Il Magistrale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù a Portogruaro

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G. BELLOMO - E. ORTIS - V. PIZZOLITTO - A. SCALON

Cent’anni dall’idea di una nuova scuola

Il Magistrale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù a Portogruaro


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SOMMARIO

Pag.

Prefazione

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Introduzione

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Ringraziamenti

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PRIMA PARTE

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Il testamento di Alfonso Luigi Carrier (1853-1935)

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Villa Martinelli a Portogruaro

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La Famiglia Coen Rocca

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SECONDA PARTE

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Memorie della Casa del Sacro Cuore di Portogruaro (1938-1966)

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Alla ricerca di un luogo

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La Casa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Portogruaro

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La Scuola Media e l’Istituto Magistrale del Sacro Cuore

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La Guerra

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Il Dopoguerra

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Anni ’50

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Anni ‘60

137

Il Sacro Cuore chiude

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Cronache di viaggio

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La didattica al Sacro Cuore

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TERZA PARTE

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Santa Teresa Verzeri

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Alcuni insegnamenti

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Le madri superiore del Sacro Cuore e Monsignor Paolo Sandrini

183

BIBLIOGRAFIA

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Questo libro rappresenta un viaggio all’interno della vita scolastica del Magistrale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù a Portogruaro, a partire da prima della sua fondazione fino alla trasformazione in scuola statale, passando attraverso la vita portogruarese durante la Seconda Guerra Mondiale. Si tratta di un’opportunità importante per la Città di Portogruaro e per i suoi abitanti che potranno così ripercorrere, attraverso queste pagine di racconti e di fotografie d’epoca, il passato e la memoria di coloro che hanno promosso la realizzazione dell’Istituto Magistrale e di coloro che ne hanno beneficiato. Vorrei quindi ringraziare le autrici di questo libro per il grande lavoro svolto nel ricostruire le vicende storiche del Magistrale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, istituzione scolastica importantissima per la storia di Portogruaro. Maria Teresa Senatore Sindaco di Portogruaro

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PREFAZIONE

Fa caldo, nonostante l’estate sembri aver cambiato un po’ andamento e non manchino i giorni umidi e freschi. Sono a scuola. Gli operai, ormai quasi tutti stranieri, stanno imbiancando le aule, i corridoi, la sala insegnanti, la presidenza. Mi ritrovo a lavorare nell’ufficio dei tecnici. Sul tavolo, alcuni libri restituiti dopo il prestito e ancora da sistemare negli armadi. Penso che il tempo per leggere è ormai poco, per me. O meglio. Leggo, ma spesso si tratta di istruzioni, nuove norme, regolamenti, circolari ministeriali, articoli pubblicati in rete… Tra le mani il romanzo di Natalia Ginzburg Caro Michele. Mi soffermo su quanto Adriana, la madre, scrive al figlio: Avevo accumulato un tale odio contro tuo padre che pensavo di entrare a via San Sebastianello con una pistola e sparagli. Forse queste cose non le dovrebbe dire una madre a un figlio perché non sono educative. Ma la questione è che non si sa più cos’è educazione e se davvero esiste. Io non ti ho educato, non c’ero, come facevo a educarti. Io ti vedevo qualche volta a Villa Borghese qualche volta il pomeriggio. Tuo padre certo non ti educava essendosi cacciato in testa che tu eri nato educatissimo. Così a te non ti ha educato nessuno. Sei venuto su molto balordo, ma non sono tanto sicura che saresti stato meno balordo se avessi ricevuto da noi un’educazione. Le tue sorelle sono forse meno balorde di te, però sono anche loro abbastanza strane e balorde, una per un verso, una per l’altro. Nemmeno loro le ho educate o le educo perché troppo spesso mi sentivo e mi sento una persona che non mi è simpatica. Per educare un altro bisogna avere nei confronti di se stessi almeno un poco di fiducia e simpatia.1

Velocemente risalgono alla mente innumerevoli colloqui con genitori e studenti, sfoghi e preoccupazioni di insegnanti. Mi dico che istruire, insegnare, formare, educare è sempre stato difficile e penso che sì, oggi sem1

Natalia Ginzburg, Caro Michele, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1977, pp. 57-58.

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bra che questa fatica sia inasprita e quasi priva di risultati e soddisfazioni. Si finisce per abbandonare, anche noi adulti, un po’ spaesati. Si fatica a delineare un orizzonte di senso per le nuove generazioni. Quasi si vive una sorta di impotenza o, per lo meno, si prova un qualche senso di frustrazione. Nonostante questi pensieri, per la verità un po’ mesti, ben volentieri introduco il lettore a questa ricerca storica che ripercorre la nascita e tratta dell’esperienza del Magistrale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù a Portogruaro. Le nuove sfide educative, infatti, esigono una forma di resistenza, un nuovo vigore e una nuova fiducia per l’antica arte di aiutare a crescere, formare, istruire ed educare. Seduto al computer, leggo le pagine del testo in bozza Cent’anni dall’idea di una nuova scuola che le docenti mi hanno appena consegnato. Molti i nomi di quanti hanno partecipato a quella esperienza di vita e di scuola. Vi ritrovo tutto il valore del proverbio africano Per educare un bambino ci vuole un intero villaggio e aggiungo a mente che forse neppure questo basta; ci vuole anche la capacità di far parlare tra loro gli uomini e le donne di villaggi diversi e di far incontrare tra loro anche quelli vissuti in epoche diverse e lontane. Lorenzo Michele Zamborlini Dirigente scolastico

Portogruaro, 18 agosto 2016

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INTRODUZIONE Per ottenere dalle vostre giovani fedeltà alla grazia nel modo proporzionato al loro temperamento, alla loro età alle loro circostanze, vi converrà adoperare ora dolcezza, ora rigore: e oggi dovrete animare e dar coraggio, domani umiliare e punire. Questo è pure il modo usato dalla grazia divina. Dovete amare sinceramente l’anima delle vostre giovani, come l’ama Iddio stesso, e nulla dovete omettere o trascurare di quanto giova a procurar loro salute. In massima usate dolcezza.2 Santa Teresa Verzeri, Libro dei doveri.

La ricorrenza del cinquantesimo di istituzione scolastica statale del “Marco Belli”, anno 2013-2014, ha stimolato l’interesse per una ricerca storica. Il progetto iniziale intendeva ripercorrere e raccontare l’intero arco di vita istituzionale della scuola, ma l’attenzione e la curiosità nostre si sono attardate nell’esaminarne l’origine. Sarebbe stato sufficiente considerare come inizio il passaggio dalla scuola privata, “il Magistrale” tenuto dalle suore, a quella pubblica avvenuto nel 1963-64, ma la cosa ci lasciava insoddisfatte poiché si aveva l’impressione di recidere una tradizione educativo-formativa un po’ troppo sommariamente. Privata e pubblica presentavano una certa continuità e dunque la ricerca doveva partire dall’origine più lontana. Cent’anni dall’idea di una nuova scuola tratta della nascita e dell’esperienza del Magistrale delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù a Portogruaro e fa memoria delle molte persone che ne hanno voluto la promozione e la realizzazione, insieme a quelle che ne hanno beneficiato. La prima parte del testo segue un percorso cronologico: dal desiderio del cavalier Alfonso Luigi Carrier dell’apertura di una nuova scuola, all’appassionata insistenza di monsignor Sandrini presso le Figlie del Sacro

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Beata Teresa Eustochio Verzeri, Libro dei doveri. Tipografia Editrice A. e F.lli Cattaneo, Bergamo 1952, vol. III, p. 366.

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Cuore di Gesù perché si facessero carico dell’istruzione delle ragazze che già frequentavano il corso magistrale nel “Collegio G. Marconi”. Dalla tribolata ricerca del luogo fisico fino all’individuazione di Villa Martinelli come sede della Casa delle suore, della scuola e del convitto e poi gli anni della guerra e del dopoguerra fino alla chiusura della stessa e il passaggio alla scuola statale. In particolare, si è approfondito da un lato la storia della Villa Martinelli e dei suoi proprietari fino alla famiglia di Guido Coen Rocca, e dall’altro la storia “del Magistrale” attraverso la lettura dei quaderni delle Memorie della Casa di Portogruaro delle suore, che hanno restituito il sapore dell’impegno e della passione quotidiani per la scuola, insieme a quello eccezionale della guerra e della sua fine. La seconda parte presenta la figura e la pedagogia di Teresa Verzeri, la santa fondatrice dell’ordine delle suore che hanno operato a Portogruaro insieme a vescovi e sacerdoti che hanno sostenuto l’istituzione. La scuola magistrale femminile delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù ha svolto nel territorio del portogruarese e del vicino Friuli nell’immediato dopo guerra, un ruolo determinante per la formazione di circa cinquecento maestre che a loro volta hanno educato, formato e istruito intere generazioni di allievi. Alle suore e alle maestre, in particolare al loro impegno e vocazione, dedichiamo il presente lavoro. Le autrici

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RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano in maniera particolare: suor Assunta Bressan, archivista dell’AFSCJ di Roma per il lodevole contributo alla ricerca, Franco Dupré, nipote del prof. Guido Abramo Coen Rocca per la testimonianza prestata, Gianni Strasiotto per i materiali di studio forniti, Suor Chiara (Clarissa) al secolo Sara Nosella per la segnalazione del libro in memoria del padre, Benini Antonio per la consulenza data in archivio catastale, monsignor Pietro Cesco per aver messo a disposizione l’archivio parrocchiale, Michael Calimani della Comunità Israelitica di Venezia, Mauro Moische Tauber della Comunità Israelitica di Trieste, Paolo Navarro Dina, giornalista del Gazzettino di Venezia, Barbara Gervasuti per aver messo a disposizione informazioni e materiali sulle vicende legate alla persecuzione degli ebrei. Un grazie al personale della Biblioteca Civica, dell’Ufficio Anagrafe, dell’Ufficio Urbanistica e della Segreteria del Comune di Portogruaro: Balasso Loretta, Moro Giorgio, Simon Maria, Piccolo Alessandra, Marson Alexis, Moretto Ornella, Codolo Stefano; al personale della Biblioteca e dell’Archivio Storico della Diocesi di Concordia-Pordenone, al personale della sede del settimanale della diocesi di Concordia-Pordenone, Il Popolo; a Portogruaro Sparita, gruppo pubblico di Facebook amministrato da Fiorenza Azzariti e Diego Poffo. Grazie alla Fondazione Santo Stefano che ha sostenuto l’iniziativa e al Comune di Portogruaro che l’ha patrocinata. Hanno collaborato a vario titolo, fornendo indicazioni, suggerimenti, foto e materiali: Alessio Alessandrini, Andrea Battiston, Maddalena Bellomo in Gelsomini, Lavinia Bortolussi ved. Lamberti, Mario Cadamuro Morgante, Diego Collovini, Mariella Collovini, Antonietta Dalla Francesca, Maria Teresa Fogliani, Ivana Franceschinis, Eugenia Facchin (✝), Antonio Furlanis, Elena Gazzin, Francesca Gelsomini, Eleonora Geronazzo, Angelo Liut, Patrizio Manoni, Antonio Martecchini, Renata Morandini, Giuseppina Moro, Ugo Perissinotto, Adriano Ruttilio, Eleonora Salotto, Maria Salvador in Anese, Sonia Salvador, Vanda Salvador, Luisella Saro, Annamaria Scrosoppi Lorenzin, Dario Schioppetto, Gloria Spessotto, Mara Trevisan, Lucio Zanon, Gianna Zulianello.

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PRIMA PARTE



Il testamento di Alfonso Luigi Carrier (1853-1935) EMANUELA ORTIS

L’Istituto Magistrale Marco Belli è figlio di un progetto lungimirante che risale a cento anni fa. La paternità e il merito si devono al concittadino Alfonso Luigi Carrier (1853-1935). Limitate le notizie che lo riguardano, ma sufficienti a delinearne la personalità. Nacque a Portogruaro il 12 giugno 1853 da Alessandro e Santa Florean. Era letterato e di professione chimico. Poteva fregiarsi del titolo di Cavaliere. Celibe, era stato iscritto nel Comune di Firenze dal 6 luglio 1912 al 20 gennaio 1914, dove aveva lavorato come farmacista presso l’ospedale militare e abitava in via Pier Capponi al n. 40. Proveniva da Palermo, ma nulla si sa di questo soggiorno, essendo sparite le schede anagrafiche anteriori al 1931 a causa di un incendio che aveva devastato l’ufficio anagrafe di Palermo. Ritornò a risiedere a Portogruaro in via Cavour al n. 19 dove fu registrato l’11 febbraio 1914.3 Nella città natale venne eletto consigliere comunale alle elezioni generali amministrative del 7 giugno 19144 e proprio in tale veste ebbe modo di rivelare una sua particolare sensibilità per il tema dell’istruzione. Fu lui che nella seduta del Consiglio del 26 settembre 1914 propose e ottenne che la Scuola Tecnica Comunale, sorta nel 1910, fosse intitolata a Dario

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Le informazioni anagrafiche sono desunte dalla scheda anagrafica dell’ Ufficio Anagrafe del Comune di Portogruaro, dalle informazioni dell’Anagrafe di Firenze e di Palermo e dalla copia del Testamento, in Fondo Luigi Alfonso Carrier, conservata presso l’Archivio del Generalato delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Roma, d’ora in poi AGFCSJ, dall’Atto di trasferimento dell’anagrafe di Firenze in Archivio Storico del Comune di Portogruaro, d’ora in poi ASCP, progr. 1206, (1914), Busta 16, Cat 12, Classe 3, fascicolo 10. 4 Il Consiglio Comunale di Portogruaro tra Otto e Novecento, a cura della Presidenza del consiglio Comunale e di Ugo Perissinotto, 2004, p. 24.

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IL TESTAMENTO DI ALFONSO LUIGI CARRIER (1853-1935)

Bertolini.5 La giunta municipale aveva già scelto Ippolito Nievo in quanto «poeta e soldato che quantunque non da Portogruaro, nel suo libro pregiato molto parla e con predilezione di questa città e di altri luoghi con termini, illustrandone le costumanze». Il sindaco Luigi Mecchia invece preferiva che la scelta ricadesse su un cittadino portogruarese e citava «Antonio Zambaldi che scrisse gli annali di Portogruaro, il Dal Minio, ricordato dall’Ariosto». Venne avanzato anche il nome di Nicolò Bettoni, benché industriale e non letterato. Il Carrier, concordando con il criterio enunciato dal sindaco, indicò l’avvocato Dario Bertolini «concittadino cospicuo per ingegno ed opere e che tanto si occupò per il bene di questa città». Ne enumerò le cariche pubbliche, la vastissima cultura archeologica, nota anche all’estero, la stima del Mommsen, il merito esclusivo di aver istituito il locale Museo Archeologico. La sua proposta, sbaragliando tutte le altre, risultò così convincente da essere approvata all’unanimità. Ma questo non rimase un caso isolato: nella sua mente cominciava a formarsi un progetto ambizioso: «L’apertura di una nuova scuola a Portogruaro per l’educazione delle fanciulle sia di civile che di bassa condizione».6 Con tali parole si espresse in una lettera inviata nei primi di maggio 1916 all’Ordine delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Bergamo. Scelta per certi versi scontata, perché connessa al desiderio di commemorare la sorella, suor Francesca Carrier, appartenuta a quello stesso Ordine. Dalle informazioni relative ai Membri di questa Congregazione, sappiamo che Francesca Carrier, era nata anch’essa a Portogruaro il 18 maggio 1846. Entrò nell’Istituto nel 1862 e fece la professione perpetua nel 1869 a Bologna. Prese il nome di Teresa come la fondatrice dell’ordine, Santa Teresa Verzeri. Aveva uno «spiccato genio nell’arte e riuscì a perfezione nel dipinto e nei ricami. Due suoi lavori, portati in Vaticano furono lungamente ammirati dagli intelligenti dell’arte». Morì nella casa di Firenze, dopo atroce malattia, a 52 anni nel 1898.7

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Delibera del Consiglio Comunale (dal testo P.Manoni, V.Pizzolitto, U.Perissinotto, La scuola Dario Bertolini nel centenario dell’intitolazione. Docenti e attività didattica tra le due guerre, Fossalta di Portogruaro 2014, pp. 14-15). 6 AGFSCJ, Memorie del Generalato, 4° Generalato, IV. 2 - 1914-16 (corsivo mio). 7 AGFSCJ, Membri della Congregazione. Defunte. Cenni biografici. 1898-1899, V.3.1/1, pacco 1, quaderno 7.

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IL TESTAMENTO DI ALFONSO LUIGI CARRIER (1853-1935)

In memoria dell’amata sorella, dunque, Luigi Carrier disponeva di legare, alla propria morte, un piccolo patrimonio di circa 35.000 lire per aiutare la futura fondazione di tale istituto e domandava se l’istituto era disposto ad accettare. Le suore non accolsero prontamente la richiesta adducendo «deficienza di soggetti e di mezzi finanziari». Carrier allora riscrisse, precisando che la fondazione da lui proposta avrebbe dovuto sorgere solo dopo la sua morte; le suore, sollevate, gli risposero rassicurandolo «che se il S.Cuore mostrerà in futuro di voler a Portogruaro una nostra casa col darci la possibilità di aprirla, noi certo non ci ritireremo dall’opera benefica che il pio signore caldeggia».8 Ma la prima guerra mondiale arriva violentemente a Portogruaro e lo stesso Carrier ne pagherà le conseguenze. La sua casa subì il bombardamento del 22 maggio 1916 e lui fu costretto a lasciare la sua città. Si recò a Roma, dove successivamente, dopo Caporetto, si trasferì anche la municipalità di Portogruaro (nel giugno 1918 in Via del Consolato, n.6).9 A Roma abitava in Via Palermo al n. 13 e lo sappiamo grazie ad una lettera inviata da Sante Lorenzon, profugo a Napoli, al commissario prefettizio di Portogruaro, nella quale chiedeva notizie del cugino Luigi Carrier.10 L’opportunità di trovarsi a Roma lo indusse a recarsi in visita alla Casa generalizia delle Figlie del Sacro Cuore nel novembre 1917, nel maggio 191811 e nel giugno 1919, sempre convinto della sua richiesta di aprire una nuova scuola a Portogruaro. Nell’ultimo incontro, congedandosi, prelevò la cassettina contenente i titoli da lui legati all’Istituto, con l’intenzione di consegnarla alle suore dell’Ordine di Venezia, città dove lui avrebbe abitato in attesa di «poter rientrare nella cara cittadina distrutta in gran parte dalla guerra».12 Tuttavia i suoi progetti non si realizzarono perché scopriamo, dallo stato di famiglia, che non ebbe più la residenza a Portogruaro a partire dal

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AGFSCJ, VI. 3 .1, pacco IV, quaderno H.2, 1914-1916. ASCP, Domanda del Carrier per il risarcimento dei danni di guerra, 29 giugno 1918 e risposta da parte del Ministero della Marina, 28 agosto 1918, Anno 1918, n. 1264, Busta 5, Categoria 14, Classe1 oggetti diversi. 10 ASCP, Idem, lettera del 7 agosto 1918. 11 AGFSCJ, Memorie del Generalato, VI. 3. 1, pacco IV, quaderno H.3, 1916-1918. 12 AGFSCJ, VI. 3 .1, pacco IV, quaderno H.4, 1919-1922. 9

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IL TESTAMENTO DI ALFONSO LUIGI CARRIER (1853-1935)

21 ottobre 1919, in quanto «espatriato per Venezia».13 E a Venezia, dopo pochi mesi, il 21 marzo del 1920, scriverà il suo testamento olografo, quindici anni prima di morire il 14 luglio 1935 celibe, all’età di 82 anni nella sua casa di Dorsoduro al civico 1454. Il 18 luglio 1935 il notaio Felice Regini, incaricato dalle eredi, chiede al notaio Luigi Candiani di depositare nei suoi atti il testamento del Carrier in cui, confermando i suoi fermi propositi, istituisce sue eredi universali le sorelle Zulmira, Erminia e Teresa fu Onorato di Bergamo, nominando al contempo come suoi esecutori testamentari «mons. Canonico don Paolo Sandrini della Cattedrale di Portogruaro, cancelliere vescovile e l’avvocato Attilio De Blasi di Venezia». Nel testo, colpisce l’accorata raccomandazione, rivolta alle eredi e agli esecutori testamentari, di verificare che la sua salma «sia tenuta sopra la terra il maggior tempo possibile e sorvegliata e prima che sia chiusa nella cassa accertarsi della incominciata decomposizione». Il Carrier voleva in tal modo scongiurare il pericolo di una sottovalutazione all’atto del seppellimento, onde assicurarsi che la morte non fosse apparente, come era successo ad un suo carissimo amico, il cav. Gaetano Clausi, Sindaco di Cosenza. Fatto che lo aveva sconvolto.14 Il Carrier venne seppellito nel cimitero di San Michele a Venezia; successivamente, il 5 dicembre 1955 fu tumulato nella tomba di famiglia del cimitero di Portogruaro, divenuta nel frattempo la tomba delle Figlie del Sacro Cuore. Conclusa la vicenda umana di Alfonso L. Carrier, il testimone passa dunque a monsignor Paolo Sandrini che, pur tra mille difficoltà, si impegnerà al massimo perché sia aperta la scuola sperata e voluta da questo benemerito, quanto sconosciuto concittadino.

