ESPLORA RACCONTA CONDIVIDI
Un sistema multimediale per i percorsi emozionali e le storie collettive VOLUME 1 Ogni storia è una mappa
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Un sistema multimediale per i percorsi emozionali e le storie collettive VOLUME 1 Ogni storia è una mappa
Politecnico di Milano Scuola del Design CdLM in Design della Comunicazione a.a. 2010-2011 Barbara Desiderato matricola 752060 Relatore Prof. Mauro Panzeri
Ai miei nonni, per le passeggiate in cittĂ , tra il mare e il Castello, e le gite in campagna, con Nero e le margherite; alle mie nonne, per i racconti di luoghi e tempi lontani, ricordi dal valore inestimabile, e per le storie di fantasie mai esistite, ma vive nello spazio delle pagine piĂš amate; ai miei genitori, che saranno sempre un punto fermo del mio percorso, a prescindere dai tragitti e dalle deviazioni che la vita mi proporrĂ di intraprendere; e a mia sorella, che sta per imboccare la sua strada e che sono certa la porterĂ esattamente nel posto giusto.
Bristol, Inghilterra
IN
DI
Conclusioni
1. Racconti, vettori e connessioni
CE
Outro
a err hilt g n ,I dra Lon
pag. 117 bibliografia pag. 120 sitografia pag. 122 ringraziamenti pag. 123
2. La città percorsa
pag. 68
Tell me a map: storie metaforiche del mondo conosciuto
NATWAL project concept pag. 26 web site pag. 28 mobile app pag. 52
, ilson College Warren Wro a lin Nor th Ca
pag. 57
New
Earthwork e Land Art
York ,
rmania a, Ge Tubing
NY
pag. 103 collegamenti
volume 1 volume 2 successione argomenti
Natwal
Natwal
1. Precedenti e stato dell’arte
titolo capitolo Seguendo la traccia è possibile intraprendere un viaggio intorno al mondo alla ricerca delle basi teoriche e degli esempi pratici che hanno influenzato lo sviluppo del progetto.
titolo paragrafo
Blo is-R em ora nti n, F
pag. 22
1. Racconti, vettori e connessioni Par igi,
ran cia
pag. 9
2. La città percorsa
Italia
La città inconscia dei surrealisti
Intro
pag. 83
pag. 11
Ka rna
Eg
C M onc as o sa rd, ch us se t
A Zonzo con affetto: spazi dell’andare e percorsi creativi
Alba, It alia s
pag. 43
2. La città percorsa
Lettristi e situazionisti in città
2. La città percorsa 2. La città percorsa
Dada e il ready made urbano
pag. 87
itto
pag. 77
1. Precedenti e stato dell’arte ,I no ila M
Prologo
lia ta
Milanomifaimale
New Babylon contro il funzionalismo pag. 97
pag. 10 Rom a, Ita lia
pag. 15
1. Precedenti e stato dell’arte
1. Racconti, vettori e connessioni
pag. 31
Sahel, Mali
Esterni pag. 12 Ven ezu ela
Lo spazio dominante: apprendere da ciò che ci circonda
co,
ran cia
k,
Peace River, Canada
Fra ncia
Orin o
Ca rn ac ,F
Italia zia, e n Ve
Scelte cromatiche
pag. 8
Abstract Laconi,
2. Premesse al progetto
Biomapping
cisc San Fran
ia o, Californ
2. Premesse al progetto
Scenario d’uso pag. 20
1. Precedenti e stato dell’arte
Ugo La Pietra pag. 14
1. Precedenti e stato dell’arte
Stalker pag. 16
Abstract
NATWAL Project è un sistema di raccolta e diffusione della memoria collettiva del cittadino. Fulcro del progetto è infatti la convinzione che l’ambiente in cui viviamo lasci sempre una traccia nella mappa mentale della nostra memoria, generata inconsciamente da ogni essere umano per rappresentare l’ambiente circostante. In questo modo le strade si popolano delle sensazioni e delle visioni soggettive di ogni abitante, generando un nuovo livello di conoscenza della realtà cittadina e dei nuovi punti di vista da cui osservarla. La piattaforma di progetto parte quindi dall’archivio web, portale che raccoglie storie e percorsi condivisi dagli utenti e visualizzabili su una mappa interattiva. Essa restituisce in real time un quadro dello stato emotivo della città attraverso l’applicazione delle teorie espressionistiche del colore, associate alle emozioni condivise. In seguito, l’utente può servirsi dell’applicazione mobile per effettuare le esplorazioni sul territorio, in solitaria o in gruppo, percorrere i suoi itinerari o lasciarsi guidare dai suggerimenti casuali che di volta in volta il sistema propone.
Mappa della Terra di Mezzo, da Il Signore degli Anelli, J.R.R. Tolkien, George Allen & Unwin, Londra, 1955.
Intro «La città è caratterizzata da una certa quantità di azioni potenziali che vanno oltre le possibilità di realizzazione dell’individuo: si tratta dunque di situazioni virtuali [...in cui...] gli individui sono attori dotati di competenze intenzionali sostanziali. Considerato ciò, come gestire al meglio questo scarto? È possibile distinguere due modalità: da un lato, la gestione di un repertorio, che consiste nell’ordinare le azioni possibili sotto forma di liste per poi scegliere tra gli elementi, dall’altro la scoperta casuale e inaspettata, la serendipità, che giunge ad un risultato dal carattere aleatorio, ma permette di creare delle interazioni con l’ambiente ad alto contenuto creativo, massimizzate proprio dalla natura caratteristica dell’ambiente urbano: agli individui che ne accettano i rischi e le promesse, la città offre infatti avventure imprevedibili.»
1
11
12
Al giorno d’oggi sembra sempre più impossibile im-
Si parta quindi dal bisogno più remoto dell’uomo,
maginare che un essere umano sia in grado di vivere
ovvero conoscere la realtà che lo circonda. Gli ampi e
una vera avventura. Il massimo che possiamo arrivare
desolati spazi in cui un primitivo poteva trovarsi han-
a pensare è un organizzatissimo safari nella savana o
no indotto i primi esseri umani a segnare le strade, i
la costosa prenotazione per una giornata di rafting.
luoghi di caccia, i confini, tutto il possibile per ridurre
La società ormai ci offre tutto ciò di cui abbiamo
l’ignoto che li circondava ed assicurarsi così la soprav-
bisogno, ci basta un moderno telefono cellulare e una
vivenza. La mappatura e l’orientamento rispondono
connessione internet per cavarcela in ogni situazione:
perciò alla precisa necessità di visualizzare il mondo e
se ti sei perso c’è la geolocalizzazione, se cerchi qual-
di spiegarlo ad altri dopo di noi.
cosa in particolare c’è l’on demand, se non sai cosa
Ovviamente tali indagini sul reale non potranno mai
cucinare con gli avanzi c’è un’app specifica e così via.
essere esattamente identiche all’esistente, ed è per
Che tutto ciò sia motivo di orgoglio per la nostra
questo che ogni rappresentazione cartografica espri-
epoca è indubbio: il progresso tecnologico supporta
me non la verità assoluta, ma un punto di vista: in
sempre più l’esistenza umana e ne alleggerisce fati-
Maps of the Imagination Peter Turchi afferma - To task
che e problemi.
for a map is to say, “Tell me a story”- 2, una storia
Questo da una parte.
metaforica sul mondo che conosciamo, rappresenta-
Come tutte le innovazioni, anche l’attuale stato del-
zione della realtà a seconda delle nostre necessità e
le cose ha una seconda faccia della medaglia.
inclinazioni.
Quando procediamo decisi verso il futuro, spesso dimentichiamo un assunto fondamentale della teoria
Considerato tutto questo, cosa succederebbe se
del progresso: l’introduzione di nuovi metodi e nuo-
le attuali operazioni di orientamento su un territorio
ve abitudini porterà inevitabilmente alla cancellazione
non fossero più legate a strumenti precostituiti ma
delle pratiche precedentemente in uso per svolgere
piuttosto si appoggiassero a questo bisogno originale
quelle stesse azioni. In altre parole, l’essere umano
e alla volontà di “scrivere la propria storia” attraverso
fa posto alle nuove pratiche eliminandone altre dalla
un’esplorazione libera e personale?
propria memoria. Ciò significa che molto probabilmente fra qualche secolo non ricorderemo come fare una
Se si considerano le più diffuse definizioni del ter-
cosa che oggi è all’ordine del giorno, così come oggi
mine città, si nota come esse siano sempre collegate
abbiamo rimosso pratiche che pochi decenni fa erano
ai concetti di insediamento umano e agglomerato di
la normalità.
popolazione, così come, etimologicamente parlando,
1. Jacques Lèvy, La sérendipité dans les sciences, les arts et la décision, Centro Culturale Internazionale di Cerisy-La-Salle, Cerisy-LaSalle, 2009. 2. Peter Turchi, Maps of the imagination: the writer as cartographer, Trinity University Press, San Antonio,
2004. 3. http://www.treccani.it «città (ant. cittade) s. f. [...] 2.L’insieme degli abitanti di una città: c. tranquilla, laboriosa; tutta la c. ne parla; era intervenuta alla cerimonia quasi tutta la città. Nello stesso senso possono
essere usati anche i nomi proprî di città: tutta Milano, mezza Roma, la maggior parte di Napoli, intendendosi i Milanesi, i Romani, i Napoletani. www.etimo.it «città: troncato da cittade dal lat. CIVITATE(M), che ebbe pure il senso di
paese accasato, e trae da CIVIS cittadino: propr. il complesso dei cittadini (v.Civico)». 4. Franco La Cecla, Perdersi. L’uomo senza ambiente, Gius. Laterza & Figli, Bari, 1988.
il termine derivi dall’analogo latino civitas che a sua
sebbene ancora questo tipo di smarrimento risponda
volta trae da civis, ovvero cittadino.
È indubbia per-
più ad una volontà di fuga dalla routine che al puro de-
ciò la necessità di considerare il territorio urbano non
siderio di fare nuove esperienze e ampliare le proprie
come mero insieme di servizi e infrastrutture, freddo
conoscenze, rappresentato com’è da un concetto di
susseguirsi di strade e palazzi, ma piuttosto come un
viaggio che le agenzie di viaggio alimentano con i miti
corpo pulsante, i cui indispensabili organi costituenti
commerciali delle località esotiche e delle isolette di-
sono gli abitanti.
sabitate.
3
rapporto tra questi due elementi non sia univoco, ma
Contrariamente a questa tendenza, nelle pagine
a doppio senso, e cioè che l’ambiente cittadino pos-
che seguono si riconosce una diversa modalità di spe-
sa in qualche modo sviluppare caratteristiche proprie,
rimentazione del perdersi, basata principalmente sulla
o meglio, inconsciamente generate, che influiscono
volontà di fare mente locale della propria città, ritro-
sul cittadino. Franco La Cecla parla in questo caso
vando l’altrove, la fuga, dietro l’angolo di casa propria
di “spazio dominante” 4, in cui l’ambiente infrange i
attraverso un metodo che affonda le sue radici nell’ar-
preconcetti e le abitudini del singolo e, dopo un iniziale
te e nella letteratura internazionale.
momento di disorientamento, costringe il visitatore a
Basti pensare a questo proposito al caso esempla-
confrontarsi con mondi diversi, a rigenerare i punti di
re delle derive lettriste: sarà l’Internazionale del 1955
riferimento e esplorare la nuova realtà.
a proporre il Progetto di migliorie razionali della città
L’attività di smarrimento dell’orientamento nell’am-
di Parigi sulla base dei risultati ottenuti attraverso i
biente urbano può quindi essere considerato un pro-
“giochi lettristi” portati avanti nel corso degli anni Qua-
cesso non esclusivamente negativo, come general-
ranta, dichiarando quindi la necessità di sviluppare una
mente è percepito, ma anche come possibilità, quel
certa abitudine all’esercizio sensoriale, per consentire
processo costruttivo che La Cecla chiama “mente
quindi nuove percezioni ed esperienze attraverso cui
locale” 4. Perdersi non è infatti un errore, ma un com-
riconfigurare oggetti e soggetti dell’azione urbana.
portamento specifico che indica l’inizio di un nuovo orientamento dell’esistenza. Questo rovesciamento di
La ricerca percorre quindi la storia sociale e cul-
prospettiva accresce il perdersi di valori positivi ricon-
turale, recente e antica, per tracciare una strada che
ducibili allo spirito di avventura, al desiderio di esplora-
vuole stimolare nel lettore l’apertura mentale verso
zione e al piacere della passeggiata flaneuristica sen-
l’inaspettato e il meraviglioso quotidiano. Attraverso
za meta o obiettivo. Ciò che ne consegue è un forte
il progetto si propone poi la definizione concreta di
ampliamento della nostra mappa mentale, in cui ad
quel livello di senso aggiunto da sovrapporre alla nor-
una visione personale della realtà, prodotta cioè da
male rappresentazione della città, arricchendola così
ogni individuo filtrando il territorio secondo un certo
di tutte quelle emozioni e esperienze che fanno di un
punto di vista, si aggiungono ulteriori livelli di senso
luogo non un’area geografica arbitrariamente definita,
densi di nuovi significati e nuove relazioni.
ma anche, e soprattutto, il teatro dei sentimenti e lo
È possibile notare come il desiderio di “perdersi” stia prendendo sempre più piede al giorno d’oggi,
spazio del ricordo.
Intro
Alla luce di queste considerazioni, si immagini che il
13
Cartolina da collezione: 758 - Carnac - Le GĂŠant des Alignements du MĂŠnec, Collezione Laurent-Nel, Rennes.
Prologo
15
«La radice indoeuropea della parola esperienza è per, che è stato interpretato come tentare,
mettere alla prova, rischiare, connotazioni che persistono nella parola pericolo. Le più antiche connotazioni di prova di per compaiono nei termini latini per l’esperienza: experior, experimentum. Questa concezione dell’esperienza come cimento, come passaggio attraverso una forma di azione che misura le dimensioni e la natura vera della persona o dell’oggetto che l’intraprende, descrive anche la concezione più antica degli effetti del viaggio sul viaggiatore. [...] Una delle parole tedesche che significano esperienza, Erfahrung, viene dal tedesco antico irfaran: viaggiare, uscire, tra-
versare o vagare. L’idea profondamente radicata che il viaggio sia un’esperienza che mette alla prova e perfeziona il carattere del viaggiatore risulta chiara nell’aggettivo tedesco bewardert, che oggi significa sagace, esperto o versato, ma che originariamente (nei testi del XV secolo) qualificava semplicemente chi aveva viaggiato molto.»
Erich J. Leed, 1992
Prologo 16
In alto Paesaggio del Sahel, Africa, 2009. Fotografia di Daniel Tiveau, Center for International Forestry Research.
In basso Tuareg nomadi al mercato del bestiame nelle vicinanze di Gao, Mali.
Il percorso culturale
pastori erranti3. La divisione originale del lavoro produce perciò due
Procedendo a ritroso nel tempo, indagando il con-
civiltà distinte, i nomadi e i sedentari, ma non indipen-
cetto di architettura sin dalle origini, è evidente come
denti tra loro, che necessitano infatti dell’integrazione
troppo spesso esso venga erroneamente contrappo-
l’una nell’altra per sopravvivere. Un evidente esempio
sto al concetto di nomadismo. I sedentari, ovvero «chi
concreto di questo “spazio dell’incontro” è rappre-
vive stabilmente in un determinato territorio» sono
sentato dallo Sahel, bordo meridionale del Sahara e
considerati gli architetti del mondo, e perciò inver-
luogo in cui i pastori nomadi del deserto scambiano
samente i nomadi, «che non hanno dimora stabile»1,
prodotti con i sedentari agricoltori delle prime regio-
sono avversi all’architettura. Contrariamente a questa
ni fertili dopo chilometri di sabbia. «La parola Sahara,
comune convinzione, è possibile procedere cronologi-
che deriva da sahra, significa uno spazio vuoto, [...] ,
camente e ritrovare evidenti prove a sostegno di un
mentre Sahel deriva dall’arabo sahel e significa spon-
concetto di architettura che fonda le sue origini sia nel
da o bordo. Il Sahel è il margine del grande spazio
mondo sedentario che in quello nomade.
vuoto attraverso il quale, come in un grande mare, si
1
Secondo le teorie creazioniste, circa nel 5000
approda a qualche cosa di stabile e di segnato dalla
a.C. è stata definita la seconda distinzione originale
presenza dell’uomo»4, in altre parole lo spazio noma-
dell’umanità dopo Adamo e Eva: Caino e Abele, figli
de è un vuoto spesso impraticabile, un deserto in cui
dei primi uomini sulla terra, avrebbero incarnato lo spi-
è difficile orientarsi e in cui l’unica traccia visibile, ma
rito sedentario e lo spirito nomade, agricoltore l’uno
non durevole, è la scia lasciata dal camminare.
2
e pastore l’altro. Scendendo ancor più nel particola-
Date queste premesse, è possibile abbandonare
re, si potrebbe affermare che la vita di Caino fosse
la convinzione diffusa secondo cui la nascita del con-
improntata ad attività fisicamente faticose, come lo
cetto di architettura possa essere relativo solo ed
“stare sui campi” ogni giorno e lavorare la terra, e
unicamente allo spazio dello stare: è plausibile infatti
al contrario Abele, data la natura meno faticosa dell’
considerare che proprio le tribù nomadi, alla luce della
“andar per campi” controllando le greggi, viveva proba-
loro evidente necessità di segnare lo spazio dell’anda-
bilmente delle giornate con abbondante tempo libero.
re, siano state all’origine della costruzione simbolica
La conclusione della storia è cosa nota a tutti, ma
del paesaggio.
è interessante notare come la condizione privilegia-
La città nomade è uno spazio volatile, il segmento
ta del fratello nomade si trasformi in punizione divina
di territorio occupato durante lo spostamento, punto
per Caino, e come, secondo la Genesi, sarà il figlio
variabile da cui lo spazio intorno viene percepito e me-
di quest’ultimo, Habel, a dare origine alla stirpe dei
morizzato nel corso del cammino. Se per i sedentari
1. http://dizionari.hoepli.it «sedentario [se-den-tà-rio] [...] agg. 3 ANTROP Che vive stabilmente in un determinato territorio: popolazioni sedentarie; uccelli sedentari CON. nomade, migratorio». http://dizionari.hoepli.it «nomade [nò-ma-de] [...] agg.Di popoli o tribù che
non hanno dimora stabile: tribù, popoli nomadi. fig. Vita nomade, di chi cambia spesso residenza o abitazione» 2. Secondo James Ussher, vescovo anglicano del XVII secolo, la data della creazione fu precisamente il 23 ottobre 4004 a.C. a mezzogiorno; secondo il ve-
scovo cattolico Eusebio di Cesarea, che ricavò la data dalla versione biblica dei Settanta, il mondo avrebbe avuto inizio nel 5199 a.C. Secondo il padre e dottore della Chiesa San Girolamo, che ricavò la data dalla versione biblica della Vulgata, il mondo avrebbe
avuto inizio nel 4000 a.C. Per alcuni creazionisti della Chiesa Ortodossa, invece, si segue la visione tradizionale del calendario bizantino, secondo cui Dio creò Adamo nel 5508 a.C. 3. Genesi, 4.20-21. 4. Eugenio Turri, Gli uomini delle tende, Edizioni di Comunità, Milano, 1983.
17
Prologo 18
Danza Tuareg nel deserto, Ghadamis, Libya. Fotografia di Eric Lafforgue.
gli spazi nomadi sono vuoti, un sahra, per i viaggiatori
per, che è stato interpretato come tentare, mettere
del deserto invece questo ambiente è ricco di tracce,
alla prova, rischiare; connotazioni che persistono nella
indizi e luoghi puntuali: gli uomini erranti imparano a
parola pericolo. Le più antiche connotazioni di prova
guardare e ad avere percezione di questi spazi con
di per compaiono nei termini latini per esperienza: ex-
l’esperienza, e per primordiale spirito di sopravvivenza
perior, experimentum. Questa concezione dell’espe-
affinano la capacità di saper vedere nel deserto.
rienza come cimento, come passaggio attraverso una
L’unica architettura dello spazio paleolitico era
forma di azione che misura le dimensioni e la natura
perciò il percorso stesso, non come traccia fisica sul
vera della persona o dell’oggetto che l’intraprende, de-
territorio, ma come costruzione mentale dello spazio.
scrive anche la concezione più antica degli effetti del
Trasformato nei suoi significati dal passaggio dell’uo-
viaggio sul viaggiatore. Molti dei significati secondari di
mo che lo attraversa, esso acquisisce una valenza
per si riferiscono esplicitamente al moto: attraversare
culturale elevandosi dallo stato più generale di spazio
uno spazio, raggiungere una meta, andare fuori. L’im-
allo stato di luogo riconosciuto e caratterizzato rispet-
plicazione del rischio presente in pericolo è evidente
to al resto.
negli affini gotici di per (nei quali la P diventa F): ferm
Per meglio comprendere la teoria dell’erranza è
(fare), fare (andare), fear (temere), ferry (traghettare).
necessario inoltre sottolineare il profondo legame che
Una delle parole tedesche che significano esperienza,
intercorre tra i concetti di viaggio, esperienza, peri-
Erfahrung, viene dal tedesco antico irfaran: viaggiare,
colo e percorso non solo dal punto di vista materiale
uscire, traversare o vagare. L’idea profondamente ra-
affrontato fino ad ora, ma anche da quello linguisti-
dicata che il viaggio sia un’esperienza che mette alla
co: «La radice indoeuropea della parola esperienza è
prova e perfeziona il carattere del viaggiatore risulta
Beduini, Marsa Alam. Fotografia di Katya Rykova.
19
Prologo 20
2 Uomini Tuareg con cammelli, Ghadames Cemetery, Libya. Fotografia di Eric Lafforgue.
21
Prologo 22
7 In alto Allineamento di Sa Perda Iddocca, Sardegna.
In basso a sinistra Betili femminili Tamuli, Macomer, Sardegna. Fotografia di Giulia Mameli.
In basso a destra Menhir Genna Arrele I, IV millennio a.C., Museo Archeologico Nazionale di Sassari.
chiara nell’aggettivo tedesco bewardert, che oggi si-
megalitico legato evidentemente al percorso nomade,
gnifica sagace, esperto o versato, ma che originaria-
ed è per questo che «è plausibile che i menhir fossero
mente qualificava semplicemente chi aveva viaggiato
stati pensati e realizzati, oltre che nella funzione loca-
molto.»5
le di simulacri del culto da parte degli abitanti dei villaggi della zona, anche come punti di riferimento, segnali
Il percorso fisico
o luoghi di pausa per i viandanti; essi avevano cioè un interesse generale e vorrei dire pubblico»6.
Nell’età paleolitica, lo spazio nomade è quindi evi-
Ancora oggi i pastori di Laconi chiamano i menhir
dentemente caratterizzato dall’assenza di segni stabili
“perdas litteradas”, ovvero “pietre letterate” o “pietre
e la sua forma è riconducibile alla linea evanescente
delle lettere”, in riferimento a tre differenti usi dei mo-
disegnata dal susseguirsi dei punti in movimento: non
noliti legati alla scrittura: la prima interpretazione può
ci si preoccupa della partenza o dell’arrivo ma solo
far riferimento alle facciate disegnate di alcune pietre
dello spazio intermedio dell’andare.
in cui compaiono simboli simili a quelli degli obelischi
I menhir appaiono per la prima volta in età neolitica
egiziani, mentre la seconda e la terza inseriscono i
(VIII millennio a.C.) e il loro innalzamento rappresen-
megaliti direttamente nei percorsi dell’erranza pale-
ta la prima azione umana di trasformazione fisica del
olitica e della transumanza nomade. È infatti difficile
paesaggio, facendo di queste “pietre lunghe”, lette-
immaginare come i viaggiatori dell’antichità riuscissero
ralmente dal dialetto bretone men-hir, gli oggetti più
ad attraversare i continenti senza l’aiuto di mappe o
densi di significato di tutte le età della pietra: culto
segnali ed è perciò assai probabile che i menhir funzio-
della fertilità, adorazione del sole, tombe di eroi leg-
nassero come un primordiale sistema di orientamento.
gendari, luoghi sacri carichi di energia ctonia o fonti
Queste pietre erano impiegate per costruire un pae-
nascoste di acqua; queste alcune delle interpretazioni
saggio architettonico, disegnando sul territorio il punto
date ai menhir dagli studiosi. Indubbiamente i megaliti
(il menhir isolato), la linea (tramite l’allineamento) e
svolgevano più funzioni contemporaneamente ma è
la superficie (recintando uno spazio con una serie di
interessante soffermarsi in particolare sulla relazione
menhir, specialmente in circolo). Servendosi di questa
che queste pietre instauravano con il territorio in cui
versione della geometria, intesa letteralmente come
venivano infisse. A questo proposito è utile prendere
“misura della Terra”, i viaggiatori creavano contempo-
in considerazione il caso dei menhir di Laconi, in Sar-
raneamente una geografia, una “scrittura della Terra”,
degna.
assegnando alle strutture fisiche un segnale che indi-
Il primo menhir sardo, scoperto nel 1975, è quello
casse la posizione sulle grandi vie di attraversamento.
di Genna Arrele I. Risalente al IV millennio a.C. e oggi
Esempi di questa relazione dei menhir con le rotte
esposto al Museo Archeologico Nazionale di Sassari,
del commercio nomade si ritrovano sia nella cultura ro-
si trova sulla via della transumanza che porta alla Valle
mana che nelle aree archeologiche della Puglia. Infat-
Iddocca attraverso l’allineamento di menhir di Sa Per-
ti nell’Impero risulta diffusa la credenza che i menhir
da Iddocca. È questo un classico esempio di sistema
fossero i diretti antenati delle Hermae poste a sorve-
5. Erich J. Leed, La mente del viaggiatore. Dall’Odissea al turismo globale, Il Mulino, Bologna, 1992.
6. Giovanni Lilliu, La civiltà dei sardi, dal paleolitico all’età dei nuraghi, Nuova Eri, Torino, 1963.
23
Prologo 24
In alto Allineamento di Carnac, IV-III millennio a.C., Bretagna
In basso a sinistra Geroglifici del ka in diverse culture.
