POLITECNICO DI MILANO Scuola di Architettura e SocietĂ Corso di Laurea Magistrale in Architettura di Interni e Allestimento a.a. 2012-2013
Urbs ipsa moenia
Relatore: Prof. Arch. Arnaldo Arnaldi Correlatore: Arch. Gianluca Bresciani
Studenti: Beatrice Bigiogera 771024 Stefano Grimaldi 770925 Lavinia Romiti 782574
“Civitas est hominum multitudo societatis vinculo adunata, dicta a civibus, id est ab ipsis incolis urbis [pro eo quod plurimorum consciscat et contineat vitas]. Nam urbs ipsa moenia sunt, civitas autem non saxa, sed abitatores vocantur�. Isidoro di Siviglia, Etymologiae, XV libro
Abstract
Obbiettivo della tesi è rendere nuovamente leggibile all’interno del tessuto della città di Milano il sistema di porte e mura che costituivano la cinta spagnola risalente al XVI secolo d.C., attraverso la reintegrazione nella vita quotidiana delle porte ancora esistenti, oggi dimenticate e ridotte a frammenti scollegati tra loro nella realtà della città contemporanea. L’intervento non si limita alle singole rimanenze storiche, ma si fonda sulla
di ricreare una successione di spazi pubblici per il pubblico. Caratteristica fondamentale dei progetti è la facile fruizione da parte del cittadino, ispirata a quegli spazi presenti all’interno della città che nella nostra analisi all’aperto, per la loro conformazione architettonica che li vede racchiusi da delle quinte e attraverso l’utilizzo di pochi e semplici dispositivi, sono attualmente quelli in cui vi è la maggior aggregazione spontanea di persone in tutta Milano. La tesi si ripropone quindi di restituire alla città un patrimonio che fa parte della sua identità, riconvertendolo però in parte attiva della quotidianità dei cittadini.
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Indice
1. INTRODUZIONE
p.11
Parte I - ANALISI SULLA CITTA’ STORICA
p.15
2. Storia di Milano attraverso le sue porte
p.17
2.1_La città romana 2.2_L’Età Repubblicana 2.3_L’espansione Erculea 2.4_Le mura di Ansperto 2.5_La cinta Medievale 2.6_La Milano Viscontea 2.7_La dominazione spagnola 2.9_Gli Asburgo-Lorena 2.10_A passeggio sui bastioni 2.11_Milano Napoleonica 2.12_Gli Archi di Trionfo 2.13_La Restaurazione 2.14_L’abbattimento delle mura e la nascita dei frammenti 3. La porta dalla storia alla città contemporanea
p.41
3.1_La porta come atto religioso 3.2_La porta come recinto 3.3_La porta come identità cittadina 3.4_I boulevard 3.5_La porta come dazio 3.6_La porta come nodo 3.7_Il nodo culturale 3.8_La porta come frammento 3.9_La porta come landmark
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Parte II - ARCHIVIO CIVICO-STORICO BERTARELLI
p.53
Parte III - LE PORTE CONTEMPORANEE
p.67
4.Esempi
p.69
4.1_Archetipo della forma 4.2_Soglia
5.Le porte storiche nella cittĂ contemporanea
p.77
6.Indagine conoscitiva
p.95
7.Le Nuove porte di Milano: Landmark, monumento e icona
p.101
7.1_Il parco del Portello 7.3_Porta Nuova Parte VI - IL PROGETTO
p.109
8.Concept
p.113
9.Porta Vittoria
p.121
10.Giardini di Viale Caldara
p.131
11.Rievocazione del sistema: da Porta Romana al cavaliere di Via Filippetti
p.141
CONCLUSIONI
p.159
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Introduzione
La tesi discussa in questa sede nasce dall’aver riscontrato, da parte di tre cittadini milanesi, una totale trascuratezza e dimenticanza riguardo le porte delle mura della città. Tutti i ragionamenti svolti partono dal presupposto che Urbs ipsa moenia1, ovvero la città consiste nelle sue stesse mura, elemento caratterizzante delle città murate europee. Esse rappresentano della storia di Milano. Gli elementi che sono sopravvissuti al trascorrere dei secoli non sono pochi, ne troviamo infatti nove lungo il sedime delle mura spagnole e due risalenti invece all’epoca medievale. Insieme alla cortina difensiva di cui erano parte integrante, esse costituivano un sistema ben della città, distinguendo ciò che stava dentro da ciò che stava fuori. In seguito all’abbattimento delle mura, avvenuto durante il diciannovesimo costituivano un vuoto in un pieno, oggi si leggono invece come un pieno in un vuoto, in un sistema che non esiste più e che porta alla conseguente esse sono oggi dei monumenti, che la città invece di trattare come tali,
Obiettivo della tesi è dunque ricostituire il sistema Porte-mura della cerchia spagnola di Milano, trasformandole da frammenti dimenticati all’interno della città contemporanea a parte integrante della vita quotidiana di quest’ultima.
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Isidoro di Siviglia, Etymologiae, XV libro
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sedime delle mura spagnole, lungo il quale sono situate le porte storiche che rappresentano l’oggetto della tesi. Ciò ha portato alla nostra attenzione una serie di aree abbandonate o dimenticate dalla città, che costituiscono un’occasione di intervento all’interno del tessuto milanese e E’ proprio su questi spazi che si sviluppa la nostra proposta progettuale che ha la volontà di restituire l’importante patrimonio culturale e architettonico ai cittadini e alla città attraverso la progettazione di “spazi pubblici per il pubblico”, dotando Milano di aree urbane attrezzate che favoriscano le relazioni e la dinamicità che sono motore della frenesia milanese e che le re-integrino nella vita quotidiana. E’ stato inizialmente eleborato un masterplan su tutta la cerchia dei e nel quale viene particolarmente sottolineata la volontà di ricostituire un sistema di spazi collegati tra loro, ma funzionanti nella loro singolarità. Successivamente ci siamo concentrati sul tatto che va da Porta Vittoria a Porta Romana, che in seguito ad analisi approfondite si è rivelato essere il più critico e interessante dal punto di vista delle possibilità progettuali, il più denso di aree di progetto differenti e il più ricco dal punto di vista dei reperti storici del sistema delle mura. Questa scelta ci ha permesso di sviluppare delle proposte progettuali ad hoc per le aree individuate in quel tratto, ma che al contempo affrontassero tutte le situazioni di spazi interventi ripetibili e riproponibili nelle aree di progetto di tutto il masterplan. In particolare l’attenzione si è concentrata sull’attuale Piazza delle Cinque Giornate che è caratterizzata dalla presenza dei caselli daziari; il Giardino compreso tra Via Montenero e Viale Caldara distinto da una percorre Via Filippetti, unico esempio a Milano in cui è possibile ritrovare gli elementi caratteristici del sistema interamente conservati, ma che paradossalmente a causa dell’attuale conformazione della città risultano qui maggiormente negati e dimenticati.
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ANALISI SULLA CITTA’ STORICA
Storia di Milano attraverso le sue porte
E’ incerto se la Milano preromana fosse dotata di mura, tuttavia le possibilità
La città romana
Milano scarseggiano. Il primo riferimento alle mura della città in epoca repubblicana si ha in Tacito nelle Histoirae (I,10) dove parlando delle ”1 della Transpadana. Attraverso questo epiteto, lo storico latino ci conferma che in quell’epoca della dominazione romana Milano era già dotata di una cinta muraria difensiva. Tale notizia risale alla metà del I secolo d.C., ma considerando che altre città romane erano già da anni dotate di una antica. L’Età Repubblicana nel 49 d.C., a
per volere di Giulio Cesare. L’assetto precedente
l’avvento dei romani tutto il territorio cittadino venne riordinato secondo un cardo e un decumano, ruotati però di circa 45° rispetto ai consueti punti cardinali. L’area urbana, segnata dalle mura, aveva un perimetro nella campagna. Oggi si può azzardare una ricostruzione quasi certa della città repubblicana, che consisteva in una piccola parte a sud ovest dell’attuale centro storico. L’estensione delle mura era di circa 3500 metri e il livello stradale era di circa 2,6 m inferiore a quello attuale. La cinta muraria repubblicana ripercorreva molto probabilmente il tracciato di quella gallo-celtica precedente e contava lo stesso numero di porte e altrettante arterie stradali principali. Ad una estremità del 1 trad. “città saldamente cinta da mura”
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Milano Romana Imperiale
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Storia di Milano attraverso le sue porte
, in prossimità dell’attuale piazza della scala, si ergeva , mentre nella direzione opposta esso terminava nella Porta 2 Ticinensis . L’altro asse principale, il , era invece delimitato a nord-ovest da Porta Vercellina e a sud-est da Porta Romana. Queste porte erano situate al centro dei lati del quadrangolo cittadino, oltre ad esse se ne ergevano altre due ai vertici, Porta Comasina e un’altra di cui non è noto il nome, situata all’inizio di corso Vittorio Emanuele. Se le mura gallo-celtiche rappresentavano una difesa della città, quelle repubblicane iniziavano già a dotarsi di valori simbolici più profondi, decretando la dignità del romano, attribuendo identità all’agglomerato urbano come presidio di Roma, manifestandone la dipendenza da un ordine politico, l’appartenenza a una comunità più grande. La dominazione romana è stata scandita da tre espansioni, quella repubblicana sopra citata, una seconda attuata sotto il potere dell’imperatore Massimiano Erculeo nel 286 d.C., quando Milano divenne
Espansione Erculea
cristianizzazione in seguito all’editto di Costantino del 313 d.C.. Divenuta capitale Milano dovette adeguare i monumenti, l’ aspetto e non città venne allargato verso est, annettendo quindi corso Vittorio Emanuele e parte dell’attuale via Manzoni. Di conseguenza vennere aperte due nuove porte lungo questi assi viari: , all’angolo tra Manzoni e Montenapoleone e Porta Argentea, in piazza San Babila. Invece verso il Circo. In quest’epoca la città vide sorgere molti importanti monumenti extra moenia, uno per ogni nuovo quartiere abitativo. La porta d’ingresso Porta Romana, situata sull’asse diretto a Roma e attraversata da una maestosa via porticata, larga 15m, compresi i portici e lunga 570m. Tale monumentalità aveva il compito di accompagnare all’interno della città i generali vittoriosi 2 dal nome latino di Pavia,
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Storia di Milano attraverso le sue porte
e le personalità più importanti del regno e di ricordare a chi si accingeva a varcare la soglia cittadina che stava per entrare in una seconda Roma. La cosiddetta Cinta Massimianea al medioevo e ebbe il compito di indicarne la supremazia con l’eleganza dei bastioni e il gran numero di torri. Nel 312 d.C., a seguito di una guerra civile perseverata per sette anni, l’anno successivo promulgò il suo editto. Successivamente degno di nota fu l’intervento del vescovo milanese Ansperto da Biassono che , con mirata volontà di ristabilire la sua protezione sulla città in seguito alle invasioni Barbariche e al susseguirsi di incendi e devastazioni a cui Milano fu sottoposta durante i decenni che precedettero il Medioevo.
