a, Ge Tubing

NY

pag. 103 collegamenti

volume 1 volume 2 successione argomenti

Natwal

Natwal

1. Precedenti e stato dell’arte

titolo capitolo Seguendo la traccia è possibile intraprendere un viaggio intorno al mondo alla ricerca delle basi teoriche e degli esempi pratici che hanno influenzato lo sviluppo del progetto.

titolo paragrafo

Blo is-R em ora nti n, F

pag. 22

1. Racconti, vettori e connessioni Par igi,

ran cia

pag. 9

2. La città percorsa

Italia

La città inconscia dei surrealisti

Intro

pag. 83

pag. 11

Ka rna

Eg

C M onc as o sa rd, ch us se t

A Zonzo con affetto: spazi dell’andare e percorsi creativi

Alba, It alia s

pag. 43

2. La città percorsa

Lettristi e situazionisti in città

2. La città percorsa 2. La città percorsa

Dada e il ready made urbano

pag. 87

itto

pag. 77

1. Precedenti e stato dell’arte ,I no ila M

Prologo

lia ta

Milanomifaimale

New Babylon contro il funzionalismo pag. 97

pag. 10 Rom a, Ita lia

pag. 15

1. Precedenti e stato dell’arte

1. Racconti, vettori e connessioni

pag. 31

Sahel, Mali

Esterni pag. 12 Ven ezu ela

Lo spazio dominante: apprendere da ciò che ci circonda

co,

ran cia

k,

Peace River, Canada

Fra ncia

Orin o

Ca rn ac ,F

Italia zia, e n Ve

Scelte cromatiche

pag. 8

Abstract Laconi,

2. Premesse al progetto

Biomapping

cisc San Fran

ia o, Californ

2. Premesse al progetto

Scenario d’uso pag. 20

1. Precedenti e stato dell’arte

Ugo La Pietra pag. 14

1. Precedenti e stato dell’arte

Stalker pag. 16





Abstract

NATWAL Project è un sistema di raccolta e diffusione della memoria collettiva del cittadino. Fulcro del progetto è infatti la convinzione che l’ambiente in cui viviamo lasci sempre una traccia nella mappa mentale della nostra memoria, generata inconsciamente da ogni essere umano per rappresentare l’ambiente circostante. In questo modo le strade si popolano delle sensazioni e delle visioni soggettive di ogni abitante, generando un nuovo livello di conoscenza della realtà cittadina e dei nuovi punti di vista da cui osservarla. La piattaforma di progetto parte quindi dall’archivio web, portale che raccoglie storie e percorsi condivisi dagli utenti e visualizzabili su una mappa interattiva. Essa restituisce in real time un quadro dello stato emotivo della città attraverso l’applicazione delle teorie espressionistiche del colore, associate alle emozioni condivise. In seguito, l’utente può servirsi dell’applicazione mobile per effettuare le esplorazioni sul territorio, in solitaria o in gruppo, percorrere i suoi itinerari o lasciarsi guidare dai suggerimenti casuali che di volta in volta il sistema propone.


Mappa della Terra di Mezzo, da Il Signore degli Anelli, J.R.R. Tolkien, George Allen & Unwin, Londra, 1955.


Intro «La città è caratterizzata da una certa quantità di azioni potenziali che vanno oltre le possibilità di realizzazione dell’individuo: si tratta dunque di situazioni virtuali [...in cui...] gli individui sono attori dotati di competenze intenzionali sostanziali. Considerato ciò, come gestire al meglio questo scarto? È possibile distinguere due modalità: da un lato, la gestione di un repertorio, che consiste nell’ordinare le azioni possibili sotto forma di liste per poi scegliere tra gli elementi, dall’altro la scoperta casuale e inaspettata, la serendipità, che giunge ad un risultato dal carattere aleatorio, ma permette di creare delle interazioni con l’ambiente ad alto contenuto creativo, massimizzate proprio dalla natura caratteristica dell’ambiente urbano: agli individui che ne accettano i rischi e le promesse, la città offre infatti avventure imprevedibili.»

1

11


12

Al giorno d’oggi sembra sempre più impossibile im-

Si parta quindi dal bisogno più remoto dell’uomo,

maginare che un essere umano sia in grado di vivere

ovvero conoscere la realtà che lo circonda. Gli ampi e

una vera avventura. Il massimo che possiamo arrivare

desolati spazi in cui un primitivo poteva trovarsi han-

a pensare è un organizzatissimo safari nella savana o

no indotto i primi esseri umani a segnare le strade, i

la costosa prenotazione per una giornata di rafting.

luoghi di caccia, i confini, tutto il possibile per ridurre

La società ormai ci offre tutto ciò di cui abbiamo

l’ignoto che li circondava ed assicurarsi così la soprav-

bisogno, ci basta un moderno telefono cellulare e una

vivenza. La mappatura e l’orientamento rispondono

connessione internet per cavarcela in ogni situazione:

perciò alla precisa necessità di visualizzare il mondo e

se ti sei perso c’è la geolocalizzazione, se cerchi qual-

di spiegarlo ad altri dopo di noi.

cosa in particolare c’è l’on demand, se non sai cosa

Ovviamente tali indagini sul reale non potranno mai

cucinare con gli avanzi c’è un’app specifica e così via.

essere esattamente identiche all’esistente, ed è per

Che tutto ciò sia motivo di orgoglio per la nostra

questo che ogni rappresentazione cartografica espri-

epoca è indubbio: il progresso tecnologico supporta

me non la verità assoluta, ma un punto di vista: in

sempre più l’esistenza umana e ne alleggerisce fati-

Maps of the Imagination Peter Turchi afferma - To task

che e problemi.

for a map is to say, “Tell me a story”- 2, una storia

Questo da una parte.

metaforica sul mondo che conosciamo, rappresenta-

Come tutte le innovazioni, anche l’attuale stato del-

zione della realtà a seconda delle nostre necessità e

le cose ha una seconda faccia della medaglia.

inclinazioni.

Quando procediamo decisi verso il futuro, spesso dimentichiamo un assunto fondamentale della teoria

Considerato tutto questo, cosa succederebbe se

del progresso: l’introduzione di nuovi metodi e nuo-

le attuali operazioni di orientamento su un territorio

ve abitudini porterà inevitabilmente alla cancellazione

non fossero più legate a strumenti precostituiti ma

delle pratiche precedentemente in uso per svolgere

piuttosto si appoggiassero a questo bisogno originale

quelle stesse azioni. In altre parole, l’essere umano

e alla volontà di “scrivere la propria storia” attraverso

fa posto alle nuove pratiche eliminandone altre dalla

un’esplorazione libera e personale?

propria memoria. Ciò significa che molto probabilmente fra qualche secolo non ricorderemo come fare una

Se si considerano le più diffuse definizioni del ter-

cosa che oggi è all’ordine del giorno, così come oggi

mine città, si nota come esse siano sempre collegate

abbiamo rimosso pratiche che pochi decenni fa erano

ai concetti di insediamento umano e agglomerato di

la normalità.

popolazione, così come, etimologicamente parlando,

1. Jacques Lèvy, La sérendipité dans les sciences, les arts et la décision, Centro Culturale Internazionale di Cerisy-La-Salle, Cerisy-LaSalle, 2009. 2. Peter Turchi, Maps of the imagination: the writer as cartographer, Trinity University Press, San Antonio,

2004. 3. http://www.treccani.it «città (ant. cittade) s. f. [...] 2.L’insieme degli abitanti di una città: c. tranquilla, laboriosa; tutta la c. ne parla; era intervenuta alla cerimonia quasi tutta la città. Nello stesso senso possono

essere usati anche i nomi proprî di città: tutta Milano, mezza Roma, la maggior parte di Napoli, intendendosi i Milanesi, i Romani, i Napoletani. www.etimo.it «città: troncato da cittade dal lat. CIVITATE(M), che ebbe pure il senso di

paese accasato, e trae da CIVIS cittadino: propr. il complesso dei cittadini (v.Civico)». 4. Franco La Cecla, Perdersi. L’uomo senza ambiente, Gius. Laterza & Figli, Bari, 1988.


il termine derivi dall’analogo latino civitas che a sua

sebbene ancora questo tipo di smarrimento risponda

volta trae da civis, ovvero cittadino.

È indubbia per-

più ad una volontà di fuga dalla routine che al puro de-

ciò la necessità di considerare il territorio urbano non

siderio di fare nuove esperienze e ampliare le proprie

come mero insieme di servizi e infrastrutture, freddo

conoscenze, rappresentato com’è da un concetto di

susseguirsi di strade e palazzi, ma piuttosto come un

viaggio che le agenzie di viaggio alimentano con i miti

corpo pulsante, i cui indispensabili organi costituenti

commerciali delle località esotiche e delle isolette di-

sono gli abitanti.

sabitate.

3

rapporto tra questi due elementi non sia univoco, ma

Contrariamente a questa tendenza, nelle pagine

a doppio senso, e cioè che l’ambiente cittadino pos-

che seguono si riconosce una diversa modalità di spe-

sa in qualche modo sviluppare caratteristiche proprie,

rimentazione del perdersi, basata principalmente sulla

o meglio, inconsciamente generate, che influiscono

volontà di fare mente locale della propria città, ritro-

sul cittadino. Franco La Cecla parla in questo caso

vando l’altrove, la fuga, dietro l’angolo di casa propria

di “spazio dominante” 4, in cui l’ambiente infrange i

attraverso un metodo che affonda le sue radici nell’ar-

preconcetti e le abitudini del singolo e, dopo un iniziale

te e nella letteratura internazionale.

momento di disorientamento, costringe il visitatore a

Basti pensare a questo proposito al caso esempla-

confrontarsi con mondi diversi, a rigenerare i punti di

re delle derive lettriste: sarà l’Internazionale del 1955

riferimento e esplorare la nuova realtà.

a proporre il Progetto di migliorie razionali della città

L’attività di smarrimento dell’orientamento nell’am-

di Parigi sulla base dei risultati ottenuti attraverso i

biente urbano può quindi essere considerato un pro-

“giochi lettristi” portati avanti nel corso degli anni Qua-

cesso non esclusivamente negativo, come general-

ranta, dichiarando quindi la necessità di sviluppare una

mente è percepito, ma anche come possibilità, quel

certa abitudine all’esercizio sensoriale, per consentire

processo costruttivo che La Cecla chiama “mente

quindi nuove percezioni ed esperienze attraverso cui

locale” 4. Perdersi non è infatti un errore, ma un com-

riconfigurare oggetti e soggetti dell’azione urbana.

portamento specifico che indica l’inizio di un nuovo orientamento dell’esistenza. Questo rovesciamento di

La ricerca percorre quindi la storia sociale e cul-

prospettiva accresce il perdersi di valori positivi ricon-

turale, recente e antica, per tracciare una strada che

ducibili allo spirito di avventura, al desiderio di esplora-

vuole stimolare nel lettore l’apertura mentale verso

zione e al piacere della passeggiata flaneuristica sen-

l’inaspettato e il meraviglioso quotidiano. Attraverso

za meta o obiettivo. Ciò che ne consegue è un forte

il progetto si propone poi la definizione concreta di

ampliamento della nostra mappa mentale, in cui ad

quel livello di senso aggiunto da sovrapporre alla nor-

una visione personale della realtà, prodotta cioè da

male rappresentazione della città, arricchendola così

ogni individuo filtrando il territorio secondo un certo

di tutte quelle emozioni e esperienze che fanno di un

punto di vista, si aggiungono ulteriori livelli di senso

luogo non un’area geografica arbitrariamente definita,

densi di nuovi significati e nuove relazioni.

ma anche, e soprattutto, il teatro dei sentimenti e lo

È possibile notare come il desiderio di “perdersi” stia prendendo sempre più piede al giorno d’oggi,

spazio del ricordo.

Intro

Alla luce di queste considerazioni, si immagini che il

13


Cartolina da collezione: 758 - Carnac - Le GĂŠant des Alignements du MĂŠnec, Collezione Laurent-Nel, Rennes.


Prologo

15

«La radice indoeuropea della parola esperienza è per, che è stato interpretato come tentare,

mettere alla prova, rischiare, connotazioni che persistono nella parola pericolo. Le più antiche connotazioni di prova di per compaiono nei termini latini per l’esperienza: experior, experimentum. Questa concezione dell’esperienza come cimento, come passaggio attraverso una forma di azione che misura le dimensioni e la natura vera della persona o dell’oggetto che l’intraprende, descrive anche la concezione più antica degli effetti del viaggio sul viaggiatore. [...] Una delle parole tedesche che significano esperienza, Erfahrung, viene dal tedesco antico irfaran: viaggiare, uscire, tra-

versare o vagare. L’idea profondamente radicata che il viaggio sia un’esperienza che mette alla prova e perfeziona il carattere del viaggiatore risulta chiara nell’aggettivo tedesco bewardert, che oggi significa sagace, esperto o versato, ma che originariamente (nei testi del XV secolo) qualificava semplicemente chi aveva viaggiato molto.»

Erich J. Leed, 1992


Prologo 16

In alto Paesaggio del Sahel, Africa, 2009. Fotografia di Daniel Tiveau, Center for International Forestry Research.

In basso Tuareg nomadi al mercato del bestiame nelle vicinanze di Gao, Mali.


Il percorso culturale

pastori erranti3. La divisione originale del lavoro produce perciò due

Procedendo a ritroso nel tempo, indagando il con-

civiltà distinte, i nomadi e i sedentari, ma non indipen-

cetto di architettura sin dalle origini, è evidente come

denti tra loro, che necessitano infatti dell’integrazione

troppo spesso esso venga erroneamente contrappo-

l’una nell’altra per sopravvivere. Un evidente esempio

sto al concetto di nomadismo. I sedentari, ovvero «chi

concreto di questo “spazio dell’incontro” è rappre-

vive stabilmente in un determinato territorio» sono

sentato dallo Sahel, bordo meridionale del Sahara e

considerati gli architetti del mondo, e perciò inver-

luogo in cui i pastori nomadi del deserto scambiano

samente i nomadi, «che non hanno dimora stabile»1,

prodotti con i sedentari agricoltori delle prime regio-

sono avversi all’architettura. Contrariamente a questa

ni fertili dopo chilometri di sabbia. «La parola Sahara,

comune convinzione, è possibile procedere cronologi-

che deriva da sahra, significa uno spazio vuoto, [...] ,

camente e ritrovare evidenti prove a sostegno di un

mentre Sahel deriva dall’arabo sahel e significa spon-

concetto di architettura che fonda le sue origini sia nel

da o bordo. Il Sahel è il margine del grande spazio

mondo sedentario che in quello nomade.

vuoto attraverso il quale, come in un grande mare, si

1

Secondo le teorie creazioniste, circa nel 5000

approda a qualche cosa di stabile e di segnato dalla

a.C. è stata definita la seconda distinzione originale

presenza dell’uomo»4, in altre parole lo spazio noma-

dell’umanità dopo Adamo e Eva: Caino e Abele, figli

de è un vuoto spesso impraticabile, un deserto in cui

dei primi uomini sulla terra, avrebbero incarnato lo spi-

è difficile orientarsi e in cui l’unica traccia visibile, ma

rito sedentario e lo spirito nomade, agricoltore l’uno

non durevole, è la scia lasciata dal camminare.

2

e pastore l’altro. Scendendo ancor più nel particola-

Date queste premesse, è possibile abbandonare

re, si potrebbe affermare che la vita di Caino fosse

la convinzione diffusa secondo cui la nascita del con-

improntata ad attività fisicamente faticose, come lo

cetto di architettura possa essere relativo solo ed

“stare sui campi” ogni giorno e lavorare la terra, e

unicamente allo spazio dello stare: è plausibile infatti

al contrario Abele, data la natura meno faticosa dell’

considerare che proprio le tribù nomadi, alla luce della

“andar per campi” controllando le greggi, viveva proba-

loro evidente necessità di segnare lo spazio dell’anda-

bilmente delle giornate con abbondante tempo libero.

re, siano state all’origine della costruzione simbolica

La conclusione della storia è cosa nota a tutti, ma

del paesaggio.

è interessante notare come la condizione privilegia-

La città nomade è uno spazio volatile, il segmento

ta del fratello nomade si trasformi in punizione divina

di territorio occupato durante lo spostamento, punto

per Caino, e come, secondo la Genesi, sarà il figlio

variabile da cui lo spazio intorno viene percepito e me-

di quest’ultimo, Habel, a dare origine alla stirpe dei

morizzato nel corso del cammino. Se per i sedentari

1. http://dizionari.hoepli.it «sedentario [se-den-tà-rio] [...] agg. 3 ANTROP Che vive stabilmente in un determinato territorio: popolazioni sedentarie; uccelli sedentari CON. nomade, migratorio». http://dizionari.hoepli.it «nomade [nò-ma-de] [...] agg.Di popoli o tribù che

non hanno dimora stabile: tribù, popoli nomadi. fig. Vita nomade, di chi cambia spesso residenza o abitazione» 2. Secondo James Ussher, vescovo anglicano del XVII secolo, la data della creazione fu precisamente il 23 ottobre 4004 a.C. a mezzogiorno; secondo il ve-

scovo cattolico Eusebio di Cesarea, che ricavò la data dalla versione biblica dei Settanta, il mondo avrebbe avuto inizio nel 5199 a.C. Secondo il padre e dottore della Chiesa San Girolamo, che ricavò la data dalla versione biblica della Vulgata, il mondo avrebbe

avuto inizio nel 4000 a.C. Per alcuni creazionisti della Chiesa Ortodossa, invece, si segue la visione tradizionale del calendario bizantino, secondo cui Dio creò Adamo nel 5508 a.C. 3. Genesi, 4.20-21. 4. Eugenio Turri, Gli uomini delle tende, Edizioni di Comunità, Milano, 1983.

17


Prologo 18

Danza Tuareg nel deserto, Ghadamis, Libya. Fotografia di Eric Lafforgue.


gli spazi nomadi sono vuoti, un sahra, per i viaggiatori

per, che è stato interpretato come tentare, mettere

del deserto invece questo ambiente è ricco di tracce,

alla prova, rischiare; connotazioni che persistono nella

indizi e luoghi puntuali: gli uomini erranti imparano a

parola pericolo. Le più antiche connotazioni di prova

guardare e ad avere percezione di questi spazi con

di per compaiono nei termini latini per esperienza: ex-

l’esperienza, e per primordiale spirito di sopravvivenza

perior, experimentum. Questa concezione dell’espe-

affinano la capacità di saper vedere nel deserto.

rienza come cimento, come passaggio attraverso una

L’unica architettura dello spazio paleolitico era

forma di azione che misura le dimensioni e la natura

perciò il percorso stesso, non come traccia fisica sul

vera della persona o dell’oggetto che l’intraprende, de-

territorio, ma come costruzione mentale dello spazio.

scrive anche la concezione più antica degli effetti del

Trasformato nei suoi significati dal passaggio dell’uo-

viaggio sul viaggiatore. Molti dei significati secondari di

mo che lo attraversa, esso acquisisce una valenza

per si riferiscono esplicitamente al moto: attraversare

culturale elevandosi dallo stato più generale di spazio

uno spazio, raggiungere una meta, andare fuori. L’im-

allo stato di luogo riconosciuto e caratterizzato rispet-

plicazione del rischio presente in pericolo è evidente

to al resto.

negli affini gotici di per (nei quali la P diventa F): ferm

Per meglio comprendere la teoria dell’erranza è

(fare), fare (andare), fear (temere), ferry (traghettare).

necessario inoltre sottolineare il profondo legame che

Una delle parole tedesche che significano esperienza,

intercorre tra i concetti di viaggio, esperienza, peri-

Erfahrung, viene dal tedesco antico irfaran: viaggiare,

colo e percorso non solo dal punto di vista materiale

uscire, traversare o vagare. L’idea profondamente ra-

affrontato fino ad ora, ma anche da quello linguisti-

dicata che il viaggio sia un’esperienza che mette alla

co: «La radice indoeuropea della parola esperienza è

prova e perfeziona il carattere del viaggiatore risulta

Beduini, Marsa Alam. Fotografia di Katya Rykova.

19


Prologo 20

2 Uomini Tuareg con cammelli, Ghadames Cemetery, Libya. Fotografia di Eric Lafforgue.


21


Prologo 22

7 In alto Allineamento di Sa Perda Iddocca, Sardegna.

In basso a sinistra Betili femminili Tamuli, Macomer, Sardegna. Fotografia di Giulia Mameli.

In basso a destra Menhir Genna Arrele I, IV millennio a.C., Museo Archeologico Nazionale di Sassari.


chiara nell’aggettivo tedesco bewardert, che oggi si-

megalitico legato evidentemente al percorso nomade,

gnifica sagace, esperto o versato, ma che originaria-

ed è per questo che «è plausibile che i menhir fossero

mente qualificava semplicemente chi aveva viaggiato

stati pensati e realizzati, oltre che nella funzione loca-

molto.»5

le di simulacri del culto da parte degli abitanti dei villaggi della zona, anche come punti di riferimento, segnali

Il percorso fisico

o luoghi di pausa per i viandanti; essi avevano cioè un interesse generale e vorrei dire pubblico»6.

Nell’età paleolitica, lo spazio nomade è quindi evi-

Ancora oggi i pastori di Laconi chiamano i menhir

dentemente caratterizzato dall’assenza di segni stabili

“perdas litteradas”, ovvero “pietre letterate” o “pietre

e la sua forma è riconducibile alla linea evanescente

delle lettere”, in riferimento a tre differenti usi dei mo-

disegnata dal susseguirsi dei punti in movimento: non

noliti legati alla scrittura: la prima interpretazione può

ci si preoccupa della partenza o dell’arrivo ma solo

far riferimento alle facciate disegnate di alcune pietre

dello spazio intermedio dell’andare.

in cui compaiono simboli simili a quelli degli obelischi

I menhir appaiono per la prima volta in età neolitica

egiziani, mentre la seconda e la terza inseriscono i

(VIII millennio a.C.) e il loro innalzamento rappresen-

megaliti direttamente nei percorsi dell’erranza pale-

ta la prima azione umana di trasformazione fisica del

olitica e della transumanza nomade. È infatti difficile

paesaggio, facendo di queste “pietre lunghe”, lette-

immaginare come i viaggiatori dell’antichità riuscissero

ralmente dal dialetto bretone men-hir, gli oggetti più

ad attraversare i continenti senza l’aiuto di mappe o

densi di significato di tutte le età della pietra: culto

segnali ed è perciò assai probabile che i menhir funzio-

della fertilità, adorazione del sole, tombe di eroi leg-

nassero come un primordiale sistema di orientamento.

gendari, luoghi sacri carichi di energia ctonia o fonti

Queste pietre erano impiegate per costruire un pae-

nascoste di acqua; queste alcune delle interpretazioni

saggio architettonico, disegnando sul territorio il punto

date ai menhir dagli studiosi. Indubbiamente i megaliti

(il menhir isolato), la linea (tramite l’allineamento) e

svolgevano più funzioni contemporaneamente ma è

la superficie (recintando uno spazio con una serie di

interessante soffermarsi in particolare sulla relazione

menhir, specialmente in circolo). Servendosi di questa

che queste pietre instauravano con il territorio in cui

versione della geometria, intesa letteralmente come

venivano infisse. A questo proposito è utile prendere

“misura della Terra”, i viaggiatori creavano contempo-

in considerazione il caso dei menhir di Laconi, in Sar-

raneamente una geografia, una “scrittura della Terra”,

degna.

assegnando alle strutture fisiche un segnale che indi-

Il primo menhir sardo, scoperto nel 1975, è quello

casse la posizione sulle grandi vie di attraversamento.

di Genna Arrele I. Risalente al IV millennio a.C. e oggi

Esempi di questa relazione dei menhir con le rotte

esposto al Museo Archeologico Nazionale di Sassari,

del commercio nomade si ritrovano sia nella cultura ro-

si trova sulla via della transumanza che porta alla Valle

mana che nelle aree archeologiche della Puglia. Infat-

Iddocca attraverso l’allineamento di menhir di Sa Per-

ti nell’Impero risulta diffusa la credenza che i menhir

da Iddocca. È questo un classico esempio di sistema

fossero i diretti antenati delle Hermae poste a sorve-

5. Erich J. Leed, La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale, Il Mulino, Bologna, 1992.

6. Giovanni Lilliu, La civiltà dei sardi, dal paleolitico all’età dei nuraghi, Nuova Eri, Torino, 1963.

23


Prologo 24

In alto Allineamento di Carnac, IV-III millennio a.C., Bretagna

In basso a sinistra Geroglifici del ka in diverse culture.