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Ufficio anagrafe Comune di Portogruaro, scheda anagrafica. AGFSCJ, Copia del Testamento, in Fondo Alfonso Luigi Carrier; Gaetano Clausi era stato sindaco di Cosenza dal 18 dicembre 1884 al 26 marzo 1887. 14

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IL TESTAMENTO DI ALFONSO LUIGI CARRIER (1853-1935)

Stato civile del Carrier. (ACP Archivio Comune di Portogruaro)

Richiesta di Sante Lorenzon al Sindaco di Portogruaro di stanza a Roma per avere notizie del cugino Alfonso Luigi Carrier e richiesta di Alfonso Luigi Carrier per rimborso biglietto ferroviario dalla IIIª alla Iª classe, tragitto Portogruaro - Roma. (JPG su “Concessione del Comune di Portogruaro, Prot. n. 45107 del 28.10.2014)

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IL TESTAMENTO DI ALFONSO LUIGI CARRIER (1853-1935)

Estratto del testamento olografo (pagg. 2 e 3) del cavalier Luigi Alfonso Carrier. (AGFSCJ)

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Villa Martinelli a Portogruaro ANNA SCALON

Arma dei Martinelli da Portogruaro D’argento, al giglio d’oro in sbarra a verso sinistra Fasciata di argento e di rosso in 4 pezzi, colla colonna corinza d’argento, sostenente una passera martina al naturale, posta in banda ed attraversante (ASVe, Commissione araldica, Atti, b. 30, n. 37)

La raffigurazione assonometrica della città di Portogruaro agli inizi del Seicento, riprodotta sulla pala d’altare Vergine con Bambino in braccio tra i santi Rocco e Sebastiano (quarto decennio del XVII secolo) e in copia nel disegno (1858) di Luigi Fabretti, costituisce un importante documento che mostra con dovizia di particolari la forma urbis e le principali emergenze extra muros dell’antico Municipio merlato alla Ghibellina ripreso a volo d’uccello con un’angolazione prospettica vista da nord-est.15 È il corso del Lemene che forma il cardine urbano della città friulana di Portogruaro (Puart), nel periodo veneziano principale centro di aggregazione territoriale della Patria del Friuli «di là» del Tagliamento16, com-

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Ringrazio l’amico prof. Roberto Zago per i suggerimenti dati nella stesura del testo. Per la storia antica di Portogruaro si rinvia alle pubblicazioni, diventate oramai classiche, dello Zambaldi Monumenti storici di Concordia, serie dei vescovi concordiesi ed annali della città di Portogruaro, San Vito 1840, rist. anast. Portogruaro 1981; e Annali di Portogruaro 1140-1797 ripubblicati da Marco Belli con illustrazioni ed aggiunte fino ai giorni nostri, Portogruaro 1923. Lo stesso Zambaldi nei Monumenti storici (cit., p. 148) ricorda che la comunità di Portogruaro, per essere stata salvata dalla peste nel 1631, commissionava come ex-voto la Vergine con Bambino in braccio tra i santi Rocco e Sebastiano che proteggono la città sotto raffigurata. La pala d’altare olio su tela, opera probabilmente riferibile ad un pittore veneto e databile al quarto decennio del Seicento, è conservata nel Duomo di Sant’Andrea a Portogruaro. 16 In particolare vedasi Il Friuli. Una Patria, a cura di G. Ellero - G. Beltramini (Catalogo della mostra, Udine 2 maggio - 15 giugno 2008), Udine 2008, pp. 239-260.

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VILLA MARTINELLI A PORTOGRUARO

pletamente circondata dalla cinta muraria (secc. XII-XIII) intervallata da cinque torrioni di guardia e di accesso alla città. Sono le torri di Sant’Agnese, San Gottardo, San Giovanni, San Nicolò e del Palù che procurano alla città un sicuro sistema difensivo. Quest’ultima, con parte delle mura, venne demolita in un sol giorno dalle truppe francesi di Napoleone per consentire un agevole accesso; la torre di San Nicolò, invece, andata in rovina tra Otto-Novecento, venne lasciata definitivamente crollare. Al centro dell’abitato spicca l’ampia piazza dove si nota la colonna sormontata dal leone di San Marco, il massiccio municipio e l’antica chiesa di Sant’Andrea il cui accesso era rivolto a specchiarsi sulle acque del Lemene che in quel punto azionavano le quattro ruote necessarie a far girare le macine dei mulini. Gli edifici cittadini sono disposti assiepati, affacciandosi lungo i viali che seguono da una parte e dall’altra il corso del fiume, i giardini, i broli ed i cortili interni dei vari palazzi e palazzetti, arrivando fino al Lemene formavano un singolare sistema fluviale.17 Così li descrive Ippolito Nievo nelle Confessioni di un Italiano (1876): «Le case, grandi spaziose, col triplice finestrone in mezzo, s’allineavano ai due lati delle contrade, in maniera che soltanto l’acqua mancava per completare la somiglianza con Venezia». Portogruaro era una vivace città che ricavava la sua ricchezza dalla funzione di importante snodo commerciale tra Venezia, il Friuli ed i mercati d’Alemagna. La storia della terra portogruarii si ritrova nei suoi antichi statuti (1300) e successive aggiunte (1434-1642) che regolavano i rapporti sociali prima del municipium e poi sede di podesteria durante il periodo della Serenissima.18 Dal citato disegno si nota come l’articolato spazio urbano fosse agli inizi del Seicento completamente circondato da una produttiva campagna ben strutturata in poderi, dove in lontananza spiccava tra le emergenze paesaggistiche l’Abbazia di Summaga. Ed in particolare una delle significative emergenze extra muros era la chiesa dedicata a Sant’Agnese che dava (o prendeva) il nome all’omonima torre e contrada cittadina, l’unica santa tra i santi. Si festeggia il 21 gennaio, è protettrice delle ra17

Si rinvia a P.F. Gusso - V. Tiozzo, Il centro storico di Portogruaro, Portogruaro 2010, con appendice fotografica di G. Boem. 18 Vedasi gli Statuti di Portogruaro del 1300 e 1434: con le addizioni e le aggiunte fino al 1642, a cura di F. Girardi - E. Orlando - F. Rossi, Roma 2002.

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VILLA MARTINELLI A PORTOGRUARO

gazze e nell’iconografia si riconosce per l’agnello, il giglio e la palma. I più antichi documenti che riguardano la chiesa di Sant’Agnese ed il vicino oratorio dedicato a San Giuseppe, a cui è intimamente legata la storia dell’edificio religioso, risalgono alla prima metà del XIV secolo. La chiesa faceva parte del convento di Benedettine per passare, alla metà del Quattrocento, ai frati Cappuccini Minori Osservanti che ressero il convento fino al 1769, quando fu soppresso dal potere marciano.19 A Portogruaro venne soppresso anche il convento di San Francesco retto dai Minori Conventuali che fu acquistato (Catalogo Istromenti di Vendita, 24 settembre 1770) per 900 ducati dal Capitolo di Concordia e poi demolito con la chiesa (l’area oggi è occupata dai Licei “Marco Belli” e “XXV Aprile”) per utilizzare le pietre per la costruzione del nuovo duomo di Sant’Andrea.20 Per capire come fosse strutturato il convento di Sant’Agnese nel Settecento diventa interessante il disegno (databile probabilmente al 1769), allegato alla perizia estimativa, realizzato dal perito fiscale Alvise Francesco Duodo in occasione della citata soppressione (1769) e la messa all’asta del complesso stesso. Nel disegno sono raffigurati in pianta il convento dei Francescani Scalzi (Minori Osservanti) detti di Sant’Agnese, la chiesa di Sant’Agnese, l’oratorio dedicato a San Giuseppe che, con il camposanto, costituiva uno dei vari centri di aggregazione della vita spirituale della città. Le cellette dei frati con altri locali di servizio erano disposti a delimitare con la chiesa il chiostro. Lo spazio del silenzio era ben distinto da quello riservato al quotidiano costituito da un ampio «orto», dove venivano coltivati non solo ortaggi ma soprattutto piante oleose ad uso medicinale e per questo ben racchiuso da una cinta muraria, dalle vicine stalle e da un esteso appezzamento di terreno destinato a «brolo», cioè alla coltivazione di alberi da frutta. Il tutto era delimitato dal corso del Lemene e del Reghena, che qui confluiva le sue acque nel primo, nonché dalla strada pubblica (ora viale Venezia) che da San Stino di Livenza portava alla città contraddistinta dal blasone con le due gru raffigurato sul pozzetto realizzato dal Pilacorte. Il valore monetario del monastero cal-

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In merito alla storia del convento di Sant’Agnese e dell’oratorio di San Giuseppe vedasi A. Nodari, Chiesa di S. Agnese (extra muros) di Portogruaro, Portogruaro 1996; e D. Pinni, Dalla terra al cielo. Storia del convento di S. Agnese e Lucia di Portogruaro, Portogruaro 1999. 20 Archivio di Stato di Venezia (d’ora in poi ASVe), Aggiunto sopra monasteri, Atti, b. 37); sulla storia del monastero vedasi A.B. Piccolo, Il convento di San Francesco a Portogruaro, luogo ni., 2015.

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VILLA MARTINELLI A PORTOGRUARO

colato dalla dettagliata stima a firma del Duodo era di 1953 ducati.21 Il 12 giugno 1770 il reverendo Bonaventura Celotti q. Domenico si aggiudicava all’asta per 2000 ducati il monastero di Sant’Agnese.22 Lo stesso Celotti, poco più che trentenne, subito dopo l’acquisto alla metà degli anni Settanta decideva di demolire il monastero, rispettando invece la chiesa che veniva istituita parrocchia, e di utilizzare il materiale di risulta per la costruzione della villa, delle barchesse e degli annessi rustici.23 Il complesso dominicale diventava il centro amministrativo delle proprietà di sua madre Paolina24 e dei molteplici interessi economici che lo stesso aveva in loco25, come l’utilizzo di una parte degli annessi rustici ad uso magazzino del sale.26

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ASVe, Aggiunto sopra monasteri, Atti, b. 80, dis. 2, neg. 12.863, foto 142. ASVe, Aggiunto sopra monasteri, Atti, b. 37, Catalogo Istromenti di Vendita, ad vocem. Nei documenti spesso si trova riportato Bonaventura Celotto, Celotti o Cellotti, nel testo si è preferito indicare il cognome Celotti così come lo stesso reverendo si firma nel testamento. 23 In merito al rilievo della villa e alla tecnica costruttiva dell’edificio interessante è il lavoro svolto dal Corso Sperimentale di Edilizia dell’I.T.I.S. “Leonardo da Vinci” di Portogruaro prodotto nel dattiloscritto “Villa Martinelli” extra muros del 26 maggio 1998. 24 Nella dichiarazione dei redditi Paolina vedova di Domenico Celotti, residente a Livenza sotto Caorle, in qualità di istitutrice del suo unico figlio Bonaventura (come da testamento del 20 aprile 1739 del marito) era proprietaria di alcune casette nella contrada di Santa Maria Formosa a Venezia, e di vari terreni in Friuli a Concordia, Ponte Casai, Bandoquerelle, Cintello, Gruaro, Spadacenta e a Bagnarola (ASVe, Dieci savi alle decime in Rialto, Redecima 1740, b. 340, Condizion extra n. 480). 25 Il 15 settembre 1767 Celotti acquistava da Sebastiano Zamparo una casa in borgo San Gottardo a Portogruaro (Archivio di Stato di Treviso, d’ora in poi ASTv, Archivio notarile I serie, b. 4203, Minutario F, cc. 252r-253v, notaio Giovanni Antonio Pelleatti). Da un atto stilato nel 1772 dal notaio Spiga Francesco apprendiamo dalla dichiarazione di sua madre Paolina, allora residente a Portogruaro, che aveva ricevuto nel luglio del 1771 da suo figlio Bonaventura i 2000 ducati prestatigli (27 luglio 1768) per la realizzazione di «un magazzino che serve per uso de’ sali»; il prestito non verrà restituito in denaro ma nel corrispondente valore di bovini acquistati dal Celotti stesso (ASTv, Archivio notarile I serie, b. 4297, Minutario 1772-1773, c. 8rv, notaio Francesco Spiga). 26 L’uso di una parte degli annessi rustici della villa a magazzino del sale lo si apprende anche dal disegno realizzato il 2 aprile 1777 dal pubblico perito Antonio Pelleatti di Portogruaro con cui si denunciava ai Provveditori sopra monasteri che il magazzino creava problemi strutturali alla chiesa di Sant’Agnese (ASVe, Provveditori sopra monasteri, Atti, b. 150, dis. 2, neg. 12.726, foto 25). Antonio Pelleatti, oltre che un pubblico perito agrimensore era anche soprintendente degli orti dei conventi soppressi e come tale si qualificò in una perizia stilata per la stima del fieno prodotto nel brolo annesso al convento acquistato dal Celotti (ASVe, Aggiunto sopra monasteri, Atti, b. 120, 19 agosto 1770). Sulla figura del conte Giovanni Antonio q. Giambattista Pelleatti, avvocato e pubblico perito agrimensore (nelle relazioni peritali spesso si firma con il solo nome di Antonio), lo Zambaldi nei Monumenti storici (cit., pp. 303-304) gli riserva una particolare menzione nel capitolo relativo alla Biografia degli uomini illustri della città. 22

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In particolare nel rogito (2 gennaio 1782) stilato dal notaio di Portogruaro Giovanni Antonio Pelleatti in occasione della compravendita di un livello del valore di 80 ducati, che vedeva tra i contraenti il Celotti, si fa riferimento come garanzia alla sua abitazione indicata come: «casa, brollo, cortivo ed orto tutto unito posto in questa città [Portogruaro] a S. Agnese che confina a levante il fiume Lemene, a mezzodì me infrascritto nodaro [cioè il Pelleatti], a sera strada pubblica, alli monti N.H. Minio».27 Si tratta di un’importante precisazione che confrontata con la descrizione e i limiti territoriali del sito segnati nel disegno (1769) del Duodo prova l’avvenuta demolizione del monastero e la costruzione della villa per volere del Celotti che passerà alla storia come Villa Martinelli. Si trattava di una figura singolare che si distinse in città per essersi assunto la gravosa responsabilità dell’«Esecuzione della Fabbrica del Teatro Nuovo»28 e, successivamente, come protagonista del passaggio storico della caduta della Serenissima per mano di Napoleone che, sul modello francese, portò alla suddivisione amministrativa del territorio in municipi. Il Celotti venne incaricato a presiedere la Municipalità provvisoria di Portogruaro (1797-1798) costituita da quattordici membri con segretario il dottor

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ASTv, Archivio notarile I serie, b. 4207, c. 1001rv, notaio Giovanni Antonio Pelleatti. Nell’atto notarile segnato come «Esecuzione della Fabbrica del Teatro Nuovo», stilato da Antonio Spiga di Portogruaro in data 16 marzo 1787, veniva ufficializzato che il reverendo abate Celotti, in qualità di «Presidente e Progettista», si assumeva l’incarico di far costruire il teatro di Portogruaro a proprie spese per un importo di 2000 ducati. L’impegno convenuto era sostenuto anche da ciascuno dei cinquanta associati che avevano sottoscritto la realizzazione dell’opera. Si trattava di un prestigioso edificio per la città del Lemene formato da ben cinquanta palchi ciascuno di 4 piedi d’ampiezza (circa 0,35 m) pari a un metro e mezzo per palco (ASTv, Archivio notarile I serie, b. 4568, Protocollo 1787, cc. 1r-2v, notaio Antonio Spiga). La data dell’inaugurazione del teatro, 2 febbraio 1789, è ricordata dallo Zambaldi negli Annali (cit., nota 1, p. 115), e sul frontone d’ingresso vi era la scritta Cultui et solatio poi cambiata con Allicimur ut corrigamur. Nel 1802 la Presidenza dell’Accademico Teatro commissionava al capo comico Luigi Gasparini l’organizzazione delle rappresentazioni teatrali in occasione dei festeggiamenti del carnevale con la clausola che la compagnia fosse costituita da dieci attori, il prezzo pattuito per le tre recite era di 700 lire (ASVe, Notarile, Seconda serie, b. 1137, 9 gennaio 1802, notaio Marco Marostica). Il teatro è allibrato nel Catasto napoleonico (1810) con la lettera «H» e disponeva di un «fabbricato annesso al teatro» censito con il mappale 5012 (ASVe, Censo stabile, Mappe, Portogruaro-Levada n. 90; ASVe, Censo stabile, Sommarione, b. 90). Il teatro verrà venduto dall’Amministrazione Comunale di Portogruaro negli anni Cinquanta del secolo scorso e trasformato in sala cinematografica. Per la storia del teatro vedasi A. Nodari, Zibaldone portogruarese 2 note storiche e notizie curiose sulla città del Lemene, Portogruaro 1999, pp. 41-47. 28

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Antonio Spiga e vice segretario l’avvocato Marco Marostica.29 Come benefattore si distinse per l’impegno nell’amministrare i lasciti a favore dei poveri30 che lo portarono a stringere relazioni con le maggiori famiglie titolate della città e dintorni come i Maderò, i Frattina, il conte Valle, il marchese Fabris, ed in particolare con l’erudito Antonio Spiga, che dedicò all’abate un sonetto, e con i Martinelli che a metà degli anni Ottanta del Settecento diventerà una tra le più importanti famiglie di possidenti in Portogruaro e nel Friuli. Nel 1784, con l’intervento della Quarantia civil vecchia veniva riconosciuto «cum onere et onore per le sue ragioni di sangue» a Rinaldo Martinelli q. Gaetano Domenico31 di Venezia l’importante lascito voluto dal conte Rinaldo Sora q. Giobatta con testamento del 1724, risolto con un accordo tra i coeredi nel 1782.32 Per questo vennero incaricati (1783) dei periti a formare l’asse ereditario del de cuius e dopo la stima, finalizzata all’assegnazione del più probabile valore di mercato del bene, gli stessi tecnici dovevano provvedere alla loro ripartizione tra gli eredi: il Martinelli da una parte e Sebastiano Chenigshaven q. Nicolò con Enrico Chenigshaven q. Rinaldo dall’altra. Si trattava di un ricchissimo asse ereditario che consisteva in un «palazzo dominicale in tre appartamenti» con annessi magazzini posti in contrada San Martin a Venezia, e di diversi fabbricati distribuiti nelle contrade di Santa Ternita, San Trovaso e San Salvador; a Portogruaro un «palazzo dominicale» in borgo San Giovanni e una «casa» in borgo

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F. Rossi, Portogruaro 1797-1814. Appunti per una ricerca, in Portogruaro nell’Ottocento. Contesto storico e ambientale, a cura di R. Simonato - R. Sandron, Portogruaro 1995, nota 9, pp. 22-77. 30 Come il vitalizio di 600 ducati a favore della Fraterna dei poveri vergognosi di Sant’Antonin in Venezia (ASVe, Notarile, Seconda serie, b. 1137, fasc. 1, 17 aprile 1803, notaio Marco Marostica). 31 Martinelli Gaetano Domenico q. Francesco con testamento del 17 febbraio 1723 nominava commissari esecutori delle sue volontà Giovanni Benedetti e suo cugino Giovanni Fabris q. Domenico, lasciava le sue proprietà ai figli e alla moglie Pierina Ricchino (ASVe, Notarile, Testamenti, b. 24, cedola n. 319, notaio Nicolò Arduini). 32 ASVe, Quarantia civil vecchia, Accordi, b. 237, 17 febbraio 1782. Daniela moglie del conte Rinaldo Sora ed in secondo voto di Pasqual Perli residente in contrada San Martin a Venezia dichiarava le proprietà al fisco (ASVe, Dieci savi alle decime in Rialto, Redecima 1740, Castello, b. 318, Condizion n. 411) e successivamente (3 ottobre 1757) provvedeva ad una integrazione (ASVe, Dieci savi alle decime in Rialto, Redecima 1740, b. 355, Condizion aggiunta n. 4573).

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Sant’Agnese, oltre ad altri fabbricati e numerosissimi terreni a cui si aggiungevano importanti rendite finanziarie.33 In questo modo Rinaldo Martinelli diventava proprietario a Venezia di varie abitazioni e a Portogruaro della casa in borgo Sant’Agnese con quattrocentosessanta e più campi, beni che dichiarava al fisco nel Traslato del 10 ottobre 1784.34 Lo stesso Rinaldo però continuò a mantenere la sua residenza a Venezia in un prestigioso appartamento a San Zuanne Novo per il quale pagava un affitto annuo di 140 ducati35, e riservava per proprio uso la casa in borgo Sant’Agnese a Portogruaro, in precedenza affittata ad Antonio Mocenigo, così da poter gestire direttamente le sue proprietà. Erede del patrimonio di Rinaldo Martinelli e della moglie Giovanna, è il loro figlio Gaetano. Per questa nuova condizione economica la famiglia Martinelli, originaria di Padova e dal 1569 annoverata tra i Cittadini originari veneti, nel 1795 otteneva di essere ascritta al Nobile Consiglio della città patavina ed il 23 febbraio 1802 il pontefice Pio VII conferiva a Gaetano Martinelli e alla sua discendenza il titolo di Conte del Sacro Palazzo Lateranense.36 È con il conte Gaetano che la famiglia Martinelli prendeva residenza stabile a Portogruaro in borgo Sant’Agnese, nella citata casa di proprietà a pochi passi dall’omonima torre, mantenendo a Venezia il domicilio fiscale al civico 4632, corrispondente alla canonica di San Marco nella contrada di San Zuanne Novo37. La presenza di Gaetano a Portogruaro nella stessa borgata di don Bonaventura Celotti diventava motivo per rafforzare un rapporto di grande amicizia tra loro. Sarà lo stesso reverendo a

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ASVe, Quarantia civil vecchia, Perizie, b. 380, 26 marzo 1783 e 30 maggio 1783. I beni che erano intestati ad Antonia Sora q. Rinaldo, moglie del conte ZuanMaria Piceni, passavano nel Traslato a nome di Rinaldo Martinelli q. Gaetano (ASVe, Dieci savi alle decime in Rialto, Redecima 1740, Traslati, reg. 1328, cc. 62v-63r). 35 In data 8 agosto 1783 Rinaldo Martinelli q. Gaetano Domenico «fo far le stride de locazione 1776 agosto 29 fattagli ora q. ZanPaolo Collalto, Antonio Moro e Bortolo Moro I Vettor de una loro casa situata nel palazzo […] sopra l’appartamento allora abitato dal Co. Collalto per d. 140 all’anno» (ASVe, Quattro ministeriali, reg. 421, c. 8v). 36 ASVe, Commissione araldica, Atti, b. 132, fasc. Martinelli Gaetano q. Rinaldo; e cfr. Francesco Schröder, Repertorio genealogico delle famiglie confermate nobili e dei titoli nobili esistenti nelle provincie venete, Venezia 1830, rist. anast. Bologna 1988, I, p. 499. 37 ASVe, Censo provvisorio, Notifiche, Venezia, b. 13, fasc. 447; ASVe, Governo Veneto, Commissione araldica, Atti, b. 132, ad vocem. 34

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dare l’acqua al battesimo di suo figlio Giorgio nato a Venezia nel 1790.38 Mercoledì 14 ottobre 1807 alle ore due pomeridiane veniva chiamato urgentemente a casa dell’abate il notaio Marostica al quale dettò le sue ultime volontà. Nel testamento il religioso nominava erede universale il suo fedelissimo servitore Antonio Segatti q. Francesco. La stima dei terreni e delle case ammontava ad oltre 400.000 lire italiane. Tra i beneficiari figuravano anche le sorelle Giustina (che sposerà poi il Segatti) a cui lasciava anche il magazzino del sale, Margherita e Angela Cedolini sue domestiche, oltre ad altri servitori e coloni ai quali cancellò i debiti. In particolare il testatore predisponeva quanto necessario per la dote sacerdotale di suo nipote Fedinando Celotti, e a Piero Bergamo, amministratore dei Martinelli, lasciava metà di una casa in borgo Sant’Agnese (da poco acquistata dai fratelli Zimolo) e tutte le terre a Noventa di Piave, Fossalta Maggiore e Chiarano, mentre all’amico Gaetano Martinelli riservava i mobili di casa sua, cioè della villa dove lo stesso abate risiedeva.39 L’abate Celotti passava a miglior vita il giorno successivo all’età di settantanni.40 38

Tra i documenti allegati per il riconoscimento del titolo nobiliare vi è la data di nascita di Giorgio, il primo gennaio 1790 in Venezia, battezzato in casa lo stesso giorno essendo in pericolo di vita; il 16 maggio successivo gli venivano dati i «catechesimi» dal reverendo Celotti da Portogruaro alla presenza di vari nobili suoi padrini. Vi sono inoltre i certificati di nascita di Gaetano (Venezia, 28 giugno 1820), Giacomo (Portogruaro, 23 luglio 1822), Faustino (Portogruaro, 12 agosto 1827, morto prematuramente a Portogruaro nel 1828) e l’atto di matrimonio di Giorgio Martinelli con Caterina Dolfin q. Giacomo (Venezia, 16 agosto 1819) celebrato da don Angelo Maria Bomar della chiesa di Santa Maria Formosa (ASVe, Commissione araldica, Atti, b. 132, fasc. Martinelli Gaetano q. Rinaldo). Nascevano a Portogruaro nel 1829 Faustino e nel 1833 Maria (Archivio Parrocchia di Sant’Andrea di Portogruaro, d’ora in poi APP, Registro nascite chiesa di Sant’Agnese 1788-1877). 39 Il notaio Marostica riportava nell’atto di essersi «conferito nella sua casa di abitazione posta in questo comune in borgo Sant’Agnese al N° 10 dove salito le scale sono stato introdotto in una camera posta a mezzogiorno nel primo piano, che guarda verso il giardino, dove ho trovato lo stesso sig.r Abbate Bonaventura Celotti q.m Domenico…» (ASVe, Notarile, Seconda serie, b. 1140, fasc. 10 (190/2), notaio Marco Marostica). 40 «Alle ore due antimeridiane è morto il sig.r d. Bonaventura figlio del sig.r Domenico Celotti nell’età di anni 70 munito dei st.mi sacramenti» annotava il pievano Lorenzo Martini sul registro parrocchiale dei morti (APP, Liber Mortuorum Parochialis Aecclesie S. Agnetis Portogruarii, c. 64). Il testamento verrà impugnato dai parenti del testatore ma alla fine verrà riconosciuta la validità del testamento stesso. Nell’atto stilato dal notaio e pubblico perito agrimensore Girolamo Carriero di Portogruaro l’ammontare del valore del capitale di proprietà del Celotti era stato stimato in 800.000 lire piccole venete paria a 409.343 lire italiane (ASVe, Notarile, Atti notai in Provincia, b. 15.061, Minutario XII, fasc. 11, 30 dicembre 1807, notaio Girolamo Carriero). Sulla figura professionale del notaio Girolamo Carriero, formatosi come pubblico perito agrimensore presso lo studio del Pelleatti, vedasi A. Peressini, Il territorio e l’agricoltura dai documenti del Consorzio della Gastaldia di San Stin di Livenza, in A. Peressini - A. Scalon, Le ville di San Stino di Livenza. I pubblici periti della Repubblica di Venezia per il territorio e la case dominicali di San Stino e Corbolone dal XVI al XVIII secolo, Villorba (Tv) 2011, pp. 33-62.

