Politecnico di Milano Scuola del Design Corso di Laurea in Design del Prodotto Industriale A.A. 2010/2011
Nebula Sistema per il trasporto di oggetti in bici, composto da zaino e aggancio al cannotto
Relatori: prof. Cesira Macchia prof. Maurizio Figiani Studente: Basilio Lo Iacono Matricola: 731132
In ricordo di mio padre
SE NON SIETE CURIOSI LASCIATE PERDERE. A. CASTIGLIONI
Indice 1. INTRODUZIONE 10 1.1 Gli studenti e il trasporto di oggetti in università 11 1.2 Perché incentivare l’uso della bici 12 1.3 Come incentivare l’uso della bici 13 2. CENNI STORICI 2.1 La Draisina e gli hobbyhorse 2.2 L’avvento dei pedali: il velocipede 2.3 La bicicletta a ruota alta o Ordinary 2.4 Safety Bycicle 2.5 Dal primo Novecento ai giorni nostri
16 17 18 19 21 22
3. ANALISI DI MERCATO 24 3.1 Overview 25 3.2 L’Italia 26 3.3 Principali aziende produttrici di bici 26 3.4 Accessori 27 3.5 Principali aziende costruttrici di accessori 27 3.6 Competitor diretti. I portapacchi 30 3.7 Competitor indiretti. Gli zaini e le borse 30 3.8 Considerazioni 30 4. VALUTAZIONI SUGLI UTENTI 4.1 Il ciclista come tipologia d’utente 4.2 Utente di riferimento 4.3 Bisogni
42 43 49 53
5. TIPOLOGIE DI BICI E COMPONENTI 5.1 Struttura e componenti di una bici 5.2 Le tipologie di bici 5.3 Gli spazi per il trasporto di oggetti in bici
56 57 61 74
6. CONCEPT 6.1 Riepilogo 6.2 Idee iniziali 6.3 Evoluzione della proposta 6.4 Materiali e Produzione 6.5 Modalità d’uso: l’aggancio alla city bike 6.6 Modalità d’uso: l’aggancio alla mountain bike 6.7 Modalità d’uso: il trasporto a piedi e l’apertura 6.8 Considerazioni
76 77 78 80 81 84 86 88 90
7. IL PROGETTO DEFINITIVO: NEBULA 7.1 Presentazione 7.2 La forma: scocca inferiore 7.3 La forma: scocca superiore 7.4 I materiali: le scocche 7.5 I materiali: l’assorbimento degli urti e delle vibrazioni 7.6 I materiali: i tessuti 7.7 I materiali: altro 7.8 L’organizzazione interna 7.9 Il trasporto in bici 7.10 Il trasporto a piedi 7.11 Prove di sforzo
92 93 93 102 106 109 114 115 116 118 124 130
8. RENDER ED AMBIENTAZIONI
134
9. CONCLUSIONI
150
10. BIBLIOGRAFIA
152
11. PAGINE WEB
156
12. ALLEGATI
162
“
“La bicicletta ha avuto un ruolo unico nella civiltà umana. Si è diffusa in tutto il mondo ed ha portato a lavoro, e talvolta anche in guerra, intere nazioni. Andare in bicicletta è diventata un’esperienza globale, universale come utilizzare un telefono cellulare. La sua semplicità e utilità, giorno dopo giorno, l’hanno resa una delle invenzioni più famose nella storia dell’uomo.”
”
Matt Seaton
1. INTRODUZIONE
1.1 Gli studenti e il trasporto di oggetti in università Pagina a fianco Studente che si reca in università a piedi portandosi il notebook.
In basso Tabella degli orari dei treni nella stazione di Bovisa, con molti ritardi.
L’ambito progettuale scelto è quello del trasporto - da parte degli studenti - dei propri oggetti in università, considerato come uno dei loro bisogni fondamentali, dopo quello di adeguati spazi lavorativi e corretti canali d’informazione. A questo proposito è importantissimo osservare con quali mezzi di trasporto si recano in università, per capire quale presenta maggiori problematiche per chi ne usufruisce e che quindi potrebbe condurre ad interessanti spunti progettuali. Se prendiamo in considerazione il Campus Bovisa del Politecnico di Milano, con le sue facoltà di design, architettura ed ingegneria, si può vedere come la maggior parte degli studenti arrivi con i mezzi pubblici, nella fattispecie treni, autobus e tram, e con i mezzi privati, in gran parte moto e bici, ma anche automobili. Quali sono i pro e contro di ogni mezzo e perché viene utilizzato a dispetto di altri? I trasporti pubblici risultano economici rispetto alle altre soluzioni, e sono strutturati in una rete capillare che riesce a servire praticamente ogni area; inoltre nel caso dei treni, non sono neanche soggetti al traffico urbano, anche se spesso per problemi logistici o per cause naturali si accumulano ritardi, anche notevoli, mettendo a volte a dura prova la pazienza degli utenti. Per ovviare al problema di dover sottostare agli orari imposti dall’ATM e Trenord, spesso gli studenti, soprattutto quelli che abitano fuori Milano, si affidano a mezzi propri come auto e moto, quest’ultima usata anche da quelli che risiedono nell’area comunale insieme alla bici.
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Gli automuniti, quindi, si spostano col proprio mezzo per ragioni di comodità, nonostante la difficoltà nel trovare parcheggio e le code e gli ingorghi spesso presenti nelle arterie milanesi; leggermente diverso il discorso per i motociclisti che spesso scelgono di muoversi sulle due ruote più per uno stile di vita che per comodità, ma che in ogni caso beneficiano di una veloce mobilità urbana, visto che difficilmente rimangono bloccati nel traffico. In ultimo resta da considerare solo la bici, mezzo di trasporto che permette una guida agile e scattante oppure lenta e rilassata, divincolandosi dal traffico. è economico ed è l’unico veicolo, tra quelli analizzati, ad essere totalmente non inquinante; purtroppo presenta anche dei problemi legati sia alla sicurezza di marcia ed afferenti, quindi, alla gestione della viabilità urbana, sia al trasporto di oggetti, che quasi sempre in una bici gravano sul corpo del ciclista, causando alla lunga problemi alla schiena e spesso anche impedimenti durante la marcia. 1.2 Perché incentivare l’uso della bici In questa sede, tra tutti gli aspetti positivi della bici, ci si vuole concentrare sull’aspetto sostenibile di questo mezzo, inteso come uno dei possibili tramiti per migliorare la vivibilità delle città, ad esempio contribuendo a ridurne l’inquimento sia da gas di scarico che acustico. In effetti, oggigiorno le città sono sempre più dominate da migliaia di veicoli che oltre a contribuire per buona parte all’emissione d’inquinanti nell’atmosfera, a volte intasano totalmente i centri, non pensati per accogliere una mole tale di traffico; e dire che già nel 1989 l’allora presidente della Volvo affermò che “l’automobile privata non è un mezzo di trasporto adatto per le città“. Per fare un esempio della gravità del problema si può citare uno studio finanziato dall’Unione Europea sugli spostamenti su breve distanza che evidenzia come dei trasferimenti quotidiani in automobile, il 30% sia inferiore ai 3 chilometri ed il 50% addirittura inferiore ai 5. Eppure la bici sarebbe una perfetta sostituta dell’auto, anzi risulterebbe migliore su questi tragitti. Infatti, nel 2003 l’associazione Ciclobby, in collaborazione con Legambiente, dimostrò la competitività della bicicletta a muoversi nel traffico milanese rispetto ai mezzi motorizzati. Il test venne effettuato all’ora di punta e prevedeva di raggiungere piazza del Duomo da quattro diversi punti di partenza, più o meno vicini al centro città: la stazione FS di Sesto, quella di Lambrate, piazzale Corvetto e Porta Genova. In tutti i percorsi la bicicletta si rivelò più veloce di auto private, bus e tram, e riuscì a battere, nella tratta più corta, P.ta Genova-Duomo, anche la metropolitana (con lo stesso tempo di percorrenza del ciclomotore), rivelandosi, quindi, un mezzo di trasporto vantaggioso anche nelle tratte di media lunghezza. Tutto ciò considerando anche che la bicicletta è un amplificatore di quella perfetta macchina locomotoria che è il nostro corpo, che normalmente per trasportare un grammo del proprio peso in 10 minuti su un percor-
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km
A fianco Confronto tra i tempi di percorrenza nei brevi trasferimenti quotidiani con diverse modalità di trasporto comprensivi del tempo necessario a raggiungere gli stessi mezzi (fonte: Ciclobby)
metro 28 km/h
auto 25 km/h
8 7 6
fino a 6 km auto e bicicletta hanno la stessa prestazione
bus 15 km/h
5 4 3
a piedi 4 km/h
bici 15 km/h
2 1 min 5
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so di un chilometro consuma 0,75, mentre con questo mezzo consuma un quinto dell’energia e procedendo tre o quattro volte più veloce che a piedi; tutto questo senza consumo di ossigeno, emissioni di gas o rumore alcuno, mentre un’autovettura che percorre 500 chilometri brucia quasi 100.000 litri di ossigeno, che sono pari al fabbisogno annuo di un umano adulto. Per finire citando gli altri benefici: non bisogna dimenticare che l’uso della bici giova al sistema cardio-vascolare, al sistema respiratorio e al sistema scheletrico-muscolare, ma anche sull’umore di chi la usa, visto che l’attività fisica rilascia le endorfine, gli ormoni che aiutano a sconfiggere la depressione, la stanchezza e lo stress; ed inoltre la bici è forse il mezzo più popolare che esista, la si può comprare a cifre irrisorie e manutenere a costi quasi ridicoli se comparata ad altri mezzi. 1.3 Come incentivare l’uso della bici Naturalmente esistono degli accorgimenti per incentivare questo tipo di mobilità sostenibile: la creazione di bande o piste ciclabili, le ZTL di cui l’Ecopass milanese è un esempio e l’istituzione di servizi pubblici di bike sharing come ad esempio il bikeMi. Ma nel caso più specifico degli studenti possono questi soli accorgimenti far aumentare l’utilizzo della bici? Per quanto sarebbero dei grossi incentivi, osservando ogni giorno quest’utenza si capisce che non basterebbero: si preferiscono i mezzi pubblici o veicoli come auto e moto, oltre che per alcune comodità, spesso apparenti e soggettive, anche perché non costretti a dover indossare sempre lo zaino o la borsa a tracolla con cui si trasportano gli oggetti personali, tra cui, per uno studente di architettura o di design, il computer portatile. Questo evidenzia i limiti degli attuali sistemi di agevolazione alla movimentazione di oggetti sulle bici, come ad esempio cestini e portapacchi, in quanto non idonei al trasporto di zaini o materiale sensibile come il
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notebook, visto che è quasi impossibile la messa in sicurezza. Anche utilizzando dei bauletti quest’operazione risulterebbe fastidiosa in quanto a destinazione bisognerebbe trasferire il tutto in uno zaino, che quindi verrebbe portato in ogni caso, e che tornando a casa accadrebbe di nuovo l’inverso. Quindi, se si vuole davvero che gli studenti utilizzino la bicicletta come mezzo di locomozione, serve una maggiore attenzione a questo loro bisogno, attenzione anche progettuale, così come quella posta ad esempio sui cicloturisti e su tutti i diversi prodotti per loro disponibili; così, come questi ultimi formano una categoria ben definita, anche i primi dovrebbero essere considerati tali, visto anche la mole di utenza, se è vero che secondo Legambiente gli studenti che usano la bici si attestano al 30% del totale, pari a 600.000 persone tenendo conto dei dati del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) relativi all’ultimo anno accademico. Per questi motivi con il presente lavoro si è cercato di colmare questo gap, lavorando sulla progettazione di un artefatto che permettesse una facile movimentazione degli effetti personali, senza che questi gravino sempre sul corpo dello studente-ciclista, e senza bisogno di alcun travaso, tenendo anche conto della fase, comunque presente, di trasporto a piedi.
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Pagina a fianco Serie di biciclette del bikeMi, bike sharing del Comune di Milano.
In basso Esempio di attrezzature specialistiche per cicloturisti.
2. CENNI STORICI
2.1 La Draisina e gli hobbyhorse Pagina a fianco Il memoriale a James Starley, il padre dell'industria delle biciclette, a Coventry.
In basso Riproduzione di una draisina. (Technisches Museum, Berlin)
Il primo veicolo a due ruote disposte in linea, documentato, è il Célerifère, una macchina dalla forma di cavallo in legno, priva della possibilità di orientare la ruota anteriore per deviarne la corsa; non se ne conosce il costruttore, ma si sa che intorno al 1791, rinominata Vélocifère, divenne per qualche anno un passatempo giovanile, grazie anche all’operazione di traino effettuata da un certo Conte di Sivrac. Nonostante questa rapida diffusione, poco dopo, l’entusiasmo per questo nuovo mezzo scemò a causa dei numerosi infortuni. Nel 1817 un barone tedesco, Karl Friedrich Christian Ludwig Freiherr Drais von Sauerbronn, studiò il rimedio al problema del cambiamento di direzione; progettò e realizzò, quindi, una Laufmaschine, macchina per correre, con telaio e due ruote allineate in legno, con una sella imbottita ed una barra anteriore che permettesse di cambiare la direzione del veicolo, mossa dalla spinta alternata dei due piedi sul suolo. La Draisine, così chiamata in onore del suo inventore, venne brevettata nel 1818 e fu adottata dalle poste germaniche per le consegne fino a venire abbandonata per l’eccessiva usura delle calzature di chi la utilizzava. Sicuramente ebbe maggior successo in altri paesi, specialmente in Inghilterra, Francia e Stati Uniti, dove alcuni personaggi come Dineur, Johnson e Clarkson ottennero brevetti a nome di von Sauerbronn. Restavano però i problemi di comfort, dovuti alle ruote lignee, magari cerchiate in ferro, ed al telaio rigido, che sulle strade dissestate di quel tempo,
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A fianco Il Pedestrian Curricle di Johnson, in una riproduzione.
rendevano l’andatura disagevole, finanche a portare a problemi di stabilità ed equilibrio, coniugati alla generosa forza necessaria per controllare lo sterzo. A Londra, dopo che vi furono apportate corpose e sostanziali modifiche, in particolare ad opera di Denis Johnson, fu chiamato prima Pedestrian Curricle (calessino per pedoni), poi hobbyhorse o anche dandyhorse. Purtroppo queste prime bici, non si diffusero davvero se non per brevi periodi, principalmente perché poco attirava la prospettiva della propulsione a spinta. 2.2 L’avvento dei pedali: il velocipede Intorno al 1839, un fabbro scozzese di nome Kirkpatrick mcMillan, sembrò risolvere il problema della spinta, dotando il suo hobbyhorse di ruota posteriore con due manovelle collegate a due pedali tramite un’asta di rinvio (l’incoveniente della sua invenzione, che non ebbe successo, dipendeva dal fatto che i pedali non ruotavano completamente, ma descrivevano soltanto un arco di cerchio). Nel 1861, il carrozziere parigino Pierre Michaux attaccò manovelle e pedali alla ruota anteriore di un dandyhorse: nacque così il velocipede. L’invenzione di Michaux divenne popolare e centinaia di velocipedi comparvero nelle città d’Europa. Nel 1866, Pierre Lallement – già alle dipendenze di Michaux – conseguì il brevetto per il velocipede in America. Nel 1868 un duo di acrobati newyorkesi brevettarono l’applicazione di anelli di gomma intorno alle ruote; il velocipede cominciò ad avere successo, specie tra gli
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A fianco Michaux e il suo velocipede, in un disegno dell'epoca.
studenti di Harvard e Yale, dove nacquero probabilmente le prime scuole di ciclismo. Il 31 maggio 1869, nel parco di St. Cloud a Parigi, si tenne la prima gara per velocipedi, e con essa si cominciò a sentire il bisogno di rendere più rapidi questi veicoli; per questo motivo i costruttori aumentarono sempre di più le dimensioni della ruota anteriore in modo da realizzare un maggior sviluppo metrico della pedalata. In quello stesso anno, infatti, venne pubblicato un brevetto inglese del progetto Phantom, di Reynolds e Mays, caratterizzato appunto da una ruota anteriore molto alta - di solito tra i 90 e i 150 cm di diametro - e da quella posteriore decisamente più piccola, che serviva solo a equilibrare l’insieme. 2.3 La bicicletta a ruota alta o Ordinary Solo grazie a due tecnici inglesi, Starley e Hillmann, si ottennero ancora avanzamenti nella costruzione del velocipede, dapprima togliendo ogni parte lignea a favore del solo ferro, e successivamente con la messa a punto di un sistema che permetteva di regolare la tensione dei raggi, quindi l’irrigidimento strutturale della ruota. Proprio grazie a questo ingegnoso meccanismo, il diametro della ruota anteriore potè crescere, per ottenere veicoli sempre più veloci, fino a raggiungere i due metri di diametro, con il ciclista seduto ad un’altezza vertiginosa. Risale all’11 agosto del 1870 quando venne brevettato l’Ariel, ritenuto il
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primo “biciclo Ordinary a ruota alta”. L’Ordinary in brevissimo tempo si cominciò a diffondere, non solo in Inghilterra dove assunse anche il nome di Penny Farthing (in quanto la ruota anteriore più grande era rappresentata dalla grossa moneta del penny e la posteriore da quella molto più piccola del farthing), ma anche in Italia e in Francia, dove assunse il nome di “Gran Bi”. La maggiore velocità raggiunta, però, condusse a dei problemi: anche una piccola asperità del terreno poteva portare come risultato ad una caduta, con conseguenti gravi lesioni o perfino il decesso. Questi rischi, quindi, rendevano il suo utilizzo ad appannaggio degli uomini più giovani, ricchi, atletici ed avventurosi, rendendole poco attraenti per il grande pubblico. Inoltre, lo stile di monta dell’Ordinary, diventava problematico per le donne tanto che alcuni produttori cercarono di trovare un’alternativa. Starley e Hillmann modificarono l’Ariel sfruttando un brevetto del 1870 che vedeva entrambi i pedali sullo stesso lato del velocipede, in modo da poterlo montare sedendo lateralmente; proprio a causa della posizione di seduta, dovettero montare la ruota posteriore non in linea con l’anteriore ed un manubrio asimmetrico. La guida non era confortevole e il mezzo non ebbe successo. Invece, per ovviare al problema della sicurezza, era possibile agire sulla configurazione stessa del biciclo Ordinary. Spostando la sella più indietro, risultava più semplice controllare la stabilità del veicolo, ma si acuiva l’avvertimento di vibrazioni; per risolvere l’incoveniente, la ruota posteriore cominciò a crescere di diametro, permettendo la seduta del ciclista tra le due ruote. Ma in questo modo si usciva dai canoni estetici degli amanti della Gran Bi, che diedero ai nuovi modelli il nome di Safety Ordinary.
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In basso Foto di un gruppo di appassionati ad un Penny Farthing show.
2.4 Safety Bycicle I tentativi di rendere la bicicletta più sicura e di ridurre la dimensione della ruota anteriore portarono quindi ad un radicale cambiamento della sua ergonomia. Un esempio è la Biciclette di Lawson, ad opera della Coventry Tricycle Company, brevettata nel 1879, che pose le basi per la futura Safety Bicycle. Il suo veicolo aveva la sella montata su di una molla, posta tra le due ruote, l’anteriore di 40 pollici e la posteriore di 24, con trasmissione a catena su quest’ultima, con un rapporto che la rendeva equivalente ad una da 40. La forma non andava ancora incontro al gusto estetico di allora, ma nonostante ciò, tra il 1884 e il 1888, i veicoli con ruote basse si moltiplicarono sempre più. John Kemp Starley, nipote di James, in società con un certo William Sutton, s’impose sul mercato a livello mondiale con l’introduzione della Rover dotata di due ruote di uguale grandezza (36 pollici), trazione posteriore e di un telaio dall’aspetto squadrato, con il ciclista seduto nel mezzo, per un miglior bilanciamento. Queste bici, molto basse rispetto alle vecchie Ordinary, avevano degli spiacevoli inconvenienti come gli schizzi d’acqua e lo sporco sui piedi, molta energia dissipata nella trasmissione a catena e problemi di vibrazione causati dalle ruote piccole. Per risolvere il problema inerente alle vibrazioni, vari produttori utilizzavano cerniere e molle nella costruzione del telaio, e tra il 1880 e il 1890, diversi modelli erano muniti di sistemi anti-vibrazione simili alle odierne sospensioni o ammortizzatori. Tuttavia questa soluzione risolveva solo in parte il problema e comportava una eccessiva complessità della struttura della bicicletta. La vera svolta non si fece attendere, ed arrivò con l’introduzione del copertone pneumatico, nel 1888, da parte di John Boyd Dunlop, che rese i cicli più confortevoli e performanti. Il suo brevetto consisteva in un tubo di caucciù, ricoperto di tela a sua volta rivestita in gomma, con una valvola di non ritorno che assicurava il gonfiaggio; brevettò anche il metodo di montaggio dello pneumatico sul bordo della ruota. Nel frattempo grazie alle tecniche che si ammodernavano - come lo stampaggio della lamiera - Adolph Schoeninger, un tedesco emigrato a Chicago, diede vita alla Western Wheel Works e cominciò la produzione in serie divenendo quasi il Ford della bicicletta. La Safety Bycicle venne quindi riconosciuta universalmente come la “bicicletta”. Tra tutti i modelli, in meno di vent’anni dalla nascita della Biciclette di Lawson, s’impose nel 1897 quella con telaio a diamante, pedali su una ruota dentata e trasmissione a catena sulla ruota posteriore. A questo punto i cambiamenti divennero sempre meno evidenti, tanto che oggigiorno, la bicicletta si basa in gran parte su questo stesso progetto di fine Ottocento.
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A fianco La Rover Safety Bicycle di Starley e Sutton.
