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NEMO NON PROFETA IN PATRIA MA NEANCHE LAVORATORE
Quando esterofilia e demeritocrazia governano sovrane in Italia
A cura di Marco Chingari
È di poche settimane fa la notizia bomba: a Napoli, 12 laureati, primo caso nella storia dei concorsi per operatori ecologici, saranno assunti in maniera indeterminata dall’Asia (l’azienda napoletana per la raccolta dei rifiuti urbani).
In realtà i vincitori del Concorso bandito dall’Asia sono duecento ma mai si erano visti ben 12 laureati non solo partecipare, ma addirittura vincere ed accettare di essere assunti come “spazzini” (vetusto nome dell’Operatore Ecologico) dopo tanti sacrifici e soldi spesi per conseguire una laurea.
Ma cosa sta succedendo all’Italia?
Siamo diventati una nazione che non premia più sacrifici e cultura? Senza nulla togliere al lavoro dignitosissimo e basilare degli operatori ecologici (quando li fanno lavorare, almeno a Roma, in piena emergenza spazzatura), ma ci sembra davvero assurdo e distopico il fatto che un laureato, dopo tanti sacrifici e studi, debba andare a fare un concorso per spazzino dove è richiesta come base scolastica la terza media.
Ma andiamo con ordine.
Allo Stato Italiano, è stato ben calcolato, ogni studente costa circa 8200 euro l’anno dalle classi elementari fino alla laurea: ergo parliamo della bagattella di circa 147.600 euro per ogni laureato. Ed alle famiglie quanto costano questi giovani virgulti da portare fino al sospirato Dottorato?
Una sciocchezza (si fa per dire).
Da 53000 euro di base fino ai lussuosi 700.000 euro di chi, magari ed avendone le possibilità, vuol far studiare il figlio all’estero per garantirgli un futuro più stabile lavorativo ed economico.
Ma tornando alla nostra Italietta, sommiamo i 147.600 euro statali ai 53.000 (modello base) privati delle famiglie: viene fuori la bazzecola di euro 200.600 per far laureare il prode rampollo. Quindi, se la matematica non è un’opinione, quest’anno 12 operatori ecologici sono costati allo Stato Italiano (leggi noi tutti) ed alle famiglie in toto euro 2.407.200!
Il che, francamente, non ci sembra davvero un ottimo rapporto qualità-prezzo.
Ma che sta dunque succedendo? Niente di buono.
L’Italia non premia più la meritocrazia ma, anzi, è oramai una repubblica basata non più sul lavoro ma sul risparmio del costo del lavoro.
Vogliamo dire che oggigiorno le qualifiche, i master, le specifiche culturali non sono poi così ben viste in generale (raccomandati a parte beninteso, per quelli c’è sempre il lavoro) in quanto andrebbero pagate e riconosciute come optional positivi in un mondo del lavoro che fosse basato sulla logica e non sulla follia e sul risparmio coatto.
Ebbene qual è dunque il risultato finale? Appunto la fuga dei cervelli all’estero ed il fatto che chi rimane, ob torto collo, è costretto a fare l’operatore ecologico e ti saluto e sono alla signora Laurea.
Peraltro la cosiddetta e su citata fuga dei cervelli ci costa (e sono dati anche vetusti del 2018 fonte ex Ministro Padoan) circa un bellissimo punto del Pil l’anno, una cifra semplicemente enorme. Ma a noi, alla fine della fiera, sembra che degli italiani non importi poi così tanto.
Senza aprire la diatriba poi sull’impatto devastante sul mondo del lavoro dove decenni di lotte sindacali sono state praticamente quasi cancellate dall’immissione di lavoratori extracomunitari che si prestano a lavorare a meno della paga normale di un italiano, spostiamo l’azione un attimino su un segmento lavorativo che nessuno analizza in quanto, parrebbe, di nicchia e cioè la scolarizzazione e l’eventuale introduzione al lavoro delle masse artistiche e cioè cantanti e musicisti.
In Italia attualmente ci sono 77 istituti di alta formazione musicale (54 Conservatori statali, 19 privati, 4 istituti accreditati); 50.000 studenti, di cui il 10% stranieri (il doppio rispetto alle Università) e 6.000 docenti che, sulla carta, non è niente male per una nazione non poi così immensa come l’Italia.
Ma a fronte di tanti e tanti Istituti di formazione musicale, Licei musicali, Istituti privati et similia quale poi sarà l’aspettativa lavorativa in Italia di codesti virgultissimi musicisti e cantanti?
Ben modesta.
A parte il fatto che ogni governo che si insidia, complice anche adesso crisi, Covid e guerra Russia – Ucraina, continua a togliere soldi su soldi al Fus (Fondo Unico dello Spettacolo), il numero degli eventi, recite, concerti in Italia è sempre più basso e quindi la torta si assottiglia sempre di più.
Ma non certo i costi faraonici dei teatri, tanto per fare un esempio, nei quali ultimamente pare essersi resa evidente anche una contaminazione della ‘ndrangheta (a Verona c’è attualmente un’inchiesta in corso su fatture gonfiate ed evasione fiscale a danno dell’erario e a favore delle cosche criminali) né la chiusura continua delle orchestre sinfoniche e liriche saranno gli attori che spianeranno il terreno lavorativo per le giovani leve artistiche. In più ci si mette anche la nostra meravigliosa ed intramontabile esterofilia.