Le mura di Ansperto
iniziò ad affermarsi sempre di più accanto a quella del conte come signore della città. Ansperto governò Milano dal 869 al 881 d.C. e in quel periodo si dedicò alla costruzione di una nuova cinta muraria, assimilabile pressapoco alla cerchia dei navigli. Esse non erano vere e proprie mura, ma una prima linea di difesa più esterna alla città, con un fossato e un terrapieno, anticipante di tre secoli quella Medievale. Le mura romane continuarono a esistere e a proteggere il centro più antico. Più che a un valore difensivo, le mura di Ansperto miravano a inglobare all’interno della città alcuni borghi nati extra moenia intorno alle grandi Basiliche Cristiane in cui venivano custodite le spoglie dei martiri. I luoghi di culto avevano iniziato ad attrarre gente e di conseguenza formare veri e propri quartieri. L’atto di erigere mura era però prerogativa regia, ecco che il gesto di Ansperto preannunciò un cambiamento, ci si stava preparando all’affermazione del libero comune. La cinta Medievale l’appartenenza a uno status sociale privilegiato. Inoltre all’elezione di un
tomba in S.Ambrogio
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Storia di Milano attraverso le sue porte
nuovo sovrano seguiva il simbolico gesto di consegna a quest’ultimo da parte dei cittadini delle chiavi della città, in modo tale da permettergli un Alla metà del XII secolo d.C. Milano era ormai divenuta la più potente città
progettasse le nuove mura della città, inglobando anche i quartieri più paragonabile alla futura fabbrica del Duomo. Nonostante tutto, le mura di Milano capitolarono sotto l’attacco germanico e fu necessaria una portò i milanesi ad arrendersi unicamente perchè assediati dalla fame.
toccò Porta d’Oriente, a Cremona Porta Romana, a Pavia la Ticinese, ai novaresi la Vercellina, e ai comaschi la Comacina. Pochi anni dopo, nel 1167 i comuni prima nemici si riunirono a Pontida per formare una lega anti imperiale con la volontà comune di indipendenza. Questa impresa esigeva però un’adeguata ricostruzione delle mura milanesi. Alle porte antiche, ancora in asse con quelle Romane, se ne aggiunsero di nuove e la distanza tra di esse venne accorciata interponendovi delle Pusterle4, che secondo Bonvesin de la Riva e il Fiamma erano dodici: Pusterla Fabrica, di Sant’Ambrogio, Giovia, delle Azze, di S. Marco, Nuova, di Monforte, Tosa, di Sant’Eufemia, di Santo Stefano, della Chiusa, di Butinugo. Mentre secondo il Giulini ne esisteva una tredicesima, la pusterla del Borgonuovo. Per quanto riguarda il medioevo milanese, a dirrefenza di quello romano, ci è pervenuto un numero nettamente maggiore e qualitativamente d’oggi ben due porte e una pusterla della cinta dell’epoca, situate tutt’ora nel loro luogo d’origine. Porta Nuova, in fondo a via manzoni, Porta Ticinese e la pusterla di Sant’Ambrogio. Altri reperti sono invece stati smantellati e ricostruiti all’interno di musei, come la Pusterla dei Fabbri e 4 Porte Minori a un solo fornice, a differenza delle porte maggiori che in epoca Medievale ne contavano due
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Storia di Milano attraverso le sue porte
parte di quella di Sant’Eufemia, che oggi possono essere ammirate alla Corte Ducale del Palazzo Sforzesco. La Milano viscontea interne che generarono lotte intestine. Attorno alle porte si erano formati nuclei cittadini che verso il XIV secolo iniziarono a far parte di un organismo cittadino in continua disputa e cominciarono ad affermarsi al potere
compito che già da secoli spettava al sovrano della città. Azzone Visconti nel 1330 volle il completamento delle mura sopra il vecchio le ultime torri di guardia ancora mancanti e venne aggiunto un gruppo
di Gian Galeazzo Sforza. Queste iniziative erano motivate più che dalla
fratelli Matteo, Galeazzo e Bernabò si furono spartiti la città. Ognuno volle la propria roccaforte, una a Porta Romana, una a Porta Nuova e una a Porta Vercellina. Galeazzo fece costruire per se il Castello di Porta Giovia, destinato poi a dinire il Castello Sforzesco. Quest’ultimo vincendo Bernabò con un tranello, divenne unico Signore di Milano nel 1385. Fino al 1500 la della città attorno alla quale era stato creato il canale del naviglio e sotto
urbani, il cui tracciato anticipava quello delle mura spagnole. La città a quel tempo era divisa dunque in due parti, un nucleo urbano densamente costruito all’interno della cinta medievale e una fascia più esterna, compresa tra il naviglio e il Redefossi, in cui si alternavano campi e complessi monastici. Nel 1447 sopraggiunse la morte di Filippo Maria, ultimo della dinastia 25
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Storia di Milano attraverso le sue porte
Visconti e privo di eredi maschi, che lasciò lo stato in preda all’anarchia. Vennero distrutti tutti i simboli della tirannia, il Castello di Porta Giovia e il forte di Filippo Maria e venne proclamata l’Aurea Repubblica Ambrosiana che ebbe però vita breve. Infatti, dopo solo due anni, Milano accolse trionfalmente Francesco Sforza, capitano di ventura spagnolo che sposò Bianca Maria unica erede dei Visconti, proclamandolo Duca di Milano nel 1450. Iniziò così la dinastia destinata a regnare milano per quasi un secolo. Nel 1535 Francesco II Sforza morì senza lasciare eredi e gli Asburgo, già tutelatori di Milano non esitarono a prenderne la corona. Il governò spagnolo ebbe il merito di ristabilire l’equilibrio, uniformando la planimetria e lo stile della città alla propria cultura. Il primo indizio di trasformazione fu nel 1525 la costruzione della tenaglia difensiva del Castello, da poco ricostruito, progetto che fu integrato a uno nuovo e più grande che prevedeva la costruzione della nuova cinta muraria, voluta nel 1546 da Ferrante Gonzaga, segno della dominazione spagnola. L’opera
La dominazione spagnola
tutti i borghi e prevedeva un tratto rientrante in prossimità del Castello Le mura spagnole furono le ultime di cui venne dotata la città e non furono mai sostituite, questo ne dimostra la sapienza con cui furono progettate, sia urbanisticamente che militarmente. Tecnicamente erano all’avanguardia rispetto ai dettami dell’ingegneria militare. Urbanisticamente, sfruttarono la traccia del Redefossi, costituendo un’ampia fascia attorno alla cerchia dei navigli, destinata a contenere la futura espansione della città. Attorno a ogni porta, undici in totale, sorgeva un borgo, la cui concatenazione si Nuova, Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, che continuavano a cinque nuove, Tosa, successivamente Vittoria, Vigentina, Ludovica, Portello e Tenaglia. Le ultime due costituivano il raccordo tra le mura della città e quelle del Castello. Il tracciato dei bastioni spagnoli ha lasciato un solco ancora vivo nella conformazione della città contemporanea, segna la linea di demarcazione 27
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Storia di Milano attraverso le sue porte
tra la città antica e i quartieri nati dal XX secolo in poi. La costruzione delle mura iniziò nel 1548 e durò circa dodici anni, sotto la guida del toscano Domenico Giunti da Prato detto il Giuntallodi. La signoria Spagnola durò circa 178 anni, dal 1535 al 1713 e al ducato di Milano si alternarono circa cinquanta governatori. Nel corso del 1600 Corso di Porta Romana venne rielevata ad ingresso nobile della città, come in passato avevano voluto i Romani. Lungo
celebrativo
palazzi dell’alta nobiltà milanese, dai cui balconi i nobili potevano assistere agli eventi più importanti e prestigiosi, quali l’ingresso dei reali. Per i cortei più prestigiosi era uso a Milano allestrire delle strutture supplementari in Le porte in quell’epoca cominciano a caricarsi di una sovrapposizione di interventi architettonici, divenendo testimonianze del contesto che hanno vissuto. Con Ludovico il Moro si era infatti dato il via all’usanza di decorare appositamente le porte della città per il festeggiamento di occasione particolari quali un matrimonio o una vittoria in guerra. Usanza che raggiunse il suo apice di fastosità durante l’epoca barocca e perseverò Nel 1598, in occasione della visita di Maria Margherita d’Austria, sposa di Filippo III di Spagna venne eretto per la prima volta un arco di trionfo, ai nostri giorni e opera dell’allora prestigioso architetto Aurelio Trezzi. E’ a quest’epoca che risalgono alcuni dei palazzi più belli di Milano, tra cui ricordiamo Palazzo Annoni su corso di Porta Romana, Palazzo Durini nella via omonima e il Palazzo Arese, poi Litta in Corso Magenta, tutti opera di Francesco Maria Richini, illustre architetto dell’epoca. Unico progetto urbanistico risalente al XVIII secolo fu la costruzione di un viale alberato che collegasse Porta Orientale alla villa reale di Monza. A regolare però la nuova conformazione milanese del Settecento è l’avvento di un nuovo mezzo di trasporto tipico del gusto sfarzoso della dinastia spagnola, la carrozza. Essa era l’evoluzione dei carretti scomodi e inadatti a tragitti lunghi che venivano usati nei secoli precedenti. Assunse 29
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Storia di Milano attraverso le sue porte