In basso a destra Rappresentazione del benben e del benou.
glianza del quadrivium, “crocevia di strade” divenuto
Il menhir è quindi un’ancestrale stazione di servizio
simbolo delle quattro direzioni del mondo in cui l’uomo
lungo le rotte della transumanza nomade, che riporta
sceglie il suo futuro. In base alla storia dell’eroe greco
informazioni utili al proseguimento del viaggio ma dà
Edipo, il quale incontra il suo terribile destino proprio in
anche la possibilità di incontrare altri viandanti, o genti
un crocevia sulla strada per Tebe, secondo i romani in
dei villaggi riunitisi in un luogo neutrale per celebrare
prossimità di un incrocio stradale era saggio porsi sot-
riti e festività. Infatti non è difficile pensare che con il
to la protezione di Mercurio (Ermes in greco) protetto-
tempo questi luoghi siano divenuti territori sacri dove
re dei viandanti e del commercio. L’erma è infatti un pi-
celebrare iniziazioni all’erranza, oppure onorare il mito
lastrino sormontato dalla testa scolpita del dio. L’erma
della transumanza e invocare protezione per i viaggia-
greca però deriva a sua volta dalle prime rappresen-
tori.
tazione scultoree delle dimore delle divinità nei popoli
Sulla scia volatile dello spazio dell’andare dei noma-
orientali e semiti, il betile, che veniva posto presso un
di paleolitici si sviluppa quindi la rappresentazione del
bosco o una fonte dove si credeva dimorasse il dio
cammino stesso, concretizzato nella fisicità nel mono-
(la parola deriva probabilmente dall’ebraico Beith-El,
lite. Più precisamente intorno al monolite si sviluppa
“casa del dio”) . Se in epoca romana l’erma era sor-
anche l’idea del percorso come elemento spirituale,
montata da una, due o quattro teste, prima dell’epoca
portato poi alla sua massima espressione dagli archi-
arcaica il bethel poteva consistere anche solo in una
tetti egiziani.
7
pietra di forma simile ad un cono tronco (con evidenti allusioni di natura fallica) con cui si augurava fortuna e
Il percorso religioso
prosperità agli avventori e ai viaggiatori. L’esempio pugliese invece porta l’attenzione sulla
La civiltà egiziana conserva nel suo apparato sim-
necessità di considerare i menhir come segnaletica
bolico e religioso elementi delle culture paleolitiche e
di confine tra i vari territori, trovandosi in luoghi che
neolitiche, e sulla base di queste influenze trasforma il
probabilmente erano stati teatri di scontro o incontro
menhir in volume architettonico e il percorso in spazio
tra villaggi differenti. Ad avvalorare questa ipotesi è
interno.
anche l’evidente presenza fisica dei monoliti, il cui in-
La nascita del volume nello spazio è spiegata dal
nalzamento e posizionamento doveva necessariamen-
mito egiziano del benben: «La pietra benben, venera-
te coinvolgere un numero di uomini maggiore rispetto
ta nei templi di Eliopoli, è un monolite di forma conica
a quelli che potevano essere presenti in una singola
sulla cui sommità poggia l’uccello crestato bonou. La
tribù. Possiamo considerare il più grande monolite di
radice etimologica dei due nomi è bn o wbn, ovvero
Carnac, in Bretagna, il menhir Locmariaquer alto 23
luce, brillantezza, ascesa. Il benben è la prima appari-
metri e pesante 300 tonnellate, come l’incontro di
zione del dio del sole Atum-Ra dopo il caos primordiale,
numerose popolazioni in un territorio neutro, non ap-
è la pietra che per prima emerse dal caos, la pietri-
partenente ad un villaggio in particolare, ma in cui tutti
ficazione del primo raggio solare all’alba che venne
si potessero riconoscere.
trasformato con un’astrazione geometrica in obelisco
7. http://www.treccani.it «bètilo s.m. [dal lat. baetŭlus, gr. βαίτυλος, forse dall’ebr. bēt’ēl «casa del
dio»] Nome dato ad alcune pietre sacre per i Semiti, perché si ritenevano abitate da divinità (come quelle
situate presso un bosco o una fonte), o perché si credevano cadute dal cielo e dotate di potere magico».
25
Prologo 26
Ipostilio del tempio di Amon, II millennio a.C, Karnak. Fotografia di Christine Lebrasseur.
dalla punta luminosa e più tardi in piramide. [...] Be-
dei grandi templi del Nuovo Regno.
nou è il simbolo dell’immortalità e della resurrezione,
La dimostrazione pratica di questo sviluppo dalle
è l’airone cinerino che per primo si posò sulla collina
radici profonde è data indubbiamente dalla compara-
originale uscita dal fango, il benben, sulla quale il sole
zione tra il tempio di Amon a Karnak, edificato nel II
si era levato la prima volta dall’orizzonte e dove Atum-
millennio a.C., e il più grande sistema di menhir esi-
8
Ra aveva creato la prima coppia del genere umano».
stente al mondo, l’allineamento di Carnac, edificato in
L’origine dello spazio interno è collegata invece al
Bretagna nel IV-III millennio a.C. Tra i 3.000 megaliti
concetto del ka che «simboleggiava l’eterno errare, il
oggi rimasti rispetto ai 15.000 originari, disposti su
movimento e la forza vitale, e porta con sè la memo-
una lunghezza di 4.000 metri, le numerose comunità
ria delle lunghe e pericolose migrazioni paleolitiche.
della regione si incontravano per celebrare i riti sacri
Il geroglifico del ka è composto da due braccia alza-
collegati al culto dell’erranza e del sole in un tempio a
te e indica come l’energia divina venisse trasmessa
cielo aperto. Tralasciando le evidenti affinità tra i due
dal dio come infusione diretta dall’alto o attraverso
nomi, similmente un millennio più tardi, Ramsete II fa
l’abbraccio protettivo il cui simbolo è una sorta di ka
erigere le 134 colonne allineate in 16 file dell’ipostilo
capovolto».8
del tempio di Amon, che in conformità con le teorie
I due simboli, il benben e il ka ritornano spesso
egiziane per l’architettura sacra, rappresenta il più co-
nelle incisioni su vari menhir, anche in quelli sardi per
lossale luogo di passaggio che sia mai stato concepi-
esempio, il che suggerisce, in particolar modo per il
to, spazio da percorrere per l’iniziazione all’eterno er-
ka, il riconoscimento in molte civiltà di un unico simbo-
rare prima del raggiungimento della cella oscura dove
lo comprensibile a tutte le popolazioni erranti, infatti
è conservata l’immagine del dio.
è riconosciuto come «il simbolo del ka, con le mani di dimensioni sproporzionate, è collegato al gesto dell’adorazione del sole che risale alla preistoria di molte civiltà, dall’Africa alla Scandinavia».8 Sulla base di queste premesse, se consideriamo inoltre che Giedion afferma che «le origini dell’architettura in pietra sono inseparabilmente connesse al concetto del ka, e fu proprio il ka del fondatore della Terza dinastia, re Zoser, a dare origine all’architettura in pietra, [...] l’unico materiale eterno che poteva racchiudere il ka»8 è evidente come nella civiltà egizia lo spazio dell’andare guadagni un’ulteriore valenza: essa supera e ingloba sia i menhir che il puro cammino paleolitico per arrivare alla realizzazione simbolica, con l’adorazione dello spirito dell’eterna erranza, e alla realizzazione fisica, con la magnificenza delle architetture
8. Sigfried Giedion, L’eterno presente, Feltrinelli, Milano, 1965.
27
1
Le Cronache del ghiaccio e del fuoco (A song of Ice and Fire), George R.R. Martin, mappa di Ser Mountain Goat, 2012.
Racconti, vettori e connessioni Ogni storia è una mappa. Questo l’assunto da cui la ricerca prende forma, attraversando (è proprio il caso di dirlo) filosofia, arte e letteratura per dimostrare come ancora oggi il to-
pos del viaggio possa risultare di un’attualità sorprendente. Intraprendiamo percorsi conoscitivi, quando ci ritroviamo in un ambiente ignoto, ne studiamo i luoghi per farne mente locale e inserirlo nelle mappe mentali che ogni giorno ci guidano, spesso in maniera più adeguata di qualsiasi navigatore satellitare, ricordandoci che senza perderci non potremmo mai ritrovarci. Intraprendiamo viaggi creativi, quando passeggiamo senza scopo, lasciandoci guidare dalla città che ci circonda e abbandonando qualsiasi mappa che non sia dettata dall’empatia del momento. Intraprendiamo il Viaggio seguendo il corso della nostra vita, perchè da sempre l’uomo tiene traccia della sua esistenza e della sua realtà in mille modalità differenti, descrivendo così non solo la storia del mondo, ma soprattutto il suo modo di guardarlo. E viverlo.
29
Labyrinth. Dove tutto è possibile (Labyrinth), Jim Henson, USA 1986.
1. Racconti, vettori e connessioni
Lo spazio dominante: apprendere da ciò che ci circonda
31
«Perdersi significa che tra noi e lo spazio non c’è solo un rapporto di dominio, di controllo da parte del soggetto, ma anche la possibilità che sia lo spazio a dominare noi. Sono momenti della vita in cui impariamo ad apprendere dallo spazio che ci circonda...non siamo più capaci di dare un valore, un significato alla possibilità di perderci. Cambiare luoghi, confrontarsi con mondi diversi, essere costretti a ricreare in continuazione i punti di riferimento, è rigenerante a livello psichico, ma oggi nessuno consiglia un’esperienza simile. Nelle culture primitive invece se uno non si perde non diventa grande. E questo percorso viene agito nel
1.1
deserto, nella foresta, i luoghi sono una specie di macchina attraverso la quale si acquisiscono altri stati di coscienza»
Franco La Cecla, 1988
1.1 Lo spazio dominante 32
1
Calle, Sestriere S.Marco, Venezia, Italia.
Al contrario, il comportamento più opportuno sa-
za di luoghi e di organizzazione di essi in una trama
rebbe piuttosto quello di Andrea, protagonista del rac-
1
di riferimenti visibili e non» , lo smarrimento dell’orien-
conto incompiuto di Hugo von Hofmannsthal2, Andrea
tamento può essere considerato un processo non
o i Ricongiunti. In esso la foresta inesplorata è la Ve-
esclusivamente negativo, come generalmente è per-
nezia del Settecento, con le sue confuse calli e i suoi
cepito, ma anche come possibilità di ambientarsi in
campielli e rappresenta metaforicamente il passaggio
storie collettive diverse da quelle abituali. Un proces-
complicato dall’adolescenza all’età adulta del giovane
so costruttivo che Franco La Cecla chiama “mente
Andrea, il quale infine costruirà una sua mappa della
locale”.
città, indice sia dell’acquisita capacità di orientamento
1
La “mente locale” ha origine in culture in cui, a fronte di un rapporto con il territorio molto forte, smarrirsi
nello sconosciuto, che del riconoscimento del fascino del perdersi in esso.
(e ritrovarsi) acquista importanza e peso particolari.
Proprio città quali Venezia, o la Firenze di Dante,
Perdersi non è infatti un errore, ma un comportamen-
ricordano come in quasi tutte le città europee l’orien-
to specifico che indica l’inizio di una crescita, di un
tamento originale degli abitanti fosse regolato da un
nuovo orientamento della vita. L’utilizzo di questo rove-
sistema relativo non scritto fatto di aggregazioni pro-
sciamento di prospettiva accresce il perdersi di valori
fessionali, luoghi dello scambio e grovigli di vie. In parti-
positivi riconducibili allo spirito di avventura, al deside-
colare a Firenze ci si orientava per nomi di canti, punti
rio dell’esplorazione di nuovi luoghi, con conseguente
chiave come le farmacie, le logge, le case delle fami-
ampliamento della nostra mappa mentale.
glie importanti, che solo nel 1785 furono “attaccati” ai muri sulle targhe delle strade. Una situazione simile si
Rispetto a queste considerazioni, è semplice ve-
è verificata a Parigi, in cui il Piano dei limiti redatto nel
dere come il desiderio di perdersi stia man mano
1728 ha portato l’ordine e il controllo delle istituzioni
prendendo sempre più piede al giorno d’oggi: lo
nelle famose corti dei miracoli parigine.
smarrimento volontario è figlio della sempre maggiore impossibilità di perdersi in un mondo invaso da un
Sino ad oggi, questo processo di orientamento
concetto di viaggio banale e commerciale, alimentato
forzato ha portato alla scomparsa dello smarrimento
dal mito della località esotica e dell’isoletta disabita-
costruttivo: regolamenti edilizi, burocrazia e istituzioni
ta distribuiti dalle agenzie di viaggio. La Cecla attribu-
hanno ridotto a tal punto la creatività del cittadino,
isce l’inizio di questo declino alle prime colonizzazioni
permettendogli il più delle volte solo un perdersi fitti-
occidentali dei paesi come l’America, l’Asia e l’Africa,
zio, piuttosto una distrazione rispetto all’abituale ter-
investite dalla civilizzazione occidentale che forse solo
ritorio, bel lungi dai principi del perdersi originale. Per
inizialmente era realmente animata da spirito di esplo-
comprendere al meglio la relazione tra orientamento
razione e scoperta, ma ha poi finito per contaminare
relativo e assoluto, La Cecla propone la seguente sto-
ad ogni passo i nuovi luoghi e annullarne le caratteri-
ria che ha per protagonisti un uomo e uno scoiattolo:
stiche.
1. Franco La Cecla, Perdersi. L’uomo senza ambiente, Gius. Laterza & Figli, Bari, 1988.
2. Hugo von Hofmannsthal, Andrea o i ricongiunti, Adelphi, Milano, 1995.
1. Racconti, vettori e connessioni
Se per orientarsi si intende «l’attività di conoscen-
33
1.1 Lo spazio dominante 34
Uno scoiattolo è arrampicato sul lato di un albero.
compiono queste operazioni con un fine utilitaristico,
Sul lato opposto si trova un uomo. L’uomo, nell’inten-
ed è per questo che per esempio nel quartiere Sun-
to di scorgere lo scoiattolo, comincia a girare intorno
set a San Francisco tutte le strade sono nominate in
all’albero. Ma, mentre fa così, anche lo scoiattolo si
ordine alfabetico per evitare che gli automobilisti vi si
muove nello stesso verso, in modo da sfuggire al suo
perdano. Dall’altra parte anche gli abitanti di ogni città
sguardo. Per quanto l’uomo continui a girare intorno
nominano da sempre le strade, ma partendo da un
all’albero, lo scoiattolo lo precede sempre e mantiene
punto di vista differente: basandosi sulle caratteristi-
tra sè e l’inseguitore il tronco dell’albero. L’uomo gira
che estetiche dei luoghi o sul loro uso quotidiano piut-
intorno allo scoiattolo o no? Gira intorno all’albero -
tosto che su una visione oggettiva, hanno fatto si che
questo è sicuro - e lo scoiattolo è sull’albero, ma rie-
esistano indirizzi come “via delle Sedie Volanti”, strada
sce a girare anche intorno allo scoiattolo? 3
di Palermo in cui si fabbricavano portantine. Dare un nome ad un luogo è infatti un procedimento tutt’altro
Rispetto all’uomo, nord, sud, est e ovest sono
che semplice, poichè quel nome rappresenterà la sua
coordinate topografiche per l’orientamento assoluto,
identità, la sua essenza, e non soltanto un’etichetta.
ovvero posizionano il soggetto in un punto preciso
Nelle culture indigene questa concezione dei luoghi
di una griglia, come accade nei rilievi e nelle mappe.
quasi animistica determina un legame strettissimo tra
Contemporaneamente è possibile osservare la scena
il villaggio e gli abitanti, spesso “chiamati” allo stes-
in relazione agli spostamenti interni dei due attori e
so modo, così come l’importanze di dare un nome a
stabilire un orientamento ogni volta specifico in base
ciò che ci circonda era fondamentale per gli aborigeni
alle loro posizioni reciproche. È quest’ultimo aspetto
autraliani e i walkabout, caso trattato in maniera più
che viene preso in considerazione da un gran numero
specifica nelle pagine seguenti. A questo proposito,
di culture dell’abitare, in cui la geografia domestica ha
non è un casuale infatti che in greco arcaico si utiliz-
origine da punti chiave come il focolare, e si sviluppa
zasse il termine damos (damos) per indicare sia il
a partire da esso.
gruppo sociale che il territorio da esso occupato, così
Lo spazio concepito secondo un orientamento relativo è costituito da una rete di relazioni mobile, le
come il termine teuta (teuta) indicava sia la tribù che il territorio5.
cui distanze sono man mano generate dai soggetti
Se inoltre si considerano le più diffuse definizioni
che fanno esperienza dei luogo stesso. Christopher
del termine città, si nota come esse siano sempre
Hallpike definisce questo tipo di spazio come “topolo-
collegate ai concetti di insediamento umano e agglo-
gico”, associandolo alla visione del mondo propria dei
merato di popolazione, così come, etimologicamente
popoli primitivi.
parlando, il termine derivi dall’analogo latino civitas che
4
a sua volta trae da civis, ovvero cittadino.6 È indubbia Nominare e ordinare lo spazio non è però sem-
perciò la necessità di considerare il territorio urbano
pre un’attività negativa. Le amministrazioni comunali
non come mero insieme di servizi e infrastrutture,
3. George Miller, C. Jonson Laird, Language and perception, Harvard, 1976. 4. Christopher Hallpike, The foundation of primitive thought, Oxford University
Press, Oxford, 1979 (trad. it. I fondamenti del pensiero primitivo, Ed.Riuniti, Roma, 1982). 5. Franco Crevantin, Campo e percorso: note sulla
categorizzazione spaziale, in “La Ricerca Folklorica : contributi allo studio della cultura delle classi popolari”, pp. 15-23, n.4, ott. 1981, numero mo-
nografico su “Antropologia Simbolica”, Grafo s.p.a., Brescia, 1981. 6. http://www.treccani.it «città (ant. cittade) s. f. [...] 2.L’insieme degli abitanti
esse non visualizzavano solo lo spazio fisico, ma an-
come un corpo pulsante, i cui indispensabili organi co-
che lo spazio vitale, gli usi e i costumi della gente che
stituenti sono gli abitanti.
vi abita.
Una ulteriore conferma di come il concetto di rete spaziale non sia lontano da quello di viva comunità
Date queste premesse, è possibile comprendere cosa si intende per “mente locale”.
di persone viene da uno dei fondatori della geografia, August Meitzer: nella sua idea di geografia, così
La psicologia ambientale, come si è detto, ha de-
come viene esposta da Farinelli, l’insediamento non è
dicato molte ricerche al fenomeno dell’orientamento e
l’abitato (siedlung), ma il processo costitutivo dell’in-
della capacità di ambientarsi in un luogo sconosciuto,
sediamento (ansiedelungweise) . Purtroppo l’eredità
ma senza mai smettere di concepire tali luoghi come
di Meitzer non è stata colta dai suoi successori, e
dati meccanici. Al contrario, ciò che le indagini dovreb-
le sue mappe, comprendenti le abitudini e la storia
bero considerare e che invece spesso dimenticano, è
dei luoghi, sono sempre più «scivolate verso un con-
che l’ambiente non è un elemento freddo e morto, ma
gelamento topografico del territorio [...] la fotocopia
anzi esso è vivo, prodotto di attività dinamici e non
aerea del posto» .
di calcoli geometrici: l’ambiente è «un intorno, è una
7
8
È per questo che Moran conia il termine Etnoe-
interazione tra le due presenze, quella dell’abitante e
cologia per indicare una disciplina che dia rilievo alla
quella del luogo»1, ed esso si forma man mano che
visione che gli stessi abitanti hanno del loro ambiente,
noi lo costruiamo.
9
la “mente locale” di cui parla La Cecla, cercando di
Quando si verifica una alterazione dell’equilibrio di
arginare così i problemi di interpretazione e rappre-
questi due elementi, in continua comunicazione reci-
sentazione del territorio scaturiti da anni di utilizzo di
proca, si genera lo stato di smarrimento.
uno sguardo esclusivamente economico-politico. Conoscenza locale è per esempio la tecnica con
Ci si può stupire di come questa definizione valga
cui gli Indiani Beaver hanno tracciato autonomamente
anche nella società moderna, sebbene profondamen-
le mappe del loro territorio: alla decisione del governo
te ostacolata. La Cecla definisce infatti come “socie-
canadese di far dividere in due parti il territorio india-
tà ascetica” quella in cui gli esseri umani credono di
no a causa della costruzione di un nuovo oleodotto, i
poter fare a meno del rapporto con il territorio e, al
Beaver hanno disegnato le proprie mappe d’uso dello
contrario, spingono all’estremo la delocalizzazione at-
spazio per più stagioni di seguito, presentandole al
traverso reti che nulla hanno a che vedere con le reti
governo per dimostrare fisicamente il forte rapporto
di relazioni mobili che caratterizzano l’orientamento
tra i loro ritmi di vita, la loro cultura, e l’ambiente circo-
relativo. Esse non si sviluppano per piazze e strade,
stante. Queste mappe riportano confini irregolari, se-
ma piuttosto attraverso le linee telefoniche, le linee
gni gestuali e connessioni confuse e sono ben lontane
informatiche e postali che permettono all’individuo di
dalle rappresentazioni redatte dalle istituzioni, infatti
scambiare emozioni e sensazioni da ogni parte del
di una città: c. tranquilla, laboriosa; tutta la c. ne parla; era intervenuta alla cerimonia quasi tutta la città. Nello stesso senso possono essere usati anche i nomi proprî di città: tutta
Milano, mezza Roma, la maggior parte di Napoli, intendendosi i Milanesi, i Romani, i Napoletani. www.etimo.it «città: troncato da cittade dal lat. CIVITATE(M), che ebbe pure
il senso di paese accasato, e trae da CIVIS cittadino: propr. il complesso dei cittadini (v.Civico)». 7. Franco Farinelli, introduzione al testo E.Singh, Il villaggio indiano, Franco
Angeli, Milano, 1981. 8. Michel Foucault, Questions à M. Foucault sur la geoghraphie, in “Herodote”, n.1, 1976 (trad. it. in Microfisica del potere, Einaudi, Torino, 1977).
1. Racconti, vettori e connessioni
freddo susseguirsi di strade e palazzi, ma piuttosto
35
1.1 Lo spazio dominante
mondo. Indubbiamente i passi da gigante della tec-
zione spaziale, ovvero di «una sensibilità allo spazio
nologia hanno caratterizzato positivamente la nostra
basata su di un contatto con il circostante sentito
epoca e mirano a semplificare la vita degli esseri uma-
come malleabile e pieno di suggestioni»1. Ciò che vie-
ni, ma dall’altra parte questa spersonalizzazione dila-
ne percepito è proprio la relazione tra il proprio corpo
gante non fa altro che annullare il transfert emotivo tra
fisico e lo spazio che lo contiene, spazio sia fisico
uomo e ambiente, rendendo quest’ultimo sempre più
che emotivo di cui l’individuo fa esperienza man mano
oggetto e molto meno soggetto.
che procede nell’esplorazione. Certo è che nella cit-
È in questa fase che entra in gioco la “mente lo-
tà contemporanea, effettuare una reale esplorazione
cale”, come passaggio obbligato tra lo spaesamento
nello sconosciuto non è affatto semplice considerata
e la nuova conoscenza del territorio. Perdersi costrin-
la continua decentralizzazione e lo svuotamento dei
ge il cittadino a ricalibrare la propria rotta e ristabilire
centri urbani, sempre più trasformati in vuoti shopping
i propri punti di riferimento. Costruire, o ricostruire,
center.
il rapporto tra noi e l’ambiente permette di scoprire 36
nuovi elementi della rete spaziale ed rielaborarli secondo un’identità personale, un obiettivo personale. Ecco che si genera la “mente locale”.
