Gli antenati delle madonne vestite

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ER MUSEI E TERRITORIO

Dossier iSTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

Vestire il sacro ercorsi ai conoscenza, restauro e tutela di Madonne, Bambini e Santi abbigliati

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B\EDITRICE ^COMPOSITORI


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ER MUSEI E TERRITORIO

Dossier ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA


In copertina Elaborazione grafica.

Š2011 Dossier Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna ViaGalliera21 -40121 Bologna www.ibc.regione.emilia-romagna.it Š2011 Editrice Compositori ISBN 978-88-7794-722-2 L'Istituto per i beni culturali si dichiara pienamente disponibile, nel caso di involontari errori, a regolare eventuali pendenze con gli aventi diritto che non sia stato possibile contattare.


ISTITUTO PER I BENI ARTISTICI CULTURALI E NATURALI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA

Vestire il sacro Percorsi di conoscenza, restauro e tutela di Madonne, Bambini e Santi abbigliati

a cura di Lidia Bortolotti

EDITRICE Wf COMPOSITORI


I Regione Emilia-Romagna

ibc

istituto per i beni artisti e

Pubblicazione promossa e realizzata dal Servizio Musei e Beni Culturali

Ringraziamenti

dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna a seguito

Si ringraziano i referenti degli Uffici Beni Culturali Ecclesiastici delle Diocesi

dei convegni 'Virgo gloriosa: percorsi di conoscenza, restauro e tutela

dell'Emilia-Romagna, in particolare mons. Tiziano Ghirelli della Curia

delle madonne vestite' (i cui materiali sono stati pubblicati sul sito IBC:

Vescovile dì Reggio Emilia; Alfonso Garuti della Curia Vescovile di Carpi;

www.ibc.regione.emilia-romagna.it/virgo), e 'Virgo gloriosa e santi: restauro

Aniello Zamboni dell'Arcidiocesi di Ferrara - Cornacchie.

e tutela dei simulacri vestiti' che si sono tenuti a Ferrara, rispettivamente

Un ringraziamento particolare per la preziosa collaborazione a don

il 9 aprile 2005 e il 2 aprile 2006, in occasione del Salone Internazionale

Giuseppe Lusignanì e Susanna Fighi (Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici

dell'Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali.

della Diocesi di Piacenza - Bobbìo) e a Marco Violi (vice direttore del Museo Diocesano di Imola).

Referenze fotografiche

Si ringraziano inoltre: Beatrice Andriano Cestari, Giorgio Cicognani, Pier Luigi

Archivio fotografico dell'ISCR di Roma (foto di Edoardo Loliva, Angelo

Foschi, Marina Gerra, Luisa Masetti Bitelli, Pierluigi Montagna, Alessio Nizzi,

Rubino e Paolo Piccioni}; Archivio Fotografico e dei restauri dell'Opificio

Armanda Pellicciar, Sergio Orselli, Mimma Pasculli Ferrara, Orietta Piolanti,

delle Pietre Dure di Firenze; Archivio Fotografico Soprintendenza PSAE

Annarita-Ziveri e la Confraternita Madonna della Cintura di Bagnacavallo.

della Liguria; Archivio fotografico della Soprintendenza BASE dì Parma e Piacenza (foto Mariangela Giusto, Pierluigi Montagna e Annarita Ziveri).

Si ringraziano i colleghi Francesco Angrisano, Marta Cuoghi Costantini,

Le immagini a illustrazione dei saggi sono state fornite dagli autori ed

Laura Carlini, Valeria Cicala, Paola Cristofori, Isabella Fabbri, Rossella Fanti,

eseguite dai fotografi di loro riferimento citati nelle rispettive didascalie.

Costantino Ferlauto, Vittorio Ferorelli, Elisabetta Landi, Eros Merli,

Laddove non altrimenti indicato, le immagini a illustrazione dei saggi

Giuseppina Giagnorio, Beatrice Orsini, Tiziano Ramosi, blanda Silvestri,

si intendono fornite direttamente dagli autori.

Andrea Scardova, Maria Elena Tosi, Carlo Tovoli.