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Da accordi intercorsi tra gli stessi eredi alla fine del 1807 il Segatti prendeva dimora nell’importante palazzo acquistato dal Bonaventura pochi mesi prima della morte dai fratelli Zimolo41, identificabile con Palazzo Rubazzer in via Cavour, che diventava anche il centro amministrativo di un’azienda di oltre cento ettari a Bandoquerelle, Concordia e dintorni.42 Piero Bergamo si stabiliva in una casa poco distante dalla vecchia abitazione dei Martinelli in borgo Sant’Agnese amministrando le proprietà del Martinelli ma anche del Segatti. Il conte Gaetano Martinelli a sua volta diventava proprietario di Villa Celotti oggi conosciuta come Villa Martinelli.43 La villa risultava intestata a suo nome nel Catasto napoleonico (1810) e censita come «casa con corte di villeggiatura» con un ampio giardino ripartito in otto aiuole con il vicino oratorio dedicato a San Giuseppe, che però era di proprietà del sacerdote Pietro conte Maderò q. Giovanni.44 Dal matrimonio di Gaetano con Elena dall’Acqua nascevano Rinaldo, Elena (moglie di Francesco Paresi da Padova), Teresa e Giorgio, che sposerà la veneziana Caterina Dolfin q. Giacomo del ramo cittadinesco. Le

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L’atto di compravendita è stilato dal notaio «nella camera della Casa Dominicale del signor Abbate Bonaventura Celotti quondam Domenico, che guarda sopra il Giardino dal lato di mezzogiorno…» (ASVe, Notarile, Atti notai in Provincia, b. 15.060, Minutario XI (1806-1807), fasc. 34, 16 gennaio 1807, notaio Girolamo Carriero). 42 I terreni facevano parte dell’asse ereditario del quondam Paolo Da Riva q. Zanne, ereditati dai suoi figli Angelo e Zuanne e acquistati dall’abate Celotti per 6000 ducati pari a 37.200 lire venete (ASVe, Notarile, Seconda serie, b. 1140, fasc. 180, 9 aprile 1807, notaio Marco Marostica). Nel Catasto napoleonico (1810) Antonio Segatti q. Francesco era proprietario in borgo Sant’Agnese di una «casa e corte di propria abitazione» (mappale 4763) con adiacente «orto» (mappale 4762) (ASVe, Censo stabile, Sommarione, n. 90) e di diversi terreni a Bandoquerelle (ASVe, Censo stabile, Sommarione, n. 100). 43 Nel Catasto napoleonico (1810) Piero Bergamo q. Benedetto era proprietario in borgo Sant’Agnese di una «casa di propria abitazione» (mappale 5129) e di una «porzione di casa al primo piano ad uso abitazione» (mappale 5128/1) spartita con Gaetano Martinelli che aveva la «porzione di casa d’affitto superiore al n. 5128/1» (mappale 5128/2) (ASVe, Censo stabile, Sommarione, n. 90). In un atto (6 agosto 1808) di compravendita Pietro Bergamo è riconosciuto dal notaio come agente «del sig.r Gaetano Martinelli in Borgo di Sant’Agnese nel di lui casino successo in luogo del s.r Abbate D.n Bonaventura Cellotti deffonto…» e identificabile con Villa Celotti ora Martinelli (ASVe, Notarile, Atti notai in Provincia, b. 15.061, fasc. 43, notaio Girolamo Carriero). 44 La proprietà risultava intestata a suo nome nel Catasto napoleonico (1810) e censita come «casa con corte di villeggiatura» (mappale 5142), con ampio «giardino» (mappale 5143) ed il vicino «oratorio» dedicato a San Giuseppe (mappale 5144) che invece era di proprietà del sacerdote Pietro conte Maderò q. Giovanni (ASVe, Censo stabile, Mappe, Portogruaro-Levada n. 90; ASVe, Censo stabile, Sommarione, n. 90).

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proprietà del conte Gaetano, mancando prematuramente la moglie Elena, passarono ai figli e vennero amorevolmente divisi tra loro nel rispetto delle disposizioni testamentarie del padre. Gaetano Martinelli, morto all’età di sessantaquattro anni, nel testamento olografo del 6 gennaio 1823, evidenziava la storia della famiglia e dell’amore reciproco e incaricava il parroco di Sant’Agnese di stendere un elenco dei poveri della contrada assegnando a sei di loro otto lire italiane ciascuno.45 Presso lo studio dello citato notaio Marostica venivano successivamente dai coeredi Martinelli ufficializzati i vari passaggi di proprietà dei terreni, ed in particolare del frazionamento della villa in due appartamenti.46 Nel Catasto austriaco (1845) il corpo padronale era censito a nome di Dolfin Caterina q. Giacomo, moglie di Giorgio Martinelli e una sua parte di quello e delle barchesse erano intestate alle sue nipoti Paresi Carlotta e Teresa, figlie di Francesco e di Elena sorella di Giorgio Martinelli.47 Nel 1846 le proprietà a nome delle nipoti Paresi passavano a Caterina Dolfin moglie di Giorgio48, che diventava l’unica proprietaria della villa

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Con il testamento consegnato al citato notaio di Portogruaro Gaetano Martinelli annullava la precedente cedola testamentaria, negli atti del notaio Giovanni Matteo Maderni di Venezia, e il successivo codicillo del 26 novembre 1827. Il Martinelli testerà «nella stanza ad uso del mio studio guardante il mezzogiorno ed il giardino…», la stessa dove aveva testato il Celotti (ASVe, Notarile, Seconda serie, b. 1144, fasc. 43, il testamento è atto n. 2316, il codicillo atto n. 2317, notaio Marco Marostica). Il Martinelli moriva il 6 dicembre 1827, all’età di 64 anni, munito dei conforti religiosi e assistito dall’amico don Pietro Maderò (APP, Liber Mortuorum Parochialis Aecclesie S. Agnetis Portogruarii, c. 122). 46 Con atto del 12 luglio 1829 venivano assegnate a Teresa, Elena, Giorgio (tutti domiciliati a Portogruaro) e a Rinaldo Martinelli (domiciliato a Venezia) le «loro rispettive porzioni dietro le divisioni e stime seguite dai pubblici periti ss.ri Bonaventura Bergamo e Francesco Locatelli» (ASVe, Notarile, Seconda serie, b. 1446, c. 96r, fasc. 2478, notaio Marco Marostica). 47 Nel Catasto austriaco (1845) erano allibrati a nome di Dolfin Caterina q. Giacomo moglie di Giorgio Martinelli: «orto» (mappale 2021), «casa» (mappale 2022), «casa civile che si estende sopra parte della casa al n. 2540» (mappale 2023) corrispondente al corpo padronale della villa, «orto» (mappale 2024) inteso come giardino e «oratorio privato» (mappale 2025), un tempo del conte Maderò; a nome delle sorelle Carlotta e Teresa Paresi figuravano la «casa sopra parte della quale si estende la casa al n. 2023» (mappale 2540) e un’altra vicina «casa» (mappale 2541) (ASVe, Censo stabile, Registro catasto, b. 90; ASVe, Censo stabile, Estratti, b. 90; ASVe, Censo stabile, Mappe, Allegato A Foglio 59). 48 I beni (mappale 2540) intestati alle sorelle Paresi (partita 757) passano: 29 agosto 1846 per petizione n. 326 si trasporta a Dolfin Caterina q. Giacomo maritata Martinelli; 03 gennaio 1857 per petizione n. 1 si trasporta ai fratelli Gaetano, Giacomo e Faustino Martinelli q. Giorgio (ASVe, Censo stabile attivato, Partitari, foglio 398 e 642).

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che lasciava successivamente (1857) ai figli: Gaetano (monsignore e Canonico onorario di Concordia), Giacomo (come il fratello maggiore aveva preso l’abito talare) e Faustino. La villa rimase sempre in comproprietà tra loro, per passare alla morte di Faustino (1897) a suo figlio Giorgio residente a Venezia. Quest’ultimo nel 1900 la vendeva alla famiglia Bonomi Todeschini e nel 1907 Pietro Bonomi Todeschini q. Bortolo cedeva la villa a Guido Coen Rocca fu Benedetto49. Nel 1940 l’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Bergamo acquistava la villa dalle sorelle Coen Rocca Paola in Dupré e Carla in Siliprandi, per trasformarla in Collegio Magistrale Femminile50, per essere comprato nel 1976 dal Comune di Portogruaro e ora, da poco, è sede dell’Ufficio delle Entrate.51 A distinguere la settecentesca Villa Martinelli dalla tipologia più diffusa nel Veneto intorno alla metà del secolo è l’articolazione della facciata del corpo centrale su più livelli scanditi da cornicioni modanati, in un progressivo alleggerimento del blocco edilizio verso il coronamento del timpano triangolare incorniciato dalla coppia di camini a campana rovesciata. Timpano e camini che non sono presenti nelle foto del primo Novecento. La nobiltà della fabbrica è accentuata dall’ampiezza della scala esterna a due rampe, che permette di accedere dalla corte al primo soler rialzato attraverso

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I beni (mappali 2021-2025) a nome di Dolfin Caterina q. Giacomo maritata Martinelli (partita 398) passano: 3 gennaio 1857 per petizione n. 1 si trasporta ai fratelli Gaetano, Giacomo e Faustino Martinelli di Giorgio; 27.09.1857 per petizione n. 130 si trasporta ai fratelli Gaetano, Giacomo e Faustino Martinelli q. Giorgio e Martinelli Giorgio q. Gaetano; 30.05.1876 per petizione n. 22 denuncia di successione (22.05.1876) si trasporta ai fratelli Gaetano e Faustino Martinelli; 25.02.1890 petizione n. 14 denuncia di successione (25.02.1890) si trasporta a Faustino Martinelli q. Giorgio; 04.04.1898 per petizione n. 31 denuncia successione (13.10.1897) si trasporta a Giorgio Martinelli q. Faustino; 4 febbraio 1900 per petizione n. 11, contratto di vendita (19.01.1900) si trasporta a Bonomi Todeschini (atti notaio Meneghina n. 10.908, registrato a Padova il 26.01.1900); 25 marzo 1907 per petizione n. 47 denuncia di successione (25.03.1907) si trasporta a Bonomi Todeschini Pietro fu Bortolo; 30.03.1908 per petizione n. 153 contratto di vendita (atti notaio Fabretti n. 275, registrato a Portogruaro il 19.02.1908) si trasporta a Coen Rocca Guido fu Benedetto (ASVe, Censo stabile attivato, Partitari, fogli 642 e 2045). 50 Il nulla osta inviato dalla Sacra Congregazione dei Religiosi di Roma R.M. Generale della Casa di Bergamo è datato 03 febbraio 1940 (Archivio Casa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Bergamo, Corrispondenza fondazione Portogruaro). 51 Il Comune di Portogruaro con atto n. 35 del 25 giugno 1974 deliberava l’acquisto di Villa Martinelli, l’atto viene stipulato con Rep. N. 205/56 del 23 luglio 1976 atti notaio Marina Gramaticopoli di San Stino di Livenza (Archivio Comunale di Portogruaro, Sezione Contratti e Deliberazioni).

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un portale sagomato con estremi diagonali. Sul retro una scala a ponte mette in collegamento con il terreno un tempo adibito a brolo. Le barchesse adattate ad edificio scolastico hanno perso la loro struttura originaria. Villa Martinelli, anche senza il suo contesto paesaggistico di broli e orti, essendo stata inglobata e soffocata nel tessuto urbano di Portogruaro, conserva ancora oggi il fascino evocativo di molte case di villa settecentesche dalle caratteristiche simili, costruite come centro aziendale e luogo di soggiorno e svago ricordate da Carlo Goldoni nelle commedie della villeggiatura.

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Albero Genealogico della Famiglia Martinelli ramo di Portogruaro

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Pittore veneto, Vergine con Bambino in braccio tra i santi Rocco e Sebastiano, particolare, Duomo di Sant’Andrea a Portogruaro.

Luigi Fabretti (1858), Panorama di Portogruaro nel 1631.

Pianta del Convento dei Francescani Scalzi (Minori Osservanti) detti di Sant’Agnese in Portogruaro, disegno su carta con colorazione ad acquerello, autore Alvise Francesco Duodo, sec. XVIII, pertiche 40 = mm 165, dim. mm 662 x 320 (ASVe, Aggiunto sopra monasteri, b. 80, dis. 2, neg. 12863, foto 142); in P.F. Gusso - V. Tiozzo, Il centro storico di Portogruaro, Portogruaro 2010, con appendice fotografica di G. Boem, p. 53.

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VILLA MARTINELLI A PORTOGRUARO

Villa Martinelli a borgo Sant’Agnese Portogruaro dal Catasto napoleonico del 1810, particolare, (ASVe, Censo stabile, Mappe, Portogruaro-Levada n. 90); in P.F. Gusso - V. Tiozzo, Il centro storico di Portogruaro, Portogruaro 2010, con appendice fotografica di G. Boem, p. 58.

Ingresso sud di Villa Martinelli in una foto d’epoca. (AGFSCJ)

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La Famiglia Coen Rocca VITTORIA PIZZOLITTO

Guido Abramo Coen Rocca è nato a Venezia il primo ottobre 1864 da Benedetto Coen e Anna Rocca, famiglia di origine ebraica che aveva fatto fortuna al seguito dei Lloyd’s di Londra, in qualità di agenti a Venezia.52 Di professione possidente, Guido Coen Rocca viene descritto come «uno spirito penetrante e faceto, arguto e sprizzante quel tanto di sale attico che esilara senza offendere», e rispondeva al tipo di veneziano del buon tempo antico, «pur intendendone i tempi nuovi». Nutrito di «soda e vasta cultura» aveva compiuto gli studi a “Cà Foscari” addottorandosi in scienze economiche e commerciali e conseguendo il diploma in tedesco.53

Conoscitore di altre lingue, amava apprendere e approfondire i suoi studi, tanto che acquisì la libera docenza in letteratura germanica per pura passione, da qui il titolo di «professore» e talvolta di «chiarissimo professore» con cui veniva indicato nei documenti accanto al doppio cognome Coen Rocca, aggiunto successivamente, per il grandissimo affetto

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Per la stesura della presente scheda biografica su Guido Coen Rocca e la sua famiglia, oltre alla bibliografia citata, si è fatto riferimento ai documenti d’Archivio del Comune di Portogruaro, ai documenti dell’Agenzia delle Entrate di Venezia, ex Conservatoria dei Registri Immobiliari ed alla testimonianza resa dal nipote di Guido Coen Rocca, l’ing. Franco Dupré figlio di Paola Coen Rocca in Dupré, che vive a Torino e che si ringrazia sentitamente. Della testimonianza si riportano alcune parti, in forma di citazione. 53 Necrologio di Guido Coen Rocca, in “Bollettino della Associazione ‹Primo Lanzoni›”, XXXVIII, n.119, Luglio-Agosto 1937, Regio Istituto Superiore di Economia e Commercio “Cà Foscari” Venezia, pp. 58-59.

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LA FAMIGLIA COEN ROCCA

che provava nei confronti della madre.54 Conduceva una vita consona al suo lignaggio, coltivava lo studio, le lettere e la musica di cui era grande appassionato; non perdeva un’opera né alla Fenice, né al Regio di Torino tanto da essere citato tra le persone di spicco dei circoli letterari di fine ottocento della città lagunare, nella Storia di Venezia della Treccani. Nel 1894 sposa la giovane ventenne Adriana Pardo, nata pure lei a Venezia da Napoleone e Emilia Lolli, famiglia di sefarditi arrivati dalla Spagna, insediatisi a Venezia con incarichi diplomatici per conto della loro nazione di origine. Guido e Adriana Coen Rocca abiteranno nel Palazzo Malipiero sul Canal Grande ed ebbero otto figli, sette dei quali divennero adulti in quanto un maschio, Enzo, nato nel 1902, morì neonato: la prima fu Valeria (1895), seguita da Renato (1897), Cecilia (1898), Laura (1900), Luisa (1905), Paola (1908) e Carla (1909). “La mamma nacque a Venezia e gli zii a Venezia o a Portogruaro a seconda della stagione: quelli nati in inverno a Venezia e quelli nati in estate o in autunno a Portogruaro essendo allora consuetudine far nascere i figli in casa”.

A Portogruaro nacquero Luisa e Carla Coen Rocca, al civico n. 7 di borgo San Giovanni, nella casa che era stata la residenza dei Persico e prima ancora dell’«aromatario» Francesco Zappetti, oggi palazzo Scarpa Bonazza Buora.55

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Leone Rocca aveva avuto un figlio maschio, Mario che sposò la nobile Moceniga Lauretana dei dogi Mocenigo. Ebbe discendenza femminile con Bianca Rocca che sposò il barone Raimondo Franchetti, il noto esploratore, dal quale ebbe quattro figli: Lauretana (detta familiarmente Simba che significa “leone” in swahili), Lorian, Afdera (dal nome di un vulcano della Dancalia) e Raimondo Nanuk (il nome dell’orso bianco). Bianca, nei giorni seguenti la Liberazione dai nazi-fascisti, aprì nella sua villa di san Trovaso (Tv) un posto di ristoro per reduci rimpatriati dalla Germania e soccorse famiglie profughe dalla Venezia Giulia. A lei è dedicata, quale benefattrice laica, una via nel comune trevigiano di Preganziol. Bianca Rocca e uno dei suoi quattro figli, Nanuk, ospitarono nelle loro tenute di Caorle lo scrittore Ernest Hemingway che andava a caccia nelle valli dei Franchetti e che inserirà madre e figlio tra i personaggi del suo romanzo Di là dal fiume tra gli alberi, 1998. 55 Il palazzo di borgo san Giovanni, compreso nel patrimonio fondiario, era stato acquistato da Guido Coen Rocca nel 1897 dalla contessa Persico e per successione paterna, ceduto dalle figlie Coen Rocca a Bonazza Gianna di Portogruaro il 2 gennaio 1940. I Persico l’avevano acquistato dall’aromatario-speciaro-farmacista Francesco Zappetti di Portogruaro nel 1694 (cfr. A. Nodari, Zibaldone Portogruarese 2. Note storiche e notizie curiose sulla Città del Lemene, Edizioni Pro Loco, Portogruaro 1999).