In basso a destra Rappresentazione del benben e del benou.


glianza del quadrivium, “crocevia di strade” divenuto

Il menhir è quindi un’ancestrale stazione di servizio

simbolo delle quattro direzioni del mondo in cui l’uomo

lungo le rotte della transumanza nomade, che riporta

sceglie il suo futuro. In base alla storia dell’eroe greco

informazioni utili al proseguimento del viaggio ma dà

Edipo, il quale incontra il suo terribile destino proprio in

anche la possibilità di incontrare altri viandanti, o genti

un crocevia sulla strada per Tebe, secondo i romani in

dei villaggi riunitisi in un luogo neutrale per celebrare

prossimità di un incrocio stradale era saggio porsi sot-

riti e festività. Infatti non è difficile pensare che con il

to la protezione di Mercurio (Ermes in greco) protetto-

tempo questi luoghi siano divenuti territori sacri dove

re dei viandanti e del commercio. L’erma è infatti un pi-

celebrare iniziazioni all’erranza, oppure onorare il mito

lastrino sormontato dalla testa scolpita del dio. L’erma

della transumanza e invocare protezione per i viaggia-

greca però deriva a sua volta dalle prime rappresen-

tori.

tazione scultoree delle dimore delle divinità nei popoli

Sulla scia volatile dello spazio dell’andare dei noma-

orientali e semiti, il betile, che veniva posto presso un

di paleolitici si sviluppa quindi la rappresentazione del

bosco o una fonte dove si credeva dimorasse il dio

cammino stesso, concretizzato nella fisicità nel mono-

(la parola deriva probabilmente dall’ebraico Beith-El,

lite. Più precisamente intorno al monolite si sviluppa

“casa del dio”) . Se in epoca romana l’erma era sor-

anche l’idea del percorso come elemento spirituale,

montata da una, due o quattro teste, prima dell’epoca

portato poi alla sua massima espressione dagli archi-

arcaica il bethel poteva consistere anche solo in una

tetti egiziani.

7

pietra di forma simile ad un cono tronco (con evidenti allusioni di natura fallica) con cui si augurava fortuna e

Il percorso religioso

prosperità agli avventori e ai viaggiatori. L’esempio pugliese invece porta l’attenzione sulla

La civiltà egiziana conserva nel suo apparato sim-

necessità di considerare i menhir come segnaletica

bolico e religioso elementi delle culture paleolitiche e

di confine tra i vari territori, trovandosi in luoghi che

neolitiche, e sulla base di queste influenze trasforma il

probabilmente erano stati teatri di scontro o incontro

menhir in volume architettonico e il percorso in spazio

tra villaggi differenti. Ad avvalorare questa ipotesi è

interno.

anche l’evidente presenza fisica dei monoliti, il cui in-

La nascita del volume nello spazio è spiegata dal

nalzamento e posizionamento doveva necessariamen-

mito egiziano del benben: «La pietra benben, venera-

te coinvolgere un numero di uomini maggiore rispetto

ta nei templi di Eliopoli, è un monolite di forma conica

a quelli che potevano essere presenti in una singola

sulla cui sommità poggia l’uccello crestato bonou. La

tribù. Possiamo considerare il più grande monolite di

radice etimologica dei due nomi è bn o wbn, ovvero

Carnac, in Bretagna, il menhir Locmariaquer alto 23

luce, brillantezza, ascesa. Il benben è la prima appari-

metri e pesante 300 tonnellate, come l’incontro di

zione del dio del sole Atum-Ra dopo il caos primordiale,

numerose popolazioni in un territorio neutro, non ap-

è la pietra che per prima emerse dal caos, la pietri-

partenente ad un villaggio in particolare, ma in cui tutti

ficazione del primo raggio solare all’alba che venne

si potessero riconoscere.

trasformato con un’astrazione geometrica in obelisco

7. http://www.treccani.it «bètilo s.m. [dal lat. baetŭlus, gr. βαίτυλος, forse dall’ebr. bēt’ēl «casa del

dio»] Nome dato ad alcune pietre sacre per i Semiti, perché si ritenevano abitate da divinità (come quelle

situate presso un bosco o una fonte), o perché si credevano cadute dal cielo e dotate di potere magico».

25


Prologo 26

Ipostilio del tempio di Amon, II millennio a.C, Karnak. Fotografia di Christine Lebrasseur.


dalla punta luminosa e più tardi in piramide. [...] Be-

dei grandi templi del Nuovo Regno.

nou è il simbolo dell’immortalità e della resurrezione,

La dimostrazione pratica di questo sviluppo dalle

è l’airone cinerino che per primo si posò sulla collina

radici profonde è data indubbiamente dalla compara-

originale uscita dal fango, il benben, sulla quale il sole

zione tra il tempio di Amon a Karnak, edificato nel II

si era levato la prima volta dall’orizzonte e dove Atum-

millennio a.C., e il più grande sistema di menhir esi-

8

Ra aveva creato la prima coppia del genere umano».

stente al mondo, l’allineamento di Carnac, edificato in

L’origine dello spazio interno è collegata invece al

Bretagna nel IV-III millennio a.C. Tra i 3.000 megaliti

concetto del ka che «simboleggiava l’eterno errare, il

oggi rimasti rispetto ai 15.000 originari, disposti su

movimento e la forza vitale, e porta con sè la memo-

una lunghezza di 4.000 metri, le numerose comunità

ria delle lunghe e pericolose migrazioni paleolitiche.

della regione si incontravano per celebrare i riti sacri

Il geroglifico del ka è composto da due braccia alza-

collegati al culto dell’erranza e del sole in un tempio a

te e indica come l’energia divina venisse trasmessa

cielo aperto. Tralasciando le evidenti affinità tra i due

dal dio come infusione diretta dall’alto o attraverso

nomi, similmente un millennio più tardi, Ramsete II fa

l’abbraccio protettivo il cui simbolo è una sorta di ka

erigere le 134 colonne allineate in 16 file dell’ipostilo

capovolto».8

del tempio di Amon, che in conformità con le teorie

I due simboli, il benben e il ka ritornano spesso

egiziane per l’architettura sacra, rappresenta il più co-

nelle incisioni su vari menhir, anche in quelli sardi per

lossale luogo di passaggio che sia mai stato concepi-

esempio, il che suggerisce, in particolar modo per il

to, spazio da percorrere per l’iniziazione all’eterno er-

ka, il riconoscimento in molte civiltà di un unico simbo-

rare prima del raggiungimento della cella oscura dove

lo comprensibile a tutte le popolazioni erranti, infatti

è conservata l’immagine del dio.

è riconosciuto come «il simbolo del ka, con le mani di dimensioni sproporzionate, è collegato al gesto dell’adorazione del sole che risale alla preistoria di molte civiltà, dall’Africa alla Scandinavia».8 Sulla base di queste premesse, se consideriamo inoltre che Giedion afferma che «le origini dell’architettura in pietra sono inseparabilmente connesse al concetto del ka, e fu proprio il ka del fondatore della Terza dinastia, re Zoser, a dare origine all’architettura in pietra, [...] l’unico materiale eterno che poteva racchiudere il ka»8 è evidente come nella civiltà egizia lo spazio dell’andare guadagni un’ulteriore valenza: essa supera e ingloba sia i menhir che il puro cammino paleolitico per arrivare alla realizzazione simbolica, con l’adorazione dello spirito dell’eterna erranza, e alla realizzazione fisica, con la magnificenza delle architetture

8. Sigfried Giedion, L’eterno presente, Feltrinelli, Milano, 1965.

27


1

Le Cronache del ghiaccio e del fuoco (A song of Ice and Fire), George R.R. Martin, mappa di Ser Mountain Goat, 2012.


Racconti, vettori e connessioni Ogni storia è una mappa. Questo l’assunto da cui la ricerca prende forma, attraversando (è proprio il caso di dirlo) filosofia, arte e letteratura per dimostrare come ancora oggi il to-

pos del viaggio possa risultare di un’attualità sorprendente. Intraprendiamo percorsi conoscitivi, quando ci ritroviamo in un ambiente ignoto, ne studiamo i luoghi per farne mente locale e inserirlo nelle mappe mentali che ogni giorno ci guidano, spesso in maniera più adeguata di qualsiasi navigatore satellitare, ricordandoci che senza perderci non potremmo mai ritrovarci. Intraprendiamo viaggi creativi, quando passeggiamo senza scopo, lasciandoci guidare dalla città che ci circonda e abbandonando qualsiasi mappa che non sia dettata dall’empatia del momento. Intraprendiamo il Viaggio seguendo il corso della nostra vita, perchè da sempre l’uomo tiene traccia della sua esistenza e della sua realtà in mille modalità differenti, descrivendo così non solo la storia del mondo, ma soprattutto il suo modo di guardarlo. E viverlo.

29


Labyrinth. Dove tutto è possibile (Labyrinth), Jim Henson, USA 1986.


1. Racconti, vettori e connessioni

Lo spazio dominante: apprendere da ciò che ci circonda

31

«Perdersi significa che tra noi e lo spazio non c’è solo un rapporto di dominio, di controllo da parte del soggetto, ma anche la possibilità che sia lo spazio a dominare noi. Sono momenti della vita in cui impariamo ad apprendere dallo spazio che ci circonda...non siamo più capaci di dare un valore, un significato alla possibilità di perderci. Cambiare luoghi, confrontarsi con mondi diversi, essere costretti a ricreare in continuazione i punti di riferimento, è rigenerante a livello psichico, ma oggi nessuno consiglia un’esperienza simile. Nelle culture primitive invece se uno non si perde non diventa grande. E questo percorso viene agito nel

1.1

deserto, nella foresta, i luoghi sono una specie di macchina attraverso la quale si acquisiscono altri stati di coscienza»

Franco La Cecla, 1988


1.1 Lo spazio dominante 32

1

Calle, Sestriere S.Marco, Venezia, Italia.


Al contrario, il comportamento più opportuno sa-

za di luoghi e di organizzazione di essi in una trama

rebbe piuttosto quello di Andrea, protagonista del rac-

1

di riferimenti visibili e non» , lo smarrimento dell’orien-

conto incompiuto di Hugo von Hofmannsthal2, Andrea

tamento può essere considerato un processo non

o i Ricongiunti. In esso la foresta inesplorata è la Ve-

esclusivamente negativo, come generalmente è per-

nezia del Settecento, con le sue confuse calli e i suoi

cepito, ma anche come possibilità di ambientarsi in

campielli e rappresenta metaforicamente il passaggio

storie collettive diverse da quelle abituali. Un proces-

complicato dall’adolescenza all’età adulta del giovane

so costruttivo che Franco La Cecla chiama “mente

Andrea, il quale infine costruirà una sua mappa della

locale”.

città, indice sia dell’acquisita capacità di orientamento

1

La “mente locale” ha origine in culture in cui, a fronte di un rapporto con il territorio molto forte, smarrirsi

nello sconosciuto, che del riconoscimento del fascino del perdersi in esso.

(e ritrovarsi) acquista importanza e peso particolari.

Proprio città quali Venezia, o la Firenze di Dante,

Perdersi non è infatti un errore, ma un comportamen-

ricordano come in quasi tutte le città europee l’orien-

to specifico che indica l’inizio di una crescita, di un

tamento originale degli abitanti fosse regolato da un

nuovo orientamento della vita. L’utilizzo di questo rove-

sistema relativo non scritto fatto di aggregazioni pro-

sciamento di prospettiva accresce il perdersi di valori

fessionali, luoghi dello scambio e grovigli di vie. In parti-

positivi riconducibili allo spirito di avventura, al deside-

colare a Firenze ci si orientava per nomi di canti, punti

rio dell’esplorazione di nuovi luoghi, con conseguente

chiave come le farmacie, le logge, le case delle fami-

ampliamento della nostra mappa mentale.

glie importanti, che solo nel 1785 furono “attaccati” ai muri sulle targhe delle strade. Una situazione simile si

Rispetto a queste considerazioni, è semplice ve-

è verificata a Parigi, in cui il Piano dei limiti redatto nel

dere come il desiderio di perdersi stia man mano

1728 ha portato l’ordine e il controllo delle istituzioni

prendendo sempre più piede al giorno d’oggi: lo

nelle famose corti dei miracoli parigine.

smarrimento volontario è figlio della sempre maggiore impossibilità di perdersi in un mondo invaso da un

Sino ad oggi, questo processo di orientamento

concetto di viaggio banale e commerciale, alimentato

forzato ha portato alla scomparsa dello smarrimento

dal mito della località esotica e dell’isoletta disabita-

costruttivo: regolamenti edilizi, burocrazia e istituzioni

ta distribuiti dalle agenzie di viaggio. La Cecla attribu-

hanno ridotto a tal punto la creatività del cittadino,

isce l’inizio di questo declino alle prime colonizzazioni

permettendogli il più delle volte solo un perdersi fitti-

occidentali dei paesi come l’America, l’Asia e l’Africa,

zio, piuttosto una distrazione rispetto all’abituale ter-

investite dalla civilizzazione occidentale che forse solo

ritorio, bel lungi dai principi del perdersi originale. Per

inizialmente era realmente animata da spirito di esplo-

comprendere al meglio la relazione tra orientamento

razione e scoperta, ma ha poi finito per contaminare

relativo e assoluto, La Cecla propone la seguente sto-

ad ogni passo i nuovi luoghi e annullarne le caratteri-

ria che ha per protagonisti un uomo e uno scoiattolo:

stiche.

1. Franco La Cecla, Perdersi. L’uomo senza ambiente, Gius. Laterza & Figli, Bari, 1988.

2. Hugo von Hofmannsthal, Andrea o i ricongiunti, Adelphi, Milano, 1995.

1. Racconti, vettori e connessioni

Se per orientarsi si intende «l’attività di conoscen-

33


1.1 Lo spazio dominante 34

Uno scoiattolo è arrampicato sul lato di un albero.

compiono queste operazioni con un fine utilitaristico,

Sul lato opposto si trova un uomo. L’uomo, nell’inten-

ed è per questo che per esempio nel quartiere Sun-

to di scorgere lo scoiattolo, comincia a girare intorno

set a San Francisco tutte le strade sono nominate in

all’albero. Ma, mentre fa così, anche lo scoiattolo si

ordine alfabetico per evitare che gli automobilisti vi si

muove nello stesso verso, in modo da sfuggire al suo

perdano. Dall’altra parte anche gli abitanti di ogni città

sguardo. Per quanto l’uomo continui a girare intorno

nominano da sempre le strade, ma partendo da un

all’albero, lo scoiattolo lo precede sempre e mantiene

punto di vista differente: basandosi sulle caratteristi-

tra sè e l’inseguitore il tronco dell’albero. L’uomo gira

che estetiche dei luoghi o sul loro uso quotidiano piut-

intorno allo scoiattolo o no? Gira intorno all’albero -

tosto che su una visione oggettiva, hanno fatto si che

questo è sicuro - e lo scoiattolo è sull’albero, ma rie-

esistano indirizzi come “via delle Sedie Volanti”, strada

sce a girare anche intorno allo scoiattolo? 3

di Palermo in cui si fabbricavano portantine. Dare un nome ad un luogo è infatti un procedimento tutt’altro

Rispetto all’uomo, nord, sud, est e ovest sono

che semplice, poichè quel nome rappresenterà la sua

coordinate topografiche per l’orientamento assoluto,

identità, la sua essenza, e non soltanto un’etichetta.

ovvero posizionano il soggetto in un punto preciso

Nelle culture indigene questa concezione dei luoghi

di una griglia, come accade nei rilievi e nelle mappe.

quasi animistica determina un legame strettissimo tra

Contemporaneamente è possibile osservare la scena

il villaggio e gli abitanti, spesso “chiamati” allo stes-

in relazione agli spostamenti interni dei due attori e

so modo, così come l’importanze di dare un nome a

stabilire un orientamento ogni volta specifico in base

ciò che ci circonda era fondamentale per gli aborigeni

alle loro posizioni reciproche. È quest’ultimo aspetto

autraliani e i walkabout, caso trattato in maniera più

che viene preso in considerazione da un gran numero

specifica nelle pagine seguenti. A questo proposito,

di culture dell’abitare, in cui la geografia domestica ha

non è un casuale infatti che in greco arcaico si utiliz-

origine da punti chiave come il focolare, e si sviluppa

zasse il termine damos (damos) per indicare sia il

a partire da esso.

gruppo sociale che il territorio da esso occupato, così

Lo spazio concepito secondo un orientamento relativo è costituito da una rete di relazioni mobile, le

come il termine teuta (teuta) indicava sia la tribù che il territorio5.

cui distanze sono man mano generate dai soggetti

Se inoltre si considerano le più diffuse definizioni

che fanno esperienza dei luogo stesso. Christopher

del termine città, si nota come esse siano sempre

Hallpike definisce questo tipo di spazio come “topolo-

collegate ai concetti di insediamento umano e agglo-

gico”, associandolo alla visione del mondo propria dei

merato di popolazione, così come, etimologicamente

popoli primitivi.

parlando, il termine derivi dall’analogo latino civitas che

4

a sua volta trae da civis, ovvero cittadino.6 È indubbia Nominare e ordinare lo spazio non è però sem-

perciò la necessità di considerare il territorio urbano

pre un’attività negativa. Le amministrazioni comunali

non come mero insieme di servizi e infrastrutture,

3. George Miller, C. Jonson Laird, Language and perception, Harvard, 1976. 4. Christopher Hallpike, The foundation of primitive thought, Oxford University

Press, Oxford, 1979 (trad. it. I fondamenti del pensiero primitivo, Ed.Riuniti, Roma, 1982). 5. Franco Crevantin, Campo e percorso: note sulla

categorizzazione spaziale, in “La Ricerca Folklorica : contributi allo studio della cultura delle classi popolari”, pp. 15-23, n.4, ott. 1981, numero mo-

nografico su “Antropologia Simbolica”, Grafo s.p.a., Brescia, 1981. 6. http://www.treccani.it «città (ant. cittade) s. f. [...] 2.L’insieme degli abitanti


esse non visualizzavano solo lo spazio fisico, ma an-

come un corpo pulsante, i cui indispensabili organi co-

che lo spazio vitale, gli usi e i costumi della gente che

stituenti sono gli abitanti.

vi abita.

Una ulteriore conferma di come il concetto di rete spaziale non sia lontano da quello di viva comunità

Date queste premesse, è possibile comprendere cosa si intende per “mente locale”.

di persone viene da uno dei fondatori della geografia, August Meitzer: nella sua idea di geografia, così

La psicologia ambientale, come si è detto, ha de-

come viene esposta da Farinelli, l’insediamento non è

dicato molte ricerche al fenomeno dell’orientamento e

l’abitato (siedlung), ma il processo costitutivo dell’in-

della capacità di ambientarsi in un luogo sconosciuto,

sediamento (ansiedelungweise) . Purtroppo l’eredità

ma senza mai smettere di concepire tali luoghi come

di Meitzer non è stata colta dai suoi successori, e

dati meccanici. Al contrario, ciò che le indagini dovreb-

le sue mappe, comprendenti le abitudini e la storia

bero considerare e che invece spesso dimenticano, è

dei luoghi, sono sempre più «scivolate verso un con-

che l’ambiente non è un elemento freddo e morto, ma

gelamento topografico del territorio [...] la fotocopia

anzi esso è vivo, prodotto di attività dinamici e non

aerea del posto» .

di calcoli geometrici: l’ambiente è «un intorno, è una

7

8

È per questo che Moran conia il termine Etnoe-

interazione tra le due presenze, quella dell’abitante e

cologia per indicare una disciplina che dia rilievo alla

quella del luogo»1, ed esso si forma man mano che

visione che gli stessi abitanti hanno del loro ambiente,

noi lo costruiamo.

9

la “mente locale” di cui parla La Cecla, cercando di

Quando si verifica una alterazione dell’equilibrio di

arginare così i problemi di interpretazione e rappre-

questi due elementi, in continua comunicazione reci-

sentazione del territorio scaturiti da anni di utilizzo di

proca, si genera lo stato di smarrimento.

uno sguardo esclusivamente economico-politico. Conoscenza locale è per esempio la tecnica con

Ci si può stupire di come questa definizione valga

cui gli Indiani Beaver hanno tracciato autonomamente

anche nella società moderna, sebbene profondamen-

le mappe del loro territorio: alla decisione del governo

te ostacolata. La Cecla definisce infatti come “socie-

canadese di far dividere in due parti il territorio india-

tà ascetica” quella in cui gli esseri umani credono di

no a causa della costruzione di un nuovo oleodotto, i

poter fare a meno del rapporto con il territorio e, al

Beaver hanno disegnato le proprie mappe d’uso dello

contrario, spingono all’estremo la delocalizzazione at-

spazio per più stagioni di seguito, presentandole al

traverso reti che nulla hanno a che vedere con le reti

governo per dimostrare fisicamente il forte rapporto

di relazioni mobili che caratterizzano l’orientamento

tra i loro ritmi di vita, la loro cultura, e l’ambiente circo-

relativo. Esse non si sviluppano per piazze e strade,

stante. Queste mappe riportano confini irregolari, se-

ma piuttosto attraverso le linee telefoniche, le linee

gni gestuali e connessioni confuse e sono ben lontane

informatiche e postali che permettono all’individuo di

dalle rappresentazioni redatte dalle istituzioni, infatti

scambiare emozioni e sensazioni da ogni parte del

di una città: c. tranquilla, laboriosa; tutta la c. ne parla; era intervenuta alla cerimonia quasi tutta la città. Nello stesso senso possono essere usati anche i nomi proprî di città: tutta

Milano, mezza Roma, la maggior parte di Napoli, intendendosi i Milanesi, i Romani, i Napoletani. www.etimo.it «città: troncato da cittade dal lat. CIVITATE(M), che ebbe pure

il senso di paese accasato, e trae da CIVIS cittadino: propr. il complesso dei cittadini (v.Civico)». 7. Franco Farinelli, introduzione al testo E.Singh, Il villaggio indiano, Franco

Angeli, Milano, 1981. 8. Michel Foucault, Questions à M. Foucault sur la geoghraphie, in “Herodote”, n.1, 1976 (trad. it. in Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977).

1. Racconti, vettori e connessioni

freddo susseguirsi di strade e palazzi, ma piuttosto

35


1.1 Lo spazio dominante

mondo. Indubbiamente i passi da gigante della tec-

zione spaziale, ovvero di «una sensibilità allo spazio

nologia hanno caratterizzato positivamente la nostra

basata su di un contatto con il circostante sentito

epoca e mirano a semplificare la vita degli esseri uma-

come malleabile e pieno di suggestioni»1. Ciò che vie-

ni, ma dall’altra parte questa spersonalizzazione dila-

ne percepito è proprio la relazione tra il proprio corpo

gante non fa altro che annullare il transfert emotivo tra

fisico e lo spazio che lo contiene, spazio sia fisico

uomo e ambiente, rendendo quest’ultimo sempre più

che emotivo di cui l’individuo fa esperienza man mano

oggetto e molto meno soggetto.

che procede nell’esplorazione. Certo è che nella cit-

È in questa fase che entra in gioco la “mente lo-

tà contemporanea, effettuare una reale esplorazione

cale”, come passaggio obbligato tra lo spaesamento

nello sconosciuto non è affatto semplice considerata

e la nuova conoscenza del territorio. Perdersi costrin-

la continua decentralizzazione e lo svuotamento dei

ge il cittadino a ricalibrare la propria rotta e ristabilire

centri urbani, sempre più trasformati in vuoti shopping

i propri punti di riferimento. Costruire, o ricostruire,

center.

il rapporto tra noi e l’ambiente permette di scoprire 36

nuovi elementi della rete spaziale ed rielaborarli secondo un’identità personale, un obiettivo personale. Ecco che si genera la “mente locale”.