Nella maggior parte delle volte la mente locale opera a livello inconscio. La categorizzazione spaziale del mondo che essa
Essa ha quindi una triplice valenza: è prima di tutto
opera ha ben poco di intenzionale: l’operazione di am-
percezione dello spazio sconosciuto circostante, in un
bientamento e insediamento sono atti abitudinari ed è
secondo luogo è definizione di questo stesso spazio
proprio questo habitus che va a costituire il fulcro del
attraverso la creazione delle tracce di relazione perso-
sistema di apprendimento e orientamento del luogo
nali, infine è uso dello spazio così definito.
sconosciuto. Come detto in precedenza, la “mente
Sulla base di questi concetti, ogni individuo filtra il
locale” crea la relazione possibile tra l’organizzazione
territorio secondo una sua particolare prospettiva e
della percezione e la definizione di una mappa della
aggiunge ad esso ulteriori livelli di senso che lo ren-
realtà percepita.
dono denso di significati e relazioni: gli indiani Apinayè
La regola di avanzamento dell’organizzazione non
per esempio, riporta l’antropologo brasiliano Roberto
è però di natura geometrica, architettonica o urbani-
Da Matta, pur abitando un villaggio geometricamente
stica, la mente locale organizza il mondo utilizzando le
rettangolare, lo disegnano circolare, perchè risponden-
corrispondenze. È possibile qui fare un ulteriore paral-
te all’originaria organizzazione sociale e non geografi-
lelismo con il genio di Baudelaire per ciò che riguarda
ca della tribù.
la poesia “Le corrispondenze”
La Cecla dichiara così l’esistenza di una perce-
9. Emilio Moran, Human adaptability, Indiana University Press, 1984. 10. Charles Baudelaire, Correspondances, in “Les Fleurs du Mal”, 1857 (trad. it. della candidata). La Nature est un temple où de vivants piliers/ Laissent parfois sortir
de confuses paroles;/ L’homme y passe à travers des forêts de symboles/ Qui l’observent avec des regards familiars./Comme de long échos qui de loin se confondent/Dans une ténébreuse et profonde unité,/Vaste comme la nuit et comme la clarté,/
10
: i versi rimandano
ad una percezione della realtà “dilatata” allo scopo di
Les pafums, les couleurs et les sons se répondent./Il est des parfums frais comme des chairs d’enfants,/Doux comme del hautbois, verts comme les prairies,/- Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,/Ayant l’expansion des choses infinies,/
Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,/Qui chantent les transports de l’esprit et des sens. La Natura è un tempio dove colonne viventi/Talvolta lasciano uscire confuse parole;/l’uomo le attraversa, passando tra foreste di simboli/che l’osservano
quella del marito. I bambini non svezzati dormono nelle
in più parti del capolavoro Les Fleurs du Mal, viaggio
amache della madre. [...] I “tikon” più giovani mettono
metaforico nell’esplorazione dell’esistenza umana, la
le loro amache sotto quelle dei genitori del loro stesso
realtà non può essere colta per mezzo del pensiero
sesso e quelli più grandi occupano il terzo lato del
logico e razionale ma necessita di strumenti quali l’in-
triangolo determinato dalle amache dei genitori, [...]
tuizione e l’irrazionalità.
Le donne restano nelle loro amache. Qui anche parto-
Lo stesso bisogno caratterizza la mente locale: le
riscono. [...] Al momento del matrimonio la donna sia
coppie corrispondenti non procedono in successione
accontenta di scivolare lungo la parete per dar luogo
logica e non sono classificabili in serie, perciò la lista
ad un nuovo focolare.11
delle analogie è comprensibile solo in chiave metaforica, specifica per un determinato contesto e condivisa
Se tutto questo è vero per le culture osservate
tra tutti gli attori della scena. Da questo punto di vista
finora, si è anche detto come ciò sia difficilmente ap-
l’organizzazione spaziale delle culture indigene è un ri-
plicabile nell’esperienza contemporanea con lo spazio.
assunto della loro organizzazione culturale, e così per
Un ambiente che risulta più o meno indifferenziato,
esempio la Churuata, la capanna circolare tipica delle
ovvero la nostra città metropolitana e globalizzata, ge-
culture Panare dell’Orinoco venezuelano, riproduce la
nera un diverso tipo di smarrimento, ciò che La Cecla
separazione tra il dominio maschile e femminile, non-
definisce “black out dei sensi” 1: il perdersi moderno è
chè tra gli adulti e i giovani:
un azzeramento della sensibilità nei confronti dell’ambiente, è l’impossibilità di creare quella rete metafori-
Al suo interno le amache dei giovani maschi iniziati
ca che anima le relazioni tra individuo e territorio.
non ancora celibi sono raggruppate intorno e vicino
Lo spazio, e il rapporto con esso, è una condizio-
al palo centrale, parallele alla trave maestra, mentre
ne indispensabile per una corretta costruzione dell’i-
tutte le altre amache sono appese alla periferia, lun-
dentità personale poichè la varietà del mondo finisce
go le pareti interne della Churuata. I due gruppi di
per riflettersi nella varietà degli esseri che lo abitano.
amache sono separati da un corridoio immaginario. Il
Come per i Piani dei limiti del 1700, tutt’oggi le ammi-
centro della Churuata rappresenta una specie di casa
nistrazioni gestiscono il territorio in maniera calcolata,
degli uomini che però non è fisicamente e visibilmente
spesso eliminando quelle varietà culturali e sociali che
separata. [...] Benchè siano tutte situate alla perife-
lo arricchiscono, in luogo di una uniformità e regolarità
ria della Churuata, tutte le altre amache non lo sono
che rendono l’ambiente sicuramente più gestibile, ma
indistintamente. In effetti le amache delle donne son
anche piatto e scialbo.
parallele alla parete e quelle degli uomini non più celibi, sono perpendicolari ad essa e rivolte verso il palo
Basti pensare in questo caso agli interventi urba-
centrale [...]. Le due spose di uno stesso uomo hanno
nistici tipici dell’edilizia degli anni 60, grazie ai quali le
la loro amaca attaccata da una parte e dall’altra di
periferie sono state invase da grandi palazzine tutte
con sguardi familiari./Come lunghi echi che si confondono in lontananza,/in una cupa e profonda unione,/ vasta come la notte e come la luce,/profumi, colo-
hanno la dimensione delle cose infinite,/come l’ambra, il muschio, il benzoino e l’incenso,/che cantano l’ebbrezza dello spirito e dei sensi.
ri e suoni si rispondono./Ci sono profumi freschi come la pelle dei bambini,/dolci come gli oboi, verdi come i prati,/- E altri, corrotti, ricchi e trionfanti,/che
11. Jean Paul Dumont, Espacement et déplacements dans l’habitat Panare, in “Tournal del la Société des Americanistes”, pp. 23-28, tomo LXI, Parigi, 1972.
1. Racconti, vettori e connessioni
scoprire gli aspetti più vari del reale. Come dimostrato
37
1.1 Lo spazio dominante 38
In alto Quartiere Sant’Ambrogio, veduta aerea (1968-1971).
In basso Vita di periferia a Comasina.
uguali, annullando campagne e villette. Con il fenomeno delle periferie urbane, si è assi-
un complesso sistema di spazi pubblici che si possono attraversare senza soluzione di continuità».12
tettoniche abituali, le amministrazioni si rendono con-
I vuoti urbani costituiscono l’ultima frontiera della
to della nuova tipologia abitativa che sta prendendo
città moderna in cui è possibile perdersi, smarrire le
piede solo quando essa si è già trasformata in disa-
coordinate e uscire dall’area di controllo della città sto-
gio sociale. Agli occhi degli architetti, l’impegno e le
rica e delle amministrazioni. Considerate le potenzialità
pianificazioni operate per gli ampliamenti delle città
sin qui riconosciute alla perdita dell’orientamento, è
erano tutt’altro che imperfetti, emblema di razionalità
comprensibile come ciò che è stato definito superfi-
e capacità di controllo. In realtà, l’errore operato dalla
cialmente “vuoto” dagli architetti sia al contrario uno
maggior parte degli addetti ai lavori è stato osserva-
spazio ricco di identità, caratterizzato dalla compre-
re quelle realtà esterne alla città restandone all’inter-
senza di diverse realtà, sviluppatesi con forza nono-
no, non considerando quella che sarebbe poi stata la
stante i tentativi di appiattimento razionale e ordinato
mente locale degli abitanti delle periferie ma preten-
operato su tutti gli spazi esterni alla cerchia della città
dendo di assegnare loro quella della città storica.
storica.
Per questi motivi le aree periferiche si sono svi-
Anche la città contemporanea può essere quindi
luppate come melting pot di frammenti ed esperienze
guardata da un punto di vista estetico-esperienziale
variegate, sia da un punto di vista sociale che geo-
oltre che estetico-geografico, in cui gli abitanti stessi,
grafico, dando origine a quegli agglomerati, arcipela-
persi nell’uniformità e nella razionalità delle “palazzine”
ghi isolati ai margini, che caratterizzano le viste aeree
e dei “casermoni”, hanno riorientato se stessi e gene-
di tutte le grandi città. La risposta degli architetti al
rato una propria mente locale, indipendente dal resto
problema prevedeva la riorganizzazione delle aree pe-
della città. È in questi luoghi che risiede il tempo urba-
riferiche in modo da connettere i frammenti e riempi-
no più dinamico e trasformista, in continua definizione,
re i cosiddetti “vuoti urbani” con forme ed evidenze
in cui è possibile osservare il divenire dell’organismo
ereditate dalla città storica, operazione simile a quella
città libero da regole e piani. È importante sottoline-
realizzata in passato e che aveva già condotto ad un
are il carattere dell’arcipelago urbano, poiché esso si
primo fallimento.
sviluppa esclusivamente in base all’esperienza degli
La proposta di Careri muove invece dalla conside-
abitanti ed è quindi particolarmente rappresentativo
razione di un diverso tipo di necessità, ovvero il biso-
della situazione socio-culturale reale indipendentemen-
gno di riempire i vuoti di significati propri piuttosto
te dalla teorie degli architetti e degli urbanisti: «Gli spa-
che di cose: «Per riconoscere una geografia all’interno
zi vuoti che ne determinano la figura sono i luoghi che
del supposto caos delle periferie si può allora tentare
più di ogni altro rappresentano la nostra civiltà nel suo
di entrare in relazione con esso utilizzando la forma
divenire inconscio e molteplice».12
estetica del percorso erratico. Quello che si scopre è
12. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006.
1. Racconti, vettori e connessioni
stito ad un primo sconvolgimento delle teorie archi-
39
1.1 Lo spazio dominante 40
“Palazzone� nel quartiere Comasina (1954-1963).
Immergendosi nel sistema dei vuoti, facendo mente locale in essi e cercando nuovi orientamenti, e quinscere le diverse realtà che lo compongono, un «mare [...] formato da diversi mari»12. Questi mari sono stati affrontati ed esplorati delle maggiori correnti artistiche contemporanee, le quali, grazie anche ad una certa predisposizione sensoriale, ne hanno attraversato i confini seguendo «i sentieri spesso già tracciati dagli abitanti»10, basandosi quindi direttamente sulla mente locale, un bagaglio di esperienze concrete e a volte vissute in prima persona. Anche la città moderna si
1. Racconti, vettori e connessioni
di nuove potenzialità del territorio, è possibile ricono-
rivela così «uno spazio dello stare interamente attraversato dai territori dell’andare».12
41
Jour de pluie Ă Paris, Gustave Caillebotte, 1876. Chicago, Art Institute of Chicago,
«Lo chiamerei volentieri “dandy”, e avrei alcune buone ragioni per farlo; poichè la parola dandy implica una quint’essenza caratteriale e una fine intelligenza in merito a tutti i meccanismi moralidi questo mondo; ma dall’altra parte, il dandy aspira all’insensibilità, ed è per questo che M.G, che è invece dominato dall’insaziabile passionedi osservare e di sentire, si distacca violentemente dal dandysmo. “Amabam amere” diceva Sant’Agostino. “Io amo appassionatamente la passione” direbbe volentieri M.G.»1
Charles Baudelaire, 1863 «Affetto: dal lat. affectus p.p. del verbo afficere
1.2
[...] - Sost. Maniera di sentire; Passione dell’anima in forza di cui si eccita un interno movimento, onde incliniamo ad amare o ad odiare; alla cmpassione, alla misericordia, all’ira, alla vendetta. [...]»
1. Racconti, vettori e connessioni
A Zonzo con affetto: spazi dell’andare e percorsi creativi
43
1.2 A Zonzo con affetto 44
Illustrazione per “L’uomo della Folla” di Edgar Allan Poe. Harry Clarke, 1923.
questa condizione la parola flânerie, termine che de-
dustrializzazione muovono i primi passi e modificano
riva dal verbo francese flanêr e significa passeggiare.
fortemente la vita della città, gli intellettuali riconosco-
Il flâneur sarà quindi identificato come un uomo
no i limiti e i problemi che l’arte tradizionale si trova a
ben vestito che passeggia piacevolmente attraverso
fronteggiare nella nuova metropoli moderna, ritenendo
le strade di Parigi e che, dall’alto della sua erudizione,
necessaria l’introduzione di una figura artistica lonta-
trascorre le sue oziose giornate considerando gli altri
na dalle concezioni di inizio Ottocento e più vicina ai
cittadini semplici attori nel palcoscenico della strada.
cambiamenti sociali in atto.
Questa particolare attitudine all’osservazione porta il
Charles Baudelaire non intende assegnare a que-
flâneur ad affinare la capacità di ispezionare il mondo
sta nuova figura il titolo di artista, poiché troppo li-
che lo circonda, notando elementi invisibili ai più o par-
mitato e specifico rispetto al gran numero di stimo-
tecipando fisicamente allo “spettacolo” confondendosi
li e aspetti interessanti che la nuova metropoli può
tra la folla. Secondo una metafora letteraria, il flâneur
generare, la definisce perciò come “uomo del mon-
può essere considerato contemporaneamente narra-
do”, «egli si interessa al mondo intero; vuole sapere,
tore e protagonista della storia, un commentatore che
comprendere, apprezzare tutto ciò che avviene sulla
resta fuori dall’azione ma riesce a creare connessioni
superficie del nostro sferoide. [...] cittadino spirituale
empatiche con tutto ciò che vede, a tratti perso in
dell’universo.» . La curiosità intellettuale per ciò che
una specie di trance meditativa.
1
avviene nella complicata società moderna è alla base
A questo proposito, lo stesso Baudelaire ha equi-
della ricerca dell’ “uomo del mondo”, che si aggira
parato il tipo del flâneur all’uomo della folla dell’omo-
nel tessuto urbano osservando con occhi desiderosi
nimo racconto di Edgar Allan Poe3: analizzando e tra-
di capire e partecipare alle nuove dinamiche sociali,
ducendo lo scritto del «suo doppio, simile e fratello»
restituendo un ritratto approfondito delle relazioni che
d’oltreoceano, il poeta francese porta nella tradizione
intercorrono tra la popolazione e la città. Se da un
europea uno dei primi esempi letterari in cui il flâneur
lato però questo ritratto è il frutto dell’immersione di-
viene utilizzato come espediente narrativo.
retta nella vita cittadina, dall’altro è necessario che
Carattere comune a quasi tutti i personaggi di Poe,
l’osservatore si mantenga a un livello più alto, sia un
il primo elemento di flânerie è certamente lo stato di
superiore e cinico voyeur. Successivamente al 1848,
ipersensibilità in cui si trova il protagonista, stato che
Baudelaire stesso rimarrà sospeso tra questa doppia
gli permette di meditare su ciò che osserva attraver-
identità di aristocratico dandy e uomo del popolo af af--
so la vetrina del caffè, «il tumultuoso mare di teste»
fascinato dalla vita di strada , utilizzando per definire
che rapisce la sua attenzione. La descrizione dello
2
1. Charles Baudelaire, Le Peintre de la vie moderne, in “Le Figaro”, nov. e dic. 1863, (trad. it. a cura della candidata). «Je le nommerais volontiers un dandy, et j’aurais pour cela quelques bonnes raisons ; car le mot dandy implique une quintessence de caractère et une intelligence subtile de tout
le mécanisme moral de ce monde ; mais, d’un autre côté, le dandy aspire à l’insensibilitè, et c’est par là que M. G., qui est dominé, lui, par une passion insatiable, celle de voir et de sentir, se détache violemment du dandysme. «Amabam amere», disait saint Augustin. «J’aime passionnément la
passion» dirait volontiers M. G.» «il s’intéresse au monde entier; il veut savoir, comprendre, apprécier tout ce qui se passe à la surface de notre sphéroïde. [...] citoyen spirituel de l’univers.» 2. David Harvey, Paris: Capital of Modernity, Routledge, New York e Londra, 2003.
«Baudelaire would be torn the rest of his life between the stances of flâneur and dandy, a disengaged and cynical voyeur on the one hand, and man of the people who enters into the life of his subjects with passion on the other». 3. Costanza Melani, Effetto Poe. Influssi dello scrittore americano sulla letteratura
1. Racconti, vettori e connessioni
In una Parigi del 1860, dove la modernità e l’in-
45
1.2 A Zonzo con affetto 46
spettacolo esterno inizia quindi con delle osservazioni
così una maniacale curiosità per questo mondo mi-
generali, in cui il narratore si concentra sulla massa,
sterioso ed emozionante. Con l’avanzare della sera,
considerandola un organismo autonomo ed astratto,
la scena oltre la vetrina diventa sempre più rappre-
poi scende più nel dettaglio, guardando singolarmente
sentazione metaforica dell’avvicinamento mentale tra
la grande varietà di personaggi, i loro abiti, i loro volti
il narratore e l’ambiente circostante e proprio nel mo-
e la maniera di relazionarsi gli uni agli altri, studiandoli
mento in cui egli decide di abbandonare il suo posto di
sulla base delle sensazioni che riesce a percepire gra-
osservatore privilegiato per seguire il volto indecifrabile
zie alla sua particolare condizione mentale. Mentre la
dell’uomo della folla, il suo stato mentale sembra coin-
folla sfila davanti alla vetrina del caffè, il narratore è
cidere esattamente con il paesaggio caotico, buio e
libero di osservarla senza prendervi parte, spettatore
disagiato della Londra notturna. Da un lato questa mo-
coinvolto ma distaccato dello spettacolo. Sfruttando
dalità in cui l’ambiente esterno riflette e influisce sullo
la possibilità di osservare da vicino senza essere co-
stato mentale del personaggio è un tratto comune a
stretto a mischiarsi direttamente tra la gente, il nar-
tutta la narrativa del flâneur, ma la pulsione delirante
ratore classifica, analizza e categorizza soggetti che
del narratore che insegue ossessivamente l’uomo del-
altrimenti non avrebbe mai potuto incrociare nella sua
la folla non rientra assolutamente nelle caratteristiche
aristocratica vita da intellettuale inglese. Proprio que-
della flânerie. Il flâneur è piuttosto noto per la sua cal-
sta sua superiorità culturale però gli permette di deci-
ma e compostezza esteriore, appannaggio della cultu-
frare immediatamente ogni viso che rientra nell’inqua-
ra borghese, per il suo spirito sensibile e la sua acuta
dratura della vetrina e passare il tempo esercitandosi
capacità di osservazione, mentre il narratore di Poe è
a interpretare le vite di coloro che, dopo un secondo,
talmente coinvolto nella sua missione da non riuscire
spariranno per sempre nel mare dei passanti indaffa-
a leggere le strade che attraversa, consumato dalla
rati.
sua ossessione compulsiva per quel viso indecifrabile.
Dedito all’osservazione voyeuristica fine a se stes-
Più di un intellettuale ha analizzato il racconto di
sa, in questa parte della storia il personaggio narrante
Poe riguardo l’uso della flânerie come espediente let-
di Poe non partecipa ancora attivamente alla scena,
terario, e se Baudelaire ha paragonato l’uomo della
e sebbene ricordi la contemplazione dell’osservatore
folla al flâneur, al contrario Walter Benjamin non con-
flâneur, se ne distacca fortemente poiché non inse-
divide questa opinione, identificando nel narratore di
rito nella folla e volutamente estraneo a ciò che lo
Poe un comportamento troppo maniacale, dovuto all’e-
circonda.
vidente incapacità del personaggio di sentirsi a proprio
Con il trascorrere delle ore, l’attenzione del prota-
agio nel mondo. Una tale sociopatia non è ascrivibile
gonista si sposta su una particolare tipologia di perso-
al flâneur che invece il filosofo descrive come «un in-
naggi, refusés della società, parassiti, giocatori d’az-
dividuo che si sente a casa tra le strade e le facciate
zardo, prostitute e ladri: per contrasto, il suo interesse
degli edifici, così come un qualsiasi cittadino si senti-
è per tutto ciò che non corrisponde ai canoni della
rebbe tra le sue quattro mura».4
società aristocratica a cui egli appartiene, innescando italiana, Firenze, Firenze University Press, 2006. 4. Walter Benjamin, Charles Baudelaire: A Lyric Poet in the Era of High Capitalism,
Verso, Londra, 1983 (trad. it. a cura della candidata). «as much at home among the facades of houses as a citizen is in his four walls»
mo sguardo».6
emerge soprattutto negli scritti da lui dedicati a Bau-
Nella poesia sono quindi rappresentati molti dei
delaire, indicato dal filosofo tedesco come il primo
concetti chiave della flânerie, primo fra tutti il conte-
vero flâneur della storia.
sto cittadino, che per la sua conformazione labirintica
Tale merito gli viene attribuito principalmente sulla
impone al flâneur incontri non più lunghi di un mo-
base della poesia À une passante, contenuta nell’edi-
mento. Secondo importante elemento è la relazione
zione del 1861 della celeberrima raccolta Les Fleurs
empatica, quasi “vampiresca”, tra l’osservatore e la
du Mal e indicata da Benjamin come la migliore descri-
passante, e infine la consapevolezza dell’impossibilità
zione delle relazioni che intercorrono tra il flâneur e gli
della relazione amorosa, conclusasi nello stesso istan-
abitanti della città.
te in cui è iniziata. Lo scritto Charles Baudelaire4 quindi si presenta in
La strada rintronante sbraitava intorno a me.
principio come un tentativo di descrivere il fz e con-
Alta, sottile, in lutto, dolore maestoso,
temporaneamente il principio chiave della flânerie,
una donna passò, con la mano solenne
cioè l’idea che una persona possa essere descritta
sollevando e reggendo l’orlo del suo vestito.
in base all’incontro di un momento, in seguito però
Nobile e svelta, con le sue gambe statuarie.
l’opera si sviluppa più come una ricerca. Secondo
Io succhiavo, contratto come uno stravagante,
Benjamin, il personaggio del flâneur si è sviluppato
dentro i suoi occhi, cielo che cova un uragano,
in relazione ai cambiamenti architettonici della città
la dolcezza che incanta e il piacere che uccide.
di Parigi, e in particolare egli ritiene che la creazione
Un lampo… e poi la notte! Bellezza fuggitiva,
delle Arcades, ovvero dei camminamenti con tettoie
il cui sguardo mi ha fatto rinascere di colpo,
vetrate e pareti di marmo che riunivano i negozianti di
non ti rivedrò più fino all’eternità?
quartiere, abbia rappresentato il principale elemento
Lontano, via di qui! E troppo tardi, o mai!
di distrazione per la noia e l’ozio flâneuristici. Il va-
Dove fuggi, non so; tu non sai dove vado.
gare in queste strutture, nella folla dei passeggiatori
Ma avrei potuto amarti e tu, tu lo sapevi!
aristocratici riuniti in un caffè o davanti a una vetrina,
5
permette infatti al flâneur di osservare e intrattenere Considerato da Benjamin il più flâneuristico dei
la mente con lo spettacolo della città. Benjamin ritiene
componimenti baudelairiani, À une passante descrive
inoltre che la collocazione del flâneur in un ambiente
in pochi versi tutta la passione del flâneur che, lungi
come quello delle Arcades, nè spazio interno nè ester-
dal considerare la folla alla maniera negativa di Poe, al
no ma piuttosto luogo di passaggio, sia essenziale per
contrario ne riconosce il fascino e le infinite possibili-
rappresentare la psiche del personaggio, che come
tà: ciò che Benjamin stesso definisce «amore all’ulti-
per Poe e Baudelaire, può stabilire una forte relazione
5. Charles Baudelaire, À une passante, in “Les Fleurs du Mal”, 1857. (trad. it. a cura della candidata). «La rue assourdissante autour de moi hurlait. Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse, Une femme passa, d’une
main fastueuse Soulevant, balançant le feston et l’ourlet; Agile et noble, avec sa jambe de statue. Moi, je buvais, crispé comme un extravagant, Dans son oeil, ciel livide où germe l’ouragan,
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue. Un éclair... puis la nuit! Fugitive beauté Dont le regard m’a fait soudainement renaître, Ne te verrai-je plus que dans l’éternité? Ailleurs, bien loin d’ici! trop
tard! jamais peutêtre! Car j’ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais, Ô toi que j’eusse aimée, ô toi qui le savais!». 6. Walter Benjamin, On Some Motifs in Baudelaire, 1939.