Coordinamento editoriale

Con sincera e doverosa riconoscenza si ringrazia il professor Ezio Raimondi,

Isabella Fabbri, Carlo Tovoli

presidente dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna-


Indice

7 9

Presentazioni Ezio Raimondi Laura Carlini

129

Conservazione e restauro

131

Le Madonne vestite: due episodi di conservazione e formazione Marco Gatti

11

Percorsi di conoscenza

13

La veste e il simulacro, itinerari di conoscenza, restauro e tutela Lidia Bortolotti

133

Diagnosi e intervento conservativo di una statua vestita del Museo del Tessuto, Prato Marco Gatti, Susanna Conti, Simona Laurini, Guia Rossignoli

43

Matrici arcaiche del rito di vestizione: abiti, madonne, antenate Paola Goretti

147

Due Madonne vestite: Dormitio Virginis e Addolorata simulacri in ceroplastica dell'abbazia di Santo Spirito, Caltanissetta Marco Gatti, Susanna Conti, Elisa Zonta

49

Le effigi 'da vestire'. Note antropologiche Elisabetta Silvestrini

159

Dall'abito alla camiciola: le vesti restaurate delle Madonne Angela Lusvarghi, Ivana Micheletti

Gli 'antenati' delle Madonne vestite Beatrice Orsini

167

Le sculture 'da vestire' di Nero Alberti da Sansepolcro: tecnica, diagnostica e conservazione Cristina Calassi

183

Intervento conservativo su due abiti di statue devozionali provenienti dall'Albergo dei Poveri di Genova Mario/ina RelĂŹa

59

tf

65

Madonne 'da vestir' di Venezia e delle isole Riccarda Pagnozzato

75

Madonne vestite in Liguria Marzia Cataldi Gallo

85

Le 'Madonnine agghindate' nel territorio di Arezzo. Questioni aperte Paola Refice

193

ÂŤ... ad vestiendum imaginern ...Âť, l'abito principesco di una Madonna pisana Moira Brunori

Madonne vestite in Puglia

203

Dal manichino fisso dell'Addolorata di Ruvo al manichino snodabile del santuario di Santa Maria Greca a Corate Cinzia Petrarota

Studio e ricostruzione di un abito cinquecentesco Thessy Schoenholzer Nichols

211

Le vesti modellate e le vesti tessute: il restauro di una statua seicentesca tra forma e devozione Ivana Micheletti, Roberta Notari

219

II Presepe della Pinacoteca Civica di Imperia: il restauro di un manufatto polimaterico Marica Mercalli, Marisol Valenzuela, Claudia Kusch

247

Note sugli autori

89

103

117

Indagine in elaborazione: la presenza dei simulacri 'da vestire' della Vergine con il Bambino nel territorio di Parma e Piacenza Mariangela Giusto 'Statue vestite' tra Ferrara e Comacchio Lorenzo Lorenzini


Gli 'antenati' delle Madonne vestite Beatrice Orsini

11 rito della vestizione dei simulacri per l'esposizione alla devozione dei fedeli rimanda a un'antichissima ritualità popolare legata soprattutto alla sfera femminile. Vesti e ornamenti spesso molto ricchi costituivano elementi di suggestione che la statua doveva esercitare sui fedeli. 1 Si trattava di doni offerti alle divinità per ingraziarsi il loro favore in varie circostanze come, ad esempio, prima delle nozze o dopo il parto. Le fanciulle dell'antica Grecia, infatti, durante i riti prenunziali erano solite donare alla dea il pep/os, una tunica bianca ricamata in tessuto finissimo, come segno di devozione. Il rituale era caraneristico di alcune fra le più famose divinità greche quali Era, Atena, Afrodite e Artemide. Le varie tipologie di offerte sono testimoniate dagli inventari del santuario di Brauron, nei pressi di Atene, che riportano descrizioni particolareggiate di fogge e ricami di numerose vesti.2 Le liste ricordano oltre 20 tipi di indumenti diversi per forma, colore e decorazione, oltre a vesti semitessute. Sono presenti, fra gli altri, chitoni, clanidi, tarantina; accanto a questi troviamo abiti meno comuni, come enkykta oppure tedia', particolarmente significativa appare anche la presenza di krokotos, cioè della veste rituale che doveva costituire un elemento essenziale del rito denominato arkteia in onore della dea.3 L'indumento sicuramente più famoso era il peplo ricamato con le gesta della dea Atena tessuto dalle giovani ateniesi, compito che costituiva una delle tappe della loro educazione. Veniva offerto alla dea ogni quattro anni in occasione delle feste denominate Grandi Panatenee. Questo veniva portato su di un vascello dal quartiere ate-