Nella maggior parte delle volte la mente locale opera a livello inconscio. La categorizzazione spaziale del mondo che essa

Essa ha quindi una triplice valenza: è prima di tutto

opera ha ben poco di intenzionale: l’operazione di am-

percezione dello spazio sconosciuto circostante, in un

bientamento e insediamento sono atti abitudinari ed è

secondo luogo è definizione di questo stesso spazio

proprio questo habitus che va a costituire il fulcro del

attraverso la creazione delle tracce di relazione perso-

sistema di apprendimento e orientamento del luogo

nali, infine è uso dello spazio così definito.

sconosciuto. Come detto in precedenza, la “mente

Sulla base di questi concetti, ogni individuo filtra il

locale” crea la relazione possibile tra l’organizzazione

territorio secondo una sua particolare prospettiva e

della percezione e la definizione di una mappa della

aggiunge ad esso ulteriori livelli di senso che lo ren-

realtà percepita.

dono denso di significati e relazioni: gli indiani Apinayè

La regola di avanzamento dell’organizzazione non

per esempio, riporta l’antropologo brasiliano Roberto

è però di natura geometrica, architettonica o urbani-

Da Matta, pur abitando un villaggio geometricamente

stica, la mente locale organizza il mondo utilizzando le

rettangolare, lo disegnano circolare, perchè risponden-

corrispondenze. È possibile qui fare un ulteriore paral-

te all’originaria organizzazione sociale e non geografi-

lelismo con il genio di Baudelaire per ciò che riguarda

ca della tribù.

la poesia “Le corrispondenze”

La Cecla dichiara così l’esistenza di una perce-

9. Emilio Moran, Human adaptability, Indiana University Press, 1984. 10. Charles Baudelaire, Correspondances, in “Les Fleurs du Mal”, 1857 (trad. it. della candidata). La Nature est un temple où de vivants piliers/ Laissent parfois sortir

de confuses paroles;/ L’homme y passe à travers des forêts de symboles/ Qui l’observent avec des regards familiars./Comme de long échos qui de loin se confondent/Dans une ténébreuse et profonde unité,/Vaste comme la nuit et comme la clarté,/

10

: i versi rimandano

ad una percezione della realtà “dilatata” allo scopo di

Les pafums, les couleurs et les sons se répondent./Il est des parfums frais comme des chairs d’enfants,/Doux comme del hautbois, verts comme les prairies,/- Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,/Ayant l’expansion des choses infinies,/

Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,/Qui chantent les transports de l’esprit et des sens. La Natura è un tempio dove colonne viventi/Talvolta lasciano uscire confuse parole;/l’uomo le attraversa, passando tra foreste di simboli/che l’osservano


quella del marito. I bambini non svezzati dormono nelle

in più parti del capolavoro Les Fleurs du Mal, viaggio

amache della madre. [...] I “tikon” più giovani mettono

metaforico nell’esplorazione dell’esistenza umana, la

le loro amache sotto quelle dei genitori del loro stesso

realtà non può essere colta per mezzo del pensiero

sesso e quelli più grandi occupano il terzo lato del

logico e razionale ma necessita di strumenti quali l’in-

triangolo determinato dalle amache dei genitori, [...]

tuizione e l’irrazionalità.

Le donne restano nelle loro amache. Qui anche parto-

Lo stesso bisogno caratterizza la mente locale: le

riscono. [...] Al momento del matrimonio la donna sia

coppie corrispondenti non procedono in successione

accontenta di scivolare lungo la parete per dar luogo

logica e non sono classificabili in serie, perciò la lista

ad un nuovo focolare.11

delle analogie è comprensibile solo in chiave metaforica, specifica per un determinato contesto e condivisa

Se tutto questo è vero per le culture osservate

tra tutti gli attori della scena. Da questo punto di vista

finora, si è anche detto come ciò sia difficilmente ap-

l’organizzazione spaziale delle culture indigene è un ri-

plicabile nell’esperienza contemporanea con lo spazio.

assunto della loro organizzazione culturale, e così per

Un ambiente che risulta più o meno indifferenziato,

esempio la Churuata, la capanna circolare tipica delle

ovvero la nostra città metropolitana e globalizzata, ge-

culture Panare dell’Orinoco venezuelano, riproduce la

nera un diverso tipo di smarrimento, ciò che La Cecla

separazione tra il dominio maschile e femminile, non-

definisce “black out dei sensi” 1: il perdersi moderno è

chè tra gli adulti e i giovani:

un azzeramento della sensibilità nei confronti dell’ambiente, è l’impossibilità di creare quella rete metafori-

Al suo interno le amache dei giovani maschi iniziati

ca che anima le relazioni tra individuo e territorio.

non ancora celibi sono raggruppate intorno e vicino

Lo spazio, e il rapporto con esso, è una condizio-

al palo centrale, parallele alla trave maestra, mentre

ne indispensabile per una corretta costruzione dell’i-

tutte le altre amache sono appese alla periferia, lun-

dentità personale poichè la varietà del mondo finisce

go le pareti interne della Churuata. I due gruppi di

per riflettersi nella varietà degli esseri che lo abitano.

amache sono separati da un corridoio immaginario. Il

Come per i Piani dei limiti del 1700, tutt’oggi le ammi-

centro della Churuata rappresenta una specie di casa

nistrazioni gestiscono il territorio in maniera calcolata,

degli uomini che però non è fisicamente e visibilmente

spesso eliminando quelle varietà culturali e sociali che

separata. [...] Benchè siano tutte situate alla perife-

lo arricchiscono, in luogo di una uniformità e regolarità

ria della Churuata, tutte le altre amache non lo sono

che rendono l’ambiente sicuramente più gestibile, ma

indistintamente. In effetti le amache delle donne son

anche piatto e scialbo.

parallele alla parete e quelle degli uomini non più celibi, sono perpendicolari ad essa e rivolte verso il palo

Basti pensare in questo caso agli interventi urba-

centrale [...]. Le due spose di uno stesso uomo hanno

nistici tipici dell’edilizia degli anni 60, grazie ai quali le

la loro amaca attaccata da una parte e dall’altra di

periferie sono state invase da grandi palazzine tutte

con sguardi familiari./Come lunghi echi che si confondono in lontananza,/in una cupa e profonda unione,/ vasta come la notte e come la luce,/profumi, colo-

hanno la dimensione delle cose infinite,/come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso,/che cantano l’ebbrezza dello spirito e dei sensi.

ri e suoni si rispondono./Ci sono profumi freschi come la pelle dei bambini,/dolci come gli oboi, verdi come i prati,/- E altri, corrotti, ricchi e trionfanti,/che

11. Jean Paul Dumont, Espacement et déplacements dans l’habitat Panare, in “Tournal del la Société des Americanistes”, pp. 23-28, tomo LXI, Parigi, 1972.

1. Racconti, vettori e connessioni

scoprire gli aspetti più vari del reale. Come dimostrato

37


1.1 Lo spazio dominante 38

In alto Quartiere Sant’Ambrogio, veduta aerea (1968-1971).

In basso Vita di periferia a Comasina.


uguali, annullando campagne e villette. Con il fenomeno delle periferie urbane, si è assi-

un complesso sistema di spazi pubblici che si possono attraversare senza soluzione di continuità».12

tettoniche abituali, le amministrazioni si rendono con-

I vuoti urbani costituiscono l’ultima frontiera della

to della nuova tipologia abitativa che sta prendendo

città moderna in cui è possibile perdersi, smarrire le

piede solo quando essa si è già trasformata in disa-

coordinate e uscire dall’area di controllo della città sto-

gio sociale. Agli occhi degli architetti, l’impegno e le

rica e delle amministrazioni. Considerate le potenzialità

pianificazioni operate per gli ampliamenti delle città

sin qui riconosciute alla perdita dell’orientamento, è

erano tutt’altro che imperfetti, emblema di razionalità

comprensibile come ciò che è stato definito superfi-

e capacità di controllo. In realtà, l’errore operato dalla

cialmente “vuoto” dagli architetti sia al contrario uno

maggior parte degli addetti ai lavori è stato osserva-

spazio ricco di identità, caratterizzato dalla compre-

re quelle realtà esterne alla città restandone all’inter-

senza di diverse realtà, sviluppatesi con forza nono-

no, non considerando quella che sarebbe poi stata la

stante i tentativi di appiattimento razionale e ordinato

mente locale degli abitanti delle periferie ma preten-

operato su tutti gli spazi esterni alla cerchia della città

dendo di assegnare loro quella della città storica.

storica.

Per questi motivi le aree periferiche si sono svi-

Anche la città contemporanea può essere quindi

luppate come melting pot di frammenti ed esperienze

guardata da un punto di vista estetico-esperienziale

variegate, sia da un punto di vista sociale che geo-

oltre che estetico-geografico, in cui gli abitanti stessi,

grafico, dando origine a quegli agglomerati, arcipela-

persi nell’uniformità e nella razionalità delle “palazzine”

ghi isolati ai margini, che caratterizzano le viste aeree

e dei “casermoni”, hanno riorientato se stessi e gene-

di tutte le grandi città. La risposta degli architetti al

rato una propria mente locale, indipendente dal resto

problema prevedeva la riorganizzazione delle aree pe-

della città. È in questi luoghi che risiede il tempo urba-

riferiche in modo da connettere i frammenti e riempi-

no più dinamico e trasformista, in continua definizione,

re i cosiddetti “vuoti urbani” con forme ed evidenze

in cui è possibile osservare il divenire dell’organismo

ereditate dalla città storica, operazione simile a quella

città libero da regole e piani. È importante sottoline-

realizzata in passato e che aveva già condotto ad un

are il carattere dell’arcipelago urbano, poiché esso si

primo fallimento.

sviluppa esclusivamente in base all’esperienza degli

La proposta di Careri muove invece dalla conside-

abitanti ed è quindi particolarmente rappresentativo

razione di un diverso tipo di necessità, ovvero il biso-

della situazione socio-culturale reale indipendentemen-

gno di riempire i vuoti di significati propri piuttosto

te dalla teorie degli architetti e degli urbanisti: «Gli spa-

che di cose: «Per riconoscere una geografia all’interno

zi vuoti che ne determinano la figura sono i luoghi che

del supposto caos delle periferie si può allora tentare

più di ogni altro rappresentano la nostra civiltà nel suo

di entrare in relazione con esso utilizzando la forma

divenire inconscio e molteplice».12

estetica del percorso erratico. Quello che si scopre è

12. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006.

1. Racconti, vettori e connessioni

stito ad un primo sconvolgimento delle teorie archi-

39


1.1 Lo spazio dominante 40

“Palazzone� nel quartiere Comasina (1954-1963).


Immergendosi nel sistema dei vuoti, facendo mente locale in essi e cercando nuovi orientamenti, e quinscere le diverse realtà che lo compongono, un «mare [...] formato da diversi mari»12. Questi mari sono stati affrontati ed esplorati delle maggiori correnti artistiche contemporanee, le quali, grazie anche ad una certa predisposizione sensoriale, ne hanno attraversato i confini seguendo «i sentieri spesso già tracciati dagli abitanti»10, basandosi quindi direttamente sulla mente locale, un bagaglio di esperienze concrete e a volte vissute in prima persona. Anche la città moderna si

1. Racconti, vettori e connessioni

di nuove potenzialità del territorio, è possibile ricono-

rivela così «uno spazio dello stare interamente attraversato dai territori dell’andare».12

41


Jour de pluie Ă Paris, Gustave Caillebotte, 1876. Chicago, Art Institute of Chicago,


«Lo chiamerei volentieri “dandy”, e avrei alcune buone ragioni per farlo; poichè la parola dandy implica una quint’essenza caratteriale e una fine intelligenza in merito a tutti i meccanismi moralidi questo mondo; ma dall’altra parte, il dandy aspira all’insensibilità, ed è per questo che M.G, che è invece dominato dall’insaziabile passionedi osservare e di sentire, si distacca violentemente dal dandysmo. “Amabam amere” diceva Sant’Agostino. “Io amo appassionatamente la passione” direbbe volentieri M.G.»1

Charles Baudelaire, 1863 «Affetto: dal lat. affectus p.p. del verbo afficere

1.2

[...] - Sost. Maniera di sentire; Passione dell’anima in forza di cui si eccita un interno movimento, onde incliniamo ad amare o ad odiare; alla cmpassione, alla misericordia, all’ira, alla vendetta. [...]»

1. Racconti, vettori e connessioni

A Zonzo con affetto: spazi dell’andare e percorsi creativi

43


1.2 A Zonzo con affetto 44

Illustrazione per “L’uomo della Folla” di Edgar Allan Poe. Harry Clarke, 1923.


questa condizione la parola flânerie, termine che de-

dustrializzazione muovono i primi passi e modificano

riva dal verbo francese flanêr e significa passeggiare.

fortemente la vita della città, gli intellettuali riconosco-

Il flâneur sarà quindi identificato come un uomo

no i limiti e i problemi che l’arte tradizionale si trova a

ben vestito che passeggia piacevolmente attraverso

fronteggiare nella nuova metropoli moderna, ritenendo

le strade di Parigi e che, dall’alto della sua erudizione,

necessaria l’introduzione di una figura artistica lonta-

trascorre le sue oziose giornate considerando gli altri

na dalle concezioni di inizio Ottocento e più vicina ai

cittadini semplici attori nel palcoscenico della strada.

cambiamenti sociali in atto.

Questa particolare attitudine all’osservazione porta il

Charles Baudelaire non intende assegnare a que-

flâneur ad affinare la capacità di ispezionare il mondo

sta nuova figura il titolo di artista, poiché troppo li-

che lo circonda, notando elementi invisibili ai più o par-

mitato e specifico rispetto al gran numero di stimo-

tecipando fisicamente allo “spettacolo” confondendosi

li e aspetti interessanti che la nuova metropoli può

tra la folla. Secondo una metafora letteraria, il flâneur

generare, la definisce perciò come “uomo del mon-

può essere considerato contemporaneamente narra-

do”, «egli si interessa al mondo intero; vuole sapere,

tore e protagonista della storia, un commentatore che

comprendere, apprezzare tutto ciò che avviene sulla

resta fuori dall’azione ma riesce a creare connessioni

superficie del nostro sferoide. [...] cittadino spirituale

empatiche con tutto ciò che vede, a tratti perso in

dell’universo.» . La curiosità intellettuale per ciò che

una specie di trance meditativa.

1

avviene nella complicata società moderna è alla base

A questo proposito, lo stesso Baudelaire ha equi-

della ricerca dell’ “uomo del mondo”, che si aggira

parato il tipo del flâneur all’uomo della folla dell’omo-

nel tessuto urbano osservando con occhi desiderosi

nimo racconto di Edgar Allan Poe3: analizzando e tra-

di capire e partecipare alle nuove dinamiche sociali,

ducendo lo scritto del «suo doppio, simile e fratello»

restituendo un ritratto approfondito delle relazioni che

d’oltreoceano, il poeta francese porta nella tradizione

intercorrono tra la popolazione e la città. Se da un

europea uno dei primi esempi letterari in cui il flâneur

lato però questo ritratto è il frutto dell’immersione di-

viene utilizzato come espediente narrativo.

retta nella vita cittadina, dall’altro è necessario che

Carattere comune a quasi tutti i personaggi di Poe,

l’osservatore si mantenga a un livello più alto, sia un

il primo elemento di flânerie è certamente lo stato di

superiore e cinico voyeur. Successivamente al 1848,

ipersensibilità in cui si trova il protagonista, stato che

Baudelaire stesso rimarrà sospeso tra questa doppia

gli permette di meditare su ciò che osserva attraver-

identità di aristocratico dandy e uomo del popolo af af--

so la vetrina del caffè, «il tumultuoso mare di teste»

fascinato dalla vita di strada , utilizzando per definire

che rapisce la sua attenzione. La descrizione dello

2

1. Charles Baudelaire, Le Peintre de la vie moderne, in “Le Figaro”, nov. e dic. 1863, (trad. it. a cura della candidata). «Je le nommerais volontiers un dandy, et j’aurais pour cela quelques bonnes raisons ; car le mot dandy implique une quintessence de caractère et une intelligence subtile de tout

le mécanisme moral de ce monde ; mais, d’un autre côté, le dandy aspire à l’insensibilitè, et c’est par là que M. G., qui est dominé, lui, par une passion insatiable, celle de voir et de sentir, se détache violemment du dandysme. «Amabam amere», disait saint Augustin. «J’aime passionnément la

passion» dirait volontiers M. G.» «il s’intéresse au monde entier; il veut savoir, comprendre, apprécier tout ce qui se passe à la surface de notre sphéroïde. [...] citoyen spirituel de l’univers.» 2. David Harvey, Paris: Capital of Modernity, Routledge, New York e Londra, 2003.

«Baudelaire would be torn the rest of his life between the stances of flâneur and dandy, a disengaged and cynical voyeur on the one hand, and man of the people who enters into the life of his subjects with passion on the other». 3. Costanza Melani, Effetto Poe. Influssi dello scrittore americano sulla letteratura

1. Racconti, vettori e connessioni

In una Parigi del 1860, dove la modernità e l’in-

45


1.2 A Zonzo con affetto 46

spettacolo esterno inizia quindi con delle osservazioni

così una maniacale curiosità per questo mondo mi-

generali, in cui il narratore si concentra sulla massa,

sterioso ed emozionante. Con l’avanzare della sera,

considerandola un organismo autonomo ed astratto,

la scena oltre la vetrina diventa sempre più rappre-

poi scende più nel dettaglio, guardando singolarmente

sentazione metaforica dell’avvicinamento mentale tra

la grande varietà di personaggi, i loro abiti, i loro volti

il narratore e l’ambiente circostante e proprio nel mo-

e la maniera di relazionarsi gli uni agli altri, studiandoli

mento in cui egli decide di abbandonare il suo posto di

sulla base delle sensazioni che riesce a percepire gra-

osservatore privilegiato per seguire il volto indecifrabile

zie alla sua particolare condizione mentale. Mentre la

dell’uomo della folla, il suo stato mentale sembra coin-

folla sfila davanti alla vetrina del caffè, il narratore è

cidere esattamente con il paesaggio caotico, buio e

libero di osservarla senza prendervi parte, spettatore

disagiato della Londra notturna. Da un lato questa mo-

coinvolto ma distaccato dello spettacolo. Sfruttando

dalità in cui l’ambiente esterno riflette e influisce sullo

la possibilità di osservare da vicino senza essere co-

stato mentale del personaggio è un tratto comune a

stretto a mischiarsi direttamente tra la gente, il nar-

tutta la narrativa del flâneur, ma la pulsione delirante

ratore classifica, analizza e categorizza soggetti che

del narratore che insegue ossessivamente l’uomo del-

altrimenti non avrebbe mai potuto incrociare nella sua

la folla non rientra assolutamente nelle caratteristiche

aristocratica vita da intellettuale inglese. Proprio que-

della flânerie. Il flâneur è piuttosto noto per la sua cal-

sta sua superiorità culturale però gli permette di deci-

ma e compostezza esteriore, appannaggio della cultu-

frare immediatamente ogni viso che rientra nell’inqua-

ra borghese, per il suo spirito sensibile e la sua acuta

dratura della vetrina e passare il tempo esercitandosi

capacità di osservazione, mentre il narratore di Poe è

a interpretare le vite di coloro che, dopo un secondo,

talmente coinvolto nella sua missione da non riuscire

spariranno per sempre nel mare dei passanti indaffa-

a leggere le strade che attraversa, consumato dalla

rati.

sua ossessione compulsiva per quel viso indecifrabile.

Dedito all’osservazione voyeuristica fine a se stes-

Più di un intellettuale ha analizzato il racconto di

sa, in questa parte della storia il personaggio narrante

Poe riguardo l’uso della flânerie come espediente let-

di Poe non partecipa ancora attivamente alla scena,

terario, e se Baudelaire ha paragonato l’uomo della

e sebbene ricordi la contemplazione dell’osservatore

folla al flâneur, al contrario Walter Benjamin non con-

flâneur, se ne distacca fortemente poiché non inse-

divide questa opinione, identificando nel narratore di

rito nella folla e volutamente estraneo a ciò che lo

Poe un comportamento troppo maniacale, dovuto all’e-

circonda.

vidente incapacità del personaggio di sentirsi a proprio

Con il trascorrere delle ore, l’attenzione del prota-

agio nel mondo. Una tale sociopatia non è ascrivibile

gonista si sposta su una particolare tipologia di perso-

al flâneur che invece il filosofo descrive come «un in-

naggi, refusés della società, parassiti, giocatori d’az-

dividuo che si sente a casa tra le strade e le facciate

zardo, prostitute e ladri: per contrasto, il suo interesse

degli edifici, così come un qualsiasi cittadino si senti-

è per tutto ciò che non corrisponde ai canoni della

rebbe tra le sue quattro mura».4

società aristocratica a cui egli appartiene, innescando italiana, Firenze, Firenze University Press, 2006. 4. Walter Benjamin, Charles Baudelaire: A Lyric Poet in the Era of High Capitalism,

Verso, Londra, 1983 (trad. it. a cura della candidata). «as much at home among the facades of houses as a citizen is in his four walls»


mo sguardo».6

emerge soprattutto negli scritti da lui dedicati a Bau-

Nella poesia sono quindi rappresentati molti dei

delaire, indicato dal filosofo tedesco come il primo

concetti chiave della flânerie, primo fra tutti il conte-

vero flâneur della storia.

sto cittadino, che per la sua conformazione labirintica

Tale merito gli viene attribuito principalmente sulla

impone al flâneur incontri non più lunghi di un mo-

base della poesia À une passante, contenuta nell’edi-

mento. Secondo importante elemento è la relazione

zione del 1861 della celeberrima raccolta Les Fleurs

empatica, quasi “vampiresca”, tra l’osservatore e la

du Mal e indicata da Benjamin come la migliore descri-

passante, e infine la consapevolezza dell’impossibilità

zione delle relazioni che intercorrono tra il flâneur e gli

della relazione amorosa, conclusasi nello stesso istan-

abitanti della città.

te in cui è iniziata. Lo scritto Charles Baudelaire4 quindi si presenta in

La strada rintronante sbraitava intorno a me.

principio come un tentativo di descrivere il fz e con-

Alta, sottile, in lutto, dolore maestoso,

temporaneamente il principio chiave della flânerie,

una donna passò, con la mano solenne

cioè l’idea che una persona possa essere descritta

sollevando e reggendo l’orlo del suo vestito.

in base all’incontro di un momento, in seguito però

Nobile e svelta, con le sue gambe statuarie.

l’opera si sviluppa più come una ricerca. Secondo

Io succhiavo, contratto come uno stravagante,

Benjamin, il personaggio del flâneur si è sviluppato

dentro i suoi occhi, cielo che cova un uragano,

in relazione ai cambiamenti architettonici della città

la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.

di Parigi, e in particolare egli ritiene che la creazione

Un lampo… e poi la notte! Bellezza fuggitiva,

delle Arcades, ovvero dei camminamenti con tettoie

il cui sguardo mi ha fatto rinascere di colpo,

vetrate e pareti di marmo che riunivano i negozianti di

non ti rivedrò più fino all’eternità?

quartiere, abbia rappresentato il principale elemento

Lontano, via di qui! E troppo tardi, o mai!

di distrazione per la noia e l’ozio flâneuristici. Il va-

Dove fuggi, non so; tu non sai dove vado.

gare in queste strutture, nella folla dei passeggiatori

Ma avrei potuto amarti e tu, tu lo sapevi!

aristocratici riuniti in un caffè o davanti a una vetrina,

5

permette infatti al flâneur di osservare e intrattenere Considerato da Benjamin il più flâneuristico dei

la mente con lo spettacolo della città. Benjamin ritiene

componimenti baudelairiani, À une passante descrive

inoltre che la collocazione del flâneur in un ambiente

in pochi versi tutta la passione del flâneur che, lungi

come quello delle Arcades, nè spazio interno nè ester-

dal considerare la folla alla maniera negativa di Poe, al

no ma piuttosto luogo di passaggio, sia essenziale per

contrario ne riconosce il fascino e le infinite possibili-

rappresentare la psiche del personaggio, che come

tà: ciò che Benjamin stesso definisce «amore all’ulti-

per Poe e Baudelaire, può stabilire una forte relazione

5. Charles Baudelaire, À une passante, in “Les Fleurs du Mal”, 1857. (trad. it. a cura della candidata). «La rue assourdissante autour de moi hurlait. Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse, Une femme passa, d’une

main fastueuse Soulevant, balançant le feston et l’ourlet; Agile et noble, avec sa jambe de statue. Moi, je buvais, crispé comme un extravagant, Dans son oeil, ciel livide où germe l’ouragan,

La douceur qui fascine et le plaisir qui tue. Un éclair... puis la nuit! Fugitive beauté Dont le regard m’a fait soudainement renaître, Ne te verrai-je plus que dans l’éternité? Ailleurs, bien loin d’ici! trop

tard! jamais peutêtre! Car j’ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais, Ô toi que j’eusse aimée, ô toi qui le savais!». 6. Walter Benjamin, On Some Motifs in Baudelaire, 1939.