2.5 Dal primo Novecento ai giorni nostri All’inizio del XX secolo la bici aveva ormai “invaso” tutta l’Europa e buona parte dell’America. In Italia costava duecento lire, l’equivalente di circa dieci centesimi di euro e si cantava “ma dove vai bellezza in bicicletta”. Mentre le prime automobili facevano i primi passi, la regina delle strade restava sempre e comunque la bicicletta. Le due ruote, quindi, rappresentavano un simbolo di libertà, ma restavano soprattutto un valido strumento di locomozione, aggregazione e socialità. La bicicletta consentiva all’operaio di abitare a dieci o quindici chilometri dalla fabbrica, ed al contadino di raggiungere i campi senza dover bruciare preziose energie durante il tragitto, a volte reso ancora più duro dai pesanti attrezzi del mestiere. Con la Seconda Guerra Mondiale, la bici divenne tra i pochissimi mezzi di trasporto sopravvissuti alla violenza dei bombardamenti: accompagnava la gente nella fuga dalle città, aiutava a trasportare qualche misero bottino alimentare, scivolava tra le ombre del coprifuoco, combatteva al fianco delle staffette partigiane. Ma il successo pian piano svanì con l’avvento degli anni ‘50, quando l’automobile cominciò a diventare il mezzo di trasporto delle masse e portò, in pochi anni, al progressivo abbandono dei mezzi a pedali, specialmente per il trasporto delle merci. Alla fine degli anni ‘60 però, stimolato dalla crescente consapevolezza degli americani del valore dell’esercizio fisico, l’uso della bicicletta godette finalmente di una nuova prosperità. Le vendite raddoppiarono tra il 1960 e il 1970, e di nuovo tra il 1970 ed il 1972. La maggior parte di queste bici vendute erano modelli da corsa: più leggere, dotate di manubri ricurvi, deragliatori da 5 a 15 velocità e sellini più stretti e non offrivano altri ac-
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In basso Una studentessa che supporta la campagna "Keep bikes alive" - Tenete viva la bici - presso l'Università dell'Oregon.
cessori extra, come ad esempio il carter para catena ed i parafanghi che si trovavano nei precedenti modelli “da passeggio”. Fino alla fine degli anni ‘80 le bici da corsa dominarono il mercato del Nord America, quando apparvero le mountain bike, spinte dall’evoluzione del ciclismo fuoristradistico e di altri sport, più o meno estremi. Questa tipologia di bicicletta presentava telai più robusti, sospensioni più complesse e la presa sul manubrio orientata in direzione perpendicolare all’asse della bicicletta, per permettere al ciclista di resistere agli sbalzi in avanti durante le corse sui pendii sassosi. L’avvento della mountain bike, nonostante abbia rivitalizzato il mondo della bicicletta negli ultimi anni, purtroppo ha anche portato la bici ad avere un’immagine di veicolo di intrattenimento e di moda, piuttosto che quella, a lei più consona, di mezzo di trasporto: leggero, economico, salutare ed ecologico. Oggigiorno, nonostante tutti gli alti e bassi avuti dal mercato ciclistico negli ultimi 200 anni, con circa 1,4 miliardi di pezzi - contro 400 milioni di auto - la bici è il mezzo di trasporto più usato del pianeta, per andare a lavoro o per il lavoro stesso, per fare sport agonistico o semplicemente per mantenersi in forma; servo o amico, unico veicolo davvero democratico, capace di aggregare persone di ogni fascia di età.
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3. ANALISI DI MERCATO
3.1 Overview Pagina a fianco Anziano guarda delle bici in vendita.
Il mercato che riguarda la vendita delle biciclette è solamente una branca di un più vasto mercato, che comprende anche motocicli e varie tipologie di accessori, (telai, forcelle, cerchi, sellini, mozzi, freni, ruote, etc…), che ha fatto registrare nel 2010 introiti per 5,3 miliardi di euro ed ha una crescita percentuale prevista del 4,7%. Tornando alle sole biciclette, per quanto riguarda il mercato globale c’è da dire che è dominato dal continente asiatico con un venduto pari a 623 milioni di euro e un market share del 31,9%, seguono a ruota Nord America ed Europa, più lontane le nazioni restanti. Sul fronte previsioni, invece, ci sono buone prospettive, con una crescita prevista di circa 23% tra il 2006 e il 2011 ed introiti per 2,5 miliardi di euro.
Valore, market share e forecast del mercato globale delle bici 623
502
492 159
156
SUD AMERICA
AFRICA
24 ASIA
NORD AMERICA
EUROPA
OCEANIA
*dati in milioni di euro
32% Asia 26% Nord America 25% Europa 8% Sud America 8% Africa 1% Oceania
2011 € 2.483.000.000 +23%
2006 € 1.956.000.000
Sul fronte europeo, invece, il paese che domina il mercato, con un valore di 88 milioni di euro ed una quota del 18%, è la Germania, seguita da Francia, Gran Bretagna ed Italia. Qui c’è da sottolineare un fatto curioso: l’Olanda, paese noto per l’attitudine ciclistica, si classifica “solo” settima; se però si considerasse la “spesa pro-capite” di € 1,58, diventerebbe la prima superando i tedeschi fermi ad € 1,55. Anche nel vecchio continente le previsioni sono positive, con una crescita stimata, tra il 2006 e il 2011, del 19% e introiti per 608 milioni di euro.
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Valore, market share e forecast del mercato europeo delle bici 185 88
66
62
58 33
GERMANIA
FRANCIA
GRAN BRETAGNA
ITALIA
SPAGNA
ALTRI
*dati in milioni di euro
18% Germania 14% Francia 13% Gran Bretagna 12% Italia 7% Spagna 38% Altri
2011 € 608.000.000 +19%
2006 € 492.000.000
3.2 L’Italia Per quanto riguarda il Belpaese nel 2010 si sono registrate vendite per 67 milioni di euro, attestandosi sull’11,57% del mercato europeo e sul 2,85% del mercato mondiale. La città italiana che ha fatto registrare i maggiori introiti è Roma, che con i suoi quasi 15 milioni di euro si posiziona 19esima nel ranking mondiale, la segue Milano, 47esima nel mondo con quasi 8 milioni. Secondo i dati dell’ANCMA (Associazione Nazionale Cicli Motocicli Accessori), relativi al mercato italiano dal 2006 al 2009, la produzione si è ripresa velocemente dopo la crisi del 2008, con un incremento del 8,61%; cosa che non è successa per i motocicli (scooter, moto, etc…), che hanno registrato una pesante inflessione del 22,13% (dai 470.000 pezzi del 2008 ai 366.000 del 2009). Con i circa 2 milioni e mezzo di bici prodotte nel 2009, l’Italia si è affermato come primo produttore di bici in Europa seguita quasi a ruota dalla Germania. Questa massiccia produzione si divide principalmente tra i 668.000 pezzi di mountain bike e gli 897.000 pezzi di city bike; viene prodotto anche un egual numero di bici per bambini ed adolescenti. 3.3 Principali aziende produttrici di bici Le aziende che sponsorizzano i team di corridori di competizioni di altissimo livello come il Tour, il Giro o la Vuelta, sono sicuramente quelle più importanti del settore perché sperimentano molto, cercando soluzioni innovative sia dal punto di vista dei materiali e delle loro applicazioni, sia
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A fianco Il logo della Giant, nella loro sede principale a Taiwan.
dal punto di vista della meccanica. E’ certo che l’Italia può definirsi un’eccellenza in questo campo con imprese del calibro di Bianchi, Carraro, Colnago, Olympia e Pinarello (in testa alle italiane con 35 milioni di euro di fatturato), in grado di fare concorrenza a giganti del calibro delle americane Cannondale e Trek (rispettivamente 150 e 420 milioni di euro di fatturato) e della taiwanese Giant (market leader con 570 milioni di euro di fatturato). 3.4 Accessori Il mercato degli accessori riguarda soprattutto telai, forcelle, mozzi, freni, pedivelle, deragliatori, ecc… Rientrano in questa categoria anche i portapacchi, anteriori o posteriori, spesso usati nelle bici ibride. A livello globale, l’Asia domina sempre con introiti per 119 milioni di euro e la stessa identica quota di mercato delle bici, ma in questo caso, l’Europa è al secondo posto superando il Nord America con un notevole distacco (119 milioni a 109). Le previsioni di vendita a livello mondiale per il 2011 sono favorevoli, con una crescita stimata del 4,7%. In Europa si avrà una fase di stallo visto che i forecast prevedono, nel 2011, vendite per 136 milioni di euro, mantenendo così pressoché invariata l’attuale percentuale del 30%. Nel vecchio continente l’Italia si posiziona quarta, successivamente a Germania, Francia e Regno Unito, con circa 11 milioni di euro di prodotti venduti e una quota del 10% nel mercato europeo. 3.5 Principali aziende costruttrici di accessori Parlando di produttori di accessori bisogna effettuare una distinzione tra quelli che realizzano componenti funzionali alla bici e quelli che realizzano “optional”. Della prima categoria alcuni esempi di aziende che ne fanno parte sono l’eccellente e storica Campagnolo (deragliatori, pedivelle,
27
Valore, market share e forecast del mercato degli accessori 119
109
97 30
ASIA
EUROPA
NORD AMERICA
14
SUD AMERICA
AFRICA
5 OCEANIA
*dati in milioni di euro
32% Asia 30% Europa 26% Nord America 8% Sud America 4% Africa 1% Oceania
2011 € 475.000.000 +21%
2006 € 374.000.000
ruote, ecc…), l’altrettanto storica Shimano (cambi) e le sellerie Fizik e Selle Italia. Per quanto riguarda la seconda categoria, invece, le imprese più interessanti sono l’americana Topeak, la canadese Axiom e l’olandese Basil. Ai fini di questo lavoro è sicuramente utile trattare brevemente solo la seconda categoria. La Topeak è un’azienda con un portfolio prodotti davvero ampio, produce da borse e portapacchi fino a soluzioni espositive e attrezzi per la manutenzione delle bici. è sponsor di un team da competizione e ciò denota il suo credo nella disciplina ciclistica ed anche la passione e serietà che mette nella progettazione dei propri prodotti. Inoltre cerca di fidelizzare i propri clienti anche attraverso nuovi mezzi di comunicazione, quali Facebook, Twitter e un blog. La Axiom ha un portfolio ridotto rispetto alla Topeak. A differenza di quest’ultima, però, l’attenzione è posta molto di più sugli utenti, e non sui prodotti, presentando la bici come un piacere, una scappatoia dalla routine quotidiana, ed un viaggio su una due ruote possa dare benessere. I prodotti sono più razionali e meno ricercati, ma comunque di ottima fattura. L’olandese Basil Design si presenta con un look molto più allegro e giocoso rispetto alle altre due aziende, e l’assortimento del catalogo rispecchia questa filosofia: colori allegri, texture che ricordano tovaglie o ispirate alla natura, tessuti che sembrano quasi patchwork, vi sembra racchiuso tutto il modo di vivere la bici proprio degli olandesi. Sul loro sito è sempre presente la scritta “enjoy your ride!”, letteralmente “goditi il viaggio”, ma piuttosto metafora del viaggiare sentendo i suoni e gli odori dell’ambiente circostante.
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Pagina a fianco La facciata di uno strano bar, interamente dedicata alla bici.
3.6 Competitor diretti. I portapacchi Nella progettazione di un artefatto per trasportare i propri oggetti in bici è sicuramente utile considerare quelli che possono essere i prodotti competitor o portatori d’innovazione. In questa ottica il primo passo è analizzare quelli che possono essere i competitor diretti, vale a dire i portapacchi. Normalmente forniti di serie con le city bike (soprattutto femminili), diventano un optional quando si parla di mountain bike, bici in cui possono essere montati solo sul lato posteriore. Ne esistono fondamentalmente di due tipi: quelli classici, con doppio aggancio al mozzo ed ai foderi alti, solitamente realizzati in acciaio, e quelli con aggancio al tubo del sellino (cannotto), più versatili ma molto meno resistenti e diffusi. 3.7 Competitor indiretti. Gli zaini e le borse L’analisi dei competitor non può esaurirsi però ai soli portapacchi perché come visto non sono atti a soddisfare pienamente le esigenze degli studenti che si muovono in bici e necessitano di trasportare i propri oggetti velocemente ed in sicurezza. Per questo è addirittura più interessante guardare agli zaini e borse più innovativi presenti sul mercato, spesso resistenti alle intemperie ed in alcuni casi adatti ad essere utilizzati anche durante l’attività sportiva. 3.8 Considerazioni Si è visto in precedenza come il mercato delle bici a livello mondiale ed europeo sia in costante crescita ed anche in Italia le vendite hanno fatto registrare un riscontro positivo, a differenza del mercato dei motocicli che ha subito negli ultimi anni una pesante inflessione; in effetti le imprese italiane produttrici di biciclette sono molto innovative e leader anche in Europa. Detto ciò è strano come questa opportunità di mercato venga sfruttata poco o niente dalle imprese italiane produttrici di accessori, con gli utenti costretti a comprare prodotti esteri su siti internet. è auspicabile, quindi, una riconquista di questo mercato perduto, attraverso prodotti innovativi quanto o anche più di quelli stranieri.
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Pagina a fianco Esposizione di bici in un negozio.
Caso studio 1: Topeak BeamRack EX Questo portapacchi è uno dei pochissimi esempi di prodotto con sistema di aggancio al cannotto. è realizzato in due materiali, alluminio per quanto concerne la parte strutturale e plastica per la parte atta a sostenere eventuali borse e che funge anche da cassettino per attrezzi per piccole riparazioni. All’esterno di quest’ultimo è presente un piccolo catadiottro. L’aggancio è permesso grazie ad un morsetto circolare capace di adattarsi a tubi di diverse dimensioni (da 25,4 mm a 31,8 mm); la chiusura si ha con una vite, per rendere questa operazione possibile anche senza l’utilizzo di attrezzi è stata aggiunta una leva. Le dimensioni sono di 50,8 x 12,7 x 8,4 cm, pesa 675 grammi e può reggere fino a 7 kg. Andrebbe utilizzato con le borse Topeak, progettate appositamente con un sistema di blocco brevettato; per altre borse occorre utilizzare il ragno elastico per mettere il tutto in sicurezza (comunque parziale). Un perfetto esempio di borsa Topeak è la MTX TrunkBag EX. La struttura rigida è data dalla schiuma di EVA, che funge quindi anche da imbottitura; il tessuto usato è il poliestere 600D rivestito con teflon per essere ulteriormente impermeabilizzato. Utilizza un sistema brevettato per l’aggancio ai portapacchi della medesima azienda e le sue dimensioni sono di 35 x 21 x 19 cm, con un peso di 760 grammi ed una capacità di 8 L.
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Caso studio 2: Axiom Journey Ecco un altro rarissimo esempio di portapacchi per cannotto. Realizzato quasi interamente in lega d’alluminio, presenta una piattaforma separabile, di 36 x 14 cm. La possibilità di sgancio è stata pensata nell’ipotesi che l’utente porti con sé la piattaforma attaccata ad una borsa; in merito a quest’ultima operazione è da notare come l’unico metodo possibile per la messa in sicurezza di un oggetto da trasportare sia l’elastico. Esistono due varianti del fissaggio al tubo del sellino: la prima molto simile a quella Topeak, due “ali” si adattano a diversi diametri e vengono fissati tra di loro tramite una vite con leva, per agevolare lo svolgersi del compito senza attrezzi; la seconda è una semplice staffa che viene agganciata tramite 4 viti e bulloni (non è possibile uno sgancio veloce). Il prodotto pesa 980 grammi e può reggere fino a 15 kg.
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Caso studio 3: Kriega R25 L’R25 ha degli spallacci con un sistema di sgancio rapido, chiamato QUADLOC, unico nell’industria dello zaino. Progettato per ottimizzare il trasporto di carichi per ciclisti e motociclisti, il sistema a 4 punti permette di trasferire il peso dalla schiena al petto ed ai fianchi, e quindi risultare più comodo, soprattutto sulle lunghe distanze. La parte principale dello zaino non presenta nulla d’innovativo. Peso: 1,4 kg Dimensioni: 52x30x16 cm Capacità: 25 L Prezzo € 110
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Caso studio 4: Boblbee Amphib 4S Pensato per l’utente che vuole effettuare sport estremo ma comunque trasportare e proteggere lo stretto indispensabile avendo al contempo la massima libertà di movimento. L’Amphib 4S, nonostante le sue dimensioni compatte, offre un ottimo supporto per sci e tavole; inoltre è un compagno ideale in condizioni estreme, quali pioggia, neve ed acqua salata, grazie alla struttura schiumata totalmente impermeabile e ripstop. La scelta dei materiali lo rende comodo da portare nonostante la rigidezza. All’interno è presenta una tasca ulteriormente impermeabilizzata. Peso: 0,9 kg Dimensioni: 42x29x16 cm Capacità: 15 L Prezzo € 189
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Caso studio 5: Boblbee Megalopolis Prodotto di punta della svedese Boblbee, ne esiste un’altra versione chiamata Sport, leggermente più piccola ed economica. Pensato per ogni tipo di utilizzo ma rivolto soprattutto a ciclisti, motociclisti e sciatori, infatti è stato brevettato come proteggischiena. Dal punto di vista dell’utilizzo, due tasche sul coperchio danno la possibilità di portare piccoli accessori, un vano interno portatile con molteplici tasche, nonché una tasca per cellulare su uno degli spallacci. Il Megalopolis Executive, inoltre, è compatibile con una svariata gamma di accessori. Infine, per una protezione del guscio rigido è presente una finitura trasparente come quella delle auto. Peso: 1,9 kg Dimensioni: 56x30x15 cm Capacità: 20 L Prezzo € 239
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Caso studio 6: Ergon BA1 New Zaino multifunzione pensato per escursioni, passeggiate e arrampicate. La struttura flessibile in PP distribuisce fino all’80% del peso totale sui fianchi, mentre la giunzione a palla Flink® consente una notevole libertà di movimento. Completano questo prodotto una sacca per l’idratazione, delle tasche anteriori e laterali con zip di chiusura, un coprizaino integrato e delle cinghie a compressione laterali. Infine, il sistema di trasporto con cintura in vita regolabile favorisce la ventilazione e gli spallacci sono presenti in due taglie, sia per gli uomini che per le donne. Peso: Dimensioni: Capacità: 16 L Prezzo € 87
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Caso studio 7: Basil Messenger Bag L’unica borsa davvero interessante è la Select-Messenger Bag della Basil Design, realizzata in nylon trattato per essere impermeabile all’acqua, presenta una serie di tasche interne ed esterne, una cinghia per il trasporto a spalla e delle bande catarifrangenti. Se fosse solo per queste caratteristiche sarebbe una normalissima borsa per pc, ma vale la pena prenderla in esame per un piccolo quanto intelligente particolare, che nel prodotto è nascosto in un taschino. Il Basil Hook® è un sistema brevettato, composto da due uncini di plastica che riescono ad agganciarsi perfettamente ai tubi dei portapacchi da city bike (diffusissime in Olanda) fino a 16mm (misure standard), e quindi permettono il semplice trasporto della borsa senza gravare sulle spalle dell’utente ciclista. La banduerola al centro garantisce un’ulteriore sicurezza evitando o limitando al massimo l’oscillazione verso l’esterno che potrebbe avere la borsa durante un normale tragitto in bici. Peso: Dimensioni: 41x30x15 cm Capacità: 16 L Prezzo € 108
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Benchmarking (casi studio 3-7) 1) Kriega R25 2) Boblbee Amphib 4S 3) Boblbee Megalopolis 4) Ergon BA1 New 5) Basil Select Messenger-bag 1
2
3
4
5
Qualita’ Sicurezza del computer Funzionalita’ Resistenza all’intemperie Unicita’ Prezzo qualità
sicurezza
prezzo
unicità
funzionalità
resistenza
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“
“La bicicletta è un perfezionamento del corpo stesso...non ci sono un uomo e una macchina. C’è solo un uomo più veloce.”
”
Maurice Leblanc
4. VALUTAZIONI SUGLI UTENTI
4.1 Il ciclista come tipologia d’utente Pagina a fianco Una studentessa va bici, portando con sé una borsa.
In basso Il concept di Martin Angelov, un canale, sospeso sopra il traffico, su cui andare in bici.
Dalla definizione di ciclista del dizionario Zanichelli si apprende che esistono tre significati principali: 1) chi va in bicicletta; 2) chi pratica lo sport della bicicletta, per diletto o per professione; 3) che va in bicicletta, che si sposta per mezzo della bicicletta. Questo terzo significato ha funzione di aggettivo e va ad accompagnare il sostantivo di turno, che in questo caso è studente, ed in effetti si tratterà più avanti dello studente ciclista come utente di riferimento. Ma cominciamo vedendo cosa significhi essere un ciclista, perché lo si è e cosa comporta. Il popolo dei ciclisti, intesi come coloro che utilizzano una bici per vari motivi, è davvero vasto ed al suo interno vi si possono trovare persone di qualsiasi età e sesso, etnia e professione, chi utilizza la bici per svago o per sport, per spostarsi o addirittura come mezzo di lavoro; naturalmente ciò è da imputare alle caratteristiche del veicolo, in quanto unico mezzo davvero democratico, ed anche molto economico, accessibile praticamente a tutti nelle sue versioni base. Per quanto riguarda il lavoro, inoltre è perfetto per districarsi nel traffico cittadino ed è per questo ad esempio che i pony express in bici ormai sono una realtà affermata nelle grandi metropoli statunitensi e che si sta affermando sempre di più anche in Europa. Tornando a cosa significhi essere un ciclista, c’è da dire che spesso è davvero uno stile di vita e questa tipologia di utenti incarna totalmente il muoversi in libertà e spesso lo trasferisce nella vita di tutti i giorni; a questo proposito è interessante un pensiero dell’architetto russo Martin Angelov, autore di un - alquanto discutibile - concept per la mobilità urbana ciclistica, che recita: “Siamo nati per muoverci e questo ci rende vivi. L’atto del muoversi non dev’essere circoscritto al mero spostamento, ma dev’essere un’esperienza totale. La qualità di quest’azione si riflette direttamente sulla qualità della nostra vita.”