niese del Ceramico fino all'Acropoli da un corteo solenne,4 al quale partecipava tutta la cittadinanza, come testimonia il fregio del Partenone nella settima lastra della sezione orientale detta 'delle Ergastine', ossia le fanciulle incaricate di realizzare il peplo. Anche nella città greca di Sparta, come ricordano i parteni (canti di fanciulle) di Alcmane, le fanciulle offrivano alla dea un peplo o una ghirlanda 5 e vi era inoltre l'usanza che le madri offrissero sacrifici alla statua lignea (^ócxvov) della dea Afrodite Mera prima delle nozze della figlia. 6 Ikituale del matrimonio prevedeva inoltre la preparazione, il trasporto e la consegna della veste nunziale della futura sposa e la kosmesis, cioè la vestizione e l'acconciatura, come testimoniano una serie di tavolette votive in terracotta (VI e V secolo a.C.), i cosiddetti pinakes locresi che ripercorrono i momenti salienti della preparazione del rituale delle nozze sacre fra Persefone e Ade,

1

ELISABETTA SILVESTRINI, Simulacri "da vestire". Cultura materiale, antropologia

dell'abbigliamento, antropologia dell'immagine. «Orma Revista de studii etnologice si isterico-religiose», 8, 2008, pp. 54-57. 2

FRANZ STUDNICZKA, Das Symposion Ptolemaios II, in Abhandlungen der philo-

logisch-historischen Classe der Koniglich-sachsischen Gesellschaft der Wissenschaften, Leipzig, B.C. Teubner, 1914, 30, p. 173; MARIA ELISA MICHELI, Un pilastrino dal santuario di Apollo a Cirene, Quaderni di archeologia della Libya, 17, Roma, «L'Erma» di Bretschneider, 1995, p. 26; PAUSANIA I, 23.7, I, 33.1, Vili, 46.3. 3

MARCO GIUMAN, La dea, la Vergine, i!Sangue, Milano, Longanesi, 1999, p. 57.

4

PLUTARCO, Vite Parallele, DEMOSTENE VII.

5

FRANCISCO RODRIGUEZ ADRADOS, Origini della lirica greca, Roma, L'Erma di Bret-

schneider, 2007, p. 34. 5

PAUSANIA, Descrizione della Grecia, III, 13. 9.

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dio dell'Oltretomba.7 Quasi a riproporre il rito del matrimonio terreno che prevedeva il bagno rituale dei giovani sposi prima della vestizione, il simulacro della divinità veniva spogliato dei suoi ornamenti, purificato tramite immersione nell'acqua e successivamente rivestito con nuovi ornamenti prima di essere esposto ai fedeli.8Il bagno rituale costituiva uno dei momenti significativi della cerimonia nunziale degli uomini e degli dei poiché aveva potere di purificazione e rigenerazione. Il lavaggio del simulacro era praticato sia a Samo, in occasione delle celebrazioni in onore di Mera,9 che nella città di Atene durante le feste primaverili denominate Plynteria. La cerimonia prevedeva il trasporto del simulacro della dea, conservato nell'Eretteo sull'Acropoli, in processione fino alla spiaggia presso il Palerò per lavarlo nelle acque del mare. Si trattava di un'immagine di Atena scolpita in un tronco di ulivo alto tre cubiti, denominato Palladion, con una lancia nella mano destra, una rocca nella sinistra e il petto coperto dall'egida.10 Secondo la mitologia rappresentava l'effigie della dea che Zeus donò a Ilo, fondatore di Troia, facendola cadere dal cielo davanti a lui e si credeva che la salvezza della città dipendesse da questa statua, a condizione che fosse conservata all'interno della cinta muraria.11 In occasione delle Plynteria, infatti, le attività cittadine venivano sospese poiché la città si considerava non protetta, dato che il simulacro non si trovava al suo posto.12 La sua realizzazione è legata alla mitologia. Si narra infatti che Atena e Pallade, allevate da Tritone, si esercitavano nell'arte della guerra quando Zeus, preoccupato per Atena, che stava per essere colpita dall'amica, abbassò lo scudo della ragazza per proteggerla mentre lei colpiva a morte Pallade, distratta dallo scudo stesso. La