1. Racconti, vettori e connessioni

L’interesse di Benjamin verso la figura del flâneur

47


1.2 A Zonzo con affetto 48

La Galleria Vivienne durante la Restaurazione, Parigi, 1820.


con l’esterno e influire sulla percezione dell’ambiente

La figura del flâneur appare quindi in maniera prominente ne I passaggi di Parigi (Das Passagen-Werk)7, opera incompiuta dell’ultimo Benjamin nella quale vengono catalogate alcune caratteristiche della Parigi del diciannovesimo secolo con uno spirito di osservazione molto vicino alla flânerie. Proprio per questo motivo, ancora oggi gli studiosi dibattono in merito alla natura del progetto, domandandosi se i saggi, gli appunti a mano, le citazioni e le note che compongono caotica-

1. Racconti, vettori e connessioni

circostante.

mente la raccolta, rappresentino un montaggio consapevolmente frammentario o una personale collezione ossessiva del filosofo. Ciò che è certamente chiara è la natura flâneuristica dell’opera, la quale ha la capacità di creare un mondo in miniatura composto da frammenti letterari, storici e sociali, tra cui il lettore è chiamato a vagare alla maniera dei passeggiatori delle

Arcades. Per comprendere realmente l’animo flâneur de I

Passaggi è necessario leggere l’architettura delle Arcades stesse secondo la relazione flâneuristica tra interiorità ed esteriorità, guardando quindi la costruzione fisica come costruzione mentale e viceversa. Le

Arcades rappresentano, concretamente nella città e spiritualmente nell’animo del girovago, una deviazione dai flussi principali della vita dei boulevards, funzionando da filtro nella complessa rete di percorsi cittadini e fornendo una via alternativa rispetto alla normalità. Metaforicamente, i grandi boulevards rappresentano la massa che percorre automaticamente un percorso dal punto A al punto B, prestando attenzione unicamente all’obbiettivo d’arrivo, mentre lo spazio delle

Arcades suggerisce trame di volta in volta casuali, 7. Walter Benjamin, Das Passagen-Werk, 1983 (ediz. it. a cura di Enrico Ganni, I passages di Parigi, Einaudi, Torino, 2007).

49


1.2 A Zonzo con affetto 50

In alto Passeggio in una Galleria di Parigi.

In basso Vista della Rotonda Vivienne della Galleria Colbert, Parigi, 1829.


studiosi di ogni tempo, lungi dallo spirito dell’ amateur,

personale e fine a se stesso. Le Arcades offrono al

del flâneur, non concepiscono come, piuttosto che

cittadino una via di fuga dalla vita della città, operosa,

esprimere concetti, il mondo in miniatura generato dal

capitalista e funzionale, e la loro composizione archi-

Progetto possa semplicemente invitare all’osservazio-

tettonica permette la creazione di uno spazio nomade

ne attenta del mondo e al movimento continuo tra le

in cui ciò che conta non è la meta ma il percorso

annotazioni.

stesso. È per questo motivo che i passaggi delle Ar-

La valenza spirituale delle Arcades diventa così fon-

cades diventano per Benjamin lo spazio della flânerie

damentale rispetto al concetto di flâneur e Benjamin

per eccellenza, in cui negozi, vetrine e avventori fanno

arriva a definirne il declino proprio in corrispondenza

si che la passeggiata si trasformi in una vera e propria

del momento in cui i grandi magazzini dei boulevards

distrazione ricreativa priva di implicazioni logiche.

attirano e monopolizzano gli esercizi commmerciali del-

Lo stesso Benjamin dichiara esplicitamente la na-

le Arcades, svuotandole della loro vitalità attiva. Per il

tura del frequentatore delle Arcades nei versi introdut-

filosofo, il flâneur diventa quindi un fantasma di un’e-

tivi all’intera opera:

poca passata, ucciso dallo sterile capitalismo e dal consumismo dei grandi magazzini.

Le magiche colonne di questi palazzi, da ogni dove mostrano al principiante,

Sebbene Baudelaire e Banjamin dissentano in meri-

attraverso gli oggetti che i loro portici mostrano,

to ad alcune definizioni, è evidente come per entrambi

che l’industria è rivale delle arti.8

la relazione tra il paesaggio mentale dell’interiorità e il paesaggio fisico dell’esteriorità sia un aspetto cruciale

Le Arcades non sono certamente la dimora dell’o-

della flânerie, benchè tale espediente letterario sia di

perosità e della frenetica vita cittadina della Parigi no-

molto precedente alla nascita del concetto stesso di

vecentesca. La possibilità di capirne l’essenza, “l’ar-

flâneur.

te” e “la magia”, è inversamente proporzionale alla

In campo filosofico infatti, molto prima di Benja-

professionalità, alla sistematicità con cui se ne affron-

min, Henry David Thoreau esplora approfonditamente

ta l’esplorazione. In altre parole, è possibile accedere

il soggetto nel saggio Walking9 in cui definisce la tec-

alla vera natura di questi spazi solo attraverso un at-

nica del sauntering, ovvero una forma di cammino che

teggiamento flâneuristico, la ricerca di un temporaneo

porta alla scoperta di sé e alla rigenerazione spirituale

passatempo per appassionati e principianti, e non il

Il legame con la flânerie è particolarmente evidente

deambulare macchinoso della routine quotidiana.

considerando le possibili origini del termine, rintraccia-

Spostandosi su un ulteriore piano metaforico, è

bili secondo Thoreau nel francese. Una delle possibili-

plausibile che Benjamin intendesse applicare questa

tà deriverebbe infatti dalla frase “sans terre”, indican-

stessa natura all’intera opera, sulla cui complessità,

do come colui che zoppica si senta a casa ovunque

frammentarietà e caoticità ancora ci si interroga: gli

e in nessun luogo, similmente al flâneur di Benjamin.

8. Canzone popolare parigina Chanson nouvelle, in “Nouveaux Tableaux de Paris”, 1829. (trad. it. a cura della candidata).

«De ces palais les colonnes magiques A l’amateur montrent de toutes parts, Dans les objets qu’etalent

leurs portiques, Que l’industrie est rivale des arts». 9. Henry David Thoreau, Walking, 1861 (ediz. it. a

cura di Franco Meli, trad. di Maria Antonietta Prina, Camminare, A. Mondadori, Milano, 1991).

1. Racconti, vettori e connessioni

generate unicamente dal bisogno di intrattenimento

51


L’arte del camminare di Thoreau è inoltre paragonabile

spirito romantico che vaga per Manhattan, Whitman

alla flânerie poichè essa non si pone come obbiettivo

trova rifugio tra i parchi della city e i flussi di gente di

la stimolazione dell’intelletto o del pensiero logico, ma

Broadway, centro della sua relazione intensa con la

piuttosto la generazione di uno stato mentale favo-

metropoli.

revole al pensiero spirituale e creativo, attitudine da 1.2 A Zonzo con affetto

amateur piuttosto che da studioso.

52

La folla è per Whitman ciò che la Natura era per i Romantici, il fulcro della sua scrittura, ovvero l’ambien-

Sebbene le camminate di Thoreau abbiano luogo

te in cui l’io del singolo si fonde con la moltitudine di

principalmente nei boschi o comunque in ambienti le-

possibilità dell’ambiente circostante. Più di ogni altra

gati alle sconfinate terre selvagge americane, una de-

cosa, il poeta è sempre alla ricerca della possibilità di

finizione su tutte esprime con chiarezza l’essenza di

unire l’interno con l’esterno ed eliminare le barriere tra

Walking: «[Queste sono camminate] che non abbiamo

sé e il mondo: le pratiche flâneuristiche di Whitman

mai intrapreso in questo mondo reale, che [sono] la

generano un punto di vista dinamico sulle molteplici

perfetta rappresentazione simbolica di percorsi che

prospettive della vita.

amiamo fare nel nostro mondo interiore, e se talvol-

Dichiarandosi poeta non solo della natura, ma piut-

ta, senza dubbio, troviamo difficoltoso scegliere la

tosto della natura umana, Whitman crea una forte con-

nostra direzione, è perché essa non esiste ancora

nessione tra la flânerie romantica di Baudelaire e la

distintamente nella nostra mente». Questa profonda

visione più moderna di Benjamin, mantenendo la sua

riflessione rende il pensiero di Thoreau importante per

individualità pur ritenendosi parte integrante del tutto

comprendere l’atteggiamento mentale del flâneur: per

che lo circonda.

10

il filosofo americano, camminare è un’attività dello spi-

Come Parigi per Baudelaire, New York incoraggia

rito tanto quanto del corpo. Egli stesso ammette di

l’empatia con i passanti incrociati per pochi secondi

essere stato a volte così distratto dai pensieri da non

«passeggiare a lungo senza mai fermarsi completa-

ricordarsi del luogo della camminata, e di averlo attra-

mente»11 e pone il poeta americano in una posizione

versato quindi solo con il corpo, ma non con la mente.

diversa rispetto al distaccato e freddo osservatore

Questo modo di pensare è particolarmente in linea

flâneur descritto anni dopo da Benjamin. Whitman però

con la flânerie: il flâneur infatti vive attivamente la sua

non ha strettamente bisogno di un relazione fisica di-

passeggiata, raccogliendo dall’ambiente circostante

retta con la folla per nutrire il proprio intelletto: narra-

tutto il nutrimento necessario per la sua crescita e

tore onnisciente, la sua poesia è libera di spaziare tra

l’analisi del mondo.

tutte le epoche, cosicché i segni del passato, del presente e del futuro risultino equivalenti. Secondo Whit-

Questa relazione tra interno ed esterno fa da

man infatti ogni persona, ogni cosa, rappresenta un

connessione tra la flânerie di Baudelaire e molti intel-

geroglifico nascosto da tradurre ed interpretare grazie

lettuali a lui contemporanei e non. In particolare Walt

all’osservazione: “guardare”, “scorgere” e “osservare”

Whitman può essere considerato un grande flâneur:

sono infatti verbi onnipresenti nell’intera opera del po-

10. Henry David Thoreau, Walking, 1861 (trad. it. a cura della candidata). «[there are walks] never yet taken by us through this actual world, which

[are] perfectly symbolical of the path which we love to travel in the interior world; and sometimes, no doubt, we find it difficult to choose our direction, be-

cause it does not yet exist distinctly in our idea». 11. Walt Whitman, Poets to Come, in “Leaves of grass”, 1891-92 (ediz. it. a cura di Giuseppe Conte,

Foglie d’erba, A. Mondadori, Milano, 1992). (trad. it. a cura della candidata). «sauntering along without fully stopping».


più vicino al narratore maniacale ed ossessivo di Poe

tica del vagare composta da suoni, sensazioni, perso-

che al libero pensatore baudelairiano. Come per L’uo-

naggi e odori raccolti direttamente dal mondo.

mo della folla, Miller è costantemente sotto l’influenza

Come per I Passages di Benjamin, anche con Whit-

di uno stato febbrile, un’angoscia che permea tutta

man ci si avventura tra descrizioni, dettagli ed elenchi

la modernità e che confonde le idee, costringendo il

di nomi e aggettivi, seguendo forzatamente il poeta

protagonista del Tropico del Cancro a vagare in ma-

nel suo vagare attraverso il tempo e lo spazio. Come

niera sconnessa e illogica, semplicemente trasportato

condotto per mano, il lettore guarda il mondo con gli

dalla corrente della folla piuttosto che padrone di se

occhi dello stesso Whitman e si ritrova a vivere la sua

stesso.

stessa flânerie post-romantica.

Alla maniera di Thoreau, Miller intraprende quindi ogni giorno un cammino alla ricerca di sé, cammino

Il quattro marzo 1930, Henry Miller, il più calzante

che spesso lo conduce verso i limiti della metropoli,

esempio di flâneur moderno, arriva a Parigi. Inizia così

dove le baraccopoli e i bassifondi paludosi rappresen-

la sua vita flâneuristica, esplorando giornalmente le

tano il cancro che divora la società, da cui il titolo

strade della città e annotando i suoi pensieri in una

dell’opera. Il malessere di Miller dilaga nei suoi scritti

serie di lettere che spedisce ogni giorno al suo amico

e nel suo essere flâneur, alimentato dal progressivo

Emil Schnellock. Da sempre contrario al lavoro dipen-

declino dell’America del ventesimo secolo, iniziato se-

dente e quotidiano, Miller decide di vivere una vita di

condo lo stesso autore a partire dalla morte di Walt

espedienti, scambiato spesso per uno studente in

Whitman. L’ammirazione di Miller per Whitman infatti

fase di ricerca. Sebbene inizialmente Miller intenda

rasenta l’emulazione: entrambi trascorrono la maggior

raccogliere le lettere in una guida personale alla cit-

parte della loro vita a New York, dando vita a scritti

tà di Parigi, successivamente le utilizza invece come

che si concentrano sulla catalogazione di semplici fatti

materiale principale per il suo progetto più celebre, il

quotidiani e personaggi rinnegati dalla buona società.

Tropico del Cancro, in cui, nonostante non rappresenti

I due però differiscono profondamente per quella ma-

propriamente il borghese elegante della Parigi nove-

lattia del ventesimo secolo che affligge Miller, eredità

centesca, Miller dimostra a suo modo i tratti principali

del mondo dell’industrializzazione senza scrupoli e dei

del flâneur di Benjamin.

disturbi psicologici in cui vive. Nonostante questa an-

La mentalità flâneuristica in questo caso si rico-

goscia, questo senso di alienazione, Miller continuerà

nosce particolarmente nello stato psico-fisico proprio

sempre a definirsi in profonda empatia con il pensiero

del protagonista, ovvero una trance tipica del dormive-

di Whitman.12

glia o del sogno grazie alla quale Miller può contempo-

Ciò che lo lega sicuramente al suo predecesso-

raneamente sia partecipare alla scena che osservarla

re è però l’importanza data da entrambi gli autori al

da una certa distanza. Questa è infatti la natura della

potere spirituale dell’atto fisico del camminare, fulcro

flânerie del ventesimo secolo, carica di alienazione e

della flânerie di ogni tempo. Secondo Miller, non è

disperazione, che affligge il flâneur moderno, molto

sufficiente una descrizione della città per introdurre

12. Henry Miller, Tropic of Cancer, 1934 (ediz. it. Tropico del Cancro, Feltrinelli, Milano, 1980).

1. Racconti, vettori e connessioni

eta e attraverso essi è possibile creare una gramma-

53


1.2 A Zonzo con affetto 54

il lettore nella storia, ma la a chiave dell’immedesima-

un’ulteriore valenza, parte integrante dell’esperienza di

zione sta invece nella rappresentazione puntuale dello

un luogo: ogni passo è un nuovo posto, un nuovo pre-

svolgersi dell’azione. Il lettore dev’essere posto nella

sente in cui vivere. Su questa concezione Miller crea il

condizione di partecipare direttamente all’esperienza

più flâneuristico dei suoi mantra: «Non sederti...conti-

del narratore, come se procedesse egli stesso nella

nua a mouverti».13

storia. La tecnica narrativa della flânerie consente tut-

Proprio nel Tropico del Cancro, Miller inizia ad uti-

to questo grazie a una rappresentazione fluida e con-

lizzare la mobilità mentale del flâneur, lasciando che i

tinua dei fatti, un monologo in cui la prima persona e il

suoi pensieri riempiano le strade di Parigi in modo che

tempo presente fanno si che narratore e lettore siano

egli, attraverso l’osservazione di ciò che lo circonda,

apparentemente un’unica persona. Questa tecnica, si-

possa interpretare l’ambiente esterno secondo la sua

milmente allo stream of consciousness di Joyce, fa sì

interiorità. La rappresentazione della scena non è più

che la narrazione di Miller risulti frammentata, caotica,

una semplice lettura dei fatti, ma piuttosto la decodifi-

più vicina alla velocità del pensiero che all’azione, ma

cazione del personale sistema di geroglifici dell’autore,

catturi il lettore nella rete di continue rêveries che ac-

ereditato a sua volta da Whitman. Il risultato finale è

compagnano il procedere dell’autore-narratore.

quindi un luogo che è sia parte integrante del raccon-

Un ulteriore elemento di relazione tra Miller e Whit-

to, sia un’analisi della mente dell’osservatore, in altre

man è sicuramente il valore della folla. Essa è infatti

parole un quadro di Parigi che Miller ha dipinto con le

un’entità fondamentale nei lavori di Miller poichè rap-

sue sensazioni.

presenta «la corrente della vita»13 di cui l’autore vuole

Questa estrema corrispondenza tra l’ambiente ur-

far parte nei momenti di disperazione: ogni qualvolta

bano e lo stato mentale dell’autore è certamente il

il suo pensiero si fa stagnante o stanco, bisognoso di

fulcro del concetto di flâneur nel ventesimo secolo:

stimoli, Miller si inoltra nella folla alla ricerca dell’ispira-

l’ambiente circostante è uno specchio in cui lo scritto-

zione. Questa “euforia” della fusione con il mondo è

re riflette le sue qualità, le sue sensazioni.

presente nei romanzi di Miller così come nella defini-

Il risultato finale, evidente in Tropico del Cancro, è

zione del flâneur di Benjamin: il narratore diventa parte

una narrazione molto legata al territorio, dove il confi-

della scena che osserva, in un rapporto di scambio

ne tra esterno ed interno è fortemente annebbiato e in

continuo tra il singolo e la folla.

cui il flâneur moderno si sente perfettamente a casa.

Come nella maggior parte della letteratura flâneur, è evidente come anche in Miller i luoghi non siano sol-

In conclusione, il flâneur può essere considerato un

tanto sfondo dell’azione, ma al contrario fungono da

passeggiatore colto che liberamente vagabonda per

vero e proprio collante per i suoi racconti frammenta-

le strade, filtrando l’ambiente circostante attraverso

ri. Infatti il suo processo creativo ha origine proprio

le sue sensazioni e lo stato d’animo del momento,

dal costante fluire dei pensieri attraverso la scena,

ricercando stimoli, speranze e risposte nello scambio

influenzati dall’ambiente e solo successivamente fis-

empatico tra se stesso e “gli altri”, o anche tra se

sati sulle pagine. L’atto del camminare si carica così di

stesso e l’ambiente in cui si trova.

13. Henry Miller, Tropic of Capricorn, 1939 (ediz. it. Tropico del Capricorno, Feltrinelli, Milano, 1980). (trad.

it. a cura della candidata). «the current of life» «Don’t sit down...keep moving».


oggi invece, volendo ritrovare questa stessa struttura,

Benjamin, proseguite con tutti gli altri autori della let-

avremmo difficoltà sin dall’inizio nel definirne un unico

teratura flâneur, l’esperienza della flânerie moderna

centro, così come nel continuare su un percorso line-

non si ferma più ai soli scopi artistici o narrativi ma si

are verso l’esterno senza incontrare interruzioni, vuoti,

avvicina sempre più all’analisi sociale, all’architettura

deviazioni o frammenti spaziali.

e all’urbanistica.

Passeggiare nella città d’oggi alla maniera di Bau-

Il concetto di flâneur infatti diventa fondamentale

delaire è molto complicato, per non dire impossibile,

per l’analisi dello sviluppo della modernità, tanto da in-

ma nonostante tutto lo spirito flâneuristico resta sem-

durre teorici e intellettuali ad utilizzare la flânerie come

pre insito nella natura umana di ogni tempo.

metodo per esplorare la città da un punto di visto sociologico e psicologico. L’ “andare a zonzo” moderno è quindi perfettamen-

1. Racconti, vettori e connessioni

Grazie alle teorizzazioni iniziate con Baudelaire e

te associabile al vagare flâneuristico, all’esperienza di una città passeggiata in cui prima si aggiravano gli artisti delle avanguardie e del dopoguerra, mentre oggi si incontrano culture provenienti da città diverse, ritrovando tante singole città nella metropoli globale. Se lo spazio urbano di ieri aveva infatti una struttura semplice, composta da un centro, una periferia di villette, e infine la campagna con il suo panorama,

55


La mappa del Capitano, illustrazione di Henry Holiday in The Hunting of the Snark, Lewis Carroll, 1876.


«Avea comperato una carta del mare Che un anno potresti fermarti a scrutare Ma mai troveresti la minima traccia di terra, felici di ciò i marinai:

“con simile mappa non ti sbagli mai!” “Che servono infatti di quel Mercatore i Tropici i Poli e perfino l’Equatore?” gridò il capitano “E le zone? Ed i gradi?”

“Son sol convenzioni!” annuì l’equipaggio “soltanto dei segni, inutili in viaggio!” “Ben strane son tutte le carte navali con quei promontori, quelle isole uguali:

1.3

dobbiam ringraziare così il Capitano” soggiunse la ciurma davvero convinta

“se abbiamo una carta di Nulla dipinta!”»1 Lewis Carroll, 1876

1. Racconti, vettori e connessioni

Tell me a map: storie metaforiche del mondo conosciuto

57


1.3 Tell me a map 58

Via dei canti della regione di lingua Warlpiri, Australia, 2000 d.C.


Si parta quindi dal bisogno più remoto dell’uomo,

essere umano sia in grado di vivere una vera avventu-

ovvero conoscere la realtà che lo circonda. Gli ampi e

ra. Il massimo che si può proporre è un organizzatissi-

desolati spazi in cui un primitivo poteva trovarsi han-

mo safari nella savana o la costosa prenotazione per

no indotto i primi esseri umani a segnare le strade, i

una giornata di rafting. Un singolo obiettivo precon-

luoghi di caccia, i confini, tutto il possibile per ridurre

fezionato, piuttosto che un percorso ponderato per

l’ignoto che li circondava ed assicurarsi così la soprav-

raggiungerlo.

vivenza. La mappatura e l’orientamento rispondono

La società tecnologica ormai ci offre tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ci basta un moderno telefono

perciò alla precisa necessità di visualizzare il mondo e di spiegarlo ad altri dopo di noi.

cellulare e una connessione ad internet per cavarce-

Ovviamente tali indagini sul reale non potranno mai

la in ogni situazione: se ti sei perso c’è la geoloca-

produrre un risultato esattamente identico all’esisten-

lizzazione, se cerchi qualcosa in particolare c’è l’on

te, ed è per questo che ogni rappresentazione carto-

demand, se non sai cosa cucinare con gli avanzi c’è

grafica esprime non la verità assoluta, ma un punto di

un’app specifica e così via. Che tutto ciò sia motivo di

vista: Peter Turchi, scrittore, afferma che «To ask for a

orgoglio per la nostra epoca è indubbio: il progresso

map is to say, “Tell me a story”»2, una storia metafo-

tecnologico supporta sempre più l’esistenza umana e

rica sul mondo che conosciamo, frutto di esplorazioni

ne alleggerisce fatiche e problemi.

di vario genere e esperienze. Spostandosi nel campo

Questo da una parte.

letterario, egli descrive la pratica dello scrivere come composta da due fasi: la prima, è l’esplorazione, la

Come tutte le innovazioni, anche l’attuale stato

raccolta di materiale e note, ipotesi e bozze, la secon-

delle cose ha una seconda faccia della medaglia.

da è la presentazione, ovvero la creazione di un do-

Quando procediamo decisi verso il futuro, spesso

cumento attraverso il quale comunicare le connessioni

dimentichiamo un assunto fondamentale della teoria

tra gli elementi scoperti, guidando il lettore nel testo.

del progresso: l’introduzione di nuovi metodi e nuove

È in questo secondo momento che lo scrittore passa

abitudini porta inevitabilmente alla cancellazione delle

dal ruolo di esploratore a quello di guida, traccia un

pratiche precedentemente in uso per svolgere quelle

percorso (letterario) i cui limiti risiedono soltanto nelle

stesse azioni. In altre parole, l’essere umano fa po-

esperienze e nelle conoscenze personali dell’autore.

sto alle nuove abitudini eliminandone altre dalla propria

La scrittura di un’opera letteraria comporta quindi

memoria. Ciò significa che molto probabilmente fra

una stretta relazione con un territorio, sia esso reale

qualche secolo non ricorderemo come fare una cosa

o immaginario, la cui creazione procede di pari passo

che oggi è all’ordine del giorno, così come oggi abbia-

con la sua esplorazione e viceversa.

mo rimosso pratiche che pochi decenni fa erano la normalità.

In maniera simile, le storie più antiche, come i miti creazionisti e le leggende, altro non sono che argomentazioni su fenomeni che andavano oltre i limiti della comprensione umana del tempo, e che sono nate

1. Lewis Carroll, The Bellman’s Speech, in “The Hunting of the Snark”, 1876. (trad. it. a cura di mapsinliterature.it)

«He had bought a large map representing the sea,/Without the least vestige of land:/And the

crew were much pleased when they found it to be/A map they could all understand./“What’s the

good of Mercator’s North Poles and Equators,/Tropics, Zones, and Meridian Lines?”/So the Bellman

1. Racconti, vettori e connessioni

Al giorno d’oggi è impossibile immaginare che un

59


1.3 Tell me a map 60

In alto L’inizio del cammino (Walkabout), Nicolas Roeg, USA 1971.

In basso Aborigeno australiano nell’outback.


per dare un senso al mondo misterioso che circonda-

Il walkabout raccoglie tutti gli elementi del mondo

Se quindi si unisce il bisogno di conoscenza alla

crociano delineando la storia delle origini dell’umanità,

necessità di consapevolezza del territorio, si ottiene

la “storia del tempo del Sogno”. Più precisamente,

ciò che Turchi chiama “premapping”, ovvero mappe

ad ogni percorso corrisponde un canto e ogni canto

mentali in cui il un luogo è definito non tanto per il suo

richiama una storia primordiale legata al territorio. Pro-

aspetto oggettivo, quanto per l’esperienza sensibile

prio queste storie rappresentano le basi della cultura

che definisce. Un esempio altamente esplicativo di

aborigena australiana, tramandata di generazione in

ciò sono i walkabout, il sistema di percorsi di energia

generazione oralmente e celebrata dai percorsi erra-

spirituale secondo cui gli Aborigeni Australiani hanno

tici degli Antenati, che percorrevano lo spazio fisico

decifrato e mappato il territorio.

in maniera simbolica attraverso il rito del camminare e delineavano lo spazio simbolico attraverso l’azione

«Il fango si stacco dalle loro cosce, come la pla-

fisica del cantare.

centa da un neonato. Poi, come fosse un primo va-

61

gito, ogni Antenato aprì la bocca e gridò: “Io sono!”.