ben presto la connotazione di
nobiliare, che ne fece
L’architettura quindi dovette adattarsi in tutto e per tutto alle esigenze delle carrozze, molto di più di quanto forse fece nei confronti dell’automobile durante il secolo scorso. Nel 1700, il panorama politico milanese fu sconvoltò nuovamente da una guerra civile. Carlo II d’Asburgo morì nello stesso asso, lasciando come erede Filippo d’Angiò, suo parente francese della casa di Borbone. Il testamento venne però impugnato dagli Asburgo, trascinando Milano in una guerra che perseverò quasi quattordici anni. Nel 1706 le truppe austriache comandate da Eugenio di Savoia fecero il loro ingresso in città in nome dell’imperatore Giuseppe I d’Austria. Finalmente nel 1714, i Borboni nuovi detentori della corona di Spagna, ma costretti a cedere agli Asburgo d’Austria molti territori, tra cui Milano. Sotto la guida degli Asburgo d’Austria, signori del Lombardo Veneto dal 1706 al 1796, vennero promossi molti progetti di costruzione e ristrutturazione
Gli Asburgo-Lorena
trascurando per lungo periodo le porte urbane. Alla morte di Giuseppe I, gli
sposare nel 1745 Francesco Stefano di Lorena, al quale venne attribuita la corona del neonata casa imperiale Ausburgo-Lorena. Di questo periodo siamo in possesso di una testimonianza storica molto preziosa, l’accurata descrizione di padre Serviliano Lattuada, sacerdote Milanese che nel 1737 pubblicò un’opera, contente numerose incisioni in rame, che in cinque volumi raccoglie una guida storico-artistica di Milano. La pianta della città non presentava grandi mutamenti rispetto al secolo precedente. L’assetto era ancora quello di una città monocentrica, in cui era presente un nucleo densamente abitato racchiuso entro la cerchia dei navigli e una fascia ancora in espansione e costruzione all’interno dei bastioni spagnoli. Il Castello aveva mutato la sua cortina difensiva in una nuova con un perimetro stellare. Le vie principali di ingresso alla città rimanevano quelle facenti capo alle 6 porte storiche, Corso di Porta 31
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Storia di Milano attraverso le sue porte
Romana, la Corsia del Giardino, oggi via manzoni, corso di Porta Vercellina e il Borgo delle Grazie, oggi Corso Magenta, la Corsia dei Servi, oggi Corso Vittorio Emanuele, che attraversava Porta Orientale, Corso di Porta Ticinese e quello di Porta Comasina. all’incontro con le antiche mura romane, all’interno del centro storico ci si perdeva invece in una rete viaria frammentata e caotica. Il volto della città nel corso del Settecento continua il suo adeguamento al barocco, già iniziato nel secolo precedente. Sotto gli austriaci venne promossa la soppressione degli ordini religiosi, atto che permise di liberare ingenti aree di territorio mettendole a disposizione di usi civili. Nel 1771 furono celebrate le nozze tra il nuovo arciduca Ferdinando Carlo e Maria Beatrice d’Este. La residenza arciducale fece di Milano una seconda Vienna, il che imponeva un progetto di svecchiamento della città, con la volontà di darle un nuovo volto architettonico e urbanistico. E’ la prima volta che si parla di un progetto urbanistico per Milano, che
A passeggio sui bastioni con come primo incarico il rifacimento della facciata di Palazzo Reale. In ambito di progettazione urbana, aprì via Santa Radegonda, collegamento diretto tra Piazza del Duomo e la futura Piazza della Scala e diede un nuovo assetto a Piazza Fontana, disegnando lui stesso la fontana al centro, la prima pubblica di Milano. Egli intervenne anche su Porta Orientale, trasformando l’asse viario in zona di palazzi signorili, rubando il ruolo a Corso di Porta Romana e riconvertendo i bastioni in passeggiata pubblica adatta alle carrozze e l’apertura dei nuovi giardini pubblici. Nel 1790 morì l’imperatore Giuseppe II d’Asburgo e il 15 maggio 1976 Napoleone fece il suo ingresso a Milano. Il duca Gian Galeazzo Serbelloni gli consegnò le chiavi della città e gli concesse la sua residenza in corso Venezia. Iniziava così la dominazione francese e la città si trovava a cambiare nuovamente volto. Le strade vennero ribattezzate con nomi patriottici, Porta Orientale fu rinominata Porta Riconoscenza, mentre Porta Ticinese cambiò nome in Marengo, alcuni anni più tardi in onore
Milano Napoleonica
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della famosa battaglia. A soli due anni dall’ingresso dei francesi venne proclamata la Repubblica Cisalpina con un governo di cinque membri. Nel 1799 gli austriaci rientrarono a Milano, ma la loro permanenza durò solo tredici mesi. Bonaparte infatti, nel 1800 con la vittoria di Marengo tornò nuovamente sovrano della città e due anni più tardi la Repubblica venne ampliata e ribattezzata Italiana con capitale Milano, nel 1802. Solo tre anni più tardi Napoleone divenne Imperarore e la Repubblica divenne Regno d’Italia. Durante la dominazione francese, gli architetti vennero impegnati in molte opere provvisorie per festeggiamenti e celebrazioni. Memorabili furono i festeggiamenti in onore delle nozze di Eugenio e Augusta, in occasione dei quali a Porta Orientale venne eretto un meraviglioso arco posticcio in legno opera del Cagnola, che doveva servire da modello al futuro arco di trionfo del Sempione. Il Castello che aveva ormai perso la sua importanza militare fu anch’esso oggetto di rinnovamenti. Venne abbattuta la cinta muraria stellare e fu ricostruita l’antica a forma quadrangolare e situato al centro del progetto del futuro Foro Bonaparte. Al termine di questo asse in onore di Napoleone, sempre secondo il progetto, si sarebbe aperto il maestoso Arco trionfale, lungo la strada
Gli Archi di Trionfo
che congiungeva Milano e Parigi. Questo diveniva quindi l’arteria più importante d’ingresso alla città. Il Cagnola fu incaricato dell’importante progetto della porta, che doveva erigersi a celebrazione delle numerose vittorie di Napoleone. I lavori iniziarono nel 1807 e terminarono solo nel 1833. L’architetto lo disegnò come un grande arco ionico, con forme con una barriera di collegamento, che non intralciava l’interferenza tra vita urbana e suburbana. Le mura avevano ormai perso la loro funzione di difesa e tutte le porte urbiche vennero vestite di archi trionfali, come l’Arco di Porta Vercellina e quello di Porta Nuova. L’urbanistica francese non si limitò a potenziare ornamento rispetto al mondo esterno. Vennero quindi progettate nuove porte, simbolo della nuova città senza mura, amalgamata con il territorio circostante. Bonaparte ebbe molto a cuore un’altra opera pubblica per 35
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la città, ovvero la ripresa del progetto per il canale navigabile, il Naviglio Pavese, che portava a Pavia, terminato nel 1819. Tanta importanza ebbero per i francesi i lavori pubblici che nel 1807 venne istituita la Commissione di Ornato, primo organo responsabile dell’edilizia e dell’urbanistica milanesi. Sotto la prima commissione venne redatto il piano regolatore, la necessità impellente era quella di dotare Milano di un secondo centro, alternativo a quello situato in Piazza del Duomo, alla quale diede risposta il progetto per Foro Bonaparte di Giovanni Antolini, ma di cui rimase solo l’idea. L’attuale
Si può affermare quindi che l’Ottecento risvegliò la funzione teatrale delle
La Restaurazione
a fare da scena al ritorno del dominio asburgico, assistendo all’ingresso di Francesco I nel 1815. Iniziò così l’epoca storica conosciuta con il nome di Restaurazione. In quegli anni nacquero le prime industrie e con loro le ferrovie. Nel 1820 venne introdotta l’illuminazione stradale con le prime lampade a petrolio, sostituita nel 1844 da quella a gas. Cambiò anche la crescente borghesia, le carrozze cedettero il passo alle prime automobili, pur rimanendo viva la passeggiata in carrozza lungo i bastioni. Anche le porte cittadine vennero completate, cambiandone però i temi celebrativi che vi erano stati scolpiti. Porta Marengo riprese l’antico nome di Ticinese e l’Arco del Sempione venne ribattezzato in onore della Pace. Esso venne inaugurato nel 1838 in occasione dell’incoronazione dell’imperatore Ferdinando. Seguì l’inaugurazione di Porta Comasina, oggi Garibaldi, ad opera dell’architetto Giovanni Moraglia, quella dei caselli di Porta Orientale di Rodolfo Vantini, decorati con statue mitologiche e bassorilievi che raccontano la storia milanese. Le mura, già riconvertite in passeggiata, furono oggetto di sistemazioni a verde. daziario. L’ultima barriera eretta fu quella di Porta Genova nel 1876, in corrispondenza dello scalo ferroviario. Nel 1885 iniziò lo smantellamento delle mura, limite ormai divenuto opprimente per lo sviluppo metropolitano. Il primo tratto che capitolò
L’abbattimento delle mura e la nascita dei frammenti 37
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fu quello tra Porta Ticinese e il Castello, trascinando con se anche Porta Magenta e nel Novecento crollò anche il tratto opposto, da Ticinese a Porta Lodovica. Le parti di bastioni che non vennero abbattute furono lasciando le porte isolate, come sporadici episodi scollegati tra loro, senza un ruolo preciso.