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Beatrice Orsini

dea, angosciata per la morte dell'amica, fece una scultura dì legno con il suo ritratto, le fissò davanti lo scudo che aveva impaurito la fanciulla, pose l'immagine vicino a Zeus e le tributò onori. Ma il giorno che Elettra, violata da Zeus, si rifugiò presso il Palladio, Zeus lo gettò nella regione di Troia, insieme alla fanciulla. In seguito Ilo (fondatore di Troia) costruì un tempio per il Palladio e gli rese grandi onori.13 I primi simulacri, tipici della scultura greca di epoca arcaica, erano, come il Palladion, statue lignee aniconiche ricavate dal tronco di un albero che rappresentavano la divinità, tienominate in greco xoanon (£óocvov), dal verbo greco xein (^éeiv) che vuoi dire scolpire il legno, raschiare, ed erano conservate nelle celle dei templi.14 Si trovavano in varie città della Grecia antica come riporta Pausania, 15 ma

ELEONORA GRILLO, MARINA RUBINICH, ROBERTA SCHENAL RILEGGI, / pinakes di Locri Epizefiri, Musei di Reggio Calabria e di Locri, «Atti e Memorie della Società Magna Grecia», Quarta serie - II, 2000-2003, t. 1, p. 225. 8 WALTER BURKERT, La religione greca di epoca arcaica e classica, a cura di Giampiera Arrigoni, Milano, Jaca Book, 2003, pp. 204-206. 9 PAUSANIA, Descrizione della Grecia, VI, 24,10. 10 Ivi, I, 26, 6. 11 STRABONE, Geografia, XIII, 1, 41. 'z SENOFONTE, Elleniche, 1,4, 8-12; GIUSEPPE lucci, «Studi e materiali di storia delle religioni», 8-9, 1932, p. 189. 13 APOLLODORO, Biblioteca, 3, 12, 3-102 ss. 14 La parola H,óavov deriva da ^é<o, secondo Henry George Liddell e Robert Scott, in Dizionario //lustrato greco-italiano, Firenze, Le Monnier, 1975; FLORENCE M. BENNETT, A Study of thè Word , «American Journal of Archaeology», 21.1, gennaio 1917, pp. 8-21 aggiunge un utile elenco dei 66 xoana menzionati da Pausania, che a volte utilizza il agalma xyìon = immagine scolpita di legno). 7


purtroppo, a causa della fragilità del materiale, non sono giunte fino a noi se non in qualche copia realizzata in marmo. Il legno utilizzato per scolpirle aveva nella maggior parte dei casi valenza simbolica poiché, ad esempio, l'ulivo era sacro ad Atena e la quercia a Zeus. La realizzazione delle statue era associata al leggendario Dedalo, grande architetto, scultore e inventore, costruttore del celebre labirinto del Minotauro sull'isola di Creta,16 un artista capace di infondere 'la vita' alle sue creazioni. Egli durante il suo soggiorno a Creta istruì i cretesi sull'arte della fabbricazione delle immagini in legno, gli xoana.]7 Alcune sue opere in legno si trovavano in Beozia, a Tebe, e a Delo in particolare era conservato un piccolo xoanon di Afrodite che al posto dei piedi aveva un piedistallo di forma quadrata. Si ha notizia anche di una statua di Hera non molto grande che rappresentava la dea seduta, realizzata con legno di pero selvatico, portata come dono votivo a Tirinto.18 Secondo quanto riporta lo scrittore greco Pausania, solo ad Atene, le statue lignee della dea Atena erano coperte da una veste lunga fino alla punta dei piedi.19 Altri xoana erano conservati a Corinto, dove lo xoanon di Eracle si diceva opera di Dedalo, e altri due a Creta.20 La diffusione degli xoana delle divinità è testimoniata anche dalle scene rappresentate su alcuni vasi come l'anfora lucana del Pittore di Amburgo (Tarante, Museo Archeologico Nazionale) che raffigura una scena di culto ad Artemide e ha come punto centrale un piccolo xoanon della dea collocato entro un tempietto. Nel frammento di Heidelberg (inizio IV secolo a.C.), opera del Pittore della Nascita di Dioniso, lo xoanon della dea Artemide è rappresenta-