Nonostante i walkabout possano quindi sembrare

E questo primo “Io sono!”, questo primordiale dare

uno strumento di mappatura simbolica del mondo in-

nome, fu considerato, da allora e per sempre, il disti-

tero, in realtà la necessaria relazione tra cantore e

co più sacro del Canto dell’Antenato. Ogni Uomo del

oggetto del canto lascia intendere come le intenzioni

Tempo Antico mosse un passo col piede sinistro e

degli aborigeni non fossero così estese e globali, ma

gridò un secondo nome. Mosse un passo col piede

come al contrario i loro percorsi siano strettamente

destro e gridò un terzo nome. Diede nome al pozzo,

legati ad una dimensione locale e alla volontà di lo-

ai canneti, agli eucalipti: si volse a destra e a sinistra,

calizzare se stessi all’interno del vasto territorio au-

chiamò tutte le cose alla vita e coi loro nomi intessé

straliano. Le mappe derivanti dai walkabout non hanno

dei versi. Gli uomini del Tempo Antico percorsero tut-

nulla di accurato se non la descrizione dell’esperienza

to il mondo cantando; cantarono i fiumi e le catene

personale e, utilizzando una metafora di Turchi, sono

di montagne, le saline e le dune di sabbia. In ogni

«molto più simili ad un ritratto espressionista che ad

punto delle loro piste lasciarono una scia di musica.

una fotografia identificativa»2. I walkabout descrivono

Avvolsero il mondo intero in una rete di canto; infine,

solo una parte del territorio, quella sensibile, e tac-

quando ebbero cantato la Terra, si sentirono stanchi.

ciono sul resto, in quel momento non fondamentale.

Alcuni sprofondarono nel terreno, là dove erano. Altri

Filtrano la realtà e costituiscono così la loro personale

strisciarono dentro le grotte. Altri ancora tornarono

cultura originale, non decifrabile dall’esterno se non

lentamente alle loro Dimore Eterne, ai pozzi ancestrali

dopo le dovute precisazioni e indicazioni.

che li avevano generati. Tutti tornarono dentro.»

3

Questo è esattamente ciò che accade oggi, con le legende e le didascalie che accompagnano una rap-

would cry: and the crew would reply/“They are merely conventional signs!/“Other maps are such shapes, with their islands and capes!/But

we’ve got our brave Captain to thank/(So the crew would protest) “that he’s bought us the best/A perfect and absolute blank!”».

1. Racconti, vettori e connessioni

in storie/percorsi chiamati “le vie dei canti” che si in-

va i nostri antenati.

2. Peter Turchi, Maps of the imagination: the writer as cartographer, Trinity University Press, San Antonio, 2004.

3. Bruce Chatwin, The Songlines, 1987 (trad. it. a cura di Silvia Gariglio, Le vie dei canti, Adelphi, Milano, 1988).


1.3 Tell me a map 62

In alto Mappatura dei casi di colera durante l’epidemia, Jhon Snow, 1854.

In basso Una delle “mappe artistiche” del Warren Wilson College: The bovine walk, Gwen Diehn.


ciò che possiamo fare è sperare che il suo intento

una spiegazione riguardo il modo di intendere del car-

coincida con il nostro.

tografo e la sua visione, onde evitare di incorrere nello

A volte la rappresentazione cerca in tutti i modi di

stesso tipo di errori di valutazione che commisero i

annullare il divario inevitabile tra l’autore e il lettore, nel

primi coloni americani seguendo le mappe europee del

caso delle mappe di mediarlo attraverso convenzioni

Nuovo Continente, le quali non consideravano assolu-

e codifiche quali scala, orientamento e icone, in altri

tamente i territori indiani.

casi invece è proprio dal distaccamento da queste

Ciò che in quest’ultimo caso sembra essere un er-

convenzioni, dallo scivolamento verso una direzione

rore di valutazione in merito a cosa esplicitare e cosa

non premeditata, che spesso l’interpretazione amplia

tacere, è piuttosto il prodotto di quella che potremmo

il suo raggio di possibilità.

definire oggi un’attenta strategia comunicativa. Asse-

Esemplare in questo è il caso di John Snow, che

gnare ai vuoti le valenze più diverse lascia si all’os-

nella Londra in preda all’epidemia di peste del 1854

servatore un’opportunità per fermarsi a riflettere, per

decide di analizzare la malattia non attraverso carat-

spalancare la porta delle possibilità di interpretazione,

teristiche abituali quali durata, soggetti o intensità dl

ma fornisce anche un chiaro identikit del cartografo.

malessere, ma focalizzando l’attenzione sul dato ge-

Sul primo di questi concetti si fondano per esempio

ografico. È noto come Snow abbia identificato nelle

gli haiku, la più concisa delle formule poetiche, che

fontane pubbliche l’origine delle epidemie grazie ad

relazionano elementi naturali e immagini sensoriali

una mappa di diffusione degli appestati.

particolarmente penetranti, mentre nel secondo caso

È in questa modalità che la rappresentazione,

con il vuoto si dichiara un’intenzione politica prima che

fisica o immaginaria che sia, rivela la sua massima

geografica tipica dello spirito del colonialismo.

potenzialità: mostra ciò che nessuno ha mai visto e

Regole assolutamente implicite e codici cultura-

influenza così la prospettiva, o magari non mostra che

li fanno in modo che uno stesso argomento possa

alcuni aspetti, permettendo all’osservatore di leggere

essere reso in modalità differenti, e per esteso, che

il ritmo tra vuoti e pieni e interpretarlo secondo il pro-

«una mappa...non è che una delle tante mappe che

prio punto di vista. Probabilmente ciò che più si av-

potrebbero essere prodotte a partire dallo stesso in-

vicina a questa interpretazione espressionistica della

sieme di dati»4. Così come la nostra visione del mon-

rappresentazione è proprio un lavoro artistico: Gwen

do cambia più e più volte nel corso della vita, nel cor-

Diehn, artista americana, ha impiegato più di un anno

so della giornata, così il territorio viene rappresentato

nella creazione di “mappe artistiche” riguardanti i din-

ora preservandone le caratteristiche spaziali, ora quel-

torni del Warren Wilson College, rappresentando alberi

le sociali e così via, facendo in modo che ogni mappa

e fiumi, ma non i percorsi da seguire poichè, secondo

non sia altro che uno dei tanti strumenti per indagare

l’autrice, un cammino prestabilito è troppo limitante

la realtà. Come per la letteratura, non c’è limite all’in-

per le potenzialità dell’ambiente.

formazione che il cartografo può utilizzare se non il

Sulla base degli esempi sin qui affrontati, l’analisi

suo stesso obiettivo e la sua stessa esperienza, e

di Turchi porta ad una conclusione: il significato di ogni

4. Mark Monmonier, How to Lie with Maps, University of Chicago Press, Chicago, 1996.

1. Racconti, vettori e connessioni

presentazione cartacea del territorio: necessitiamo di

63


1.3 Tell me a map 64

Visualizzazione del percorso tra Londra e Holy Head. Britannia, John Ogilby, 1675.


cosa, che si tratti di arte, di letteratura o di vita reale, è sempre presente, ma si rivela solo da una determisto a tale osservazione. Questa predisposizione altro non è che l’abilità ad immaginare. Il primo passo verso una nuova visualizzazione, concreta o astratta, è sicuramente un’attività di costante messa in discussione delle regole e dei concetti sino ad ora dati per scontati. È ciò che ha fatto John Ogilby quando nel 1675 ha realizzato il primo vero atlante stradale d’Inghilterra.

1. Racconti, vettori e connessioni

nata prospettiva e solo se l’osservatore è predispo-

Il Britannia, oltre ad essere l’innovativa combinazione tra le road maps romane e le prose maps dei pellegrini medievali, spicca sicuramente per il suo metodo di presentazione:

«Abbiamo progettato su pergamene immaginarie, posizionando la città o il villaggio di partenza sempre nella parte bassa della pergamena più esterna a sinistra, mentre la strada risale verso la parte alta dello stesso foglio, poi dal basso della pergamena successiva risale nuovamente, e prosegue così finchè non termina in alto, nella pergamena più esterna a destra»5 Nella prefazione al volume, Ogilby spiega chiaramente al lettore la sua metafora, evitando così il disorientamento che sarebbe certamente scaturito dai continui cambi di orientamento della mappa. Questo disorientamento, tradotto in ambito letterario, altro non è che il più importante strumento dello scrittore: la possibilità di guidare il lettore, il viaggiatore, di volta in volta in maniera differente a seconda della diffusione delle informazioni e della sequenza di suggestioni visive presentate. La perdita dell’orientamento che preoccupava Ogil-

5. John Ogilby, Britannia Atlas, 1675. (edizione facsimile)

65


by acquista oggi una diversa e più complessa valenza,

va, la perdita dell’orientamento rispetto alla realtà e la

e nonostante guidatori e viaggiatori non possano fare

massima concentrazione dell’immaginazione sono un

a meno di affidarsi alle road map ieri, e ai navigatori

piacevole pedaggio da versare per l’accesso alla real-

satellitari oggi, tutti probabilmente apprezzerebbero

tà fittizia della storia. Un viaggio incerto e coinvolgente

una certo quantità di disorientamento.

in un territorio sconosciuto è una grande avventura

Il piacere del perdersi può essere ben compreso

1.3 Tell me a map

se si pensa al concetto di smarrimento del lettore in

66

tanto per chi viaggia con la fantasia che per chi utilizza le proprie gambe.

un libro. Lo stesso Turchi racconta un episodio causato dal famoso scritto di Italo Calvino Se una notte di

inverno un viaggiatore:

Artefice di questa architettura è un narratore non meglio identificato, che «cammina in un lungo corridoio, che sbircia nelle varie stanze dei suoi personaggi

«Ore dopo, ho richiuso il libro. Quando l’ho riaperto

in diverso momenti della loro vita, e a volte ci invita a

per rileggerne un passaggio non sono riuscito a ritro-

sporgerci oltre la soglia e dare un’occhiata noi stes-

varlo nel testo; dalla finestra le stelle ormai brillavano

si, ma senza mai lasciarci entrare completamente»2.

in un cielo nero. Avevo letto l’intero racconto senza

Il potere decisionale permette al narratore di scegliere

mai fare una pausa, neanche per accendere la luce.

quanto far entrare il lettore nella storia, se preclude-

Mi ero meravigliosamente perso in un libro.»

re alcune strade o lasciare la massima possibilità di

2

scelta, in ogni caso la sua scelta di rappresentazione Il perdersi in uno scritto è sicuramente una sensa-

influenza non solo il soggetto, ma anche la trama del

zione che gli amanti della lettura conoscono bene, e

racconto, considerando il termine trama secondo 1la definizione originale di «filo che costituisce la parte tra-

forse a volte inseguono. Lo slittamento della prospetti-

Nova et Aucta Orbis Terrae Descriptio ad Usum Navigantium Emendata, Mercatore, 1569.


abbandonarsi al libero cammino piuttosto che seguire

A seconda della “tessitura” quindi, il filato potrà

gli argini, e smarrire l’orientamento rispetto alle pro-

prendere orientamenti diversi, e la visualizzazione

spettive abituali spesso porta alla scoperta di nuovi

mostrerà aspetti diversi. Ovviamente, proprio per

orizzonti che vanno a popolare le fila delle possibilità.

uniformare i metodi di rappresentazione e cercare di

Daniel Defoe riassume in maniera esemplare questo

avvicinarsi all’utopia della “riproduzione fedele”, la sto-

concetto con una celebre frase dal Robinson Crusoe:

ria ha introdotto convenzioni e regole di cui sopra, e nel 1569 Mercatore crea una mappa basata su «una

«Quando iniziai a misurare il segno con i miei

nuova proporzione e una nuova organizzazione dei

piedi, li scoprii molto più piccoli di quanto credessi...

meridiani in relazione con i paralleli» . La proiezione di

Ciò riempì la mia testa di nuove immaginazioni.»

7

Mercatore ha dominato la cartografia fino alla fine del XX secolo, un risultato sorpendente se si considera

Lavorare sulla ridefinizione delle convenzioni, sull’in-

la sua iniziale natura di strumento ad uso esclusivo

novazione del senso comune e sul superamento delle

dei marinai. La mappa permetteva infatti ai navigatori

regole prestabilite non fa altro che ampliare l’orizzonte

di pianificare il viaggio grazie ad un semplice righello,

della realtà percepita.

ma nonostante l’utilizzo diffuso nei secoli non è una

Tolomeo definisce la geografia come «la rappre-

proiezione da definire perfetta. Le distorsioni create

sentazione figurativa di tutto il mondo conosciuto in-

da Mercatore aumentano man mano che si procede

sieme a tutti i fenomeni che vi sono contenuti»8, por-

allontanandosi dall’equatore, e quindi dalle principali

tando gli studiosi a focalizzare l’attenzione sia sulla

rotte del commercio del XVI secolo.

parola “conosciuto” inquanto indice dell’importanza da

Il paradosso della riduzione in piano di un ambiente

attribuire al concetto di scoperta ed esplorazione, sia

a tre (o quattro) dimensioni è una problematica co-

sul concetto di “tutto” e sulla necessità dei cartografi

mune tra il cartografo e lo scrittore, ma soprattutto

di rappresentare ogni cosa.

è la difficoltà che caratterizza la tensione dell’artista

La sfida della conoscenza globale del territorio cir-

visuale. L’impressionismo francese, più di ogni altra

costante, ha evidentemente origini antiche, si pensi a

corrente artistica ha rappresentato un momento fon-

Eratostene, bibliotecario della Biblioteca di Alessandria,

damentale nella storia della rappresentazione della

che circa nel 200 a.C. è stato il primo a calcolare la

realtà ed è bene noto che la battaglia per il ricono-

lunghezza del meridiano terrestre, o a Abraham Orte-

scimento degli artisti di tale corrente è stata tutt’altro

lius, che nel 1570 pubblicò il Theatrum Orbis Terrarum,

che semplice e breve. La forte operazione di rottura

oggi conosciuto come il primo atlante della storia, o al

con le convenzioni delle tecniche pittoriche tradizionali

più moderno caso di Thomas Jefferson, che dopo la

operata dagli impressionisti ha portato a decenni di

distruzione della Biblioteca del Congresso durante la

rifiuti e critiche, ma oggi le loro tele campeggiano nei

guerra del 1812, si impegnò in prima persona per la

più grandi musei del mondo.

ricostruzione, con la missione di «acquisire, organizza-

Un esempio questo di come rompere gli schemi,

6. http://www.treccani.it «trama s. f. [...] Nell’industria tessile, il filo (filo di trama) che costituisce la

parte trasversale del tessuto [...]». 7. Definizione fornita dallo stesso Mercatore.

re, preservare, proteggere e sostenere una raccolta

8. Claudio Tolomeo, Geographia, II sec. d.C. (prima trad. latina Jacopo d’Angelo, 1406).

1. Racconti, vettori e connessioni

sversale del tessuto»6.

67


1.3 Tell me a map 68

Mappamondo, Theatrum Orbis Terrarum, Abraham Ortelius, 1570.


69

1. Racconti, vettori e connessioni


1.3 Tell me a map 70

In alto Una zona di Boston vista con gli occhi di Dave: l’area residenziale è un grande vuoto asettico. Al centro La stessa zona secondo Ernest: lo spazio è caratterizzato dalla grande strada che crea una barriera e taglia in due l’area. In basso La visione di Ralph: dominano i luoghi relativi all’educazione scolastica frequentati dal ragazzo.


che topografie religiose proponevano una spiegazione

più grande raccolta del mondo sulla conoscenza uma-

geografica in linea con i concetti teologici, determinan-

na, un enorme tesoro ad uso del Congresso e delle

do così rappresentazioni cartografiche più simboliche

generazioni presenti e future»9, fino ad arrivare al con-

che realistiche, allo stesso modo, secoli più tardi, la

temporaneo progetto del World Wide Web.

parte del mondo che meglio conosciamo finisce per

La mancanza ideale di limiti alla conoscenza, porta

occupare una posizione di primo piano nella visione.

inevitabilmente alla creazione di auto-limiti, ovvero filtri

Probabilmente, la più calzante mappa mentale in que-

che attraverso i bisogni, i desideri e le emozioni defini-

sto senso è la Manhattanite’s view di Saul Steinberg,

scono una personale curiosità. La conoscenza globale

apparsa in una copertina del New Yorker del 1975.

si ridimensiona intorno ad una prospettiva individuale e arriva a rappresentare non l’intera realtà, ma piut-

In maniera implicita o esplicita, le esperienze diret-

tosto una versione mentale della stessa, ugualmente

te che caratterizzano le giornate della nostra vita, oc-

complessa e concreta.

cupano allo stesso modo il tempo concreto quotidiano

Queste mappe mentali riguardano non soltanto la

e le percezioni mentali di tale tempo. La vita professio-

cartografia, ma anche la psicologia, la psichiatria e la

nale, per esempio, determina un filtro tale per cui un

sociologia, nonché l’urbanistica e l’architettura, poiché

medico sarà sempre portato ad evidenziare cicatrici o

hanno la fondamentale caratteristica di includere si la

simili evidenze sul volto del suo interlocutore, mentre

successione fisica dei percorsi e delle strade che im-

una parrucchiera ne noterà il cambio di pettinatura e

magazziniamo nella nostra mente, ma soprattutto la

così via.

nostre impressione generale su questi luoghi. Nel libro

Il vissuto influenza a tal punto la visione della realtà

“Mental Maps” Peter Gould e Rodney White riportano

da determinare la nascita di “micro-mondi” corrispon-

i disegni di una zona di Boston ad opera di tre giovani

denti a ciascun essere umano: le mappe mentali così

abitanti del posto, dimostrando che pur riguardando la

create costituiscono un vasto atlante, talmente com-

stessa area, le tre visioni della realtà sono completa-

plesso e specifico da essere decifrabile solo dall’au-

mente differenti. Infatti, nella prima rappresentazione

tore stesso, il quale, inconsciamente o volutamente,

la zona residenziale è un grande vuoto asettico, nella

abita ogni giorno il mondo da lui stesso creato.

seconda l’attenzione si focalizza sulla barriera creata dalla strada principale, mentre nella terza dominano i luoghi relativi all’educazione scolastica.

Lo stesso Turchi dichiara «Tracciamo le nostre città, in questo modo tracciamo noi stessi. Tracciare il mondo intorno a noi equivale a rivelare noi stessi, le

Esperimenti simili dimostrano come la percezione

nostre priorità, i nostri interessi, i nostri desideri, le

di un luogo, l’immagine della realtà e le relazioni tra

nostre paure e i nostri pregiudizi. Crediamo di map-

elementi del territorio non sono che stati mentali, la-

pare la nostra conoscenza, ma in realtà mappiamo

yer che ogni essere umano sovrappone a seconda

ciò che vogliamo vedere, e ciò che vogliamo che gli

delle proprie esperienze personali. Così come le anti-

altri vedano. In questo senso, ogni mappa è il riflesso

9. Thomas Jefferson occupa inoltre un posto d’onore nella storia dei primi anni della Biblioteca del Con-

gresso, firmando personalmente la prima legge che ne regolava la struttura, il 26 Gennaio 1802.

1. Racconti, vettori e connessioni

completa della storia e della creatività americana, la

71


1.3 Tell me a map 72

2 View of the World from 9th Avenue, Saul Steinberg, 1975.


e definire una metodologia di indagine della metropoli,

ta.»

2

è stato a lungo il desiderio che ha animato le esperien-

La realtà soggettiva di ogni essere umano si trova

ze artistiche come il dadaismo, il surrealismo, il lettri-

quindi ad incrociare, o scontrare, non solo la realtà

smo e la land art. A partire dal 1921 gli artisti, i filosofi

fisica, ma anche il prodotto delle percezioni altrui.

e i teorici di tutto il mondo hanno infatti sperimentato

Rita Carter, scrittrice specializzata nelle scienze

un nuovo tipo di arte, meglio definibile come anti-arte,

della mente umana, descrive come ogni cervello co-

con l’obiettivo di indagare i nuovi valori della moderna

struisca il mondo in maniera singolare, percependo gli

identità cittadina.

elementi esterni secondo i propri recettori emotivi e restituendo immagini che partono da un identico punto ma vengono elaborate diversamente a seconda del soggetto.10 Come pixel che compongono un’immagine,

1. Racconti, vettori e connessioni

dell’individuo o del gruppo di individui che l’ha genera-

allo stesso modo il prodotto dell’osservazione è un risultato del tutto personale, prodotto delle esperienze pregresse e di una specifica attività sensoriale. Elemento fondamentale dell’attività percettiva è quindi la capacità mnemonica. Il conforto emotivo derivante dalla memoria fa si che l’archivio mentale non sia una raccolta sistematica di elementi ordinati, ma piuttosto una mappa del tesoro in cui ricordi, speranze ed emozioni sono frammenti di un vaso «con più buchi che argilla»2. Nonostante questa conoscenza a volte così personale e privata, resta diffuso il desiderio di condividere il proprio punto di vista nonché scoprire quello degli altri. Partire da un fronte comune da un lato rende la realtà meno complessa, dall’altro permette di interagire con realtà diverse dalla propria, aggiungere

layer alla percezione del singolo e scoprire mondi paralleli, prima sconosciuti, magari proprio dietro l’angolo di casa propria, rispondendo così alla curiosità insita naturalmente in ogni essere umano. Trovare una risposta a questo bisogno fondamentale

10. Rita Carter, Mapping the Mind, University of California Press, Berkeley, 1998.

73


2 The Naked City, Guy Debord, Parigi 1957.


La città percorsa Nel corso di pochi anni la città si è trasformata da palcoscenico della velocità e della modernità futurista in spazio del banale e del ridicolo con cui i dadaisti criticano la società borghese e istituzionale. Anni dopo i surrealisti abbandonano la polemica

dada e cercano nell’ambiente urbano delle influenze positive, in cui ritrovano le potenzialità generative dell’inconscio e delle relazioni empatiche. In seguito i lettristi riprendono la lotta anti-borghese e anti-capitalista, promuovendo la riappropriazione della città da parte dei cittadini attraverso avventure ludiche e libere, e dagli stessi presupposti parte Costant che con New Babylon progetta un unico grande corridoio ideale che attraversa la città e il mondo intero. Il 1967 è poi l’anno del camminare: in Inghilterra Long realizza A Line Made by Walking, riproponendo un spazio che subisce influenze primitive e arriva all’origine dell’arte e dell’architettura, ai menhir e ai percorsi rituali, mentre negli Stati Uniti Smithson invita il pubblico a intraprendere in sua compagnia un Tour

of the Monuments of Passaic, un’esplorazione dei paesaggi industriali e delle zone abbandonate in cui la natura ritrova un nuovo stato selvaggio, sfuggito al controllo dell’uomo.

75


Visite dada St Julien le Pauvre. 14 avril 1921, Coll.Timothy Baum, NY copia.


2. La città percorsa

1921: Dada e il ready made urbano

77

« Oggi alle 15 nel giardino della chiesa di SaintJulien-le-Pauvre [...] Dada inaugura una serie di escursioni a Parigi, invita gratuitamente amici e nemici a visitare le dépendances della chiesa. Sembrerebbe infatti che si possa trovare ancora qualche cosa da scoprire nel giardino, seppure sia già noto ai turisti. Non si tratta di una manifestazione anticlericale, come si sarebbe tentati di cre-

2.1

dere, ma piuttosto di una nuova interpretazione della natura, applicata questa volta non all’arte, ma alla vita».1

Comunicato stampa della prima visita


2.1 1921: Dada e il ready made urbano 78

Il volantino distribuito ai passanti nei pressi della Chiesa di Saint Julien-LePauvre.


volgimento degli artisti futuristi nelle situazioni della

tra alle tre del pomeriggio davanti alla chiesa di Saint-

vita reale, la loro ricerca si è fermata alla rappresen-

Julien-le-Pauvre e inaugura la serie delle escursioni

tazione di quei flussi, di quelle luci e quei rumori. I

urbane in luoghi banali. Questa visita apre la Grande

futuristi non intervengono nell’ambiente urbano, ne

Saison Dada, ovvero una serie di operazioni pubbliche

parlano e lo comunicano ma le loro serate si svolgono

che avrebbero dovuto dare nuovo slancio all’intero

principalmente negli ambienti letterari, e ad esclusione

gruppo, al momento in una periodo di stanchezza e

di qualche rissa o comizio (eventi spesso coincidenti)

polemiche interne.

non lasciano mai le gallerie d’arte o i teatri.