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Sul finire dell’Ottocento infatti, Guido Coen Rocca aveva fatto importanti investimenti in fondi agricoli ed immobiliari nella provincia di Venezia, acquistando fra gli altri il patrimonio fondiario di una delle più potenti famiglie di Portogruaro di antica origine bergamasca: i Persico.56 La contessa Persico Loredana fu Pietro di Portogruaro, con il consenso del marito Federico Berchet fu Leopoldo, ingegnere, possidente ed ispettore scolastico,57 cederà nel 1897 a Guido Coen Rocca gran parte del suo patrimonio famigliare, compreso il palazzo residenziale di borgo san Giovanni.58 Si trattava di un vasto patrimonio di beni immobiliari e di livelli,

56 I Persico erano una ricca famiglia di origine bergamasca che giunse a Venezia nel XVII secolo dove fece fortuna con il commercio e dove ottenne dalla Serenissima il titolo nobiliare ed il diritto a sedere in Consiglio Maggiore. Successivamente i Persico investirono la propria ricchezza in beni fondiari. Agli inizi dell’800 il conte Faustino Persico padre di Pietro genitore della contessa Loredana, fece stendere l’inventario dei beni di famiglia al perito Girolamo Carriero di Portogruaro. Nell’inventario si può leggere che nel centro storico di Portogruaro i Persico possedevano il vecchio palazzo dei Zappetti, un’osteria, una bottega da “spezieria” oltre a numerose case, braide e perfino la chiesetta della Visitazione o Santa Maria della Rosa di borgo sant’Agnese. Molte proprietà ricadevano a San Giusto di Concordia, in località San Giacomo di Portogruaro e nella vicina Villastorta “al Galletto”, a Giussago, Lugugnana, Portovecchio e Cordovado, oltre naturalmente a Villanova. Un patrimonio importante costituito da case e terreni, boschi e paludi che complessivamente ammontava a circa 790 ettari di oggi. (Cfr. E. Marin, Il catastico dei beni della famiglia Persico (1698-1835), in Villanova Santa Margherita. Radici storiche di una città industriale di nuova fondazione, a cura di A. Battiston e V. Gobbo, Fossalta di Portogruaro 2004, pp. 104-120). 57 L’ingegner Federico Berchet (1830-1909) nato a Venezia, ma vissuto a Portogruaro, aveva sposato la ricca possidente Loredana Persico, figlia del conte Pietro. Negli anni 90 fu direttore dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti del Veneto (antica denominazione della Soprintendenza). Ricoprì a lungo la carica di consigliere comunale a Portogruaro e di consigliere provinciale a Venezia, dedicandosi ai problemi dei lavori pubblici e dell’istruzione. Nel 1897, alla morte di Fausto Bonò, ricoprì la carica di Ispettore Scolastico di Portogruaro e San Donà di Piave con ufficio a Portogruaro. Rimasto vedovo, emigrò a Firenze dove morì. (cfr. A. Nodari, 1999. 58 L’atto di compravendita fra Guido Coen Rocca, acquirente, e la contessa Loredana Persico fu Pietro, venditore, venne redatto in data 12 aprile 1897 davanti al notaio Marcocchia Giuseppe in Venezia, Rep. 20620. La contessa Loredana Persico, con l’assenso del marito, vendeva beni immobili in Provincia di Venezia: sotto la lettera A viene indicato a Portogruaro il mappale n. 1988; nel Comune di Fossalta il totale di 197,43 ettari, a Giussago il totale di 255,16 ettari. Sotto la lettera B, vengono ceduti i Livelli presenti a Giussago nel Comune di Concordia per un totale di 46,44,90 ettari e a Portogruaro per un totale di 5,58,40 ettari. I livelli corrispondevano alla concessione di terreni dietro pagamento di un affitto da parte dei coloni. Guido Coen Rocca, dalla contessa Loredana Persico acquisisce anche il diritto a prelevare acqua dal canale Taglio per irrigare i suoi campi: 1 quadretto veronese del canale Taglio, 145 litri, per irrigare i beni di Fossalta e di Giussago. (Agenzia delle Entrate di Venezia, ex Conservatoria dei Registri Immobiliari, d’ora in poi ADEVe, RT vol. 130, p. 201).

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di case e terreni compresi fra Portogruaro, Fossalta e Giussago: 197,43 ettari di terra nel Comune di Fossalta e molta di più a Giussago, 255,16 ettari, inclusa una porzione del canale Taglio indicata con la misura ‹quadretto veronese›59 dalla quale attingere acqua per irrigare le proprietà di Fossalta e di Giussago. Il patrimonio era stato valutato complessivamente 483.950 lire dalle quali Guido Coen Rocca trattenne quanto già anticipato alle banche ed ai privati per sollevare ipoteche e cancellare debiti contratti dalla famiglia Persico e provvide a sua volta, mediante tre finanziamenti ottenuti presso l’Erario Nazionale, a liquidare il restante importo di 276.750 lire.60 Il «chiarissimo» professore che disponeva di un buon patrimonio a Venezia comprensivo di immobili situati a Rialto, a Malamocco, a San Marco, alla Giudecca, dopo aver rilevato la tenuta dei Persico, continuò ad acquistare fondi disponibili sul mercato e, divenuto un importante possidente terriero, iniziò a prender parte alla vita economica, sociale e politica della città di Portogruaro e del suo comprensorio.61 Eletto la prima volta nel Consiglio Comunale di Portogruaro con le elezioni del 9 luglio 1899, Guido Coen Rocca entrerà successivamente a far parte, come assessore effettivo, della Giunta Comunale del Sindaco Giovanni Battista Muschietti eletto nel 1902, insieme con gli assessori Fabroni,

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Nel Lombardo Veneto, la concessione a prelevare l’acqua di un fiume e/o canale era data seconda una misura chiamata “quadretto Veronese” o “Mantovano” che corrispondeva alla quantità d’acqua «che per pura pressione dell’acqua soprastante alla soglia entra in bocca di un piede veronese quadrato, che abbia due once d’altezza d’acqua appoggiata al lembo superiore, ossia cappello della bocca medesima». Il piede veronese corrispondeva a ml.0,465 e si divideva in 12 once. L’uso continuo consentiva di irrigare 26 campi al giorno. Per costruire questa bocca d’irrigazione si doveva effettuare nel punto in cui «il filone d’acqua corre nel mezzo, parallelo alle sponde […] un taglio, un’apertura sulla sponda del fiume o del canale ed incastrare e ben assicurare con la muratura un lastrone in cui ha da essere scolpita la bocca». Tratto da Della condotta delle acque e della ragione civile delle acque, Volume 1, Giandomenico Romagnosi, presso Perelli e Mariani editore, Milano 1842, pp.660-661. 60 Guido Coen Rocca chiese all’Erario Nazionale tre prestiti: 127.000 £ in data 4.10.1898 estinto in data 22.03.1909; 80.000 £ in data 4.01.1898 estinto in data 23.11.1907; 69.750 £ in data 2/02/1898 estinto in data 22.03.1909. (ADEVe, RT vol. D18, p. 183). 61 In quegli anni Guido Coen Rocca acquisterà fondi da Berchet Maria e Teresa a Giussago e a Portogruaro, da Foligno Decio a Giussago, da Zuzzi Maria, Levi Ugo e Reis Arturo a Fossalta di Portogruaro, da Tasca Giovanni Pietro e dal Capitolo Cattedrale di Concordia. (ADEVe, RT vol. 40 pp. 115-116).

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Bertoldi, e Del Pra. Scaduto il suo mandato come Assessore, per compiuto sessennio, rimase eletto in Consiglio Comunale fino al 1909.62 Fece parte anche del Consiglio Comunale di Fossalta di Portogruaro con il sindaco Giacomo Orlando dal 1900 al 1902, con il sindaco Luigi Mecchia dal 1903 al 1910, e con il sindaco Giuseppe Milan dal 1900 al 1914.63 Sono gli anni della bonifica di fine secolo, quando lo Stato e i privati costituiscono i primi consorzi per redimere le migliaia di ettari di terreno paludoso, ricoperto di strame e di acque salmastre e destinarle alla coltivazione di mais e di grano. Ma sono anche gli anni in cui i contadini riprendono la lotta per il ripristino degli antichi diritti feudali sull’uso di quello che restava dei beni comuni, delle cosiddette «comugne» che l’opera di bonificazione di paludi, terre incolte e salmastre, privatizzava sottraendole all’economia di sussistenza delle comunità, dove i residenti usufruivano collettivamente di quanto cresceva sotto il cielo senza essere stato seminato. Nel febbraio 1915, la Giunta Comunale di Portogruaro per sedare i disordini scoppiati per la carenza e il prezzo del grano, tratta con i grandi possidenti terrieri per calmierare i prezzi come i Bonazza, i Foligno, i Muschietti, i Zuzzi, i Bertolini, i Fasioli, gli Sguerzi e Guido Coen Rocca.64 «Nel 1919 “Il Secolo Nuovo” scrive che a Fossalta il terreno incolto riguarda 24.500 ettari e di questi il conte Rocca ne possiede 245.»65 «Al tempo della bonifica del 1922 […] a Fossalta di Portogruaro, a Teglio Veneto i terreni da bonificare riguardano la zona di Vado e di Giussago, in tutto circa 1000 ettari, ora nelle mani di Coen Rocca, Di Robilant erede co. Mocenigo, Le Pars (Teglio e Fossalta) di proprietà Reis.»66 Come bonificatore Guido Coen Rocca «seppe e volle applicare metodi e mezzi razionali e moderni per incrementare l’agricoltura nelle sue pro-

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Città di Portogruaro, Il Consiglio Comunale di Portogruaro tra Otto e Novecento, Villotta & Bergamo, Gruaro 2004, a cura di U. Perissinotto, cit. pp. 16-17. 63 Da La Memoria nelle Immagini/un secolo di cartoline del Comune di Fossalta di Portogruaro, catalogo della mostra, a cura di Andrea Battiston e Francesco Dainsese, Quaderni di storia locale 7, Biblioteca comunale di Fossalta di Portogruaro 2000. 64 I.R. Pellegrini, L’altro secolo. Cent’anni di storia sociale e politica (1870-1970), Nuova Dimensione, Ediciclo Editore, Portogruaro 2001, p. 140. 65 Ivi, p. 165. 66 Ivi, p. 289.

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prietà e nei confronti dei suoi mezzadri si dimostrava benevolo e umano, sorreggendoli con aiuti materiali e morali».67 Fra gli imprenditori illuminati di questa grandiosa opera di risanamento della terra, numerose furono le famiglie ebree che investirono ingenti risorse e capitali come i Foligno, i Reis di Teglio Veneto, i Grego di Caorle, i Franchetti delle note valli di Caorle, i Treves de Bonfili di Grisolera (Eraclea), i Papadopoli, i Levi, i Romanin Jacur, i quali sostituiranno in parte o in tutto gli antichi patrizi veneziani, tradizionali possessori fondiari.68 Dopo la caduta della Serenissima, al tempo della prima dominazione austriaca, gli ebrei conseguirono l’equiparazione dei diritti civili con i cattolici ed iniziarono la loro corsa agli investimenti nei fondi terrieri, favoriti dalla congiuntura del momento, determinata dalla crisi economica di molte famiglie patrizie che procedettero alla svendita dei loro patrimoni.69 Si occuparono anche di finanza detenendo le più importanti casse di credito e di commercio ed entrarono a far parte dei consigli di amministrazione delle maggiori Banche, come avvenne per lo stesso Guido Coen Rocca chiamato a far parte della Banca d’Italia.70 Egli coltivava infatti le scienze economiche e finanziarie ed era ascoltato e tenuto in grande considerazione dai consigli di amministrazione di diverse Banche e Società Anonime, chiamato dalla sua dottrina e competenza e di molte di queste fu consigliere e sindaco, fra cui la maggiore di tutte, la “Banca d’Italia”.71 Molti di loro appaiono bene integrati nella società del tempo come fu per la famiglia Reis di Teglio Veneto tanto che alle nozze di Lidia Reis nel 1904 «interviene il bel mondo del tempo: dal senatore Pellegrini, alla contessa Polcenigo, dal dottor Jona di Venezia, ai Liebmann di Trieste e ai Rosemberg dall’Ungheria, dai Freschi ai locali Bertoldi, Bertolini, Foligno».72

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Necrologio, op. citata. I.R.Pellegrini, Storie di Ebrei. Transito, asilo e deportazioni nel Veneto Orientale, Nuova Dimensione, Ediciclo Editore, Portogruaro 2001, pp.119 e successive. 69 M. Berengo, Gli ebrei veneziani alla fine del settecento, in MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI - SAGGI 11 - ITALIA JUDAICA “Gli ebrei in Italia dalla segregazione alla prima emancipazione”, Atti del III Convegno Internazionale Tel Aviv 15-20 giugno 1972, pp. 9-31. 70 Ibidem. 71 Necrologio, op. citata. 72 Ibidem. 68

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Nel foglio della Diocesi di Concordia Sagittaria, “La Concordia” si ricorda come i signori Foligno e Coen Rocca di origine ebraica, abbiano pagato gli equipaggi per gli eccellentissimi vescovi durante le festività in occasione del centenario dei SS. Martiri che si svolse a Concordia nel settembre del 1904, presenti vescovi, arcipreti e patriarca. «I signori Foligno e Coen Rocca non sono personaggi di secondo rilievo nella Portogruaro del primo Novecento. I primi sono signori di terre e hanno recentemente acquistato e rimesso a nuovo il palazzo già appartenuto al marchese Fabris Isnardi, presso la Torre di S. Gottardo. Guido Coen Rocca sulla sponda destra del Lemene ha eretto a sua volta grandiosi granai e si è fatto promotore di promettenti attività economiche in città.»73 Per dieci anni, Guido Coen Rocca farà parte del Consiglio Comunale di Portogruaro accanto ai più noti rappresentanti della borghesia agraria locale, dai Valle ai Bertolini, dai Moro ai Bombarda, e con questi condivise la vita sociale e politica della società civile del tempo, ma alla vigilia della Grande Guerra, qualcosa di definitivo determinerà un radicale cambiamento nelle vicende della famiglia ebrea che nel maggio del 1914 decise di emigrare a Torino. Diversi fattori avevano contribuito al loro trasferimento da Venezia a Torino, ma il principale fu il deterioramento dei rapporti con la comunità ebraica di Venezia. «La nonna infatti si era convertita al cattolicesimo, dapprima segretamente e poi palesemente e per prima cosa nel 1903 fece battezzare i figli già nati. Infatti l’8 dicembre 1903 furono battezzati: Valeria, Renato, Cecilia e Laura. Gli altri figli furono battezzati alla nascita. La nonna si fece battezzare nel 1905, ultimo fu il nonno Guido che fu battezzato nel 1934». Conversione che porterà Adriana e Guido Coen Rocca a fare delle donazioni alla Chiesa come quella dei due Oratori di San Giuseppe e della Visitazione di Elisabetta a favore della Parrocchia di S. Agnese di Portogruaro nel 1936.74 Venuti a contatto con l’opera della Beata Teresa Verzeri, fondatrice della Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù e con la loro Casa Generalizia di Bergamo, inizieranno a collaborare con questa per aprire dei laboratori tessili ed avviare al lavoro le orfanelle e le fanciulle povere seguite dalle suore del Sacro Cuore. 73

Ibidem. L’atto di trascrizione alla Parrocchia di sant’Agnese porta la data 29 maggio 1938. (ADEVe, RT vol. S92, pag.191).

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Ella, Reverendissima Madre, avrà saputo anche della nostra visita alle Spettabili Case di a Piacenza, e di S. Angelo a cui abbiamo partecipato l’aumento sui prezzi da noi sin qui corrisposti e dell’istituzione del premio etc.ra; ciò abbiamo comunicato anche alle Spett. case di Breno, Endine e Darfo. Abbiamo infine offerto lavoro alle Spett. Case di Venezia, Riva, Trento, Cavalese, Galbiate, S. Cesario e spero ricevere risposta favorevole. Le sono infinitamente grato per l’appoggio che son certo Ella vorrà benevolmente concederci, e mentre la prego gradire insieme alla Reverend.ma Madre Cella e alle altre Rev.me Suore i più distinti ossequi anche da parte della mia Signora e della Sig.ra Albricci, Mi creda di Lei Dev.mo Guido Coen.75

Avevano proposto alla Congregazione del Sacro Cuore di aprire a Roma, nel quartiere di San Lorenzo, un laboratorio tessile ed avevano messo a disposizione delle suore, uno stabile con due stanzoni, uno dei quali già dotato con 108 macchine da cucire a motore elettrico, ma non se ne fece nulla per un ostacolo che si rivelò subito insuperabile: accanto all’immobile offerto dai Coen Rocca già operava un laboratorio delle Suore Ausiliatrici.76 Come vedremo «il riguardo» dei Coen Rocca per le Figlie del Sacro Cuore durerà a lungo. Le figlie Carla Coen Rocca in Siliprandi e Paola Coen Rocca in Dupré, domiciliate in Torino, nel 1942 cederanno il complesso di fabbricati con cortile ed orto denominato case Martinelli pervenuto per successione paterna e situato in borgo sant’Agnese, proprio alle Figlie del Sacro Cuore di Bergamo perché vi aprissero la Casa, il convitto ed il «collegio magistrale femminile» di Portogruaro.77 Si trattava di una vasta proprietà comprensiva di argine boscato, di una casa di due piani e vani dieci con aree annesse, con orti e oratorio privato, 75

AGFSCJ, VII. 1. 1, b. 2 Italia Centrale, fasc. VII, Roma Coen, non prot. La lettera di Guido Coen Rocca del 25 marzo 1919 viene spedita da Roma alla Reverendissima Madre Generale Sig. Madre Giuseppa Moia Figlia del S. Cuore di Gesù di Bergamo. 76 Ibidem. 77 L’atto di compravendita del complesso Martinelli tra le sorelle Coen Rocca fu Guido ed il Sacro Cuore di Bergamo venne steso dal notaio Gianfrancesco Saccardi di San Stino di Livenza. A rappresentare le donne che vendevano e che compravano, due uomini: il rag. Pacenza Francesco Domenico fu Matteo, nato a Pizzo Calabro e domiciliato a Venezia, Rio Marin n.84, procuratore delle sorelle Coen Rocca da un lato; mons. Paolo Sandrini, nato a Sesto al Reghena il 25 aprile 1864 e residente a Portogruaro, legale procuratore di suor Cesira Foletto di Giovanni, in religione madre Fortunata, legale rappresentante dell’Istituto Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Bergamo, dall’altro. Prezzo di vendita 80.000 £ come da perizia e stima dei beni effettuata dal geometra Nadali Domenico di Portogruaro (ADEVe, R.T. vol. 640, pag. 37, contratto N. 1255 del 2 luglio 1942).

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oltre ad altre diverse case di civile abitazione di borgo sant’Agnese, acquistata nel 1908 dal professor Guido Abramo Coen Rocca di Venezia dal conte Martinelli Giorgio fu Faustino che agiva per sé e quale procuratore del cavalier Pietro nob. Bonomi-Todeschini di Padova.78 L’oratorio privato indicato con il mappale 2025, era quello di San Giuseppe attiguo alla chiesa di sant’Agnese, ceduto nel 1818 da don Pietro Maderò di Giovanni al conte Giorgio Martinelli (1790-1875) che lo deteneva ancora nel 1907.79 Ma i Coen Rocca erano venuti in possesso di un

78 In data 15 febbraio 1908, nello studio del notaio Andrea Fabretti fu Sante, situato in via Vittorio Emanuele II a Portogruaro, alla presenza dei testimoni, avvocato Vincenzo Perulli di Sante e Marco Florean fu Valentino agente privato, compaiono: da un lato, Martinelli conte Giorgio fu Fustino nato ad Abano e domiciliato a Venezia, possidente che agisce per sé e quale procuratore del cavalier Pietro nob. Bonomi-Todeschini nato ad Abano e domiciliato ad Abano; dall’altro, Coen Rocca prof. Guido fu Benedetto, nato e domiciliato a Venezia, possidente. Bonomi-Todeschini e Martinelli Giorgio cedono e vendono a Coen Rocca, che acquista, tutti i diritti di proprietà e di usufrutto spettanti ai venditori i seguenti beni: Comune di Portogruaro: mapp. 2021 orto pertiche 3,28 rendita £ 23,22 mapp. 2014 orto ” 1,47 ” £ 7,42 mapp. 2025 oratorio privato 007 ” £ 5,20 mapp. 4766 orto ” 0,14 ” £ 071 mapp. 4768 argine boscato 082 ” £ 1,22 mapp. 2022 casa in borgo s. Agnese ai civici 24/26/28/30/32/34/36 di piani due, vani dieci di pertiche 0,61 Rendita £ 382,17 Mapp. 2023. 2540 casa civile che si estende sopra parte della casa al n.2540 al civico n. 38 di vani 3 Pertiche 2,13 rendita £ 408,75 Mapp. 2065 casa al civico n.35 piani 3 vani 8 pertiche 0,10 rendita £ 116,71 Mapp. 2541 casa in s. Agnese civico n.38 piani 2 vani 2 pertiche 004 rendita £ 26,25. Sono in tutto pertiche 8,45. Prezzo di vendita £ 30.000, (trentamila). Tutte le case di proprietà a Portogruaro compreso orto, giardino ed aree annesse e con le chiaviche esterne nell’argine al mappale 4768. Portogruaro, 17 febbraio 1908. (ADEVe, RT vol. 40, p. 116). 79 L’oratorio di san Giuseppe che nel 1495 era indicato come «capella de san Joseph, fatta nel broilo de Sancta Agnese, zoe fatta de muro, smaltata e bianchezata e coperta de coppo», venne ricostruito una prima volta nel 1495. Nel 1711 risulta essere di proprietà della famiglia dei Conti Maderò di origine greca, quando Demetrio Maderò (1688-1783) lo restaurò ed ebbe cura di costruirvi il sacrario di famiglia. Nell’oratorio trovarono riposo il figlio di Demetrio, Giovanni Maderò (1718-1800). Don Pietro Maderò economo spirituale di sant’Agnese, figlio di Giovanni, cedette l’oratorio ai Martinelli e questi successivamente a Guido Coen Rocca. Per le notizie riguardanti l’oratorio di san Giuseppe e l’oratorio della Visitazione di Sant’Elisabetta. (Cfr. A. Nodari, Chiesa di S. Agnese (extra muros) di Portogruaro. Domenica, 8 settembre 1496-1996, Edizione curata da Portogruaro Fiere 1996, pp. 16-17; D. Pinni, Dalla terra al cielo. Storia del convento di S. Agnese e Lucia di Portogruaro, Portogruaro 1999, pp. 172-180).

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secondo oratorio, quello della Visitazione di sant’Elisabetta già S. Maria della Rosa che si trova al di là del ponte sul Reghena, sul bivio che a sinistra conduce a Concordia e a destra imbocca la via intitolata proprio a s. Elisabetta.80 Faceva parte del patrimonio della contessa Loredana Persico acquistato dal professore nell’aprile del 1897: entrambi verranno ceduti alla Parrocchia di sant’Agnese da Guido Coen Rocca nel 1936.81 Guido Coen Rocca morirà il 5 luglio 1937 a S. Pellegrino Terme (BG), dove si trovava per ragioni di cura. Aveva depositato presso il notaio Annibale Germano di Torino, il proprio testamento olografo nel quale nominava erede universale il figlio maschio Renato ed eredi nella legittima tutte le figlie, mentre alla moglie, oltre a quanto le spettava per legge, lasciava in proprietà la villa di Tarvisio e 75.000 £ «in confronto di altrettante da lei ereditate da sua madre e rinunciate a favore della sorella Marcella Caroelli.» Alla fedele governante Maria Fantuzzi lasciava 5000 £.82 “Quest’ultima, nata a Portogruaro nel 1883 e morta a Firenze nel 1966, fu molto vicina alla nonna Adriana fin dal periodo della sua conversione nei primissimi anni del ‘900 quando, segretamente accompagnava la nonna in chiesa per la catechesi e per le funzioni religiose. Rimase poi tutta la vita nella buona e nella cattiva sorte con la nonna e con gli zii Renato, Laura e Luisa come persona di famiglia ed è ricordata con grande affetto dai nipoti ancora viventi”.

