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A colloquio con Manuela Reggente, psicologa e psicoterapeuta

/Impresa EFFETTI PSICOLOGICI LEGATI AL COVID-19

Rubrica a cura di Manuela Reggente, psicologa e psicoterapeuta

Nel mese di marzo 2020, ci siamo trovati ad affrontare una situazione nuova e del tutto inattesa: la pandemia legata al coronavirus. Mentre, in un primo momento, il focus di interesse riguardava, giustamente, l’aspetto medico, col passare dei mesi ci si è resi conto che non si poteva più ignorare l’aspetto psicologico. Già durante i mesi primaverili del 2020, gli psicologi interpellati, hanno iniziato a parlare di “fatica pandemica”: con questo termine si intende un logoramento psichico, dovuto ad un periodo di stress prolungato. La fatica pandemica può evidenziare disturbi legati all’ansia, alla depressione o ad una forma di dissociazione dalla realtà. Le persone che hanno sofferto di questo ultimo disturbo, tendevano a pensare che il pericolo non sarebbe mai finito e quindi, non riuscendo a sopportare il peso di questo convincimento, ne hanno preso le distanze negando il problema e/o mettendo in atto comportamenti imprudenti (nessun distanziamento, lavaggio frequente delle mani e utilizzo della mascherina). In questi casi, il compito dello psicologo è stato quello di aiutare le persone ad affrontare la realtà della situazione, imparando a gestire anche emozioni negative legate al Covid. L’ansia e la depressione, invece, si sono avvertititi per le più svariate ragioni: paura del contagio, malattia o morte di un conoscente/amico/parente, smart working. Ed è proprio su questo ultimo punto che mi vorrei soffermare perché il “lavorare da remoto” ha avuto conseguenze psicologiche che, inizialmente, non erano emerse.

Mentre in un primo momento, infatti, lavorare da casa era stato preso, dalla maggior parte delle persone come un sollievo, col passare del tempo ha prodotto anche effetti negativi: alcune persone hanno iniziato a lamentare segnali di sofferenza psicologica, legata al susseguirsi di giornate sempre uguali. Molte persone tendevano a mangiare/bere alcolici con più frequenza, a non vestirsi/truccarsi, a lavorare senza orari e senza pause. È, invece, importante costruirsi una routine giornaliera, scandita con orari precisi, in modo da avere una parvenza di “normalità” anche lavorando da casa. È quindi importante mettere una sveglia, lavarsi, vestirsi (come se si dovesse uscire da casa), spegnere il pc durante le pause, i pranzi e le cene e chiudere il lavoro allo stesso orario di quando si andava in ufficio. Anche la socialità, col passare del tempo, ha incominciato a pesare sull’umore delle persone. Mentre all’inizio i “famosi aperitivi virtuali” erano stati presi come una piacevole novità, col passare del tempo, la mancanza di rapporti reali aveva contribuito ad aumentare sintomi ansiosi e depressivi. Tutto questo è ciò che gli esperti avevano evidenziato durante la prima ondata. Nuovi disturbi di carattere psicologico, invece, sono emersi durante la seconda ondata, nei mesi estivi del 2020. Alcune persone hanno iniziato a manifestare una sensazione di vuoto interiore e di mancanza di prospettive future, nota con il termine di “languishing”: con il passare del tempo, infatti, le persone tendono a non fare più programmi a lungo termine, rimanendo in una situazione sospesa. Un altro aspetto psicologico emerso durante la seconda ondata, è denominato “parental burn-out”: la fatica espressa da molti genitori, durante il periodo scolastico in DAD, di stare a contatto con i propri figli tutto il giorno. Questo sentimento di stanchezza, rabbia, frustrazione ha portato molti adulti a sentirsi in colpa nei confronti dei propri ragazzi. Compito dello psicologo, in questi casi, è quello di aiutare questi genitori a comprendere che sono sentimenti del tutto normali ed aiutarli ad affrontarli e gestirli nel modo migliore. Altri due aspetti rilevanti sono emersi, in questo ultimo periodo, dal punto di vista psicologico: “l’effetto grotta” e la paura del vaccino contro il Covid. Per effetto grotta si intende la paura delle presone ad uscire di casa e riprendere una vita sociale. Mentre durante la prima ondata, essere chiusi in casa, ha portato alcune persone a soffrire di ansia e depressione, adesso i sentimenti negativi si sono invertiti: la casa rappresenta un posto sicuro, dove non ti può succedere niente, mentre il mondo esterno è pieno di pericoli (tutti legati alla paura del contagio): paura di tornare in ufficio, di andare al ristorante, prendere i mezzi, rivedere gli amici… La paura del vaccino, invece, è un tema complesso di cui si sta discutendo molto, in questo periodo. Avere paura è un sentimento diverso dall’essere un “no vax” che non crede nella medicina e formula ipotesi prive di fondamento scientifico. Per le persone che hanno paura, sarebbe auspicabile poter dare loro un supporto psicologico che li aiuti a comprendere, elaborare e superare la paura.

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