Nonostante i giudizi scettici di Andrè Breton, la vi-

Tristan Tzara aveva già dichiarato nel Manifesto del

sita a Saint-Julien è tutt’ora ricordata come uno dei

1916 che Dada è «decisamente contro il futuro»2 e

momenti più importanti non soltanto per la storia del

le azioni urbane degli anni venti sono ben lontane dai

movimento, ovvero poiché segna il passaggio dal chiu-

dettami del Futurismo: la città dadaista ha dismesso

so all’aperto, dalle sale di spettacolo come il Cabaret

la tecnologia in luogo della banalità e della semplicità,

Voltaire alla strada pubblica: rappresenta il principio di

d’altra parte è noto come lo stesso nome del gruppo

una trasformazione cruciale per tutto lo stato dell’arte

volesse riferirsi anche ai suoni gutturali infantili, pri-

contemporanea, che infatti dal 1921 in poi seguirà i

mo e semplice tentativo di comunicazione dell’esse-

passi delle visite per attraversare l’intero secolo nel

re umano. Attraverso l’interesse per gli spazi urbani

nome dell’anti-arte.

insulsi e banali, Dada rinnova la sfida all’arte sublime e contemporaneamente promuove il ricongiungimento

Il ready made urbano segna il passaggio dalla rap-

tra questa e la vita quotidiana.

presentazione di un’azione all’azione concreta, da

La prima visita si svolge a Parigi non casualmente:

compiere quindi nella vita quotidiana. Le tematiche del

gli artisti scelgono dichiaratamente la città del flâneur,

moto e della velocità ereditate dal Futurismo conti-

riconoscendolo come esempio di ribellione alla moder-

nuano ad essere oggetto di ricerca per tutte le avan-

nità ed elevandone il vagabondare curioso ad opera-

guardie successive, impresse sulla tela, raccontate in

zione estetica. Il passeggiare descritto da Benjamin

prosa o in poesia, ma con Dada per la prima volta

negli anni venti è utilizzato come emblema di una for-

esse vengono non solo rappresentate ma praticate.

ma d’arte strettamente in relazione con la vita reale e

Con la visita dadaista l’azione del percorrere lo spazio

il territorio concreto. Questa particolare accezione di

ritorna ad essere forma estetica pura, e attacca il

Parigi sarà poi ripresa anche dai successivi surrealisti

sistema dell’arte canonica ritornando al grado zero,

e dai situazionisti.

primario obiettivo del movimento.

Sebbene la visita a Saint-Julien-le-Pauvre sia stato

Secondo Dada, fino a quel momento l’arte si era

il secondo tentativo di ready made urbano, a seguito

limitata a descrivere la città del futuro, spazio attra-

del meno riuscito predecessore, il Woolworth Building

versato da energia, da luci e rumori, dominato dalle

di New York proposto da Duchamp nel 1917, la gita

macchine e dalle industrie, e nonostante il forte coin-

parigina è stata la prima operazione simbolica che at-

1. Jacques-Yves Conrad, Promenade surréaliste sur la colline de Montmartre,

University of Paris III: Sorbonne Nouvelle Center for the Study of Surreali-

sm, 2008. 2. Tristan Zara, Manifesto Dada, 1918.

2. La città percorsa

Il 14 aprile 1921 il gruppo Dada parigino si incon-

79


2.1 1921: Dada e il ready made urbano 80

In alto Saint Julien-le-Pauvre, Quartiere Latino, Parigi.

In basso Foto del gruppo surrealista nel giardino di Saint Julienle-Pauvre.


tempo si prestava all’attuazione dello spaesamento

come per il Woolworth Building appunto o in generale

dadaista, trovandosi in pieno Quartiere Latino e quindi

per tutte le operazioni artistiche dadaiste, dal Bottle

sotto gli occhi di tutti ma mai davvero osservato. Nella

Rack alla Fountaine, ma ad uno spazio, per giunta

scelta del sito si evidenzia un ulteriore punto chiave

vuoto. In questo modo Dada riprende il principio della

delle visite dadaiste, ripreso anch’esso delle avanguar-

decontestualizzazione utilizzato per portare gli oggetti

die successive, ovvero il bisogno di porre l’accento su

banali nello spazio dell’arte, e lo applica per portare

luoghi familiari, ma allo stesso tempo sconosciuti per

invece l’arte nei luoghi banali della città, attraverso i

dimostrare come l’esplorazione della città e la conti-

corpi degli stessi artisti.

nua scoperta della realtà sia possibile ovunque, nel giardino dietro casa o nel cuore pulsante della città

Un’intento simile era già stato avvertito nelle in-

nota.

stallazioni scultoree dadaiste nei parchi e nelle piazze

Con le visite nel banale e nell’insolito Dada da il via

pubbliche, ma solo con la visita vengono indagate pro-

ad una lunga serie di operazioni psicologiche urbane

fondamente le potenzialità del territorio urbano reale:

e alle applicazioni sul territorio delle teorie freudiane

non è abbastanza intervenire sul luogo con un ogget-

dell’inconscio, sottolineando concetti che troveranno

to, o spostare il luogo in ambienti artistici attraver-

il loro maggiore sviluppo solo successivamente, con

so una qualche rappresentazione dello stesso, Dada

surrealisti, lettristi e situazionisti.

porta concretamente l’arte nel luogo senza compiere alcuna operazione materiale, senza lasciare testimonianze ad esclusione del materiale informativo e pubblicitario legato all’operazione. In questo senso è probabilmente rappresentativa una delle fotografie scattate quel 14 aprile: il gruppo di artisti posa immobile nel giardino vuoto e incolto della chiesa di Saint-Julien. Lo scatto racconta nella sua semplicità tutto il valore delle visite: il soggetto della foto è anche il soggetto dell’operazione, i dadaisti non fanno nulla di particolare se non essere li, in quel preciso spazio, e attraverso la sola presenza, cosciente e consapevole, agiscono. L’azione è la visita, nient’altro. La scelta del luogo deve aver quindi rappresentato un punto fondamentale per la pianificazione dell’operazione, ma non è noto chi avesse proposto esplicitamente la chiesa abbandonata di Saint-Julien. Sicuramente quello spazio si adattava perfettamente ai concetti di banalità e semplicità, poco noto e circondato da un terreno spoglio e brullo, e allo stesso

2. La città percorsa

tribuisce espressamente valore non ad un oggetto,

81


AndrĂŠ Breton, 3 mannequins et le groupe surrĂŠaliste, Wiliam Klein, Paris 1959.


« [...] Ma su quali strade partire? Su strade materiali, era poco probabile; su strade spirituali, le vedevamo male. Rimane il fatto che ci è venuta l’idea di combinare questi due tipi di strade. Di qui un deambulare a quattro, Aragon, Morise, Vitrac e io, intrapreso verso quest’epoca, partendo da Blois, città tirata a sorte sulla carta. [...] L’assenza di ogni scopo ci distacca assai presto dalla realtà, fa levare sotto i nostri passi fantasmi sempre più

2.2

numerosi, sempre più inquietanti. L’irritazione sta sempre più in agguato e capita persino che Aragon e Vitrac vengano alle mani.»1

André Breton, 1952

2. La città percorsa

1924: la città inconscia dei surrealisti

83


2.2 1924: la città inconscia dei surrealisti 84

Tre anni dopo la visita a Saint-Julien-le-Pauvre, men-

una volta sullo svolgimento dell’azione in sè e non sul

tre le manifestazioni Dada continuavano a riscuotere

perché essa avvenga, ma a differenza dell’escursione

sempre meno successo e i rapporti con Tzara inizia-

dadaista essa viene praticata in un territorio vuoto ed

vano ad incrinarsi, il gruppo formato da Aragon, Breton,

esclusivamente extra-cittadino. La “deambulazione”,

Morise e Vitrac organizza un’altra azione artistica con-

definibile come semplice “locomozione”3 e non come

creta nella realtà. Nel maggio 1924 partono da Parigi

percorso mirato4, si svolge quindi nei boschi e nelle

verso Blois in treno, meta scelta casualmente su una

campagne, identificati come luoghi che per vastità e

mappa, e decidono di continuare a piedi il percorso

isolamento avvicinano il reale all’onirico. In questo sen-

da li verso Romorantin. Questa operazione parte cer-

so, l’azione surrealista si avvicina in particolar modo al

tamente dal concetto della visita, ma se ne distacca

mito dell’erranza delle culture primitive, in cui l’archeti-

principalmente per ciò che riguarda la tipologia di azio-

po di uno spazio vivo, attivo e pulsante, è in scambio

ne intrapresa: non si tratta di incontrarsi in un luogo

continuo e reciproco con gli abitanti. La deambulazione

prescelto, ma piuttosto di compiere un percorso erra-

è empatia che genera nuovi livelli di conoscenza: il ter-

tico, specialmente in territorio naturale.

ritorio attraversato evoca immagini e ricordi di altri luo-

L’evento si trasforma presto nell’incipit del percor-

ghi e «trasporta l’essere in uno stato di incoscienza»5,

so iniziatico che porta Dada verso il Surrealismo. Bre-

è il mezzo per entrare in contatto con la realtà profon-

ton stesso ricorda il «deambulare a quattro [come]

da dello spazio, visibile solo dopo lo spaesamento e la

un’esplorazione ai confini tra la vita cosciente e la

perdita del controllo, un’ipnosi dovuta alla natura del

vita di sogno»1 in cui i quattro artisti hanno trascorso

luogo, vasto e disabitato, ai confini del reale (urbano)

il tempo, e lo spazio, conversando e camminando. È

normalmente conosciuto.

da queste conversazioni che Breton trae spunto per

Come avvenne per le visite dadaiste, così anche

scrivere, al rietro, l’introduzione di Poisson Soluble, ciò

le deambulazioni surrealiste si sono concluse dopo il

che poi diventerà il manifesto del Surrealismo. In esso

primo tentativo, sebbene la “passeggiata” ai margini

è contenuta la prima definizione ufficiale del termine

della città resta un metodo fondamentale per l’esplo-

come «automatismo psichico puro col quale ci si pro-

razione della parte “inconscia” di Parigi.

pone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto,

Nello stesso anno infatti Aragon pubblica una spe-

sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del

cie di guida al meraviglioso quotidiano della città mo-

pensiero».2

derna realizzata invertendo i fattori della deambulazio-

Il viaggio verso Romorantin, intrapreso senza uno

ne, ovvero descrivendo la con gli occhi di un contadino

scopo preciso, è quindi paragonabile alla scrittura au-

che passeggia per le strade della metropoli. Le paysan

tomatica surrealista, svolta però nello spazio reale

de Paris è la descrizione di quei luoghi ogni giorno igno-

piuttosto che sulla carta. L’accento è posto ancora

rati, offuscati dai flussi degli itinerari turistici istituzio-

1. André Breton, Entretiens, 1952. 2. André Breton, Manifeste du Surréalisme, 1924 (trad. it. Manifesti del Surrealismo, Einaudi, Torino, 1987). 3. http://www.treccani.it «deambulazióne s. f. [dal lat. deambulatio -onis,

propr. «il passeggiare»; v. deambulare]. La locomozione (detta comunem. andatura o cammino) propria dell’uomo e di molti vertebrati superiori, consistente nell’alterno spostamento in avanti dei quattro arti nei quadrupedi

e nei quadrumani, dei due arti inferiori nell’uomo». 4. http://www.treccani.it «percórso s. m. [der. di percorrere, formato sul part. pass. percorso]. [...] b. Il tratto di strada, o di mare, o di spazio aereo che si percorre, che

viene cioè attraversato per spostarsi da un luogo a un altro, per effettuare un viaggio o per altro scopo, con riferimento al suo particolare tracciato». 5. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino,


traversato lo spazio urbano ed è proprio attraverso

sorprese inaspettate. È proprio ne Le paysan de Paris

questa operazione che i surrealisti dimostrano come

che viene proposta un’ulteriore costante della visione

anche il banale deriso dai dadaisti nasconda un nuovo

che i surrealisti hanno della realtà circostante: Parigi

mondo tutto da scoprire, tanto complesso quanto lo

è un mare, agitato e enorme, ma è anche contempo-

è la stessa mente umana. L’esplorazione surrealista è

raneamente sicuro grembo materno da cui trarre linfa

quindi un’investigazione psicologica del rapporto con

vitale. La città è un liquido amniotico in cui possono

il territorio urbano, in cui la città è un organismo che

nascere incontri, scontri e scoperte che definiscono

genera luoghi “meravigliosamente quotidiani”7, ovve-

la nostra esperienza di vita.

ro quelle parti che sfuggono al progetto istituzionale

Unendo a quest’ultimo i concetti precedenti, ov-

dell’organizzazione spaziale, e il camminare inconscio,

vero la tecnica della deambulazione inconscia e la re-

ovvero automatico e senza meta, è un mezzo attra-

lazione con il territorio empatico, Breton immagina di

verso cui farne esperienza.

poter definire un metodo per comprendere gli effetti

Nonostante il passo avanti fatto dall’esperienza

della città sul cittadino e progetta così di disegnare

surrealista rispetto alle basi poste da Dada, anche in

le mappe influenzali, ovvero delle cartine basate sulle

questo caso le avanguardie successive criticheranno

variazioni della percezione che si ha di questo o di

le precedenti come non abbastanza assennate, so-

quel luogo. L’artista associa ai posti “amati” il colore

prattutto per ciò che riguarda la ricerca dell’anti-arte,

bianco, ai posti “da evitare” il nero e lascia in grigio

motivo primario dell’intero periodo. I lettristi e i situa-

tutte quelle zone risultanti dalla compresenza delle

zionisti partiranno ancora dai concetti surrealisti per

due sensazioni: il risultato sono delle strade arricchite

portare alle estreme conseguenze sia l’arte collettiva,

di senso, in cui «se prestiamo un minimo di attenzione,

con una valenza estremamente rivoluzionaria, sia la

potremmo riconoscervi zone di benessere e di males-

pratica esplorativa del camminare erratico.

sere che si alternano, e di cui potremmo arrivare a stabilire le rispettive lunghezze»6. Quest’analisi psico-sociale non sarebbe possibile se il surrealismo non si appoggiasse alla nascente dottrina psicanalitica, secondo la quale tutte le cose hanno origine da altre, ben nascoste oltre la superficie. I territori dell’inconscio, luoghi preferiti delle deambulazioni, sono proprio la concretizzazione di questo concetto: è convinzione diffusa infatti che come la psicanalisi attraversa la mente, così possa essere at-

2006. 6. André Breton, Pont Neuf, in La clé des champs, Éditions du Sagittaire, Parigi, 1953. 7. Louis Aragon, Le paysan de Paris, Gallimard, Parigi, 1926 (trad. it. di Paolo Caruso, Il paesano di Parigi, Il

saggiatore, Milano, 1996). «Aurai-je longtemps le sentiment du merveilleux quotidien? Je le vois qui se perd dans chaque homme qui avance dans sa propre vie comme dans un chemin de mieux en mieux pavé, qui avance dans

l’habitude du monde avec une aisance croissante, qui se défait progressivement du goût et de la perception de l’insolite». «Avrò ancora per molto il sentimento del meraviglioso quotidiano? Lo vedo

smarrirsi in ogni uomo, che avanza nella propria vita come in un cammino sempre meglio lastricato, che avanza nell’abitudine con crescente disinvoltura, che man mano si libera del gusto e della percezione dell’insolito».

2. La città percorsa

nali, che nascondono però frammenti di vita vissuta e

85


I membri della nascente Internazionale Situazionista, Ralph Rumney, 1957.


2. La città percorsa

1950: lettristi e situazionisti in città

87

«La formula per rovesciare il mondo, noi non l’abbiamo cercata nei libri, ma andando in giro [...] Insieme a quattro cinque persone poco raccomandabili [...] Quelle che avevamo compreso, noi non siamo andati a dirlo alla televisione. Non abbiamo

2.3

aspirato a sussidi della ricerca scientifica, nè agli elogi degli intellettuali. Noi abbiamo potato l’olio là dov’era il fuoco»1

Guy Debord, 1978


2.3 1950: lettristi e situazionisti in città 88

Publicité, Gil J. Wolman in “Les Lèvres Nues” n.7, 1955.


spaesamento totale».3

Wolman, Michèle Bernstein, Mohamed Dahou, Jacques

Se principalmente la deriva è un’attività ludica col-

Fillon e Gilles Ivain da vita all’Internazionale Lettrista

lettiva, attraverso essa i lettristi hanno la possibilità di

per «lavorare alla costruzione cosciente e collettiva di

indagare il concetto di psicogeografia, ovvero la valu-

una nuova civiltà» e focalizzare ancor più l’attenzione

tazione degli effetti psichici che il contesto urbano ha

sulla necessità di un’azione concreta.

sugli individui. Ma la deriva è anche la proposta di uno

2

La prima di queste azioni riguarda la messa in pra-

stile di vita alternativo per abitare la città, attraverso

tica di una teoria, fondata sulla scia dell’erranza urba-

la costruzione di nuovi comportamenti dichiaratamen-

na portata in luce dalle avanguardie precedenti, che

te mirati sia alla battaglia contro la cultura borghese

spinge i lettristi a trasformare i romanzi surrealisti sul-

che al superamento del surrealismo. In particolare, la

la città inconscia e i luoghi marginali in vere e proprie

scelta di effettuare le deambulazioni in campagna e

guide turistiche con relativi formulari d’uso delle città

non in città viene giudicata in maniera molto negati-

stesse. Nel 1955 Jacques Fillon scrive la Description

va dai lettristi, che ne riconosco le potenzialità come

raisonnée de Paris (Itinéraire pour une nouvelle agen-

forma d’arte collettiva nonché come chiara dichiara-

ce de voyages), una guida breve agli itinerari esotici e

zione di anti-arte, ma ne sottolineano anche gli errori:

multietnici che partono dal quartier generale lettrista

il fallimento della deambulazione è dovuto secondo

in Place Contrescarpe e, a piedi, conducono in diversi

loro all’eccessiva importanza data dai surrealisti all’in-

luoghi della città.

conscio e alla casualità, categorie che sono ancora

Sarà quindi l’Internazionale Lettrista, che diventerà Internazionale Situazionista nel 1957, ad elevare il perdersi vagabondando a tecnica di anti-arte per eccellenza.

presenti nella concezione lettrista ma non così preponderanti. Sarà in particolare Guy Debord a raccogliere le fila della ricerca lettrista e ad ampliarne la portata. Due

Il passeggiare, metodo indicato dai lettristi per

anni dopo Gilles, nel 1955, egli scrive l’Introduction à

sovvertire la società del dopoguerra, prigioniera del

une critique de la géographie urbaine, in cui definisce

sistema capitalistico e tradizionalista, non è nomina-

puntualmente i metodi sperimentali per «l’osservazio-

to più “visita”, nè “deambulazione”, con il Lettrismo

ne di alcuni processi del caso e del prevedibile nelle

prende il nome di dérive.

strade».4

Il primo saggio in cui il termine compare chiaramen-

La deriva lettrista è infatti un metodo d’indagine

te è il Formulaire pour un Urbanisme Nouveau, scritto

chiaramente definito che riconosce nella città reale il

nel 1953 dal giovane Ivan Chtcheglov, ovvero Gilles

suo campo d’azione e si distacca dal punto di vista

Ivain, il quale dichiara che, in una città dinamica e mu-

estremamente soggettivo della deambulazione per

tevole in cui è auspicabile «un allargamento razionale

proporre così una lettura metodica dello spazio urba-

della psicanalisi a beneficio dell’architettura, [...] l’atti-

no, terreno passionale oggettivo e non solo soggetti-

vità principale sarà una deriva continua. Il cambiamen-

vo-inconscio. Per questo motivo, quanto i surrealisti si

to di paesaggio di ora in ora sarà responsabile di uno

appoggiavano alla psicanalisi e al valore da essa attri-

1. Guy Debord, Œuvres cinématographiques complètes, Gallimard, Parigi, 1994.

2. Andrea Chersi (trad. di), Internazionale Situazionista 1958-69, Nautilus/ Stamparte, Torino, 1994.

3. Ivan Chtcheglov (alias Gilles Ivain), Formulaire pour un Urbanisme Nouveau, 1953, in “Internationale

Situationniste”, 1958. 4. Guy Debord , Introduction à une critique de la géographie urbaine, in “Les

2. La città percorsa

Nel 1952 il gruppo composto da Guy Debord, Gil

89


90

MĂŠmoires, metagrafia, Guy Debord, 1957.

2.3 1950: lettristi e situazionisti in cittĂ


nel camminare in gruppo, reagendo ai possibili stimoli

za in luogo di una costruzione pratica e concreta del

lungo il percorso, trascorrendo il tempo nei locali e

nuovo stile di vita antiborghese. La fuga dal reale tipi-

discutendo della tanto desiderata rivoluzione contro la

camente surrealista non trova perciò innesti nelle te-

vita borghese e il sistema dell’arte. Influenzata dalla

orie lettriste: la deriva è sperimentazione diretta sulla

battaglia dadaista per l’anti-arte, la deriva rifuggiva in-

città che non genera una separazione tra vita reale e

fatti l’etichetta artistica con la fugacità e la semplicità

vita immaginaria ma è piuttosto un tentativo di perfe-

che caratterizzavano lo svolgimento delle attività, di

zionamento e controllo della realtà, attraverso azioni

cui non restava traccia se non nel presente. Dabord

che abbracciano tutta la quotidianità e situazioni pra-

stesso elenca alcune delle operazioni urbane come

tica, che non si fermano al sogno o all’immaginazione.

per esempio «la deriva statica di una giornata senza uscire dalla Gare Saint-Lazare [...] l’appuntamento

Nel 1956 lo stesso Debord firma il manuale lettri-

possibile [...] e altri scherzi, considerati di dubbio gu-

sta intitolato Théorie de la dérive, e determina una

sto, che sono sempre in voga e ben visti nel nostro

volta per tutte il distacco dalle concezioni surrealiste

ambiente, come, ad esempio, introdursi nottetempo

affermando che nelle derive «la parte di aleatorietà

nei piani delle case in demolizione o percorrere Parigi

è meno determinante di quanto si creda: dal punto

in autostop durante uno sciopero dei mezzi pubblici

di vista della dérive, esiste un rilievo psicogeografico

senza fermarsi, con il pretesto di aggravare la con-

della città con delle correnti costanti, dei punti fissi e

fusione facendosi trasportare in un luogo qualsiasi, o

dei vortici che rendono disagevoli l’accesso o la fuo-

errare nei sotterranei della catacombe chiuse al pub-

riuscita da certe zone».5 La deriva è quindi un’attività

blico».5

che accetta l’esistenza del caso, però non si fonda su

È solo nel 1954, con la mostra 66 métagraphies

esso ma sulle cartografie psicogeografiche. In esse

influentielles alla Galerie du Passage, che la deriva

l’area considerata può variare dall’isolato al quartie-

lettrista viene presentata al pubblico. L’esposizione

re, alla città intera fino alle periferie, non vi è limite

segna l’inizio di una cartografia influenzale, rappre-

spaziale o temporale, poichè la deriva viene svolta

sentazione concreta delle teorie psicogeografiche e

generalmente in una giornata, ma può durare anche

dell’attività della deriva: le metagrafie di Wolman e De-

settimane, o mesi, purchè l’indagine sia intrapresa da

bord sono collage di immagini e frasi ritagliate da vari

gruppi di due o tre persone «giunte alla stessa presa

giornali, quelle di Gilles Ivain è la sovrapposizione di

di coscienza, poichè il confronto tra le impressioni di

porzioni di planisfero, isole, laghi, sulla mappa di Parigi,

questi differenti gruppi deve consentire di arrivare a

ad indicare come anche in città sia possibile ritrovare

delle conclusioni oggettive».5

l’altrove. Tre anni dopo, nel 1957, il lavoro sulle metagrafie

Nella genesi dell’attività lettrista ha certamente

prosegue nei libri Fin de Copenhague e Mémoire che

giocato un ruolo da protagonista la vita giovanile nelle

Jorn e Debord redigono come documenti preparatori

notti parigine cosicchè le iniziali derive consistessero

alla fondazione dell’Internazionale Situazionista. Ele-

Lèvres Nues”, 1955. 5. Guy Debord, Théorie de la dérive, in “Les Lèvres Nues”, 1956.

2. La città percorsa

buito ai sogni, tanto i lettristi negano questa importan-

91


2.3 1950: lettristi e situazionisti in cittĂ 92

Discours Sur Les Passions De L’Amour in Guida Psicogeografica di Parigi, GuyDebord, 1957.