to nell'atto di sorreggere l'arco accanto all'immagine della dea stessa, tema frequente nella produzione apula della seconda metà del IV secolo a.C. In un altro caso la statuetta xoanica della dea sembra fungere da appoggio all'eroina Ifigenia (cratere a calice di Mosca, 345-340 a.C.). 21 La produzione scultorea in legno raramente è giunta fino a noi, data la deperibilità del materiale. Questo è il caso delle tre statue lignee (primo quarto VI secolo a.C.) restituite da una fonte sulfurea della Sicilia presso Palma di Montechiaro, ora conservate presso il Museo Archeologicadi Siracusa. Non si tratta in realtà di veri e proprì xoana, ma più probabilmente di statuette votive offerte alla fonte che rappresentano figure femminili vestite con peplo dorico e po/os cilindrico sulla testa, collocate su un piedistallo con gli avambracci protesi in avanti per accogliere l'offerta. 22 Il termine xoanon viene utilizzato da Pausania solamen-

PAUSANIA, Descrizione della Grecia: Atenei, 3.5; 18.5; 23.7; 29.2; 31.4; 33.17; 35.3; 36.2; 38.8; 42.5; Megara I, 43.5; Corinto II, 2. 3, 6-7, Argo II, 17.5, 19.3, 19. 6-7, 22.5, 23.1,24, 3-4; Vili, 46.2-3; Olimpia V, 26.6, ecc; JEANETTE PAPADOPOULOS, Xoana e Sphyrelata. Testimonianze delle fonti scritte, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1980, pp. 15-77. 16 DIODORO IV, 76; PAUSANIA, Descrizione della Grecia, IX, 40.3. 17 PAUSANIA, Descrizione della Grecia, Vili, 53. 8. 18 Ivi, II, 17.5. '^ ivi, I, 18,5. 20 Ivi, II, 4.5; IX, 40. 3. 21 MONICA DE CESARE, Le statue in immagine: studi sulle raffigurazioni di statue nella pittura vascolare greca, Roma, «L'Erma» di Bretschneider, 1997. 22 RANUCCIO BIANCHI BANDINELLA L'Arte dell'antichità classica, Torino, UTET, 1976, 1, n. 341 15

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1. Testa di acrolito di divinità femminile da Covignano di Rimini, marmo greco. Rimini, Museo della Città (foto Piero Deiucca}.

te per indicare statue realizzate in legno, mentre Strabene indica con il medesimo vocabolo un'altra tipologia di statua denominata crisoelefantina poiché realizzata in oro (chrysos} e avorio (elephas), come lo Zeus di Fidia a Olimpia e l'Atena Parthenos scolpita nel 438 a.C., conservata nel Partenone.23 Questi simulacri presentavano una struttura di sostegno, probabilmente lignea, che veniva ricoperta con oro e avorio; in particolare, si utilizzava l'avorio per il volto, le braccia, le gambe, mentre l'oro per il panneggio delle vesti e i capelli. Ancora una volta Pausania nella sua opera testimonia la presenza di molti simulacri di questo genere sul territorio greco. La statua di Atena, conservata all'interno del Partenone, rappresentava la dea stante avvolta in un chitone,24 mentre quella che si trovava a Megara era realiz-

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zata completamente in oro tranne le mani, i piedi e il volto che erano in avorio.25 La città ospitava anche una statua di Zeus che aveva il volto in oro e avorio, mentre il resto del corpo in argilla e gesso.26 Un'altra variante era costituita dallo xoanon della dea Atena Calinitide che si trovava a Corinto costruita tutta in legno tranne volto, mani e piedi che erano in marmo bianco.27 A livello tecnico si trattava di aeroliti (dal greco àkros, 'in cima, alto, estremo', e lithos, 'pietra'}, statue con una struttura di sostegno in legno alla quale erano fissati tramite-perni volto, mani e piedi intagliati nella pietra o nel marmo. Questa tecnica permetteva di rendere le statue più verosimili poiché la struttura che manteneva le estremità scolpite era ricoperta con abiti di stoffa o lamine metalliche, mentre la testa poteva essere ricoperta da parrucche per dare sembianze umane ai simulacri. Si ricordano alcuni esempi: gli aeroliti di Morgantina in Sicilia di cui si sono conservate due teste di marmo che raffigurano Demetra e Persetene a grandezza naturale con occhi a mandorla, privi di pupille e due coppie di mani e piedi realizzate nello stesso materiale (530-510 a.C.); gli aeroliti di Iside trovati nel tempio a lei dedicato a Pompei e oggi conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli e l'acrolito di Apollo, oggi conservato al Museo Nazionale della Magna

STRABONE, Geografia, libro Vili 3, 30. PAUSANIA, Descrizione della Grecia, I, 24. 5-7. 2 5 / w , I, 42.4. 26 Ivi. I, 40.4. 27 Ivi, IV, 1.