Ultimamente Vittorio Sgarbi (sottosegretario attualmente alla Cultura N.d.R.) ha dichiarato, sollevando un polverone che neanche il Ghibli libico foriero di tempeste di sabbia, che sarebbe ora di avere un Sovrintendente italiano alla Scala di Milano dato che sono fin troppi anni che è straniero.
Apriti cielo.
Il Sindaco Sala di Milano gli ha risposto, secondo lui, a tono, dicendo che “quando avrà le deleghe ne discuteremo”.
Perché adesso, evidentemente, per affermare delle ovvietà bisogna avere delle deleghe secondo il Primo Cittadino Meneghino al quale forse sfugge che, senza nulla togliere alla professionalità di Meyer (l’attuale Sovrintendente della Scala), in Italia senza cercare neanche troppo potrebbero esserci degli italiani atti a ricoprire il ruolo di Sovrintendente nel famoso Teatro Meneghino. E non solo.
Anche a Firenze, a Napoli e perfino a Torino dirigono gli stranieri. Ora, a ben vedere, non mi sembra, eccezioni a parte ma una rondine non fa primavera, che i nostri connazionali dirigano ed imperino nelle grandi istituzioni teatrali internazionali tipo Covent Garden (Londra) Opèra di Parigi, Wiener Staatsoper (Vienna), Metropolitan di New York tanto per dirne qualcuna. Ebbene in Italia no invece, in Italia gli stranieri impazzano che è un piacere.
Ma non solo nei posti dirigenziali badate bene.
Se qualcuno si prendesse la briga di andare a controllare le stagioni liriche italiane scoprirebbe, con (credo) somma sorpresa che anche in questo caso gli stranieri, sia per opere non italiane che anche e soprattutto per quelle italianissime, la fanno da padroni, essendo come numero di scritturati assolutamente superiori ai poveri italiani, addirittura anche nelle parti secondarie e non solo in quelle soliste. Qualcuno potrebbe obiettare che anche gli italiani cantano all’estero: si va bene ma quanti sono in percentuale rispetto agli stranieri che cantano in Italia?
E comunque due dati su tutti: in Francia prima si pensa di dare lavoro agli artisti francesi e poi, se proprio non se ne può fare a meno, agli altri tra i quali i sempre più poveri italiani.
Non parliamo poi degli States dove una politica di difesa ad oltranza dei lavoratori americani fa sì che per uno straniero non residente sia assai complicato essere scritturato o assunto.
Come la mettiamo allora?
Possibile che noi si debba essere così autocarcinomici tanto da escludere sempre di più gli italiani dai circuiti lavorativi italiani mentre gli stranieri difendono a spada tratta i loro connazionali?
Eh sì perché pare che la globalizzazione, che i soliti informati anni fa dicevano essere la quintessenza della ricchezza culturale e lavorativa, nel tempo, complice il Covid, la crisi economica e la guerra, pare stia creando l’effetto opposto ovvero la chiusura a riccio dei vari stati su sé stessi e sui lavoratori autoctoni.
Ma in Italia no, non sia mai. E quindi, di conseguenza, che senso ha avere tanti Conservatori ed Istituti Musicali che sfornano laureati su laureati musicali molti dei quali, inevitabilmente, andranno ad ingrossare le fila dei disoccupati o tante facoltà universitarie (alcune delle quali anche abbastanza inutili dalla bassa capacità occupazionale tipo Giurisprudenza (24%) e Psicologia (18%) , Lettere (15%) e Scienze Sociali (14,3%) ed anche Lingue, Scienze della Comunicazione, Scienze Politiche e Arte e Design con un tasso di disoccupazione tra il 12,4% e il 13,1% e chiudendo con Filosofia, Agraria e Sociologia, con una percentuale di poco superiore al 10%. Infine il guadagno medio mensile dei laureati magistrali occupati a un anno dalla laurea è di circa 1.013 euro netti. Esattamente il 20% in meno rispetto al 2016.)
Mala tempora currunt avrebbero detto gli antichi, tempi brutti tristemente profetizzati dal bellissimo lavoro ne “La meglio gioventù “l’opera televisiva di Mario Tullio Giordana nel quale, nella scena dell’esame universitario, ben è rappresentata la rovina di un paese in mano ai cosiddetti “Dinosauri” (il professore universitario esaminante nella scena) che fermano il tempo, la civiltà ed il progresso dell’Italia definita, dallo stsso Dinosauro: “Un posto bello. Un posto bello ed inutile da distruggere”.
Il Maestro Riccardo Muti, che magari un tantinello è anche lui un po’ “Dinosauro”, parlando dello stato della musica in Italia (stato assolutamente “comatoso”) ha avuto a dire:
"L'Italia è una delle nazioni che ha meno orchestre al mondo. Inutile centuplicare i conservatori che continuano a sfornare dei diplomati che non trovano lavoro. Le orchestre però vanno centuplicate unicamente per portare cultura alla popolazione, non per trovare lavoroha aggiunto - quella del musicista non è solamente una professione ma una missione".
Ed infine: “La musica è importante per tutti, la musica rende migliori. Sono frasi che a furia di ripeterle sono diventate retoriche e vuote - ha insistito il maestro - Lo dimostrano proprio i due musicisti ucraini che suonavano con noi e sono in Italia per qualche mese. Si sono sposati musicalmente con i nostri giovani della Cherubini - ha spiegato ancora - pur non comunicando con la lingua tra loro, la musica li ha uniti".
Aggiungendo: “Perché la musica unisce", e concludendo in napoletano: "Per chi 'o ccapisce".
Ecco per chi lo capisce.
Ma non c’è peggior sordo o stolto di chi non vuol capire...