1. Racconti, vettori e connessioni
L’interesse di Benjamin verso la figura del flâneur
47
1.2 A Zonzo con affetto 48
La Galleria Vivienne durante la Restaurazione, Parigi, 1820.
con l’esterno e influire sulla percezione dell’ambiente
La figura del flâneur appare quindi in maniera prominente ne I passaggi di Parigi (Das Passagen-Werk)7, opera incompiuta dell’ultimo Benjamin nella quale vengono catalogate alcune caratteristiche della Parigi del diciannovesimo secolo con uno spirito di osservazione molto vicino alla flânerie. Proprio per questo motivo, ancora oggi gli studiosi dibattono in merito alla natura del progetto, domandandosi se i saggi, gli appunti a mano, le citazioni e le note che compongono caotica-
1. Racconti, vettori e connessioni
circostante.
mente la raccolta, rappresentino un montaggio consapevolmente frammentario o una personale collezione ossessiva del filosofo. Ciò che è certamente chiara è la natura flâneuristica dell’opera, la quale ha la capacità di creare un mondo in miniatura composto da frammenti letterari, storici e sociali, tra cui il lettore è chiamato a vagare alla maniera dei passeggiatori delle
Arcades. Per comprendere realmente l’animo flâneur de I
Passaggi è necessario leggere l’architettura delle Arcades stesse secondo la relazione flâneuristica tra interiorità ed esteriorità, guardando quindi la costruzione fisica come costruzione mentale e viceversa. Le
Arcades rappresentano, concretamente nella città e spiritualmente nell’animo del girovago, una deviazione dai flussi principali della vita dei boulevards, funzionando da filtro nella complessa rete di percorsi cittadini e fornendo una via alternativa rispetto alla normalità. Metaforicamente, i grandi boulevards rappresentano la massa che percorre automaticamente un percorso dal punto A al punto B, prestando attenzione unicamente all’obbiettivo d’arrivo, mentre lo spazio delle
Arcades suggerisce trame di volta in volta casuali, 7. Walter Benjamin, Das Passagen-Werk, 1983 (ediz. it. a cura di Enrico Ganni, I passages di Parigi, Einaudi, Torino, 2007).
49
1.2 A Zonzo con affetto 50
In alto Passeggio in una Galleria di Parigi.
In basso Vista della Rotonda Vivienne della Galleria Colbert, Parigi, 1829.
studiosi di ogni tempo, lungi dallo spirito dell’ amateur,
personale e fine a se stesso. Le Arcades offrono al
del flâneur, non concepiscono come, piuttosto che
cittadino una via di fuga dalla vita della città, operosa,
esprimere concetti, il mondo in miniatura generato dal
capitalista e funzionale, e la loro composizione archi-
Progetto possa semplicemente invitare all’osservazio-
tettonica permette la creazione di uno spazio nomade
ne attenta del mondo e al movimento continuo tra le
in cui ciò che conta non è la meta ma il percorso
annotazioni.
stesso. È per questo motivo che i passaggi delle Ar-
La valenza spirituale delle Arcades diventa così fon-
cades diventano per Benjamin lo spazio della flânerie
damentale rispetto al concetto di flâneur e Benjamin
per eccellenza, in cui negozi, vetrine e avventori fanno
arriva a definirne il declino proprio in corrispondenza
si che la passeggiata si trasformi in una vera e propria
del momento in cui i grandi magazzini dei boulevards
distrazione ricreativa priva di implicazioni logiche.
attirano e monopolizzano gli esercizi commmerciali del-
Lo stesso Benjamin dichiara esplicitamente la na-
le Arcades, svuotandole della loro vitalità attiva. Per il
tura del frequentatore delle Arcades nei versi introdut-
filosofo, il flâneur diventa quindi un fantasma di un’e-
tivi all’intera opera:
poca passata, ucciso dallo sterile capitalismo e dal consumismo dei grandi magazzini.
Le magiche colonne di questi palazzi, da ogni dove mostrano al principiante,
Sebbene Baudelaire e Banjamin dissentano in meri-
attraverso gli oggetti che i loro portici mostrano,
to ad alcune definizioni, è evidente come per entrambi
che l’industria è rivale delle arti.8
la relazione tra il paesaggio mentale dell’interiorità e il paesaggio fisico dell’esteriorità sia un aspetto cruciale
Le Arcades non sono certamente la dimora dell’o-
della flânerie, benchè tale espediente letterario sia di
perosità e della frenetica vita cittadina della Parigi no-
molto precedente alla nascita del concetto stesso di
vecentesca. La possibilità di capirne l’essenza, “l’ar-
flâneur.
te” e “la magia”, è inversamente proporzionale alla
In campo filosofico infatti, molto prima di Benja-
professionalità, alla sistematicità con cui se ne affron-
min, Henry David Thoreau esplora approfonditamente
ta l’esplorazione. In altre parole, è possibile accedere
il soggetto nel saggio Walking9 in cui definisce la tec-
alla vera natura di questi spazi solo attraverso un at-
nica del sauntering, ovvero una forma di cammino che
teggiamento flâneuristico, la ricerca di un temporaneo
porta alla scoperta di sé e alla rigenerazione spirituale
passatempo per appassionati e principianti, e non il
Il legame con la flânerie è particolarmente evidente
deambulare macchinoso della routine quotidiana.
considerando le possibili origini del termine, rintraccia-
Spostandosi su un ulteriore piano metaforico, è
bili secondo Thoreau nel francese. Una delle possibili-
plausibile che Benjamin intendesse applicare questa
tà deriverebbe infatti dalla frase “sans terre”, indican-
stessa natura all’intera opera, sulla cui complessità,
do come colui che zoppica si senta a casa ovunque
frammentarietà e caoticità ancora ci si interroga: gli
e in nessun luogo, similmente al flâneur di Benjamin.
8. Canzone popolare parigina Chanson nouvelle, in “Nouveaux Tableaux de Paris”, 1829. (trad. it. a cura della candidata).
«De ces palais les colonnes magiques A l’amateur montrent de toutes parts, Dans les objets qu’etalent
leurs portiques, Que l’industrie est rivale des arts». 9. Henry David Thoreau, Walking, 1861 (ediz. it. a
cura di Franco Meli, trad. di Maria Antonietta Prina, Camminare, A. Mondadori, Milano, 1991).
1. Racconti, vettori e connessioni
generate unicamente dal bisogno di intrattenimento
51
L’arte del camminare di Thoreau è inoltre paragonabile
spirito romantico che vaga per Manhattan, Whitman
alla flânerie poichè essa non si pone come obbiettivo
trova rifugio tra i parchi della city e i flussi di gente di
la stimolazione dell’intelletto o del pensiero logico, ma
Broadway, centro della sua relazione intensa con la
piuttosto la generazione di uno stato mentale favo-
metropoli.
revole al pensiero spirituale e creativo, attitudine da 1.2 A Zonzo con affetto
amateur piuttosto che da studioso.
52
La folla è per Whitman ciò che la Natura era per i Romantici, il fulcro della sua scrittura, ovvero l’ambien-
Sebbene le camminate di Thoreau abbiano luogo
te in cui l’io del singolo si fonde con la moltitudine di
principalmente nei boschi o comunque in ambienti le-
possibilità dell’ambiente circostante. Più di ogni altra
gati alle sconfinate terre selvagge americane, una de-
cosa, il poeta è sempre alla ricerca della possibilità di
finizione su tutte esprime con chiarezza l’essenza di
unire l’interno con l’esterno ed eliminare le barriere tra
Walking: «[Queste sono camminate] che non abbiamo
sé e il mondo: le pratiche flâneuristiche di Whitman
mai intrapreso in questo mondo reale, che [sono] la
generano un punto di vista dinamico sulle molteplici
perfetta rappresentazione simbolica di percorsi che
prospettive della vita.
amiamo fare nel nostro mondo interiore, e se talvol-
Dichiarandosi poeta non solo della natura, ma piut-
ta, senza dubbio, troviamo difficoltoso scegliere la
tosto della natura umana, Whitman crea una forte con-
nostra direzione, è perché essa non esiste ancora
nessione tra la flânerie romantica di Baudelaire e la
distintamente nella nostra mente». Questa profonda
visione più moderna di Benjamin, mantenendo la sua
riflessione rende il pensiero di Thoreau importante per
individualità pur ritenendosi parte integrante del tutto
comprendere l’atteggiamento mentale del flâneur: per
che lo circonda.
10
il filosofo americano, camminare è un’attività dello spi-
Come Parigi per Baudelaire, New York incoraggia
rito tanto quanto del corpo. Egli stesso ammette di
l’empatia con i passanti incrociati per pochi secondi
essere stato a volte così distratto dai pensieri da non
«passeggiare a lungo senza mai fermarsi completa-
ricordarsi del luogo della camminata, e di averlo attra-
mente»11 e pone il poeta americano in una posizione
versato quindi solo con il corpo, ma non con la mente.
diversa rispetto al distaccato e freddo osservatore
Questo modo di pensare è particolarmente in linea
flâneur descritto anni dopo da Benjamin. Whitman però
con la flânerie: il flâneur infatti vive attivamente la sua
non ha strettamente bisogno di un relazione fisica di-
passeggiata, raccogliendo dall’ambiente circostante
retta con la folla per nutrire il proprio intelletto: narra-
tutto il nutrimento necessario per la sua crescita e
tore onnisciente, la sua poesia è libera di spaziare tra
l’analisi del mondo.
tutte le epoche, cosicché i segni del passato, del presente e del futuro risultino equivalenti. Secondo Whit-
Questa relazione tra interno ed esterno fa da
man infatti ogni persona, ogni cosa, rappresenta un
connessione tra la flânerie di Baudelaire e molti intel-
geroglifico nascosto da tradurre ed interpretare grazie
lettuali a lui contemporanei e non. In particolare Walt
all’osservazione: “guardare”, “scorgere” e “osservare”
Whitman può essere considerato un grande flâneur:
sono infatti verbi onnipresenti nell’intera opera del po-
10. Henry David Thoreau, Walking, 1861 (trad. it. a cura della candidata). «[there are walks] never yet taken by us through this actual world, which
[are] perfectly symbolical of the path which we love to travel in the interior world; and sometimes, no doubt, we find it difficult to choose our direction, be-
cause it does not yet exist distinctly in our idea». 11. Walt Whitman, Poets to Come, in “Leaves of grass”, 1891-92 (ediz. it. a cura di Giuseppe Conte,
Foglie d’erba, A. Mondadori, Milano, 1992). (trad. it. a cura della candidata). «sauntering along without fully stopping».
più vicino al narratore maniacale ed ossessivo di Poe
tica del vagare composta da suoni, sensazioni, perso-
che al libero pensatore baudelairiano. Come per L’uo-
naggi e odori raccolti direttamente dal mondo.
mo della folla, Miller è costantemente sotto l’influenza
Come per I Passages di Benjamin, anche con Whit-
di uno stato febbrile, un’angoscia che permea tutta
man ci si avventura tra descrizioni, dettagli ed elenchi
la modernità e che confonde le idee, costringendo il
di nomi e aggettivi, seguendo forzatamente il poeta
protagonista del Tropico del Cancro a vagare in ma-
nel suo vagare attraverso il tempo e lo spazio. Come
niera sconnessa e illogica, semplicemente trasportato
condotto per mano, il lettore guarda il mondo con gli
dalla corrente della folla piuttosto che padrone di se
occhi dello stesso Whitman e si ritrova a vivere la sua
stesso.
stessa flânerie post-romantica.
Alla maniera di Thoreau, Miller intraprende quindi ogni giorno un cammino alla ricerca di sé, cammino
Il quattro marzo 1930, Henry Miller, il più calzante
che spesso lo conduce verso i limiti della metropoli,
esempio di flâneur moderno, arriva a Parigi. Inizia così
dove le baraccopoli e i bassifondi paludosi rappresen-
la sua vita flâneuristica, esplorando giornalmente le
tano il cancro che divora la società, da cui il titolo
strade della città e annotando i suoi pensieri in una
dell’opera. Il malessere di Miller dilaga nei suoi scritti
serie di lettere che spedisce ogni giorno al suo amico
e nel suo essere flâneur, alimentato dal progressivo
Emil Schnellock. Da sempre contrario al lavoro dipen-
declino dell’America del ventesimo secolo, iniziato se-
dente e quotidiano, Miller decide di vivere una vita di
condo lo stesso autore a partire dalla morte di Walt
espedienti, scambiato spesso per uno studente in
Whitman. L’ammirazione di Miller per Whitman infatti
fase di ricerca. Sebbene inizialmente Miller intenda
rasenta l’emulazione: entrambi trascorrono la maggior
raccogliere le lettere in una guida personale alla cit-
parte della loro vita a New York, dando vita a scritti
tà di Parigi, successivamente le utilizza invece come
che si concentrano sulla catalogazione di semplici fatti
materiale principale per il suo progetto più celebre, il
quotidiani e personaggi rinnegati dalla buona società.
Tropico del Cancro, in cui, nonostante non rappresenti
I due però differiscono profondamente per quella ma-
propriamente il borghese elegante della Parigi nove-
lattia del ventesimo secolo che affligge Miller, eredità
centesca, Miller dimostra a suo modo i tratti principali
del mondo dell’industrializzazione senza scrupoli e dei
del flâneur di Benjamin.
disturbi psicologici in cui vive. Nonostante questa an-
La mentalità flâneuristica in questo caso si rico-
goscia, questo senso di alienazione, Miller continuerà
nosce particolarmente nello stato psico-fisico proprio
sempre a definirsi in profonda empatia con il pensiero
del protagonista, ovvero una trance tipica del dormive-
di Whitman.12
glia o del sogno grazie alla quale Miller può contempo-
Ciò che lo lega sicuramente al suo predecesso-
raneamente sia partecipare alla scena che osservarla
re è però l’importanza data da entrambi gli autori al
da una certa distanza. Questa è infatti la natura della
potere spirituale dell’atto fisico del camminare, fulcro
flânerie del ventesimo secolo, carica di alienazione e
della flânerie di ogni tempo. Secondo Miller, non è
disperazione, che affligge il flâneur moderno, molto
sufficiente una descrizione della città per introdurre
12. Henry Miller, Tropic of Cancer, 1934 (ediz. it. Tropico del Cancro, Feltrinelli, Milano, 1980).
1. Racconti, vettori e connessioni
eta e attraverso essi è possibile creare una gramma-
53
1.2 A Zonzo con affetto 54
il lettore nella storia, ma la a chiave dell’immedesima-
un’ulteriore valenza, parte integrante dell’esperienza di
zione sta invece nella rappresentazione puntuale dello
un luogo: ogni passo è un nuovo posto, un nuovo pre-
svolgersi dell’azione. Il lettore dev’essere posto nella
sente in cui vivere. Su questa concezione Miller crea il
condizione di partecipare direttamente all’esperienza
più flâneuristico dei suoi mantra: «Non sederti...conti-
del narratore, come se procedesse egli stesso nella
nua a mouverti».13
storia. La tecnica narrativa della flânerie consente tut-
Proprio nel Tropico del Cancro, Miller inizia ad uti-
to questo grazie a una rappresentazione fluida e con-
lizzare la mobilità mentale del flâneur, lasciando che i
tinua dei fatti, un monologo in cui la prima persona e il
suoi pensieri riempiano le strade di Parigi in modo che
tempo presente fanno si che narratore e lettore siano
egli, attraverso l’osservazione di ciò che lo circonda,
apparentemente un’unica persona. Questa tecnica, si-
possa interpretare l’ambiente esterno secondo la sua
milmente allo stream of consciousness di Joyce, fa sì
interiorità. La rappresentazione della scena non è più
che la narrazione di Miller risulti frammentata, caotica,
una semplice lettura dei fatti, ma piuttosto la decodifi-
più vicina alla velocità del pensiero che all’azione, ma
cazione del personale sistema di geroglifici dell’autore,
catturi il lettore nella rete di continue rêveries che ac-
ereditato a sua volta da Whitman. Il risultato finale è
compagnano il procedere dell’autore-narratore.
quindi un luogo che è sia parte integrante del raccon-
Un ulteriore elemento di relazione tra Miller e Whit-
to, sia un’analisi della mente dell’osservatore, in altre
man è sicuramente il valore della folla. Essa è infatti
parole un quadro di Parigi che Miller ha dipinto con le
un’entità fondamentale nei lavori di Miller poichè rap-
sue sensazioni.
presenta «la corrente della vita»13 di cui l’autore vuole
Questa estrema corrispondenza tra l’ambiente ur-
far parte nei momenti di disperazione: ogni qualvolta
bano e lo stato mentale dell’autore è certamente il
il suo pensiero si fa stagnante o stanco, bisognoso di
fulcro del concetto di flâneur nel ventesimo secolo:
stimoli, Miller si inoltra nella folla alla ricerca dell’ispira-
l’ambiente circostante è uno specchio in cui lo scritto-
zione. Questa “euforia” della fusione con il mondo è
re riflette le sue qualità, le sue sensazioni.
presente nei romanzi di Miller così come nella defini-
Il risultato finale, evidente in Tropico del Cancro, è
zione del flâneur di Benjamin: il narratore diventa parte
una narrazione molto legata al territorio, dove il confi-
della scena che osserva, in un rapporto di scambio
ne tra esterno ed interno è fortemente annebbiato e in
continuo tra il singolo e la folla.
cui il flâneur moderno si sente perfettamente a casa.
Come nella maggior parte della letteratura flâneur, è evidente come anche in Miller i luoghi non siano sol-
In conclusione, il flâneur può essere considerato un
tanto sfondo dell’azione, ma al contrario fungono da
passeggiatore colto che liberamente vagabonda per
vero e proprio collante per i suoi racconti frammenta-
le strade, filtrando l’ambiente circostante attraverso
ri. Infatti il suo processo creativo ha origine proprio
le sue sensazioni e lo stato d’animo del momento,
dal costante fluire dei pensieri attraverso la scena,
ricercando stimoli, speranze e risposte nello scambio
influenzati dall’ambiente e solo successivamente fis-
empatico tra se stesso e “gli altri”, o anche tra se
sati sulle pagine. L’atto del camminare si carica così di
stesso e l’ambiente in cui si trova.
13. Henry Miller, Tropic of Capricorn, 1939 (ediz. it. Tropico del Capricorno, Feltrinelli, Milano, 1980). (trad.
it. a cura della candidata). «the current of life» «Don’t sit down...keep moving».
oggi invece, volendo ritrovare questa stessa struttura,
Benjamin, proseguite con tutti gli altri autori della let-
avremmo difficoltà sin dall’inizio nel definirne un unico
teratura flâneur, l’esperienza della flânerie moderna
centro, così come nel continuare su un percorso line-
non si ferma più ai soli scopi artistici o narrativi ma si
are verso l’esterno senza incontrare interruzioni, vuoti,
avvicina sempre più all’analisi sociale, all’architettura
deviazioni o frammenti spaziali.
e all’urbanistica.
Passeggiare nella città d’oggi alla maniera di Bau-
Il concetto di flâneur infatti diventa fondamentale
delaire è molto complicato, per non dire impossibile,
per l’analisi dello sviluppo della modernità, tanto da in-
ma nonostante tutto lo spirito flâneuristico resta sem-
durre teorici e intellettuali ad utilizzare la flânerie come
pre insito nella natura umana di ogni tempo.
metodo per esplorare la città da un punto di visto sociologico e psicologico. L’ “andare a zonzo” moderno è quindi perfettamen-
1. Racconti, vettori e connessioni
Grazie alle teorizzazioni iniziate con Baudelaire e
te associabile al vagare flâneuristico, all’esperienza di una città passeggiata in cui prima si aggiravano gli artisti delle avanguardie e del dopoguerra, mentre oggi si incontrano culture provenienti da città diverse, ritrovando tante singole città nella metropoli globale. Se lo spazio urbano di ieri aveva infatti una struttura semplice, composta da un centro, una periferia di villette, e infine la campagna con il suo panorama,
55
La mappa del Capitano, illustrazione di Henry Holiday in The Hunting of the Snark, Lewis Carroll, 1876.
«Avea comperato una carta del mare Che un anno potresti fermarti a scrutare Ma mai troveresti la minima traccia di terra, felici di ciò i marinai:
“con simile mappa non ti sbagli mai!” “Che servono infatti di quel Mercatore i Tropici i Poli e perfino l’Equatore?” gridò il capitano “E le zone? Ed i gradi?”
“Son sol convenzioni!” annuì l’equipaggio “soltanto dei segni, inutili in viaggio!” “Ben strane son tutte le carte navali con quei promontori, quelle isole uguali:
1.3
dobbiam ringraziare così il Capitano” soggiunse la ciurma davvero convinta
“se abbiamo una carta di Nulla dipinta!”»1 Lewis Carroll, 1876
1. Racconti, vettori e connessioni
Tell me a map: storie metaforiche del mondo conosciuto
57
1.3 Tell me a map 58
Via dei canti della regione di lingua Warlpiri, Australia, 2000 d.C.
Si parta quindi dal bisogno più remoto dell’uomo,
essere umano sia in grado di vivere una vera avventu-
ovvero conoscere la realtà che lo circonda. Gli ampi e
ra. Il massimo che si può proporre è un organizzatissi-
desolati spazi in cui un primitivo poteva trovarsi han-
mo safari nella savana o la costosa prenotazione per
no indotto i primi esseri umani a segnare le strade, i
una giornata di rafting. Un singolo obiettivo precon-
luoghi di caccia, i confini, tutto il possibile per ridurre
fezionato, piuttosto che un percorso ponderato per
l’ignoto che li circondava ed assicurarsi così la soprav-
raggiungerlo.
vivenza. La mappatura e l’orientamento rispondono
La società tecnologica ormai ci offre tutto ciò di cui abbiamo bisogno, ci basta un moderno telefono
perciò alla precisa necessità di visualizzare il mondo e di spiegarlo ad altri dopo di noi.
cellulare e una connessione ad internet per cavarce-
Ovviamente tali indagini sul reale non potranno mai
la in ogni situazione: se ti sei perso c’è la geoloca-
produrre un risultato esattamente identico all’esisten-
lizzazione, se cerchi qualcosa in particolare c’è l’on
te, ed è per questo che ogni rappresentazione carto-
demand, se non sai cosa cucinare con gli avanzi c’è
grafica esprime non la verità assoluta, ma un punto di
un’app specifica e così via. Che tutto ciò sia motivo di
vista: Peter Turchi, scrittore, afferma che «To ask for a
orgoglio per la nostra epoca è indubbio: il progresso
map is to say, “Tell me a story”»2, una storia metafo-
tecnologico supporta sempre più l’esistenza umana e
rica sul mondo che conosciamo, frutto di esplorazioni
ne alleggerisce fatiche e problemi.
di vario genere e esperienze. Spostandosi nel campo
Questo da una parte.
letterario, egli descrive la pratica dello scrivere come composta da due fasi: la prima, è l’esplorazione, la
Come tutte le innovazioni, anche l’attuale stato
raccolta di materiale e note, ipotesi e bozze, la secon-
delle cose ha una seconda faccia della medaglia.
da è la presentazione, ovvero la creazione di un do-
Quando procediamo decisi verso il futuro, spesso
cumento attraverso il quale comunicare le connessioni
dimentichiamo un assunto fondamentale della teoria
tra gli elementi scoperti, guidando il lettore nel testo.
del progresso: l’introduzione di nuovi metodi e nuove
È in questo secondo momento che lo scrittore passa
abitudini porta inevitabilmente alla cancellazione delle
dal ruolo di esploratore a quello di guida, traccia un
pratiche precedentemente in uso per svolgere quelle
percorso (letterario) i cui limiti risiedono soltanto nelle
stesse azioni. In altre parole, l’essere umano fa po-
esperienze e nelle conoscenze personali dell’autore.
sto alle nuove abitudini eliminandone altre dalla propria
La scrittura di un’opera letteraria comporta quindi
memoria. Ciò significa che molto probabilmente fra
una stretta relazione con un territorio, sia esso reale
qualche secolo non ricorderemo come fare una cosa
o immaginario, la cui creazione procede di pari passo
che oggi è all’ordine del giorno, così come oggi abbia-
con la sua esplorazione e viceversa.
mo rimosso pratiche che pochi decenni fa erano la normalità.
In maniera simile, le storie più antiche, come i miti creazionisti e le leggende, altro non sono che argomentazioni su fenomeni che andavano oltre i limiti della comprensione umana del tempo, e che sono nate
1. Lewis Carroll, The Bellman’s Speech, in “The Hunting of the Snark”, 1876. (trad. it. a cura di mapsinliterature.it)
«He had bought a large map representing the sea,/Without the least vestige of land:/And the
crew were much pleased when they found it to be/A map they could all understand./“What’s the
good of Mercator’s North Poles and Equators,/Tropics, Zones, and Meridian Lines?”/So the Bellman
1. Racconti, vettori e connessioni
Al giorno d’oggi è impossibile immaginare che un
59
1.3 Tell me a map 60
In alto L’inizio del cammino (Walkabout), Nicolas Roeg, USA 1971.
