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L’ospitalità parola chiave di un oratorio senza muri dove l’incontro può generare cammini di fede

Nella giornata di sabato 21 gennaio l’oratorio San Rocco ha ospitato l’assemblea diocesana degli oratori, ripresa quest’anno dopo le forzate interruzioni pandemiche. Nella mattinata sul palco del teatro di via Cavour si sono succeduti gli interventi in plenaria, alternando momenti più impegnati a video e presentazione dei progetti della Fom.

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Centodieci gli oratori iscritti che hanno inviato i propri rappresentanti per approfondire il tema dell’assemblea “Senza muri - nella vita dei ragazzi e delle ragazze”, mettendo al centro l’obiettivo di essere oratorio ospitale: una giornata dunque non improntata ad attività organizzative, ma dedicata alla condivisione di ciò che è essenziale per essere oratorio, in cui sentirsi Chiesa, comunità che cammina insieme in un tempo di cambiamento.

Ospitalità, ancor più che accoglienza, è stata la parola chiave al centro dei numerosi interventi.

A introdurre i lavori è stato don Mario Antonelli, presidente della Fom e vicario episcopale per l’educazione e la celebrazione della fede della diocesi, che - richiamando il brano evangelico della samaritana - ha invitato ad essere vicini ai ragazzi con gli stessi atteggiamenti del Signore nei suoi confronti: Gesù conosce la sua storia e, nonostante ciò, con uno sguardo d’amore la invita a restare con lui presso il pozzo e la disseta. Così possiamo fare lo stesso per accogliere e farsi accogliere nella vita dei ragaz- zi e delle ragazze con un cuore aperto e disponibile.

Don Stefano Guidi, direttore della Fom, ha invitato ad accompagnare il cambiamento accelerato imposto dalla pandemia e a mettersi in ricerca dell’essenzialità dell’oratorio, mirando soprattutto alla qualità dell’esperienza con le persone. Ospitalità - ha affermato - è la parola per dire che cosa è oggi l’oratorio e ne ha esposto le qualità. Innanzitutto una qualità teologica che sottolinea come Dio è Padre inclusivo e universale; una qualità ecclesiale perché nella comunità convivono le differenze e convergono in un unico corpo. La qualità missionaria dell’ospitalità si sintetizza poi nell’uscire verso i ragazzi, ma anche nel chiedere il permesso di entrare nelle loro vite. Con la qualità educativa si evidenzia infine l’attenzione verso i bisogni dell’altro, delle persone con cui entriamo in contatto, mentre la qualità sociale esprime il concetto di inclusione senza escludere nessuno.

“Occorre intraprendere un cammino con i ragazzi e per i ragazzi - ha concluso don Stefa- no - percorrere nuovi sentieri, diventare oratorio che prova e sperimenta per arrivare al cuore delle persone”.

«L’ospitalità è più dell’accoglienza» così ha esordito Marco Moschini, docente di filosofia teoretica, già referente del corso di perfezionamento in progettazione, gestione e coordinamento dell’oratorio presso l’Università statale di Perugia.

Evidenziando come “hospes”, in latino, sia una parola con doppio significato, ospite e ospitato insieme, ha sottolineato come: «L’ospitalità sei tu che ospiti ma anche tu che accogli. Dio ospita per primo, accoglie tutti noi così come siamo: da qui nasce il senso della comunione, dobbiamo pensarci come prossimi, vicini. Nella comunità, nell’oratorio c’è un’ospitalità da offrire, ma anche da ricercare, ospite e ospitato devono fondersi, diventare ospiti l’uno dell’altro.

Viviamo tempi - ha proseguito - in cui la pandemia ha messo a nudo le nostre fragilità, ora è il tempo della riscossa e delle promesse. Il cristianesimo è cammino, è uscire fuori: Cristo non ha predicato stando fermo, occorre imitarlo, andare incontro alle persone con estrema apertura, abitare i nostri oratori e farsi carico di chi ci è accanto. Il cammino - ha concluso Moschino - è una bella immagine, una metafora educativa e sfidante, parla di un continuo esodo, di incroci in cui la propria vita si incrocia con quella degli altri. L’incontro genera comportamenti di dedizione, corresponsabilità, competenza. L’oratorio è chiamato a porsi in un modo nuovo, creativo e innovativo, basato su ascolto, dialogo, condivisione, riconoscimento reciproco: queste le basi per un oratorio ospitale”. Nel pomeriggio si sono svolti i laboratori con i rappresentanti dei diversi oratori per un confronto su temi quali amicizia, famiglia, chiesa, tempo libero, scuola, sport. Sono gli ambiti della quotidianità della vita dei ragazzi e sui quali si sono interrogati educatori, sacerdoti e consacrate di oratori diversi, guidati da un formatore, per un confronto aperto e prezioso.

La giornata si è conclusa con un momento di preghiera nella chiesa del Sacro Cuore, guidato da mons. Franco Agnesi

Commentando il Vangelo di Matteo (11,25-30), il vicario generale ha sottolineato che in questo tempo ci è chiesto di progettare, inventare una chiesa nuova. “Anche ora Gesù si prende cura di noi, ci incoraggia, ci dice che il giogo, la fatica saranno più leggeri se cammineremo insieme a Lui. ‘Vieni e seguimi’: questo il messaggio da rivolgere ai ragazzi e alle ragazze, per provare la gioia di stare con il Signore.

Mariarosa Pontiggia

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