93

2. La cittĂ percorsa


2.3 1950: lettristi e situazionisti in città 94

mento comune ad entrambi gli scritti è sicuramente

saggio lettrista riguarda non una precisa direzione, un

il valore attribuito alla sintesi visiva, infatti nel primo

percorso puntuale, ma piuttosto l’indicazione delle in-

caso le coste danesi sono rappresentate come mac-

finite possibilità generate dalla deriva in spazi comple-

chie, in stile informale, popolate dai simboli del consu-

tamente percorribili e personali.

mismo, mentre nel secondo le scie delle derive sono schizzi di pittura tra i frammenti di città.

In tutte le rappresentazioni influenzali emerge però un elemento comune, ovvero la presenza di un vuoto diffuso, in cui le unità di ambiente si ritrovano, alla

Sarà però Debord a disegnare la prima vera map-

maniera del liquido amniotico surrealista. Questo vuo-

pa psicogeografica situazionista: la Guide psychogéo-

to è il cosiddetto territorio delle «amnesie urbane»6 ,

graphique de Paris è una vera e propria mappa pie-

buchi psichici dimenticati o volutamente sopressi che

ghevole che invita i turisti a perdersi. Il pieghevole

non rappresentano però un aspetto negativo come si

presenta pezzi di Parigi, ormai irriconoscibile se non

potrebbe immaginare, ma al contrario sono lo spazio

per alcune parti di città storica che “fluttuano” nello

adatto in cui l’attività situazionista può costruire da

spazio vuoto, in cui il turista deve seguire frecce e

zero la città possibile. La deriva ha quindi anche il com-

collegamenti tra le “unità di ambiente” determinate in

pito di creare dei «vortici affettivi, [...] un’autonomia

base ai rilievi psicogeografici. La città è stata quindi

magnetica»6, che determina il movimento delle aree

interamente filtrata dall’esperienza soggettiva nonché

influenzali e la costruzione di ambienti sempre nuovi

misurata confrontando gli effetti e le sensazioni che i

e dinamici.

luoghi generano sugli individui.

Questa similitudine tra le aree urbane e le teorie

Successivamente Debord pubblica un’altra map-

geofisiche e geografiche presentata da Debord ne

pa, The Naked City: Illustration de l’hypothèse des

The Naked City, si presta alla rappresentazione della

plaques tournantes en psychogéographique, in cui la

concezione spaziale dei situazionisti, e in particolare

deriva smaschera e spoglia metaforicamente la città,

saranno Gilles Ivain e lo stesso Debord ad indagare

lasciando i quartieri-continenti liberi di fluttuare in uno

questo tipo di visualizzazione proprio nelle metagrafie.

spazio vuoto. Le forze attrattive e repulsive che de-

Quest’ultimo in particolare, elegge a figura di riferimen-

terminano il continuo movimento di queste “placche”

to l’arcipelago, per descrivere le città-isola frammen-

sono originate dalle passioni e dalle tensioni che si

tate e circondate dal mare vuoto, e attraversate solo

producono sul teritorio, mentre la delimitazione delle

attraverso l’erranza. È da questo punto di vista che

parti, le distanze e i vettori del movimento sono frutto

la deriva rivela i suoi ulteriori significati: essa è sia

della sperimentazione sugli stati d’animo. Sia questa

trascinamento senza direzione in balia delle acque7,

che la mappa precedente non riportano però percorsi

sia elemento costruttivo che permette di opporsi alle

segnati all’interno delle aree, questo perchè il mes-

correnti8, punto di incontro quindi tra inconscio e razio-

6. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 7. http://www.treccani.it «deriva s. f. [dal fr. dérive; v. derivare2]. 1. Trascina-

mento, da parte di una massa fluida in movimento, di un corpo galleggiante o immerso in essa, rispetto a una superficie fissa (fondo marino, superficie terrestre)».

8. http://www.treccani.it «deriva s. f. [dal fr. dérive; v. derivare2] [...] 2. Nelle costruzioni navali, d. o chiglia di d. (e anche, talora, pinna di d., lamina di d.), il piano longitudinale,

di lamiera, o anche di legno e talvolta di materiale sintetico, fisso o mobile, che prolunga in basso la chiglia di alcuni pescherecci, per ridurre l’azione trasversale delle reti rimorchiate di


La città dei situazionisti è «un gioco da utilizzare

L’erranza praticata in questo modo produce una

a proprio piacimento, uno spazio da vivere collettiva-

rinnovata attenzione verso l’esplorazione del territo-

mente e dove sperimentare comportamenti alterna-

rio e di conseguenza delle nuove teorie dell’abitare

tivi, dove perdere il tempo utile per trasformarlo in

basate sulla volontà di costruire collettivamente una

tempo ludico-costruttivo».6

moderna e più cosciente civiltà. La città inconscia e

Attraverso il gioco e la deriva è possibile contesta-

onirica dei surrealisti infatti viene sostituita da quella

re la propaganda borghese secondo la quale la ge-

ludica dei situazionisti, con un elenco preciso di regole

stione urbanistica si traduce in abitazioni confortevoli

del gioco, dove con giocare si intende «uscire delibe-

e alta mobilità. I situazionisti comprendono invece che

ratamente dalle regole e inventare le proprie regole,

per colmare i vuoti urbani e le amnesie territoriali non

liberare l’attività creativa dalle costrizioni sociocultu-

serve costruire quartieri ma situazioni reali, avventure

rali, progettare azioni estetiche e rivoluzionarie che

da vivere concretamente nello spazio cittadino.

2. La città percorsa

nalità che ben riassume l’innovativo metodo lettrista.

agiscano contro il controllo sociale».

6

95 In una realtà in cui la società capitalista, con i suoi nuovi sistemi di produzione e le sue moderne automazioni, incentra la vita degli abitanti sul tempo produttivo e trasforma sempre di più il tempo libero in tempo del consumo passivo, la porzione di tempo rimanente all’individuo deve essere necessariamente protetta dai fini utilitaristici grazie ad attività a sfondo ludico. I situazionisti riconoscono inoltre l’urgenza di organizzare una rivoluzione che restituisca valore ai reali desideri della gente, cancellando i bisogni indotti dal sistema e cercando nel quotidiano quelle voglie narcotizzate e sostituirle a quelle imposte dalla cultura borghese dominante. In questo modo sia il tempo che lo spazio urbano avrebbero risposto a nuove regole di gioco, permettendo ai cittadini di definire concretamente nuovi spazi vitali e riappropriarsi della città, attuando lo slogan situazionista «abitare è essere ovunque a casa propria».9

fianco, e di alcune imbarcazioni a vela da diporto o da regata per contrastare l’azione di scarroccio; analogam., d. o piano di d., il piano stabilizzatore fisso verticale di coda dei velivoli». 9. Slogan tratto dal Manife-

sto del Correalismo, redatto dal teorico e progettista della mai realizzata Endless House Frederick Kiesler, pubblicato in “L’Architecture d’Aujourd’hui” nel giugno 1949. «Allora noi vivremo insieme! I muri di separazione

non saranno che muri divisori di un edificio unico e illimitato. L’architettura popolare è nata. [...] L’edificio è terminato. Abitare, è essere ovunque in casa propria […] Signori architetti-turisti, che percorrete le contrade dell’ar-

chitettura invitandovi a tutti gli stili e in fin dei conti passando i vostri week-end di carestìa con il funzionalismo, andrete naturalmente presto a bussare alla porta del Correalismo».


Modellino per New Babylon, Anton Constant, 1956.


«Siamo i simboli viventi di un mondo senza frontiere, di un mondo libero, senza armi, nel quale chiunque può viaggiare senza limitazioni, dalle steppe dell’Asia centrale alle coste atlantiche, dagli altipiani del Sudafrica alle foreste finlandesi».1

Vaida Voivod, 1963 «La liberazione del comportamento esige uno spazio sociale labirintico ed allo stesso tempo continuamente modificabile. E’ un processo ininterrotto di creazione e distruzione, che chiamo labirinto dinamico. Non si conosce praticamente nulla di questo labirinto di-

2.4

namico. Si intende che non si potrà prevedere o progettare un processo di questa naturalezza se allo stesso tempo non lo si pratica».2

Anton Constant, 1974

2. La città percorsa

1956: New Babylon contro il funzionalismo

97


2.4 1956: New Babylon contro il funzionalismo 98

Comparative plan of New Babylon on Paris- Constant, Wigley, 1998.


99

2. La cittĂ percorsa


2.4 1956: New Babylon contro il funzionalismo 100

Nel 1956 ad Alba, luogo in cui Asger Jorn e Pinot

Dada. Vista in questa prospettiva forse New Babylon

Gallizio avevano installato il Laboratorio Sperimentale

potrebbe essere chiamata una risposta all’anti-arte».4

del Bauhaus Immaginista3, Constant Anton Nieuwen-

Nell’urbanismo unitario si ritrova anche la necessità

huys, pittore e teorico olandese generalmente cono-

già avvertita dai situazionisti di ricostruire lo spazio se-

sciuto come Constant, da il via alla critica dell’archi-

condo i bisogni concreti dell’uomo e non secondo un

tettura occidentale funzionalista a seguito della visita

ordine precostituito: gli abitanti devono riappropriarsi

di un campo nomade che si era stabilito in uno dei

dell’ambiente e delle attitudini primarie, per esempio

terreni dello stesso Gallizio.

attraverso la costruzione delle proprie abitazioni, per superare il velo dei bisogni indotti dalla società. Anche

La teoria che si svilupperà con le avanguardie dei

la deriva si rispecchia in New Babylon e acquisisce un

decenni successivi propone di scardinare le basi se-

nuovo valore storico-architettonico attraverso la figura

dentarie dell’architettura contemporanea e inserirvi

rinnovata dell’architetto, non più costruttore di singole

invece il nomadismo: Constant inizia a lavorare ad un

forme ma di ambienti completi e scenari di vita. Con

progetto per i rom di Alba, ma nel corso degli anni ar-

il metodo della deriva l’architettura diventa un’attività

riva ad immaginare un’intera società globale nomade.

più estetica che scientifica e può giungere a conside-

I plastici da lui sviluppati tra il 1956 e il 1975 sono la

rare l’ambiente urbano non come mero alternarsi di

rappresentazione di una nuova visione dell’ambiente,

strade, pieni e vuoti ma come la rete relazionale viva

pensato per il cittadino-giocatore lettrista e i discen-

e mutevole composta attraverso i giochi partecipativi

denti dell’erranza di Abele, i quali, liberati dalla schiavi-

situazionisti.

tù capitalista avranno la possibilità di partecipare alla costruzione creativa del proprio paesaggio architettonico e, più in generale, cittadino.

Le influenze dadaiste in New Babylon però non conducono alla stesse conclusioni ritrovate dal gruppo di

Da questi concetti è evidente come il progetto di

Breton durante le visite. Parafrasando un commento

New Babylon si sviluppi a partire dalle teorie rivoluzio-

di Argan in merito al dadaismo, in cui il critico affer-

narie situazioniste. Esempio particolare è il concetto

ma che «un movimento artistico che nega l’arte è un

di “urbanismo unitario”, ovvero l’attività creativa di tra-

controsenso. Dada è quel controsenso»5, Careri pro-

sformazione dello spazio urbano, che sposta il deside-

pone per il progetto di Constant la stessa definizione

rio dadaista di superamento dell’arte sull’architettura,

di controsenso in merito alla volontà di progettare una

tentando di attuare appunto il suo superamento. Lo

città per un popolo che nega la città stessa. Nono-

stesso Constant ha infatti affermato che «per oltre

stante questa natura ambivalente, diversamente dal

mezzo secolo il mondo è stato percorso dallo spirito di

controsenso Dada New Babylon produce un progetto

1. Vaida Voivod (presidente della Comunità mondiale dei gitani) in “Algmeen Handelsblad”, 18 maggio 1963. 2. Nieuwenhuys Anton Constant, Il principio del disorientamento, in “New Babylon”, Haags Gemeentemuseum, 1974. (trad. it

a cura di Francesco Careri). 3. Il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI), viene fondato da Jorn Asger e Gallizio Giuseppe “Pinot Gallizio” con la partecipazione di Nieuwenhuys Anton Constant e di artisti

italiani come Simondo Piero, Olmo, Elena Verrone. Aderenti al gruppo saranno anche Ettore Sottsass Jr., Baj Enrico, Alechinsky Pierre, Dangelo Sergio, Appel Karel, Karl Otto Götz ed Anders Österlin. 4. Nieuwenhuys Anton Constant, New Babylon.

Ten Years On, conferenza all’università di Delft, 23 maggio 1980, in “Constants New Babylon : the hyper-architecture of desire”, Mark Wigley, pubbl. in occasione della mostra tenuta al Witte de With center for contemporary art, Rotterdam, 1998.


positivo e costruttivo: un’architettura labirintica che si costruisce in base al percorso nomade e che materializza lo spazio dell’andare secoli dopo le apparizioni in epoche primitive. Constant supera contemporaneamente anche Debord e le metagrafie che ritraevano le aree influenzali proprio per questo ricomponibile per formare un nuovo assetto territoriale. Le placche alla deriva nel liquido amniotico dei vuoti urbani diventano quindi settori collegati in una sequenza continua di culture diverse e multietniche, percorribile e “passeggiabile” perciò da

2. La città percorsa

isolate riconoscendo sì una città andata in pezzi, ma

parte di tutti gli abitanti del mondo. Nonostante la numerose diversità che compongono la città nomade, in essa non si corre il rischio di smarrimenti o amnesie urbane «New Babylon non finisce in nessun luogo (essendo la terra rotonda); non conosce frontiere (non essendoci economie nazionali) o collettività (essendo l’umanità fluttuante). Ogni luogo è accessibile da uno a tutti. L’intera terra diventa una casa per i suoi abitanti. La vita è un viaggio infinito attraverso un mondo che sta cambiando così rapidamente che sembra sempre un altro».6

5. Giulio Carlo Argan, L’Arte Moderna 1770-1970, Sansoni Editore, Milano, 2002.

6. Nieuwenhuys Anton Constant, New Babylon, 1970.

101


A Line Made by Walking, Richard Long, 1967.


2. La città percorsa

1966: Earthwork e Land art

103

«Tony Smith parla di una “strada buia” che è

“punteggiata dalle ciminiere delle fabbriche, dalle torri, dai fiumi e da luci colorate”. La parola chiave è punteggiata. In un certo senso possiamo considerare la strada buia come una lunga frase, e le cose che vi percepiamo percorrendola, come dei segni di interpunzione: le torri = i punti esclamativi (!), le ciminiere = i trattini (-), i fumi = punti interro-

2.5

gativi (?), le luci colorate = i due punti (:). Sto formulando chiaramente questa equazione fondandomi su dei dati sensibili e non razionali».1

Robert Smithson, 1967


2.5 1966: Earthwork e Land art 104

In alto Walking a line in Peru, Richard Long, 1972.

In basso Cascade, Carl Andre, 1984.


sta Artforum

particolarmente evidenti le direzioni che l’esperienza

il racconto del viaggio di Tony Smith,

di Smith ha generato. Da una parte Carl Andre, da

architetto e scultore, lungo la New Jersey Turnpike,

sempre alla ricerca dell’azzeramento e della riduzione

autostrada in costruzione alla periferia di New York.

della scultura, cerca di realizzare oggetti che occupino

È a questo momento che si fa risalire la nascita della

lo spazio come presenze da abitare, ma astratte, ar-

land art e della serie di viaggi on the road che attraver-

tificiali e prive di spessore fisico. Lo stesso artista di-

sano le periferie urbane della fine degli anni Sessanta.

chiara che «la scultura ideale è una strada [...] la mag-

L’articolo descrive come una notte Smith decida di

gior parte delle mie opere, in ogni caso le più riuscite,

entrare nel cantiere dell’autostrada insieme ad alcuni

sono in qualche modo delle strade - vi obbligano a se-

studenti della Cooper Union per percorrere in mac-

guirle, andarci intorno oppure salirci sopra».3 Dall’altra

china la colata di asfalto, e di come questo evento

parte Richard Long riconosce la sua posizione oppo-

stimoli nell’artista un interrogativo profondo in merito

sta rispetto al collega e afferma «Quello che distingue

al possibile senso del percorso: se la strada è un’o-

il suo lavoro dal mio è che lui ha fatto delle sculture

pera d’arte, essa si presenta come grande oggetto

piatte sulle quali possiamo camminare. È uno spazio

ready made, segno nel paesaggio, o come esperien-

[...] che può essere spostato e rimesso in un’altra

za astratta dell’attraversamento? La due possibilità di

parte, mentre la mia arte consiste nell’atto stesso del

interpretazione proposte da Smith saranno analizzate

camminare»4. In breve, per Andre la strada di Smith

rispettivamente dall’arte minimal, che vede la strada

è la scultura ideale, mentre per Long l’arte consiste

come segno e oggetto, e dalla land art, che invece

nell’atto stesso del camminare e vivere l’esperienza.

2

ne sottolinea il valore esperienziale e astratto. In en-

In Long è quindi particolarmente viva la tematica

trambi i casi si giunge ad una presa di coscienza che

del percorso erratico che si ripresenta nel campo

avrebbe sia portato l’arte sempre più fuori dagli spazi

dell’arte dopo i tentativi di Tzara, Breton e Debord.

istituzionali dei musei e delle gallerie, sia trasformato

Negli anni Sessanta però le conseguenze di queste

la pratica del camminare in una vera forma d’arte au-

ricerche non si fermano più alla letteratura e alla poe-

tonoma.

sia, ma vengono abbracciate da altre discipline, nuove

A partire dall’esperienza di Tony Smith, molti ar-

come il teatro e gli happening, o storiche ma rinnova-

tisti, principalmente scultori, sperimentano una serie

te come la scultura: gli artisti non considerano più la

di esperienze, tutte figlie del superamento del mini-

figura tridimensionale isolata nello spazio ma al con-

malismo ma tra di loro profondamente diverse, che

trario essa è in stretta relazione con l’architettura e

vengono genericamente raggruppate sotto il nome di

il paesaggio circostante. L’evoluzione di questa nuova

land art. Confrontando il lavoro di Carl Andre e Richard

concezione della scultura sembra ripercorrere le tap-

Long, tra i principali esponenti della corrente, sono

pe che avevano condotto dal percorso erratico alla

1. Robert Smithson, Towards the development of an air terminal site, in “Artforum”, giu. 1967. 2. Artforum è stata fondata 1962 a San Francisco. La rivista dopo pochi anni

si sposterà prima a Los Angeles nel 1965 per poi insediarsi definitivamente a New York nel 1967. Lo spostamento di costa coincise con un cambio di linea editoriale, passando

dal tardo Modernismo a quello per l’Arte Minimal e Concettuale, divenendo tra i principali promotori di artisti come Robert Smithson, Donald Judd, e Sol Lewitt.

3. Phyllis Tuchman, Entretien avec Carl Andre, in “Art Minimal II”, CAPC, Bordeaux, 1987. 4. C Gintz, Richard Long, la vision, le paysage, le temps, in “Art Press”, giu. 1986

2. La città percorsa

Nel dicembre del 1966 viene pubblicato sulla rivi-

105


2.5 1966: Earthwork e Land art 106

In alto Muir Pass Stones. Una passeggiata di 12 giorni nella contea di Sierra, California, Richard Long, 1995.

In basso A Line in Scotland, Cul Mor, Richard Long, 1981.


e scultura è complessa, e suppone come dice Hegel

che lega gli oggetti minimali ai menhir, le opere della

una sorta di divisione delle funzioni, sembrerebbe che

land art al paesaggio ignoto e il cammino degli artisti

per un certo numero di scultori della land art si sia

ai riti dell’erranza.

trattato di ritornare alle origini di questa storia»7 in cui

La crescente osmosi tra le varie discipline non

la divisione da superare è quella originale per cui l’ar-

ha sempre ricevuto i favori dei teorici tradizionali, in

chitettura aveva la funzione di riparo, mentre la scultu-

particolare Michael Fried, preoccupato dell’invasione

ra quella di rappresentazione dell’uomo o del divino. Le

delle altre teorie (teatrali e architettoniche) nel campo

opere risultanti dall’abbattimento di questa divisione,

della scultura e della pittura, risponde negativamente

prime fra tutte gli obelischi egiziani e le piramidi, sono

al racconto di Smith con un altro articolo pubblicato

definite dallo stesso Hegel come «sculture inorgani-

su Artforum nel 1967. «Questa esperienza è vista da

che [unorganische Skulptur], in quanto realizzano una

Smith come interamente accessibile a tutti [...] e pro-

forma simbolica destinata solamente a suggerire o ri-

duce una testimonianza della profonda ostilità che ha

svegliare una rappresentazione».6 È qui opportuno fare

il teatro nei confronti dell’arte, [...] questo significa

un passo indietro e riconsiderare il menhir come arche-

che è in corso una guerra tra il teatro e la pittura mo-

tipo della scultura inorganica: l’obelisco e la piramide

derna, tra il teatrale e il pittorico - una guerra che, a

discendono dal benben e dal menhir8, che a loro volta

dispetto dell’esplicito rigetto letterario per la scultura

discendono dall’erranza, perciò è razionale considera-

e la pittura moderna, non è materia di programma o

re il menhir come prima forma simbolica che contiene

di un’ideologia, ma di esperienze, convinzioni, sensibili-

in sè la rappresentazione scultorea della divinità, la

tà».5 Il nemico riconosciuto dal critico è evidentemen-

genesi della colonna architettonica e la prima costru-

te ciò che i situazionisti hanno chiamato urbanismo

zione artificiale sul paesaggio. Tiberghien chiarisce il

unitario e che gli artisti contemporanei chiamano spe-

concetto accomunando la sua personale descrizione

rimentazione: la commistione tra le discipline, più che

di scultura inorganica, «una pura presentazione di sé,

essere lo sconfinamento delle altre arti nella scultura,

il dono della presenza nuda»7, alle caratteristiche pre-

rappresentava in realtà la presa di coscienza e l’am-

senti in alcune opere minimali e della land art, conside-

pliamento degli orizzonti della scultura stessa, la quale

randole contemporaneamente sculture e architetture

finalmente lasciava l’ambiente artistico patinato e si

che si installano liberamente sul territorio. Nel tenta-

inseriva nello spazio vissuto, del teatro, della danza,

tivo di annullare i precedenti e ricondurre la scultura

dell’architettura e del paesaggio. Di opinione contraria

ad un grado zero, gli artisti minimali avevano infatti

è invece Gilles Tiberghien, il quale sulla base del con-

compiuto una forte riduzione sulle opere, e attraverso

cetto hegeliano per cui scultura e architettura «devo-

azioni come l’eliminazione del basamento, il ritorno alla

no avere un carattere immediato e semplice, e non

massa, l’eliminazione del colore e la ricerca di un ritmo

la relatività che deriva dalla divisione delle funzioni» ,

seriale piuttosto che variabile, le avevano ricondotte

afferma che «se la storia dei rapporti tra architettura

proprio al menhir. Il risultato è un oggetto monomate-

6

5. Michael Fried, Art and Objecthood, in “Artforum”, 1967. 6. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Estetica, Feltrinelli,

Milano, 1978. 7. Gilles A. Tiberghien, Sculptures inorganiques, in “Land art”, Éditions Carré, Parigi, 1993.

8. Per un approfondimento ulteriore, si rimanda al prologo del volume.

2. La città percorsa

genesi della prima architettura, seguendo un percorso

107


2.5 1966: Earthwork e Land art 108

2 A Line Made by Walking, Richard Long, 1967.


quanto participio passato di percorrere è azione com-

ma che racchiude il seme per un nuova visione del

piuta, realmente accaduta, ma contemporaneamen-

percorso come «scultura in un campo espanso»9.

te comporta una sensazione di tragitto infinito che

Se l’arte minimale tende al menhir, la land art pren-

potrebbe continuare a percorrere tutto il pianeta se

de da tale concetto solo ciò che riguarda le capacità

gli alberi non chiudessero il campo visuale. Hamish

dell’oggetto di trasformare il territorio e in nome di

Fulton, artista che si è spesso ritrovato a “passeggia-

questo concetto a partire dal 1966 inizia la riconqui-

re” con Long, considera quest’opera come «uno dei

sta di spazi fino ad allora considerati unicamente do-

lavori più originali dell’arte occidentale del XX secolo.

minio dell’architettura: non si cerca più la creazione di

Il lungo viaggio comincia con un solo singolo passo. A

oggetti da inserire nello spazio aperto, ma piuttosto

soli ventitré anni Long combina due attività apparen-

la ricerca di nuove tecniche architettoniche per co-

temente separate: la scultura (la linea) e il camminare

struire nuovi paesaggi. La terra viene quindi scolpita

(l’azione). A line (made by) walking. Con il tempo la

(disegnata, scavata, tagliata, impacchettata) e vis-

scultura sarebbe scomparsa»11.

suta (percorsa) secondo le concezioni archetipiche

109

dell’architettura, ovvero pietre infisse nel terreno, filari

Anche Fulton elabora il tema del camminare, ma

di elementi, costruzioni di terra e recinti di rami, ma

la sua attività di accompagna ad una preoccupazione

anche con l’aiuto delle tecniche moderne, cemento,

ambientale ed ecologica che rendono le sue opere

ferro e colate informi, come mezzi di appropriazione

più vicine alla protesta per la continua sparizione degli

dello spazio. Robert Smithson definisce questa prima

spazi verdi urbani e non. Entrambi gli artisti hanno però

fase della storia della land art come “earthwork”, in

una visione primordiale del paesaggio, molto vicina al

cui le opere sono già fondamentalmente spazio da

concetto di Madre Terra inviolabile sulla quale non è

percorrere, ma che solo successivamente arriveranno

permessa nessuna trasformazione radicale e dove

ad una dimensione superiore, con il totale riconosci-

già la sola presenza dell’artista costituisce un atto

mento del camminare come atto esclusivo e primario

simbolico, un punto di vista che risente ancora dalle

della trasformazione.

influenze dadaiste e dai pellegrinaggi rituali primitivi.