Di lì a poco, la famiglia di Guido Coen Rocca verrà sconvolta per sempre dalle Leggi Razziali introdotte in Italia dal Regime Fascista nel 1938 e dalle vicissitudini patite durante la seconda guerra mondiale. Il patrimonio andrà interamente perduto.

80 Le prime notizie sull’esistenza dell’oratorio della Visitazione risalgono al 1584, durante la visita del vescovo di Parenzo, mons. Nores. L’oratorio era allora dedicato a S. Maria della Rosa e dipendeva dalla chiesa di S. Cristoforo dei Crociferi. Con la soppressione dei Crociferi il convento con l’oratorio venne acquistato dalla famiglia Roncalli e nel 1679 da Francesco Zappetti. Nel 1762 l’oratorio risultava essere di proprietà del conte Pietro Persico, padre di Loredana che lo cederà ai Coen Rocca nel 1897. (Op. citate: Nodari, 1996; Pinni, 1999). 81 Il 29 maggio 1938 viene registrato l’atto a favore della Parrocchia di sant’Agnese. (ADVe, RT vol. 592, p. 191). 82 Guido Coen Rocca possedeva altri beni a Torino ed in Francia, a Fleurance (Gers). L’atto di morte, anno 1937 part. I^ N.28, è stato registrato a Torino il 22/07/1937 n.719. (ADVe, RT vol. 640, p.37).

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LA FAMIGLIA COEN ROCCA

La guerra e soprattutto le campagne razziali sconvolsero la vita della famiglia che si ritrovò in grave pericolo e in seguito ridotta in stato di gravi difficoltà economiche. La nonna e zia Luisa furono accolte e nascoste ad Assisi nel convento delle Clarisse; lo zio Renato e la zia Laura dovettero adottarsi di documenti falsi e nascondersi presso amici e parenti fidati; la mamma e le zie sposate con mariti “ariani” corsero meno rischi. Al ritorno della pace tutte le proprietà risultarono disperse e perdute; ultima ad essere alienata nei primi anni ‘50 fu la villa di Tarvisio”.

La villa di Tarvisio, prima della grande guerra era in territorio austriaco, dove si parlava il tedesco; Adriana e Guido amavano trascorrervi lunghi periodi di vacanza durante i quali conversavano amabilmente in tedesco. Fra gli aneddoti che si raccontavano in famiglia, uno riferiva che il nonno era solito parlare il tedesco in modo particolarmente dotto e ricercato, da professore insomma, mentre la nonna si esprimeva in modo più semplice ed i locali usavano dire: «Il professore parla bene il tedesco, ma la signora lo parla assai meglio, ed il nonno se ne risentiva un po’».83 In ordine all’applicazione delle Leggi Razziali, Paola Coen Rocca in data 5.10.1939 aveva presentato al Comune di Torino denuncia di appartenenza alla razza ebraica ai sensi del R.D.L. 17.11.1938 N. 1728, denuncia trascritta agli atti dall’Ufficiale dello Stato Civile di Portogruaro in data 21.12.1939.84 Lo stesso Ufficiale di Stato Civile, Antonio Bombarda, il 26 febbraio 1942, scriveva «Coen Rocca Carla è stata discriminata con decreto Ministeriale N. 3002/1679 in data 10 dicembre 1941».85 Rimasta vedova nel 1937, Adriana Coen Rocca affronterà da sola i «rovesci» tremendi che gli uomini, più che la sorte, le riserveranno. Morirà a Torino nel 1969, preceduta dieci anni prima dall’unico figlio maschio, Renato stroncato da una grave forma di depressione. Renato Coen Rocca si era arruolato volontario con il consenso del padre, perchè minorenne, ed aveva combattuto nella guerra del 15/18

83 L’affinità con l’Austria non era solo linguistica. Durante la prima dominazione austriaca del Veneto infatti, gli ebrei ottennero l’equiparazione dei loro diritti con i cristiani ed in pratica questo significò l’uscita dai ghetti, l’accesso alle cariche pubbliche, ai gradi dell’esercito e perfino ai titoli nobiliari e la possibilità di acquistare fondi ed immobili (Berengo, 1972). 84 ACP, Anagrafe ed Ufficio di Stato Civile di Portogruaro, Atto di nascita N.445 di Coen Rocca Carla Manuela Maria. 85 Ibidem.

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LA FAMIGLIA COEN ROCCA

come Tenente d’artigliera, meritandosi la Croce di Guerra dal comandante in capo della 3^ Armata, Emanuele Filiberto di Savoia: “É molto amaro vedere che lo zio Renato, dopo aver servito la Patria, fu poi discriminato come ebreo, obbligato a fuggire e a nascondersi per sopravvivere; diventando preda di imbroglioni che senza scrupoli, fingendo di aiutarlo, lo depredarono dei suoi beni”. Dei nonni materni Guido e Adriana Coen Rocca, il nipote Franco Dupré ricorda: «So che il nonno era un personaggio colto, intelligente, brillante: una personalità che si imponeva con l’arguzia delle sue battute. Io non lo conobbi perché morì prima che io nascessi. Quello che so di lui deriva dai racconti della mamma, della nonna, delle zie e dei cugini che, nati prima di me, ebbero occasione di conoscerlo. Era solito parlare in italiano, ma proibiva alle figlie di fare altrettanto. La nonna invece la conobbi, perché morì 95enne quando io avevo 27 anni. Era una donna dolcissima che aveva saputo mantenere una grande serenità nonostante i rovesci tremendi che le riservò la vita».

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LA FAMIGLIA COEN ROCCA

La famiglia Coen Rocca a Mathi Canavese, Torino, estate 1917. Da sx a dx: Cecilia, Laura, Valeria, Guido, Adriana, Ernesto Cazzola (marito di Valeria), Renato; le bambine Paola e Carla. (Cortesia di Franco Dupré)

Nell’attuale palazzo Scarpa Bonazza Buora di Portogruaro, in borgo san Giovanni, nella casa che era stata la residenza dei Persico e prima ancora dell’aromatario Francesco Zappetti, indicata al civico numero 7 di allora, nacquero Luisa (1905) e Carla Coen Rocca (1909).

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LA FAMIGLIA COEN ROCCA

Il 17 marzo 1896, il Corpo Accademico nella seduta della Classe per le Lettere elegge il “chiarissimo” sig. Guido Abramo Coen Rocca Socio Residente dell’Ateneo Veneto. (Cortesia Franco Dupré)

Il 16 agosto 1918, Renato Coen Rocca, Tenente d’Artiglieria, osservatore 20ª sezione aerostieri, unico figlio maschio di Guido Coen Rocca, ottiene la Croce al Merito di Guerra dal comandante in capo della 3ª Armata, S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia. (Cortesia Franco Dupré)

Pardo Napoleone Vice Console di Spagna, suocero di Guido Abramo Coen Rocca. Nel 1908 anche Guido Abramo Coen Rocca, con la patente del 13 luglio concessa da Sua Maestà il Re di Spagna, otterrà il titolo di Vice Console di Spagna in Venezia dal Ministro Segretario di Stato per gli Affari Esteri di Vittorio Emanuele III Re d’Italia. (Cortesia Franco Dupré)

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LA FAMIGLIA COEN ROCCA

Il 15 giugno 1939, Renato Coen Rocca viene discriminato per appartenenza alla razza ebraica. (Cortesia Franco DuprĂŠ)

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SECONDA PARTE



Memorie della Casa del Sacro Cuore di Portogruaro (1938-1966) VITTORIA PIZZOLITTO

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Alla ricerca di un luogo Una storia lunga quasi trent’anni. Tutta scritta in piccoli quaderni a righe, con la copertina nera, il margine segnato dalla righetta rossa e sul frontespizio l’etichetta di carta con la cornice orlata: Memorie della Casa di Portogruaro.86 La cura della memoria affidata ad un cannello con pennino ad inchiostro nero ed alla calligrafia, talvolta minuta, altre volte piena e rotondeggiante della suora scrivana che riempiva con nomi, avvenimenti, fatti e ricordi la cronaca della Casa delle Figlie del Sacro Cuore, giunte a Portogruaro alla fine degli anni Trenta per aprirvi una scuola magistrale per fanciulle. Fin dalle prime righe del luglio del 1939, nella Casa del Sacro Cuore di Venezia compare il protagonista di questa storia che tanto fece per avere nella città del Lemene le Figlie insuperabili del Sacro Cuore, monsignor Paolo Sandrini di Portogruaro.87 Era venuto a Venezia per partecipare ad un congresso di scuole medie private e non aveva mancato di passare dalle suore per portare buone nuove ed esprimere Il contento suo e della popolazione di avervi presto per l’assistenza delle alunne e la direzione di un convitto. Per quest’anno [1939] bisognerà accontentarci delle aule che si potranno improntare quando i fittabili lasceranno libero il locale. Gli ostacoli insorti prima, ci hanno

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I 28 quaderni sono depositati nell’AGFSCJ. Le Memorie della Casa venivano normalmente scritte dalla Segretaria della Casa/Comunità e sotto firmate dalla Madre Superiora; esse seguivano il calendario scolastico allora vigente (novembre-ottobre); a partire dal 1956 le Memorie sono scritte secondo il calendario solare. Le Memorie riportano in particolare avvenimenti che hanno luogo o il primo venerdì del mese o nel mese di giugno caro alla devozione al Sacro Cuore di Gesù. Le Figlie del Sacro Cuore coltivano e diffondono tale devozione insieme alle Apostole del Sacro Cuore. 87 Confronta la biografia della presente ricerca.

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procurato un miglior acquisto e una benedizione più larga del Signore.88

Il miglior acquisto era Villa Martinelli. Monsignor Sandrini se ne stava occupando da anni ed ora, dopo tanti viaggi, mediazioni e sopralluoghi, l’economa generale Giuseppa Rusconi con una dattiloscritta da Bergamo del 27 febbraio 1939, gli comunicava finalmente che a Roma erano d’accordo e gli concedevano carta bianca per l’affare Martinelli. Scrive l’Economa Generale: Il ritardo di questa mia è dovuto al fatto di aver mandato la sua lettera alla Rev.ma Madre Generale a Roma dove si trova da mesi. Era necessario che essa prendesse perfettamente visione delle sue proposte e, dietro il suo parere, formulare le risposte da Lei desiderate. I°) L’Istituto è disposto a vendere il terreno e lascia a Lei la libertà di iniziare le trattative, nella sicurezza che meglio di noi cercherà di realizzare il più possibile. II°) Prima di decidere per la compera del locale Coen-Rocca, occorrerà un sopralluogo, che verrà fatto al più presto dalla sottoscritta, insieme alla molto reverenda Madre Foletto.89

Veniva così accantonato definitivamente il progetto di costruire exnovo la scuola magistrale, poiché i mezzi di cui disponeva in quel momento l’Istituto del Sacro Cuore, non permettevano di affrontare i costi

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Sull’affare Martinelli, esistono diversi documenti che dimostrano l’interesse e la perseveranza di monsignor Paolo Sandrini per questa soluzione. Nell’aprile del 1937, l’allora Vice Rettore del Collegio maschile, invia la pianta della casa di sant’Agnese alla Madre Provinciale che aveva avuto modo di vedere la proprietà in occasione di una sua gita a Portogruaro e le comunica che è in vendita. Nella lettera del 20 giugno 1938, scrive alla stessa che non vi sono denari a sufficienza per costruire ex-novo la scuola, anche se il Podestà di Portogruaro è dell’opinione che non è difficile ottenere un contributo annuo dai Comuni del Distretto di circa 25.000 lire per dieci anni, e ripropone l’affare di Villa Martinelli. «Ci era venuto in mente di abbandonare l’idea di fondare l’Istituto sul terreno acquistato, che intanto si potrebbe rivendere, e comperare invece il caseggiato Coen-Rocca accanto alla Chiesa di sant’Agnese, già veduta dalla Provinciale con sufficiente soddisfazione». Il 22 febbraio dell’anno dopo, mons. Sandrini torna a scrivere che «a sant’Agnese il caseggiato Coen-Rocca, che la povera Suor Marchesini con l’Economa e con la Provinciale ha visitato, e non le era dispiaciuto, è ancora disponibile […] C’è una parte di caseggiato per abitazione civile, questi potrebbe servire per le suore; il resto andrebbe man mano demolito, coll’adattamento graduale per le scuole e per il convitto»(Fondazione delle Case, VII. 3.1, b. 32 Fas. F.1 Portogruaro S. Agnese, Corrispondenza, dal Vicario Generale di Concordia alla Rev. da Madre Generale di Bergamo, 20.04.1937 20.06.1938 - 22.02.1939). 89 Corrispondenza, dalla Casa di Bergamo a mons. Sandrini, 27.02.1939.

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per un’operazione immobiliare così importante.90 Si decideva di mettere in vendita il terreno nei pressi della stazione, frutto del lascito del cav. Alfonso Luigi Carrier, per acquistare Villa Martinelli, uno stabile facilmente adattabile allo scopo che aveva pure il vantaggio di essere adiacente alla chiesa di sant’Agnese e di consentire alle suore di assistere alla celebrazione della messa utilizzando un passaggio interno al cortile, senza dover uscire in strada.91 Villa Martinelli risultava una scelta felice ed opportuna quale sede della casa delle Figlie del Sacro Cuore e della scuola magistrale femminile con convitto, perché centrale nell’area veneto-friulana, ben servita dalla vicina stazione ferroviaria con la linea Trieste-Venezia e dalla litoranea marittima da e per Venezia, lungo il Lemene allora navigabile. Il luogo è geograficamente molto opportuno e centrale per i collegamenti ferroviari con Trento e Trieste: per via d’acqua con Venezia, perché il Lemene da Portogruaro alla foce è navigabile. La cittadina non è molto popolata, ma ad essa fanno capo vari centri vicini che assicurano l’affluenza di alunne all’Istituto per Scuola e Collegio, l’unico che sorge ora, a uguale distanza fra Trieste e Venezia.92

90 Mons. Sandrini nell’aprile del 1937 informava la Reverenda Madre Superiora sui lotti adatti alla costruzione ex-novo del collegio femminile. «I° - Davanti all’ex-quoificio, dalla parte opposta della strada provinciale, elevato, di 10.500 m2q. domandano £ 70.000, forse riducibili a 60.000. II°- dietro Casa Fabretti, all’oriente della città: un appezzamento di egual misura, o anche maggiore, al presso di £ 7 al mq. Forse un po’ basso, non soggetto però all’acqua. III° appezzamento di mq. 17.500; domandano £ 50.000; è posto di fianco alla strada provinciale di Treviso, a poca distanza dal nostro Collegio; per questo preferibile, per lo scambio dei Professori; però ha il difetto di essere vicino al Macello Pubblico e al Foro Boario. Noi non sapremmo scegliere; è necessario un sopraluogo, ma sollecito, perché ci sono altre domande e questi terreni, che sono più o meno fabbricabili, subiscono aumenti.» Aggiunse il quadro economico e avvisò la Superiora di chiedere al Vescovo «l’autorizzazione di venire a piantare una Casa in diocesi per l’istituzione del Collegio per le studentesse delle Magistrali, sostituendosi nell’insegnamento e nella direzione agli attuali dirigenti e maestri, dai quali ha avuto l’invito, anche in omaggio alla memoria della sorella Carrier e di suo fratello» (Fondazione, Corrispondenza, dal Vicario Generale di Concordia alla Rev. da Madre Generale di Bergamo 26.04.1937). 91 «La proibizione vigente di fabbricare è opportuna per noi che per ora non possiamo sobbarcarci a grosse spese. Se mai qualche Autorità in visita troverà a ridire sulle aule scolastiche, si presenterà il progetto pronto per l’edificio nuovo, da erigersi quando ci sarà il permesso e la possibilità. Se le Madri fossero state sole avrebbero potuto pensare anche meglio alla disposizione del locale: tuttavia si sono fatte l’idea che la casa religiosa avrà tutto ciò che conviene, compresa la possibilità di andare in Chiesa, senza attraversare il cortile; il passaggio potrà essere interno.» Il terreno acquistato con il lascito Carrier, nel 1938 era stato interessato dalla costruzione di un cavalcavia, tanto che monsignor Paolo Sandrini chiese alla Madre Generale di avere il disegno del progetto della scuola, per verificare sul posto se il piano era ancora attuabile. Di lì a poco prese definitamente corpo la proposta di acquistare la Casa Coen-Rocca (Fondazione, Corrispondenza, dal Vicario Generale di Concordia alla Rev.da Madre Generale di Roma, 29.03.1938). 92 Memorie Generalato, VI. 3. 1, pacco VI, quaderno N.10, 1939-1942.

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L’avvocato Marco Belli,93 il geometra Domenico Nadali94 ed il notaio commendator Settimio Magrini,95 a titolo assolutamente gratuito, avevano collaborato con monsignor Sandrini al disbrigo delle pratiche per giungere alla stipula dell’atto: la proprietà era costituita da diversi mappali indicativi della casa padronale, con annesso un ampio spazio scoperto che poteva tornare utile per edificare futuri ampliamenti e che nel frattempo, opportunamente lavorato, poteva essere adibito ad orto e giardino.96 Di questo orto e di questo giardino si occuperà a lungo madre Geltrude Zonca, al secolo Maria, quando giunse nel 1947 a Portogruaro come madre superiora. Accanto alla casa, grazie alle sue premure infatti, «verdeggiava un rigoglioso orto» e spesso, «sotto la canicola estiva» la si poteva vedere mentre portava sacchi, innaffiava, coglieva fagioli e fragole. Non mancava mai di aiutare e non cedeva alle preghiere delle figliole che le facevano osservare come quel continuo chinarsi fosse troppo gravoso per il suo fisico già grandemente provato. «È un gusto parlare con la Madre – diceva l’ortolano – se ne intende e con lei è bello trattare! Non s’impone, ma ragiona, persuade con tanto bel modo […] Si fa volentieri quello che dice,

93 L’avvocato Marco Belli di Portogruaro (1897–1987), nipote di mons. Marco Belli (1857-1929) al quale è intitolato l’Istituto Statale Marco Belli di Portogruaro, fu Sindaco della città dal 25 agosto del 1945 al 30 marzo 1946. Due figlie del Belli furono allieve dell’istituto magistrale Sacro Cuore. Nel 1986 ottenne con gli altri componenti il Comitato di Liberazione Nazionale di Portogruaro il premio Gervino: “Per essere stato testimone dei valori di libertà e democrazia”. 94 Domenico Nadali, geometra, aveva lo studio in via Cavour dove ancora oggi prosegue l’attività professionale il figlio Mario. Il 6.02.1940 stende la perizia giurata di valutazione dei beni siti in borgo sant’Agnese, fra cui Villa Martinelli destinata a scuola delle fanciulle; beni pervenuti per successione paterna alle sorelle Coen Rocca, Paola e Carla, dal loro padre Guido Coen Rocca, deceduto nel 1937 (ADEVe, RT 640, p. 37). 95 Settimio Magrini, avvocato, nel 1932 aveva vinto il concorso ed aprì lo studio di notaio in Portogruaro. Insieme al geom. Furio Cominotto fu protagonista della vita culturale della città di Portogruaro negli anni trenta e quaranta. Autore di numerose pubblicazioni, dinamico e competente, appassionato di musica, fu anche un abilissimo organizzatore di eventi, oltre che apprezzato regista teatrale. Grazie alla sua opera, con il maestro Casagrande, organizzò memorabili serate teatrali e musicali e rifondò la banda musicale del Santa Cecilia di Portogruaro che nel 1938, in occasione del suo centenario, cambiò il proprio nome da Società a Istituto Musicale Santa Cecilia. Durante la Repubblica di Salò assunse la carica di commissario prefettizio di Portogruaro. (U. Perissinotto, Sull’astro della miseria. Un paese e la dittatura. Concordia 19231939, Istituto Regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli Venezia Giulia, Quaderni 13, Trieste 1999, pp. 155-165). 96 La spesa di acquisto si aggirava sulle 130 mila lire, ma per il pagamento si poteva temporeggiare, perché i padroni sapevano di fare «un’opera buona» e vi era anche la possibilità di vendere il terreno affittato, anche se con una piccola perdita rispetto al prezzo d’acquisto, perché nell’incertezza che nei pressi sarebbe stato costruito un cavalcavia, «aveva perduto valore».

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perché mostra stima e rispetto, ed ha così bel modo!» Regolari erano anche le sue visite al pollaio, alle conigliere, al bucato, alla cucina.97 Il nulla-osta per l’acquisto della casa di borgo sant’Agnese al civico n. 38 in Portogruaro, giunse dalla Segreteria della Sacra Congregazione dei Religiosi il 3 febbraio del 1940.98 In settembre, madre Foletto e madre Rusconi, con l’ingegnere99 e monsignor Paolo Sandrini, dopo molta corrispondenza intercorsa fra loro sull’affare Martinelli, concordarono sulla bontà dell’occasione ed effettuarono un sopralluogo a sant’Agnese per rilevare sul posto, quali fossero i lavori necessari per adattare il luogo ai bisogni più urgenti della casa delle religiose e del collegio femminile. Fin dal 1937, monsignor Paolo Sandrini aveva fatto pressione presso le FSCJ di Bergamo, perché venissero a Portogruaro ad aprire la scuola magistrale con convitto per signorine ed aveva inviato loro il quadro economico per l’acquisto e la ristrutturazione dell’immobile, quello necessario a pagare gli stipendi dei professori, mentre per il vitto si impegnava a darlo loro gratis, almeno fino a quando le cose non si fossero sistemate meglio e definitivamente. Abbiamo da aiutarci scambievolmente per il bene della gioventù […]. Ci avviciniamo al nuovo anno scolastico, ed abbiamo bisogno di risolvere una situazione per noi di grave preoccupazione per la responsabilità sulle alunne; pensiamo altresì che se si fa la Casa dei Balilla, le ragazze verranno sottratte alla nostra influenza [...] non ho altresì che da ripetere la preghiera che la Superiora Generale venga quanto prima ad una decisione […]. Veda anche Lei l’urgenza.100

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Memorie, Membri della Congregazione. Defunte. Cenni biografici. 1953-58. Fondazione, Corrispondenza, dalla Sacra Congregazione dei Religiosi di Roma alla R.M. Generale della Casa di Bergamo in data 3.02.1940. Gli stabili oggetto della vendita erano: a) terreni: Partita 3588 F.27; Mappale N° 165 red. L. 173,70; Partita 32 F. 27; mappale NN 164-166; b) Fabbricati: Partita 2767 F. 27; mappale N°164/I-2 Imp. L. 1198,93. 99 L’ing. Aldo Scarpa (1885/1943) era stato assunto nel 1929 come capo ufficio tecnico municipale. Fra i progetti che portano la sua firma molti riguardano l’edificazione di edifici scolastici, non sempre realizzati. L’ing. Giuseppe Scarpa (1918-1997) che operò nel Portogruarese dagli anni ’50 agli anni ’80, ha eseguito i primi disegni della ristrutturazione di Villa Martinelli nel 1961 per conto dell’ufficio tecnico comunale di Portogruaro. 100 Fondazione, Corrispondenza, dal Vicario Generale di Concordia alla Rev.da Madre Generale di Bergamo, 22.04.1937. Dalla corrispondenza tra mons. Sandrini e la Madre Generale di Bergamo veniamo a conoscere che il Comune nel 1937 aveva proposto al Sacro Cuore l’acquisto dell’ospedale vecchio in cambio del terreno già acquistato dalla congregazione, ma Sandrini sconsiglia tale ipotesi per varie ragioni. Sandrini riferisce inoltre di un progetto con pianta elaborati da un ingegnere di fiducia delle suore per la costruzione ex-novo della scuola femminile di Portogruaro; progetto tuttavia che risulterà inadeguato ad ospitare una scuola e che verrà pertanto accantonato anche perché nel frattempo il Ministero dei Lavori Pubblici nel 1938 era intenzionato a realizzare un cavalcavia proprio sul terreno del Sacro Cuore acquistato per costruirvi la scuola. 98

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Lettera del 12 febbraio 1938 del vicario monsignor Paolo Sandrini alla madre generale della Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù nella quale sollecita, la costruzione di una nuova casa dell’ordine a Portogruaro. (AGFSCJ, Fasc. 1 Portogruaro, Prot. 9. pag. 1)

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Lettera del 12 febbraio 1938 del vicario monsignor Paolo Sandrini. (AGFSCJ, Fasc. 1 Portogruaro, Prot. 9. pag. 2)

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Copia del nulla-osta del 3 febbraio 1940 con il quale la Sacra Congregazione dei Religiosi autorizza l’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù (Bergamo) all’acquisto della casa e terreni in borgo sant’Agnese. (AGFSCJ, Fasc. 1 Portogruaro, Prot. 17)

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La carta del 1939, mostra il nuovo tracciato della SS 14 che attraversa Portogruaro, dalla quale è possibile vedere come borgo sant’Agnese con la proprietà Martinelli risultava essere una scelta felice ed opportuna quale sede della casa delle Figlie del Sacro Cuore e della scuola magistrale femminile con convitto.