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Archivio civico storico Bertarelli
La porta: dalla storia alla città contemporanea
Nell’immaginario comune, la città Europea antica è cinta da mura. 1
Tanto che la nascita della città moderna è legata all’abbattimento delle cinte murarie e alla perdita di funzione dell’elemento separatore del muro, simbolo caratterizzante della disuguaglianza sociale. Ma la porta non ha una sola chiave di lettura, quella più comunememente accettata di soglia, luogo di contatto tra dentro e fuori, essa si veste di riferimento in cui la si guarda. Fin dai romani essa rappresentava uno spazio collettivo, protetto perchè espressione della , in cui i membri si incontravano e attraverso i quali la comunità si rappresentava. A differenza però degli altri luoghi pubblici, la porta è per natura appartemente a un solo luogo, di cui si fa simbolo e connotazione. Le mura si portano dietro il tema della conciliazione tra dentro e fuori, tra città e campagna. Interessante è l’esemepio dei riti che accompagnavano l’atto di fondazione delle città romane. La preoccupazione principale era la delimitazione dei
La Porta come atto religioso
rimaneva fuori, ignoto e pericoloso. Gli atti fondativi si componevano di veri e propri rituali magici e religiosi. Il tracciamento del veniva eseguito dal fondatore, Romolo nel caso emblematico di Roma, mediante un aratro di bronzo trainato da un toro bianco sul lato esterno e 1
L.Benevolo,
, Laterza, Roma-Bari, 2001, p.10
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Archivio civico storico Bertarelli
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da una vacca, anch’essa bianca, sul lato interno.2 Mediante questo gesto Dove avrebbero dovuto aprirsi le porte urbiche, egli sollevava l’aratro e lo riposava a contatto con giurisdizione civile, in quanto punto di connessione con l’esterno. Quello che veniva poi eretto su quel solco era il muro sacro, che nella città antica non coincideva con quello difensivo. Quest’ultimo, sempre che la città ne avesse uno, sorgeva all’interno del perimetro consacrato. Tale gesto univa l’umano al divino, assicurandone la protezione alla città. Entrare nella civitas violando le mura consisteva in un gesto contro la religione, mentre il passaggio attraverso la porta implicava un patto con chi si trovava all’interno delrecinto sacro. Se le mura in età antica erano caricate di una valenza religiosa, la stessa non spettava alle porte. Esse erano considerate l’elemento debole della cortina difensiva, tuttavia il passaggio attraverso di esse era comunque venivano posti animali fantastici. La porta come recinto
Con l’avvento del Medioevo le porte si svestirono della connotazione ormai necessaria a causa delle numerose incursioni barbariche. Dalle testimonianze che sono arrivate a noi, abbiamo la certezza che tutte le città europee in quegli anni erano dotate di mura difensive.
economici e politici possono essere estesi in scala mondiale, ma sono
difensivo, si fece simbolo dell’appartenenza a una collettività, regolata
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2 M.Camasso, Ariccia (RM), 2013, p.24 3 L.Benevolo,
, Ermes, , p.35
Archivio civico storico Bertarelli
da un unica legge. Il muro di cinta compariva negli insediamenti militari o ecclesiastici dell’alto Medioevo, l’idea contemporanea di città invece si concretizzò intorno al X secolo d.C., quando i commercianti inziarono ad insediarsi attorno a questi luoghi. Di conseguenza durante il secolo successivo le città si cinsero di mura. Durante quegli anni quindi la cortina muraria era si frutto di una necessità difensiva, ma ancora prima amministrativa, manifestava
la porta urbana divenne spazio di contatto tra la realtà cittadina e tutto quello che invece non vi appartiene.
se ne sostituì uno unico e la città divenne un grande interno costruito nel quale si accedeva varcandone la soglia. Il meccanismo della casa privata si estese a scala urbana. La porta nelle mura era l’ultima porta, quella che separava dalla non città. Si può quindi affermare, come sostiene Camasso, che la porta non era più solo una connessione tra interno ed esterno, ma costituiva essa stessa un luogo in cui la collettività cittadina trovava la propria rappresentazione. Essa diventò, insieme agli altri elementi che
La Porta come identità cittadina
della città per chi si avvicinava dall’esterno. Connotazione quindi formale e simbolica dell’intera cortina muraria. Procedendo nel tempo, come affermano le parole di C.Roggero4, le porte da fuori, come immaggine della città. All’interno delle mura si ritrovava un tessuto ormai divenuto ordinato e riconoscibile, che si contrapponeva a Durante l’Ottocento, una volta estinte le minacce di attacchi dall’esterno, le cinte murarie, divenute ormai un ostacolo all’espansione urbana, vennero riconvertite in passeggiate o addirittura abbattute per far spazio ad ampi viali alberati come successe nel caso della capitale francese. 4 C.Roggero Bardelli, , in M.Camasso, Porte Urbane nelle aree della contemporaneità, Ermes, Ariccia (RM), 2013, p.47
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Urbs ipsa moenia
Qui prese forma una nuova connotazione della porta urbana, quella che la vide spazio di circolazione.
I Boulevard , che sorsero sull’antico tracciato delle mura. processo le città ormai in continua espansione e bisognose di maggiore spazio oltre a quello racchiuso dalle antiche cinte, iniziarono ad occupare i territori che costeggiavano le arterie principali di accesso. La Porta come dazio
Nel caso di Parigi vennero costruite due cinte, quella del tra il 1748 e il 1791 e successivamente quella più esterna di Thiers nel 1845. Le porte daziarie ottocentesche avevano ancota una forte connotazione urbana. A Milano per esempio, le barriere di nuova costruzione, costituite da caselli e cancelli, con antistante una piazza dove avvenivano i controlli, si appropriarono del titolo di porte. Ricordiamo Porta Volta, nata nel 1870, lungo l’asse che portava al neonato Cimitero Monumentale, Porta Ticinese, Nuova e Venezia. Queste, realizzate quasi sempre con le sembianze di archi trionfali e spesso guarnite di due caselli simmetrici ai lati, si situarono nelle piazze sorte in luogo delle antiche porte. I varchi si arricchirono di di scorrimento e quello esterno dedicato alle strutture commerciali. La
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5 G.Mazzi, A.Verdi, V. dal Piaz, tettonico, in M.Camasso, Ariccia (RM), 2013, p.48
, Ermes,
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porta veniva chiamata ancora una volta a fare da interfaccia tra interno ed esterno, di giorno aperta, ma di notte sempre chiusa, rimaneva quindi molto forte la distinzione tra città e campagna, che nel frattempo era diventata periferia. metrò. La costruzione della prima linea ferroviaria risale al 1896 e molto interessante fu la decisione di limitarne il tracciato all’interno della cinta
il più centralmente possibile all’interno delle città e in relazione al ruolo che svolgevano rispetto ai dazi e alla linea metropolitana, divennero vero e proprie porte urbane nelle realtà dell’Ottocento. Esse erano infatti il primo luogo di contatto con la città in cui il viaggiatore si trovava una volta sceso dal treno. Attraverso una facciata monumentale assolveva alle porte. La stazione di testa ottecentesca era quindi porta urbana e spazio di soglia. Anche le cinte daziarie arrivarono alla demolizione nel momento in cui si
infrastrutture.
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La città contemporanea si mostra agli occhi dell’osservatore priva di
La Porta come nodo
all’antica linea della cinta muraria. In questo spazio assume importanza il concetto di nodo. L’interessante prospettiva che Camasso propone sulla 6
C. Zucchi,
, Lotus, n°54, 1978, pp.24-39
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città contemporanea come intreccio di reti connettive di collegamenti stradali lungo tutto il territorio, in cui il nodo costituisce la chiave di lettura e di accesso, porta ad interpretare quest’ultimo come porta contemporanea.
