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LA GERMANIA SARÀ PRONTA A LEGALIZZARE NEL 2023?
L’attesa è molta ed anche le elezioni europee incombono sulla politica continentale, muovendo le carte di quelle che saranno proposte che dovranno tentare di unire l’Unione Europea nella concretezza dell’azione e delle leggi, con uno sforzo corale e non disgiunto. In questo contesto la Germania è spesso la nazione apripista, se non altro per la concretezza di impatto con le questioni: lo dicevamo già all’inizio dell’autunno del 2022, quando segnalavamo la capacità di osservazione dei delegati tedeschi in California e al contempo il ruolo di centralità di Karl Lauterbach, Ministro della Salute tedesco, perno da cui devono passare le proposte.
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Una prima bozza è stata redatta, ma le discussioni vere e proprie devono ancora iniziare, e certamente la legislazione europea in alcuni punti non aiuta a pensare ad un modello di legalizzazione quantomeno liberale, che possa quindi travalicare anche i confini nazionali. Inizia l’attesa quindi per la prima azione ufficiale: dopo la stesura della bozza infatti, pare che nella prima parte di questo 2023 approderà al Bundestag, la Camera Bassa, una prima proposta globale, su cui far avviare la discussione. In quel momento è evidente che la discussione prenderà una forma europea, e non solo nazionale, per motivi legislativi intrinsecamente legati tra loro.
Le convenzioni ONU, apprendiamo dai maggiori quotidiani tedeschi, sarebbero il freno più grande al processo di legalizzazione. Ma cosa potrebbe fare concretamente la Germania? Potrebbe ritirarsi dai trattati Onu, un processo lungo e complicato che farebbe slittare ulteriormente la legalizzazione. Si potrebbe tentare di modificare i trattati, cercando una sponda in altri stati che hanno già preso una posizione, ma anche la situazione internazionale risulta disconnessa spesso anche all’interno di uno stesso Stato. Pensiamo agli Stati Uniti d’America. Questa seconda via si intreccia con una terza via di attuazione di lavoro con altri Stati, che però su questo tema rischia comunque di essere complessa da portare avanti.
Il problema centrale risiede nel fatto che tutte e tre le convenzioni Onu, per quanto le modifiche recenti di una di queste nel dicembre 2020, abbiano disposizioni sulla cannabis in tutti i passaggi di trasformazione della pianta. Martin Jelsma, autore del documento Cannabis Regulation vs International and EU law: legal tensions and compliance options, avverte che oltre alle tre convenzioni ONU i contrasti possono esserci anche a livello di diritto europeo, come dicevamo per altro nel numero precedente della rivista. Le differenti regolamentazioni dei paesi europei e l’afflato morale che aleggia attorno alla cannabis fanno uscire ancora le spinte conservative dei governi, anche quelli di sinistra, che si attengono a regolamentazioni ormai vetuste e danneggianti del sistema economico, sociale ed anche politico dal continente europeo, che della laicità dovrebbe fare cardine su cui basare le proprie analisi.
L'evoluzione di questa politica ed un cambio di passo nei confronti di una battaglia che per anni è stata usata come simbolo di repressione da parte della destra, per avallare retoriche di confronto tra buoni e cattivi, dove i cattivi sono quelli che decidono loro, è fondamentale per recuperare le reali radici di pensiero del continente europeo che non solo della morale cattolica si è forgiato per creare la sua cultura.
Dalla Germania razionale e calvinista è possibile ricevere il giusto coraggio, anche a livello di creatività legislativa, per poter fare un salto in avanti globale alle politiche sulla cannabis.