In basso Aborigeno australiano nell’outback.
per dare un senso al mondo misterioso che circonda-
Il walkabout raccoglie tutti gli elementi del mondo
Se quindi si unisce il bisogno di conoscenza alla
crociano delineando la storia delle origini dell’umanità,
necessità di consapevolezza del territorio, si ottiene
la “storia del tempo del Sogno”. Più precisamente,
ciò che Turchi chiama “premapping”, ovvero mappe
ad ogni percorso corrisponde un canto e ogni canto
mentali in cui il un luogo è definito non tanto per il suo
richiama una storia primordiale legata al territorio. Pro-
aspetto oggettivo, quanto per l’esperienza sensibile
prio queste storie rappresentano le basi della cultura
che definisce. Un esempio altamente esplicativo di
aborigena australiana, tramandata di generazione in
ciò sono i walkabout, il sistema di percorsi di energia
generazione oralmente e celebrata dai percorsi erra-
spirituale secondo cui gli Aborigeni Australiani hanno
tici degli Antenati, che percorrevano lo spazio fisico
decifrato e mappato il territorio.
in maniera simbolica attraverso il rito del camminare e delineavano lo spazio simbolico attraverso l’azione
«Il fango si stacco dalle loro cosce, come la pla-
fisica del cantare.
centa da un neonato. Poi, come fosse un primo va-
61
gito, ogni Antenato aprì la bocca e gridò: “Io sono!”.
Nonostante i walkabout possano quindi sembrare
E questo primo “Io sono!”, questo primordiale dare
uno strumento di mappatura simbolica del mondo in-
nome, fu considerato, da allora e per sempre, il disti-
tero, in realtà la necessaria relazione tra cantore e
co più sacro del Canto dell’Antenato. Ogni Uomo del
oggetto del canto lascia intendere come le intenzioni
Tempo Antico mosse un passo col piede sinistro e
degli aborigeni non fossero così estese e globali, ma
gridò un secondo nome. Mosse un passo col piede
come al contrario i loro percorsi siano strettamente
destro e gridò un terzo nome. Diede nome al pozzo,
legati ad una dimensione locale e alla volontà di lo-
ai canneti, agli eucalipti: si volse a destra e a sinistra,
calizzare se stessi all’interno del vasto territorio au-
chiamò tutte le cose alla vita e coi loro nomi intessé
straliano. Le mappe derivanti dai walkabout non hanno
dei versi. Gli uomini del Tempo Antico percorsero tut-
nulla di accurato se non la descrizione dell’esperienza
to il mondo cantando; cantarono i fiumi e le catene
personale e, utilizzando una metafora di Turchi, sono
di montagne, le saline e le dune di sabbia. In ogni
«molto più simili ad un ritratto espressionista che ad
punto delle loro piste lasciarono una scia di musica.
una fotografia identificativa»2. I walkabout descrivono
Avvolsero il mondo intero in una rete di canto; infine,
solo una parte del territorio, quella sensibile, e tac-
quando ebbero cantato la Terra, si sentirono stanchi.
ciono sul resto, in quel momento non fondamentale.
Alcuni sprofondarono nel terreno, là dove erano. Altri
Filtrano la realtà e costituiscono così la loro personale
strisciarono dentro le grotte. Altri ancora tornarono
cultura originale, non decifrabile dall’esterno se non
lentamente alle loro Dimore Eterne, ai pozzi ancestrali
dopo le dovute precisazioni e indicazioni.
che li avevano generati. Tutti tornarono dentro.»
3
Questo è esattamente ciò che accade oggi, con le legende e le didascalie che accompagnano una rap-
would cry: and the crew would reply/“They are merely conventional signs!/“Other maps are such shapes, with their islands and capes!/But
we’ve got our brave Captain to thank/(So the crew would protest) “that he’s bought us the best/A perfect and absolute blank!”».
1. Racconti, vettori e connessioni
in storie/percorsi chiamati “le vie dei canti” che si in-
va i nostri antenati.
2. Peter Turchi, Maps of the imagination: the writer as cartographer, Trinity University Press, San Antonio, 2004.
3. Bruce Chatwin, The Songlines, 1987 (trad. it. a cura di Silvia Gariglio, Le vie dei canti, Adelphi, Milano, 1988).
1.3 Tell me a map 62
In alto Mappatura dei casi di colera durante l’epidemia, Jhon Snow, 1854.
In basso Una delle “mappe artistiche” del Warren Wilson College: The bovine walk, Gwen Diehn.
ciò che possiamo fare è sperare che il suo intento
una spiegazione riguardo il modo di intendere del car-
coincida con il nostro.
tografo e la sua visione, onde evitare di incorrere nello
A volte la rappresentazione cerca in tutti i modi di
stesso tipo di errori di valutazione che commisero i
annullare il divario inevitabile tra l’autore e il lettore, nel
primi coloni americani seguendo le mappe europee del
caso delle mappe di mediarlo attraverso convenzioni
Nuovo Continente, le quali non consideravano assolu-
e codifiche quali scala, orientamento e icone, in altri
tamente i territori indiani.
casi invece è proprio dal distaccamento da queste
Ciò che in quest’ultimo caso sembra essere un er-
convenzioni, dallo scivolamento verso una direzione
rore di valutazione in merito a cosa esplicitare e cosa
non premeditata, che spesso l’interpretazione amplia
tacere, è piuttosto il prodotto di quella che potremmo
il suo raggio di possibilità.
definire oggi un’attenta strategia comunicativa. Asse-
Esemplare in questo è il caso di John Snow, che
gnare ai vuoti le valenze più diverse lascia si all’os-
nella Londra in preda all’epidemia di peste del 1854
servatore un’opportunità per fermarsi a riflettere, per
decide di analizzare la malattia non attraverso carat-
spalancare la porta delle possibilità di interpretazione,
teristiche abituali quali durata, soggetti o intensità dl
ma fornisce anche un chiaro identikit del cartografo.
malessere, ma focalizzando l’attenzione sul dato ge-
Sul primo di questi concetti si fondano per esempio
ografico. È noto come Snow abbia identificato nelle
gli haiku, la più concisa delle formule poetiche, che
fontane pubbliche l’origine delle epidemie grazie ad
relazionano elementi naturali e immagini sensoriali
una mappa di diffusione degli appestati.
particolarmente penetranti, mentre nel secondo caso
È in questa modalità che la rappresentazione,
con il vuoto si dichiara un’intenzione politica prima che
fisica o immaginaria che sia, rivela la sua massima
geografica tipica dello spirito del colonialismo.
potenzialità: mostra ciò che nessuno ha mai visto e
Regole assolutamente implicite e codici cultura-
influenza così la prospettiva, o magari non mostra che
li fanno in modo che uno stesso argomento possa
alcuni aspetti, permettendo all’osservatore di leggere
essere reso in modalità differenti, e per esteso, che
il ritmo tra vuoti e pieni e interpretarlo secondo il pro-
«una mappa...non è che una delle tante mappe che
prio punto di vista. Probabilmente ciò che più si av-
potrebbero essere prodotte a partire dallo stesso in-
vicina a questa interpretazione espressionistica della
sieme di dati»4. Così come la nostra visione del mon-
rappresentazione è proprio un lavoro artistico: Gwen
do cambia più e più volte nel corso della vita, nel cor-
Diehn, artista americana, ha impiegato più di un anno
so della giornata, così il territorio viene rappresentato
nella creazione di “mappe artistiche” riguardanti i din-
ora preservandone le caratteristiche spaziali, ora quel-
torni del Warren Wilson College, rappresentando alberi
le sociali e così via, facendo in modo che ogni mappa
e fiumi, ma non i percorsi da seguire poichè, secondo
non sia altro che uno dei tanti strumenti per indagare
l’autrice, un cammino prestabilito è troppo limitante
la realtà. Come per la letteratura, non c’è limite all’in-
per le potenzialità dell’ambiente.
formazione che il cartografo può utilizzare se non il
Sulla base degli esempi sin qui affrontati, l’analisi
suo stesso obiettivo e la sua stessa esperienza, e
di Turchi porta ad una conclusione: il significato di ogni
4. Mark Monmonier, How to Lie with Maps, University of Chicago Press, Chicago, 1996.
1. Racconti, vettori e connessioni
presentazione cartacea del territorio: necessitiamo di
63
1.3 Tell me a map 64
Visualizzazione del percorso tra Londra e Holy Head. Britannia, John Ogilby, 1675.
cosa, che si tratti di arte, di letteratura o di vita reale, è sempre presente, ma si rivela solo da una determisto a tale osservazione. Questa predisposizione altro non è che l’abilità ad immaginare. Il primo passo verso una nuova visualizzazione, concreta o astratta, è sicuramente un’attività di costante messa in discussione delle regole e dei concetti sino ad ora dati per scontati. È ciò che ha fatto John Ogilby quando nel 1675 ha realizzato il primo vero atlante stradale d’Inghilterra.
1. Racconti, vettori e connessioni
nata prospettiva e solo se l’osservatore è predispo-
Il Britannia, oltre ad essere l’innovativa combinazione tra le road maps romane e le prose maps dei pellegrini medievali, spicca sicuramente per il suo metodo di presentazione:
«Abbiamo progettato su pergamene immaginarie, posizionando la città o il villaggio di partenza sempre nella parte bassa della pergamena più esterna a sinistra, mentre la strada risale verso la parte alta dello stesso foglio, poi dal basso della pergamena successiva risale nuovamente, e prosegue così finchè non termina in alto, nella pergamena più esterna a destra»5 Nella prefazione al volume, Ogilby spiega chiaramente al lettore la sua metafora, evitando così il disorientamento che sarebbe certamente scaturito dai continui cambi di orientamento della mappa. Questo disorientamento, tradotto in ambito letterario, altro non è che il più importante strumento dello scrittore: la possibilità di guidare il lettore, il viaggiatore, di volta in volta in maniera differente a seconda della diffusione delle informazioni e della sequenza di suggestioni visive presentate. La perdita dell’orientamento che preoccupava Ogil-
5. John Ogilby, Britannia Atlas, 1675. (edizione facsimile)
65
by acquista oggi una diversa e più complessa valenza,
va, la perdita dell’orientamento rispetto alla realtà e la
e nonostante guidatori e viaggiatori non possano fare
massima concentrazione dell’immaginazione sono un
a meno di affidarsi alle road map ieri, e ai navigatori
piacevole pedaggio da versare per l’accesso alla real-
satellitari oggi, tutti probabilmente apprezzerebbero
tà fittizia della storia. Un viaggio incerto e coinvolgente
una certo quantità di disorientamento.
in un territorio sconosciuto è una grande avventura
Il piacere del perdersi può essere ben compreso
1.3 Tell me a map
se si pensa al concetto di smarrimento del lettore in
66
tanto per chi viaggia con la fantasia che per chi utilizza le proprie gambe.
un libro. Lo stesso Turchi racconta un episodio causato dal famoso scritto di Italo Calvino Se una notte di
inverno un viaggiatore:
Artefice di questa architettura è un narratore non meglio identificato, che «cammina in un lungo corridoio, che sbircia nelle varie stanze dei suoi personaggi
«Ore dopo, ho richiuso il libro. Quando l’ho riaperto
in diverso momenti della loro vita, e a volte ci invita a
per rileggerne un passaggio non sono riuscito a ritro-
sporgerci oltre la soglia e dare un’occhiata noi stes-
varlo nel testo; dalla finestra le stelle ormai brillavano
si, ma senza mai lasciarci entrare completamente»2.
in un cielo nero. Avevo letto l’intero racconto senza
Il potere decisionale permette al narratore di scegliere
mai fare una pausa, neanche per accendere la luce.
quanto far entrare il lettore nella storia, se preclude-
Mi ero meravigliosamente perso in un libro.»
re alcune strade o lasciare la massima possibilità di
2
scelta, in ogni caso la sua scelta di rappresentazione Il perdersi in uno scritto è sicuramente una sensa-
influenza non solo il soggetto, ma anche la trama del
zione che gli amanti della lettura conoscono bene, e
racconto, considerando il termine trama secondo 1la definizione originale di «filo che costituisce la parte tra-
forse a volte inseguono. Lo slittamento della prospetti-
Nova et Aucta Orbis Terrae Descriptio ad Usum Navigantium Emendata, Mercatore, 1569.
abbandonarsi al libero cammino piuttosto che seguire
A seconda della “tessitura” quindi, il filato potrà
gli argini, e smarrire l’orientamento rispetto alle pro-
prendere orientamenti diversi, e la visualizzazione
spettive abituali spesso porta alla scoperta di nuovi
mostrerà aspetti diversi. Ovviamente, proprio per
orizzonti che vanno a popolare le fila delle possibilità.
uniformare i metodi di rappresentazione e cercare di
Daniel Defoe riassume in maniera esemplare questo
avvicinarsi all’utopia della “riproduzione fedele”, la sto-
concetto con una celebre frase dal Robinson Crusoe:
ria ha introdotto convenzioni e regole di cui sopra, e nel 1569 Mercatore crea una mappa basata su «una
«Quando iniziai a misurare il segno con i miei
nuova proporzione e una nuova organizzazione dei
piedi, li scoprii molto più piccoli di quanto credessi...
meridiani in relazione con i paralleli» . La proiezione di
Ciò riempì la mia testa di nuove immaginazioni.»
7
Mercatore ha dominato la cartografia fino alla fine del XX secolo, un risultato sorpendente se si considera
Lavorare sulla ridefinizione delle convenzioni, sull’in-
la sua iniziale natura di strumento ad uso esclusivo
novazione del senso comune e sul superamento delle
dei marinai. La mappa permetteva infatti ai navigatori
regole prestabilite non fa altro che ampliare l’orizzonte
di pianificare il viaggio grazie ad un semplice righello,
della realtà percepita.
ma nonostante l’utilizzo diffuso nei secoli non è una
Tolomeo definisce la geografia come «la rappre-
proiezione da definire perfetta. Le distorsioni create
sentazione figurativa di tutto il mondo conosciuto in-
da Mercatore aumentano man mano che si procede
sieme a tutti i fenomeni che vi sono contenuti»8, por-
allontanandosi dall’equatore, e quindi dalle principali
tando gli studiosi a focalizzare l’attenzione sia sulla
rotte del commercio del XVI secolo.
parola “conosciuto” inquanto indice dell’importanza da
Il paradosso della riduzione in piano di un ambiente
attribuire al concetto di scoperta ed esplorazione, sia
a tre (o quattro) dimensioni è una problematica co-
sul concetto di “tutto” e sulla necessità dei cartografi
mune tra il cartografo e lo scrittore, ma soprattutto
di rappresentare ogni cosa.
è la difficoltà che caratterizza la tensione dell’artista
La sfida della conoscenza globale del territorio cir-
visuale. L’impressionismo francese, più di ogni altra
costante, ha evidentemente origini antiche, si pensi a
corrente artistica ha rappresentato un momento fon-
Eratostene, bibliotecario della Biblioteca di Alessandria,
damentale nella storia della rappresentazione della
che circa nel 200 a.C. è stato il primo a calcolare la
realtà ed è bene noto che la battaglia per il ricono-
lunghezza del meridiano terrestre, o a Abraham Orte-
scimento degli artisti di tale corrente è stata tutt’altro
lius, che nel 1570 pubblicò il Theatrum Orbis Terrarum,
che semplice e breve. La forte operazione di rottura
oggi conosciuto come il primo atlante della storia, o al
con le convenzioni delle tecniche pittoriche tradizionali
più moderno caso di Thomas Jefferson, che dopo la
operata dagli impressionisti ha portato a decenni di
distruzione della Biblioteca del Congresso durante la
rifiuti e critiche, ma oggi le loro tele campeggiano nei
guerra del 1812, si impegnò in prima persona per la
più grandi musei del mondo.
ricostruzione, con la missione di «acquisire, organizza-
Un esempio questo di come rompere gli schemi,
6. http://www.treccani.it «trama s. f. [...] Nell’industria tessile, il filo (filo di trama) che costituisce la
parte trasversale del tessuto [...]». 7. Definizione fornita dallo stesso Mercatore.
re, preservare, proteggere e sostenere una raccolta
8. Claudio Tolomeo, Geographia, II sec. d.C. (prima trad. latina Jacopo d’Angelo, 1406).
1. Racconti, vettori e connessioni
sversale del tessuto»6.
67
1.3 Tell me a map 68
Mappamondo, Theatrum Orbis Terrarum, Abraham Ortelius, 1570.
69
1. Racconti, vettori e connessioni
1.3 Tell me a map 70
In alto Una zona di Boston vista con gli occhi di Dave: l’area residenziale è un grande vuoto asettico. Al centro La stessa zona secondo Ernest: lo spazio è caratterizzato dalla grande strada che crea una barriera e taglia in due l’area. In basso La visione di Ralph: dominano i luoghi relativi all’educazione scolastica frequentati dal ragazzo.
che topografie religiose proponevano una spiegazione
più grande raccolta del mondo sulla conoscenza uma-
geografica in linea con i concetti teologici, determinan-
na, un enorme tesoro ad uso del Congresso e delle
do così rappresentazioni cartografiche più simboliche
generazioni presenti e future»9, fino ad arrivare al con-
che realistiche, allo stesso modo, secoli più tardi, la
temporaneo progetto del World Wide Web.
parte del mondo che meglio conosciamo finisce per
La mancanza ideale di limiti alla conoscenza, porta
occupare una posizione di primo piano nella visione.
inevitabilmente alla creazione di auto-limiti, ovvero filtri
Probabilmente, la più calzante mappa mentale in que-
che attraverso i bisogni, i desideri e le emozioni defini-
sto senso è la Manhattanite’s view di Saul Steinberg,
scono una personale curiosità. La conoscenza globale
apparsa in una copertina del New Yorker del 1975.
si ridimensiona intorno ad una prospettiva individuale e arriva a rappresentare non l’intera realtà, ma piut-
In maniera implicita o esplicita, le esperienze diret-
tosto una versione mentale della stessa, ugualmente
te che caratterizzano le giornate della nostra vita, oc-
complessa e concreta.
cupano allo stesso modo il tempo concreto quotidiano
Queste mappe mentali riguardano non soltanto la
e le percezioni mentali di tale tempo. La vita professio-
cartografia, ma anche la psicologia, la psichiatria e la
nale, per esempio, determina un filtro tale per cui un
sociologia, nonché l’urbanistica e l’architettura, poiché
medico sarà sempre portato ad evidenziare cicatrici o
hanno la fondamentale caratteristica di includere si la
simili evidenze sul volto del suo interlocutore, mentre
successione fisica dei percorsi e delle strade che im-
una parrucchiera ne noterà il cambio di pettinatura e
magazziniamo nella nostra mente, ma soprattutto la
così via.
nostre impressione generale su questi luoghi. Nel libro
Il vissuto influenza a tal punto la visione della realtà
“Mental Maps” Peter Gould e Rodney White riportano
da determinare la nascita di “micro-mondi” corrispon-
i disegni di una zona di Boston ad opera di tre giovani
denti a ciascun essere umano: le mappe mentali così
abitanti del posto, dimostrando che pur riguardando la
create costituiscono un vasto atlante, talmente com-
stessa area, le tre visioni della realtà sono completa-
plesso e specifico da essere decifrabile solo dall’au-
mente differenti. Infatti, nella prima rappresentazione
tore stesso, il quale, inconsciamente o volutamente,
la zona residenziale è un grande vuoto asettico, nella
abita ogni giorno il mondo da lui stesso creato.
seconda l’attenzione si focalizza sulla barriera creata dalla strada principale, mentre nella terza dominano i luoghi relativi all’educazione scolastica.
Lo stesso Turchi dichiara «Tracciamo le nostre città, in questo modo tracciamo noi stessi. Tracciare il mondo intorno a noi equivale a rivelare noi stessi, le
Esperimenti simili dimostrano come la percezione
nostre priorità, i nostri interessi, i nostri desideri, le
di un luogo, l’immagine della realtà e le relazioni tra
nostre paure e i nostri pregiudizi. Crediamo di map-
elementi del territorio non sono che stati mentali, la-
pare la nostra conoscenza, ma in realtà mappiamo
yer che ogni essere umano sovrappone a seconda
ciò che vogliamo vedere, e ciò che vogliamo che gli
delle proprie esperienze personali. Così come le anti-
altri vedano. In questo senso, ogni mappa è il riflesso
9. Thomas Jefferson occupa inoltre un posto d’onore nella storia dei primi anni della Biblioteca del Con-
gresso, firmando personalmente la prima legge che ne regolava la struttura, il 26 Gennaio 1802.
1. Racconti, vettori e connessioni
completa della storia e della creatività americana, la
71
1.3 Tell me a map 72
2 View of the World from 9th Avenue, Saul Steinberg, 1975.
e definire una metodologia di indagine della metropoli,
ta.»
2
è stato a lungo il desiderio che ha animato le esperien-
La realtà soggettiva di ogni essere umano si trova
ze artistiche come il dadaismo, il surrealismo, il lettri-
quindi ad incrociare, o scontrare, non solo la realtà
smo e la land art. A partire dal 1921 gli artisti, i filosofi
fisica, ma anche il prodotto delle percezioni altrui.
e i teorici di tutto il mondo hanno infatti sperimentato
Rita Carter, scrittrice specializzata nelle scienze
un nuovo tipo di arte, meglio definibile come anti-arte,
della mente umana, descrive come ogni cervello co-
con l’obiettivo di indagare i nuovi valori della moderna
struisca il mondo in maniera singolare, percependo gli
identità cittadina.
elementi esterni secondo i propri recettori emotivi e restituendo immagini che partono da un identico punto ma vengono elaborate diversamente a seconda del soggetto.10 Come pixel che compongono un’immagine,
1. Racconti, vettori e connessioni
dell’individuo o del gruppo di individui che l’ha genera-
allo stesso modo il prodotto dell’osservazione è un risultato del tutto personale, prodotto delle esperienze pregresse e di una specifica attività sensoriale. Elemento fondamentale dell’attività percettiva è quindi la capacità mnemonica. Il conforto emotivo derivante dalla memoria fa si che l’archivio mentale non sia una raccolta sistematica di elementi ordinati, ma piuttosto una mappa del tesoro in cui ricordi, speranze ed emozioni sono frammenti di un vaso «con più buchi che argilla»2. Nonostante questa conoscenza a volte così personale e privata, resta diffuso il desiderio di condividere il proprio punto di vista nonché scoprire quello degli altri. Partire da un fronte comune da un lato rende la realtà meno complessa, dall’altro permette di interagire con realtà diverse dalla propria, aggiungere
layer alla percezione del singolo e scoprire mondi paralleli, prima sconosciuti, magari proprio dietro l’angolo di casa propria, rispondendo così alla curiosità insita naturalmente in ogni essere umano. Trovare una risposta a questo bisogno fondamentale
10. Rita Carter, Mapping the Mind, University of California Press, Berkeley, 1998.
73
2 The Naked City, Guy Debord, Parigi 1957.
La città percorsa Nel corso di pochi anni la città si è trasformata da palcoscenico della velocità e della modernità futurista in spazio del banale e del ridicolo con cui i dadaisti criticano la società borghese e istituzionale. Anni dopo i surrealisti abbandonano la polemica
dada e cercano nell’ambiente urbano delle influenze positive, in cui ritrovano le potenzialità generative dell’inconscio e delle relazioni empatiche. In seguito i lettristi riprendono la lotta anti-borghese e anti-capitalista, promuovendo la riappropriazione della città da parte dei cittadini attraverso avventure ludiche e libere, e dagli stessi presupposti parte Costant che con New Babylon progetta un unico grande corridoio ideale che attraversa la città e il mondo intero. Il 1967 è poi l’anno del camminare: in Inghilterra Long realizza A Line Made by Walking, riproponendo un spazio che subisce influenze primitive e arriva all’origine dell’arte e dell’architettura, ai menhir e ai percorsi rituali, mentre negli Stati Uniti Smithson invita il pubblico a intraprendere in sua compagnia un Tour
of the Monuments of Passaic, un’esplorazione dei paesaggi industriali e delle zone abbandonate in cui la natura ritrova un nuovo stato selvaggio, sfuggito al controllo dell’uomo.
75
Visite dada St Julien le Pauvre. 14 avril 1921, Coll.Timothy Baum, NY copia.
2. La città percorsa
1921: Dada e il ready made urbano
77
« Oggi alle 15 nel giardino della chiesa di SaintJulien-le-Pauvre [...] Dada inaugura una serie di escursioni a Parigi, invita gratuitamente amici e nemici a visitare le dépendances della chiesa. Sembrerebbe infatti che si possa trovare ancora qualche cosa da scoprire nel giardino, seppure sia già noto ai turisti. Non si tratta di una manifestazione anticlericale, come si sarebbe tentati di cre-
2.1
dere, ma piuttosto di una nuova interpretazione della natura, applicata questa volta non all’arte, ma alla vita».1
Comunicato stampa della prima visita
2.1 1921: Dada e il ready made urbano 78
Il volantino distribuito ai passanti nei pressi della Chiesa di Saint Julien-LePauvre.
volgimento degli artisti futuristi nelle situazioni della
tra alle tre del pomeriggio davanti alla chiesa di Saint-
vita reale, la loro ricerca si è fermata alla rappresen-
Julien-le-Pauvre e inaugura la serie delle escursioni
tazione di quei flussi, di quelle luci e quei rumori. I
urbane in luoghi banali. Questa visita apre la Grande
futuristi non intervengono nell’ambiente urbano, ne
Saison Dada, ovvero una serie di operazioni pubbliche
parlano e lo comunicano ma le loro serate si svolgono
che avrebbero dovuto dare nuovo slancio all’intero
principalmente negli ambienti letterari, e ad esclusione
gruppo, al momento in una periodo di stanchezza e
di qualche rissa o comizio (eventi spesso coincidenti)
polemiche interne.
non lasciano mai le gallerie d’arte o i teatri.