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Il nodo culturale
Il nodo all’interno del tessuto contemporaneo può essere letto come un luogo di offerta di spazi pubblici in grado di attirare sia la popolazione locale che quella proveniente da più lontano, un attrattore magnetico. Dal punto di vista architettonico presentano le stesse caratteristiche formali e funzionali delle porte storiche. Un esempio concreto sono i musei, la propria l’immagine di un’intera città. Basta ragionare sul tanto discusso effetto Bilbao, o sull’intervento di riuso ad opera di Herzog e Demeuron alla Tate Modern di Londra. Si tratta di vere e proprie operazioni di marketing che puntano sul carattere di eccezionalità dell’oggetto architettonico e sono come erano le porte urbane luoghi di connessione con l’esterno ed elementi di riconoscibilità dell’identità cittadina. Se nell’Ottocento la stazione di testa costituiva un nodo per la città, oggi questa affermazione non è più valida. Le nostre stazioni più che porte della un continuum con lo spazio urbano, propense ad allargare la propria
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7 Città di Terni, Nuovo Piano Regolatore Generale, Documento Programmatico di Indirizzi, Maggio 2002, in M.Camasso, Porte urbane nelle aree della contemporaneità, Ermes, Ariccia (RM), 2013, p.88
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L’immagine che la città ai nostri giorni restituisce della società è
La porta come frammento
frammentaria, formata da multicentralità e specializzazioni. Esse sono le parti di un sistema aperto. Il frammento è occasione di studio e analisi, ma esso non va affrontato nella sua singolarità, esso deve essere l’espediente per indagare la città contemporanea e per ricercarne la visione d’insieme. Dal recinto unico della città medievale, siamo tornati a una situazione composta da numerosi recinti. In questo scenario la porta urbana di una se messi a sistema posso fornire una chiave di lettura dell’identità della città. Le porte storiche, prese singolarmente rimangono parte dell’universo statico dei monumenti, se ricollegate al sistema di cui erano parte, il sistema che oggi chiameremmo dei frammenti porta, aiuterebbero a ritrovare l’identità cittadina ormai dimenticata. Come possiamo quindi interpretare le porte antiche oggi? Cos’è una porta senza muro? In assenza di un recinto la porta perde la sua funzione primaria. Non è più soglia e il gesto di passarvi sotto non è più necessario. A cosa serve dunque? la loro accezione formale, che intrinsecamente presuppone l’atto dell’attraversamento. La porta contemporanea si avvicina, ma non è assimilabile, agli archi trionfali romani. Esse servivano a compiere un atto puramente simbolico. Per questo inizialmente venivano costruite porte provvisorie e semplici, fatte di due colonne e un architrave in legno e non sempre venivano posizionate in asse con un’arteria di ingresso alla città. Altre volte invece gli archi trionfali coincidevano con le porte di ingresso alla città. Durante il periodo del tardo impero romani le due funzioni vennero nettamente distinte e svanito il senso del passaggio, la porta trionfale rimase un arco privo di funzionalità. Nella città contemporanea il paradosso della porta trionfale si ritrova in numerosi esempi. Casi in cui la porta viene scorporata della sua funzione primigenia e viene vestita di quella simbolica di insegna. Segno che si esaurisce in se stesso, senza bisogno dell’atto dell’attraversamento. Tuttavia la tematica della porta è molto attuale in architettura oggi. E’
La Porta come landmark
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e politico. La mancanza di limiti evidenti porta a posizionare in luogo di essi delle sorte di segnali, catalizzatori di attenzione. Essi devono assorlvere alla necessitĂ di visibilitĂ prima di tutto, collegata direttamente alla velocitĂ di fruizione del luogo che mirano a segnalare. Questi elementi nella cittĂ contemporanea si pongono come dei landmark, che Cino Zucchi
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Ecco che la porta senza muro, se letta come landmark contemporaneo visibile, di segnalare un cambiamento di stato, come le porte in passato. Sono porte che non connettono, quindi archi trionfali contemporanei.
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8C. Zucchi, in M.Camasso, (RM), 2013, p.167
, Ermes, Ariccia
,
ARCHIVIO CIVICO STORICO BERTARELLI
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Arco della Pace, disegni di progetto
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Arco di Porta Romana 64
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Caselli di Porta Volta 65
LE PORTE CONTEMPORANEE
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Le porte contemporanee
Il
, conosciuto più comunemente come fu progettato dall’architetto danese Johann Otto von Spreckelsen, che lo concepì come una versione contemporanea
Archetipo della forma
all’umanità e agli ideali umanitari, piuttosto che alle vittorie militari, come era in uso nei secoli passati. Ha la forma di un cubo quasi perfetto, svuotato al centro come gli archi trionfali. A differenza di essi però il fornice qui non presuppone il passaggio, l’ingresso nella città, così la forma viene scollegata dalla funzione che la caratterizza. Simbolo di nuova porta contemporanea, posizionata sull’asse storico della città, che collega il Louvre, place de la Concorde e l’antico Arche De Triomphe, ha la volontà di rimarcare il tracciato già ben evidente nel tessuto urbano e di segnare dell’arco diventando così icona.
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Le porte contemporanee
A dare il benvenuto nella città d’arte di Gibellina, è la Stella, un grandioso portale di acciaio inox, donato dalle acciaierie di Terni e progettato da Pietro Consagra nel 1981 come simbolo della rinascita dopo il terremoto, di tutta la Valle del Belice. Alta 26 metri, la stella, plurimillennario archetipo
Soglia
mistico, richiama i motivi delle luminarie che addobbano le feste di paese, ed è stata denominata dallo stesso autore “Ingresso al Belice”. La porta in assenza di muro diventa traccia di landmark urbano. L’opera di porta e consascra l’atto dell’attraversamento di uno spazio di soglia. intrinseca, separare ciò che sta all’interno della città da quello che invece non vi appartiene.
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Le porte contemporanee
La Puerta d’Europa sorge a Madrid nella Plaza de Castilla, vicino al centro
Rievocazione del
Johnson e John Burgee, è composta da due torri speculari identiche, inclinate l’una verso l’altra con un angolo di 15° rispetto alla verticale. Costituiscono il primo esempio di torri inclinate mai realizzate al mondo. Le torri si posizionano come coronamento del Paseo de Castellana e murata, il progetto rievoca si pone come porta contemporanea ispirata alle antiche porte storiche, tipiche delle città murate europee. Il progetto, anche una volonta non del tutto esplicita di emulazione formale.
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Le porte contemporanee
Il progetto, ideato e realizzato da Mimmo Paladino, fu voluto da Arnoldo Mosca Mondadori, Amici di Amani, Alternativa Giovani e la Comunità di Koinonia, dedicato alla memoria dei migranti che hanno perso la vita in mare fu inaugurato a Lampedusa il 28 Giugno 2008. Alta quasi cinque metri e larga tre, è realizzata in ceramica refrattaria. memoria quest’ultimo ventennio in cui il mondo ha assistito alla morte di migliaia di migranti dispersi in mare, nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa, simbolo per loro di una nuova vita. Una morte segnata dalla disperazione e priva di commemorazione alcuna. L’intento dell’artista è consegnare alle generazioni future, che passeranno da Lampedusa, un simbolo che aiuti a non dimenticare. L’opera ha ricevuto il patrocinio dell’ Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
l’Europa e apre la strada a un altro, dove tutto è pervaso da insicurezza e dall’ignoto. 75
Le porte storiche nella città contemporanea
Concentriamo ora lo sguardo sulla forma contemporanea della città di Milano, oggetto e causa della tesi qui discussa. Osservando una planimetria della città, è pressochè impossibile non notare due assi viari anulari che sembrano quasi tagliare in tre fasce concentriche il tessuto. Si tratta della cerchia dei navigli e della circonvallazione interna, arterie di scorrimento sorte rispettivamente sul tracciato delle mura medievali e su quello degli antichi bastioni spagnoli. Esse si presentano come delle cicatrici, delle ferite che tagliano e regolano il tessuto circostante.
tracciato tangenzialmente, senza mai interromperne l’andamento. Il panorama muta regolarmente in alcuni punti, all’incrocio con gli assi viari principali di ingresso. Il loro tracciato risulta di chiara lettura dalla periferia storico, si perdono nella conformazione disordinata del tessuto del nucleo più antico. L’incontro tra le circonvallazioni oggi, e le cinte murarie in passato generava e genera ancora oggi, degli spazi non comuni, delle eccezioni all’interno del tessuto e delle mura, lì sorgevano e in alcuni casi permangono ancora, le porte della città. Milano dunque conserva impresso il segno della sua storia passata. Un numero esorbitante di persone si trova a percorrere questi viali ogni giorno, ma solo pochi ne ricordano le origini e ancora meno si accorgono della presenza delle porte storiche. che i singoli elementi di ingresso alla città risultassero isolati e privi di un collegamento tra di loro. La loro conservazione fu dovuta alla natura di monumenti. A differenza della cortina muraria che le collegava, le porte 77
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Le porte nella città contemporanea
furono oggetto di interventi da parte di illustri architetti milanesi ed erano il simbolo di eventi prestigiosi e degni quindi di commemorazione. Alla luce di queste considerazioni, partiamo dal presupposto che le porte storiche di Milano siano per la propria natura intrinseca dei monumenti, dei simboli dell’identità storica cittadina e in base alla conformazione del tessuto contemporaneo, dei frammenti. Se ne contano ben undici dispersi lungo i due tracciati viari. Due lungo l’antico sedime delle mura medievali, Porta Ticinese e Porta Nuova, più la pusterla di S.Ambrogio. Quest’ultima costituisce inoltre un reperto molto particolare, infatti faceva parte della serie delle porte minori, ma la sua concezione formale è quella di una vera e propria porta a due fornici e non a uno solo. Sul tracciato dei bastioni spagnoli si conserva invece il maggior numero di esemplari. Essi non sono tutti contemporanei alla costruzione delle mura, ma sono il frutto di successive ricostruzioni e hanno governato Milano. Partendo da nord e proseguendo in senso orario ne contiamo nove, Porta Sempione, oggi conosciuta come Arco della Pace, Porta Volta, Porta Garibaldi, Porta Nuova, Porta Venezia, Porta Vittoria, Porta Romana, Porta Ticinese, Porta Genova. A differenza delle loro antenate medievali, esse sono dei manufatti architettonici di maggior pregio, alcune sono costruite in materiali nobili come il marmo e sono ricche di ornamenti e decorazioni. Ciò che accomuna quelle medievali e quelle spagnole è però la propria presenza all’interno del tessuto contemporaneo come frammenti isolati, lungo il tracciato di una memoria che la città ha ormai dimenticato.