Sezione della pianta della città di Portogruaro delle diverse scuole esistenti in città nel 1942: 1. Regia Scuola di Avviamento Professionale, 2. Scuole elementari femminili, 3. Scuole elementari maschili, 4. Collegio “G. Marconi”, 5. Terreno prescelto per la costruzione della Palestra, 6. Scuola Media dipendente dal Collegio “G. Marconi”. (ASCP, Progressivo N. 1703, Anno 1942, Busta 1703, Categoria X, Classe 2, Fasc. 1 Scuole Elementari” sottofascicolo “Palestra G.I.L.”, JPG su “Concessione del Comune di Portogruaro, Prot. n. 0032182 del 24.04.2016. È vietata la riproduzione e duplicazione con qualsiasi mezzo).

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MEMORIE DELLA CASA DEL SACRO CUORE DI PORTOGRUARO (1938-1966)

L’ingresso delle “case Martinelli” in una foto dei primi anni del Novecento. Come si può osservare dall’apertura dei vani sovrastanti il frontone, l’ingresso era stato ricavato da una delle case preesistenti e addossate alla chiesa di sant’Agnese. (Cortesia Diego Collovini)

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La Casa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Portogruaro Le suore giunsero sotto la pioggia, il 4 ottobre del 1940. Ogni fondazione ha la sua storia, circondata sempre da un’aureola di eroismo, di generosità, di dedizione. Anche i principii dell’apertura di nuove case religiose hanno la loro breve storia, tessuta di piccole rinunce, d’immolazioni silenziose, così che agli occhi degli estranei, sfugge la nota del dolore ed essi non raccolgono che la nota gioiosa. Anche la piccola Casa di Portogruaro ha la sua storia che si allaccia a parecchi anni fa, quando si iniziarono trattative e viaggi di esplorazione. Il giorno fissato per l’apertura doveva essere un primo venerdì del mese, giorno caro alle figlie del Sacro Cuore e fortunate pioniere erano la Molto Reverenda Madre Paola Taroli e la sorella Pia Calò.101

Madre Provinciale era allora Angela Peretti considerata la seconda fondatrice della Casa di Portogruaro, perché «nella sua squisita carità» aveva procurato tutto quello che poteva essere necessario nei primi momenti, quando mancava tutto perché c’era la guerra. Le due «messaggere del Cuore Divino» madre Paola Taroli e sorella Pia Calò, partite da Venezia il 4 ottobre 1940 alle ore 11, giunsero a Portogruaro dopo mezzogiorno per aprire la Casa delle Figlie del Sacro Cuore, cariche di valigie e di borse. Pensavano di trovare un alloggio pronto, invece, a cominciare dal cortile ingombro di rottami, tutto era da sistemare e riordinare, gli operai andavano a rilento nell’imbiancare un cucinino, stava per diluviare e doveva ancora arrivare la mobilia da Venezia. Suonano le 16, ma non arriva nulla e non avendo dove appoggiarsi, vanno a cercare rifugio presso le Suore della Provvidenza dell’asilo [Calasanzio]. Richieste se avevano pranzato, deviarono la domanda, rispondendo che avevano bisogno soltanto di appoggiarsi, ma appena allontanatesi le ospiti, la Madre Reverenda trasse da sotto il mantello, il pane da poco comperato e venne tosto consumato con un po’ di formaggio ed un avanzo di cioccolata. Intanto la pioggia cadeva a dirotto ed il pensiero della mobilia che doveva giungere col barcone, riempiva di rammarico la buona madre e la sorella. Pensano allora di visitare monsignor Sandrini e lo incontrano per via. Ricevono l’accoglienza di un buon padre che le riaccompagna all’asilo perché passino ivi la notte e si

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Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1940/41.

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dia loro la cena. La Rev. Madre Paola si schernisce dicendo che avrebbero comperato un po’ di latte, che avrebbero riscaldato con la macchinetta a spirito che tenevano in valigia […].102

«Lo so che di spirito ne avete… e tanto!» aggiunse monsignor Sandrini e impartì loro la benedizione col ss. sacramento. Era il primo venerdì del mese, 4 ottobre 1940, san Francesco. L’indomani sarebbero arrivate alla Casa di Portogruaro due sorelle da Verona: ma dove alloggiarle? Nel frattempo era giunto, via acqua, il barcone con la mobilia tutta bagnata. I giovani marinai sotto la guida di un altrettanto giovane capitano, si offrirono di scaricare e sistemare tutti i mobili e quando madre Paola fece il gesto di porgere loro una busta con un po’ di soldi, questi si rifiutarono di prenderla ed accettarono soltanto le immaginette per ricordo, paghi di aver contribuito a realizzare «un’opera pia».103 Nei giorni seguenti, la comunità si andò costituendo: erano giunte da Verona madre Pia Rossi e sorella Palmina Paoletti, poi suor Angela Pizzoni, la superiora madre Nazarena Savini e suor Giovannina D’Amato con otto giovani orfanelle veneziane, mentre le prime convittrici furono tre, due sorelle di I^ e III^ magistrale inferiore, ed una di I^ superiore, che avrebbero frequentato le lezioni nelle aule femminili riservate al collegio Marconi.104 Erano queste le prime suore di una nutrita serie che si prenderanno cura della Casa e dell’istituto magistrale di Portogruaro e ricoprendo varie funzioni, gestiranno un’organizzazione amministrativa, scolastico-educativa e religiosa di assoluto rilievo. Basti dire che al Sacro Cuore, negli anni dell’immediato dopoguerra, troveranno alloggio fino a 250 allieve, molte delle quali educande nel convitto, seguite da 13 suore che provvedevano alla cucina, alle pulizie, alla sorveglianza, alla segreteria della scuola; alcune di loro entravano in classe per insegnare insieme ai professori laici e ai religiosi che offrivano anche l’assistenza religiosa. La Casa di Portogruaro era sprovvista di cappella propria, ma si trovava a fianco della parrocchia di sant’Agnese cosicché le religiose, per adempiere alle pratiche di pietà, si recavano nel coro della chiesa, passando attraverso uno stanzone che don Luigi Bortolussi utilizzava come 102

Ibidem. Memorie delle Case, VI. 2.6, Memorie della Casa di Venezia, 1940/41. 104 Le prime suore della Casa di Portogruaro furono quattro: la madre superiora Paola Taroli, e le sorelle Pia Calò, Pia Rossi e Palmina Paoletti. 103

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luogo per le adunanze parrocchiali e si mostrava infastidito dalla nuova intromissione.105 Scriveva allora la cronista il 15 ottobre nel diario: Si direbbe che le suore non gli sono bene accette poiché comincia ad ostacolare il passaggio dalla sua sede […] lavora per far aprire una porticina che dal nostro cortile immetta al coro, così egli pensa che verrà da noi lasciato in pace, ma ciò non sarà possibile, perché la pioggia – così frequente in questa plaga – accompagnata dalla bora, il freddo e la neve non permetteranno alle Figlie del Sacro Cuore di poterne sempre usare […] perciò sebbene egli sia ricorso alla Curia per un compromesso firmato dalla Rev. Madre, dovrà rassegnarsi.106

Un compromesso privato fra il parroco della chiesa di sant’Agnese, monsignor Luigi Bortolussi107 e la Madre Superiora venne sottoscritto per poter aprire una prima porta nella parete sud-est del retrocoro della chiesa stessa, verso il cortile e consentire così alle suore ed alle allieve ospiti del convitto, di poter assistere alle funzioni religiose senza dover uscire in strada.108 L’avvio fu in ogni caso duro, irto di difficoltà e problemi. Nonostante le suorine facessero fuoco per spronare gli operai a finire le prime due camerette, nulla da fare. Non si sapeva dove mettere i materassi e i bauli, mentre fuori continuava a piovere e non si poteva dire ai parenti di aspettare e di farsi intanto un giro per la città. Ed il letto e i comodini? Si va tosto dal mobiliere che non si azzarda a prestarci nulla, in attesa che arrivino quelli che abbiamo commissionato, perché si rovinerebbero con la pioggia […]. Ci dice di pazientare […] siamo tutte mobilitate per le pulizie […].

Monsignor Sandrini arrivò ad incoraggiarle e per la sera tutto fu pronto. Partivano intanto per Verona, madre Pia Rossi e suor Palmina Paoletti, dopo aver dato manforte per l’apertura, sostituite dalla rev. madre Giuseppina Trebeschi e da suor Teresa Bardelloni. In tutti i quaderni vengono annotati, con grande cura, gli arrivi delle suore, i loro spostamenti, il cambio di destinazione, i loro rientri ed i viaggi soprattutto per Venezia e per Verona sede di altre Case del Sacro Cuore.

105

Mons. Bortolussi (1866-1959) fu parroco titolare di sant’Agnese per 63 anni, dal marzo del 1892 al marzo del 1955. 106 Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1940/41. 107 Cfr. nota 105. 108 Corrispondenza, Scuola Magistrale (1941 al 1966), Bergamo, 19 febbraio 1941.

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Rientrava fra le prescrizioni del loro Libro dei Doveri109 essere pronte a lasciare tutto per mettersi al servizio di Gesù dove più c’era necessità. Il cuore è spesso gonfio di ricordi, affetti ma hanno fatto voto e sono soggette a mutare spesso casa per non avere legami duraturi e per rimanere fedeli solo alla loro iniziale vocazione religiosa, sostenuta dall’obbedienza, dalla preghiera, dalla vita fraterna nelle sue diverse forme: meditazione, preghiera liturgica, esercizi e ritiri spirituali, vita sacramentale. Questa mattina [ottobre 1959] sono cominciati i sacrifici delle partenze. Sono partite la Reverenda suor Francesca Santorum per Firenze, suor Orsolina Conti per san Casario e suor Elena Armani per Trento. Suor Francesca Santorum si trovava a Portogruaro da due anni ed ha aiutato sia alla porta come portinaia che nella sorveglianza delle interne che accompagna alle varie scuole statali da esse frequentate. Suor Elena Armani si trovava qui da un anno soltanto come cuciniera. A tutte il nostro grazie per quanto hanno fatto di bene a questa casa ed il nostro augurio le accompagni, perché ne possano fare ancora di più nella comunità che le accoglie.110

Suor Igina Pividori aveva sempre fatto la cuciniera, «ufficio che disimpegnava molto bene e con amore» e dopo cinque anni lascerà Portogruaro il 20 marzo 1966 per una nuova destinazione. Prima di lei con le stesse mansioni ma altro titolo, era arrivata nel novembre del ‘45 suor Carmela Bonamico, celleraia ovvero colei che doveva amministrare il denaro della comunità e sovrintendere alla dispensa o cantina che in latino tardo medioevale si dice per l’appunto cellarium. Cuoca ed autista era stata anche suor Giuseppina Gattoni, verso la fine degli anni ’40. Alcune frequentanti la scuola trovarono la vocazione e scelsero di diventare le Figlie del Sacro Cuore. La prima fu Lorenzon Luisa.111 «Oggi il primo fiore portogruarese è partito per Verona, per fare in quella Casa la

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Verzeri 1952, op. citata. Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1958/59. 111 Sr. Luigia, al secolo Luisa Lorenzon, nasce a Portogruaro il 2.12.1915 e muore a S. Cesario il 5.02.1989. Una delle caratteristiche più forti della vita di sr. Luigia è stata senza dubbio la sofferenza, sia fisica, che psicologica, sia morale. E al Signore è piaciuto provarla fino alla fine. Lui sapeva con chi aveva a che fare! Sr. Luigia si è sempre ritenuta l’ultima, la meno capace. Ci ha riservato il suo insegnamento solo sul letto di morte; ci ha rivelato il segreto di una santità tale che non poteva essere improvvisata. E mentre il fisico veniva consumato dall’inesorabile male, in Sr Luigia si affinava lo spirito. (La Comunità di S. Cesario). (Le biografie in nota relative alle consorelle del Sacro Cuore, se non diversamente citato, sono della madre Assunta Bressan, archivista della Casa di Roma). 110

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sua prima prova: è la giovane Lorenzon Luisa che è stata accettata nella classe delle converse» seguita da Bruna Stival112 di Pravisdomini che farà la sua prima prova nella Casa di Venezia e da altre ancora. Ma un vero mazzo di fiori venne donato dalla famiglia del commendatore Sante Querin di Portogruaro113. Ben quattro dei suoi dodici figli dedicarono la loro vita a Dio: sr. Bernardetta,114 sr. Chiara,115 sr. Teresa116 e Fermo Querin che dopo aver celebrato la sua prima messa il 2 luglio 1964 ad Aviano, verrà ad officiare a sant’Agnese il 9 luglio 1964. Altra allieva dell’istituto magistrale diventata Figlia del Sacro Cuore è Maria Rigoni117 e da ultimo, ma

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Sr. Bruna Stival nata a Prasvisdomini entra nella Congregazione nel 1948; fa la prima prova nella comunità di Venezia. In prevalenza si è occupata della cucina. Ora si trova in riposo nella Comunità di S. Felice del Benaco (BS). 113 Sante Querin (1.11.1896-20.10.1988) concordiese, è stato corrispondente locale di numerosi giornali tra la prima e la seconda guerra mondiale. Autorevole rappresentante del mondo cattolico portogruarese è stato insignito del premio Gervino di Portogruaro nel 1986: “Per la fedeltà dimostrata alle istituzioni della Patria fin dalla giovinezza, per le sue alte doti di impegno civile, sociale, ecclesiale, per la testimonianza resa con gli scritti e con la vita”. Autore di interessanti ricerche e di numerosi articoli, ha curato una importante indagine statistica sulla realtà economica e sociale del portogruarese tra gli anni Venti e Trenta: Il bilancio demografico del mandamento di Portogruaro dal 1922 al 1936, Tip. Biasutti, Portogruaro 1938. Ha avuto dodici figli, di cui tre figlie divennero suore del Sacro Cuore ed un figlio sacerdote, don Fermo Querin. 114 Giuseppina è la prima delle sorelle Querin che entra nell’istituto delle Figlie del Sacro Cuore, a soli 18 anni (n. 13.9.1928). Alla vestizione prende il nome di sr. Bernadetta; compie gli studi universitari a Castel Nuovo Fogliani (PC) e si laurea in Lettere. Svolge il suo insegnamento in diverse case dell’Istituto con compiti anche di Direttrice; dal 1994 alla sua morte (15.4.2011) si presta per diversi servizi nella comunità e in attività scolastiche. 115 Antonia segue la sorella nel 1948 con il titolo di abilitazione magistrale e scientifica, al quale farà seguire altri titoli per rendersi più utile all’Istituto. Prima di 13 fratelli aveva un carattere forte e ben formato e un buon senso non comune. La sua vita religiosa era caratterizzata da spirito di sacrificio; amava il lavoro che le veniva chiesto e lo svolgeva con fantasia e gusto. Questo le rendeva più soave la fatica, spesso vissuta nel nascondimento, ma pure capace di dialoghi e conversazioni gustose. 116 Sr. Teresa al secolo Teresina, terzogenita della famiglia è pure la terza a farsi Figlia del S. Cuore. Fragile di salute svolge prevalentemente lavori di sartoria, rendendosi utile per confezionare vestiti per i bimbi dell’Africa con creatività e buon gusto. Muore a S. Felice del Benaco (BS) l’8-3-2012. 117 Maria Rigoni nasce a Motta di Livenza (TV) il 31.12.1934 e dopo essersi diplomata all’istituto magistrale di Portogruaro entra nell’istituto delle Figlie del S. Cuore il 15 settembre 1956 e prende il nome di sr. Emanuela. Ha lavorato nella vigna del Signore come educatrice e maestra a Venezia con le orfane e poi con gli alunni di Milano. Nel 1972 è tra le prime Figlie del Sacro Cuore che partono per la Repubblica Centro Africana: nel 1973 aprirà una nuova Comunità a Kabò al confine con il Ciad; con lo stesso amore si dedicherà al servizio nella Nunziatura di Bangui, dove incontra S. Giovanni Paolo II e da Lui riceve un solenne riconoscimento per il servizio svolto. Un incidente durante un esame clinico mise a rischio la sua vita che si concluse il 3 luglio 2005 a Brescia.

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non meno significativa, è l’entrata in Istituto della prof.ssa di latino Clara Zanusso.118 Alla fine di ogni anno scolastico (novembre-ottobre), prima di iniziare a scrivere il nuovo diario, la cronista aveva cura di annotare il nome dei sacerdoti e dei padri predicatori che avevano visitato la casa e si erano prestati per la Comunità e le opere. Le prime confessioni furono affidate al Parroco don Luigi Martin, le ultime a don Giovanni Della Pozza. Le educande erano affidate a don Luciano Padovese, mentre le scolare a monsignor Giacomo Marzin. Nazarena Savini fu la prima madre superiora della Casa di Portogruaro (1940-47) seguita da madre Geltrude Zonca (1947-1955), da madre Maria Motterle (1955-58), da madre Mariantonia Cinelli (1958-59) e nuovamente da madre Maria Motterle (1959-62). L’ultima fu la Rev. Madre Giacomina Olzi (1962-1966). A lei toccò l’onere di chiudere la Casa di Portogruaro.

118 Sr. Clara Zanusso mantiene il suo nome di battesimo anche nella vita religiosa. È professoressa di latino nell’istituto magistrale e insieme con Mons. Pasianotto tiene conferenze formative con scadenze quindicinali alle sue allieve, a partire dal marzo 1955: il cinema, la scuola come vantaggio soggettivo, la scuola nella società e per la società, rapporti che devono intercorrere tra alunni ed insegnanti, sono questi alcuni degli argomenti trattati. Nel febbraio 1957 entra in Congregazione. Durante la sua vita ricopre cariche di presidenza e di insegnamento. Offre all’attività scolastica gestita dall’Istituto la sua competenza, come pure per le attività culturali dell’Istituto Figlie del Sacro Cuore.

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1938/1966. Una storia lunga quasi trent’anni! Tutta scritta in piccoli quaderni a righe, con la copertina nera, il margine segnato dalla righetta rossa e sul frontespizio l’etichetta di carta con la cornice orlata: Memorie della casa di Portogruaro. I quaderni diventano strumento di propaganda durante gli anni del Regime come si può osservare dal bollo e dalle immagini riportate in copertina: sommergibili e nave della marina italiana negli anni della guerra, “Gesù fra i dottori del tempio” illustrato da Tato, ovvero da Guglielmo Sansoni (1896-1974), artista futurista fra i protagonisti dell'aeropittura.

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Prima pagina del Quaderno delle Memorie della Casa di Portogruaro, anno 1940. (AGFSCJ)

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1963. Planimetria del piano terra e del piano primo del complesso edilizio Santa Croce. Nel piano terra sono visibili le singole destinazioni. A ridosso della chiesa: cucina con cantina e dispense. Al centro il grande refettorio e oltre, nell’ala sinistra la palestra con sei aule e servizi igienici. Due accessi posti alle estremità del fabbricato portano ai cortili posti a nord e sud del complesso scolastico. Al piano primo si accedeva con tre scale interne, dove si trovavano la direzione e la cappellina. Ed inoltre 6 aule, stanze di servizio, con al centro una grande stanza di lavoro. Da quest’ultima, attraverso le due scale esterne, si poteva accedere ai cortili. Al terzo piano del corpo centrale della villa, in modo autonomo, erano posti gli spazi riservati alle religiose. (Concessione del Comune di Portogruaro, Prot. n. 0034308 del 8/09/16 E’ vietata la riproduzione e duplicazione con qualsiasi mezzo)

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La Scuola Media e l’Istituto Magistrale del Sacro Cuore La riforma Gentile del 1923 non prevedeva la scuola media: il ginnasio durava cinque anni e comprendeva i primi tre anni delle attuali scuole secondarie di primo grado (corso inferiore) ed il biennio del liceo (corso superiore), così l’istituto tecnico (3+2), mentre la vecchia scuola magistrale, ora istituto magistrale, comprendeva due corsi inferiori ed uno superiore (2+2+3) per un totale di 7 anni e consentiva l’accesso all’Istituto Superiore di Magistero.119 A Portogruaro la I^ classe della scuola media femminile, vale a dire del corso inferiore dell’istituto magistrale, venne avviata nel collegio Marconi nell’anno scolastico 1934/35 e contava 19 allieve: Altan Ulrica, Ballarin Irene, Battain Giuseppina, Bonan Mimì, Castiglione Mara, Cricco Rosa, Davì Erminia, Fumei Luciana, Furlan Giuseppina, Furlanis Maria, Moro Bianca, Reis Liliana, Rossi Alda, Vendramelli Franca, Vianello Aurora, Zanon Angelica, Zoccoli Gabriella, Zovatto Vilma.120 In quello stesso anno il Marconi festeggiava il suo decennale (1924/1934) da quando sulle rovine della grande guerra era stato rifondato il collegio convitto vescovile maschile ed erano state aperte due classi: una classe preparatoria e la prima ginnasiale. Nel 1927 i corsi divennero completi con il ginnasio inferiore e superiore. Bisognerà attendere la Carta della Scuola del ministro Dino Bottai per ritrovare nell’ordinamento scolastico un corso di studi che assorbirà e unificherà tutti i trienni successivi alle scuole elementari, istituito per la

119 La cosiddetta Riforma Gentile (Regio Decreto 6 maggio 1923, n. 1054), relativamente all’ordine medio, aveva previsto due istituti medi di istruzione di primo e secondo grado: Istituti medi di primo grado erano, la scuola complementare, il ginnasio, il corso inferiore dell’istituto tecnico e dell’istituto magistrale; Istituti medi di secondo grado erano: il liceo, il corso superiore dell’istituto magistrale, dell’istituto tecnico, il liceo scientifico ed il liceo femminile. Aveva inoltre elevato l’obbligo scolastico a 14 anni, portando a cinque anni il ciclo delle elementari (3 anni +2) dopo le quali si poteva accedere al percorso classico, ginnasio + liceo con accesso a tutte le facoltà universitarie, al percorso tecnico, portato a 8 anni con accesso alle facoltà di Agraria, Economia e Commercio e di Statistica ed al percorso Magistrale di 7 anni con accesso all’Istituto Superiore di Magistero (G. Cives, La scuola italiana dall’Unità ai nostri giorni, La Nuova Italia, Firenze1992, pp. 120-126). 120 G. Zanco, in Annuario Magistrale Marco Belli, New Print Editore, Portogruaro 2002, p. 34.