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A fianco Panorama invernale con gruppo di ciclisti.
Pagina a fianco Particolare da un raduno di bike riders americani.
Ed i ciclisti incarnano perfettamente questo modo di esperire il movimento, come confermato dal famoso scrittore Ernest Hemingway che disse: “è solo andando in bici che potrai apprezzare i contorni di un paese, visto che dovrai sudarti le colline per poi ridiscenderle. è così ti ricorderai di loro per quello che sono, mentre con una macchina solo una collina alta t’impressionerà, e non avrai un ricordo così accurato del paese per cui hai viaggiato come andando in bicicletta.” Naturalmente oggigiorno il concetto di Hemingway si può trasferire anche alle città, popolate, ormai, anche dai cosidetti bicycle commuter, i pendolari in bicicletta, che oltre a spostarsi più velocemente che in macchina, hanno un’esperienza sensoriale totalmente diversa rispetto al mezzo a motore. Si può notare, quindi, come i vari utenti, siano essi pendolari, fattorini o sportivi vivano tutti un’esperienza di base molto simile andando in bicicletta; ma allora in cosa sono diversi? Le differenze stanno proprio nella bici e negli accessori da loro usati, ed in effetti come sostenuto dal pioniere dell’emotional design, Patrick W. Jordan: “L’utente ricerca negli artefatti gli stessi tratti della propria personalità.” A persona diversa, quindi, corrisponde bici diversa: i fanatici dei trick - le acrobazie - useranno una fixie, nomignolo attribuito alle bici a ruota fissa (senza marce e senza freni); i classicisti prediligeranno city bike con colori vintage; gli amanti del DIY - do it yourself - avranno veicoli customizzati; quelli dell’hi-tech, bici ultra-tecnologiche con parti in titanio o fibra di carbonio e ci saranno persino i finti ecologisti con bici in bamboo o legno. In ogni caso si tende ad esibire la propria bici come parte di sé, come dimostrato dalle foto, nelle prossime pagine, fatte dalla fotografa Keiko Niwa al New York Bike Jumble - miscuglio - un raduno di ciclisti, dove sono presenti un mercatino ed uno spazio per esibizioni.
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Pagina a fianco e precedenti Alcuni degli utenti fotografati da Keiko Niwa.
A fianco Una city bike dal manubrio stranissimo, davanti alla Scuola del Design a Bovisa.
4.2 Utente di riferimento Focalizzandoci sull’ambito di progetto originale è il caso di ripetere che l’utente tipo è uno studente universitario, ma anche un ciclista, considerandone l’accezione in qualità di aggettivo definita dallo Zingarelli, un vero e proprio commuter a tutti gli effetti che utilizza la bici per gli spostamenti giornalieri. Il gruppo di utenti scelto per l’osservazione è formato da coloro che frequentano la Scuola del Design del Politecnico di Milano, che rappresentano un campione molto eterogeneo; ragazzi e ragazze di varie età, che frequentano corsi di studio diversi, con attitudini ed atteggiamenti diversi. Come già evidenziato prima, al di là dell’essere più o meno sportivi, la bici viene scelta soprattutto come mezzo di trasporto economico, ma anche comodo per evitare, almeno parzialmente, il traffico cittadino; il primo bisogno soddisfatto quindi è quello del movimento, ma essendo studenti ne esiste anche un secondo, non meno importante: il trasporto dei propri oggetti. Da un’attenta osservazione degli strumenti utilizzati dai ragazzi, sono stati individuati quali di questi sono - quasi - essenziali e portati praticamente sempre in università: l’indispensabile computer, di solito un 15,4 o 15,6 pollici, con dimensioni e peso importanti, e con esso vengono naturalmente un alimentatore ed un mouse; a seguire una minima scorta di materiale di cancelleria, penne e matite, ma anche pantoni, colla e taglierino; ed infine, almeno, un quaderno, un libro ed una bottiglietta d’acqua. Tornando all’osservazione delle bici possiamo notare come le più utilizzate siano la mountain bike e la city bike, che ogni studente personalizza a seconda delle proprie esigenze e gusto: cestini in vimini davanti al manubrio, cassette di plastica legate – quasi come dei venditori ambulan-
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ti – con delle semplici corde ai portapacchi posteriori, manubri allungati che ricordano più delle moto custom, ed altro. Molte di queste scelte corrispondono sicuramente a motivi di esigenza pratica, tra cui impera il sopra-citato trasporto di oggetti, eppure nel quotidiano questa funzione viene sempre svolta da zaini e borse a tracolla, onnipresenti compagni di uno studente di design, “custodie” necessarie per trasportare il suo – vitale mezzo di lavoro – computer portatile; questa abitudine, purtroppo, sforza la schiena non solo durante il trasporto a piedi, ma soprattutto durante il viaggio in bici, ed apre al bisogno di un sistema più versatile ed atto alle esigenze dell’utente per il trasporto degli oggetti necessari al proprio studio. Ricapitolando, quindi, l’utente tipo è un ragazzo che studia Design del Prodotto Industriale a Bovisa e vive a Milano; essendo un amante degli sport e credendo nella mobilità sostenibile opta per il pendolarismo in bicicletta. Quando si reca in università porta sempre il proprio notebook con sé utilizzando un normale zaino; purtroppo però giorno dopo giorno questa abitudine è ogni tanto causa di dolori, considerando un tragitto massimo da casa all’università di circa 4/5 km e quindi un tempo di percorrenza giornaliero di circa 40 minuti. Dal punto di vista dell’emotional design è un fanatico dell’hi-tech, è attratto dagli oggetti grintosi e dall’uso di materiali innovativi, nel campo dell’information technology è un enthusiast, desiderando sempre migliorie prestazionali e nuove feature - caratteristiche -, infine è molto attento a ciò che compra e quindi ricerca e pretende qualità ed affidabilità nei nuovi acquisti. Non va mai in giro senza l’ultimo smartphone e la sua bici da sogno è la All Black nata dalla collaborazione tra Hublot e BMC, un gioiello nero in fibra di carbonio.
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Pagina a fianco L'ingresso dell'edificio N, sede della Scuola del Design del Politecnico di Milano.
In basso Da in alto a sinistra procedendo in senso orario: la bici All Black di Hublot e BMC, il notebook Asus Lamborghini, la console Sony Playstation 3 e lo smartphone Apple Iphone 4.
4.3 Bisogni Pagina a fianco Illustrazione dell'artista americano Marco Zamora.
In basso Illustrazione dell'artista scozzese Will Freeborn.
Il bisogno primario dell’utente è quello del trasporto dei propri oggetti in università muovendosi in bici, che tuttoggi risulta non soddisfatto correttamente in quanto gli attuali sistemi di agevolazione alla movimentazione di oggetti sulle bici, come ad esempio cestini e portapacchi, non sono idonei al trasporto di zaini o materiale sensibile come un notebook, essendo quasi impossibile la messa in sicurezza. Anche utilizzando dei bauletti quest’operazione risulterebbe molto fastidiosa, sia per le dimensioni non adatte a contenere un computer portatile che anche quando soddisfatte, per la mancata certezza di un trasporto senza danni, sia in quanto a destinazione bisognerebbe trasferire il tutto in uno zaino, che quindi verrebbe portato in ogni caso, e che tornando a casa accadrebbe di nuovo l’inverso. Gli studenti ciclisti non dovrebbero essere costretti a dover indossare sempre lo zaino o la borsa a tracolla con cui trasportano gli oggetti personali, tra cui, il computer portatile; eppure effettivamente lo sono con tutte le problematiche concernenti, da eventuali problemi alla schiena o alle spalle all’essere sbilanciati da un sovraccarico laterale. In sostanza, quindi, l’utente non ha bisogno di un normale portapacchi, che non gli permette di agganciare per bene il proprio zaino, ma ha bisogno di un prodotto capiente quanto basti per poter trasportare, in totale sicurezza, il proprio computer e pochi altri oggetti agganciandosi alla bici in modo da evitargli dolori alla schiena.
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5. TIPOLOGIE DI BICI E COMPONENTI
5.1 Struttura e componenti di una bici Pagina a fianco Parte di bicicletta etichettata nell'ambito di uno spazio formativo all'interno di un alleycat race - letter. corsa di gatti randagi - una corsa non riconosciuta tra ciclisti.
In basso La Bycicle Typogram del tipografico Aaron Kuehn.
Nel corso della sua lunga storia furono molti i tentativi di introdurre variazioni nella struttura della bicicletta, vuoi per migliorarne l’efficienza alla luce dei progressi scientifici, vuoi per esperimenti di design, ma nonostante ciò la struttura generale della bicicletta può ormai essere considerata cristallizzata e si trova quasi immutata in tutte le numerose tipologie in cui si declina al giorno d’oggi. L’elemento portante è costituito dal telaio. Su questo trovano alloggiamento le numerose componenti che consentono il funzionamento del mezzo, che possono essere raggruppate in una serie di sistemi che assolvono ciascuno ad una specifica funzione. Lo sterzo, costituito dalla forcella che regge la ruota anteriore collegata mediante un cannotto (o pipa) inclinato in avanti al manubrio, consente di variare la direzione della ruota anteriore rispetto all’asse longitudinale del mezzo consentendo di eseguire le curve. La forcella dello sterzo funge da punto di aggancio della ruota anteriore, mentre il carro posteriore del telaio regge la ruota posteriore alla quale il conducente impartisce il movimento mediante la trasmissione, che in molte tipologie di bicicletta è associata ad un cambio di velocità, costituito da ingranaggi multipli sulla ruota posteriore ed eventualmente sulla corona, o più raramente da sistemi di ingranaggi contenuti nel mozzo della ruota posteriore (cambio epicicloidale o a velocità integrata). Sulla ruota posteriore è normalmente montato un meccanismo di ruota libera, che le permette di girare (nel solo senso di marcia) indipendentemente dal movimento dei pedali, consentendo alla bicicletta di avanzare per inerzia. Alcune biciclette montano invece il cosiddetto scatto fisso, ini-
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Sella
Cannotto o tubo reggisella Foderi alti o posteriori verticali
Tubo piantone
Freno posteriore
Pacco pignoni
Deragliatore frontale
Corone Deragliatore posteriore
Catena
Foderi bassi o posteriori orizzontali 58
Pipa
Manubrio
Leva freno
Tubo superiore
Tubo di sterzo Freno anteriore Tubo obliquo
Forcella Forcellino
Pedivella
Pneumatico
Raggio
Pedale
Mozzo
Cerchione
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A fianco Una fixed bike, si noti la totale mancanza di freni e cambi.
zialmente caratteristico delle bici da pista usate nei velodromi senza freni e senza cambio, ma che ultimamente trova sempre maggiore diffusione anche per l’uso su strada ad opera dei cosiddetti bike messenger, ovvero fattorini in bicicletta, popolari in diverse grandi città, che lo prediligono per l’efficienza meccanica, per l’affidabilità e poiché richiede pochissima manutenzione. Molti ciclisti infine ne apprezzano il contatto diretto con la strada che trasmette e lo giustificano con motivazioni filosofiche. Mentre, la maggior parte delle biciclette è inoltre dotata di un impianto frenante che può agire sul mozzo della ruota (a disco o a tamburo) o sui cerchioni (a bacchetta, cantilever, V-Brake, ecc). I comandi dei freni sono normalmente sul manubrio. Esiste anche un comando di freno a contropedale, poco diffuso in Italia, che attiva un freno generalmente a tamburo se i pedali vengono ruotati in direzione opposta al movimento. Il conducente viaggia normalmente in posizione seduta su una sella o sellino di forma approssimativamente triangolare, posta leggermente arretrata rispetto alla verticale del movimento centrale e collegata al telaio mediante un tubo detto reggisella o cannotto della sella che scorrendo all’interno del piantone consente la regolazione dell’altezza della sella. Da questa posizione, gode di una ottima visuale sull’ambiente circostante e sull’eventuale traffico. Per ridurre l’attrito delle parti in movimento, vengono utilizzati cuscinetti a sfera. Sul mozzo delle ruote sono realizzati avvitando sui perni supporti a forma di cono con la superficie concava, su cui scorrono le sfere, trattenute in apposite cavità realizzate nel mozzo. I cuscinetti sono presenti anche sul movimento centrale, sui pedali, sullo sterzo, sul meccanismo di ruota libera.
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5.2 Le tipologie di bici Finora abbiamo parlato solamente di bici, in quanto mezzo di trasporto, senza approfondire l’aspetto tecnico e generalizzando ampiamente. In realtà le tipologie di bici sono parecchie e cambiano, essenzialmente, in funzione dell’uso. Le bici si possono dividere sostanzialmente in macro-categorie: - Bicicletta da corsa o da strada: per gli appassionati è la bici per eccellenza. Leggera, tra i 7 e gli 11 chili, rapida, concepita per la velocità e l’alta prestazione su strada; ha una geometria che permette di sfruttare al meglio l’energia di chi sta in sella. Ha un manubrio molto ricurvo e poco largo con le manopole parallele alla ruota anteriore per consentire il controllo della velocità. La sella ha una forma aerodinamica, stretta e allungata, per evitare l’attrito sulle gambe. è caratterizzata da ruote da 27,5” (700 mm), fornite di pneumatici molto stretti (da 20 a 28 mm), e da una trasmissione che offre grandi sviluppi, grazie alle due corone (52-42 denti) e pignoni (da 6 a 10; tra 11 e 26 denti). In questa categoria rientrano anche le bici da competizione e per le prove a cronometro, quelle da pista e per il triathlon; i materiali sono molto avanzati, come ad esempio particolari leghe d’alluminio, fibra di carbonio e titanio; In basso Il concept di Martin Angelov, un canale, sospeso sopra il traffico, su cui andare in bici.
- Mountain bike: è sicuramente una bici molto versatile. Creata per attraversare boschi e pendenze oltre che per percorrere strade dissestate, la si vede sempre più spesso anche in città. Ha un telaio robusto, in acciaio o in leghe speciali
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ed è studiata per resistere a qualsiasi sollecitazione, infatti a seconda dei modelli montano ammortizzatori anteriori e posteriori. Il manubrio è diritto permettendo così un miglior controllo della direzione della bici in terreni difficili e gli pneumatici sono larghi e tessellati. I freni poi, sono posizionati in modo tale che le leve possano essere premute anche solo con due dita, e sono potenti, solitamente di tipo V-Brake o a disco meccanici o idraulici. Utilizzando una guarnitura di 3 corone (42-32-22 denti), e da 6 a 9 pignoni (da 11 a 28 - 30 denti), la trasmissione offre una gamma di sviluppi breve - rispetto ad una bicicletta da strada - ideale per terreni difficili o brusche pendenze. Il modello ideale va scelto in base alle dimensioni fisiche di chi la utilizza e alle caratteristiche, quindi è meglio farsi consigliare da un esperto; - Bicicletta ibrida: costituisce un compromesso, che combina allo stesso tempo alcune caratteristiche e vantaggi della bici da corsa a quelli della mountain bike. Come per bici da corsa ha ruote da 27,5”, ma utilizza pneumatici più larghi (da 32 a 40 mm), garantisce una miglior comodità ed un maggior assorbimento delle sollecitazioni, tanto in città quanto su strade sterrate. Invece, come le mountain bike, è dotata di un manubrio dritto, ma generalmente più sollevato e con pipa quasi verticale. Infine, con la sella studiata per il comfort del ciclista, con superfici più ampie, si dimostra una buona bicicletta sia per escursioni che per spostamenti urbani, assolutamente perfetta per i pendolari;
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In basso Pacco pignoni di una Pinarello.
A fianco Una classica Graziella.
- City bike: la classica bici, caratterizzata dalla sua semplicità, la sua affidabilità e la sua efficacia nel contesto urbano e nelle brevi escursioni. Tradizionalmente fornita di una sola velocità e di un freno a contropedale, se ne trovano ormai versioni molto più elaborate. Gli esemplari più famosi di city bike sono di certo l’olandese e la Graziella, ma oggi si arriva anche a modelli equipaggiati di mozzi a velocità integrate (3-4-5 o 7 velocità), quindi privi di deragliatore, come pure freni a tamburo o V-Brake. In ogni caso, sia i modelli antiquati che quelli più recenti di queste bici montano un’ampia sella su molle (oggi nascoste) e pneumatici di 26”, con una larghezza di circa 35 mm. Rispetto alle altri bici è la più fornita di accessori, un portapacchi, spesso sull’anteriore un cestino, un campanello, una luce ed un catarifrangente, un carter per proteggere la catena ed una coppia di parafanghi. Negli ultimi anni questi bici sono state - in gran parte - soppiantate dalla bicicletta ibrida, nonostante questo restano comunque una buona soluzione per gli spostamenti in città; - Bici da cicloturismo: una bici perfetta per le necessità del viaggiatore in bicicletta, che trasporta bagagli e materiale da campeggio. Sostanzialmente è un’ibrida leggermente modificata, infatti mantiene pressoché invariate le ruote, mentre fornisce una posizione di guida “più lunga”, ottenuta da un allungamento dei tubi di base del quadro. Un angolo di direzione “meno rilevato”, ed una forcella più curva avente una pipa più lunga. Il tutto migliora la guidabilità
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su strada, la comodità e la stabilità. Monta potenti freni di tipo cantilever o V-Brake. Inoltre il quadro e la forcella possiedono legami brasati, per ricevere i diversi accessori necessari in escursione (portapacchi, portaoggetti); -BMX: bici creata negli anni ‘70, inizialmente per i bambini. Tale bicicletta è caratterizzata dalla sua robustezza e la sua solidità, con ruote da 20” e pneumatici larghi dai 45 ai 54 mm. La BMX è molto pratica e permette alcune prodezze acrobatiche ai suoi utilizzatori. Negli anni ‘90 si è assistito ad un rinnovamento della sua popolarità, con la creazione di club e di gare di alto livello, con iscritti di ogni età dai giovani agli adulti; - Tandem: è una bici concepita per essere utilizzata da due ciclisti. Di costruzione molto più robusta, lo si trova in varie versioni: da corsa, mtb, ibrida e da città. Fornito generalmente degli stessi componenti delle bici “semplici”, eccetto per le ruote (più robuste e con più raggi), e per la trasmissione (essendo i due pedali interdipendenti, e collegati da una lunga catena). Dato il peso, i freni sono sempre molto potenti, di tipo V-Brake, a tamburo o a disco. Addirittura a volte alcuni tandem sono forniti di tre freni;
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In basso Acrobazie ad un BMX Free Ride.
A fianco Un tipo di recumbent bike.
- Bici orizzontale o recumbent: questo tipo di bicicletta è sicuramente il meno conosciuto, ma nonostante ciò, annovera una quantità straordinaria di varianti. La principale caratteristica di questa bici è che il ciclista siede, non su di un normale sellino, ma su una ben più ampia seduta, e che pedala con le gambe messe in orizzontale piuttosto che in verticale. Secondo i suoi progettisti e gli appassionati è più comoda delle biciclette tradizionali; le prestazioni possono variare in gran parte dal modello. Ora che sono state descritte le principali tipologie di bici esistenti, c’è da dire che le prime quattro sono quelle davvero diffuse, con mountain bike, city bike ed ibrida che vincono su tutte, fatto ancora più vero se rapportiamo il veicolo al conducente, ovvero allo studente, che normalmente tende a non spendere grosse cifre e quindi difficilmente comprerà una bici da corsa. Di seguito saranno mostrate quattro esemplari molto rappresentativi delle prime quattro categorie, in modo tale da poter visualizzare meglio eventuali dettagli utili nella successiva fase di progettazione.