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Le porte nella cittĂ contemporanea
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Le porte nella cittĂ contemporanea
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Porta Volta
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Le porte nella cittĂ contemporanea
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Porta Vittoria
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Le porte nella cittĂ contemporanea
Porta Romana
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Porta Ticinese
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Le porte nella cittĂ contemporanea
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Indagine Conoscitiva
conoscenza del cittadino milanese riguardo le porte storiche della città e di avvalorare di conseguenza l’idea che sta alla base della nostra tesi, ovvero l’atteggiamento di totale noncuranza e trascuratezza di Milano nei confronti di questi monumenti, abbiamo creato un test. La nostra indagine si componeva di nove domande, semplici e immediate, che fossero in grado di restituirci un quadro completo della conoscenza del tema da parte delle persone che si trovano per diversi motivi a vivere a Milano oggi. Abbiamo preso un campione di circa 220 individui di sesso misto ed età compresa tra i 18 e i 45 anni, attualmente residenti a Milano per motivi di nascita, studio o lavoro e provenineti da campi formativi di svariato genere. I risultati che abbiamo elaborato si sono rilevati molto interessanti e hanno restituito un quadro forse addirittura più negativo di quanto ci saremmo aspettati. Proseguiremo qui di seguito a spiegare brevemente la natura delle domande poste, le conclusioni che ci hanno portato a trarre e come esse
campioni, per quale motivo si trovino a vivere a Milano, da quanto tempo e in che zone abbiano scelto di abitare. Positiva è stata sicuramente la quantità di risposte affermative riscontrate alla domanda Tale risultato nobilita il campione esaminato, dimostrandone l’interesse per la vita culturale e la ricchezza di monumenti che la città propone. All’interno di questo patrimonio artistico e architettonico è emerso che il milanese elegge a icona della sua città il Duomo, in secondo luogo il Castello Sforzesco seguito dal Teatro alla Scala e solo pochi hanno invece 95
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Indagine conoscitiva
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indicato le porte storiche, al pari delle colonne di San Lorenzo e dell’Arena Civica. Da ciò si evince come l’oggetto della nostra tesi sia scarsamente integrato nella vita quotidiana e di conseguenza poco sentito da chi la vive. A confermare questo pensiero è stata la risposta negativa di più del 50% delle persone alla domanda . Il test presentava poi una sezione prettamente dedicata alla conoscenza delle Porte urbane. Emblematico è stato scoprire che poco più del 10% delle persone interpellate è a conoscenza dell’esatto numero di porte ancora esistenti. La maggior parte di essi ha invece indicato una quantità nettamente inferiore. Gli esemplari che probabilmente sono memorizzati dai milanesi sono quelli che hanno dato nome a degli assi viari, come per esempio Porta Romana, Porta Ticinese, Porta Genova e Porta Venezia. Prova in più che spinge a pensare che essi non ricordino tanto il monumento quanto il nome delle vie che si trovano a percorrere quotidianamente. L’ultima parte della nostra indagine mirava invece ad aiutarci a capire quali necessità fossero sentite dai cittadini, quali le carenze da loro individuate all’interno dell’offerta comunale e come si sarebbero immaginati un intervento sulle porte storiche. E’ emersa in modo evidente la carenza di attività dinamiche nell’ambito dell’offerta di spazi pubblici, più che di aree verdi o spazi di ritrovo. Questo ha costituito uno spunto progettuale di partenza molto stimolante ed in linea con quello che è sempre stata la nostra volontà progettuale. Inoltre, ci ha incoraggiati molto l’interesse emerso dal test nei confronti di un ipotetico intervento di recupero delle porte urbane, per di più la propensione favorevole alla realizzazione di un sistema di spazi che fossero in qualche modo collegati tra loro e che le tematiche principali introdotte fossero spazi pubblici e attività temporanee. L’idea di proporre un test si è rivelata sicuramente interessante e di grande aiuto per la redazione della tesi qui discussa. Le necessità che i cittadini hanno manifestato si sono rivelate in linea con quelle riscontrate da noi e che ci hanno spinto a scegliere questo tema. Alla luce delle ricerche e degli approfondimenti fatti, quello che rislulta 98
Indagine conoscitiva
palese è l’atteggiamento di trascuratezza e ignoranza della vita cittadina nei confronti delle porte storiche. Questo a causa della scarsità di iniziative e tentativi di re-integrazione dei frammenti all’interno di progetti più completi. E’ inaccettabile dover assistere alla declassazione di monumenti
mancanze e risolvere il problema qui evidenziato, intervenendo sull’area della circonvallazione interna, con un atteggiamento basato sul rispetto dell’esistente, senza voler stravolgere quello che è l’assetto cittadino. La chiave di lettura di tutto l’intervento che noi proponiamo sta nella volontà di ricreare il sistema-porte, fare in modo che esse possano nuovamente essere riconosciute come un come vuole la loro simboli della sua storia.
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Le nuove porte di Milano: landmark, monumento ed icona
La nascita della città contemporanea è legata all’abbattimento delle città in continuo accrescimento, che si espande verso il territorio circostante in un Le porte antiche della città sono ormai inglobate all’interno del tessuto, hanno perso quindi la funzione primigenia di soglia del territorio urbano. Proseguendo dal centro verso l’esterno il tessuto cittadino prosegue consolidato per chilometri. Il quesito che sorge spontaneo è: quali sono le porte della Milano contemporanea? Nei capitoli precedenti abbiamo analizzato l’evoluzione delle porte e il cambiamento del loro ruolo all’interno della città con il passare del tempo. con le aperture nelle antiche mura difensive. Esse sono state sostituite da nuovi simboli che ne fanno le veci, siano esse nodi culturali, come musei, in grado di rispecchiare agli occhi del mondo l’immagine della città, lanmark, che si fanno icone e che vengono inseriti in lughi emblematici.
l’aspetto formale delle antiche porte, ma che per la conformazione della città contemporanea non si caratterizzano come passaggi, come soglie urbane. Ci siamo interrogati su quali potessero essere oggi le porte della nostra città. Volgendo lo sguardo su Milano, si evidenzia come il tessuto cittadino sia in continua evoluzione negli ultimi anni. Anche grazie alla prospettiva di ospitare l’expo nel 2015, il territorio milanese è interessato da diversi 101
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Parco del Portello, Milano
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Le nuove porte di Milano
interventi progetuali di varia natura, volti a rinnovare il volto della città e con l’intento di costituirne una nuova immagine agli occhi del mondo. in atto e ne abbiamo scelto tre esempi a nostro avviso esplicativi. Le categorie da noi esaminate sono state riassunte con altrettanti termini che ne riassumoni gli intenti: landmark, monumento ed icona. A emblema del parco del Portello.
landmark, è stato scelto il progetto per il
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Il lotto di intervento è interessante in quanto si trova all’ingresso della città per chi proviene dall’autostrada da nord-ovest, vicino al sito della vecchia Esso prevedeva la creazione di un nuovo quartiere omonimo all’area verde. Progettualmente, il parco vuole costituire una continuità, anche storica, con quello della Montagnetta di San Siro: come quella le due collinette, assai più piccole, sono state costruite con macerie e terra di scavo e ad essa sono collegate da una passerella. Dei due rilievi, uno ad andamento a doppia esse, un’oasi al riparo dai rumori, l’altra, a elica, è conica e percorsa da un doppio tracciato a spirale, uno a salire e l’altro a scendere sulla cui sommità è stata posta una scultura. La terza parte è un giardino pensato soprattutto per i degenti dell’attiguo Istituto Palazzolo. L’intero parco sorge su un terrapieno di dieci metri d’altezza ottenuto con la terra deportata dagli scavi dell’ipermercato che sorge all’interno del quartiere. Il parco è stato ideato da Charles Jencks e realizzato da Andreas Kipar, fondatore dello studio Land. Esso si pone come oasi verde all’interno del caos milanese. La sua forma assolutamente originale costituisce un vero e proprio landmark, inteso come segno sul terreno, come architettura del paesaggio, riconoscibile facilmente da chi si agginge ad atterrare con l’aereo presso l’aeroporto di Malpensa. Questo fa si che il nuovo 1
Enciclopedia Treccani
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della Darsena, Milano
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Le nuove porte di Milano
come segno riconoscibile del territorio milanese, rafforzato dalla posizione
La seconda categoria progettuale che abbiamo riscontrato è quella
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darsena, compresa tra Porta Ticinese e Porta Genova. Il naviglio già di per se è uno degli elementi caratteristici di Milano, conosciuto in tutto il mondo per la sua storia. In più l’estensione della darsena è racchiusa da due monumenti, due delle porte di ingresso delle antiche mura spagnole della città. Si può azzardare che questi tre elementi siano per loro natura dei veri e propri monumenti culturali e architettonici. Inoltre la zona in cui si trovano è sicuramente una delle più caratteristiche della città, frequentemente visitata sia da turisti, ma soprattutto molto apprezzata attori primari la darsena e le porte, testimonia come essi facciano parte dell’identità cittadina e come la città punti sulla loro immagine per essere rappresentata all’estero in occasione di un evento internazionale come l’expo. Tutte caratteristiche che rendono a tutti gli effetti questo progetto una nuova porta della città.
icona.