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Grecia, che aveva la testa con cavità orbitali probabilmente riempite in osso o pasta vitrea, mentre le ciglia erano realizzate in lamina metallica. I fori presenti sulla calotta sembrano funzionali all'applicazione di una capigliatura, forse una parrucca in stucco dorato su un telaio ligneo, oppure una calotta di lamine auree flessibili che ricadevano sulle spalle come lunghe ciocche. Fra gli aeroliti di epoca romana ricordiamo la statua colossale del Genio (divinità tutelare) di Augusto, alta circa 12 m, ospitata nella cosiddetta 'Aula del Colosso' nel foro di Augusto a Roma di cui rimangono tre frammenti in marmo bianco greco insulare (dall'isola di Paros): la mano destra che impugna un attributo circolare, la sinistra della quale si conserva il dorso disteso e un tratto interno del braccio destro, appena oltre il polso28 e la statua colossale di Costantino I, collocata anticamente nell'abside della basilica di Massenzio e Costantino nel Foro Romano. Le parti marmoree della statua (una mano, il braccio destro, due piedi, i ginocchio e il femore destro, il polpaccio sinistro e la testa), sopravvissute ai saccheggi, sono tuttora collocate nel cortile del Palazzo dei Conservatori del Museo Capitolino. Un altro esempio proviene dal territorio romagnolo e precisamente da Covignano (Rimini). Si tratta di una testa in marmo greco interpretata come parte di un aerolite di divinità femminile (Giunone, Demetra, Feronia, tside?), risalente ai primi decenni del I secolo a.C. 29 Antichi rituali sopravvissero anche in epoca romana, legati soprattutto alla fertilità come la cerimonia annuale che riattualizzava i! mito di Cibele, la Grande Madre (/Wafer /daea)30, e Attis31, giovane sacerdote amato dalla dea, e la

festa dei Veneralia dedicati a Venere Verticordia ('che apre i cuori') e al suo compagno, Fortuna Virile. 32 Nel mese di marzo si festeggiava il risveglio primaverile della natura secondo un rito che prevedeva la processione Canna intrat ('la canna entra'), che simboleggiava la nascita di Attis durante la quale venivano condotti fusti di canne nel tempio di Cibele sul Palatino. A questa seguiva la processione dell'Arbor intrat ('l'albero entra') che celebrava la morte di Attis. In questa occasione la confraternita dei dendrofori si recava nel bosco di Cibele per abbattere il pino,* albero consacrato ad Attis che, spogliato quasi completamente dei rami, veniva avvolto in bende di lana, ornato con viole e strumenti musicali (vincastro, siringa, cembali) e sulla sommità era coperto con effigi del giovane. L'albero così adornato veniva portato nel tempio di Cibele dove era esposto alla commemorazione funebre. Successivamente il gran sacerdote, seguito dagli altri sacerdoti e dai fedeli, si tagliava le carni con cocci e si lacerava la pelle con pugnali per spargere sull'albero sacro il suo sangue, atto inteso a propiziare la fecondità della natura, in ricordo del sangue versato dal dio da cui nacquero le viole. Il pino co-

MARZIALE, Epigrammi, Vili, 44. JACOPO ORTALLI, Rimini: la città, in Aemilia. La cultura romana in EmiliaRomagna dal ììl sec. a.C all'età costantiniana, catalogo della mostra {Bologna 2000), a cura di Mirella Marini Galvani, Venezia, Marsilio, 2000, pp. 335 n. 105, 504. 30 LUCREZIO, De rerum natura, II, vv 660-663. 31 PAUSANIA, Descrizione della Grecia, VII, 9-13; OVIDIO, Metamorfosi, X; OviDIO, Fasti, vv. 179-222, vv. 223-246; CATULLO, Carmen LXIII 32 OVIDIO, Fasti. IV, 133-156 23