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BICI DA STRADA:
PINARELLO PARIS
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MOUNTAIN BIKE:
TREK FUELEX 99
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BICI IBRIDA:
SCOTT SPORTSTER
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CITY BIKE:
GIANT CITYSPEED
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5.3 Gli spazi per il trasporto di oggetti in bici è stata analizzata la struttura di una bici generica e successivamente le tipologie più caratteristiche, mostrandone un esemplare tipo per ognuna delle quattro più diffuse. Adesso prima di procedere con la generazione delle ipotesi, nella progettazione di un prodotto che permetta di trasportare oggetti in bici, bisogna effettuare un’analisi degli spazi sfruttabili sulla stessa. Le aree a cui è possibile agganciare un oggetto sono sostanzialmente quattro: - sopra la ruota anteriore: può essere sede di accessori o no a seconda del tipo di bicicletta, city bike in primis ma anche quelle per cicloturismo e alcune ibride, a cui si può collegare un piccolo portapacchi. In effetti in paesi come l’Olanda, in cui queste bici sono diffusissime si trova spessissimo il classico canestro, metallico o in vimini. Utilizzare la parte anteriore della bici per il trasporto di oggetti, comunque, non è il massimo, dato lo spazio limitato e la presenza dei fili dei freni - anteriori e posteriori - e del cambio; inoltre l’area frontale comunque non andrebbe caricata di troppo peso, sia per la stabilità sia per l’aerodinamica; - il telaio o quadro: altra zona particolarmente complessa da sfruttare in primis per la sua diversità tra diverse bici, sia per tipologia - le mountain bike spesso hanno
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In basso Una piccola borsa agganciata al sottosella e un portapacchi da cannotto.
un telaio più piccolo con il tubo superiore molto inclinato - che per sesso, visto che le bici femminili non hanno la forma cosiddetta “a diamante”, ma ad U come le olandesi. Posto, quindi, che questa zona è sfruttabile solo nelle bici maschili c’è da dire che il tubo obliquo ed il piantone sono molto spesso sede di uno o addirittura due portaborraccia, ed effettivamente è quella l’area massima occupabile in quella zona, perché diversamente si andrebbero a bloccare i movimenti dei pedali. Sul tubo superiore, invece, si potrebbe agganciare qualcosa, ed in effetti vengono vendute delle borse, ma sono piccole perché un oggetto troppo voluminoso andrebbe ad intralciare la naturale traiettoria delle gambe durante la pedalata; - il sottosella: anche questa zona presenta delle problematiche o meglio non è universalmente sfruttabile e ciò è dovuto alla differenza delle selle tra le bici. Nelle city bike questo componente è più largo e per risultare più comodo presenta delle grandi molle, a vista in quelli più vecchi e coperte in quelli nuovi, ma che in sostanza impediscono l’aggancio di qualsiasi altro oggetto. Nelle altre bici che utilizzano selle con materiali più avanzati è possibile attaccare delle borse, che in sostanza sono più degli svuotatasche date le dimensioni ridottissime; - sopra la ruota posteriore: questa è la zona più sfruttabile in assoluto per il trasporto di oggetti in bici, soprattutto perché - come si può notare dalla vista delle precedenti foto - è uno spazio che - tranne per un leggero cambio di angolazione nel tubo piantone - resta pressoché invariato tra diversi modelli. Nelle city bike è spesso fornito un portapacchi di serie, ma comunque, nonostante negli altri modelli non sia presente, si può comprare come accessorio sia nella versione con aggancio al mozzo che in quella con fissaggio al cannotto. A differenza del trasporto sull’anteriore, essendo il posteriore fisso e non adibito alla sterzatura, non si presentano problemi di stabilità ed anzi come dimostrano le biciclette per cicloturisti, il peso trasportato può anche essere notevole. A livello progettuale, quindi, è proprio quest’ultima zona la più interessante sia perché è quella più ampia sia perché rimane pressoché invariata in davvero quasi tutte le tipologie di bici, tranne il tandem e la recumbent, sia con il telaio a diamante che con quello ad U. Per questo è bene che diventi oggetto di studio per la ricerca di nuove soluzioni che non siano semplici portapacchi o che sfruttino al meglio quelli esistenti.
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6. CONCEPT
6.1 Riepilogo Pagina a fianco Schizzi iniziali: una possibile borsa a tracolla.
In basso Schizzi iniziali: un sistema con cui trasportare gli oggetti sopra la ruota posteriore o sulle spalle anticipazione del progetto finale.
Prima di cominciare è bene ricordare che l’utente tipo è uno studente della Scuola del Design del Politecnico di Milano che utilizza la bici per recarsi in università ed in questa operazione riscontra il problema di come trasportare i propri oggetti, che sono: computer portatile, alimentatore, mouse, un libro, un quaderno, delle penne e una bottiglietta d’acqua. Normalmente li trasporta con uno zaino o una borsa a tracolla, vista l’impossibilità di agganciare suddetti artefatti ad un eventuale portapacchi, o almeno di agganciarli in sicurezza; in sostanza, quindi, l’utente ha bisogno di una soluzione che sia più di un semplice portaoggetti o uno zaino, capiente quanto basti per poter trasportare gli oggetti personali, il tutto in totale sicurezza e al contempo salvaguardando la sua schiena e la stabilità della bici in movimento. Successivamente con l’analisi delle bici si è capito che le più usate sono la mountain bike, la city bike e quella ibrida, e che lo spazio ideale per il concepimento di un oggetto dedicato al trasporto è la zona posizionata sopra la ruota posteriore, spazio molto ampio, praticamente identico in tutte le tipologie di bici indipendentemente dal telaio e che non influisce molto sulla stabilità di marcia. Dopo queste considerazioni riguardo i bisogni dell’utente e gli spazi disponibili – al trasporto di oggetti – sulla bici, si è lavorato sulla generazioni di alcune idee che potessero rispondere a quanto detto sopra.
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A fianco Schizzi iniziali: una doppia borsa che può essere trasportata in più modi.
6.2 Idee iniziali Il concetto considerato fondamentale ed alla base del processo di generazione d’idee è quello della versatilità, intesa come flessibilità per quanto riguarda il trasporto, permettendo allo studente di scegliere se portare i propri oggetti sulle spalle o sulla bici, ma anche la possibilità di svincolare lo studente dall’acquisto, qualora non presente, di un portapacchi da agganciare al mozzo. Seguendo questo principio si è, quindi, cominciato a lavorare parallelamente su un paio d’idee ritenute interessanti. La prima (schizzo in pagina precedente) riguarda la possibilità di avere un artefatto che potesse essere trasportato a piedi o in bici come un normale zaino, ma anche - soluzione preferibile - agganciato al cannotto come fosse un portapacchi; quindi in sostanza una sorta d’integrazione tra quello che è attualmente in commercio in modo da rendere però questo operazione molto più semplice per l’utente, non costringendolo a comprare due oggetti distinti come potrebbe accadere ora. Si può adattare ad ogni tipo di bici. La seconda (rappresentata qui sopra) idea, invece, vorrebbe fornire più di una modalità di trasporto a piedi, utilizzando - rispettivamente - una tracolla, un paio di manici o degli spallacci, ed è composta da due borse la cui modalità di trasporto in bici consisterebbe nell’essere appoggiate al classico portapacchi, di cui, quindi, è necessariamente richiesta la presenza. Nessuna di queste idee è completamente valida, ma ragionandoci sù si è pensato che si poteva provare ad effettuare una “fusione” tra le due, principalmente con lo scopo di “liberare” la seconda proposta dal vincolo del portapacchi. La successiva ipotesi, quindi, si presenta sotto forma di due borse morbide unite da una fascia di tessuto che ha svariate funzioni: primariamente fornisce una base da poggiare sul portapacchi e bloccare con la molla; la seconda funzione svolta, invece, è quella di maniglia, grazie alla
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A fianco Particolari della doppia borsa: manico, spallacci e portapacchi.
presenza di due asole ed infine diventa anche una specie di passante durante l’utilizzo con la tracolla, su cui - sostanzialmente - viene poggiata, un po’ come succede con il portapacchi insomma. Inoltre, ciascuna delle borse presenta una tasca esterna, sebbene diverse nella forma e nella chiusura svolgono la medesima funzione, vale a dire nascondere: nella prima vengono nascosti una coppia di spallacci, per il trasporto a piedi ed eventualmente anche in bici; nella seconda, invece, è nascosto un portapacchi per dare la possibilità di attaccare l’intero sistema al tubo reggisella. Completano il quadro le due grandi tasche - una per borsa - pensate per accogliere il computer e gli oggetti restanti; infine, sono presenti lateralmente delle cinghie a compressione utili per unire le due borse, quando portate sulle spalle o agganciate al cannotto, ed al contempo per ottimizzare la distribuzione dei pesi.
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6.3 Evoluzione della proposta L’ultimo concept, come visto, presentava due borse collegate tra di loro da una fascia di tessuto, ognuna con due tasche, la prima per accogliere computer ed altro e la seconda per nasconedere - rispettivamente - gli spallacci e il portapacchi metallico, infine completavano il quadro un paio di cinghie a compressione. è bene evidenziare alcune problematiche: una è costituita dalla struttura metallica da agganciare al reggisella che non dovrebbe essere estraibile totalmente e ciò può portare, in alcuni casi, ad avere come un peso morto; la seconda, nonché principale, è data dal riempimento delle borse, che se non avviene per entrambe può causare problemi durante il trasporto sbilanciando di molto il baricentro dell’intero artefatto. Ragionando l’utente non può essere costretto a dover occupare sempre le due borse, cosa che anzi avverrebbe molto poco, e idem a dover portare sempre con sé il portapacchi metallico. Quale può essere, quindi, la soluzione a questi problemi? Per rimpiazzare le due borse mantenendo la stessa - massima - capacità di carico è possibile pensare a qualcosa che sia espandibile; per quanto riguarda il collegamento alla mountain bike, invece, si può pensare di cambiare materiale strutturale o comunque di fare in modo che non si sia costretti a portare con sé l’aggancio, lavorando sulla reversibilità. La proposta successiva, quindi, è una borsa, composta da una scocca rigida che svolge gran parte della funzione strutturale e da una parte morbida in tessuto, che espandendosi presenta la stessa capacità delle due prece-
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In basso Render.
A fianco Render.
denti; il portapacchi che prima era inserito in una tasca è stato ridotto ad un semplice innesto da agganciare al reggisella ed infine, data la forma piana dell’oggetto, gli spallacci sono stati eliminati, ritenendoli inutili per un oggetto di questa forma, per cui è stata reputata molto più indicata una tracolla, sganciabile, o, nel caso di brevi tragitti, un manico. Si è detto che grazie ad una staffa avviene l’aggancio alla mountain bike, invece, nel caso della city bike avendo eliminato la fascia di tessuto centrale, e volendo mantenere questa possibilità di avere diversi tipi di connessione a seconda della bici, si è dovuta trovare un’altra soluzione; nello specifico, ispirandosi alla Select-Messenger Bag dell’olandese Basil Design di cui si è trattato prima, si è pensato ad un sistema sganciabile composto da due uncini, che permettono l’aggancio in verticale al portapacchi. Le dimensioni della borsa, quindi, sono: 44,5 x 33 x 14 cm alla massima espansione, con una capacità di circa 15 L, e 44,5 x 33 x 8 cm al minimo, con una capacità di circa 10 L. Il peso è di circa un kg, su cui incide principalmente la scocca rigida. I due sistemi di aggancio a mountain e city bike hanno ingombri minimi e un peso complessivo di 300 grammi. 6.4 Materiali e Produzione Come detto il passaggio da molti a pochi componenti, da due ad una singola borsa, è stato possibile immaginando una struttura che fosse allo stesso tempo contenitore e sostegno, ciò implica la ricerca di un materiale che si dimostri approppriato a tale compito. La scocca, quindi, aveva bisogno di un materiale abbastanza robusto, che presentasse un’ottima resistenza alla flessione, ma che al contempo fosse molto leggero; naturalmente secondo questo ragionamento i materiali metallici sono stati scartati e si sono guardate le applicazioni dei polimeri ingegnerizzati, come ad esempio il Curv®, un tessuto di polipropilene
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stratificato, con cui sono realizzate le ultime valigie Samsonite, resistentissime ma purtroppo troppo flessibili. Allora la scocca, prendendo spunto dai polimeri rinforzati - ad esempio con fibre di vetro -, è stata pensata per essere realizzata da un composito formato da polietilene ad altissimo peso molecolare (UHMW-PE) stampato ad iniezione e rinforzato con la versione in fibra della stesso materiale, conosciuta sul mercato Dyneema®. Il polietilene citato è un termoplastico con altissima resistenza agli urti, che presenta, inoltre, altre interessanti caratteristiche: un’ottima resistenza agli agenti chimici, un’altissima idrorepellenza (0,01% massimo di acqua assorbita in 24h d’immersione), una resistenza all’abrasione 15 volte maggiore di quella dell’acciaio al carbonio, è auto-lubrificante ed ha un coefficiente di frizione pari a quello del politetrafluoroetilene (PTFE o Teflon). La sua versione filata, invece, è il materiale con la maggiore resistenza alla trazione presente sul mercato (15 volte l’acciao). Quindi, dall’unione dello stesso materiale lavorato in modi diversi, si ottiene una scocca che racchiude le caratteristiche migliori di entrambi, resistente agli urti, alla flessione, all’abrasione, all’acqua ed agli agenti chimici, inoltre il basso coefficiente di frizione e l’essere autolubrificante permettono di avere degli innesti sempre perfetti per gli agganci alla bici. Il resto dell’oggetto presenta l’aggancio al cannotto realizzato in acciaio, gli uncini da appendere al portapacchi in poliammide, tutti i tessuti in nylon ed un’imbottitura in neoprene, per ammortizzare parzialmente le vibrazioni.
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Pagina a fianco Un esempio di applicazione del Dyneema.
In basso Campioni di UHMW-PE.
6.5 Modalità d’uso: l’aggancio alla city bike
La parte con gli uncini s’incastra - premendo con forza - su uno dei due tubi laterali di un portapacchi da city bike. Una volta incastrato, si rigira la banduerola, che evita durante il trasporto l’effetto bandiera della borsa, bloccando la rotazione intorno al tubo.
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Si avvicina la borsa all’aggancio fin quando il foro posto sul retro non coincide. Appena l’incastro combacia, basta lasciar andare la borsa per fissarla alla city bike e procedere al trasporto.
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6.6 Modalità d’uso: l’aggancio alla mountain bike
Impugnando la staffa con il morsetto aperto lo si fa combaciare con il tubo reggisella. Avendolo fatto coincidere bene, lo si chiude e poi lo stringe, e mette in sicurezza, con una vite.
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Agganciata e messa in sicurezza la staffa, premendo sui bottoncini laterali si potrĂ innestare tranquillamente la borsa. Una volta innestata la borsa e rilasciati i bottoncini, il tutto sarĂ perfettamente connesso e quindi si potrĂ procedere al trasporto.
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6.7 Modalità d’uso: il trasporto a piedi e l’apertura
Arrivati a destinazione, si procede con l’agganciare la bici alla rastrelliera, lasciando la borsa in posizione. Dopo aver attaccato la bici, si può, quindi, procedere tranquillamente prendendo la borsa e trasportandola a piedi con il manico o la tracolla.
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Arrivati in classe, si posiziona la borsa orizzontalmente sopra un tavolo e la si apre agendo sulle levette delle cerniera. Poi si può tirar fuori tranquillamente tutti gli oggetti trasportati: computer, mouse, alimentatore, libro, quaderno, acqua e penne.
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6.8 Considerazioni Si è parlato delle caratteristiche del concept, come è costruito e come lo si usa, ora sarebbe bene vedere quali sono pro e contro di quest’idea per capire fin dove ci si può spingere nello svilupparla. PRO
CONTRO
scocca strutturale
inutilità di due diversi agganci trasporto scomodo con la tracolla staffa metallica corta e posizione scomoda dei pulsanti forma anonima materiale composito non testato
Come chiaramente visibile, l’unico vero pro è rappresentato dalla scocca strutturale che da all’oggetto una concezione nuova del trasporto in bici; il tutto può essere facilmente agganciato e sganciato in pochissimo tempo, senza travasi o connessioni scomode o poco sicure, quasi semplicemente come se si poggiasse uno zaino sul sedile di un’auto. Purtroppo c’è una serie - anche abbastanza lunga - di contro, che evidenziano gli aspetti critici dell’idea, a cominciare dall’inutilità dell’avere due diversi tipi di agganci. Quando sono state analizzate le bici si è visto come le tipologie più usate fossero sostanzialmente quattro, city e mountain bike, da corsa e ibrida, e di queste solo la prima e l’ultima presentano - neanche sempre - un portapacchi; quindi avere la presenza di un aggancio specifico per questo supporto sembra alquanto inappropriato, considerando anche che non fornisce un’effettiva sicurezza durante il trasporto. Si può utilizzare, allora, la sola staffa, visto che tutte le bici presentano un cannotto di dimensioni comprese da i 25,4 e i 31,8 mm, ed intervenendo sul corretto dimensionamento del morsetto si può avere un aggancio sostanzialmente universale.
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In basso Assonometrie dei due agganci alla bici.
Per quanto riguarda il trasporto a piedi - con la tracolla - c’è da dire che la forma piatta della scocca rigida non consente comodità, andando ad impattare sull’anca senza seguirne, minimamente, la forma; ma anche, se per qualche motivo risultasse impossibile la connessione al reggisella, la tracolla non può rappresentare una valida alternativa per il trasporto in bici, e continuerebbe a non esserlo anche se la scocca fosse sagomata, e con ciò apre al bisogno di sistemi di trasporto diversi, come ad esempio gli spallacci. Si passa poi alla staffa che - nel caso di riempimento totale della borsa o sellino basso - può rendere impossibile l’aggancio, ma questo è un problema facilmente risolvibile con un corretto dimensionamento e delle analisi strutturali. Per quanto riguarda i pulsanti, invece, la posizione laterale non è reputata la più consona in quanto la mano deve - necessariamente - inserirsi nello spazio tra la sella e la staffa, ciò significa che dev’essere - sempre - lasciato abbastanza spazio; un solo pulsante, sulla parte superiore della staffa, consentirebbe di evitare tutto questo, essendo accessibile, anche solo con uno o due dita. Il problema della forma anonima può essere risolto solo rivedendo totalmente l’estetica, considerando anche i canoni dell’utente tipo ed adeguandosi a questi. In ultimo si è inserito il materiale, che essendo una componente fondamentale del progetto, dev’essere necessariamente esistente in commercio e già testato, a differenza della - seppur interessante - soluzione proposta; in effetti, la tipologia di polietilene scelta è prodotta da una sola azienda ed, inoltre, non esiste alcuna certezza di come possa comportarsi, sotto sforzo, questo nuovo composito ipotizzato. Per questi motivi quest’idea non può considerarsi definitiva ed è, quindi, il caso di fare un passo indietro e rivedere i punti critici, mantenendo senza dubbio, quello che è l’unico pro, vale a dire una scocca strutturale, che possa permettere un trasporto molto semplice.
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7. IL PROGETTO DEFINITIVO: NEBULA
7.1 Presentazione Pagina a fianco Render.
Successivamente all’analisi di pro e contro svolta sull’idea di progetto considerata migliore, si è lavorato su quei cinque punti negativi per arrivare ad un artefatto che soddisfacesse pienamente tutti i requisiti. Quindi, il progetto definitivo consta di uno zaino rigido e di una sola staffa che permette l’aggancio al cannotto della bici. Il primo oggetto è composto da due scocche realizzate in poliammide con il 40% di fibra di carbonio - unite mediante una cerniera a tenuta stagna - in cui si va ad inserire una coppia di spallacci e dove si trova un foro quadrato per l’innesto della connessione - quasi interamente metallica - alla bicicletta. Rispetto al concept precedente, sono stati eliminati tracolla e manico, già considerati - precedentemente - un punto critico, in quanto successivamente ad un’osservazione più attenta dei comportamenti dell’utente, si è visto come risultassero molto più comodi gli spallacci, sia durante la fase di trasporto a piedi sia nel caso in cui l’utente fosse costretto o volesse indossare il prodotto anche andando in bici. Questi presentano, inoltre, un sistema di regolazione veloce, affine a quello presente sulle cinture delle auto da corsa, utilizzabile con una sola mano. Un altro problema era creato dal doppio sistema di aggancio che adesso è diventato singolo, utilizzando - come preventivato - una sola staffa da attaccare al reggisella, opportunamente allungata e con l’incastro allo zaino rivisitato per essere reso più comodo; perciò, l’eliminazione degli uncini che permettevano l’aggancio al portapacchi non influisce affatto sulla versatilità, visto che è necessario un solo braccio metallico per potersi agganciare a quasi tutte le bici presenti sul mercato. Anche la forma è stata rivisitata molto, cercando di raggiungere - pur essendo uno zaino rigido - il massimo comfort possibile in relazione agli utenti ed agli oggetti da lui trasportati; questi ultimi vanno ad occupare uno spazio interno organizzato tramite delle tasche - elasticizzate ed impermeabili - di cui una per notebook fino a 16”. è stato considerato anche il fattore sicurezza, risolto tramite l’utilizzo di un’imbottitura in un uretano ingegnerizzato molto leggero e resistente, che garantisce l’assorbimento delle vibrazioni e di eventuali urti contenuti. Infine, anche le dimensioni dell’oggetto sono variate rispetto alla versione precedente – avendo ad esempio un aggancio più lungo – ed ora sono di 62,7 x 29,2 x 22,3 cm con la staffa inserita, mentre per il solo zaino sono di 43 x 29,2 x 22,3 cm con una capacità di circa 10 L. Il peso è di circa 2 kg, su cui incide principalmente la scocca rigida. 7.2 La forma: scocca inferiore Una delle particolarità del progetto è data dalla posizione sospesa dello zaino durante il trasporto in bici, ottenuta grazie all’utilizzo di un polimero ingegnerizzato che riesce ad assolvere alla funzione strutturale, ma naturalmente questa soluzione comporta la rigidità del prodotto. è stato, quindi, necessario studiare la forma in maniera approfondita in modo da agevolare il trasporto in tutti i casi.
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Scocca superiore
Tessuti tasche superiori Cerniera a tenuta stagna
Tessuti tasca pc
Imbottitura
Scocca inferiore Aggancio a cannotto
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Spallacci
Pagina a fianco Esploso.
In basso e a seguire Studi sulla forma inferiore.
Per costruire il profilo inferiore si è pensato che, non essendo morbido, dovesse essere prodotto in modo da potersi adattare a tutti e, quindi, è stato effettuato una sorta di reverse engineering sulla schiena degli utenti limite: vale a dire il 95° percentile maschile ed il 5° percentile femminile italiani, rispettivamente 183 e 151 cm di altezza. Considerandoli sia in posizione eretta che sulla bici, si è ricavato un profilo da ognuna delle posture per entrambi i sessi, verificando, poi, come questo si comportasse nelle altre, e scartandolo nel caso in cui non combaciasse per bene con la schiena; avendo così ottenuto solo risultati negativi, questo lavoro ha portato - in seguito - a “mixare” i profili in modo da trovarne uno quasi universale che si adattasse al meglio alla schiena, e dopo vari tentativi - visionabili nelle pagine a seguire - il risultato è stata una curva che ricorda una S addolcita e che segue l’andamento naturale della colonna vertebrale. Per essere certi della genuinità del risultato ottenuto si è realizzato anche un semplice modello in polistirene che è stato - effettivamente - una conferma. Una volta ottenuta questa curva si è provata anche una seconda soluzione, raggiunta eliminando buona parte della scocca, secandola virtualmente con una curva; questa soluzione però si è rivelata inefficace, in quanto presentando una sorta di punti d’appoggio, è risultata funzionale solo per le strette schiene femminili, creando fastidi sulle ben più larghe schiene maschili, andando a puntellare sulle scapole.