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Dizionario Enciclopedico di Architettura e Urbanistica
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Le nuove porte di Milano
Progetto rappresentativo per eccellenza non può che essere l’intervento quartieri Isola, Varesine e Garibaldi. Il nuovo centro direzionale di Milano si Stazione Centrale. Attualmente si tratta del cantiere più grande d’Europa,
Cesar Pelli, Stefano Boeri e Nicholas Grimshaw. La parte dell’intervento che ha dettato più scalpore e che ha fatto parlare di se , sia a Milano che nel resto d’Europa, è quella costituita principalmente da grattacieli, tra cui la nuova sede della regione, quella dell’Unicredit e il tanto discusso Bosco Verticale di Boeri e che sorge nei pressi della stazione Garibaldi. Milano non è una città il cui skyline prima d’ora tendesse verso altezze superiori alla madonnina del duomo. Unico grattacielo della città è stato per anni il Pirellone di Gio Ponti. La distesa che sta popolando il panorama del nuovo quartiere si stacca nettamente rispetto al panorama cittadino. La scelta della tipologia a grattacielo per caratterizzare l’intervento non l’America, il fututo, l’innovazione tecnologica e architettonica. Esso è per sua stessa natura un’icona. Come dare torto a chi ha voluto sceglierlo per caratterizzare un’intervento così imponente e mirato a proiettare la città verso il domani. Il progetto ha già fatto il giro del mondo e proprio per la sua caratteristica di eccezionalità rispetto al restante tessuto cittadino, si rende riconoscibile e costituisce un attrattore magnetico per chi arriva da lontano, per vedere la nuova Milano. Interessante è notare lo scorcio che si ha della nuova zona proveniendo da Corso Garibaldi. All’orizzonte compare l’antica porta delle mura spagnole e dietro di essa si ergono i nuovi grattacieli. Una visione che riassume la storia, il presente e il futuro della città. La città antica apre le sue porte a quella contemporanea. 3
Enciclopedia Treccani
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IL PROGETTO
Concept
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Concept
gli spazi abbandonati che si trovano lungo il tracciato delle antiche mura spagnole e di restituire questi ultimi e le porte della città alla vita quotidiana. Se le porte costituivano un vuoto in un sistema pieno, oggi la situazione si è ribaltata ed esse sono il pieno che è sopravvissuto in seguito di riconferire un’identità alle rimanenze dei bastioni spagnoli, ridando vita all’elemento imprescindibile del sistema, nonostante esso non esista più
In base anche a quanto emerso dall’indagine conoscitiva, una delle carenze maggiori di Milano è la mancanza di spazi pubblici all’aperto che rendono vivibile un luogo aperto mediante l’utilizzo di minimi elementi di contorno, sono stati evidenziati all’interno della città una serie di spazi che rispondono appieno alle nostre richieste. Essi sono accomunati dalla peculiarità di essere racchiusi entro quinte architettoniche, che li rendono inclusivi e raccolti, favorendo l’aggregazione delle persone. A Milano sono rappresentati da quei luoghi pubblici che sono maggiormente frequentati dai cittadini in diverse ore della giornata, grazie unicamente alla conformazione spaziale di cui dispongono. Un esempio le cui origini risalgono a epoche passate, è Piazza Affari, di giorno popolata dai lavoratori della zona che la prediligono per i momenti di break e di notte catalizzatore di giovani che amano chiacchierare e ritrovarsi sulle scalinate del Palazzo della Borsa. Uno dei casi più eclatanti è sicuramente quello conosciuto come Colonne di S.Lorenzo, dove a qualsiasi ora del giorno e della notte si fa quasi fatica a muoversi. Questi luoghi hanno la capacità 113
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Concept
dal caos cittadino. funzionanti le zone dimenticate lungo il tracciato delle mura spagnole mediante operazioni progettuali volte a creare degli interni urbani. Una volta redatto il concept e chiarito gli intenti progettuali, abbiamo concentrato lo sguardo sulla porzione di città che si sviluppa a lato dell’attuale circonvallazione interna. Si è scelto di scomporre la città in tre sistema e al cui interno è stata riscontrata una omogeneità formale e tipologica. Successivamente abbiamo tagliato il tracciato con una serie di le caratteristiche. Questa operazione aveva l’intento di un’analisi critica dell’esistente, che ha restituito la suddivisione della fascia in tre categorie: aree pubbliche non utilizzabili, aree private non utilizzabili e aree utilizzabili Andando a ricomporre l’intero anello di tessuto risulta subito evidente che le aree ciano costituiscono un percorso anulare completo. Il progetto esiste già in potenza, necessita unicamente di essere attualizzato.
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Concept
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Porta Vittoria
La prima area su cui siamo intervenuti è quella di Piazza V giornate, in cui ritroviamo la presenza dei due caselli daziari risalenti al 1897. Il sito si caratterizza quindi della rimanenza storica e da una forte criticità. Porta infatti il nome di piazza, ma per la conformazione attuale della città dell’intera giornata non viene vissuta come tale. Si presenta infatti suddivisa in tre macro aree, che ne rendono pressochè impossibile la fruizione come spazio di sosta. All’interno di questo caos urbano, la presenza dei due caselli daziari, identici e speculari, la cui natura si fonda proprio nella loro identità di coppia, si viene completamente a perdere e il risultato è la quasi Il primo passo su cui si fonda il nostro intervento è stato cercare di rendere lo
e lasciando l’attraversamento della piazza ai soli mezzi pubblici. La caratteristica predominante di piazza V giornate oggi è quella di essere uno spazio di sosta e transito dei mezzi pubblici. Nel nostro intervento abbiamo quindi scelto di enfatizzare questo uso dello spazio, rendendolo però più piacevole e attrezzato, in modo tale da non snaturare e stravolgere quella che è la natura del luogo. Lo spazio aperto si arricchisce grazie all’aggiunta di dispositivi appositamente studiati per la sosta e l’attesa, in due diverse declinazioni, una parte per il relax e un’altra più dinamica e veloce, a cui sono state accostate delle alberature e delle pensiline per il riparo. La pavimentazione della piazza, attualmente in asfalto, è stata riprogettata utilizzando il patter che accomuna tutti gli spazi pubblici del nostro macro progetto. Per quanto riguarda invece l’approccio sulle rimanenze storiche, è stata attuata la scelta forte di inglobare ciascuna di esse in un contenitore 121
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Porta Vittoria
costituito da muri di cemento ciechi. L’unico elemento dei caselli che rimane percepibile dall’esterno è il prospetto frontale, che a nostro avviso compositive che permettono la lettura dell’intero manufatto. Esso è inoltre l’elemento iconico di riconoscibilità dell’architettura in questione. Nell’attuazione di questa scelta progettuale si è prestata particolare tripartizione dei fronti, tutti elementi che sono stati trasposti e riportati sul nuovo prospetto. Tale operazione fa si che i caselli che nella situazione attuale sono ignorati dalla città, vengano parzialmente celati alla vista rendendone la presenza ancora più evidente e creando una situazione di disvelamento parziale che contribuisce ad acuire la curiosità degli osservatori. I prospetti così da elemento di relazione dell’architettura con la città, diventano scena di uno spazio chiuso, il casello si fa cuore pulsante dell’architettura e si connota nel progetto come una stanza in un interno, divenendo esposizione di se stesso. Nonostante l’apparente volta varcatane la soglia ci si ritrova in uno spazio immerso in una luce zenitale. La copertura infatti è stata completamente trattata con lastre interno che quelle di un esterno. Le desitinazioni funzionali sono state scelte sempre in linea con la caratterizzazione primaria della piazza come punto di attesa e scambio dei mezzi pubblici. all’attesa. Per far si che il progetto rimanesse attivo lungo tutte le ore della giornata e non solo nelle fasce orarie di punta, abbiamo scelto di insediare sia un fast bar, per i passanti più di fretta, sia un lounge bar dedicato a una permanenza più lunga e non necessariamente legata al transito dei mezzi pubblici. comfort e l’atmosfera progettate. La funzione che è stata invece inserita nel casello sud, costituisce un nuovo servizio di e-book sharing per la città intera. Questo spazio è stato studiato 123
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per ospitare una biblioteca multimendiale. Consultando un database è possibile scegliere il libro, giornale o rivista da noleggiare. In un secondo momento si procederà al noleggio dell’e-book, su cui verrà caricato unicamente il prodotto noleggiato. La fase di consumazione del servizio può avere due declinazioni diverse. Il cliente può scegliere di sostare all’interno del casello daziario ampliato, in cui è stato allestito uno spazio dedicato al relax e alla lettura oppure può portare via l’e-book noleggiato, usufruire del servizio durante il tragitto sui mezzi pubblici e riconsegnare il dispositivo, in appositi contenitori, alla fermata di destinazione. E’ stata prestata particolare attenzione alle soluzioni tecnologiche utilizzate all’interno del progetto. Per il muro di ampliamento è stata scelta una struttura in travi e pilatri in acciaio IPE 400, a cui è stata appoggiata un maglia di montanti e traversi secondari a cui sono stati appesi dei pannelli
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Giardini di Viale Caldara