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formazione dei ragazzi dagli 11 ai 14 anni che intendevano proseguire gli studi ed iscriversi alle scuole superiori.121 Era sorta la Scuola media triennale sotto la diretta sorveglianza dell’E.N.I.M., ente nazionale per l’istruzione media, che nel 1939 avrà competenza anche sulle scuole superiori con l’acronimo E.N.I.M.S., organo di indirizzo, coordinamento e controllo di tutta la scuola dei due ordini, sia statale, sia privata «promuove la creazione di scuole che corrispondano a particolari esigenze economiche e culturali, infrenino l’emigrazione degli studenti verso le città, impegnino in una salutare emulazione con la Scuola statale enti e privati».122 Di tutta la riforma Bottai sopravvivrà soltanto la scuola media che l’Italia Repubblicana erediterà dopo la fine della seconda guerra mondiale che, riformata nella nuova Scuola media statale, alle fine del 1962 sostituirà ogni altro tipo di scuola fino allora vigente per la suddetta fascia di età.123 Nel maggio del 1938, il Podestà di Portogruaro ing. Renato De Götzen in merito ad una ricerca condotta dall’Associazione Nazionale per la diffusione

121

La Carta della Scuola di Dino Bottai (Legge 899/1940), articolata in 29 dichiarazioni, sanciva la stretta correlazione tra la scuola e le organizzazioni giovanili del Partito Nazionale Fascista, indicava le finalità della scuola nello stato fascista, la sua funzione e la sua struttura suddivisa in 4 ordini: elementare, medio, superiore, universitario. L’XI Dichiarazione prevedeva l’istituzione della scuola media: «La Scuola media, comune a quanti intendano proseguire gli studi dell’ordine superiore, pone nei giovinetti dall’undicesimo al quattordicesimo anno i primi fondamenti della cultura umanistica, secondo un rigoroso principio di selezione. La sua durata è di tre anni. Nei suoi programmi, ispirati a modernità di criteri didattici, l’insegnamento del latino è fattore di formazione morale e mentale. Il lavoro vi assume forma e metodo di lavoro produttivo. Nell’ordine fascista, età scolastica e età politica coincidono. Scuola, G.I.L. e G.U.F. formano, insieme, uno strumento unitario di educazione fascista». (G. Cives, La scuola italiana dall’Unità ai nostri giorni, op. citata, pp. 126-133). 122 L’Ente Nazionale per l’Insegnamento Medio (E.N.I.M.), istituito con regio decreto-legge 3 giugno 1938, n. 928, convertito con modificazioni nella legge 5 gennaio 1939, n. 15, assunse la denominazione di Ente Nazionale per l’Insegnamento Medio e Superiore (E.N.I.M.S.). Aveva competenze sull’istruzione media, classica, scientifica, magistrale, tecnica e femminile. 123 Prima del 1963 era possibile scegliere fra una scuola media triennale, istituita dalla Riforma Bottai nel 1940 o altre specializzazioni professionalizzanti. Ma mentre la media triennale, a cui si accedeva con un impegnativo esame di ammissione, consentiva il successivo proseguimento degli studi in tutti i settori dell’istruzione secondaria superiore, i percorsi professionalizzanti non lo permettevano. Con la nuova legge n. 1859 del 31 dicembre 1962, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 30 gennaio 1963, n. 27, veniva abolito l’esame di ammissione alla scuola media, mentre la licenza media conseguita con il superamento dell’esame finale permetteva la successiva iscrizione a tutti gli indirizzi di istruzione superiore.

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della cultura di Roma sulla scuola media, rendeva noto che nel Comune esistevano […] oltre una regia scuola secondaria di avviamento professionale, un ginnasio parificato ed una scuola magistrale inferiore, prossima alla parificazione. Trattandosi di istituto in progressivo sviluppo è già prevista l’istituzione d’un liceo classico e d’un corso magistrale superiore. Non si ravvisa, quindi, l’opportunità dell’istituzione di altre scuole medie a cui non potrebbe essere riservato un idoneo funzionamento.124

Al collegio vescovile G. Marconi dunque si prevedeva di istituire il liceo classico ed anche un corso dell’istituto magistrale superiore. Ne aveva dato notizia anche “Il Popolo” del 23 gennaio 1938, in occasione della commemorazione di Guglielmo Marconi al cui nome il collegio vescovile era intitolato, alla presenza del vescovo Paulini, del provveditore prof. comm. Lagomaggiore, del podestà De Götzen, del segretario ed ispettore federale dott. Tostani e di 300 giovani del ginnasio parificato e delle magistrali, protagonisti della premiazione degli alunni maggiormente distintisi nell’anno scolastico 1936-37. Dopo l’esecuzione dell’inno del collegio Marconi, composto per l’occasione dal maestro Michele Casagrande del Santa Cecilia125

124

ASCP, Anno 1938, n. 1630, Busta 5, Categoria 9, Classe 6 – fascicolo Scuole Tecniche, Lettera del Podestà del 10.05.1938 Ass. Naz. per la Diffusione della Cultura di Roma. Esemplare a tale proposito la vicenda della “scuola tecnica” di Portogruaro, in, A. Rizzetto, P. Manoni, P. Piasentier, Una scuola popolare. Dalla scuola tecnica pubblica all’istituto professionale Einaudi. 1871-2000, Vito Vittorio Editore, Fossalta di Portogruaro 2011 e la storia della scuola di avviamento professionale “Dario Bertolini” in, P. Manoni, V. Pizzolitto, U. Perissinotto, La scuola Dario Bertolini nel centenario dell’intitolazione. Docenti e attività didattica tra le due guerre, New Print, Portogruaro 2014. 125 Casagrande Michele (S. Angelo in Vado, Pesaro 1905 – Portogruaro 1944) maestro e compositore giunse a Portogruaro nel febbraio del 1929 chiamato a dirigere l’istituto musicale “S. Cecilia” che nel 1938 cambierà nome per diventare “Istituto Musicale Santa Cecilia”. Sotto la Presidenza dell’avvocato Settimio Magrini, uomo di notevole cultura musicale e vulcaniche capacità organizzative, l’istituto conoscerà tutta una serie di fiorenti stagioni musicali e teatrali e il maestro Michele Casagrande inizierà una vita artistica di successo come compositore nel campo bandistico, liturgico e sinfonico. Compose brani musicali per le specifiche ricorrenze della città, fra queste: Omaggio a Portogruaro, Omaggio a Concordia, Tempo di festa, Impressioni musicali e il citato inno per il collegio Marconi. All’inizio degli anni ‘40 compose la Missa Regina Pacis, per coro a sei voci ed organo, opera che rivela la sua maturità di uomo e di artista e che venne eseguita per la prima volta il giorno di Natale del 1942. Nel 1941 è chiamato a ricoprire l’incarico di maestro sostituto nella stagione lirica del Teatro Malibran di Venezia. Nel programma musicale della Fondazione Santa Cecilia di Portogruaro è sempre presente l’Inno al Santa Cecilia che il maestro compose nel 1938, successivamente arrangiato in chiave moderna (La scuola Dario Bertolini, op. citata, pp. 84-87).

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su parole ispirate di monsignor Luigi Janes, venne fatta la reclame del corso femminile. Nel collegio vescovile G. Marconi avevano trovato posto le classi inferiori dell’istituto magistrale, «e le signorine» avevano gli stessi insegnanti laici e religiosi del collegio maschile, ma durante gli intervalli della scuola erano assistite dalle suore «in ampio cortile loro riservato».126 Per provvedere al futuro sviluppo dell’istituto magistrale, si stava progettando l’acquisto e l’adeguamento dei locali di Villa Martinelli e tutto faceva sperare che nell’anno scolastico 1938-39 si sarebbe inaugurato un vero collegio-convitto sotto la direzione e la gestione amministrativa della Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore, «ormai affermatasi nel campo dell’educazione». Tutto andava a gonfie vele? In realtà vi erano dei problemi. I locali che ospitavano le ragazze erano «convenientemente separati» da quelli frequentati dai maschi, ma mancavano ancora le suore. L’organizzazione della scuola femminile gravava per intero sul collegio Marconi e sulle spalle del suo rettore monsignor Paolo Sandrini il quale scriveva con insistenza alla casa generalizia delle F.S.C.J. di Bergamo perché si decidessero a venire a Portogruaro a fondare la casa delle religiose e ad aprire la scuola. «Il problema è la custodia e la direzione morale delle ragazze che si fanno grandi. Non possiamo tirare innanzi senza le suore!» scriveva nel 1939 monsignor Paolo Sandrini È meglio che vi faccia subito la domanda: avete conservato l’idea di divenire qui ad assumervi l’Istituto Magistrale col relativo convitto? Avete alcune professoresse? Noi per non lasciar cadere un’opera tanto desiderata dalla città […] abbiamo cercato di far nuove aule, togliendole dal Collegio Maschile. E le scuole vanno avanti bene, quest’anno anche con la 1^ superiore, con una popolazione scolastica complessiva di 115 alunne.127

Monsignor Sandrini era pienamente convinto della bontà dell’occasione e pure dei meriti di cui godevano le suore della Congregazione del 126

«Venivo da classi elementari miste della campagna, per cui mi meravigliai che non ci fosse la ricreazione nel cortile del Marconi. Quello spazio era riservato ai maschi, noi ragazze dovevamo attraversare la strada e ricrearci al Calasanzio sotto il cui portico sostava la vecchietta che vendeva i caramei» (E. Sguerzi Bias, Annuario Magistrale Marco Belli, New Print, Portogruaro 2002, pp. 18-21). 127 Fondazione, Corrispondenza, dal Vicario Generale di Concordia alla Rev.da Madre Generale di Bergamo, 22/02/1939.

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Sacro Cuore nell’ambito scolastico. «Avevamo fatto la scelta migliore!» pensò tra sé e riconfermò quanto aveva già scritto alla Madre Generale circa l’avvio dell’anno scolastico 1939-40: le classi femminili sarebbero state organizzate ancora per un anno nel collegio vescovile in attesa della ristrutturazione di Villa Martinelli. Le suore, giunte il 4 ottobre 1940, accolte benevolmente come “le suore dello studio” dalla cittadinanza di Portogruaro, in quel primo anno scolastico furono impiegate al servizio di sorveglianza delle ragazze e nell’ufficio di segreteria della scuola media unica e delle magistrali, sotto la presidenza di monsignor Sante Pascotto. Poiché la legge prescriveva che la scuola media fosse totalmente staccata dall’istituto magistrale, le suore affittarono al Marconi i locali appena ristrutturati del Martinelli necessari ad ospitare le tre sezioni di classe prima della scuola media, di cui una maschile, una femminile ed una terza mista, per un totale di 90 alunni, dietro congruo compenso anche per il lavoro che già prestavano. Ottenuta l’autorizzazione del Provveditorato agli Studi di Venezia nell’ottobre del 1940, aprirono anche un piccolo educandato che darà inizio all’opera per cui erano state chiamate, prima per 7 ragazze, poi 14 e poi ancora 24 fanciulle: «Sono entrate anche oggi le nostre 24 educande per riprendere domani la scuola. Non sono molte, è vero, ma lo spazio è così ristretto, e noi tanto poche che fatichiamo davvero a sopperire ai bisogni». Le fanciulle sarebbero state molte di più se solo avessero avuto lo spazio necessario per accoglierle tutte, soprattutto durante gli anni della guerra e degli sfollati.128 Il secondo anno scolastico si aprì regolarmente il 5 ottobre 1941 e si concluse il 12 giugno 1942, ma le novità furono molte. I maschietti passarono tutti al Vescovile, mentre le sezioni femminili della scuola media e le cinque classi dell’istituto magistrale traslocarono finalmente in Villa Martinelli con le iscrizioni sempre in crescita. Vennero eseguiti nuovi lavori per rendere la struttura non solo salubre, ma anche «sobriamente comoda» e le aule occupate furono otto, per un totale di 212 alunne.129 La direzione

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L’autorizzazione giunse il 16 ottobre 1940. Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1941/42. 129 Le alunne erano così suddivise: I^ media= 2 sezioni; II^ media = 1sezione; III^ = magistrale inferiore, 1 sezione; IV^ = magistrale inferiore, 1 sezione; I^ magistrale superiore = 1 sezione; II^ magistrale superiore = 1 sezione; III^ magistrale superiore = 1 sezione.

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didattica ed amministrativa rimase invece al collegio Marconi che provvide alla fornitura di tutto il necessario materiale scolastico e a garantire i professori laici e religiosi per l’insegnamento: solo una suora insegnava lettere ed un’altra insegnava lavoro nelle sezioni femminili. Continuavano intanto le visite degli Ispettori Scolastici per l’iscrizione all’E.N.I.M.S. e per la parificazione. Nell’ottobre del 1943, il corso magistrale ottenne la parificazione. Le candidate all’esame di abilitazione furono accompagnate a Verona, ma non conseguirono risultati soddisfacenti per varie cause «prima fra tutte la poca serietà di studio delle figliole». Gli scritti, seguiti dai professori esterni che componevano la commissione d’esame, si svolgevano in loco mentre gli orali si dovevano sostenere a Venezia al “Nicolò Tommaseo”, a Gorizia o Verona.130 L’autonomia dal Marconi avvenne nel novembre del 1943 con l’intitolazione: Istituto Magistrale e Scuola Media Sacro Cuore di Gesù. A Suor Giovanna Fozzer fu affidata la presidenza della scuola media, mentre suor Silvia Giordano131 veniva confermata preside dell’istituto magistrale.

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Nell’anno scolastico 1945-46 fra i componenti della commissione ci fu il chiarissimo professor Gian Lodovico Bertolini figlio di Dario, avvocato e archeologo di fama internazionale. Gian Lodovico (Portogruaro 1869-1959) studioso e storico della geografia, fu autore di molti saggi, monografie e articoli fra cui quello pubblicato da Sonzogno in Le cento città d’Italia che gli procurò maggiore fama (AA.VV. I Bertolini, i libri, gli uomini, New Print, Portogruaro 2004, cit. pp. 32-33). 131 Sr. Silvia Giordano, nata Torino il 21.2.1915 entra nella Congregazione già con l’abilitazione in Lettere il 12.10.1939 e nel 1941 è preside ed insegnante di lettere a Portogruaro. Della sua opera a s. Agnese sono testimoni le parole poste nelle Memorie della Casa, alla sua partenza: «La Madre Silvia, venuta a Portogruaro nel 1941, è stata, per così dire, l’iniziatrice della nostra scuola media e magistrale, di cui ha quasi sempre tenuto le due presidenze. Lavoratrice indefessa, brava organizzatrice, forte e serena, ha saputo conquistarsi la benevolenza e la stima delle allieve e delle rispettive famiglie. È quindi naturale che lasci di sé un vivo rimpianto ed un caro ricordo. La Comunità pure sente di perdere una consorella osservante e l’accompagna coi suoi voti perché anche nella nuova casa possa continuare il suo lavoro a pro dell’istituto e delle anime» (AGFSCJ, Memorie della Casa di Portogruaro S. Agnese, 19 ottobre 1953). Dal 1953 preside a Milano, Bassano, Verona, Brescia; poi Superiora in altre comunità fino quasi alla sua morte il 24/2/2004. Ha svolto sempre con passione il suo compito di educatrice con spirito aperto e innovativo. Di lei si può dire che fu donna forte, amante del dialogo, dell’ascolto e della preghiera. Ha saputo operare Dio nella sua vita, aderendo al suo volere sempre in pieno servizio per la Congregazione che amava veramente e per la Chiesa.

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L’anno scolastico del Sacro Cuore in completa autonomia, venne inaugurato l’8 novembre 1943 con la Santa Messa celebrata a sant’Agnese da monsignor Paolo Sandrini il quale rivolse alle 250 alunne iscritte un chiaro discorso d’occasione prendendo a spunto il versetto davidico Bonitatem et disciplinam et scientiam doce me. Venne inaugurata anche la nuova aula di scienze che servirà pure da aula per la 3^ superiore, ricavata dalla ristrutturazione di una delle casette poste accanto alla portineria e, nel mese di giugno del ’44, giungerà il materiale ordinato alla “Casa Paravia” per il gabinetto scientifico, conditio sine qua non per la parificazione dell’istituto magistrale. Poco prima della Liberazione, improvvisamente, era giunto in visita al Sacro Cuore il professor G. Fiammazzo, ispettore dell’E.N.I.M.S. e preside della scuola media governativa di San Donà di Piave, che finita l’ispezione si esprimerà con termini lusinghieri, affermando che «s’era fatto quanto si è potuto, in questo difficile anno di guerra».

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12 agosto 1943. Monsignor Sante Pascotto, comunica di cedere alle Figlie del Sacro Cuore le scuole femminili – istituto magistrale e scuola media - fino ad allora alle dipendenze dello stesso collegio. (AGFSCJ, Fasc. 1 Portogruaro, Prot. 31A)

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1940/41. Primo gruppo di educande del convitto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Portogruaro, autorizzato dal Provveditore agli Studi nell’ottobre del 1940. (AGFSCJ)

1945. Gruppo di educande del convitto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Portogruaro. (Cortesia Antonietta Dalla Francesca)

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Anni ’50. Gruppo di educande della scuola media. Eugenia Facchin è la prima a destra. (Cortesia di Eugenia Facchin †)

1951. Classe IVª magistrale. Da dx, prima fila sedute: Anna Maria Bernardis, Acco Assunta, Zingherle, Martinello, Rosetta Pellegrini, Liliana Cesarin, Costantini, Anna Camolese, Gabriella Zanusso. Da dx, seconda file in piedi: Nives Manzoni, Marisa Drigo, Antonietta Dalla Francesca, Anna Maria Mattiassi, (…), Renata Maschietto, Geromin, Cornelia Viviani, Angelica Dalla Pozza, insegnante Irma Tollon (lettere), insegnante Laura Castaldi in Salvador (ginnastica). Da dx, terza fila in piedi: Enrica Anastasia, Valentina Bernardi, Elena Nobile, Leonilde Bianco, Cornelia Gonnella, Clara Prevarin, Baldo, Luigina Pantarotto, (…). (AGFSCJ)

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Giugno 1941/42. Primo gruppo di maestre del “Sacro Cuore” con Vidali Maria insegnante di lettere. Terza in basso da sx Lavinia Bortolussi Lamberti. Terza in alto da sx, Dina Torcoli. (Cortesia Lavinia Bortolussi Lamberti)

Seconda metà degli Anni ’50. Gruppo di educande della scuola media. A sx Suor Maria Soregaroli laureata in matematica e al centro la madre superiora Maria Motterle, presenti al S. Cuore dal 1955 al 1960. (Cortesia di Eugenia Facchin †)

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19 Giugno 1951. Scuola media del Sacro Cuore. A dx l’insegnante di ginnastica Laura Castaldi in Salvador. Fra le allieve Giovanna Zulian “Lili”. (Cortesia Antonio Furlanis)

Villa Martinelli negli anni Cinquanta. A sx della foto si può ancora vedere la scritta “Scuola Media” che aperta dalle suore del Sacro Cuore nel 1941 terminerà nel giugno del 1956, quando la scuola media statale troverà sede in palazzo Fasolo. Sulla destra è possibile vedere la porta aperta nel retrocoro della Chiesa di sant’Agnese, attraverso la quale le suore entravano per assistere alla messa senza dover uscire in strada. (AGFSCJ)

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1945. Le maturande davanti alla scalinata del Sacro Cuore con i loro professori. Delle allieve, a partire da dx, prima fila, la terza è Anna Maria Fabrici, al centro Maria Pia Ziliotto. Tra i professori a partire da dx, la prima seduta è Maria Vidali, insegnante di Lettere. (Cortesia Mario Cadamuro Morgante)

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11 settembre 1943. Suor Nazarena Savini descrive la fatidica data dell’armistizio, 8 settembre 1943. Quaderno delle Memorie della Casa di Portogruaro, anno 1942/43. (AGFSCJ)

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La guerra Suor Nazarena Savini fu la prima madre superiora della Casa di Portogruaro. Nata a Firenze nel 1882 aveva compiuto i primi studi nella Casa del Sacro Cuore di quella città. Poi Brescia, Milano, Verona e quindi Portogruaro, dalla sua fondazione nell’ottobre del 1940, fino al 19 ottobre 1947, negli anni più duri e difficili dell’istituzione, anni di guerra, di penuria, di insicurezza e di solitudine. Proprio oggi [5 ottobre 1941] avviene, diciamo così, la presentazione ufficiale alla cittadina di Portogruaro delle “suore degli studi” come già ci chiamano. Alle ore 9 sfilano più di 200 studentesse con 5 religiose; s’incamminano verso il Duomo per ascoltare la Santa Messa celebrata da Mons. Ceconi parroco del Duomo […].132

Dopo Dio, la Patria. Il sacro tempio è gremito da più di un migliaio di vite giovanili: le speranze della Patria. Prima di tornare all’Istituto dobbiamo fare una tappa in piazza per la cerimonia della G.I.L. e poi un’altra al Collegio Marconi dove il Preside del liceo Mons. Giacomuzzi mostra a tutti la necessità della disciplina, onde riuscire in tutte le nostre imprese[…].133

Il 6 ottobre 1941 inizia in tempo di guerra l’anno scolastico. «Oggi apriamo i battenti a cuore largo a più di 200 ragazze [...].» È «proprio il Signore che manda i suoi angeli della terra a sollevare nei crucci penosi e nelle ristrettezze finanziarie, specialissime nell’attuale momento della guerra: se si pensa che occorrono dieci ore di rotta per arrivare a Portogruaro!»134 Fra i primi angeli madre Silvia Giordano, che giunta a Portogruaro nell’ottobre del 1940, vi rimarrà fino al 1947 come preside delle magistrali e condividerà con Nazarena Savini la fondazione ed i primi anni del Sacro Cuore. Ebbi la Madre Savini Superiora a Portogruaro per sei anni, i primi della mia vita religiosa, nella povertà più totale, ma anche più gioiosa della casetta di Portogruaro, aperta nei primi anni della seconda guerra mon-

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Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1941/42. Ibidem. 134 Ibidem. 133

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diale. Di quante cose si doveva far senza, in quegli anni non facili! Ma mentre per noi giovani ogni rinuncia era motivo di chiassosa e serena accettazione, per lei, già anziana doveva costituire motivo di sofferenza. Eppure mai abbiamo potuto cogliere un benché minimo segno, di insofferenza o di lamento.135

Sono gli ultimi anni del Regime, delle adunate e dei proclami ed anche le ragazze del Sacro Cuore vengono condotte a presenziare in piazza alle manifestazioni patriottiche, secondo uno scadenzario di date memorabili, celebrative delle tappe fondamentali del Partito Nazionale Fascista e dell’Impero. Le scuole chiudono e le ragazze fanno vacanza il 18 aprile 1941 per la capitolazione della Jugoslavia, il 24 aprile 1941 per l’arrivo del federale e il passaggio, dalla stazione ferroviaria di Portogruaro, del battaglione San Marco, il 28 ottobre 1941 per celebrare la marcia su Roma e il 18 novembre per rammentare le ingiuste Sanzioni Economiche all’Italia da parte delle Nazioni Unite. Le allieve vengono condotte in Duomo per il Te Deum all’inizio dell’anno scolastico o l’11 novembre, genetliaco del re-soldato, in seguito imperatore d’Etiopia e d’Albania. Ma sono anche gli anni della guerra. I grandi avvenimenti che interessano l’Italia e il mondo intero, finiscono per lambire anche la piccola comunità delle suore del Sacro Cuore di Portogruaro che raccontano così l’8 settembre del 1943: Questa sera una breve trasmissione alla radio ha portato un lampo di gioia in tutte: il Maresciallo Badoglio ha firmato l’armistizio con l’Inghilterra, ma nello stesso tempo ordina di resistere a qualsiasi aggressione possa venir fatta all’Italia da altre potenze: questa seconda parte mette in serie apprensioni per ciò che potrà avvenire nel prossimo futuro.136

L’11 settembre 1943 la reverenda madre cronista aggiunge: L’armistizio firmato tre giorni fa, ha suscitato nuove gravi scintille: l’armata tedesca – già alleata – ora, sentendosi tradita avanza disarmando tutti i soldati italiani che trova sul suo cammino e destinandoli ai vari campi di concentramento. I componenti dei diversi corpi del nostro Esercito per sfuggire a tale rapido rastrellamento, hanno iniziato una fuga disordinata e precipitosa attraverso i campi, quali con automezzi,

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Membri della Congregazione. Defunte. Cenni biografici. 1953/58. Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1943/44.