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7.3 La forma: scocca superiore Così come la parte inferiore, anche la parte superiore è stata oggetto di studio per arrivare a quella che può definirsi la sua ragion d’essere. Inizialmente si è pensata una forma che potrebbe ricordare un mezzo uovo, ma con base rettangolare, abbastanza ampia da poter emulare la capacità raggiunta dai precedenti concept; ma questo ha portato ad un paio di problemi, di cui il primo dato proprio dalla capienza e, quindi, dalla possibilità di poter portare una quantità di oggetti maggiore, rispetto a quelli considerati fondamentali, e ciò potrebbe causare alla lunga problemi strutturali dati dal peso eccessivo. In seconda battuta, invece, il punto critico era rappresentato dall’organizzazione degli oggetti, che con un maggior spazio, in caso di trasporto di pochi oggetti, seppur con la presenza di tasche, si sarebbe potuta avere una situazione in cui gli artefatti contenuti oscillassero da una parte dall’altra dello zaino, durante il moto in bici, potendo - eventualmente - creare problemi di stabilità. Si è così proceduto, un po’ come si fa per i modelli di automobili con la clay, a modellare la scocca in base al contenuto minimo di oggetti stimato per l’utente, vale a dire computer, alimentatore, mouse, un libro, un quaderno e una bottiglietta d’acqua. e si è così arrivati alla definizione di una forma che li contenesse perfettamente e, quindi, limitasse la capienza dello zaino allo stretto necessario, per evitare anche problemi di sovraccarichi strutturali. I queste pagine verranno mostrati i rendering delle due opzioni con - anche - delle versioni con la scocca trasparente in modo da lasciar vedere come sarebbe la disposizione interna in ognuno dei casi ed a quanto ammonta lo spazio rimanente. Per concludere il discorso sulla forma, si può dire che ha differenza dell’idea precedente, non è più anonima avendo una sagomatura unica ed inoltre, grazie alla finitura nera ultra-lucida data dal polimero utilizzato, assume un look unico ed inconfondibile, affine ai prodotti hi-tech dell’utente.
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In basso e a seguire Studi sulla forma superiore.
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Bottiglia
Libro
Alimentatore Mouse
Computer Quaderno
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7.4 I materiali: le scocche Se la forma è uno dei punti focali del progetto, non si può dire che i materiali utilizzati lo siano da meno. La scelta di trasportare gli oggetti sospesi sopra la ruota posteriore, senza utilizzare un vero portapacchi ma solo una piccola staffa, ha richiesto un’accurata selezione del materiale, dettata da una serie di requisiti: resistenza agli urti, resistenza agli agenti atmosferici, ma soprattutto rigidezza e leggerezza. Inoltre, tenendo conto che le scocche sono la parte del prodotto con cui più interagisce l’utente, non si può non considerarne il touch, inteso come l’insieme di sensazioni veicolate dal materiale al soggetto nelle modalità dell’esperire tattile. La ricerca è cominciata vagliando i metalli, che sono stati subito scartati perché troppo pesanti e fin troppo freddi o caldi al tatto, ed allora si è passati a ricercare soluzioni, anche più interessanti dal punto di vista sostenibile, come ad esempio i nuovi compositi legno-plastica che però - purtroppo - non sono in grado di fornire una funzione strutturale. Nella costante ricerca di una soluzione si è, poi, trovata una nuova tecnologia della DuPont chiamata MetaFuse™, che consiste nell’applicazione di uno strato di nanometalli sulle superfici esterne di uno stampato plastico, operazione che aumenta le proprietà meccaniche del substrato polimerico da 2 a 4 volte. Per avere maggiori informazioni si è - allora - deciso di contattare la stessa azienda e così dal colloquio - telefonico e via email - intercorso con il dr. Antonio Nebel di DuPont Italia, si è scoperto che questa soluzione si utilizza attualmente su forme molto piccole soprattutto per gli altissimi costi e si è stato così indirizzati verso i termoplastici ingegnerizzati - campo ideale in cui restringere la ricerca - e nello specifico lo Zytel® additivato con fibra di vetro.
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In basso Ingrandimento di superficie trattata con i nanometalli.
A fianco Granuli di EMS Grivory GC-4H.
Questi polimeri sono studiati per essere molto più performanti di quelli normali, e di solito sono additivati con fibre od altre sostanze, per essere più rigidi, più resistenti agli agenti chimici o al calore, e finanche autoestinguenti; oggigiorno vengono utilizzati sempre di più in sostituzione dei metalli, soprattutto nei motori o comunque nelle parti meccaniche di treni ed aerei, per renderli più leggeri e quindi per poter raggiungere maggiori velocità o cosa più importante consumare di meno. Da questo gruppo sono stati selezionati tre materiali ritenuti idonei allo scopo: il DuPont Zytel® HTN53G50 HSLR, una poliammide con il 50% di fibre di vetro; l’EMS Grivory® GC-4H, una poliammide con il 40% di fibre di carbonio; e l’IXEF® 3008 prodotto dalla Solvay, una poliarilamide con il 30% di fibra di carbonio. Per scegliere quale fosse il miglior materiale sono state comparate le loro caratteristiche, e tra queste sono state ritenute fondamentali la densità, la rigidezza, la resistenza ad impatto e quella ai raggi UV; lo Zytel con la sua fibra di vetro risulta molto più resistente ad impatto rispetto alle altre due scelte, ma con un modulo di Young non sufficiente per un oggetto che deve restare sospeso, con un peso maggiore ed una scarsa resistenza ai raggi UV perde decisamente la sfida con il Grivory ed il Solvay. Tra questi due la scelta ricade sul primo, l’EMS Grivory GC-4H, che a parità di densità risulta molto più resistente ad impatto. Esteticamente il materiale si presenta nero con una finitura ultra-lucida, con una superficie liscia e scorrevole perfetta per permettere all’utente di apprezzarne le sagome; proprio per proteggere quest’ultima dai piccoli graffi, che potrebbero comparire durante il normale uso, è applicata una laccatura trasparente come la Nexa Autocolor 2K, una vernice acrilica normalmente usata nel settore automotive.
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TABELLA DI COMPARAZIONE MATERIALI DuPont Zytel® HTN53G50 HSLR
EMS Grivory® GC-4H
Solvay IXEF® 3008
g/cm3
1,59
1,34
1,34
%
0,75
0,22
0,22
Modulo di Young a tensione
GPa
16,5
28
26
Modulo di Young a flessione
GPa
15,3
23
23
Sforzo a rottura
MPa
215
225
250
%
3
2
1,2
Resistenza ad impatto (Charpy)
kJ/m2
90
60
36
Resistenza ad impatto con intaglio (Charpy)
kJ/m
2
13
7
3,6
PROPRIETA’
Unità di misura
Generali Densità Assorbimento acqua Meccaniche
Allungamento a rottura
Termiche Fiammabilità
-
autoestinguente
autoestinguente
autoestinguente
Punto di fusione
°C
260
260
280
Massima temperatura di utilizzo
°C
90-130
188-207
188-207
Conducibilità termica
W/m.°C
0,6
0,64
0,64
Acqua (dolce)
-
eccellente
eccellente
eccellente
Acqua (salata)
-
eccellente
accettabile
accettabile
Acidi deboli
-
inaccettabile
inaccettabile
inaccettabile
Acidi forti
-
inaccettabile
inaccettabile
inaccettabile
Basi deboli
-
accettabile
accettabile
accettabile
Basi forti
-
accettabile
uso limitato
uso limitato
Solventi
-
eccellente
uso limitato
uso limitato
Raggi UV
-
scarsa
buona
buona
Chimiche
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7.5 I materiali: l’assorbimento degli urti e delle vibrazioni
In basso Un grafico sul d3o, che fornisce una sorta di nomenclatura.
La scelta del materiale per le scocche non è stata l’unica fondamentale, visto che trasportando in bici un oggetto sensibile come il computer portatile, diventa essenziale trovare una soluzione atta a proteggerlo ed allora si nota come sia necessaria la ricerca di un materiale con una buona capacità di assorbire urti e vibrazioni. Per la selezione di questo sono stati, quindi, osservati quei prodotti in cui è necessaria un’estrema protezione come caschi, proteggi schiena, ginocchiere, insomma articoli per lo sport, i lavori in cantiere o l’ambito militare, in cui a rischiare non sono semplici oggetti ma persone. Il primo materiale analizzato è stato l’inglese d3o®: si presenta come una gomma malleabile se maneggiato delicatamente ma, essendo un fluido non newtoniano (un fluido la cui viscosità varia a seconda della forza che viene applicata), quando subisce un urto i polimeri dilatanti di cui è composto distribuiscono l’energia ricevuta lungo tutto il materiale grazie alle loro proprietà elastomeriche (viscoelasticità) e ciò porta ad un repentino indurimento dello stesso. Ha una densità relativamente bassa (0,5 g/cm3) e può essere usato con temperature di esercizio da -55 °C a 120 °C. Inoltre può essere lavorato in molti modi, sia a fogli pieni o forati sia modellato in funzione dell’oggetto in cui andrà inserito. Successivamente è stato preso in considerazione il Deflexion™ della Dow Corning, azienda statunitense con sede in Michigan specializzata in siliconi. Questo materiale è disponibile in due versioni: la prima denominata S, un poliestere tessuto in 3d impregnato di speciali siliconi, e la seconda,
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A fianco Esempio di utilizzo del Deflexion tipo S.
Pagina a fianco Test effettuato sul PORON XRD.
A seguire Possibili sistemi anti-urto interni.
ovvero TP, una speciale gomma termoplastica. La differenza tra i due nella produzione, si riflette nel colore, ma anche nella capacità di assorbire gli urti e nella densità, che comunque si mantiene su valori abbastanza bassi e simili a quelli del d3o; in comune hanno anche il comportamento all’impatto, vale a dire che s’irrigidiscono per assorbire il colpo. Restando sempre nel campo dei siliconi si arriva al terzo materiale: l’Alpha Gel® della corporation giapponese Taica, famoso per essere utilizzato nella suola delle scarpe Asics, capace di assorbire grandi urti e disponibile in vari formati, dai fogli da inserire nei caschi ai cuscinetti per assorbire le vibrazioni nei motori. L’unica nota stonata tra queste ottime caratteristiche è la densità molto elevata, praticamente pari a quella dell’acqua. Infine, l’ultimo materiale analizzato è stato il PORON® XRD™ della Rogers Corporation, un poliuretano ingegnerizzato che come il d3o e il Deflexion reagisce all’impatto indurendosi istantaneamente. è normalmente venduto in fogli di vari spessori, ma può anche essere modellato per adattarsi a particolari applicazioni e presenta una densità bassissima (0,25 g/cm3). Dopo aver considerato questi quattro materiali, si è passati al pensare alle applicazioni pratiche, che in sostanza erano due: dei cuscinetti in gel e un pianale, perfetti per le vibrazioni molto meno per gli urti, o un foglio di uno degli altri materiali considerati, d3o, Deflexion o PORON. Dopo averle sviluppate entrambe, di queste due opzioni si è discusso con il prof. Roberto Chiesa del Politecnico di Milano ed è risultato vincente il foglio di PORON per i seguenti motivi: in primis, a parità di caratteristiche è molto più leggero degli altri tre materiali, proprietà che conta molto in questo artefatto, per gravare meno possibile sull’aggancio metallico al cannotto e sulle spalle durante il trasporto a piedi; in seconda battuta, invece, rispetto ai cuscinetti in gel è preferibile, perché le vibrazioni in realtà possono essere considerate come microurti, essendo in gran parte assorbite dal telaio della bici ed avendo l’oggetto un’oscillazione molto contenuta, e, quindi, in questo scenario il cuscinetto in poliuretano risulta migliore nei confronti di un pianale di plastica rigida. A seguire verranno mostrati dei test effettuati sul PORON XRD e dei render delle tue soluzioni a cui si era pensato, cuscinetti gel e foglio.
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Durante il test una palla da biliardo è lasciata cadere su un oggetto ricoperto di materiale assorbente gli urti c on u n sensore che misura l a pressione a ll’impatto. Successivamente un s oftw are rappresenta la magnitudo della pressione tramite colori (viola - più bassa, rossa - più alta); si veda come il PORON assorba anche il doppio dell’energia distribuendola su una vasta area e non focalizzata in un punto.
PORON XRD
Competitor A
Competitor B
Competitor C
PORON XRD
Competitor A
Competitor B
Competitor C
PORON XRD
Competitor A
Competitor B
Competitor C 111
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7.6 I materiali: i tessuti Altra componente importante del progetto sono i tessuti, utilizzati per gli spallacci e per le tasche presenti all’interno dello zaino. In questo caso il materiale ideale è stato subito individuato nella CORDURA® 1000D, un tessuto di poliammide che fornisce prestazioni ottime e durevoli, capace di resistere a strappi ed abrasioni, che addirittura nella sua versione ripstop - come quella scelta - non consente la propagazione di eventuali tagli. Per le parti in cui è richiesta elasticità, come ad esempio la fascia pettorale, la tasca porta-pc e quella predisposta per la bottiglietta d’acqua, è stato scelto, invece, il DURASTRETCH®, un tessuto composto per il 48% da Cordura, il 44% semplice nylon e il restante 8% da Elastan (Lycra), che presenta un’ottima resistenza all’usura pur essendo molto estensibile, unendo, quindi, le caratteristiche dei tre materiali. Infine, per proteggere entrambi i tessuti da macchie, sporco, ma soprattutto acqua si è deciso di applicare un trattamento superidrofobico: il NanoSphere®, che consiste in uno strato di nanoparticelle depositate sulla superficie del materiale in modo da creare un effetto identico a quello delle foglie di loto, così la polvere ed altri corpi estranei non aderiscono e le gocce d’acqua scivolano portando via eventuali residui. Questo tipo di trattamento aumenta ancora di più la resistenza e la durabilità dei tessuti e li rende più facilmente lavabili, anche con un semplice panno umido, caratteristica molto importante visto che lo zaino non può essere messo in lavatrice.
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In basso Simulazione dell'effetto loto.
7.7 I materiali: altro
In basso Ingradimento del cursore e particolare della cerniera Tizip.
Per quanto riguarda i materiali utilizzati per i componenti restanti, non ci sono state molte indecisioni. La staffa di collegamento al reggisella e i regolatori degli spallacci sono realizzati in metallo, per ovvi motivi prestazionali, e nella fattispecie in acciaio inossidabile, preferito allo stesso materiale verniciato o zincato sia per le maggiori resistenze sia per mantenere alto il livello di qualità del prodotto; sempre sulla stessa all’interno del morsetto che si aggancia al cannotto è presente una guaina siliconica, che funge da grip ed evita lo scivolamento di tutto il sistema. Il perno e il pulsante presenti sulla stessa staffa sono, invece, realizzati in poliammide 6.6 viste le buone resistenze ad agenti atmosferici e chimici ed ai graffi, inoltre, il basso coefficiente di frizione ne permette l’utilizzo e lo scorrimento senza necessitare una lubrificazione costante. Infine, un paragrafo a parte lo merita sicuramente la Tizip® dell’azienda tedesca Titex. Una cerniera a tenuta stagna in plastica è applicata su di un tessuto, quest’ultimo è - poi - incorporato in un profilo poliuretanico tramite pressione a caldo in modo da garantire una perfetta aderenza. Il tutto è altamente resistente all’abrasione e si comporta molto bene anche ai raggi UV, è facilmente pulibile con acqua e sapone e la speciale progettazione del cursore impedisce che questo logori i due lembi della cerniera sia in apertura che in chiusura e che quando chiusa la Tizip abbia una resistenza alla forza di taglio di almeno 300 N/cm. è facilmente manutenibile lubrificandola con una crema venduta dalla Titex.
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7.8 L’organizzazione interna Pagina a fianco Le varie tasche interne.
Se i materiali si sono dimostrati una componente fondamentale del progetto, non si può dire da meno riguardo la necessità di organizzare internamente lo zaino onde evitare movimenti scomposti degli oggetti contenuti all’interno, movimenti che potrebbero portare anche a danneggiamenti degli stessi, tra cui - va ricordato - che è possibile trovare anche qualcosa di sensibile come un computer portatile. Proprio partendo da quest’ultimo è partita la razionalizzazione dello spazio interno: una grande tasca elasticizzata può accogliere notebook fino a 16”, la chiusura della stessa è data da un’asola e una fascetta. Si continua, poi, verso l’alto, con la parte superiore totalmente separata - almeno internamente - da un tessuto chiuso con cerniera, in modo tale da - complice il trattamento superidrofobico - evitare qualsiasi possibile versamento di liquidi nella zona del computer, nel caso in cui fosse trasportata dell’acqua o altra bevanda; in questa zona si trovano anche altre due tasche entrambe elastiche - una piccola e chiusa con zip pensata per materiale di cancelleria normalmente trasportato, quali penne o matite, l’altra più grande, pensata per le bottigliette d’acqua ed altri oggetti come gli alimentatori, ma che può accogliere anche altro, è chiusa con una fascia ed un’asola, esattamente come la tasca porta-pc, ed essendo molto vicina alla scocca superiore riesce a contenere fermamente ciò che vi s’inserisce.
In basso Sezione dello zaino con visibili, oggetti e tasche.
Bottiglia
Mouse
Libro Quaderno
Computer
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7.9 Il trasporto in bici Un artefatto progettato espressamente per il trasporto di oggetti non può di certo prescindere dalle modalità con cui questa operazione viene effettuata - in bici ed a piedi - e, infatti, dopo averne spiegato tutte le caratteristiche salienti e come si è arrivati ad alcune scelte, si passerà ad illustrare questa importante tematica, cominciando proprio dal trasporto in bici. Questo, come annunciato ad inizio capitolo, avviene tramite una staffa, costituita prevalentemente in acciaio inox, che si va ad agganciare al cannotto e viene bloccato tramite quattro grossi bulloni che, grazie anche alla presenza di due cuscinetti siliconici antiscivolo, rendono salda e stabile tutta la struttura ed, inoltre, fungono da deterrente per eventuali furti quando la bici è lasciata in sosta, non essendo così facilmente disassemblabili senza gli opportuni attrezzi. Successivamente, avendo la staffa in posizione, basta prendere lo zaino e spingere la parte bassa - dove è presente un grosso foro - verso la stessa fino a far combaciare il perno con la scocca inferiore, a questo punto basta spingere con maggior forza per effettuare l’incastro, operazione che se si vuole può essere agevolata dalla semplice pressione del pulsante. Per l’espulsione della borsa basta effettuare la stessa operazione all’inverso, ovvero premere il pulsante e tirare la borsa verso l’esterno, il tutto senza paura che l’artefatto possa cadere, perché anche se il perno non dovesse essere in sede, è presente uno sbalzo di alcuni centimetri che sorregge comunque lo zaino.
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In basso e a seguire Fasi di aggancio alla bici e render.
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7.10 Il trasporto a piedi L’altra modalità di trasporto - dopo quello in bici - è quello a piedi, che in prima battuta era stato pensato per essere assolto con una tracolla o un manico, che non si sono rivelati molto comodi considerati anche la rigidità dell’oggetto e la quasi impossibilità di una sagomatura sull’anca, nonché la scomoda eventualità di un utilizzo degli stessi sulla bici per l’impossibilità di connettere la staffa; per questi motivi si è pensato al sistema universalmente più utilizzato dagli studenti per la movimentazione dei propri oggetti: lo zaino, e nella fattispecie la “connessione” con il corpo, ovvero gli spallacci. Si è, quindi, pensato seriamente a questi come soluzione possibile, considerando comunque la principale obiezione che potrebbe essere mossa a suo discapito: la rigidità della scocca contro la schiena; ma a questo si è pensato, appunto, sagomandola in modo da renderla “adatta” alla schiena di uomini e donne, tenendo conto anche del fatto che in bici si arriva praticamente ovunque e, quindi, gli spostamenti a piedi sono ridottissimi rispetto a quelli studenti che si muovono in auto o con i mezzi pubblici. Dal punto di vista realizzativo questa soluzione, allora, consta di due spallacci inseriti nella scocca inferiore grazie a dei passanti, all’interno, poi, l’estremità del tessuto è ricucita su se stessa in modo da impedirne l’uscita; inoltre, per agevolare l’indossaggio sono presenti due regolatori veloci e per la sicurezza una cinghia pettorale. La volontà di garantire l’aderenza dello zaino al corpo - soprattutto nel caso in cui si dovesse trasportare sulle spalle in bici - ha fatto scaturire la ricerca di queste soluzioni, ritenendo inadeguato - oltre che lento e macchinoso - il sistema attualmente utilizzato, si è guardati ad altri ambiti in cui vengono utilizzate cinghie, come le imbracature o le auto da corsa. Gli stratagemmi utilizzati sono stati trovati molto interessanti, nella prima categoria il fiore all’occhiello della tecnica è una manopola che tramite in-
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A seguire Come indossare lo zaino (particolari) e render.