Questa dimensione superiore sarà raggiunta ad un

Per questo motivo lo stesso Long non si riconosce

anno dal viaggio di Tony Smith, quando Richard Long

nella definizione americana di land art, troppo vinco-

realizza A Line Made by Walking, una linea retta cre-

lata alla tecnologia di bulldozer e ruspe e decisamen-

ata sul terreno calpestando l’erba con le scarpe che

te troppo invasiva: gli interventi di Long sono privi di

scompare poco dopo l’azione e di cui resta traccia

apporto tecnologico e impiegano esclusivamente il

solo sulla pellicola fotografica. L’opera sarà infatti

corpo dell’autore, unico mezzo per muovere massi o

considerata un passaggio fondamentale per l’arte

percorrere spostamenti. Attraverso il corpo Long misu-

contemporanea . La linea d’asfalto di Smith ritorna

ra lo spazio circostante e registra le condizioni atmo-

qui non come oggetto, ma come percorso, il quale in

sferiche, i venti, il tempo e i suoni in base alle proprie

10

9. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 10. Rudy Fuchs ha paragonato l’opera al quadrato nero di

Malevic: «una fondamentale interruzione nella storia dell’arte» in “Richard Long”, Thames and Hudson, Londra-New York, 1986; Guy Tosatto la considera «uno

2. La città percorsa

rico, fisso e immobile, che intima una certa distanza

dei gesti più singolari e rivoluzionari della scultura del XX secolo» in “Sur la Route”, Musée départemental de Rochechouart, Rochechouart, 1990.

11. Hamish Fulton, Old Muddy, in “Richard Long: Walking in Circles”, Hayward Gallery, Londra, 1991.


2.5 1966: Earthwork e Land art 110

In alto Nun Kun, in “Camp Fire�, Hamish Fulton, Steddelijk Van Abbemuseum, Eindhoven, 1985.

In basso A Walking and Running Circle, Richard Long, regione tribale Warli, Maharashtra, India, 2003.


rappresentazione cartacee tradizionali ma anche alla

sa geometria, ovvero la misura del mondo.

realtà, appunto attraverso l’azione. Il mondo diventa

12

Quello che era stato uno dei problemi principali

così una grande tela su cui disegnare camminando,

delle forme artistiche del camminare per le avanguar-

un supporto reale che non è un foglio bianco, nel dop-

die precedenti, ovvero la rappresentazione estetica

pio senso di vuoto e bidimensionale, ma il prodotto di

dell’esperienza, è stato risolto da Fulton e Long at-

sedimentazioni sicuramente storiche e geologiche ma

traverso l’utilizzo della mappa. I dadaisti e i surrealisti

soprattutto emotive.

fuggivano la rappresentazione in luogo di descrizioni letterarie, allo stesso modo i situazionisti, pur utilizzan-

È ancora su Artforum che si dibatte riguardo al

do le mappe psicogeografiche e le metagrafie, non

viaggio di Tony Smith lungo la nuova autostrada. Nel

descrivevano mai puntualmente il percorso o le traiet-

1967 Robert Smithson, giovane artista dell’ambiente

torie delle derive.

minimale di New York, risponde all’articolo-accusa di

In Fulton l’utilizzo delle mappe è ancora legato al

Michael Fried.

senso astratto: la rappresentazione avviene concre-

Egli racconta ironicamente di «posti remoti, come

tamente attraverso immagini e testi grafici che testi-

Pine Barrens nel New Jersey o le pianure ghiacciate

moniano l’esperienza ma con la consapevolezza di

del Polo Nord e del Polo Sud, che possono essere

non poter mai raggiungere con nessuna descrizione

riconsiderati da forme d’arte che potrebbero usare il

l’azione reale. Nelle gallerie vengono presentate quin-

territorio attuale come medium».1 Smithson considera

di delle poesie geografiche che evocano i luoghi ma

infatti il paesaggio come una frase, attraverso la quale

non li rappresentano mai completamente, fissando

è possibile leggere o scrivere sullo spazio circostante

qualche elemento per risvegliare la sensibilità. D’al-

e attraverso la soggettività farlo «apparire più come

tra parte Fulton stesso compara il camminare al moto

una carta in tre dimensioni che come un giardino rusti-

delle nuvole «I passi sono come le nuvole. Vengono e

co» della visione naturalista.14 “Far apparire” è un altro

vanno».13

verbo chiave delle operazioni artistiche del tempo: se

Per Long invece il camminare si incide sul luogo,

la strada di Smith era stata rappresentata come og-

come ampiamente verificato con A line made by

getto da Carl Andre e come essenza da Richard Long,

walking, e disegna concretamente qualcosa che può

con Smithson la visuale si focalizza sul territorio attra-

essere riprodotto su carta. Il procedimento può esse-

verso da quella strada. Egli comprende come grazie

re utilizzato anche in maniera inversa: su carta si dise-

agli earthwork e alla land art si scoprano sempre più

gnano figure da percorrere nella realtà, e infatti Long

spazi da sperimentare, da esplorare e da comunicare

progetta i suoi itinerari proprio con l’ausilio della car-

al pubblico, e come ciò comporti una maggiore atten-

tografia. Il camminare così non è solo un’azione ma

zione nella scelta di cosa svelare e dove guardare: la

diventa anche un segno da sovrapporre alle forme di

nuova disciplina estetica viene chiamata “Studio della

12. http://www.etimo.it «geometria, gr. Geometria comp. di Gèa terra e Metria da Metron misura. Propriamente l’Arte di misurare la terra, il terreno; ma oggi si piglia in senso più

largo e si dice di Scienza delle proporzioni e delle misure, ed ha per oggetto tutto ciò che è misurabile, come le linee, le superfici, i solidi». 13. Si tratta di uno degli afori-

2. La città percorsa

percezioni, ritrovando il concetto all’origine della stes-

smi più celebri dell’artista (trad. it. di Franco Careri, “Walkscapes. Camminare come pratica estetica”, Einaudi, Torino, 2006) «Walks are like clouds. They come and go».

14. Robert Smithson, Aerial art, in “Studio International”, feb-apr. 1969.

111


2.5 1966: Earthwork e Land art 112

The Monument of Passaic, Robert Smithson, Dwan Gallery, New York, 1967. (12 delle 24 fotografie) .


passaggio dell’autore: per Smithson l’opera è dunque

in termini artistici è appena all’inizio. La ricerca di un

il percorso fatto, ma è anche l’aver condotto altre per-

sito specifico consente di estrarre dei concetti fuori

sone nel luogo, così come è opera la raccolta di foto

dall’esistente, a partire dai dati sensibili, per mezzo

generata dalle visite. Tutti questi elementi concorro-

della percezione diretta. [...] Non si deve imporre ma

no a definire un nuovo senso dell’opera, concepita da

esporre un sito - essere al suo interno o al suo ester-

Smithson come insieme dei prolungamenti generati

no. [...] Sono gli artisti che possono esplorare, meglio

da un’azione primaria, i quali si sviluppano in più dire-

di chiunque altro, i luoghi sconosciuti».1

zioni, abbracciano più discipline, tanto da non trovare mai conclusione. Questa evidente tensione all’infinito

Nel dicembre 1967 esce ancora su Artforum un

delle ricerche possibili, è rappresentativa dello spirito

nuovo articolo di Robert Smithson intitolato The Mo-

che anima i viaggi e le esplorazioni di Smithson: egli

nument of Passaic. Contemporaneamente si inaugura

viaggia con l’immaginazione, delle mappe ne fa oggetti

una sua mostra a New York in cui sono esposte una

tridimensionali, taglia, piega e ricompone nuovi luoghi

mappa al negativo (la Negative Map Showing Region

sulla base dei precedenti.

of Monuments along the Passaic River) e 24 fotografie

Nancy Holt, compagna di numerosi viaggi, raccon-

raffiguranti i monumenti stessi. Ciò che in realtà viene

ta come «verso il 1965, in qualche modo per caso,

esposto sono oggetti raccolti dal paesaggio urbano

Smithson comincia una serie di esplorazioni più me-

della periferia di Passaic, città natale dell’artista, con

todiche del New Jersey [...] La fase preliminare consi-

l’invito ad affittare una macchina fotografica e recarsi

stette in esplorazioni approfondite dei luoghi abbando-

con l’autore lungo il Passaic River per esplorare l’am-

nati, invasi da erbacce, [...] in mezzo a una sorta di

biente. La genesi dell’opera avviene il 30 settembre

giungla americana [...] Le escursioni erano diventate il

dello stesso anno, giorno in cui Smithson si dirige in

punto focale del pensiero di Smithson: lo portarono ad

autobus verso Passaic e dal finestrino nota un ponte,

abbandonare progressivamente le sculture quasi mini-

avvolto da una luce talmente particolare da farlo sem-

maliste [...] e gli indicarono il cammino che permetterà

brare una fotografia: ecco trovato il primo monumen-

alla sua arte di liberarsi dagli obblighi sociali e materiali

to, di cui l’artista scatta una foto per poi procedere

imposti dai musei e dalle gallerie».15

nell’esplorazione della zona a piedi. Ciò che egli riporta alla Dwan Gallery per la mostra

La ricerca del medium comporta quindi un’immer-

non è un’opera nel senso tradizionale del termine, è

sione totale nel territorio e l’attraversamento dei diver-

una cartina e una serie di foto di un luogo, ma l’o-

si piani di senso che lo compongono, da quello mate-

pera non è neanche nel punto indicato dalla cartina,

riale a quello mentale. Su questo concetto si basa un

poichè lì il visitatore non troverà nessuna traccia del

terzo articolo per Artforum dal titolo A sedimentation

15. Kay Larson, Les excursions géologiques de Robert Smithson, in “Robert Smithson : une retrospective, le paysage entropique 1960-1973” (catalogo della mostra itinerante omonima), Musées de Marseille, Marseille, 1994.

2. La città percorsa

Selezione dei Siti” 1. «Lo Studio della Selezione dei Siti

113


2.5 1966: Earthwork e Land art 114

In alto Negative Map Showing Region of Monument along the Passaic River, Robert Smithson, Dwan Gallery, New York, 1967.

In basso Robert Smithson e Richard Serra percorrono lo Spiral Jetty, Great Salt Lake, Utah, 1970.


of the mind: earth project in cui Smithson definisce il

propone il riconoscimento dell’ “entropologia”, sotto-

suo rapporto con il tempo: «Molti vorrebbero sempli-

lineando il valore della dispersione energetica tra una

cemente obliare il tempo, perchè racchiude un “prin-

trasformazione e l’altra: James Lingwood identifica in

cipio di morte” (tutti gli artisti lo sanno). Fluttuando in

Smithson l’artista-entropologo della sua epoca, «im-

questo bagnasciuga temporale, si trovano i resti della

merso nei suoi paesaggi in piena disgregazione».18

storia dell’arte, ma il “presente” non può più difendere 2. La città percorsa

le culture d’Europa, nè le civiltà primitive o arcaiche; si deve invece esplorare lo spirito pre e post istorico; bisogna andare là dove i futuri lontani incontrano i passati lontani».16 Il senso ultimo dell’esplorazione dei monumenti di Passaic è proprio questa ricerca di una «terra che ha dimenticato il tempo». La periferia urbana diventa così metafora della pe-

115

riferia della mente: dove si possono trovare i rifiuti, concreti o meno, della nostra cultura, lì è bene ricercare la risposta alle nuove domande dell’arte e della società. Tali risposte però non devono provenire da considerazioni di tipo ecologico e ambientale (come era invece stato per Fulton e Long), ma da un approccio esclusivamente estetico, privo cioè di etica e giudizio. In questo modo si afferma l’accettazione totale della realtà per ciò che è, con i suoi differenti monumenti che creano una visuale di volta in volta differente, come presenze dinamiche che animano i luoghi. Questo nuovo paesaggio vive quindi di trasformazioni e mutamenti continui, e per questo necessità secondo Smithson di una nuova disciplina capace di cogliere tali cambiamenti. Intorno al 1955 Claude Lévi-Strauss17

16. Robert Smithson, A sedimentation of the mind: earth projects, in “Artforum”, sett.1968. 17. Claude Lévi-Strauss, Tristi Tropici, Il Saggiatore, Milano 1960. Nel 1955 Claude LéviStrauss (Bruxelles, 28 novembre 1908 – Parigi, 30 ottobre 2009), antropologo, psicologo e filosofo francese, pubblica Tristi Tropici, un

diario di viaggio nel quale egli annota le sue impressioni, miste a una serie di considerazioni sul mondo primitivo amazzonico scritto in soli quattro mesi sui viaggi che condusse nelle foreste del Brasile dal 1935 al 1939. Le suggestioni del Mato Grosso animarono la fervida capacità di lettura del mondo e dell’uomo, allora ventisettenne deluso

dalla bocciatura al College de France, dal divorzio dalla prima moglie e in genere da tutto ciò che la laurea in filosofia conseguita nel 1931 non lo saziava intellettualmente. L’opera di Lévi-Strauss viene presa in considerazione dall’organizzazione del Premio Goncourt, ma viene rifiutata perchè giudicata una “nonfiction”.

18. James Lingwood, L’Entropologue, in “Robert Smithson : une retrospective, le paysage entropique 19601973” (catalogo della mostra itinerante omonima), Musées de Marseille, Marseille, 1994.


3

Planisfero Rovesciato (copia dell’originale del 24 Aprile 1459), Fra Mauro, Venezia, 1460 ca.


Outro «In A Mapmaker’s Dream 1, Fra Mauro decide che la sua ricerca della mappa definitiva termina con l’individuo. “Gli uomini saggi contemplano il mondo,” pensa, “ben sapendo che stanno guardando se stessi”. Sarebbe impossibile immaginare qualcosa di più universale, più oggettivo e più vero di questa affermazione. Ognuno di noi osserva l’universo dal proprio punto di vista, inquadrando soltanto un momento della sua infinita esistenza e stringendo tra le mani un foglio di carta ancora bianco. Questo è ciò da cui tutto ha inizio.»

2

117


Sebbene più volte in queste righe si sia affrontato

dal significato inaspettato di indovino o vagabondo (la

il difficile problema della rappresentazione dell’azione,

radice sembra essere la stessa del gergale italiano

artistica o comune, senza giungere ad una metodolo-

strolegh, ovvero astrologo).3

gia universale e definitiva, il testo sin qui presentato

Anche una prima traduzione francese rapporta l’an-

resta un tentativo di descrivere quell’attività che in pri-

dare a zonzo ad un personaggio: il verbo se balader,

mis mi ha influenzato per la realizzazione del progetto

comparso nel linguaggio popolare intorno al 1836 con

a seguire: andare a zonzo.

il significato di camminare senza scopo, deriverebbe dal sostantivo ballade (ballata, poema cantato in italia-

Ricercandone i significati per la lingua italiana, la

no) riferito sin dal 1422 ai saltimbanchi girovaghi che

frase non sembra avere origini etimologiche chiare e

vagavano per le città senza una destinazione partico-

talvolta viene fatta risalire al suono onomatopeico che

lare cantando in cambio di qualche moneta.4

emettono le mosche durante il loro volo, notoriamente 118

irregolare e imprevedibile, talvolta la si ipotizza come

Ma è probabilmente nel termine flâner che la frase

conseguenza del termine gironzolare, che rimanda let-

ritrova la sua traduzione più fortunata e più nota: già

teralmente al “fare dei giri” e al “ronzare in giro”.

nel 1638 appare come flanner, termine dialettale di de-

È interessante vedere come nella lingua inglese

rivazione normanna, con il significato di perdere tempo

la locuzione andare a zonzo sia tradotta con il verbo

pigramente, mentre solo dal 1800 in poi viene consi-

to stroll, apparso per la prima volta intorno al 1600

derato con il significato di passeggiare casualmente e

come vocabolo gergale che a sua volta si fa derivare

senza scopo, in relazione al norvegese gergale flana

dal tedesco dialettale strollen, variante di strolchen

che significa appunto passeggiare.5

Crateri lunari di Fra Mauro e Perry, fotografia di Christian Viladrich, 24 August 2008.


È quest’ultima accezione della frase che ha ispi-

go che le ricerche e le sperimentazioni messe in pra-

rato una lunga serie di artisti, teorici e filosofi che

tica dalle esperienze artistiche e filosofiche analizzate

ritrovano nella pratica del camminare un possibile me-

in queste righe possano essere un valido aiuto, o me-

todo di conoscenza e comprensione della realtà che

glio un valido punto di partenza, per comprendere an-

li circonda.

che la città moderna e, se necessario, trasformarla.

Come è già stato detto, attuare tale pratica oggi porterebbe a conseguenze sicuramente differenti rispetto alle sperimentazioni portate avanti da Bau3. Outro

delaire e da Benjamin nella Parigi ottocentesca. Allo stesso modo riprendere le battaglie culturali e sociali iniziate da dadaisti, surrealisti, situazionisti e land artisti e riproporle pedissequamente sulla realtà urbana

119

attuale, costituirebbe un grosso errore di valutazione e soprattuto significherebbe la mancata comprensione di quello che è un principio fondamentale dell’arte, ovvero il concetto per cui «ogni opera d’arte è figlia del suo tempo».

6

Ma poiché è sicuramente anche vero che l’opera d’arte «spesso è madre dei nostri sentimenti» 6 riten-

1. James Cowan, A mapmakers dream : the meditations of Fra Mauro, Vintage, Milsons Point, 1997. 2. Peter Turchi, Maps of the imagination: the writer as cartographer, Trinity University Press, San Antonio, 2004. 3. The American Heritage Dictionary of the English Language (fourth edition), Houghton Mifflin Company, Boston, 2000. «Probably German dialectal strollen, variant of strolchen, from Strolch, fortuneteller, vagabond, perhaps from Italian dialectal strolegh, from Italian astròlogo, astrologer, fortuneteller, from Latin astrologus, astronomer, astrologer, from Greek astrologos]» 4. Centre National de Ressources Textuelles et

Lexicales, Nancy. Balader, verbe trans. 1. 1422 «chanter des ballades» [...] 2. d’où 1628 arg. «aller demander l’aumône [en chantant des ballades], mendier» (Chéreau, Le Jargon ou l’arg. réformé, éd. 1628: Quand ils sont en quelque vergne à balader, et qu’on leur dit qu’ils aillent maquiller); le mot en ce sens a survécu sous des formes différentes jusqu’au XIXes., cf. les formes des éd. successives du Jargon ou l’arg. réformé (1634, ballauder; 1690, ballander); 3. a) 1836 fam. «aller en flânant» (Vidocq, Les Voleurs: Balader [...] Dans le langage populaire ce mot signifie marcher sans but, flâner); b) 1858 se balader; 4. trans. a) 1836 arg.

(Vidocq, op. et loc. cit. : Balader. Choisir, chercher); b) 1885 id. « promener » (Courteline, Les Gaîtés de l’escadron, Nouveau malade, p. 187 : les autres [...] baladaient les civières de bois). Dér. de ballade; dés. -er; l’évolution sém. de 1 à 2 s’explique par le fait que les jongleurs, et p. anal. les gueux, les mendiants allaient par les villes en chantant notamment des ballades dans les carrefours; d’où l’accept. gén. 3 et 4; les formes ballander, ballauder, ballourder semblent être des transcriptions erronées de balader, ballader. 5. Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales, Nancy. Flâner, verbe intrans. 1. 1638 en norm. flanner «paresser, perdre son tem-

ps» (D. Ferrand, La Muse normande, éd. A. Héron), attest. isolée; de nouv. 1835 (Balzac, Corresp., p. 709); 2. 1808 «se promener sans hâte, au hasard» (Hautel). Mot d’orig. dialectale, entré en fr. au XIXes.; de l’a. nord. flana «marcher, se précipiter étourdiment» (De Vries Anord.), cf. encore le norv. flana «se promener» (Falk-Torp, flane). 6. Wassily Kandinky, Lo spirituale nell’arte, Edizioni Se, Milano, 1989.


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121


Sitografia

122

Saggi

Archivi

Atlas of emotion: journeys in Art, Literature and Film Intervento di Giuliana Bruno www.ville-en-mouvement.com

Collezione dellaState Library of Victoria, Melbourne takata.slv.vic.gov.au

The Arcades Project Project - The rhetoric of Hypertext studio di H. Marcelle Crickenberger www.thelemming.com

Divisione Geografia e Mappe, Libreria del Congresso memory.loc.gov Arti Civiche, il blog di Franco Careri articiviche.blogspot.it

Labyrinthine Cities studio di Patrick Bourgeois www-scf.usc.edu

Indigenous Knowledge, mostra digitalizzata territories.indigenousknowledge.org

Scripta Nova, Rivista elettr. di Geografia e Scienze Sociali www.ub.edu

Making Maps: resources and Ideas for Making Maps makingmaps.net

Reti Dedalus, Rivista on line del Sindacato Naz. Scrittori www.retididedalus.it

Milano 2.0 milano.blogosfere.it

Lombardia: una regione in movimento, da sempre studio di John Foot www.serenasevalium.altervista.org

02 Blog, supplemento alla testata Blogo.it www.02blog.it

Progetti

Vocabolario

Biomapping www.biomapping.net - www.softhook.com

Lessico e etimologia www.treccani.it www.etimo.it www.woxikon.it

Esterni www.esterni.org Stalker www.osservatorionomade.net Mup mappeurbane.wordpress.com Maps in Literature www.mapsinliterature.it We Feel Fine www.wefeelfine.org FourSquare www.foursquareitalia.org

Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales www.cnrtl.fr

Varie www.youtube.com vimeo.com ebooks.adelaide.edu.au www.wikipedia.com


Ringraziamenti

123

Grazie a Mauro Panzeri, relatore ma soprattutto paziente interlocutore di una laureanda dalla facile par-

“complicate”, per avermi fatto scoprire il filo diretto che lega il mio essere alla storia dell’arte.

lantina, sempre disponibile e comprensivo nel venire incontro alle esigenze degli studenti e aperto al con-

Grazie a tutti gli amici, i conoscenti, i compagni di

fronto, alla discussione e alle riflessioni. Grazie, da un

viaggio, che con le loro molteplici esperienze hanno

punto di vista accademico, ma anche personale.

arricchito il mio percorso e le mie passioni.

Grazie anche a Marco Quaggiotto, che nonostan-

Grazie a Ennio e al suo essere l’esempio vivente di

te gli impegni si è dimostrato ogni volta disponibile a

come razionalità e fantasia siano due cose assoluta-

sacrificare una pausa pranzo, fornendomi sempre utili

mente compatibili.

spunti di riflessione e soluzioni efficaci ai miei dubbi.

Grazie alla mia famiglia e al suo sostegno, sempre e comunque vivo nonostante la strada che ci separa.

Colgo l’occasione per ringraziare, a distanza di anni, chi ha fatto in modo che la passione per l’arte e la letteratura permeasse la mia vita.

Se potessi, ringrazierei singolarmente tutti i grandi artisti del passato, citati o meno in queste pagine,

Grazie alla Prof.ssa Mariangela Di Cosola, splendi-

fonte inesauribile di ispirazione e porto sicuro in cui

da docente di italiano che mi ha insegnato ad amare

rifugiarsi per riflettere: il loro contributo è stato fonda-

i versi immortali degli autori internazionali. Grazie alla

mentale per lo sviluppo della mia personalità accade-

Prof.ssa Clara Maltese e alla Prof.ssa Rosanna Casali-

mica, professionale e privata. Uno per tutti, ringrazio

no, fautrici della mia passione per la letteratura ingle-

Albert Camus per l’aforisma che è ormai mantra della

se e francese.

mia vita: «Cultura, l’urlo degli uomini in faccia al loro

Grazie al Prof. Francesco Moschini e alle sue lezioni

destino».





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