Nonostante i giudizi scettici di Andrè Breton, la vi-
Tristan Tzara aveva già dichiarato nel Manifesto del
sita a Saint-Julien è tutt’ora ricordata come uno dei
1916 che Dada è «decisamente contro il futuro»2 e
momenti più importanti non soltanto per la storia del
le azioni urbane degli anni venti sono ben lontane dai
movimento, ovvero poiché segna il passaggio dal chiu-
dettami del Futurismo: la città dadaista ha dismesso
so all’aperto, dalle sale di spettacolo come il Cabaret
la tecnologia in luogo della banalità e della semplicità,
Voltaire alla strada pubblica: rappresenta il principio di
d’altra parte è noto come lo stesso nome del gruppo
una trasformazione cruciale per tutto lo stato dell’arte
volesse riferirsi anche ai suoni gutturali infantili, pri-
contemporanea, che infatti dal 1921 in poi seguirà i
mo e semplice tentativo di comunicazione dell’esse-
passi delle visite per attraversare l’intero secolo nel
re umano. Attraverso l’interesse per gli spazi urbani
nome dell’anti-arte.
insulsi e banali, Dada rinnova la sfida all’arte sublime e contemporaneamente promuove il ricongiungimento
Il ready made urbano segna il passaggio dalla rap-
tra questa e la vita quotidiana.
presentazione di un’azione all’azione concreta, da
La prima visita si svolge a Parigi non casualmente:
compiere quindi nella vita quotidiana. Le tematiche del
gli artisti scelgono dichiaratamente la città del flâneur,
moto e della velocità ereditate dal Futurismo conti-
riconoscendolo come esempio di ribellione alla moder-
nuano ad essere oggetto di ricerca per tutte le avan-
nità ed elevandone il vagabondare curioso ad opera-
guardie successive, impresse sulla tela, raccontate in
zione estetica. Il passeggiare descritto da Benjamin
prosa o in poesia, ma con Dada per la prima volta
negli anni venti è utilizzato come emblema di una for-
esse vengono non solo rappresentate ma praticate.
ma d’arte strettamente in relazione con la vita reale e
Con la visita dadaista l’azione del percorrere lo spazio
il territorio concreto. Questa particolare accezione di
ritorna ad essere forma estetica pura, e attacca il
Parigi sarà poi ripresa anche dai successivi surrealisti
sistema dell’arte canonica ritornando al grado zero,
e dai situazionisti.
primario obiettivo del movimento.
Sebbene la visita a Saint-Julien-le-Pauvre sia stato
Secondo Dada, fino a quel momento l’arte si era
il secondo tentativo di ready made urbano, a seguito
limitata a descrivere la città del futuro, spazio attra-
del meno riuscito predecessore, il Woolworth Building
versato da energia, da luci e rumori, dominato dalle
di New York proposto da Duchamp nel 1917, la gita
macchine e dalle industrie, e nonostante il forte coin-
parigina è stata la prima operazione simbolica che at-
1. Jacques-Yves Conrad, Promenade surréaliste sur la colline de Montmartre,
University of Paris III: Sorbonne Nouvelle Center for the Study of Surreali-
sm, 2008. 2. Tristan Zara, Manifesto Dada, 1918.
2. La città percorsa
Il 14 aprile 1921 il gruppo Dada parigino si incon-
79
2.1 1921: Dada e il ready made urbano 80
In alto Saint Julien-le-Pauvre, Quartiere Latino, Parigi.
In basso Foto del gruppo surrealista nel giardino di Saint Julienle-Pauvre.
tempo si prestava all’attuazione dello spaesamento
come per il Woolworth Building appunto o in generale
dadaista, trovandosi in pieno Quartiere Latino e quindi
per tutte le operazioni artistiche dadaiste, dal Bottle
sotto gli occhi di tutti ma mai davvero osservato. Nella
Rack alla Fountaine, ma ad uno spazio, per giunta
scelta del sito si evidenzia un ulteriore punto chiave
vuoto. In questo modo Dada riprende il principio della
delle visite dadaiste, ripreso anch’esso delle avanguar-
decontestualizzazione utilizzato per portare gli oggetti
die successive, ovvero il bisogno di porre l’accento su
banali nello spazio dell’arte, e lo applica per portare
luoghi familiari, ma allo stesso tempo sconosciuti per
invece l’arte nei luoghi banali della città, attraverso i
dimostrare come l’esplorazione della città e la conti-
corpi degli stessi artisti.
nua scoperta della realtà sia possibile ovunque, nel giardino dietro casa o nel cuore pulsante della città
Un’intento simile era già stato avvertito nelle in-
nota.
stallazioni scultoree dadaiste nei parchi e nelle piazze
Con le visite nel banale e nell’insolito Dada da il via
pubbliche, ma solo con la visita vengono indagate pro-
ad una lunga serie di operazioni psicologiche urbane
fondamente le potenzialità del territorio urbano reale:
e alle applicazioni sul territorio delle teorie freudiane
non è abbastanza intervenire sul luogo con un ogget-
dell’inconscio, sottolineando concetti che troveranno
to, o spostare il luogo in ambienti artistici attraver-
il loro maggiore sviluppo solo successivamente, con
so una qualche rappresentazione dello stesso, Dada
surrealisti, lettristi e situazionisti.
porta concretamente l’arte nel luogo senza compiere alcuna operazione materiale, senza lasciare testimonianze ad esclusione del materiale informativo e pubblicitario legato all’operazione. In questo senso è probabilmente rappresentativa una delle fotografie scattate quel 14 aprile: il gruppo di artisti posa immobile nel giardino vuoto e incolto della chiesa di Saint-Julien. Lo scatto racconta nella sua semplicità tutto il valore delle visite: il soggetto della foto è anche il soggetto dell’operazione, i dadaisti non fanno nulla di particolare se non essere li, in quel preciso spazio, e attraverso la sola presenza, cosciente e consapevole, agiscono. L’azione è la visita, nient’altro. La scelta del luogo deve aver quindi rappresentato un punto fondamentale per la pianificazione dell’operazione, ma non è noto chi avesse proposto esplicitamente la chiesa abbandonata di Saint-Julien. Sicuramente quello spazio si adattava perfettamente ai concetti di banalità e semplicità, poco noto e circondato da un terreno spoglio e brullo, e allo stesso
2. La città percorsa
tribuisce espressamente valore non ad un oggetto,
81
AndrĂŠ Breton, 3 mannequins et le groupe surrĂŠaliste, Wiliam Klein, Paris 1959.
« [...] Ma su quali strade partire? Su strade materiali, era poco probabile; su strade spirituali, le vedevamo male. Rimane il fatto che ci è venuta l’idea di combinare questi due tipi di strade. Di qui un deambulare a quattro, Aragon, Morise, Vitrac e io, intrapreso verso quest’epoca, partendo da Blois, città tirata a sorte sulla carta. [...] L’assenza di ogni scopo ci distacca assai presto dalla realtà, fa levare sotto i nostri passi fantasmi sempre più
2.2
numerosi, sempre più inquietanti. L’irritazione sta sempre più in agguato e capita persino che Aragon e Vitrac vengano alle mani.»1
André Breton, 1952
2. La città percorsa
1924: la città inconscia dei surrealisti
83
2.2 1924: la città inconscia dei surrealisti 84
Tre anni dopo la visita a Saint-Julien-le-Pauvre, men-
una volta sullo svolgimento dell’azione in sè e non sul
tre le manifestazioni Dada continuavano a riscuotere
perché essa avvenga, ma a differenza dell’escursione
sempre meno successo e i rapporti con Tzara inizia-
dadaista essa viene praticata in un territorio vuoto ed
vano ad incrinarsi, il gruppo formato da Aragon, Breton,
esclusivamente extra-cittadino. La “deambulazione”,
Morise e Vitrac organizza un’altra azione artistica con-
definibile come semplice “locomozione”3 e non come
creta nella realtà. Nel maggio 1924 partono da Parigi
percorso mirato4, si svolge quindi nei boschi e nelle
verso Blois in treno, meta scelta casualmente su una
campagne, identificati come luoghi che per vastità e
mappa, e decidono di continuare a piedi il percorso
isolamento avvicinano il reale all’onirico. In questo sen-
da li verso Romorantin. Questa operazione parte cer-
so, l’azione surrealista si avvicina in particolar modo al
tamente dal concetto della visita, ma se ne distacca
mito dell’erranza delle culture primitive, in cui l’archeti-
principalmente per ciò che riguarda la tipologia di azio-
po di uno spazio vivo, attivo e pulsante, è in scambio
ne intrapresa: non si tratta di incontrarsi in un luogo
continuo e reciproco con gli abitanti. La deambulazione
prescelto, ma piuttosto di compiere un percorso erra-
è empatia che genera nuovi livelli di conoscenza: il ter-
tico, specialmente in territorio naturale.
ritorio attraversato evoca immagini e ricordi di altri luo-
L’evento si trasforma presto nell’incipit del percor-
ghi e «trasporta l’essere in uno stato di incoscienza»5,
so iniziatico che porta Dada verso il Surrealismo. Bre-
è il mezzo per entrare in contatto con la realtà profon-
ton stesso ricorda il «deambulare a quattro [come]
da dello spazio, visibile solo dopo lo spaesamento e la
un’esplorazione ai confini tra la vita cosciente e la
perdita del controllo, un’ipnosi dovuta alla natura del
vita di sogno»1 in cui i quattro artisti hanno trascorso
luogo, vasto e disabitato, ai confini del reale (urbano)
il tempo, e lo spazio, conversando e camminando. È
normalmente conosciuto.
da queste conversazioni che Breton trae spunto per
Come avvenne per le visite dadaiste, così anche
scrivere, al rietro, l’introduzione di Poisson Soluble, ciò
le deambulazioni surrealiste si sono concluse dopo il
che poi diventerà il manifesto del Surrealismo. In esso
primo tentativo, sebbene la “passeggiata” ai margini
è contenuta la prima definizione ufficiale del termine
della città resta un metodo fondamentale per l’esplo-
come «automatismo psichico puro col quale ci si pro-
razione della parte “inconscia” di Parigi.
pone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto,
Nello stesso anno infatti Aragon pubblica una spe-
sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del
cie di guida al meraviglioso quotidiano della città mo-
pensiero».2
derna realizzata invertendo i fattori della deambulazio-
Il viaggio verso Romorantin, intrapreso senza uno
ne, ovvero descrivendo la con gli occhi di un contadino
scopo preciso, è quindi paragonabile alla scrittura au-
che passeggia per le strade della metropoli. Le paysan
tomatica surrealista, svolta però nello spazio reale
de Paris è la descrizione di quei luoghi ogni giorno igno-
piuttosto che sulla carta. L’accento è posto ancora
rati, offuscati dai flussi degli itinerari turistici istituzio-
1. André Breton, Entretiens, 1952. 2. André Breton, Manifeste du Surréalisme, 1924 (trad. it. Manifesti del Surrealismo, Einaudi, Torino, 1987). 3. http://www.treccani.it «deambulazióne s. f. [dal lat. deambulatio -onis,
propr. «il passeggiare»; v. deambulare]. La locomozione (detta comunem. andatura o cammino) propria dell’uomo e di molti vertebrati superiori, consistente nell’alterno spostamento in avanti dei quattro arti nei quadrupedi
e nei quadrumani, dei due arti inferiori nell’uomo». 4. http://www.treccani.it «percórso s. m. [der. di percorrere, formato sul part. pass. percorso]. [...] b. Il tratto di strada, o di mare, o di spazio aereo che si percorre, che
viene cioè attraversato per spostarsi da un luogo a un altro, per effettuare un viaggio o per altro scopo, con riferimento al suo particolare tracciato». 5. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino,
traversato lo spazio urbano ed è proprio attraverso
sorprese inaspettate. È proprio ne Le paysan de Paris
questa operazione che i surrealisti dimostrano come
che viene proposta un’ulteriore costante della visione
anche il banale deriso dai dadaisti nasconda un nuovo
che i surrealisti hanno della realtà circostante: Parigi
mondo tutto da scoprire, tanto complesso quanto lo
è un mare, agitato e enorme, ma è anche contempo-
è la stessa mente umana. L’esplorazione surrealista è
raneamente sicuro grembo materno da cui trarre linfa
quindi un’investigazione psicologica del rapporto con
vitale. La città è un liquido amniotico in cui possono
il territorio urbano, in cui la città è un organismo che
nascere incontri, scontri e scoperte che definiscono
genera luoghi “meravigliosamente quotidiani”7, ovve-
la nostra esperienza di vita.
ro quelle parti che sfuggono al progetto istituzionale
Unendo a quest’ultimo i concetti precedenti, ov-
dell’organizzazione spaziale, e il camminare inconscio,
vero la tecnica della deambulazione inconscia e la re-
ovvero automatico e senza meta, è un mezzo attra-
lazione con il territorio empatico, Breton immagina di
verso cui farne esperienza.
poter definire un metodo per comprendere gli effetti
Nonostante il passo avanti fatto dall’esperienza
della città sul cittadino e progetta così di disegnare
surrealista rispetto alle basi poste da Dada, anche in
le mappe influenzali, ovvero delle cartine basate sulle
questo caso le avanguardie successive criticheranno
variazioni della percezione che si ha di questo o di
le precedenti come non abbastanza assennate, so-
quel luogo. L’artista associa ai posti “amati” il colore
prattutto per ciò che riguarda la ricerca dell’anti-arte,
bianco, ai posti “da evitare” il nero e lascia in grigio
motivo primario dell’intero periodo. I lettristi e i situa-
tutte quelle zone risultanti dalla compresenza delle
zionisti partiranno ancora dai concetti surrealisti per
due sensazioni: il risultato sono delle strade arricchite
portare alle estreme conseguenze sia l’arte collettiva,
di senso, in cui «se prestiamo un minimo di attenzione,
con una valenza estremamente rivoluzionaria, sia la
potremmo riconoscervi zone di benessere e di males-
pratica esplorativa del camminare erratico.
sere che si alternano, e di cui potremmo arrivare a stabilire le rispettive lunghezze»6. Quest’analisi psico-sociale non sarebbe possibile se il surrealismo non si appoggiasse alla nascente dottrina psicanalitica, secondo la quale tutte le cose hanno origine da altre, ben nascoste oltre la superficie. I territori dell’inconscio, luoghi preferiti delle deambulazioni, sono proprio la concretizzazione di questo concetto: è convinzione diffusa infatti che come la psicanalisi attraversa la mente, così possa essere at-
2006. 6. André Breton, Pont Neuf, in La clé des champs, Éditions du Sagittaire, Parigi, 1953. 7. Louis Aragon, Le paysan de Paris, Gallimard, Parigi, 1926 (trad. it. di Paolo Caruso, Il paesano di Parigi, Il
saggiatore, Milano, 1996). «Aurai-je longtemps le sentiment du merveilleux quotidien? Je le vois qui se perd dans chaque homme qui avance dans sa propre vie comme dans un chemin de mieux en mieux pavé, qui avance dans
l’habitude du monde avec une aisance croissante, qui se défait progressivement du goût et de la perception de l’insolite». «Avrò ancora per molto il sentimento del meraviglioso quotidiano? Lo vedo
smarrirsi in ogni uomo, che avanza nella propria vita come in un cammino sempre meglio lastricato, che avanza nell’abitudine con crescente disinvoltura, che man mano si libera del gusto e della percezione dell’insolito».
2. La città percorsa
nali, che nascondono però frammenti di vita vissuta e
85
I membri della nascente Internazionale Situazionista, Ralph Rumney, 1957.
2. La città percorsa
1950: lettristi e situazionisti in città
87
«La formula per rovesciare il mondo, noi non l’abbiamo cercata nei libri, ma andando in giro [...] Insieme a quattro cinque persone poco raccomandabili [...] Quelle che avevamo compreso, noi non siamo andati a dirlo alla televisione. Non abbiamo
2.3
aspirato a sussidi della ricerca scientifica, nè agli elogi degli intellettuali. Noi abbiamo potato l’olio là dov’era il fuoco»1
Guy Debord, 1978
2.3 1950: lettristi e situazionisti in città 88
Publicité, Gil J. Wolman in “Les Lèvres Nues” n.7, 1955.
spaesamento totale».3
Wolman, Michèle Bernstein, Mohamed Dahou, Jacques
Se principalmente la deriva è un’attività ludica col-
Fillon e Gilles Ivain da vita all’Internazionale Lettrista
lettiva, attraverso essa i lettristi hanno la possibilità di
per «lavorare alla costruzione cosciente e collettiva di
indagare il concetto di psicogeografia, ovvero la valu-
una nuova civiltà» e focalizzare ancor più l’attenzione
tazione degli effetti psichici che il contesto urbano ha
sulla necessità di un’azione concreta.
sugli individui. Ma la deriva è anche la proposta di uno
2
La prima di queste azioni riguarda la messa in pra-
stile di vita alternativo per abitare la città, attraverso
tica di una teoria, fondata sulla scia dell’erranza urba-
la costruzione di nuovi comportamenti dichiaratamen-
na portata in luce dalle avanguardie precedenti, che
te mirati sia alla battaglia contro la cultura borghese
spinge i lettristi a trasformare i romanzi surrealisti sul-
che al superamento del surrealismo. In particolare, la
la città inconscia e i luoghi marginali in vere e proprie
scelta di effettuare le deambulazioni in campagna e
guide turistiche con relativi formulari d’uso delle città
non in città viene giudicata in maniera molto negati-
stesse. Nel 1955 Jacques Fillon scrive la Description
va dai lettristi, che ne riconosco le potenzialità come
raisonnée de Paris (Itinéraire pour une nouvelle agen-
forma d’arte collettiva nonché come chiara dichiara-
ce de voyages), una guida breve agli itinerari esotici e
zione di anti-arte, ma ne sottolineano anche gli errori:
multietnici che partono dal quartier generale lettrista
il fallimento della deambulazione è dovuto secondo
in Place Contrescarpe e, a piedi, conducono in diversi
loro all’eccessiva importanza data dai surrealisti all’in-
luoghi della città.
conscio e alla casualità, categorie che sono ancora
Sarà quindi l’Internazionale Lettrista, che diventerà Internazionale Situazionista nel 1957, ad elevare il perdersi vagabondando a tecnica di anti-arte per eccellenza.
presenti nella concezione lettrista ma non così preponderanti. Sarà in particolare Guy Debord a raccogliere le fila della ricerca lettrista e ad ampliarne la portata. Due
Il passeggiare, metodo indicato dai lettristi per
anni dopo Gilles, nel 1955, egli scrive l’Introduction à
sovvertire la società del dopoguerra, prigioniera del
une critique de la géographie urbaine, in cui definisce
sistema capitalistico e tradizionalista, non è nomina-
puntualmente i metodi sperimentali per «l’osservazio-
to più “visita”, nè “deambulazione”, con il Lettrismo
ne di alcuni processi del caso e del prevedibile nelle
prende il nome di dérive.
strade».4
Il primo saggio in cui il termine compare chiaramen-
La deriva lettrista è infatti un metodo d’indagine
te è il Formulaire pour un Urbanisme Nouveau, scritto
chiaramente definito che riconosce nella città reale il
nel 1953 dal giovane Ivan Chtcheglov, ovvero Gilles
suo campo d’azione e si distacca dal punto di vista
Ivain, il quale dichiara che, in una città dinamica e mu-
estremamente soggettivo della deambulazione per
tevole in cui è auspicabile «un allargamento razionale
proporre così una lettura metodica dello spazio urba-
della psicanalisi a beneficio dell’architettura, [...] l’atti-
no, terreno passionale oggettivo e non solo soggetti-
vità principale sarà una deriva continua. Il cambiamen-
vo-inconscio. Per questo motivo, quanto i surrealisti si
to di paesaggio di ora in ora sarà responsabile di uno
appoggiavano alla psicanalisi e al valore da essa attri-
1. Guy Debord, Œuvres cinématographiques complètes, Gallimard, Parigi, 1994.
2. Andrea Chersi (trad. di), Internazionale Situazionista 1958-69, Nautilus/ Stamparte, Torino, 1994.
3. Ivan Chtcheglov (alias Gilles Ivain), Formulaire pour un Urbanisme Nouveau, 1953, in “Internationale
Situationniste”, 1958. 4. Guy Debord , Introduction à une critique de la géographie urbaine, in “Les
2. La città percorsa
Nel 1952 il gruppo composto da Guy Debord, Gil
89
90
MĂŠmoires, metagrafia, Guy Debord, 1957.
2.3 1950: lettristi e situazionisti in cittĂ
nel camminare in gruppo, reagendo ai possibili stimoli
za in luogo di una costruzione pratica e concreta del
lungo il percorso, trascorrendo il tempo nei locali e
nuovo stile di vita antiborghese. La fuga dal reale tipi-
discutendo della tanto desiderata rivoluzione contro la
camente surrealista non trova perciò innesti nelle te-
vita borghese e il sistema dell’arte. Influenzata dalla
orie lettriste: la deriva è sperimentazione diretta sulla
battaglia dadaista per l’anti-arte, la deriva rifuggiva in-
città che non genera una separazione tra vita reale e
fatti l’etichetta artistica con la fugacità e la semplicità
vita immaginaria ma è piuttosto un tentativo di perfe-
che caratterizzavano lo svolgimento delle attività, di
zionamento e controllo della realtà, attraverso azioni
cui non restava traccia se non nel presente. Dabord
che abbracciano tutta la quotidianità e situazioni pra-
stesso elenca alcune delle operazioni urbane come
tica, che non si fermano al sogno o all’immaginazione.
per esempio «la deriva statica di una giornata senza uscire dalla Gare Saint-Lazare [...] l’appuntamento
Nel 1956 lo stesso Debord firma il manuale lettri-
possibile [...] e altri scherzi, considerati di dubbio gu-
sta intitolato Théorie de la dérive, e determina una
sto, che sono sempre in voga e ben visti nel nostro
volta per tutte il distacco dalle concezioni surrealiste
ambiente, come, ad esempio, introdursi nottetempo
affermando che nelle derive «la parte di aleatorietà
nei piani delle case in demolizione o percorrere Parigi
è meno determinante di quanto si creda: dal punto
in autostop durante uno sciopero dei mezzi pubblici
di vista della dérive, esiste un rilievo psicogeografico
senza fermarsi, con il pretesto di aggravare la con-
della città con delle correnti costanti, dei punti fissi e
fusione facendosi trasportare in un luogo qualsiasi, o
dei vortici che rendono disagevoli l’accesso o la fuo-
errare nei sotterranei della catacombe chiuse al pub-
riuscita da certe zone».5 La deriva è quindi un’attività
blico».5
che accetta l’esistenza del caso, però non si fonda su
È solo nel 1954, con la mostra 66 métagraphies
esso ma sulle cartografie psicogeografiche. In esse
influentielles alla Galerie du Passage, che la deriva
l’area considerata può variare dall’isolato al quartie-
lettrista viene presentata al pubblico. L’esposizione
re, alla città intera fino alle periferie, non vi è limite
segna l’inizio di una cartografia influenzale, rappre-
spaziale o temporale, poichè la deriva viene svolta
sentazione concreta delle teorie psicogeografiche e
generalmente in una giornata, ma può durare anche
dell’attività della deriva: le metagrafie di Wolman e De-
settimane, o mesi, purchè l’indagine sia intrapresa da
bord sono collage di immagini e frasi ritagliate da vari
gruppi di due o tre persone «giunte alla stessa presa
giornali, quelle di Gilles Ivain è la sovrapposizione di
di coscienza, poichè il confronto tra le impressioni di
porzioni di planisfero, isole, laghi, sulla mappa di Parigi,
questi differenti gruppi deve consentire di arrivare a
ad indicare come anche in città sia possibile ritrovare
delle conclusioni oggettive».5
l’altrove. Tre anni dopo, nel 1957, il lavoro sulle metagrafie
Nella genesi dell’attività lettrista ha certamente
prosegue nei libri Fin de Copenhague e Mémoire che
giocato un ruolo da protagonista la vita giovanile nelle
Jorn e Debord redigono come documenti preparatori
notti parigine cosicchè le iniziali derive consistessero
alla fondazione dell’Internazionale Situazionista. Ele-
Lèvres Nues”, 1955. 5. Guy Debord, Théorie de la dérive, in “Les Lèvres Nues”, 1956.