In basso Dettaglio del regolatore Revoler® dell'imbracatura ExoFit Nex™.
tervento dell’utente riavvolge la parte inferiore della fettuccia, operazione che consente variazioni praticamente millimetriche, idea molto interessante, ma che - purtroppo - si dimostra “lenta”; il secondo campo, invece, presenta un’evoluzione della connessione utilizzata nei normali zaini, ma prodotta in acciaio o alluminio e opportunamente ingegnerizzata - aggiungendo tra le altre cose una levetta per evitare spostamenti non voluti - funziona a semplice scorrimento, tirando la parte di tessuto che pende si stringe, al contrario spostando verso l’alto il blocco metallico, si allarga. Con entrambe queste conoscenze si è cominciata a definire un’idea che però implicasse un riavvolgimento automatico, proprio come quello dei flessometri o dei cavi elettrici delle aspirapolveri; è, quindi, stato progettato un sistema di regolazione veramente veloce - molto vicino alla forma di quelli delle auto - che riprendesse il concetto - già usato nell’imbracatura - del riavvolgimento, ma con la sostituzione della manopola con una molla piatta posta internamente che automatizza l’intera operazione: alzando semplicemente una levetta di sblocco, la molla riavvolge la cinghia stringendola al petto, per allentarla basta semplicemente tirare la stessa verso il basso. Questa soluzione, inoltre, ha il benefico di evitare che parti di tessuto penzolino sopra la ruota, accorciando lo spallaccio e stringendolo alla scocca. La cinghia pettorale, invece, già utilizzata in altri zaini in commercio, aiuta ad ottimizzare la distribuzione del carico stringendo appunto gli spallacci al petto, in questo caso è pensata per essere realizzata in DURASTRETCH, un tessuto elastico e resistente già citato prima, e viene bloccata con il velcro, tutto ciò per rendere l’intera operazione molto semplice. Ricapitolando l’operazione di trasporto a piedi si svolge così: 1) dopo aver sganciato lo zaino dalla staffa si comincia ad indossarlo allo stesso modo di uno normale, infilando le braccia tra gli spallacci e la scocca; 2) contestualmente a quest’operazione, si tira con forza la cinghia inferiore per aumentare la lunghezza degli spallacci e poterli così mettere tranquillamente; 3) se si necessita aderenza dello zaino o nei casi in cui si volesse, comunque, più a stretto contatto, basta alzare la leva del regolatore e il meccanismo riavvolgerà la fettuccia fino al minimo possibile; 4) se si vuole, si può procedere ad allacciare la cinghia pettorale agendo sulle due parti della stessa, facendo combaciare il velcro come si desidera. Per levare lo zaino l’operazione consta di meno passaggi, aprire - se chiusa - la fascetta sul petto e allargare gli spallacci. Dettagli visivi saranno forniti nei rendering a seguire.
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7.11 Prove di sforzo L’ultima, ma non in ordine d’importanza, cosa da trattare è la resistenza dell’artefatto al normale utilizzo, essendo il trasporto di oggetti sospesi sopra la ruota posteriore una che cosa che può destare quanto meno incredulità o comunque forti dubbi, visto anche che tra le cose portate c’è un “pesante” computer. Allora sono state effettuate delle simulazioni FEA (Finite Element Analysis) con il programma Autodesk® Inventor®, in cui il modello della staffa e della scocca inferiore, che sono i due componenti veramente strutturali, vengono caricati - prima - di 10 kg posti al centro, con 7 kg massimi stimati in una situazione reale, e - poi - con 25 kg posti in coda, che rappresentano una situazione critica, magari in cui una persona si appoggia al sistema. Da questi test sono stati estrapolati, e verranno di seguito proposti, i risultati per quando riguarda lo sforzo a cui sono soggetti, la deflessione ed il fattore sicurezza calcolato sulla base del limite di snervamento di ogni materiale. Bisogna evidenziare come la deflessione sia davvero minima, con soli 0,77 mm con 10 kg e 4,8 mm con 25 kg.
100 N Unità: MPa 21,92 Max 17,54 13,15 8,77 4,38 0 Min
SFORZO
130
In basso e a seguire Prove di sforzo.
100 N Unità: mm 0,7671 Max 0,6137 0,4603 0,3068 0,1534 0 Min
DEFLESSIONE 100 N Unità: ul 15 Max 12 10,26 Min 9 6 3 0
FATTORE SICUREZZA 131
250 N Unità: MPa 150 Max 120 90 60 30 0 Min
SFORZO 250 N Unità: mm 4,779 Max 3,823 2,868 1,912 0,956 0 Min
DEFLESSIONE
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250 N Unità: ul 15 Max 12 9 6 3 1,5 Min 0
FATTORE SICUREZZA
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8. RENDER ED AMBIENTAZIONI
“
“Quando vedo un adulto in bicicletta, non dispero per il futuro della razza umana.”
”
Herbert George Wells
9. CONCLUSIONI
Questo lavoro è cominciato dalla volontà di migliorare uno dei bisogni fondamentali degli studenti, universitari, vale a dire il trasporto dei propri oggetti. Considerando quest’azione imprescindibile dal mezzo con cui ci si sposta si è deciso di focalizzare la ricerca sulla bici, perché più soggetta a problemi, dato il poco spazio disponibile, ma anche credendo che un’incentivazione del suo uso possa portare ad un reale miglioramento della vivibilità cittadina. Siamo in un periodo, inoltre, già di suo molto favorevole a questo mezzo, con la massa delle persone che usano la bici in costante aumento, come dimostrato tramite i dati di mercato e l’Italia, che è il primo produttore europeo di cicli ed il sesto paese al mondo per utilizzo degli stessi, può essere uno dei posti più fertili, anche commercialmente parlando, per l’espansione di questa nuova filosofia. Eppure i produttori di accessori sembrano non aver recepito questo messaggio e continuano a produrre oggetti, che non s’innovano da decine d’anni se non nel campo delle corse agonistiche, come se il Giro d’Italia o le prove trial canalizzassero tutta l’utenza ciclistica, non considerando, invece, che il bacino principale di ciclisti è composto proprio dalla gente che utilizza la bici per gli spostamenti quotidiani, per recarsi sul luogo di studio o di lavoro. Quindi, un’attenta analisi del popolo dei ciclisti e degli studenti, intesi come sottocategoria del primo, e dei loro reali bisogni ed una ferrea volontà di migliorare l’atto del loro spostamento ha portato alla progettazione di un oggetto di nuova concezione; non più una mera base, un portapacchi o un cestino a cui legare alla meno peggio il proprio zaino o la propria borsa, ma un prodotto pensato per essere composto da due parti, ognuna con la propria funzione, che unendosi con la semplicità di un gesto raggiungono il loro scopo e soddisfano il bisogno dell’utente, non solo dello studente, ma di chiunque, di qualsiasi età, sesso, nazionalità e credo, rendendolo libero da ogni costrizione, libero di concentrarsi solo sul viaggio.
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Grazie ai miei relatori, alla professoressa Macchia per il supporto ed al professor Figiani per avermi spinto a fare sempre meglio non facendomi mai mancare un consiglio. Grazie ai miei ex datori di lavoro che, con il trattamento riservatomi, hanno molto contribuito a farmi scappare da Gela; grazie ai casi della vita, grazie a Superquark per il servizio con una studentessa di design del Polimi in erasmus a Berlino, grazie alla libreria del Centro Commerciale Ibleo di Ragusa per aver avuto disponibili solo i libri di preparazione ai test di architettura/design e grazie all'Alphatest per la pubblicazione che mi ha permesso di rimettermi in pari con i più giovani. Grazie, dunque, a tutto ciò che mi ha spinto a Milano e grazie a Milano stessa per avermi accolto. Grazie ai miei amici: al mio "sciatuzzu" Alessandra che è stata la mia prima amica al Poli; alla mia "sorellina" Giulia, perché da quell'abbraccio dicembrino ogni momento con lei è stato unico a modo suo; a Simone che, in questi anni, è diventato come un fratello e con cui posso confrontarmi costruttivamente sempre e su tutto; a Luca, che anche se non lo sa è l'altro fratello, quello più ribelle che sparisce, con cui resterà sempre un rapporto speciale ed un gran bene; alla "mia dolce rivoluzionaria" Marianna che è per me un modello da seguire, una buona consigliera ed una cara amica; a Margherita, per le tante risate, per le sedie della sua ex-casa e per una camomilla, una volta, di notte; a Teresa, per tutti i momenti passati insieme, felici e non, e perché forse non si rende conto di quanto sia eccezionale; a Francesca, per essermi stata sempre vicino in quest'estate di tesi e per averla resa, nel bene e nel male, unica, come Nuvole Bianche, come una poesia scritta di notte e come lei. Grazie a tutti loro perché sono straordinari, hanno segnato la mia vita in un modo o nell'altro e li porterò sempre con me. Grazie a Max che mi ha invitato a Lugano per il workshop di Arduino, ma grazie anche per tutto il resto, dal PhyCo Lab a tutte le altre possibilità; grazie, anche, ai compagni di quel viaggio, Matteo, Dina, Paolo, Davide e Lorenzo, in particolare a loro due anche per le serate e le tante risate. Grazie ad Achille Castiglioni per tutto ciò che ha lasciato al mondo, non solo del design, e per essere per me un esempio da seguire; grazie a sua figlia, Giovanna, per avermi "preso per mano" ed avermi fatto conoscere le mille sfaccettature dello Studio di suo padre, ma grazie anche, e soprattutto, per le parole che mi disse quando morì mio padre, sono state la mia forza in ogni momento di sconforto di questi tre anni. Grazie a tutti gli amici di Gela, alcuni dei quali conosco da più di quindici anni, per tutti i momenti passati insieme; grazie a Marcello, per essere stato un ottimo compagno di lavoro; grazie a Luigi, Carlo, Elena perché sono e saranno per sempre miei amici e grazie a Pierluigi, che mi è stato vicino la sera di un giorno di giugno di due anni fa. Grazie a mio zio che sin da piccolo mi ha iniziato all'utilizzo del computer e mi ha trasmesso la sua passione; grazie a mio fratello, che stimo tanto ed a cui voglio un gran bene, anche se praticamente non glielo dico mai e grazie a mia sorella che sarà per sempre la mia cucciolina, anche se fa la dispettosa e mi fa arrabbiare. Grazie a mia madre, che da due anni è diventata anche padre e si fa in quattro per la famiglia, grazie perché è lei che mi permette di stare a Milano e per aver contribuito a rendermi quello che sono. Infine, grazie a mio padre, che ora non c'è più ed è l'unica persona a cui non ho mai detto grazie.
161
12. ALLEGATI
Elenco degli allegati: 1) Nanometal-Polymer Hybrid - articolo sul MetaFuse™
p. 163
2) EMS Grivory® GC-4H - scheda tecnica
p. 167
3) Solvay IXEF® - scheda tecnica
p. 173
4) d3o® - leaftlet
p. 183
5) Dow Corning Deflexion® - brochure
p. 185
6) Evaluation of road bike comfort - paper sull’analisi modale del telaio della bicicletta
p. 189
163
NANOMETALPOLYMER HYBRID Nanocrystalline metal/polymer hybrid technology has been developed to build strong yet extremely lightweight components.
Nanocrystalline metal alloy cladding DuPont engineering polymers substrate
Michael R. Day DuPont Automotive Troy, Michigan
Nanocrystalline metals The metal layers in the nanocrystalline metal/polymer hybrids have ultra high strength, and are based on a proprietary process that provides the ability to engineer these metallic alloys by controlling their microstructure during material processing. The breakthrough enabled by this process is the ability to form fully dense nanocrystalline materials in a cost-effective process. Typically, metals possess polycrystalline microstructures, which are composed of groups of individual small crystals known as grains. Various metals exist that have identical chemical compositions but widely varying physical properties. These differences are brought about because of changes in the microstructure. Grain size is one of the factors that influences the properties of a material. The empirical Hall-Petch relationship describes the variation of the yield strength of a material with its grain size: y = A + _B_ d Where y is the yield strength, A and B are ma-
Fig. 1 — This illustration of a hybrid system shows the nanometal coating over the polymer substrate. 500
Steel
Tensile strength, MPa
M
etaFuse nanocrystalline metal/ polymer hybrid technology is based on a proprietary process in which an ultra high-strength thin metal layer is precisely applied to molded engineering polymers to create lightweight components in complex shapes with the stiffness of magnesium or aluminum, and higher strength. The metal layer in this hybrid system is unique in that it is based on a nanocrystalline microstructure in the metal, which creates high strength that cannot be matched in other traditional metal deposition processes. Nickel and nickel/iron alloys are available now, and several other metals and alloys are under development. An illustration of this hybrid system is shown in Figure 1. Strength and modulus of engineering polymers vs. metals are shown in Fig. 2. This article explores the metal-over-plastic technology that enables a step change in performance.
Structural engineering polymers EP
0
Mg
0
Al
200
Tensile modulus, GPa
Fig. 2 — Comparison of strength and stiffness of engineering polymers and some structural metal alloys.
15 m
1 nm
Fig. 3 — These photomicrographs show the differences in grain structures between nanocrystalline metal to conventional metal. a) shows polycrystalline material with larger grain sizes, and b) shows the nanocrystalline material. Courtesy Integran Technologies Inc.
terial constants, and d is the average grain size. This equation shows that smaller grain sizes increase the yield strength. Other properties such as tensile strength, hardness, wear resistance, and coefficient of friction are also enhanced by reducing grain size. The new technology provides a means to produce a finely grained material. The highly optimized process reduces grain size from the micrometer scale to the nanometer scale, a factor of 1000. The photomicrographs in Fig. 3 show the differences in grain structures comparing
ADVANCED MATERIALS & PROCESSES/APRIL 2008
25
165
Property comparison of conventional nickel vs. nano-nickel
Yield strength, GPa
the neutral axis. This is where the maximum tensile and compressive Conventional Nano-nickel, Nano-nickel, stresses are experienced, since the Property nickel, 20 m 100 nm 10 nm stresses are directly proportional to Yield strength, MPa (ksi) 103 (15) 670 (97) ~900 (130) distance from the neutral axis. The strong and resilient nanoUltimate tensile strength, MPa (ksi) 406 (59) 850 (123) ~1400 (200) metals are well placed to support the Vickers hardness, kg/mm2 140 320 450 load. The bending stiffness of the part increases as well, because it is a nanocrystalline metal to conventional metal, while product of the modulus and moment of inertia; the table lists some of the properties of nanocrys- the inertia of the coating is increased exponentalline nickel versus conventional nickel. tially by moving it away from the neutral axis. The nanocrystalline metal has an average grain Torsional stiffness and strength are also imsize of about 20 nm, which is about 1000 times proved by moving the coating radially outwards smaller than conventional metals, and is two to to increase the polar moment of inertia. The outer three times stronger than typical steels and dec- sections experience the largest torque, and this is orative nickel-chrome. The properties exhibited where the superior strength of nanometal is most by these nanocrystalline metal alloys are not only beneficial. higher strength than conventional metals, but also Property testing has been completed with a they have properties that are comparable to those number of different engineering polymer subof other high-strength metals. Figure 4 shows a strates to characterize properties of the MetaFuse comparison of nanometal alloys to high-strength hybrid system. The magnitude of property immetals, as well as to die cast aluminum and mag- provement depends on the substrate plastic, and nesium. the placement and thickness of the nanometal The ability to deposit nanometal onto the sur- coating. face of plastic parts allows the formation of this Typical improvement in physical properties metal into complex shapes, which is very difficult is illustrated here based on testing of 25% glassto do with traditional high-strength metals. Since reinforced Zytel PA66 polymer injection molded the nanocrystalline metal alloys have significantly into ISO tensile bars, and then clad with 100 mihigher strength than conventional metals, rela- crons of a nickel/iron nanocrystalline metal alloy tively thin layers can be applied to the surface of that encapsulates the bar. Figure 5 shows a complastic materials to create hybrid constructions parison of room temperature properties for the with high structural properties, unlike other metal nanometal/plastic hybrid versus plastic alone in deposition techniques, such as conventional elec- three properties: Bending stiffness as measured troplating and vapor deposition. by flexural modulus, tensile strength, and impact strength as measured by multi-axial impact. Mechanical properties As shown in the data, typical increases in flexThe MetaFuse technology enables applying ural modulus and impact strength of two to four nanocrystalline metal onto selected areas of a times that of the plastic alone can be achieved. molded polymer part to increase stiffness and im- These properties are very dependent on the geomprove other properties. A very unique aspect of etry of the sample, metal thickness, and substrate this system is that it places the metal in the op- plastic material. Tensile strength is directly protimum location to increase stiffness. Many metal portional to the metal thickness. and plastic parts are subjected to loads that result Testing has also shown that nanometal/plastic in bending stresses. For bending loads, the place- hybrids are able to maintain excellent structural ment of the nanometal coating is most beneficial properties in temperature ranges where polymers at the outermost edges of the part, furthest from alone exhibit significant loss in properties. Dynamic mechanical analysis (DMA) compares High-strength plastic properties versus the nanometal/plastic maraging steel hybrid. DMA is a technique in which the sample Magnesium 2 is deformed under load over a wide range of temAluminum perature conditions. From this the stiffness of the Ti-6Al-4V sample can be determined, and a sample modNanoMetal NiFe alloy ulus can be calculated. Stainless steel DMA analsyis shows that plastic/metal sam17-4 PH ples retain 70% to 80% of initial modulus even HSLA 4130 steel when the temperature exceeds the glass transition temperature of the polymer. These data suggest that the hybrids may enable polymers in structural applications at elevated temperatures, and could extend the working temperature range 0 of polymer parts by 50 to 75°C (90 to 135°F). How0 200 Young’s modulus, GPa ever, note that results will depend on the properties of the plastic substrate. Fig. 4 — Nanometal alloys are compared to high-strength metals, as well as to In many practical applications, the nanometal die cast aluminum and magnesium. 26
166
ADVANCED MATERIALS & PROCESSES/APRIL 2008
20 10 0
Plastic only
Plastic/Metal
Tensile strength, MPa
Multi-axial impact energy, joules
Flexural modulus, GPa
30
20
10
0
Plastic only
Plastic/Metal
300 200 100 0
Plastic only
Plastic/Metal
Fig. 5 — Room temperature properties for the nanometal/plastic hybrid are compared to plastic alone in three properties: Bending stiffness as measured by flexural modulus, tensile strength, and impact strength as measured by multi-axial impact.
cladding may not be needed over the entire surface of the part. In these cases it is possible to apply the nanocrystalline metal cladding only onto selected areas. Although the primary focus of this article has been related to stiffness and strength properties, the hybrids also have the capability to provide additional benefits to plastic materials, such as wear resistance, creep resistance, electrical conductivity, chemical resistance, EMI shielding, gas/fluid permeability, and UV and hygroscopic stability. Application areas MetaFuse has many potential applications in automotive, consumer electronics, sporting goods, and other markets. Examples include engine oil pans, cylinder head covers, water and oil pumps, gasket carriers/gasket systems, engine timing
chain tensioner arms, transmission housings and components, fuel rails, automotive electrical motors, electrical housings and covers, steering column brackets and steering system components, suspension/control arms, mobile phone frames and housings, bicycle components, fishing reels, and golf club driver heads. For more information: Michael R. Day, DuPont Automotive, 950 Stephenson Highway, Troy, MI 48083; tel: 248/583-7910; mike.r.day@usa.dupont.com; www. plastics.dupont.com. MetaFuse nanocrystalline metal/polymer hybrid is a new polymer/metal hybrid technology being introduced by DuPont Engineering Polymers and its partners, Canadian-based Morph Technologies Inc., Integran Technologies Inc., and U.S.-based PowerMetal Technologies.
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ADVANCED MATERIALS & PROCESSES/APRIL 2008
27
167
TECHNICAL DATA SHEET GRIVORY GC-4H Product description Grivory GC-4H is a 40% carbon-fibre reinforced engineering thermoplastic material based on a combination of semicrystalline polyamide with partially aromatic copolyamide. Grivory GC-4H is used for injection moulding of high performance technical parts, exhibiting exceptional characteristics even after moisture absorption: -
very high stiffness and strength dimensional stability, low warpage good chemical resistance electrical and thermal conductive favourable abrasion and wear properties low weight
Grivory GC-4H is suitable in the application fields of: -
Electro / Electronics Safety technology Mechanical engineering
Grivory GC-4H is only available in black.
169
PROPERTIES Mechanical Properties Standard
Unit
Tensile E-Modulus
1 mm/min
ISO 527
MPa
Tensile strength at break
5 mm/min
ISO 527
MPa
Elongation at break
5 mm/min
ISO 527
%
Impact strength
Charpy, 23°C
ISO 179/1eU
kJ/m²
Impact strength
Charpy, -30°C ISO 179/1eU
kJ/m²
Notched impact strength
Charpy, 23°C
ISO 179/1eA
kJ/m²
Notched impact strength
Charpy, -30°C ISO 179/1eA
kJ/m²
Ball indentation hardness
ISO 2039-1
MPa
State dry cond. dry cond. dry cond. dry cond. dry cond. dry cond. dry cond. dry cond.
Grivory GC-4H 31000 28000 260 225 1.5 2.0 55 60 45 50 7 7 4 4 280 260
Thermal Properties Melting point
DSC
ISO 11357
°C
dry
260
Heat deflection temperature HDT/A
1.80 MPa
ISO 75
°C
dry
235
Heat deflection temperature HDT/C
8.00 MPa
ISO 75
°C
dry
175
dry
0.1
Thermal expansion coefficient long.
23-55°C
-4
ISO 11359
10 /K -4
Thermal expansion coefficient trans.
23-55°C
ISO 11359
10 /K
dry
0.8
Maximum usage temperature
long term
ISO 2578
°C
dry
100 - 120
Maximum usage temperature
short term
ISO 2578
°C
dry
180
IEC 60243-1
kV/mm
IEC 60112
-
Specific volume resistivity
IEC 60093
Ω·m
Specific surface resistivity
IEC 60093
Electrical Properties Dielectric strength Comparative tracking index
CTI
Ω
dry cond. cond. dry cond. cond.
< 50 < 50 < 50
ISO 1183
g/cm³
dry
1.34
General Properties Density Flammability (UL94)
0.8 mm
ISO 1210
rating
-
HB
Water absorption
23°C/sat.
ISO 62
%
-
4.5
Moisture absorption
23°C/50% r.h. ISO 62
%
-
Linear mould shrinkage
long.
ISO 294
%
dry
0.05
Linear mould shrinkage
trans.
