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Attivismo e antipro L’olio di Cbd: è meglio con principi

L’OLIO DI CBD: È MEGLIO CON PRINCIPI ATTIVI ISOLATI O IN FITOCOMPLESSO, E PERCHÉ?

Le piante producono una vasta e diversificata gamma di composti organici, definiti metaboliti secondari, sostanze che non sembrano avere una funzione diretta sulla crescita e sullo sviluppo, ma che bensì hanno come funzione principale la difesa della pianta da predatori e patogeni.

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Nella Cannabis sativa sono state identificate quasi 500 composti chimici differenti, delle quali circa 60 appartengono a questa classe. I fitocannabinoidi sono molecole lipidiche, antiossidanti che proteggono la pianta da aggressioni e nel suo sistema immunitario. La ricerca moderna pone l’accento ancora molto sull’utilizzo delle singole molecole isolate, piuttosto che su tutto il fitocomplesso. La filosofia alla base degli estratti in fitocomplesso è quella di mantenere integralmente tutte le sostanze naturali della pianta, conservando la naturale forma e rapporto dei principi attivi presenti.

Da quanto ricercato, la percentuale di CBD o di un singolo fitocannabinoide, non è la caratteristica più importante del prodotto. Si è visto che è il CBD isolato ha un range terapeutico piuttosto limitato, rispetto all’assunzione in fitocomplesso, che contribuisce all’effetto entourage

Oltre a questi due gruppi di composti sono stati individuati alcani, composti azotati, flavonoidi, amminoacidi e proteine, enzimi, zuccheri, fenoli, vitamine e pigmenti.

Presenti nella pianta cruda, alla fine della sua maturazione, troviamo poi i cannabinoidi neutrali, (CBG, THC, CBD, CBC etc.). Tali cannabinoidi neutrali, si formano esclusivamente tramite la decarbossilazione dei cannabinoidi acidi. Un fattore naturale che comporta la decarbossilazione è l’ossidazione data dalla maturazione della pianta, dal tempo e dal calore.

L’azione medicamentosa di una pianta è attribuibile alla presenza di sostanze chimiche, non sempre identificabili, dette principi attivi, denominati così per la loro capacità di influenzare o attivare, in modo più o meno incisivo, i processi biochimici del nostro organismo e quindi influenzare il decorso di molte malattie. Viene definito “effetto entourage” ciò che consente ad un principio attivo di amplificare la sua azione; unire tutti i componenti intorno ad uno chiave, comporta una maggiore efficacia (Mechoulam, 1998).

Grazie alla minore presenza di composti attivi, si hanno ridotti effetti collaterali, maggiore biodisponibilità ed effetti amplificati. A conti fatti un fitcomplesso offre effetti più duraturi e una terapia più sicura e maneggevole.

Alla creazione del fitocomplesso della canapa partecipa l‘intera pianta con le relative sostanze contenute nei fiori, nelle foglie, nei semi e nell‘olio; le sostanze attive che si possono trovare al suo interno sono fitocannabinoidi, terpeni, flavonoidi, vitamine, minerali, acidi grassi insaturi e aminoacidi essenziali. Per avere il giusto effetto non è importante solo la loro presenza, ma anche le loro proporzioni all‘interno del fitocomplesso. La differenza tra azione ed effetti è data dalla qualità del prodotto vegetale in toto, assunto.

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Tratto da: Tesi di Diploma di Cristina Anedda – “Canapa: una pianta in sinergia con l’essere umano – Il Fitocomplesso e le nuove interazioni”, Accademia Nazionale di Scienze Igienistiche Naturali “Galileo Galilei” di Trento.

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