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Le Vacanze ad Altroquando

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Assofranchising

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Rubrica Quadrante a cura di Mara Licia Frigo

«Ma stai citando gli Orrori di Altroquando della collana Dylan Dog?» «No, sto citando Heinlein1 e il genere ucronico.» «Hahahahahaha… questa te la sei appena inventata!»

Avete presente quei momenti in cui, a dispetto di ogni vostra buona intenzione di non nuocere agli altri, vi mettono una pala in mano, dicendoti Tieni, fanne quel che più ti garba? Ecco, quello è stato uno di quei (non) rari momenti.

«Utopia, hai presente? Ecco, per analogia Ucronia che significa letteralmente “nessun tempo”. E adesso sublima o chiamo Thánatos e ve la smazzate tra di voi! Ti serve altro?»

Accertato che non ci sono altri disturbatori, veniamo all’argomento di questo articolo. Le vacanze. Iniziative da fare all’aperto durante le vacanze… Vacanze… e ne parliamo ad aprile… e la programmazione ci sta’, mica dico di no… ma le Vacanze… Cosa sono le Vacanze?

Sforzo di richiamo mnemonico. Non perché le vacanze non le faccio. Anzi, sono una di quei pochissimi fortunati che si può permettere 1 mese filato di vacanza (ad agosto, non certo a marzo). Ma devo farvi una confessione: le “vere” vacanze le ho sempre fatte da sola.

1 Altroquando (Elsewhen), tradotto anche come Nella trama del tempo, è un racconto lungo di fantascienza del 1941 dello scrittore statunitense Robert A. Heinlein sul tema dei viaggi nel tempo e degli universi paralleli. Nella storia si ipotizza che la mente umana non sia legata alla "periferia spaziotemporale" del nostro qui e ora, ma possa spostarsi tra le realtà del multiverso.

Sì, da sola. Niente amici, genitori, parenti, compagni, mariti o prole. O, ma solo in casi eccezionalissimi, con una persona (due sarebbero già folla) che è in grado di risultare assente nella sua presenza.

Faccio scattare la battuta facile, lo so. Chi mi conosce sa cosa mi irrita: quella sguaiatezza dei modi che sembra accompagnare il momento della Vacanza. E mi irrita fare le stesse cose che faccio durante l’anno. E questo me lo ha insegnato mio padre. Passata la fase infantile, ovvero dopo i 10 anni, i miei genitori mi hanno spedito in giro per l’Europa. Sempre con strutture organizzate, ma senza di loro. E loro si facevano le vacanze ognuno per conto proprio… e lo fanno ancora.

E mi ricordo, in fase adolescenziale, quando avevamo una casa al Lido di Venezia, che chiedevo a papà perché non ci si andava più. «Perché vacanza è vacanza da tutto».

Vacanza: il fatto, la condizione di essere o di rimanere vacante. Quindi libero. Non occupato.

Una condizione che sembra ormai impossibile da raggiungere. Il non essere occupati è il mestiere più difficile per un individuo nel XXI° secolo. Dai, siamo onesti, tutti durante le vacanze ci troviamo sempre qualcosa da fare.

«Si ma durante l’estate io mi metto a leggere il giornale (libro o altro scegliete voi) con calma» Leggere il giornale non vale, lo facciamo anche durante l’anno. O forse lo leggete solo d’estate? Ma hai detto con calma… quindi è solo una questione di tempo.

In vacanza i nostri tempi dovrebbero cambiare. Cambiando la velocità cambia la qualità.

In vacanza i nostri orari dovrebbero cambiare. Perché dobbiamo mangiare sempre alla stessa ora? Perché non possiamo mangiare in modalità randomica, o meglio ancora, solo quando abbiamo fame? Perché non possiamo andare a letto alle 8 di sera perché siamo stanchi? O svegliarci alle 3 del mattino? Perché riempiamo la nostra giornata con cose da fare?

Perché sappiamo quanto è difficile fermarsi e imparare a non fare niente.

E ho detto fare, non Pensare. Vivere il qui e adesso, senza interruzioni esterne ci mette di fronte al nostro più antico e aspro nemico. Noi stessi. E i nostri personalissimi Quattro Cavalieri dell’Apocalisse: Il Successo, l’Irrazionalità, la Penuria e la Morte. Una trasposizione simbolica, certo. Ma non per questo meno valida.

Il punto, molto infelice, è che i quattro non sono cavalieri “solitari”, si muovono insieme… e vederseli arrivare addosso appena smettiamo di tenerci impegnati è una visione destabilizzante. E ci fanno paura.

E cosa c’è di male ad averne paura? La paura ha una funzione positiva, così come il dolore fisico. Ci segnala uno stato di emergenza o un allarme. Prepara mente e corpo a reagire. Inoltre svolge la funzione di avvertire altri membri del gruppo circa la presenza di un pericolo, e quindi richiedere aiuto o soccorso. Il fatto è che quarant’anni di pensiero positivo, Self-Help, Sei forte solo se ce la fai da solo ha distrutto la funzione positiva della paura, modellando il nostro pensiero fino a farci credere che paura e richiesta di aiuto siano simboli di debolezza e insuccesso.

E non citatemi la resilienza e la mala-interpretazione che ne viene data, anche in psicologia. Il resiliente è colui che oppone resistenza, che si difende con forza. Ostile al cambiamento, statico, immutabile. Indipendentemente dalle sollecitazioni esterne. Insomma, il Monolite di 2001: Odissea nello Spazio. Ma a differenza di un monolite, l’essere umano ha un punto di rottura.

Se non si decomprime, chiunque può esplodere. Chiunque può perdere la strada, financo il senno.

E ve lo dico solo perché l’ho vissuto.

Quindi dichiaratemi deceduta in absentia. Io vado in Vacanza ad Altroquando.

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