ISO 294
%
dry
0.20
Product-nomenclature acc. ISO 1874: PA66+PA6I/6T, MH, 14-250, CF40
170
1.4
Processing information for the injection moulding of Grivory GC-4H Drying temperature
This technical data sheet for Grivory GC-4H provides you with useful information on material preparation, machine requirements, tooling and processing.
Polyamides are subjected to the affects of oxidation at temperatures above 80°C in the presence of oxygen. Visible yellowing of the material is an indication of oxidation. Hence temperatures above 80°C for desiccant dryers and temperatures above 100°C for vacuum ovens should be avoided. In order to detect oxidation it is advised to keep a small amount of granulate (light colour only !) as a comparison sample.
MATERIAL PREPARATION Grivory GC-4H is delivered dry and ready for processing in sealed, air tight packaging. Pre-drying is not necessary.
At longer residence times (over 1 hour) hopper heating or a hopper dryer (80°C) is useful.
Storage
Sealed, undamaged bags can be kept over a long period of time in storage facilities which are dry, protected from the influence of weather and where the bags can be protected from damage.
Use of regrind
Grivory GC-4H is a thermoplastic material. Hence, incomplete mouldings as well as sprues and runners can be reprocessed. The following points should be observed:
Handling and safety
Detailed information can be obtained from the “Material Safety Data Sheet” (MSDS) which can be requested with every material order.
• • •
Drying
During its manufacturing process Grivory GC-4H is dried and packed with a moisture content of ≤ 0.10%. Should the packaging become damaged or the material is left open too long, then the material must be dried. A too high moisture content can be shown by a foaming melt and silver streaks on the moulded part.
• • •
When adding regrind, special care has to be taken by the moulder.
Drying can be done as follows:
MACHINE REQUIREMENTS
Desiccant dryer Temperature: Time: Dew point of the dryer:
Grivory GC-4H can be processed economically and without problems on all machines suitable for polyamides.
max. 80°C 4 - 12 hours -25°C
Screw
Wear protected, universal screws with shut-off nozzles are recommended (3 zones).
Vacuum oven Temperature: Time:
max. 100°C 4 - 12 hours
Screw Length: Compression ratio:
Drying time
If there is only little evidence of foaming of the melt or just slight silver streaks on the part, then the above mentioned minimal drying time will be sufficient. Material, which is stored open over days, which shows strong foaming, unusually easy flowing, streaks and rough surface on the moulding part, then the maximal drying time is required.
!
Moisture absorption Grinding: Dust particles and particle size distribution Contamination through foreign material, dust, oil, etc. Quantity addition to original material Colour variation Reduction of mechanical properties
18 D - 22 D 2 - 2.5
Shot volume
The metering stroke must be longer than the length of the back flow valve (without decompression distance). Selecting the injection unit
Silver streaks can also be caused by overheating of the material (over 350°C) or by too long melt residence time in the barrel.
Shot volume = 0.5 - 0.8 x (max. shot volume)
171 3
Heating
At least three separately controllable heating zones, able of reaching cylinder temperatures up to 350°C. A separate nozzle heating is necessary. The cylinder flange temperature must be controllable (cooling).
Nozzle
Open nozzles are simple, allow an easy melt flow and are long lasting. There is however the danger that during retraction of the screws following injection of the melt, air maybe drawn into the barrel (decompression). For this reason, needle shut-off nozzles are often used.
Clamping force
As a rule of thumb the clamping force can be estimated using the following formula: Clamping force 1)
2
7.5 kN x projected area (cm ) 1)
in cavity pressure of 750 bar
The design of the mould tool should follow the general rules for fibre reinforced thermoplastics. For the mould cavities common mould tool steel quality (e.g. hardened steel) which has been hardened to level of 56 HRC is necessary. We recommend additional wear protection in areas of high flow rates in the tool (e.g. pin point gates, hot runner nozzles).
Demoulding / Draft angle
Parts moulded from Grivory showing excellent dimensional stability. Asymmetric demoulding and undercuts are to be avoided. It is favourable to foresee high numbers of large ejector pins or a stripper plate. Demoulding draft angles between 1 to 5° are acceptable. Following values can be considered: (VDI 3400) Depth of roughness (µm) Demoulding angle (%)
12 0.4 1
15 0.6 1
18 0.8 1.1
21 1.1 1.2
24 1.6 1.3
27 2.2 1.5
(VDI 3400) Depth of roughness (µm) Demoulding angle (%)
30 3.2 1.8
33 4.5 2
36 6.3 2.5
39 9 3
42 13 4
45 18 5
To achieve an optimal mould-fill and to avoid sink marks, a central gate at the thickest section of the moulding is recommended. Pin point gate (direct) or tunnel gates are more economical and more common with technical moulding.
172
Gate diameter 0.8 x thickest wall section of the injection moulding part Runner diameter 1.4 x thickest wall section of the injection moulding part (but minimum 4 mm)
VENTING
In order to prevent burning marks and improve weldline strength, proper venting of the mould cavity should be provided (venting channels on the parting surface dimensions: Depth 0.02 mm, width 2 - 5 mm).
PROCESSING
TOOLING
Gate and runner
To avoid premature solidification of the melt and difficult mould filing, the following points should be considered:
Mould filling, post pressure and dosing
The best surface finish and a high weld line strength is achieved with a high injection speed and when a sufficiently long post pressure is employed. The injection speed should be regulated so as to reduce towards the end of the filling cycle in order to avoid burning. For dosing at low screw revolutions and pressure the cooling time should be fully utilised.
Basic machine settings
In order to start up the machines for processing Grivory GC-4H, following basic settings are recommended: Temperatures Flange Zone 1 Zone 2 Zone 3 Nozzle Tool Melt
80°C 260°C 270°C 275°C 270°C 80 - 120°C 270 - 300°C
Pressures / Speeds Injection speed medium - high Hold-on pressure (spec.) 300 - 800 bar Dynamic pressure (hydr.) 5 - 15 bar -1 Screw speed 50 - 100 min
Compounds rinforzati a base di poliarilammide
La perfezione nellâ&#x20AC;&#x2122;iniezione
175
®
Compound a base di poliarilammide I compounds IXEF rappresentano una famiglia di prodotti termoplastici rinforzati da fibre di vetro e/o da cariche minerali. La resina di base delle composizioni IXEF è la poliarilammide (poliammide aromatica semi-cristallina), che conferisce notevoli proprietà ai pezzi iniettati, utilizzati in numerose applicazioni industriali.
La gamma IXEF La gamma delle poliarilammidi IXEF comprende sette famiglie principali di prodotti, essenzialmente per lo stampaggio a iniezione.
176
Grado
Caratteristiche
Serie1000 IXEF 1002 IXEF 1022 IXEF 1023 IXEF 1025 IXEF 1027 IXEF 1032
Composti rinforzati con fibra di vetro 30% di fibra di vetro 50% di fibra di vetro 50% di fibra di vetro – Stabilizzato UV per applicazioni interne 50% di fibra di vetro – Stabilizzato UV per applicazioni esterne 50% di fibra di vetro – migliore stabilità termica 60% di fibra di vetro
Serie 1300 IXEF 1313
Composti rinforzati agli urti Contiene 40% di fibra di vetro e un elastomero
Serie 1500 IXEF 1501 IXEF 1521
Formule rinforzate, ignifughe 30% di fibra di vetro 50% di fibra di vetro
Serie 2000 IXEF 2030 IXEF 2057
Composizioni rinforzate da cariche minerali o da cariche minerali e fibra di vetro 55% di cariche minerali e fibra di vetro Cariche minerali
Serie 2500 IXEF 2530
Prodotti ignifughi della serie 2000 Versione ignifuga del grado IXEF 2030
Serie 3000 IXEF 3006
Composizioni rinforzate da fibra di carbone 30% di fibra di carbone
Serie 5000 IXEF 5002
Composizioni auto-lubrificate Contiene il 20% di fibra di vetro e di PTFE
Un insieme di eccellenti proprietà Sebbene le proprietà possano variare da un grado all'altro, le notevoli caratteristiche dei pezzi fabbricati con le poliarilammidi IXEF si possano riassumere come segue:
Altissima rigidità
Modulo di elasticità in trazione fino a 23 GPa a 23°C (IXEF 1032)
Forte resistenza alle sollecitazioni meccaniche La sollecitazione massima in flessione può raggiungere 400 MPa a 23°C (IXEF 1032).
Alta resistenza alla deformazione
Deformazione inferiore al 1% dopo 1000 ore con 50 MPa a 50°C, per alcuni gradi. Ad uguale tenore in fibra di vetro, la resistenza alla deformazione è superiore a quella della maggior parte dei tecnopolimeri.
Eccellente finitura superficiale
Aspetto superficiale impeccabile per prodotti rinforzati anche ad alto tenore in fibra di vetro.
Facilità di trasformazione
Facile iniezione, anche per i prodotti ad alto tenore in fibra di vetro, che permette la fabbricazione di pezzi complessi o a pareti sottili.
Buona stabilità dimensionale
Debole ritiro allo stampaggio ed elevata riproducibilità che consente il rispetto di tolleranze minime (tolleranza sulla lunghezza pari a ± 0,05 % se ben iniettato).
Ripresa d'acqua lenta e moderata
La poliarilammide presenta, come tutte le poliammidi,una certa sensibilità all'umidità. Ciò nonostante, il carattere semi-aromatico della poliarilammide induce una ripresa d'acqua dei pezzi stampati con i compounds IXEF nettamente più debole e più lenta rispetto a pezzi in PA6 e PA66, più sensibili all'umidità.
177
Altre proprietà specifiche Proprietà fisiche La resina poliarilammidica di base dei composti IXEF è un polimero semi-cristallino che possiede una temperatura di transizione vetrosa (Tg) di circa 85°C (passaggio dallo stato vetroso allo stato gommoso). La sua temperatura di fusione si situa intorno ai 238°C, mentre la sua temperatura di cristallizzazione è nell'ordine dei 200°C. Nelle condizioni di trasformazione standard, la temperatura di solidificazione da considerare è di circa 230°C. Il coefficiente di dilatazione termica lineare della poliarilammide IXEF è molto debole: è paragonabile a quello dei metalli o delle leghe metalliche a temperatura ambiente.
Proprietà meccaniche I compounds IXEF presentano una resistenza alla rottura in trazione elevata equivalente e persino superiore a quella di molti metalli a temperatura ambiente (vedere le tabelle sottostanti).
Prova di trazione (23 °C) Resistenza alla rottura MPa 255 280 300 250 150 280 70 190 140
IXEF 1022 (prodotto asciutto) IXEF 1032 (prodotto asciutto) Bronzo allo stagno Ottone rosso Zinco ricotto Lega di zinco (4 % Al, 0,04 % Mg) Alluminio ricotto (99,6 %) Duralluminio Lega Al AG3 IXEF 1022 500
IXEF 1022
Trazione
Resistenza alla rottura (MPa) Modulo (GPa)
25
400
20
300
15 Modulo
200
10
100
5
0
Resistenza alla rottura
0
25
50
75
100
125
150
0 175
Temperatura (°C)
600
Modulo GPa 20 24 105 105 105 85 69 74 69 Flessione
Resistenza alla rottura (MPa) Modulo (GPa)
20
450
15
300
10 Modulo 5
150 Resistenza alla rottura 0
0
25
50
75
100
125
150
0 175
Temperatura (°C)
Comportamento a contatto con agenti chimici I composti IXEF si rivelano resistenti ad un gran numero di prodotti chimici: • Solventi usuali: idrocarburi alifatici e aromatici, solventi clorati, chetoni, esteri, eteri, glicoli; • Soluzioni acquose di un gran numero di agenti chimici, così come di prodotti di pulizia; • Nessuna alterazione significativa delle proprietà nell'olio motore tipo SAE 10W30, anche dopo 2000 ore a 120°C; • Nessuna modifica significativa delle proprietà a contatto con carburante (benzina) anche dopo 2000 ore a 40°C. La poliarilammide IXEF è invece degradata dagli acidi minerali forti e concentrati, dagli ossidanti potenti e dalle basi forti. E' sensibile ad alcuni acidi organici e ad alcune soluzioni di sali metallici (LiCl, ZnCl2). I composti IXEF non sono sensibili all'acqua quanto le altri poliammidi, sebbene sia opportuno valutare con prudenza un utilizzo a continuo contatto con l'acqua. In caso di utilizzo di un pezzo in poliarilammide IXEF a contatto con agenti chimici, è importante effettuare delle prove al fine di assicurarsi sulla tenuta del pezzo a questi prodotti nelle condizioni pratiche di utilizzo.
178
Applicazioni di alta tecnicitĂ I composti IXEF incontrano un grande successo presso gli utilizzatori, i progettisti ed i trasformatori, sia grazie alle alte prestazioni meccaniche che permettono di raggiungere, sia grazie alla loro facilitĂ di messa in opera. Inoltre l'alto grado di affidabilitĂ ha permesso il suo utilizzo in diversi campi di applicazione come ad esempio:
Settore automobile e trasporti Pompe benzina, copri dispositivo di ribaltamento, sedie antivandalismo, elementi di retrovisori, parti della frizione, comandi dei tergicristalli, scatole per il filtro dell'olio, rotula del braccio di comando dei fari, maniglie per portiere, meccanismi di regolazione dei sedili, parabole dei fari...
Elettrotecnica Connettori, intelaiatura e scatole di apparecchiature elettriche ed elettroniche, guide di scorrimento dei magnetoscopi, interruttori di sicurezza, supporti dei dischi dei lettori CD, supporti d'avvolgimento dei motori, pezzi per la telecomunicazione...
Elettrodomestici Elementi dei ferri da stiro, testine dei rasoi elettrici, staffe supporto dei motori degli aspirapolvere, elementi di macchine da cucire, ...
Diversi Applicazioni nell'ambito del tempo libero, delle macchine utensili, dei mobili, delle apparecchiature medicali...
179
Proprietà
Norme
Unità
Principali Prodotti IXEF 1022
(su prodotti asciutti, gradi naturali)
IXEF 1032
IXEF 1521
50% FV 60% FV 50% FV Ignifugo
FV: fibre di vetro CM: carichi minerali Proprietà fisiche Massa volumica Tenore in carica Assorbimento d'acqua (24h 23°C) Ripresa d'acqua all'equilibr (65% U.R.) Ritiro allo stampaggio (senso//al flusso)
Proprietà meccaniche (a 23°C) Trazione Resistenza alla rottura Modulo d'elasticità Allungamento alla rottura Flessione Resistenza alla rottura Modulo Resilienza Izod Provino intagliato Provino non intagliato
ISO 1183 ISO 62 (Solvay) (1)
ISO 527
ISO 178
ASTM D256
g/cm3 % % % %
1.64 50 0.16 1.5 0.1-0.3
1.77 60 0.13 1.3 0.1-0.3
1.75 50 0.15 1.3 0.1-0.3
MPa GPa %
255 20 1.9
280 24 1.8
230 20 1.9
MPa GPa
380 18
400 21
340 18.5
J/m J/m
110 850
120 900
95 700
Proprietà termiche e resistenza al fuoco HDT/A Coefficiente di dilatazione termica lineare a 23°C Conduttività termica Classificazione fuoco secondo UL94 Indice limite d'ossigeno (ILO)
ISO 75 ISO 11359 ISO 8302 ISO 4589
°C -1 5 10- .K . W/m K (1.6 mm) %
230 1.5 0.4 HB 25
230 1.4 0.4 HB 25
230 1.7 0.4 V-0 31.5
Proprietà elettriche Rigidità dielettrica Resistività trasversale Costante dielettrica a 110 Hz Fattore di dissipazione a 110 Hz Resistenza alle correnti vaganti
IEC 243 IEC 93/167 IEC 250 IEC 250 IEC 112
kV/mm Ohm.cm V
31 15 2.10 4.6 0.017 570
23.7 15 2.10 4.5 0.009 600
29 15 2.10 4.1 0.012 > 400
(*) gradi colorati neri (**) = 0,8 mm (1) Procedura interna Solvay (pressione = 750 bar; provini 40X20 mm; e tra 2 e 4 mm) Lista non esaustiva: altre qualità messe a punto per applicazioni speciali o mercati particolari sono disponibili su richiesta
180
Proprietà
Altri gradi standard
Norme Unità IXEF 1002
(su prodotti asciutti, gradi naturali)
IXEF 1025 (*)
IXEF 1501
IXEF 2030 (*)
IXEF 2530 (*)
30% FV 50% FV 30% FV FV + CM FV + CM Stab. UV Ignifugo
FV: fibre di vetro CM: carichi minerali Proprietà fisiche Massa volumica Tenore in carica Assorbimento d'acqua (24h 23°C) Ripresa d'acqua all'equilibr (65% U.R.) Ritiro allo stampaggio (senso//al flusso)
Proprietà meccaniche (a 23°C) Trazione Resistenza alla rottura Modulo d'elasticità Allungamento alla rottura Flessione Resistenza alla rottura Modulo Resilienza Izod Provino intagliato Provino non intagliato
ISO 1183 ISO 62 (Solvay) (1)
CM
Ignifugo
g/cm3 % % % %
1.43 30 0.20 1.9 0.1-0.4
1.61 46 0.16 1.5 0.1-0.3
MPa GPa %
190 11.5 2.0
230 17 1.9
185 13 2.3
140 21.5 1.2
150 20 1.2
100 12 1.6
MPa GPa
280 11
310 16.5
275 11.5
220 19
220 20
170 11.5
J/m J/m
70 460
95 700
60 450
50 260
55 290
35 300
230 1.8 0.3 HB 25
230 1.5 0.4 HB 25
230 1.8 0.3 V-0 31.5
220 1.8 0.5 HB 26
205 2.2 0.3 V-0 (**) 38.5
150 3 0.5 HB -
-
31 15 2.10 3.8 0.010 > 250
34.7 15 2.10 4.8 0.025 600
22.7 15 2.5.10 5.3 0.023 475
-
1.54 1.74 1.85 1.61 30 55 55 45 0.19 0.19 0.10 0.18 1.8 1.6 1.1 1.8 0.1-0.4 0.1-0.4 0.1-0.3 0.4-0.5
ISO 527
ISO 178
ISO 180
Proprietà termiche e resistenza al fuoco °C ISO 75 HDT/A -5 -1 Coefficiente di dilatazione termica lineare a 23°C ISO 11359 10 .K . ISO 8302 W/m K Conduttività termica (1.6 mm) Classificazione fuoco secondo UL94 % ISO 4589 Indice limite d'ossigeno (ILO) Proprietà elettriche Rigidità dielettrica Resistività trasversale Costante dielettrica a 110 Hz Fattore di dissipazione a 110 Hz Resistenza alle correnti vaganti
IXEF 2057 (*)
30 kV/mm IEC 243 15 IEC 93/167 Ohm.cm 2.10 3.9 IEC 250 0.010 IEC 250 > 400 V IEC 112
(*) gradi colorati neri (**) = 0,8 mm (1) Procedura interna Solvay (pressione = 750 bar; provini 40X20 mm; e tra 2 e 4 mm) Lista non esaustiva: altre qualità messe a punto per applicazioni speciali o mercati particolari sono disponibili su richiesta
181
Raccomandazioni per una facile trasformazione Le condizioni di iniezione raccomandate per l'utilizzo dei composti IXEF sono riassunte nella tabella qui sotto.
Temperature Temperatura del cilindro (°C) • Zona di alimentazione • Zona di compressione • Zona di omogeneizzazione • Zona dell'ugello • Canali caldi (se utilizzati)
250 - 280 250 - 280 250 - 280 260 - 290 250 - 260
Temperatura prodotto (misurata sullo spurgo) (°C) • Gradi standard (Es. IXEF 1022, 2030) • Gradi ignifughi (Es. IXEF 1521, 2530)
280 < 270
Temperatura dello stampo (°C)
120 -140
Plastificazione • Velocità periferica della vite (m/min) • Contro-pressione idraulica (bar)
3 - 10 0 - 10
Iniezione • Velocità di iniezione • Pressione di iniezione materia (bar)
alta 500 - 1500
Mantenimento e raffreddamento • Pressione di mantenimento materia (bar) • Tempo di mantenimento* (s) • Tempo di raffreddamento* (s) * = a titolo indicativo
** e = spessore della parete in mm
300 - 1500 3 e ** 2 2,5 e *** *** e = spessore della parete in mm, e ≥ 2 mm
La temperatura dello stampo deve essere tassativamente mantenuta tra 120 e 140°C per ottenere il massimo tasso di cristallinità durante la messa in opera. Un pezzo iniettato con stampo a temperatura troppo bassa presenta una ripresa d'acqua più importante, un rischio di distorsione da post-cristallizzazione dopo lo stampaggio, un cattivo aspetto superficiale e un rischio di deformazione più alto.
Un servizio tecnico competente e disponibile I servizi di assistenza Solvay sono a vostra disposizione per studiare insieme i vostri progetti e per portare a buon fine la loro concretizzazione: • supporto alla concezione di pezzi e attrezzature; • determinazione delle proprietà specifiche o delle caratteristiche rispetto a sollecitazioni imposte; • consigli e assistenza per determinare le condizioni ottimali di trasformazione dei prodotti IXEF.