2. La città percorsa
buito ai sogni, tanto i lettristi negano questa importan-
91
2.3 1950: lettristi e situazionisti in cittĂ 92
Discours Sur Les Passions De L’Amour in Guida Psicogeografica di Parigi, GuyDebord, 1957.
93
2. La cittĂ percorsa
2.3 1950: lettristi e situazionisti in città 94
mento comune ad entrambi gli scritti è sicuramente
saggio lettrista riguarda non una precisa direzione, un
il valore attribuito alla sintesi visiva, infatti nel primo
percorso puntuale, ma piuttosto l’indicazione delle in-
caso le coste danesi sono rappresentate come mac-
finite possibilità generate dalla deriva in spazi comple-
chie, in stile informale, popolate dai simboli del consu-
tamente percorribili e personali.
mismo, mentre nel secondo le scie delle derive sono schizzi di pittura tra i frammenti di città.
In tutte le rappresentazioni influenzali emerge però un elemento comune, ovvero la presenza di un vuoto diffuso, in cui le unità di ambiente si ritrovano, alla
Sarà però Debord a disegnare la prima vera map-
maniera del liquido amniotico surrealista. Questo vuo-
pa psicogeografica situazionista: la Guide psychogéo-
to è il cosiddetto territorio delle «amnesie urbane»6 ,
graphique de Paris è una vera e propria mappa pie-
buchi psichici dimenticati o volutamente sopressi che
ghevole che invita i turisti a perdersi. Il pieghevole
non rappresentano però un aspetto negativo come si
presenta pezzi di Parigi, ormai irriconoscibile se non
potrebbe immaginare, ma al contrario sono lo spazio
per alcune parti di città storica che “fluttuano” nello
adatto in cui l’attività situazionista può costruire da
spazio vuoto, in cui il turista deve seguire frecce e
zero la città possibile. La deriva ha quindi anche il com-
collegamenti tra le “unità di ambiente” determinate in
pito di creare dei «vortici affettivi, [...] un’autonomia
base ai rilievi psicogeografici. La città è stata quindi
magnetica»6, che determina il movimento delle aree
interamente filtrata dall’esperienza soggettiva nonché
influenzali e la costruzione di ambienti sempre nuovi
misurata confrontando gli effetti e le sensazioni che i
e dinamici.
luoghi generano sugli individui.
Questa similitudine tra le aree urbane e le teorie
Successivamente Debord pubblica un’altra map-
geofisiche e geografiche presentata da Debord ne
pa, The Naked City: Illustration de l’hypothèse des
The Naked City, si presta alla rappresentazione della
plaques tournantes en psychogéographique, in cui la
concezione spaziale dei situazionisti, e in particolare
deriva smaschera e spoglia metaforicamente la città,
saranno Gilles Ivain e lo stesso Debord ad indagare
lasciando i quartieri-continenti liberi di fluttuare in uno
questo tipo di visualizzazione proprio nelle metagrafie.
spazio vuoto. Le forze attrattive e repulsive che de-
Quest’ultimo in particolare, elegge a figura di riferimen-
terminano il continuo movimento di queste “placche”
to l’arcipelago, per descrivere le città-isola frammen-
sono originate dalle passioni e dalle tensioni che si
tate e circondate dal mare vuoto, e attraversate solo
producono sul teritorio, mentre la delimitazione delle
attraverso l’erranza. È da questo punto di vista che
parti, le distanze e i vettori del movimento sono frutto
la deriva rivela i suoi ulteriori significati: essa è sia
della sperimentazione sugli stati d’animo. Sia questa
trascinamento senza direzione in balia delle acque7,
che la mappa precedente non riportano però percorsi
sia elemento costruttivo che permette di opporsi alle
segnati all’interno delle aree, questo perchè il mes-
correnti8, punto di incontro quindi tra inconscio e razio-
6. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 7. http://www.treccani.it «deriva s. f. [dal fr. dérive; v. derivare2]. 1. Trascina-
mento, da parte di una massa fluida in movimento, di un corpo galleggiante o immerso in essa, rispetto a una superficie fissa (fondo marino, superficie terrestre)».
8. http://www.treccani.it «deriva s. f. [dal fr. dérive; v. derivare2] [...] 2. Nelle costruzioni navali, d. o chiglia di d. (e anche, talora, pinna di d., lamina di d.), il piano longitudinale,
di lamiera, o anche di legno e talvolta di materiale sintetico, fisso o mobile, che prolunga in basso la chiglia di alcuni pescherecci, per ridurre l’azione trasversale delle reti rimorchiate di
La città dei situazionisti è «un gioco da utilizzare
L’erranza praticata in questo modo produce una
a proprio piacimento, uno spazio da vivere collettiva-
rinnovata attenzione verso l’esplorazione del territo-
mente e dove sperimentare comportamenti alterna-
rio e di conseguenza delle nuove teorie dell’abitare
tivi, dove perdere il tempo utile per trasformarlo in
basate sulla volontà di costruire collettivamente una
tempo ludico-costruttivo».6
moderna e più cosciente civiltà. La città inconscia e
Attraverso il gioco e la deriva è possibile contesta-
onirica dei surrealisti infatti viene sostituita da quella
re la propaganda borghese secondo la quale la ge-
ludica dei situazionisti, con un elenco preciso di regole
stione urbanistica si traduce in abitazioni confortevoli
del gioco, dove con giocare si intende «uscire delibe-
e alta mobilità. I situazionisti comprendono invece che
ratamente dalle regole e inventare le proprie regole,
per colmare i vuoti urbani e le amnesie territoriali non
liberare l’attività creativa dalle costrizioni sociocultu-
serve costruire quartieri ma situazioni reali, avventure
rali, progettare azioni estetiche e rivoluzionarie che
da vivere concretamente nello spazio cittadino.
2. La città percorsa
nalità che ben riassume l’innovativo metodo lettrista.
agiscano contro il controllo sociale».
6
95 In una realtà in cui la società capitalista, con i suoi nuovi sistemi di produzione e le sue moderne automazioni, incentra la vita degli abitanti sul tempo produttivo e trasforma sempre di più il tempo libero in tempo del consumo passivo, la porzione di tempo rimanente all’individuo deve essere necessariamente protetta dai fini utilitaristici grazie ad attività a sfondo ludico. I situazionisti riconoscono inoltre l’urgenza di organizzare una rivoluzione che restituisca valore ai reali desideri della gente, cancellando i bisogni indotti dal sistema e cercando nel quotidiano quelle voglie narcotizzate e sostituirle a quelle imposte dalla cultura borghese dominante. In questo modo sia il tempo che lo spazio urbano avrebbero risposto a nuove regole di gioco, permettendo ai cittadini di definire concretamente nuovi spazi vitali e riappropriarsi della città, attuando lo slogan situazionista «abitare è essere ovunque a casa propria».9
fianco, e di alcune imbarcazioni a vela da diporto o da regata per contrastare l’azione di scarroccio; analogam., d. o piano di d., il piano stabilizzatore fisso verticale di coda dei velivoli». 9. Slogan tratto dal Manife-
sto del Correalismo, redatto dal teorico e progettista della mai realizzata Endless House Frederick Kiesler, pubblicato in “L’Architecture d’Aujourd’hui” nel giugno 1949. «Allora noi vivremo insieme! I muri di separazione
non saranno che muri divisori di un edificio unico e illimitato. L’architettura popolare è nata. [...] L’edificio è terminato. Abitare, è essere ovunque in casa propria […] Signori architetti-turisti, che percorrete le contrade dell’ar-
chitettura invitandovi a tutti gli stili e in fin dei conti passando i vostri week-end di carestìa con il funzionalismo, andrete naturalmente presto a bussare alla porta del Correalismo».
Modellino per New Babylon, Anton Constant, 1956.
«Siamo i simboli viventi di un mondo senza frontiere, di un mondo libero, senza armi, nel quale chiunque può viaggiare senza limitazioni, dalle steppe dell’Asia centrale alle coste atlantiche, dagli altipiani del Sudafrica alle foreste finlandesi».1
Vaida Voivod, 1963 «La liberazione del comportamento esige uno spazio sociale labirintico ed allo stesso tempo continuamente modificabile. E’ un processo ininterrotto di creazione e distruzione, che chiamo labirinto dinamico. Non si conosce praticamente nulla di questo labirinto di-
2.4
namico. Si intende che non si potrà prevedere o progettare un processo di questa naturalezza se allo stesso tempo non lo si pratica».2
Anton Constant, 1974
2. La città percorsa
1956: New Babylon contro il funzionalismo
97
2.4 1956: New Babylon contro il funzionalismo 98
Comparative plan of New Babylon on Paris- Constant, Wigley, 1998.
99
2. La cittĂ percorsa
2.4 1956: New Babylon contro il funzionalismo 100
Nel 1956 ad Alba, luogo in cui Asger Jorn e Pinot
Dada. Vista in questa prospettiva forse New Babylon
Gallizio avevano installato il Laboratorio Sperimentale
potrebbe essere chiamata una risposta all’anti-arte».4
del Bauhaus Immaginista3, Constant Anton Nieuwen-
Nell’urbanismo unitario si ritrova anche la necessità
huys, pittore e teorico olandese generalmente cono-
già avvertita dai situazionisti di ricostruire lo spazio se-
sciuto come Constant, da il via alla critica dell’archi-
condo i bisogni concreti dell’uomo e non secondo un
tettura occidentale funzionalista a seguito della visita
ordine precostituito: gli abitanti devono riappropriarsi
di un campo nomade che si era stabilito in uno dei
dell’ambiente e delle attitudini primarie, per esempio
terreni dello stesso Gallizio.
attraverso la costruzione delle proprie abitazioni, per superare il velo dei bisogni indotti dalla società. Anche
La teoria che si svilupperà con le avanguardie dei
la deriva si rispecchia in New Babylon e acquisisce un
decenni successivi propone di scardinare le basi se-
nuovo valore storico-architettonico attraverso la figura
dentarie dell’architettura contemporanea e inserirvi
rinnovata dell’architetto, non più costruttore di singole
invece il nomadismo: Constant inizia a lavorare ad un
forme ma di ambienti completi e scenari di vita. Con
progetto per i rom di Alba, ma nel corso degli anni ar-
il metodo della deriva l’architettura diventa un’attività
riva ad immaginare un’intera società globale nomade.
più estetica che scientifica e può giungere a conside-
I plastici da lui sviluppati tra il 1956 e il 1975 sono la
rare l’ambiente urbano non come mero alternarsi di
rappresentazione di una nuova visione dell’ambiente,
strade, pieni e vuoti ma come la rete relazionale viva
pensato per il cittadino-giocatore lettrista e i discen-
e mutevole composta attraverso i giochi partecipativi
denti dell’erranza di Abele, i quali, liberati dalla schiavi-
situazionisti.
tù capitalista avranno la possibilità di partecipare alla costruzione creativa del proprio paesaggio architettonico e, più in generale, cittadino.
Le influenze dadaiste in New Babylon però non conducono alla stesse conclusioni ritrovate dal gruppo di
Da questi concetti è evidente come il progetto di
Breton durante le visite. Parafrasando un commento
New Babylon si sviluppi a partire dalle teorie rivoluzio-
di Argan in merito al dadaismo, in cui il critico affer-
narie situazioniste. Esempio particolare è il concetto
ma che «un movimento artistico che nega l’arte è un
di “urbanismo unitario”, ovvero l’attività creativa di tra-
controsenso. Dada è quel controsenso»5, Careri pro-
sformazione dello spazio urbano, che sposta il deside-
pone per il progetto di Constant la stessa definizione
rio dadaista di superamento dell’arte sull’architettura,
di controsenso in merito alla volontà di progettare una
tentando di attuare appunto il suo superamento. Lo
città per un popolo che nega la città stessa. Nono-
stesso Constant ha infatti affermato che «per oltre
stante questa natura ambivalente, diversamente dal
mezzo secolo il mondo è stato percorso dallo spirito di
controsenso Dada New Babylon produce un progetto
1. Vaida Voivod (presidente della Comunità mondiale dei gitani) in “Algmeen Handelsblad”, 18 maggio 1963. 2. Nieuwenhuys Anton Constant, Il principio del disorientamento, in “New Babylon”, Haags Gemeentemuseum, 1974. (trad. it
a cura di Francesco Careri). 3. Il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI), viene fondato da Jorn Asger e Gallizio Giuseppe “Pinot Gallizio” con la partecipazione di Nieuwenhuys Anton Constant e di artisti
italiani come Simondo Piero, Olmo, Elena Verrone. Aderenti al gruppo saranno anche Ettore Sottsass Jr., Baj Enrico, Alechinsky Pierre, Dangelo Sergio, Appel Karel, Karl Otto Götz ed Anders Österlin. 4. Nieuwenhuys Anton Constant, New Babylon.
Ten Years On, conferenza all’università di Delft, 23 maggio 1980, in “Constants New Babylon : the hyper-architecture of desire”, Mark Wigley, pubbl. in occasione della mostra tenuta al Witte de With center for contemporary art, Rotterdam, 1998.
positivo e costruttivo: un’architettura labirintica che si costruisce in base al percorso nomade e che materializza lo spazio dell’andare secoli dopo le apparizioni in epoche primitive. Constant supera contemporaneamente anche Debord e le metagrafie che ritraevano le aree influenzali proprio per questo ricomponibile per formare un nuovo assetto territoriale. Le placche alla deriva nel liquido amniotico dei vuoti urbani diventano quindi settori collegati in una sequenza continua di culture diverse e multietniche, percorribile e “passeggiabile” perciò da
2. La città percorsa
isolate riconoscendo sì una città andata in pezzi, ma
parte di tutti gli abitanti del mondo. Nonostante la numerose diversità che compongono la città nomade, in essa non si corre il rischio di smarrimenti o amnesie urbane «New Babylon non finisce in nessun luogo (essendo la terra rotonda); non conosce frontiere (non essendoci economie nazionali) o collettività (essendo l’umanità fluttuante). Ogni luogo è accessibile da uno a tutti. L’intera terra diventa una casa per i suoi abitanti. La vita è un viaggio infinito attraverso un mondo che sta cambiando così rapidamente che sembra sempre un altro».6
5. Giulio Carlo Argan, L’Arte Moderna 1770-1970, Sansoni Editore, Milano, 2002.
6. Nieuwenhuys Anton Constant, New Babylon, 1970.
101
A Line Made by Walking, Richard Long, 1967.
2. La città percorsa
1966: Earthwork e Land art
103
«Tony Smith parla di una “strada buia” che è
“punteggiata dalle ciminiere delle fabbriche, dalle torri, dai fiumi e da luci colorate”. La parola chiave è punteggiata. In un certo senso possiamo considerare la strada buia come una lunga frase, e le cose che vi percepiamo percorrendola, come dei segni di interpunzione: le torri = i punti esclamativi (!), le ciminiere = i trattini (-), i fumi = punti interro-
2.5
gativi (?), le luci colorate = i due punti (:). Sto formulando chiaramente questa equazione fondandomi su dei dati sensibili e non razionali».1
Robert Smithson, 1967
2.5 1966: Earthwork e Land art 104
In alto Walking a line in Peru, Richard Long, 1972.
In basso Cascade, Carl Andre, 1984.
sta Artforum
particolarmente evidenti le direzioni che l’esperienza
il racconto del viaggio di Tony Smith,
di Smith ha generato. Da una parte Carl Andre, da
architetto e scultore, lungo la New Jersey Turnpike,
sempre alla ricerca dell’azzeramento e della riduzione
autostrada in costruzione alla periferia di New York.
della scultura, cerca di realizzare oggetti che occupino
È a questo momento che si fa risalire la nascita della
lo spazio come presenze da abitare, ma astratte, ar-
land art e della serie di viaggi on the road che attraver-
tificiali e prive di spessore fisico. Lo stesso artista di-
sano le periferie urbane della fine degli anni Sessanta.
chiara che «la scultura ideale è una strada [...] la mag-
L’articolo descrive come una notte Smith decida di
gior parte delle mie opere, in ogni caso le più riuscite,
entrare nel cantiere dell’autostrada insieme ad alcuni
sono in qualche modo delle strade - vi obbligano a se-
studenti della Cooper Union per percorrere in mac-
guirle, andarci intorno oppure salirci sopra».3 Dall’altra
china la colata di asfalto, e di come questo evento
parte Richard Long riconosce la sua posizione oppo-
stimoli nell’artista un interrogativo profondo in merito
sta rispetto al collega e afferma «Quello che distingue
al possibile senso del percorso: se la strada è un’o-
il suo lavoro dal mio è che lui ha fatto delle sculture
pera d’arte, essa si presenta come grande oggetto
piatte sulle quali possiamo camminare. È uno spazio
ready made, segno nel paesaggio, o come esperien-
[...] che può essere spostato e rimesso in un’altra
za astratta dell’attraversamento? La due possibilità di
parte, mentre la mia arte consiste nell’atto stesso del
interpretazione proposte da Smith saranno analizzate
camminare»4. In breve, per Andre la strada di Smith
rispettivamente dall’arte minimal, che vede la strada
è la scultura ideale, mentre per Long l’arte consiste
come segno e oggetto, e dalla land art, che invece
nell’atto stesso del camminare e vivere l’esperienza.
2
ne sottolinea il valore esperienziale e astratto. In en-
In Long è quindi particolarmente viva la tematica
trambi i casi si giunge ad una presa di coscienza che
del percorso erratico che si ripresenta nel campo
avrebbe sia portato l’arte sempre più fuori dagli spazi
dell’arte dopo i tentativi di Tzara, Breton e Debord.
istituzionali dei musei e delle gallerie, sia trasformato
Negli anni Sessanta però le conseguenze di queste
la pratica del camminare in una vera forma d’arte au-
ricerche non si fermano più alla letteratura e alla poe-
tonoma.
sia, ma vengono abbracciate da altre discipline, nuove
A partire dall’esperienza di Tony Smith, molti ar-
come il teatro e gli happening, o storiche ma rinnova-
tisti, principalmente scultori, sperimentano una serie
te come la scultura: gli artisti non considerano più la
di esperienze, tutte figlie del superamento del mini-
figura tridimensionale isolata nello spazio ma al con-
malismo ma tra di loro profondamente diverse, che
trario essa è in stretta relazione con l’architettura e
vengono genericamente raggruppate sotto il nome di
il paesaggio circostante. L’evoluzione di questa nuova
land art. Confrontando il lavoro di Carl Andre e Richard
concezione della scultura sembra ripercorrere le tap-
Long, tra i principali esponenti della corrente, sono
pe che avevano condotto dal percorso erratico alla
1. Robert Smithson, Towards the development of an air terminal site, in “Artforum”, giu. 1967. 2. Artforum è stata fondata 1962 a San Francisco. La rivista dopo pochi anni
si sposterà prima a Los Angeles nel 1965 per poi insediarsi definitivamente a New York nel 1967. Lo spostamento di costa coincise con un cambio di linea editoriale, passando
dal tardo Modernismo a quello per l’Arte Minimal e Concettuale, divenendo tra i principali promotori di artisti come Robert Smithson, Donald Judd, e Sol Lewitt.
3. Phyllis Tuchman, Entretien avec Carl Andre, in “Art Minimal II”, CAPC, Bordeaux, 1987. 4. C Gintz, Richard Long, la vision, le paysage, le temps, in “Art Press”, giu. 1986
2. La città percorsa
Nel dicembre del 1966 viene pubblicato sulla rivi-
105
2.5 1966: Earthwork e Land art 106
In alto Muir Pass Stones. Una passeggiata di 12 giorni nella contea di Sierra, California, Richard Long, 1995.
In basso A Line in Scotland, Cul Mor, Richard Long, 1981.
e scultura è complessa, e suppone come dice Hegel
che lega gli oggetti minimali ai menhir, le opere della
una sorta di divisione delle funzioni, sembrerebbe che
land art al paesaggio ignoto e il cammino degli artisti
per un certo numero di scultori della land art si sia
ai riti dell’erranza.
trattato di ritornare alle origini di questa storia»7 in cui
La crescente osmosi tra le varie discipline non
la divisione da superare è quella originale per cui l’ar-
ha sempre ricevuto i favori dei teorici tradizionali, in
chitettura aveva la funzione di riparo, mentre la scultu-
particolare Michael Fried, preoccupato dell’invasione
ra quella di rappresentazione dell’uomo o del divino. Le
delle altre teorie (teatrali e architettoniche) nel campo
opere risultanti dall’abbattimento di questa divisione,
della scultura e della pittura, risponde negativamente
prime fra tutte gli obelischi egiziani e le piramidi, sono
al racconto di Smith con un altro articolo pubblicato
definite dallo stesso Hegel come «sculture inorgani-
su Artforum nel 1967. «Questa esperienza è vista da
che [unorganische Skulptur], in quanto realizzano una
Smith come interamente accessibile a tutti [...] e pro-
forma simbolica destinata solamente a suggerire o ri-
duce una testimonianza della profonda ostilità che ha
svegliare una rappresentazione».6 È qui opportuno fare
il teatro nei confronti dell’arte, [...] questo significa
un passo indietro e riconsiderare il menhir come arche-
che è in corso una guerra tra il teatro e la pittura mo-
tipo della scultura inorganica: l’obelisco e la piramide
derna, tra il teatrale e il pittorico - una guerra che, a
discendono dal benben e dal menhir8, che a loro volta
dispetto dell’esplicito rigetto letterario per la scultura
discendono dall’erranza, perciò è razionale considera-
e la pittura moderna, non è materia di programma o
re il menhir come prima forma simbolica che contiene
di un’ideologia, ma di esperienze, convinzioni, sensibili-
in sè la rappresentazione scultorea della divinità, la
tà».5 Il nemico riconosciuto dal critico è evidentemen-
genesi della colonna architettonica e la prima costru-
te ciò che i situazionisti hanno chiamato urbanismo
zione artificiale sul paesaggio. Tiberghien chiarisce il
unitario e che gli artisti contemporanei chiamano spe-
concetto accomunando la sua personale descrizione
rimentazione: la commistione tra le discipline, più che
di scultura inorganica, «una pura presentazione di sé,
essere lo sconfinamento delle altre arti nella scultura,
il dono della presenza nuda»7, alle caratteristiche pre-
rappresentava in realtà la presa di coscienza e l’am-
senti in alcune opere minimali e della land art, conside-
pliamento degli orizzonti della scultura stessa, la quale
randole contemporaneamente sculture e architetture
finalmente lasciava l’ambiente artistico patinato e si
che si installano liberamente sul territorio. Nel tenta-
inseriva nello spazio vissuto, del teatro, della danza,
tivo di annullare i precedenti e ricondurre la scultura
dell’architettura e del paesaggio. Di opinione contraria
ad un grado zero, gli artisti minimali avevano infatti
è invece Gilles Tiberghien, il quale sulla base del con-
compiuto una forte riduzione sulle opere, e attraverso
cetto hegeliano per cui scultura e architettura «devo-
azioni come l’eliminazione del basamento, il ritorno alla
no avere un carattere immediato e semplice, e non
massa, l’eliminazione del colore e la ricerca di un ritmo
la relatività che deriva dalla divisione delle funzioni» ,
seriale piuttosto che variabile, le avevano ricondotte
afferma che «se la storia dei rapporti tra architettura
proprio al menhir. Il risultato è un oggetto monomate-
6
5. Michael Fried, Art and Objecthood, in “Artforum”, 1967. 6. Georg Wilhelm Friedrich Hegel, Estetica, Feltrinelli,
Milano, 1978. 7. Gilles A. Tiberghien, Sculptures inorganiques, in “Land art”, Éditions Carré, Parigi, 1993.
8. Per un approfondimento ulteriore, si rimanda al prologo del volume.
2. La città percorsa
genesi della prima architettura, seguendo un percorso
107
2.5 1966: Earthwork e Land art 108
2 A Line Made by Walking, Richard Long, 1967.
quanto participio passato di percorrere è azione com-
ma che racchiude il seme per un nuova visione del
piuta, realmente accaduta, ma contemporaneamen-
percorso come «scultura in un campo espanso»9.
te comporta una sensazione di tragitto infinito che
Se l’arte minimale tende al menhir, la land art pren-
potrebbe continuare a percorrere tutto il pianeta se
de da tale concetto solo ciò che riguarda le capacità
gli alberi non chiudessero il campo visuale. Hamish
dell’oggetto di trasformare il territorio e in nome di
Fulton, artista che si è spesso ritrovato a “passeggia-
questo concetto a partire dal 1966 inizia la riconqui-
re” con Long, considera quest’opera come «uno dei
sta di spazi fino ad allora considerati unicamente do-
lavori più originali dell’arte occidentale del XX secolo.
minio dell’architettura: non si cerca più la creazione di
Il lungo viaggio comincia con un solo singolo passo. A
oggetti da inserire nello spazio aperto, ma piuttosto
soli ventitré anni Long combina due attività apparen-
la ricerca di nuove tecniche architettoniche per co-
temente separate: la scultura (la linea) e il camminare
struire nuovi paesaggi. La terra viene quindi scolpita
(l’azione). A line (made by) walking. Con il tempo la
(disegnata, scavata, tagliata, impacchettata) e vis-
scultura sarebbe scomparsa»11.
suta (percorsa) secondo le concezioni archetipiche
109
dell’architettura, ovvero pietre infisse nel terreno, filari
Anche Fulton elabora il tema del camminare, ma
di elementi, costruzioni di terra e recinti di rami, ma
la sua attività di accompagna ad una preoccupazione
anche con l’aiuto delle tecniche moderne, cemento,
ambientale ed ecologica che rendono le sue opere
ferro e colate informi, come mezzi di appropriazione
più vicine alla protesta per la continua sparizione degli
dello spazio. Robert Smithson definisce questa prima
spazi verdi urbani e non. Entrambi gli artisti hanno però
fase della storia della land art come “earthwork”, in
una visione primordiale del paesaggio, molto vicina al
cui le opere sono già fondamentalmente spazio da
concetto di Madre Terra inviolabile sulla quale non è
percorrere, ma che solo successivamente arriveranno
permessa nessuna trasformazione radicale e dove
ad una dimensione superiore, con il totale riconosci-
già la sola presenza dell’artista costituisce un atto
mento del camminare come atto esclusivo e primario
simbolico, un punto di vista che risente ancora dalle
della trasformazione.
influenze dadaiste e dai pellegrinaggi rituali primitivi.
