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NEW YORK NEW YORK, UNA SCOMMESSA VERDE

Abbiamo tutti nelle orecchie il suono dolce di Frank Sinatra e Liza Minelli che cantano New York, New York, quando dicono: “I want to wake up in a city, That never sleeps”; era la fine degli anni ‘70, la generazione del ‘68 era già stata repressa ed erano già state varate due convenzioni internazionali per il controllo delle sostanze stupefacenti. Ronald Reagan avrebbe vinto le elezioni di lì a poco e l’impostazione neoliberalista e consumistica si sarebbe imposta su quella fantasia: la finta liberalità portata dal potere d’acquisto ha di fatto aumentato le disuguaglianze sociali e la repressione dell’individuo, nel suo essere, oggetto lui stesso della morale imposta ad una politica che in quel tempo risentiva di un lobbismo per cui la canapa era meglio lasciarla fuori dagli affari.

Oggi, fallito il sogno macabro di alcuni di avere una società scelta dall’alto e comprendendo il fallimento della guerra alla droga, molti paesi del mondo hanno fatto dei passi avanti sul tema delle sostanze, in particolare sulla cannabis. Abbiamo parlato molte volte anche delle difficoltà americane nel promuovere una riforma di legalizzazione a livello federale, ma il vantaggio di essere uno stato nello stato è quello di poter avere una libertà giuridica che possa in qualche modo prendere delle decisioni che aprono a nuovi modelli, utili anche da analizzare nell’ottica futura. Ed ecco che un nuovo esempio ci potrà arrivare dalla città che non dorme mai, da quella New York che si appresta ad inserire una sostanza calmante in una città frenetica, che si appresta quindi ad accogliere una nuova diversità all’interno del variegato ed elettrizzante melting pot contemporaneo. La Grande Mela si è aperta quindi alla cannabis legale, e nei primi giorni di gennaio tra Broadway e l’ottava strada si è formata una coda interminabile con lo scopo di vedere il primo negozio che ha aperto i battenti nella città che non dorme mai. L’attrazione di questa città ha fatto si che persino ‘Le Iene’, grazie alla collaborazione di Joe Bastianich quale voce ed osservatore di ciò che accadeva nelle strade di New York,si interessassero all’apertura del primo negozio, tanto da farci lungo servizio in una puntata del lunedì in su Italia1. Un’apertura interessante da parte di un programma nostrano, che ha intercettato anche l’interesse dell'imprenditore Bastianich che proprio qualche mese fa aveva dichiarato: “investo sulla cannabis e ve la porto a tavola”.

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Perché, come spesso diciamo, la cannabis ha l’incredibile possibilità di essere usata in più modi, avendo molteplici proprietà. Non sono mancate le critiche alla decisione di mandare in onda un servizio sulla cannabis, è arrivata puntuale quella di Gasparri che pone la questione dell’a-criticità del servizio nei confronti della sostanza, senza contare il fatto che quando i telegiornali danno le comunicazioni sulle presenze al Vinitaly raramente, anzi direi per nulla, viene fatti la lista dei danni che l’alcol crea. Come ricorda Marco Perduca in uno dei suoi ultimi libri, è ‘La dose che fa il veleno’, e questa verità scientifica deve essere introiettata dalle nostre istituzioni per poter valutare laicamente le scelte politiche, ma direi anche le scelte comunicative rispetto alle sostanze.

Sarà certamente interessante capire le evoluzioni economiche all’interno del mercato newyorkese, soprattutto rispetto alle licenze che oggi risultano lente nell’approvazione, ma nel frattempo che sto scrivendo questo articolo è arrivata la notizia di una seconda licenza rilasciata a New York. Un controllo dopo l’altro, un’implementazione logistica dopo l’altra, e finalmente anche la cannabis potrà tornare ad avere una sua dignità d’esistenza in un contesto informato.

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