182
shock 3mm & 135g
shock 4mm & 226g
shock 6mm & 338g
Flo1 3mm & 113g
Flo1 5mm & 118g
Flo1 6mm & 282g
lower transmitted force represents better protection
The information provided is not intended to and does not create any warranties, expressed or implied, including any warranty of merchantability of fitness for a particular purpose, as well as replicability of test results shown in this product sheet. *Test performed in accordance with en1621-1, impact energy reduced to 20J to allow the evaluation of thinner samples
d3o (7mm)
shock
ComParaTIvE ImPaCT PErFormanCE aT 20J*
d3o (3mm)
flo1
ComParaTIvE ImPaCT PErFormanCE aT 20J*
d3o (4mm)
lower transmitted force represents better protection
Pe foam (14mm)
thiCkness & weight:
eVa foam (6mm)
non-toxiC
•
neoprene (6mm)
•
Pe foam (7mm)
TransmiTTed force (kn)
great performanCe in extreme temperatures
Thickness
TransmiTTed force (kn)
•
d3o T5 (8mm)
d3o 6mm mesh
d3o 4mm mesh
Vinyl nitrile foam (10mm)
eVa foam b (20mm)
eVa foam a (14mm)
Pe foam (14mm)
Thickness
sheet plain The plain sheet comes in two materials: shock and Flo1. The shock sheet is more temperature stable and is fire retardant, whilst Flo1 is lighter. Both materials however, offer great protection and flexibility. Ideal for all markets.
185
DEFLEXIONâ&#x201E;˘ IMPACT PROTECTION TEXTILES SELECTION GUIDE
Breathable Flexible Washable Durable Easy to Use
Comfortable Impact Protection
AREFULLY
ccurate. However, because mation should not be used in effective, and fully ducements to infringe any
es specifications in effect at
hase price or replacement of
S OR IMPLIED HANTABILITY. CONSEQUENTIAL
Form No. 26-1732-01
187
TYPICAL PROPER
DEFLEXIONTM brand from Dow Corning brings you a range of silicone impact protection technologies for a diverse range of applications. All products are available on rolls, allowing the easy creation of high-performance protective apparel and personal protective equipment.
Product
S-RANGE
Color Weight, kg/m2 Thickness, mm Product Form Availability
The above data is not i
A patent pending impact protection textile based on three dimensional polyester spacer textiles impregnated with specially formulated silicones.
Product Color
Features Good impact performance Durable Flexible Naturally breathable Washable Performance at low to high temperatures (-20oC to +40oC))
Potential Uses Apparel where good fit and comfort is important for the wearer. Especially suitable if the wearer gets hot or needs to wear protection for long periods of time such as in sport. The S-Range can be fully incorporated into garments.
Weight, kg/m2 Thickness, mm Density, g/cm3 Format Availability
The above data is not i
TP RANGE
PERFOR
Product Impact Standard EN1621-1
Patent pending impact protection technology based on expanded thermoplastic rubber formulated with special silicones.
Features Superior impact performance Thinner and/or lighter than alternative solutions Flexible Perforations to aid airflow Washable Performs at low temperatures (-18oC) 01
188
EN1621-1
modified to 20 Joules
EN1621-2
Potential Uses Body armour or equipment which requires thin or lightweight superior protection. The TP-Range materials can be molded to create three dimensional shapes.
EN13061 Compression Data ASTM D575
25% compression
ASTM D395
compression set after 22h
Footnotes EN1621-1: 1998 = Eur EN1621-2: 2003 = Eur EN13061: 2001 = Euro
is important for the wearer gets hot or riods of time such as y incorporated into
h requires thin or TP-Range materials sional shapes.
TYPICAL PHYSICAL PROPERTIES
S-RANGE Product
S5-004
S7-005
Color
Red
Red
Weight, kg/m2
1.3
1.9
Thickness, mm
5
7
Product Form
3D spacer textile
3D spacer textile
25 linear meter rolls
25 linear meter rolls
Availability
The above data is not intended for product specifications
TP RANGE Product
TP3-001
TP3-002
TP8-001
TP8-002
Color
Grey
Grey
Grey
Grey
Weight, kg/m2
1.0
1.35
2.7
3.6
Thickness, mm
3
3
8
8
0.4
0.5
0.37
0.5
perforated sheets
sheets
perforated sheets
sheets
50 linear meter rolls
50 linear meter rolls
20 linear meter rolls
20 linear meter rolls
Density, g/cm
3
Format Availability
The above data is not intended for product specifications
PERFORMANCE DATA S-RANGE Product
S5-004 # layers
Transmitted Force
EN1621-1
3
EN1621-1
1
Impact Standard
modified to 20 Joules
EN13061 Compression Data
S7-005 # layers
Transmitted Force
22 kN
2
29 kN
1
n/a
EN1621-2
TP RANGE
3
2
1.4kN
# layers
Value
TP3-001 # layers
Transmitted Force
28 kN
3
24 kN
1
18 kN n/a
TP3-002 # layers
Transmitted Force
26 kN
3
29 kN
2
TP8-001
TP8-002
# layers
Transmitted Force
# layers
Transmitted Force
24 kN
1
27 kN
1
25 kN
19 kN
1
13 kN
1
12 kN
n/a
n/a
2
11 kN
2
13 kN
n/a
n/a
1
0.7 kN
1
0.7 kN
# layers
Value
# layers
Value
# layers
Value
# layers
Value
# layers
Value
ASTM D575
2
7.78lb
5
15.76 lb
4
29.8lb
2
19.28lb
3
58.8lb
ASTM D395
2
1.76%
5
1.62 %
4
2.59%
2
1.14%
2
3.41%
25% compression compression set after 22hr
Footnotes EN1621-1: 1998 = European motorcycle limb protector impact standard. Impact Energy = 50 Joules . Maximum allowable transmitted force = 35 kN. EN1621-2: 2003 = European motorcycle back protector impact standard. Impact Energy = 50 Joules. Maximum allowable transmitted force = 18 kN. EN13061: 2001 = European soccer shinguard impact standard. Impact Energy = 2 joules. Maximum transmitted force = 2kN
189 02
EVALUATION OF ROAD BIKE COMFORT USING CLASSICAL AND OPERATIONAL MODAL ANALYSES
Simon Richard and Yvan Champoux Acoustics and Vibration Group of the Université de Sherbrooke (GAUS) Mechanical Engineering Department Sherbrooke (Québec), Canada J1K 2R1
ABSTRACT In the popular literature of the cycling world, comfort is one of the most frequently encountered words. This is also true for discussions among cyclists, especially long distance riders (100 km and more). The problem is that everybody talks about comfort, but nobody knows technically what actually creates comfort or discomfort on a road bike. This paper presents the results of the analyses performed to characterize the dynamic behavior of a road bike. Classical modal analysis, Operational Modal Analysis and Operating Deflection Shape are presented and compared. INTRODUCTION In the popular literature of the cycling world, comfort is one of the most frequently encountered words. This is also true for discussions among cyclists, especially long distance riders (100 km and more). The problem is that everybody talks about comfort, but nobody knows technically what actually creates a comfortable or uncomfortable road bike. Many different technologies and materials are available to produce road bikes and each one has advantages and drawbacks. Also, each cyclist has his or her own preferences and beliefs about the bike’s material, but all of this knowledge remains subjective. As mentioned in a previous paper [1], the long term goal of this research project is to characterize and quantify the dynamic comfort level of a high-performance road bike. Dynamic comfort can be defined as the comfort (or discomfort) caused by the behavior of the structure, i.e. the bike, when subjected to the excitation of the road (holes, bumps, etc.). This type of comfort is not related to the static position of the rider, which is an additional potential source of discomfort. Thus, the first step of the project is to understand the dynamic behavior of the entire system, i.e. the bike and the rider. Following this and based on the resulting knowledge, techniques for measuring comfort will be developed. This paper presents the results of the analyses that have been performed to characterize the dynamic behavior of a road bike. These analyses are: • • • •
Modal analysis using Single-Input Multiple-Output (SIMO) technique Modal analysis using Multiple-Input Multiple-Output (MIMO) technique Operational Modal Analysis (OMA) Operating Deflection Shapes (ODS)
191
CLASSICAL MODAL ANALYSES To understand the dynamic behavior of the complete system (the bike with the rider on it), two classical modal analyses were performed. The first one, a SIMO analysis, was carried out using a single shaker mounted on the front wheel axle. As an extension of this study, a second shaker was installed on the handlebar to perform a MIMO analysis. The next section describes the experimental setup and shows the results of these two analyses. Experimental setup Figure 1 presents the general arrangement of the experimental setup. The bike is placed on a steel table and its lateral movement is softly restricted with a set of elastic band. The stiffness of the band is adjusted to support adequately a 160-pound rider. In SIMO testing, only shaker #1 is used. This shaker is a 50-pound shaker from MB Dynamics. The excitation is located on the front wheel axle with an angle of 30º relative to the longitudinal axis (see Figure 2). Shaker #2 (Brüel & Kjær Type 4809) is installed on the handlebar to carry out the MIMO analysis (see Figure 3). The handlebar is a good location to inject energy due to the increase of damping caused by the presence of the rider [1]. Random excitation (bandwidth 10-810 Hz) is used for both SIMO and MIMO analyses. The frequency range of interest starts at 10 Hz in order to avoid DC component in the force signal causing a displacement of the bike. Structural response is measured using a PCB triaxial accelerometer at 69 locations throughout the entire bike. This static experimental setup allows measurements to be taken on both wheels. Consequently, 8 measurement points are located directly on each tire rim. Shaker control and data acquisition are performed using Brüel & Kjær PULSE system. Figure 1: Setup for SIMO and MIMO analyses An instrumented stem is used to measure the force applied on the handlebar by the rider. The instrumentation consists of a full bridge of strain gauges measuring the bending moment along the stem. This information is essential to reproduce the rider’s position in repeated measurements, thus ensuring a system that does not vary over time.
192
Figure 2: Shaker #1 at 30Âş off the longitudinal axis
Figure 3: Shaker # 2 mounted on the handlebar
Modal Test Results Both SIMO and MIMO experiments were analyzed using MEâ&#x20AC;&#x2122;scopeVES software. A polynomial curve-fitting algorithm was used to extract modal parameters. Table 1 presents the results and a brief description for each mode (see Appendix 1 for bike terminology). Table 1: Modal parameters from SIMO and MIMO analyses Mode # Description Frequency [ Hz ] (Damping Ratio) SIMO MIMO 1 27.6 (5.3 %) 27.8 (7.1 %) Front-to-back motion of the fork 2 49.4 (4.5 %) 48.9 (5.8 %) Frame torsion, lateral motion of the fork and front wheel 1st bending mode 3 87.5 (1.6 %) Stem torsion and front wheel 2nd bending mode 4 148.0 (1.1 %) 148.0 (0.9 %) Lateral motion of the fork and front wheel 3rd bending mode 5 173.0 (3.27 %) 174.0 (2.6 %) Lateral motion of the handlebar tips and 3D motion of the fork 6 243.0 (0.7 %) 243.0 (0.7 %) Fork and handlebar tips lateral motion and front wheel 4th bending mode 7 291.0 (0.5 %) 290.0 (0.7 %) Lateral motion of the fork and 1st bending mode for the top tube and the seat stay. From Table 1, we are able to conclude that both SIMO and MIMO analyses give similar results for natural frequencies and mode shapes. However, damping ratios are different according to the technique employed. Also, MIMO technique can extract one more mode than SIMO analysis (Mode # 3). This can be explained by the fact that the deflection of this mode is small at the reference location (Shaker # 1) for the SIMO case. In order to complete the comparison of the two methods, the Modal Assurance Criterion (MAC) was calculated between the modes extracted from both techniques. Table 2 shows the MAC table.
193
Table 2: MAC table
Mode Shapes from MIMO analysis
Mode # 1 Mode # 1 Mode # 2 Mode # 4 Mode # 5 Mode # 6 Mode # 7
0.87 0.02 0.00 0.00 0.00 0.00
Mode Shapes from SIMO analysis Mode # 2 Mode # 4 Mode # 5 Mode # 6 0.01 0.95 0.00 0.06 0.00 0.00
0.00 0.01 0.96 0.01 0.01 0.02
0.10 0.01 0.00 0.05 0.00 0.00
0.00 0.00 0.01 0.01 0.92 0.04
Mode # 7 0.00 0.00 0.01 0.01 0.01 0.92
The MAC matrix shows that modes # 1, # 2, # 4, # 6 and # 7 are similar (MAC > 0.87), no matter which technique is used. However, particular attention is required for mode # 5. Indeed, the frequencies are similar (173 and 174 Hz) but the mode shapes are quite different (MAC = 0.05). The reason for this is the 3D motion of the fork which is different in both analyses. From SIMO technique, the 3D motion of the fork is mainly front-to-back with a small lateral component, contrary to the MIMO analysis that produces a pure lateral motion for mode #5. This difference in mode shape could result from the addition of stiffness in the experimental setup by the mounting of shaker #2. An additional study has to be carried out to determine the details. In this section, two classical modal analysis techniques have been described and compared. From this, we can conclude that both techniques provide similar results; and that the MIMO technique appears to be more efficient due to the addition of a reference for the modal analysis. However, these classical techniques require information on the system’s input, e.g. the forces applied to the bike, and this information can only be obtained using a static experimental setup. Fortunately, another technique called Operational Modal Analysis (OMA) is available to extract the modal parameters from real conditions of operation. When the subject being studied is a road bike, the conditions of operation are found outside - on the road. OPERATIONAL MODAL ANALYSIS (OMA) First developed for civil engineering, OMA is continually being applied to mechanical structures such as aircraft, trains, vehicles and operating machinery for the determination of modal parameters. When compared to classical modal analysis, OMA presents important advantages [2]: • • • • •
Structures impossible or difficult to excite by externally applied forces can be tested Modal model represents real operating conditions Testing can be performed in situ without interruption and in parallel with other applications Simple and rapid setup Simple test procedure similar to Operating Deflection Shapes (ODS)
Because of these advantages, OMA is an appropriate technique to apply to a road bike. In fact, laboratory reproduction of true road excitation is neither a cheap nor an easy task. Also, it is beneficial to develop the modal model with true boundary conditions and actual force and vibration levels. The next section describes the experimental setup and the results of the analysis. Experimental setup As mentioned before, the setup is quite simple. In this case, all we require is a bike with a rider, three triaxial accelerometers, a portable data acquisition system and… a rough road surface! Figure 4 presents the details of the setup. The test procedure was as follows: one reference and two roving accelerometers were installed on the bike. The cyclist rides normally (sometimes pedaling and sometimes not.) for approximately 100 s. During this time, the portable system is transferring acceleration time data to the computer via a wireless connection. After 100 s, the two roving accelerometers are moved at another location on the bike and the test is repeated.
194
OMA results For the analysis, two different classes of modal parameter estimators are available with the BrĂźel & KjĂŚr / ARTeMIS system: Frequency Domain Decomposition (FDD) and Stochastic Subspace Identification (SSI). In this paper, the results from the FDD method will be presented. Frequency Domain Decomposition (FDD) The FDD technique estimates the modes using a Singular Value Decomposition (SVD) of the Spectral Density Matrices. This decomposition corresponds to a Single Degree of Freedom (SDOF) identification of the system for each singular value [3]. This technique allows identification of natural frequency and unscaled mode shape. Damping characteristics, more precise resonance frequencies and improved version of the mode shapes can be obtained using the Enhanced Frequency Domain Decomposition (EFDD). See reference [3] for details. Table 3 shows the results from FDD and EFDD methods. Figure 4: Setup for OMA
Table 3: Modal parameters from FDD and EFDD techniques Frequency [Hz] and Damping Mode # Description Ratio for EFDD [%] FDD EFDD 1 21.0 21.9 (15.3 %) Vertical rigid body mode 2 33.0 34.1 (13.3 %) Front-to-back motion of the fork 3 51.5 51.4 (6.1 %) Frame torsion and lateral motion of the fork 4 247.0 247.3 (1.4 %) Lateral motion of the fork and 3D motion of the handlebar tips. 5 290.0 289.7 (1.7 %) Lateral motion of the fork, 3D motion of the handlebar tips and first bending mode of the down tube. FDD and EFDD techniques give approximately the same results. In order to confirm them, the MAC table is calculated to compare the mode shapes extracted from both techniques. All diagonal values are over 0.84, confirming the similarity of the mode shapes. Table 4 presents MAC table.
195
FDD Modes
Table 4: MAC table for FDD and EFDD mode shapes EFDD Modes 21.9 Hz
34.1 Hz
51.4 Hz
247.3 Hz
289.7 Hz
21.0 Hz
0.97
0.77
0.03
0.30
0.02
33.0 Hz
0.76
0.98
0.08
0.26
0.06
51.5 Hz
0.06
0.07
0.96
0.15
0.49
247.0 Hz
0.29
0.24
0.13
0.84
0.26
290.0 Hz
0.04
0.03
0.50
0.14
0.90
As mentioned in Table 3, mode #1 (21 Hz) is a rigid body mode since there’s no deformation of the structure at this frequency. In fact, all measured DOFs are moving vertically. This can be caused by the bouncing of the tire. In a previous experiment, see reference [1], this same rigid-body mode was found at 22.5 Hz, which is consistent with the present analysis. From inspection of Table 1 and Table 3, we can see that the three methods extract one mode at around 50 Hz, one mode at around 245 Hz and another one at 290 Hz. However, mode shapes can’t be easily compared due to the absence of measurement DOFs on the wheels (in the case of OMA) but similarities can be observed. Also, front-to-back motion of the fork is found in both classical and operational modal analyses with a slight increase in frequency for the OMA. This shift in frequency is probably due to a change of position of the rider between the static test and the road test. Finally, only OMA can extract the 21 Hz rigid body mode. In parallel with the determination of the modal parameters, other studies can be performed to characterize the dynamic behavior of a road bike. One of these techniques is called Operating Deflection Shapes (ODS) and the last part of this paper describes the work performed using this approach. OPERATING DEFLECTION SHAPES (ODS) Operating deflection shapes (ODS) provide very useful information for understanding and evaluating the absolute dynamic behavior of a machine, component or an entire structure [4]. In addressing the issue of comfort, it is important to answer the following questions: How much does a bike move? Where does it move the most, and in what direction? Measuring ODS can help answer these vibration-related questions [5]. Also, ODS can be measured directly by relatively simple means [4]. The next sections describe the experimental setup for ODS measurement and the results of the analysis. Experimental setup The setup for this experiment consists of a custom-made treadmill (Figure 5) driven by a 10 hp electrical engine. The rolling surface dimensions (30’’ x 77’’) provide enough space for the cyclist to move freely while pedaling. The speed can be constant (manual mode) or controlled by the real-time position of the rider. This real-time position is provided by a wire potentiometer attached to the saddle of the bike. In the controlled mode, if the cyclist speeds up, the velocity of the strap increases and vice-versa. The inclination of the platform can be set between -3º and +17º to simulate descent and climb. An ODS can be defined from any forced motion, either at a moment in time, or at a specific frequency [5]. For this experiment, excitation is provided by a ½’’ wood stud glued on the strap (Figure 6). At 18 km/h, the rider impacts the stud once every second. Response data are measured at 39 locations along the fork, on the handlebar and
196
on the bike frame. Reference triaxial accelerometer is located on the front wheel axle. Auto-spectrum and Crossspectrum are averaged for each DOF and then processed in MEâ&#x20AC;&#x2122;scopeVES software from Vibrant Technology in order to get the ODS FRFs which are used to animate the structure at a particular frequency.
Figure 5: Custom made treadmill
Figure 6: Wheel and wood stud
Figure 7 presents typical Auto-spectrum acquired during the test. From this spectrum, it is obvious that the vibration energy is around 30 Hz. Figure 8 presents the operating deflection shape at 34 Hz. This ODS can be described as a front-to-back motion of the fork and a rotation of the handlebar. This rotation of the handlebar is interesting because it can be related to the hand comfort of the cyclist.
Figure 7: Typical measurements
autospectrum
from
ODS
Figure 8: ODS at 34 Hz
(dashed line: undeformed)
Since the excitation is almost constant with the use of the treadmill (the bike is always impacting the stud at the same speed and the same attitude), ODS could be a potential measurement technique to compare the absolute amplitude of vibration of bikes made of different materials (aluminum, steel, carbon fiber, etc.). This comparison could lead to an interesting conclusion about the degree of comfort of each material.
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CONCLUSION In this paper, different types of analyses were presented. First of all, a comparison between two classical modal analyses (SIMO and MIMO) was presented. We saw that it could be advantageous to add a second shaker in order to get one more reference. This reference is essential to extract modes with no displacement at the first reference location. Also, another type of modal analysis (OMA) was studied to get a modal model representing real operating conditions. In this analysis, it was shown that some modes from classical modal analyses are also present in OMA but a few others are missing. Two facts provide an explanation. The first one is that excitation coming from the road doesn’t excite these frequencies. The second is the absence of measurement DOFs on the wheels for the OMA. Finally, ODS from measurements taken on a custom-made treadmill were presented. From this analysis, we observed that the motion of the bike after an impact is primarily located in the fork and the handlebar at a frequency of 34 Hz. All of the preceding analyses were performed to get a better understanding of the dynamic behavior of a road bike with a rider on it. In the future, this knowledge will be used to evaluate comfort. In fact, reliable techniques for measuring comfort will be developed based on the results of the analyses presented in this paper. ACKNOWLEDGMENTS The authors gratefully acknowledge the support of this work by Centre québécois de recherche et de développement de l’aluminium (CQRDA), Argon 18, Devinci and Procycle. REFERENCES [1] Richard, S. and Champoux, Y., Modal Analysis of a Road Bike’s Front Components, Proceedings of IMAC XXII, Dearborn, MI, 2004. [2] Brüel & Kjaer Magazine, No.1, pp. 18-21, 2003. [3] Batel, M., Svend G., Møller, N. and Herlufsen, H., Ambient Response Modal Analysis on a Plate Structure, Proceedings of IMAC XXI, Kissimmee, FL, 2003. [4] Døssing, O., Structural Stroboscopy-Measurement of Operational Deflection Shapes, Sound and Vibration Magazine, August 1988. [5] Schwarz, B. J. and Richardson, M. H., Introduction to Operating Deflection Shapes, CSI Reliability Week, Orlando, FL, October 1999.
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ALL I WANT TO BE IS SOMEONE THAT MAKES NEW THINGS AND THINKS ABOUT THEM. J. MAEDA