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sì decorato veniva chiuso nel sotterraneo del tempio, dove rimaneva per un anno intero, fino al taglio del nuovo pino. Si procedeva poi alla Lavatio ('abluzione') della statua di Cibele che, posta su un carro, era condotta ai fiume Almone dove il gran sacerdote la lavava, la asciugava e la cospargeva di cenere. Successivamente la statua veniva ricondotta sul Palatino accompagnata da canti e danze. 33 All'inizio di aprile si celebravano i Veneralia, feste religiose propiziatorie della fecondità di cui parla Ovidio: onorate la dea secondo il rito, o donne latine anziane e giovani e voi che non indossate la fascia e la veste lunga. Togliete i monili dal collo di marmo, togliete gli oggetti pre-

La ritualità legata alle statue di culto delle divinità, nonché la particolare struttura degli aeroliti realizzati come veri e propri manichini da vestire e portare in processione, sembra 'rivivere' nelle immagini sacre legate alla devozione popolare. Numerosi sono infatti gli esempi di statue che raffigurano la Madonna e i santi completamente modellate o modellate solamente nelle parti visibili (volto, mani e piedi) con il resto del corpo appena abbozzato e ricoperto da abiti, a volte riccamente decorati e arricchiti da preziosi ornamenti. 55 Queste sono portate in processione dove lo scintillio delle vesti e dei gioielli è destinato a suscitare forti emozioni nell'animo dei fedeli che vi assistono.

ziosi: la dea va tutta lavata. Rimettete attorno al collo asciutto monili d'oro ora altri fiori, ora una rosa in boccio.34

la dea nuda fu vista dai satiri e per ripararsi si nascose die-

LUCIANO, Dialoghi degli Dei, 12. LEONARDO MACINI, Le feste di Venere: fertilità femminile e configurazioni astrali nel calendario di Roma antica, Roma, L'Erma di Bretschneider, 1996, pp 1 7 _ 1 8

tro la pianta.

^ E. SILVESTRINI, Simulacri "da vestire" cit.

Il rito prevedeva inoltre il bagno delle stesse celebranti all'ombra di un mirto verde in ricordo del momento in cui

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Editrice Compositori via Stalingrado 97/2 - 40128 Bologna tei. 051 3540111 - fax 051 327877 info@compositori.it - www.compositori.it

Redazione Francesca Di Palma Giovanna Pezzoli Studio grafico Elena Alberti Francesca Prenda Lisa Marzari Margherita Scardovi

Finito di stampare nell'anno 2011 da Compositori Industrie Grafiche, Bologna


Lidia Bortolotti, storica dell'arte e del teatro, è funzionario dell'Istituto per i Beni Culturali della Regione EmiliaRomagna (Servizio Musei e Beni Culturali). Collabora alla realizzazione di interventi finalizzati alla conoscenza e valorizzazione dei beni culturali del territorio regionale e all'individuazione dei progetti di conservazione e restauro finanziati con fondi regionali.

Madonna, del Bambino Gesù e di alcuni Santi - costituiscono l'esito affascinante di una complessa e sedimentata tradizione della religiosità popolare che si è sviluppata soprattutto nell'Europa cattolica e in America latina. Questi particolari tipi di statue sono modellati con cura nelle sole parti visibili - volto, mani e piedi - e costituiti per il resto da una armatura destinata a essere totalmente rivestita di abiti e accessori spesso molto preziosi. Nella cura ad essi riservata si esprime un intimo rapporto di comunicazione tra i fedeli e il sacro: non a caso sono stati storicamente oggetto di una coinvolgente devozione dalla profonda matrice arcaica. Oggi i simulacri vestiti rappresentano a tutti gli effetti un patrimonio culturale che è necessario conoscere e tutelare. Si tratta infatti di opere caratterizzate da una grande complessità tecnica e costruttiva che richiede interventi di restauro differenziati. Oltre agli aspetti più propriamente conservativi occorre infatti valutare attentamente modifiche, integrazioni e stratificazioni che nel tempo hanno caricato questi oggetti di culto di specifici valori devozionali e taumaturgici oltre che estetici. Il volume affronta i molteplici aspetti - antropologici, storici, artistici e conservativi - che caratterizzano questa statuaria, attraverso i contributi di studiosi e specialisti di discipline diverse e ne offre una campionatura significativa che abbraccia tutto il territorio nazionale.

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