Questa dimensione superiore sarà raggiunta ad un
Per questo motivo lo stesso Long non si riconosce
anno dal viaggio di Tony Smith, quando Richard Long
nella definizione americana di land art, troppo vinco-
realizza A Line Made by Walking, una linea retta cre-
lata alla tecnologia di bulldozer e ruspe e decisamen-
ata sul terreno calpestando l’erba con le scarpe che
te troppo invasiva: gli interventi di Long sono privi di
scompare poco dopo l’azione e di cui resta traccia
apporto tecnologico e impiegano esclusivamente il
solo sulla pellicola fotografica. L’opera sarà infatti
corpo dell’autore, unico mezzo per muovere massi o
considerata un passaggio fondamentale per l’arte
percorrere spostamenti. Attraverso il corpo Long misu-
contemporanea . La linea d’asfalto di Smith ritorna
ra lo spazio circostante e registra le condizioni atmo-
qui non come oggetto, ma come percorso, il quale in
sferiche, i venti, il tempo e i suoni in base alle proprie
10
9. Franco Careri, Walkscapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi, Torino, 2006. 10. Rudy Fuchs ha paragonato l’opera al quadrato nero di
Malevic: «una fondamentale interruzione nella storia dell’arte» in “Richard Long”, Thames and Hudson, Londra-New York, 1986; Guy Tosatto la considera «uno
2. La città percorsa
rico, fisso e immobile, che intima una certa distanza
dei gesti più singolari e rivoluzionari della scultura del XX secolo» in “Sur la Route”, Musée départemental de Rochechouart, Rochechouart, 1990.
11. Hamish Fulton, Old Muddy, in “Richard Long: Walking in Circles”, Hayward Gallery, Londra, 1991.
2.5 1966: Earthwork e Land art 110
In alto Nun Kun, in “Camp Fire�, Hamish Fulton, Steddelijk Van Abbemuseum, Eindhoven, 1985.
In basso A Walking and Running Circle, Richard Long, regione tribale Warli, Maharashtra, India, 2003.
rappresentazione cartacee tradizionali ma anche alla
sa geometria, ovvero la misura del mondo.
realtà, appunto attraverso l’azione. Il mondo diventa
12
Quello che era stato uno dei problemi principali
così una grande tela su cui disegnare camminando,
delle forme artistiche del camminare per le avanguar-
un supporto reale che non è un foglio bianco, nel dop-
die precedenti, ovvero la rappresentazione estetica
pio senso di vuoto e bidimensionale, ma il prodotto di
dell’esperienza, è stato risolto da Fulton e Long at-
sedimentazioni sicuramente storiche e geologiche ma
traverso l’utilizzo della mappa. I dadaisti e i surrealisti
soprattutto emotive.
fuggivano la rappresentazione in luogo di descrizioni letterarie, allo stesso modo i situazionisti, pur utilizzan-
È ancora su Artforum che si dibatte riguardo al
do le mappe psicogeografiche e le metagrafie, non
viaggio di Tony Smith lungo la nuova autostrada. Nel
descrivevano mai puntualmente il percorso o le traiet-
1967 Robert Smithson, giovane artista dell’ambiente
torie delle derive.
minimale di New York, risponde all’articolo-accusa di
In Fulton l’utilizzo delle mappe è ancora legato al
Michael Fried.
senso astratto: la rappresentazione avviene concre-
Egli racconta ironicamente di «posti remoti, come
tamente attraverso immagini e testi grafici che testi-
Pine Barrens nel New Jersey o le pianure ghiacciate
moniano l’esperienza ma con la consapevolezza di
del Polo Nord e del Polo Sud, che possono essere
non poter mai raggiungere con nessuna descrizione
riconsiderati da forme d’arte che potrebbero usare il
l’azione reale. Nelle gallerie vengono presentate quin-
territorio attuale come medium».1 Smithson considera
di delle poesie geografiche che evocano i luoghi ma
infatti il paesaggio come una frase, attraverso la quale
non li rappresentano mai completamente, fissando
è possibile leggere o scrivere sullo spazio circostante
qualche elemento per risvegliare la sensibilità. D’al-
e attraverso la soggettività farlo «apparire più come
tra parte Fulton stesso compara il camminare al moto
una carta in tre dimensioni che come un giardino rusti-
delle nuvole «I passi sono come le nuvole. Vengono e
co» della visione naturalista.14 “Far apparire” è un altro
vanno».13
verbo chiave delle operazioni artistiche del tempo: se
Per Long invece il camminare si incide sul luogo,
la strada di Smith era stata rappresentata come og-
come ampiamente verificato con A line made by
getto da Carl Andre e come essenza da Richard Long,
walking, e disegna concretamente qualcosa che può
con Smithson la visuale si focalizza sul territorio attra-
essere riprodotto su carta. Il procedimento può esse-
verso da quella strada. Egli comprende come grazie
re utilizzato anche in maniera inversa: su carta si dise-
agli earthwork e alla land art si scoprano sempre più
gnano figure da percorrere nella realtà, e infatti Long
spazi da sperimentare, da esplorare e da comunicare
progetta i suoi itinerari proprio con l’ausilio della car-
al pubblico, e come ciò comporti una maggiore atten-
tografia. Il camminare così non è solo un’azione ma
zione nella scelta di cosa svelare e dove guardare: la
diventa anche un segno da sovrapporre alle forme di
nuova disciplina estetica viene chiamata “Studio della
12. http://www.etimo.it «geometria, gr. Geometria comp. di Gèa terra e Metria da Metron misura. Propriamente l’Arte di misurare la terra, il terreno; ma oggi si piglia in senso più
largo e si dice di Scienza delle proporzioni e delle misure, ed ha per oggetto tutto ciò che è misurabile, come le linee, le superfici, i solidi». 13. Si tratta di uno degli afori-
2. La città percorsa
percezioni, ritrovando il concetto all’origine della stes-
smi più celebri dell’artista (trad. it. di Franco Careri, “Walkscapes. Camminare come pratica estetica”, Einaudi, Torino, 2006) «Walks are like clouds. They come and go».
14. Robert Smithson, Aerial art, in “Studio International”, feb-apr. 1969.
111
2.5 1966: Earthwork e Land art 112
The Monument of Passaic, Robert Smithson, Dwan Gallery, New York, 1967. (12 delle 24 fotografie) .
passaggio dell’autore: per Smithson l’opera è dunque
in termini artistici è appena all’inizio. La ricerca di un
il percorso fatto, ma è anche l’aver condotto altre per-
sito specifico consente di estrarre dei concetti fuori
sone nel luogo, così come è opera la raccolta di foto
dall’esistente, a partire dai dati sensibili, per mezzo
generata dalle visite. Tutti questi elementi concorro-
della percezione diretta. [...] Non si deve imporre ma
no a definire un nuovo senso dell’opera, concepita da
esporre un sito - essere al suo interno o al suo ester-
Smithson come insieme dei prolungamenti generati
no. [...] Sono gli artisti che possono esplorare, meglio
da un’azione primaria, i quali si sviluppano in più dire-
di chiunque altro, i luoghi sconosciuti».1
zioni, abbracciano più discipline, tanto da non trovare mai conclusione. Questa evidente tensione all’infinito
Nel dicembre 1967 esce ancora su Artforum un
delle ricerche possibili, è rappresentativa dello spirito
nuovo articolo di Robert Smithson intitolato The Mo-
che anima i viaggi e le esplorazioni di Smithson: egli
nument of Passaic. Contemporaneamente si inaugura
viaggia con l’immaginazione, delle mappe ne fa oggetti
una sua mostra a New York in cui sono esposte una
tridimensionali, taglia, piega e ricompone nuovi luoghi
mappa al negativo (la Negative Map Showing Region
sulla base dei precedenti.
of Monuments along the Passaic River) e 24 fotografie
Nancy Holt, compagna di numerosi viaggi, raccon-
raffiguranti i monumenti stessi. Ciò che in realtà viene
ta come «verso il 1965, in qualche modo per caso,
esposto sono oggetti raccolti dal paesaggio urbano
Smithson comincia una serie di esplorazioni più me-
della periferia di Passaic, città natale dell’artista, con
todiche del New Jersey [...] La fase preliminare consi-
l’invito ad affittare una macchina fotografica e recarsi
stette in esplorazioni approfondite dei luoghi abbando-
con l’autore lungo il Passaic River per esplorare l’am-
nati, invasi da erbacce, [...] in mezzo a una sorta di
biente. La genesi dell’opera avviene il 30 settembre
giungla americana [...] Le escursioni erano diventate il
dello stesso anno, giorno in cui Smithson si dirige in
punto focale del pensiero di Smithson: lo portarono ad
autobus verso Passaic e dal finestrino nota un ponte,
abbandonare progressivamente le sculture quasi mini-
avvolto da una luce talmente particolare da farlo sem-
maliste [...] e gli indicarono il cammino che permetterà
brare una fotografia: ecco trovato il primo monumen-
alla sua arte di liberarsi dagli obblighi sociali e materiali
to, di cui l’artista scatta una foto per poi procedere
imposti dai musei e dalle gallerie».15
nell’esplorazione della zona a piedi. Ciò che egli riporta alla Dwan Gallery per la mostra
La ricerca del medium comporta quindi un’immer-
non è un’opera nel senso tradizionale del termine, è
sione totale nel territorio e l’attraversamento dei diver-
una cartina e una serie di foto di un luogo, ma l’o-
si piani di senso che lo compongono, da quello mate-
pera non è neanche nel punto indicato dalla cartina,
riale a quello mentale. Su questo concetto si basa un
poichè lì il visitatore non troverà nessuna traccia del
terzo articolo per Artforum dal titolo A sedimentation
15. Kay Larson, Les excursions géologiques de Robert Smithson, in “Robert Smithson : une retrospective, le paysage entropique 1960-1973” (catalogo della mostra itinerante omonima), Musées de Marseille, Marseille, 1994.
2. La città percorsa
Selezione dei Siti” 1. «Lo Studio della Selezione dei Siti
113
2.5 1966: Earthwork e Land art 114
In alto Negative Map Showing Region of Monument along the Passaic River, Robert Smithson, Dwan Gallery, New York, 1967.
In basso Robert Smithson e Richard Serra percorrono lo Spiral Jetty, Great Salt Lake, Utah, 1970.
of the mind: earth project in cui Smithson definisce il
propone il riconoscimento dell’ “entropologia”, sotto-
suo rapporto con il tempo: «Molti vorrebbero sempli-
lineando il valore della dispersione energetica tra una
cemente obliare il tempo, perchè racchiude un “prin-
trasformazione e l’altra: James Lingwood identifica in
cipio di morte” (tutti gli artisti lo sanno). Fluttuando in
Smithson l’artista-entropologo della sua epoca, «im-
questo bagnasciuga temporale, si trovano i resti della
merso nei suoi paesaggi in piena disgregazione».18
storia dell’arte, ma il “presente” non può più difendere 2. La città percorsa
le culture d’Europa, nè le civiltà primitive o arcaiche; si deve invece esplorare lo spirito pre e post istorico; bisogna andare là dove i futuri lontani incontrano i passati lontani».16 Il senso ultimo dell’esplorazione dei monumenti di Passaic è proprio questa ricerca di una «terra che ha dimenticato il tempo». La periferia urbana diventa così metafora della pe-
115
riferia della mente: dove si possono trovare i rifiuti, concreti o meno, della nostra cultura, lì è bene ricercare la risposta alle nuove domande dell’arte e della società. Tali risposte però non devono provenire da considerazioni di tipo ecologico e ambientale (come era invece stato per Fulton e Long), ma da un approccio esclusivamente estetico, privo cioè di etica e giudizio. In questo modo si afferma l’accettazione totale della realtà per ciò che è, con i suoi differenti monumenti che creano una visuale di volta in volta differente, come presenze dinamiche che animano i luoghi. Questo nuovo paesaggio vive quindi di trasformazioni e mutamenti continui, e per questo necessità secondo Smithson di una nuova disciplina capace di cogliere tali cambiamenti. Intorno al 1955 Claude Lévi-Strauss17
16. Robert Smithson, A sedimentation of the mind: earth projects, in “Artforum”, sett.1968. 17. Claude Lévi-Strauss, Tristi Tropici, Il Saggiatore, Milano 1960. Nel 1955 Claude LéviStrauss (Bruxelles, 28 novembre 1908 – Parigi, 30 ottobre 2009), antropologo, psicologo e filosofo francese, pubblica Tristi Tropici, un
diario di viaggio nel quale egli annota le sue impressioni, miste a una serie di considerazioni sul mondo primitivo amazzonico scritto in soli quattro mesi sui viaggi che condusse nelle foreste del Brasile dal 1935 al 1939. Le suggestioni del Mato Grosso animarono la fervida capacità di lettura del mondo e dell’uomo, allora ventisettenne deluso
dalla bocciatura al College de France, dal divorzio dalla prima moglie e in genere da tutto ciò che la laurea in filosofia conseguita nel 1931 non lo saziava intellettualmente. L’opera di Lévi-Strauss viene presa in considerazione dall’organizzazione del Premio Goncourt, ma viene rifiutata perchè giudicata una “nonfiction”.
18. James Lingwood, L’Entropologue, in “Robert Smithson : une retrospective, le paysage entropique 19601973” (catalogo della mostra itinerante omonima), Musées de Marseille, Marseille, 1994.
3
Planisfero Rovesciato (copia dell’originale del 24 Aprile 1459), Fra Mauro, Venezia, 1460 ca.
Outro «In A Mapmaker’s Dream 1, Fra Mauro decide che la sua ricerca della mappa definitiva termina con l’individuo. “Gli uomini saggi contemplano il mondo,” pensa, “ben sapendo che stanno guardando se stessi”. Sarebbe impossibile immaginare qualcosa di più universale, più oggettivo e più vero di questa affermazione. Ognuno di noi osserva l’universo dal proprio punto di vista, inquadrando soltanto un momento della sua infinita esistenza e stringendo tra le mani un foglio di carta ancora bianco. Questo è ciò da cui tutto ha inizio.»
2
117
Sebbene più volte in queste righe si sia affrontato
dal significato inaspettato di indovino o vagabondo (la
il difficile problema della rappresentazione dell’azione,
radice sembra essere la stessa del gergale italiano
artistica o comune, senza giungere ad una metodolo-
strolegh, ovvero astrologo).3
gia universale e definitiva, il testo sin qui presentato
Anche una prima traduzione francese rapporta l’an-
resta un tentativo di descrivere quell’attività che in pri-
dare a zonzo ad un personaggio: il verbo se balader,
mis mi ha influenzato per la realizzazione del progetto
comparso nel linguaggio popolare intorno al 1836 con
a seguire: andare a zonzo.
il significato di camminare senza scopo, deriverebbe dal sostantivo ballade (ballata, poema cantato in italia-
Ricercandone i significati per la lingua italiana, la
no) riferito sin dal 1422 ai saltimbanchi girovaghi che
frase non sembra avere origini etimologiche chiare e
vagavano per le città senza una destinazione partico-
talvolta viene fatta risalire al suono onomatopeico che
lare cantando in cambio di qualche moneta.4
emettono le mosche durante il loro volo, notoriamente 118
irregolare e imprevedibile, talvolta la si ipotizza come
Ma è probabilmente nel termine flâner che la frase
conseguenza del termine gironzolare, che rimanda let-
ritrova la sua traduzione più fortunata e più nota: già
teralmente al “fare dei giri” e al “ronzare in giro”.
nel 1638 appare come flanner, termine dialettale di de-
È interessante vedere come nella lingua inglese
rivazione normanna, con il significato di perdere tempo
la locuzione andare a zonzo sia tradotta con il verbo
pigramente, mentre solo dal 1800 in poi viene consi-
to stroll, apparso per la prima volta intorno al 1600
derato con il significato di passeggiare casualmente e
come vocabolo gergale che a sua volta si fa derivare
senza scopo, in relazione al norvegese gergale flana
dal tedesco dialettale strollen, variante di strolchen
che significa appunto passeggiare.5
Crateri lunari di Fra Mauro e Perry, fotografia di Christian Viladrich, 24 August 2008.
È quest’ultima accezione della frase che ha ispi-
go che le ricerche e le sperimentazioni messe in pra-
rato una lunga serie di artisti, teorici e filosofi che
tica dalle esperienze artistiche e filosofiche analizzate
ritrovano nella pratica del camminare un possibile me-
in queste righe possano essere un valido aiuto, o me-
todo di conoscenza e comprensione della realtà che
glio un valido punto di partenza, per comprendere an-
li circonda.
che la città moderna e, se necessario, trasformarla.
Come è già stato detto, attuare tale pratica oggi porterebbe a conseguenze sicuramente differenti rispetto alle sperimentazioni portate avanti da Bau3. Outro
delaire e da Benjamin nella Parigi ottocentesca. Allo stesso modo riprendere le battaglie culturali e sociali iniziate da dadaisti, surrealisti, situazionisti e land artisti e riproporle pedissequamente sulla realtà urbana
119
attuale, costituirebbe un grosso errore di valutazione e soprattuto significherebbe la mancata comprensione di quello che è un principio fondamentale dell’arte, ovvero il concetto per cui «ogni opera d’arte è figlia del suo tempo».
6
Ma poiché è sicuramente anche vero che l’opera d’arte «spesso è madre dei nostri sentimenti» 6 riten-
1. James Cowan, A mapmakers dream : the meditations of Fra Mauro, Vintage, Milsons Point, 1997. 2. Peter Turchi, Maps of the imagination: the writer as cartographer, Trinity University Press, San Antonio, 2004. 3. The American Heritage Dictionary of the English Language (fourth edition), Houghton Mifflin Company, Boston, 2000. «Probably German dialectal strollen, variant of strolchen, from Strolch, fortuneteller, vagabond, perhaps from Italian dialectal strolegh, from Italian astròlogo, astrologer, fortuneteller, from Latin astrologus, astronomer, astrologer, from Greek astrologos]» 4. Centre National de Ressources Textuelles et
Lexicales, Nancy. Balader, verbe trans. 1. 1422 «chanter des ballades» [...] 2. d’où 1628 arg. «aller demander l’aumône [en chantant des ballades], mendier» (Chéreau, Le Jargon ou l’arg. réformé, éd. 1628: Quand ils sont en quelque vergne à balader, et qu’on leur dit qu’ils aillent maquiller); le mot en ce sens a survécu sous des formes différentes jusqu’au XIXes., cf. les formes des éd. successives du Jargon ou l’arg. réformé (1634, ballauder; 1690, ballander); 3. a) 1836 fam. «aller en flânant» (Vidocq, Les Voleurs: Balader [...] Dans le langage populaire ce mot signifie marcher sans but, flâner); b) 1858 se balader; 4. trans. a) 1836 arg.
(Vidocq, op. et loc. cit. : Balader. Choisir, chercher); b) 1885 id. « promener » (Courteline, Les Gaîtés de l’escadron, Nouveau malade, p. 187 : les autres [...] baladaient les civières de bois). Dér. de ballade; dés. -er; l’évolution sém. de 1 à 2 s’explique par le fait que les jongleurs, et p. anal. les gueux, les mendiants allaient par les villes en chantant notamment des ballades dans les carrefours; d’où l’accept. gén. 3 et 4; les formes ballander, ballauder, ballourder semblent être des transcriptions erronées de balader, ballader. 5. Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales, Nancy. Flâner, verbe intrans. 1. 1638 en norm. flanner «paresser, perdre son tem-
ps» (D. Ferrand, La Muse normande, éd. A. Héron), attest. isolée; de nouv. 1835 (Balzac, Corresp., p. 709); 2. 1808 «se promener sans hâte, au hasard» (Hautel). Mot d’orig. dialectale, entré en fr. au XIXes.; de l’a. nord. flana «marcher, se précipiter étourdiment» (De Vries Anord.), cf. encore le norv. flana «se promener» (Falk-Torp, flane). 6. Wassily Kandinky, Lo spirituale nell’arte, Edizioni Se, Milano, 1989.
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120
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Sitografia
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Saggi
Archivi
Atlas of emotion: journeys in Art, Literature and Film Intervento di Giuliana Bruno www.ville-en-mouvement.com
Collezione dellaState Library of Victoria, Melbourne takata.slv.vic.gov.au
The Arcades Project Project - The rhetoric of Hypertext studio di H. Marcelle Crickenberger www.thelemming.com
Divisione Geografia e Mappe, Libreria del Congresso memory.loc.gov Arti Civiche, il blog di Franco Careri articiviche.blogspot.it
Labyrinthine Cities studio di Patrick Bourgeois www-scf.usc.edu
Indigenous Knowledge, mostra digitalizzata territories.indigenousknowledge.org
Scripta Nova, Rivista elettr. di Geografia e Scienze Sociali www.ub.edu
Making Maps: resources and Ideas for Making Maps makingmaps.net
Reti Dedalus, Rivista on line del Sindacato Naz. Scrittori www.retididedalus.it
Milano 2.0 milano.blogosfere.it
Lombardia: una regione in movimento, da sempre studio di John Foot www.serenasevalium.altervista.org
02 Blog, supplemento alla testata Blogo.it www.02blog.it
Progetti
Vocabolario
Biomapping www.biomapping.net - www.softhook.com
Lessico e etimologia www.treccani.it www.etimo.it www.woxikon.it
Esterni www.esterni.org Stalker www.osservatorionomade.net Mup mappeurbane.wordpress.com Maps in Literature www.mapsinliterature.it We Feel Fine www.wefeelfine.org FourSquare www.foursquareitalia.org
Centre National de Ressources Textuelles et Lexicales www.cnrtl.fr
Varie www.youtube.com vimeo.com ebooks.adelaide.edu.au www.wikipedia.com
Ringraziamenti
123
Grazie a Mauro Panzeri, relatore ma soprattutto paziente interlocutore di una laureanda dalla facile par-
“complicate”, per avermi fatto scoprire il filo diretto che lega il mio essere alla storia dell’arte.
lantina, sempre disponibile e comprensivo nel venire incontro alle esigenze degli studenti e aperto al con-
Grazie a tutti gli amici, i conoscenti, i compagni di
fronto, alla discussione e alle riflessioni. Grazie, da un
viaggio, che con le loro molteplici esperienze hanno
punto di vista accademico, ma anche personale.
arricchito il mio percorso e le mie passioni.
Grazie anche a Marco Quaggiotto, che nonostan-
Grazie a Ennio e al suo essere l’esempio vivente di
te gli impegni si è dimostrato ogni volta disponibile a
come razionalità e fantasia siano due cose assoluta-
sacrificare una pausa pranzo, fornendomi sempre utili
mente compatibili.
spunti di riflessione e soluzioni efficaci ai miei dubbi.
Grazie alla mia famiglia e al suo sostegno, sempre e comunque vivo nonostante la strada che ci separa.
Colgo l’occasione per ringraziare, a distanza di anni, chi ha fatto in modo che la passione per l’arte e la letteratura permeasse la mia vita.
Se potessi, ringrazierei singolarmente tutti i grandi artisti del passato, citati o meno in queste pagine,
Grazie alla Prof.ssa Mariangela Di Cosola, splendi-
fonte inesauribile di ispirazione e porto sicuro in cui
da docente di italiano che mi ha insegnato ad amare
rifugiarsi per riflettere: il loro contributo è stato fonda-
i versi immortali degli autori internazionali. Grazie alla
mentale per lo sviluppo della mia personalità accade-
Prof.ssa Clara Maltese e alla Prof.ssa Rosanna Casali-
mica, professionale e privata. Uno per tutti, ringrazio
no, fautrici della mia passione per la letteratura ingle-
Albert Camus per l’aforisma che è ormai mantra della
se e francese.
mia vita: «Cultura, l’urlo degli uomini in faccia al loro
Grazie al Prof. Francesco Moschini e alle sue lezioni
destino».