La seconda area che si incontra procedendo lungo il percorso ciclopedonale è quella dei giardini di Viale Caldara. Essa è caratterizzata dalla presenza di un frammento di muro di epoca spagnola. A differenza dei giardini IX novembre che si trovano poco prima lungo lo stesso viale, arrivando da porta vittoria, che sono stati recintati pochi anni fa e che in questo gesto hanno ritrovato la propria identità all’interno del tessuto urbano, l’area di Viale Caldara, a causa della non progettazione e della trascuratezza che la interessa, fa si che essa rimanga completamente ignorata da parte della vita quotidiana della città. La conformazione attuale dei giardini lavora su più livelli fuori terra in cui il frammento di muro si trova ad essere parzialmente interrato e per questo ancora meno visibile e valorizzato. Il nostro approccio si ripropone quindi di su diversi livelli, in cui il muro torni però ad essere il cuore dello spazio circostante. Abbiamo scelto di riconvertire questo giardino dimenticato dalla città in una sorta di museo all’aperto, di verde espositivo in cui il frammento, la rimanenza storica costituisce l’opera d’arte più importante. Innanzi tutto è stata nostra premura riportare l’intera porzione di muro alla luce, disseppellendolo e creando un primo livello di verde fruibile dalla strada. ipotizzato essere quella della città spagnola, qui si è scelto di organizzare un primo livello interrato a cielo aperto a cui si accede attraverso una rampa che permette di costeggiare l’intero muro. Una volta arrivati in questo ambiente in cui il frammento storico fa da scena, la visuale si apre su quello che è il vero e proprio spazio espositivo. Al di sotto della collina di verde che si percepisce dalla strada, è stato ricavato 131
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a cui si accede dallo spazio antistante il muro antico. Si presenta come una sala interrata coperta, ma completamente aperta verso quella che è la scena principale. Lo spazio espositivo ruota e si articola attorno a un elemento centrale, un modello in legno della porzione di città che va da Porta Vittoria a Porta Romana. Come sistema espositivo è stato studiato
ed evitarne qualsiasi movimento. E’ possibile ammirare la ricostruzione del tessuto milanese sia dall’alto, attraverso un serie di passerelle alla quota della città spagnola, sia accedendo all’ultimo livello interrato mediante escamotage strutturale. Una volta scese le scale ci si ritrova in un open space completamente state predisposte delle scale, in due declinazioni diverse, che permettono di ammirare il plastico più da vicino. La prima tipologia consiste nella classica scala da biblioteca con delle ruote a pavimento e delle guide nel punto alto di ancoraggio. La seconda tipologia è stata invece pensata per anziani e bambini e si concretizza in una scala più comoda, meno con un pianerottolo ad un altezza tale da permettere una confortevole visione del plastico. Alli lati della sala rettangolare sono stati predisposti una serie di guide orizzontali, la cui distanza è regolabile, e che costituiscono la cornice dei pannelli espositivi, capaci di accogliere sia immagini che video. Il l’illuminazione delle opere in mostra, mentre quello per quello inferiore è stata studiata una sagomatura apposita per contenere un pannello esplicativo. L’arredo all’interno della sala è stato accuratamente selezionato all’interno della gamma dei prodotti Moroso e posizionato centralmente al di sotto del plastico sospeso. Questa scelta è stata dettata dalla volontà di creare un ambiente confortevole, non solo per completare il percorso 133
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espositivo, ma anche per creare un’oasi di relax nel caos cittadino, unita alla possibilità di assistere alla proiezione di un video su i pannelli che costituiscono la chiusura inferiore del modello in scala.
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Rievocazione del sistema: da Porta Romana al cavaliere di Via Filippetti
L’ultima occasione progettuale con la quale ci siamo confrontati concentra in se stessa sia l’esempio di criticità di grado più alto all’interno di tutte le luogo di rimanenze storiche. Nei pressi dell’attuale Piazza Medaglie d’Oro si trova infatti l’antico arco trionfale di Porta Romana, progettato e costruito nel 1596 sotto la direzione dell’architetto Trezzi, uno degli speroni triangolari di difesa delle mura spagnole e senza soluzione di continuità con quest’ultimo, un tratto di In nessun altra parte di Milano si può ammirare una porzione così varia e perfettamente integra del sistema dei bastioni spagnoli. Un chiaro esempio di rimanenza storica delle mura cinquecentesche all’interno del tessuto milanese e da esso completamente ignorato. Infatti, nonostante qui il sistema si manifesti nella sua completezza, la conformazione attuale della città fa si che esso sia totalmente ignorato e dimenticato dai cittadini. Porta Romana rappresenta l’emenpio di porta frammento. Il suo attuale che lo vede ridotto non sono a frammento, ma addirittura a sparti alla velocità automobilistica e di conseguenza per niente integrato nella vita quotidiana. Analogamente, lo sperone vive una situazione simile, ma con premesse differenti. Esso è stato inglobato nel complesso delle nuove terme di Milano, di recente costruzione, a tal punto che rimane percepibile solo per i fruitori della struttura privata, quindi per una ristretta minoranza, negando completamente il suo rapporto con la città. Il tratto di muro per le macchine che frecciano ogni giorno lungo la circonvallazione interna. Lo slargo che il muro crea giunti all’altezza del cavaliere è stato 141
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risistemato a verde, ma senza intenti progettuali e soprattuto senza una destinazione funzionale che lo renda integrato e fruibile dalla vita milanese. La nostra tesi nasce proprio da questa situazione di estrema criticità, in cui sono esplicate tutte le motivazioni che ci hanno spinto a sostenere la con cui ci siamo confrontati. Ci troviamo davanti a una rimanenza storica di elevato valore architettonico e culturale a cui la città ha letteralmente voltato le spalle. Qui il sistema si manifesta nella sua complessità, ma paradossalmente è il caso in cui viene maggiormente ignorato da Milano. Il nostro intervento si presenta come un’azione unitaria. Partendo dall’arco il frammento allo sperone delle Terme, ricostruendo l’unica porzione di muro mancante nel sistema. Attraverso questa operazione è stato possibile ridonare alla porta uno spazio di pertinenza, una piazza degna della sua importanza. Lo spazio pubblico che si genera è però scisso in due aree distinte, una situata a sud e dedicata allo stare, al relax e in cui uno speccio d’acqua che costeggia il muro in corten rievoca la memoria antica di quel luogo; e una seconda a nord, verso l’interno della città, pensata invece come un momento di sosta per il percorso ciclabile. La comunicazione tra questi due ambienti, fortemente separati dal segno del muro in corten, che nuovamente si pone all’interno del tessuto come un cicatrice tra dentro e fuori, è resa possibile solamente attraverso l’arco di Porta Romana, che si riappropria della sua antica funzione di soglia. Il progetto non è però solo un segno lasciato sulla città, ma si ripropone di interagire con essa, Attraverso un’apertura è infatti possibile accedere a uno spazio interno in cui, attraverso due rampe di scale si arriva alla quota dell’antico punto di avvistamento dello sperone. Qui la volontà è stata quella di voler creare un belvedere, unico spazio pubblico in cui si ha la possibilità di percepire il sistema delle mura nella sua complessità. Arrivando invece in bicicletta, si può trovare ristoro nello spazio antistante la porta e è possibile anche usufruire di un dispositivo appositamente studiato per gli amanti del ciclismo. Sul prospetto del muro in corten che si rivolge verso il percorso è stato predisposto uno schermo interattivo. Una proiettata sul supporto. Mediante un computer l’utente può scegliere di 143
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da un distributore. Ripreso il proprio percorso, sia esso pedonale o ciclabile, costeggiando il muro spagnolo si giunge al cavaliere. Qui si concretizza al massimo la nostra volontà di reintegrare le rimanenze storiche del sistema in spazi pubblici per la vita quotidiana. Mediante infatti un’operazione di chiusura, di negazione dell’oggetto alla città, si vuole riportare su di esso l’attenzione. La situazione attuale ignora questo spazio perchè residuale e privo di destinazione funzionale. Attraverso la costruzione di un muro di chiusura verso la strada, si viene a creare uno spazio fruibile, un interno urbano caratterizzato da un playground. L’accesso avviene unicamente da un’apertura situata al centro della parete di cemento e fa si che l’attenzione si concentri prima di tutto si articola per fasce trasversali tematizzate e ognuna di esse trova riscontro sulla parete di calcestruzo, rendendo quest’ultimo non solo l’elemento che permette la fruizione dello spazio, ma parte attiva del progetto. L’elemento di chiusura si ispira nella sua connotazione formale agli esempi di playground europei più funzionanti negli ultimi anni. Si connota di una particolare forma semicircolare, la cui tecnologia strutturale è stata attentamente studiata sulla base delle esperienze a cui ci siamo ispirati.
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Conclusioni
Traendo quindi le conclusioni del nostro percorso si evince che: le potenzialità progettuali sono già insite nel tessuto della città in quanto in essa è ancora molto forte il segno del tracciato delle mura. Il nostro progetto vuole dimostrare che mediante degli interventi commisurati alla delle mura è possibile far rivivere il sistema e ridonarlo alla vita quotidiana. all’interno della memoria di esse una parte fondamentale della propria identità.
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