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quali a piedi, per raggiungere luoghi più sicuri… La notte scorsa è cominciata a sfilare anche sotto il nostro portone l’interminabile catena dei fuggiaschi, ed è continuata per tutto il giorno, portando un orgasmo ed un’agitazione non indifferente nella popolazione civile. Ad aumentare il disordine questa mattina una falsa voce rapidamente diffusasi annunciò prossimo lo scoppio della polveriera che si trova presso la stazione: fu un fuggi-fuggi generale e scomposto verso i campi; noi ci rifugiammo in chiesa e sotto la protezione del Rosario Benedetto di Maria aspettammo il ritorno della calma.137

La notte successiva un insolito rumore di camion, di voci spezzate dalla fretta di chi carica e scarica aveva svegliato di soprassalto la madre superiora che, con alcune suore, si era alzata per andare a vedere. Il primo pensiero fu quello di un’aggressione alle case vicine, invece si trattava di un camion militare che per fuggire più prontamente si liberava delle provviste che portava con sé, distribuendo ai cittadini zucchero, pasta, riso, formaggio, ecc. Dio provvide e di roba ce ne fu anche per loro! Settembre era anche tempo di esami, ma la guerra rendeva tutto incerto. A voce il regio provveditore di Venezia aveva confermato il loro regolare funzionamento, ma le comunicazioni telefoniche ed epistolari erano bloccate, mentre il giornale portava la notizia della sospensione per la città di Roma. Quella misura sarebbe stata adottata anche nelle altre regioni d’Italia? Il 16 settembre, come fulmine a ciel sereno, giungeva il contrordine per gli esami e le ragazze, che erano state accompagnate da suor Silvia Giordano a Pordenone all’Istituto Vendramini, dovettero far ritorno a Portogruaro senza esito. Vennero sospesi esami ed iscrizioni.138 Dopo l’8 settembre, iniziarono i bombardamenti e nei venti mesi che precedettero i giorni della Liberazione, bussarono al Sacro Cuore di Portogruaro in cerca di protezione e di aiuto sfollati, profughi, diseredati, scampati alle diverse tragedie: il 23 novembre del 1942 in seguito ai bombardamenti su Genova e su Milano arrivarono i primi profughi a scuola e

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Ibidem. Tra il 1943 ed il 1945 sul territorio italiano non vi era una sola autorità per il sistema scolastico: abbiamo il regno d’Italia al Centro Sud, con il suo ministro dell’istruzione ma anche con la Commissione Alleata di Controllo del col. Washburne; al Nord c’era la Repubblica Sociale Italiana, con il suo ministro dell’Educazione Nazionale e le varie effimere Repubbliche Partigiane, che governarono la scuola nei loro territori. 138

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fra questi un bambino di 2^ media; il 14 settembre 1943, accompagnate da monsignor Pascotto, quattro suore Figlie di Maria Ausiliatrice «stanche, affamate, impolverate». Erano in servizio ad Abbazia (Fiume) in un ospedale militare assieme ad altre sette consorelle, varie crocerossine ed al cappellano militare, quando i Croati che si erano uniti ai Tedeschi disarmarono tutti gli ufficiali e i soldati italiani, pena la morte. Nel frattempo «una banda inferocita si lanciava sull’ospedale di quelle poverette, attrezzato di tutto punto». Le suore, prevedendo tale disastro, nei giorni precedenti, mentre gli ammalati meno gravi avevano cercato scampo con la fuga, avevano cominciato ad insaccare quanta più roba possibile. Quando poi sentirono i primi colpi sulle porte chiuse, evacuarono totalmente e guidate dagli ufficiali medici assieme ad un centinaio di soldati ammalati ed al personale subalterno presero posto su una colonna di camion per avviarsi verso Padova, dove risiedeva la loro Casa Generalizia. Furono scortati dai Croati e dalle Croate armati fino ai denti e dopo 24 ore di viaggio quei poveri fuggiaschi erano giunti a Portogruaro. Le undici suore furono sistemate dalle autorità locali presso diversi istituti e l’indomani, dopo aver ottenuto il permesso dei Carabinieri, ripresero il viaggio. Ma la loro via Crucis non era finita. Ritornarono indietro anche quelle ospitate dal Sacro Cuore e non da sole, ma con quattro crocerossine, un tenente cappellano in convalescenza, il cappellano militare, gli ufficiali medici ed i soldati, e gli ammalati. Cominciarono a depositare in portineria i pesanti fagotti, mentre le Figlie del Sacro Cuore furono mobilitate a prestare soccorso nel miglior modo possibile a tutta quella povera umanità: il cappellano fu sistemato «fuori clausura» nella portineria, e le suore con le crocerossine vennero alloggiate nei «dormitorietti delle educande». Le Figlie del Sacro Cuore andavano incontro ai bisogni del tempo e la loro carità le spingeva, con il consenso dell’autorità ecclesiastica, ad aprire le porte del convento anche agli uomini, cercando per loro luoghi che salvassero, come meglio si poteva, la clausura. «Dopo la cena, si ritirarono a prendere un po’ di meritato riposo, mentre noi finimmo di pulire, di stirare la biancheria e l’abito del Padre (un missionario del S. Cuore), ch’era arrivato qui in condizioni pietose.»139 Il giorno dopo, vennero accompagnati alla stazione per tentare la partenza, questa volta, in treno.

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Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1943/44.

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Ci lasciarono generi alimentari in scatola e un gran pentolone di alluminio portati via in gran fretta. E pensare che abbandonarono forzatamente in mano agli invasori per oltre 2.000.000 di biancheria e medicinali! …Sentiamo tutte il cuore stretto ed angosciato, e pensando che questo sarà solo un primo assaggio della lotta che si profila truce e disastrosa, ci uniamo sempre più strettamente nel Cuor di Gesù che non può permettere niente che non sia a nostra salvezza.140

Altre suore, profughe da Zara, vennero soccorse nella seconda metà del mese di marzo del 43: erano in viaggio da un mese e dopo aver percorso per terra, parte della costa dalmata, si erano imbarcate su un piccolo battello che imboccò la foce del Lemene, risalendolo fino a Portogruaro. Nel luglio del ’44, cinque seminaristi istriani, fuggiti dalle mani dei comunisti ed ora in cerca di asilo, furono accompagnati da monsignor Sandrini dalle suore del Sacro Cuore, le quali, data l’autorità del richiedente, misero a disposizione dei fuggiaschi «due stanzette svincolate dagli ambienti occupati dalle religiose coll’intenzione di glorificare il Signore». Dalla terra al cielo. Nella notte del 19 novembre 1943 la Casa del Sacro Cuore di Pontecorvo venne completamente distrutta da un’incursione aerea e tutte le consorelle rimasero sepolte dalle macerie: solo una vecchietta riuscì a sopravvivere. Non riusciamo a capacitarci di tanta disgrazia: 17 vite umane brutalmente stroncate mentre erano nel fervore di una attività caritativa! Anche le scolare e le educande alle quali abbiamo comunicato il nostro dolore, partecipano commosse al nostro lutto!141

L’ultimo giorno di dicembre del ’43 alcuni apparecchi inglesi si soffermarono sulla città di Portogruaro «già immersa nel sonno» e lanciarono sette razzi luminosissimi spaventando non poco la popolazione fra cui alcune consorelle del Sacro Cuore ancora in piedi con la loro madre superiora. Nel gennaio del 1944 iniziarono a suonare le sirene dell’allarme antiaereo. Come durante la Grande Guerra, Portogruaro ritornava ad essere un possibile obiettivo quale nodo stradale e ferroviario molto importante per le comunicazioni interregionali: nella notte tra il 9 e il 10 gennaio, e quindi tra il 16 e il 17 e il 28 gennaio furono sganciate diverse bombe a S. Nicolò, 140 141

Ibidem. Ibidem.

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lungo la strada verso Summaga, a Concordia, a Levada e in località Noiare.142 Nella notte tra il 16 ed il 17 gennaio del ’44, le suore portarono in salvo le fanciulle in aperta campagna. Man mano che si fuggiva, sempre più numerosi, a grappoli, erano bruciati i razzi dagli apparecchi, ed accompagnati da tante luce, forti scoppi rendevano più paurosa la scena per quanto noi vi assistessimo come lontani spettatori. Ad un tratto, il cielo sopra il nostro capo fu illuminato a giorno: un ordine imperioso si levò da tutta la folla agglomerata per le stradine di campagna. Tutti a terra! Fu un attimo! Lungo i fossi si sdraiarono donne, bambini, uomini. Anche noi seguimmo l’esempio e mentre numerose bombe - sia pur di piccolissimo calibro - e spezzoni incendiari venivano lanciati lungo la ferrovia, un’unica era l’aspirazione di tutti: raccomandarsi l’anima a Dio misericordioso!143

Le vittime nei paesi dintorno furono 28, morte a causa delle schegge di bombe, e parecchi i feriti. Fra le vittime di quella prima incursione monsignor Francesco Frasanchin parroco di Concordia. «Egli al momento dell’incursione aveva aperto la finestra delle sue stanze e vedendo il suo gregge in imminente pericolo […] venne colpito da un’apoplessia violenta.»144 La reverenda madre si diede allora «a perlustrare con ogni diligenza l’ortaglia ed il fabbricato per creare un piccolo angolo che debitamente fortificato potesse dar garanzia di discreta solidità e creare in tal modo un rifugio per la Casa di Portogruaro».145 Trovò che il bucato veniva posto ad asciugare al coperto di un tetto di cemento a volta, nel vano di una gradinata ornamentale posta nella parte posteriore della casa. Il vano aveva due aperture ed era svincolato dal resto della casa, per cui se anche questa crollava, il «rifugetto» poteva resistere intatto. Vennero fatti fare dei lavori e questo divenne il rifugio del Sacro Cuore e da allora, durante gli allarmi, non si uscì più nei campi. L’ultima domenica di gennaio del 1944, contrassegnata da un prolungato allarme per i bombardamenti ai campi di aviazione di Aviano e Villorba, anche il cielo di Portogruaro fu teatro di terribili duelli aerei: tre apparecchi precipitarono rovinosamente al suolo e dei piloti «non si trovò 142

I. R. Pellegrini, L’altro secolo. Cent’anni di storia sociale e politica a Portogruaro (1870-1970), Ediciclo Editore, Portogruaro 2001, pp. 426-427. 143 Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1943/44. 144 Ibidem. 145 Ibidem.

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che una piccola porzione di cervello ed un orecchio [...]. Raccolte nel nostro nuovo rifugetto abbiamo assistito solo con l’udito a tante disgrazie». Prima di chiudere il diario del ’44, madre Nazarena Savini stese l’elenco delle gravi incursioni aeree avvenute nei mesi estivi: 19 maggio forte bombardamento su Latisana (a 4 Km da qui), è durato pochi secondi ma ci ha fatto passare momenti spaventosi; 3 settembre: mitragliamento ad un treno di munizioni fermo alla stazione di Portogruaro. Lo scoppio dei proiettili durò per oltre due ore. La Provvidenza volle che tre valorosi sganciassero a tempo un vagone di dinamite, che, se fosse scoppiato, avrebbe causato la distruzione dell’intera cittadina; Il 10 settembre nuovo lungo mitragliamento sulla stazione e leggero bombardamento: a noi causò solo la rottura di una grande vetrata del coro.146

In quei mesi di guerra, oltre il già citato aiuto, si dovette dare frequentemente ospitalità per la notte a signore o signorine che si trovavano impossibilitate a continuare il loro viaggio per l’improvvisa soppressione dei treni. Il giorno 4 novembre del 1944 il lento passaggio di grosse formazioni di bombardieri su Portogruaro fu, ad un tratto, interrotto da una violenta raffica seguita dallo scoppio di parecchie decine di ordigni esplodenti: in pochi secondi tutto era finito, ma la chiesina dell’Annunciata non esisteva più. Un centinaio di spezzoni incendiari si erano abbattuti su lei, bruciandone completamente i banchi, il tetto, la Sacrestia con tutti gli arredi sacri in essa contenuti. Ma il Signore voleva pur far vedere agli uomini terrorizzati, la Sua onnipotenza! Dalle fiamme e dalle dense colonne di fumo uscirono miracolosamente illesi il Rev.m° Mons. Ceconi e la M. R. M. Superiora dell’Asilo, che al momento del disastro si trovavano in chiesa: spezzoni e schegge di ogni dimensione li avevano sfiorati da ogni parte, senza nemmeno scalfirli!147

Il teatrino del collegio femminile del Sacro Cuore, in quei mesi di guerra, non sollevò il proprio sipario perchè «Il lutto generale in cui l’umanità è avvolta impedisce ogni forma di godimento anche lecita.»

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Ibidem. Ibidem.

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Nel mese di marzo del 1944, la superiora del Sacro Cuore madre Nazarena Savini fu coinvolta, suo malgrado, nell’episodio che vide la città di Portogruaro insorgere per la prima volta contro il Regime per offrire umana sepoltura ad un giovane paracadutista indiano: Sedon Kartasin.148 Il 26 febbraio del 1944 – come appare scritto in una nota dell’allora Prefetto di Venezia – un fascista di Portogruaro, nell’inseguire un prigioniero indiano sedicente capitano d’aviazione, fuggito dal campo di concentramento e da qualche tempo rifugiatosi in quella campagna, veniva improvvisamente fatto segno da parte dello stesso a colpi di arma da fuoco. Il fascista reagì con alcuni colpi di rivoltella che ferirono gravemente il prigioniero deceduto il giorno successivo nell’Ospedale di Portogruaro […]. In seguito un numeroso gruppo di persone si portava nei pressi dell’ospedale per ottenere che fossero fatti i funerali all’ucciso. Intervenuta la forza pubblica la folla veniva dispersa e si procedeva al fermo di 13 persone quali promotrici della manifestazione.149

In realtà il prigioniero indiano non era armato, teneva in mano una scodella di latte e vagava per i campi in cerca di cibo, questo alla luce anche di recenti particolari inediti emersi dalle memorie parrocchiali di don Giovanni Della Valentina. È deceduto all’ospedale con il pensiero della famiglia e specialmente della mamma che lo attendeva con ansia dopo aver perduto in guerra altri due figli. Il feritore fu un goriziano […] stimolato dal denaro della taglia militare elargita a chi cattura o vivi o morti prigionieri di guerra. In seguito alla morte dell’Indiano sono stati arrestati, tra altri civili, anche mons. Lozer canonico del capitolo diocesano e il Cappellano dell’Ospedale civile di Portogruaro Don Angelo De Bortoli i quali furono tradotti nelle prigioni di Venezia.150

All’inizio di marzo, madre Nazarena Savini era stata chiamata d’urgenza in Curia da monsignor Sandrini che la voleva avvertire, perché indiziata di «manifestazione ostile alla forza pubblica» con altre tredici persone, molte delle quali già arrestate, fra cui per l’appunto monsignor Giuseppe Lozer e don Angelo Bortoli cappellano dell’ospedale, molti distinti signori della città, ed alcune donne, fra cui la presidente dell’Azione Cattolica. 148 L’altro secolo, op. citata, pp. 431-432. Nella nota a piè di pagina n.50 l’autrice riporta anche i diversi riferimenti bibliografici sull’episodio citato. 149 Ibidem. 150 Ibidem.

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«Alcune buone persone, senza pensare alle conseguenze, avevano raccolto dei fondi per dare un’onorata sepoltura al defunto» e forse la nostra suora era stata indiziata di questo, perché anche le alunne del Sacro Cuore avevano raccolto alcune offerte, ma per l’imminente festa di san Giuseppe e questo poteva essere stato frainteso dalle autorità locali. Venne deciso pertanto di restituire le offerte, e tutto sembrò rientrare nella normalità. Sono i mesi di guerra più cruenti, eppure In quest’ ultimo periodo ci dà motivo di preoccupazione la forte insistenza dei preposti all’Opera Nazionale Balilla (ONB), perché le nostre alunne si iscrivano alle varie organizzazioni giovanili. Noi abbiamo lasciato libertà alle giovanette di fare quanto le loro famiglie desiderano ed abbiamo trovato in un primo tempo un’opposizione quasi totalitaria: poi, a poco a poco, qualcuna ha cominciato a dare il suo nome. Tuttavia il numero delle aderenti è sempre inferiore ai desideri del Presidente, che in un’occasione ebbe a manifestare la probabilità della chiusura dell’Istituto, in caso di una troppo esigua aderenza delle alunne. Il Sacro Cuore che vede i nostri crucci e la nostra difficilissima posizione, ci protegga e ci aiuti a continuare nella via ch’Egli ha segnata al nostro Istituto.151

L’anno scolastico verrà chiuso il 5 maggio del 1944 «ora vediamo le figliole allontanarsi dolenti dall’Istituto che le ha accolte fra le sue mura: quali vacanze le attendono? Per noi, pochi giorni ancora di lavoro per gli esami, e poi il silenzio estivo!» Riaprirà il 16 ottobre, ma quanta tristezza in tutti. Fra le alunne della III^ magistrale, il vuoto penoso lasciato da una scolara deceduta in seguito ad un’incursione aerea a Latisana. «Varie altre, dai vestiti a lutto, portavano impresse sul volto le tracce d’un dolore profondo: durante le vacanze è stato loro ucciso, per lotta di partito, o il padre, o lo zio o il cognato. Il Signore conceda a tutti il perdono, la rassegnazione, il ravvedimento.» Si faceva molta fatica a fare lezione e a riprendere con regolarità. «Non tutti i professori sono in sede, per mancanza di mezzi di comunicazione; inoltre gli allarmi sono tanto frequenti, anche 7-8 volte al giorno, e tanto lunghi che temiamo di non poter fare assolutamente scuola.» A visitare la Casa del Sacro Cuore giunse il 24 settembre 1944 il commissario prefettizio, cavalier Furio Cominotto che era anche commissario

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politico della città. Si interessò ad ogni particolare, dimostrandosi ammirato per l’ordine e l’organizzazione. «Speriamo» – aggiunse la madre superiora – «che tale ammirazione non sia solo esteriore.» Alla fine di giugno del ’44, l’anziano vescovo Luigi Paulini152 venne sostituito da monsignor Vittorio d’Alessi153 già rettore del seminario di Treviso e tutta la città di Portogruaro si preparava ad accoglierlo con una degna cerimonia, ma «l’acqua torrenziale del pomeriggio ha impedito che la manifestazione assumesse quella imponenza che ogni cittadino bramava». Le suore, schierate con le ragazze lungo il claustro del collegio Marconi, ricevettero la loro prima benedizione ed il primo fraterno sorriso di S. E. Reverendissima. Al vescovo Luigi Paulini le suore erano particolarmente affezionate perché paterno e benevolo nei confronti del Sacro Cuore e quando venne sostituito scrissero Una notizia improvvisa, oggi, penosa: con disposizione pontificia è stato nominato Vescovo di Concordia il Rev.mo Mons. Vittorio D’Alessi Rettore del seminario di Treviso. Dato il lavoro della Diocesi, il momento difficile che attraversiamo, una simile disposizione si era resa necessaria: ciò non toglie che la prima impressione sia stata di pena. Tutti sono profondamente affezionati al Vescovo attuale, S.E. Mons. Paulini, oltrechè ottantenne, quasi totalmente cieco: è stato definito il “Mosè sul monte” titolo più glorioso non gli si poteva dare.154

L’attività formativa, catechetica, spirituale del Sacro Cuore continuò anche durante tutti i mesi di guerra. Sessanta ragazze a turno, durante il mese di giugno del ’44, si avvicendarono nel coro della chiesetta attorno a Gesù Eucaristico, senza badare al caldo e a volte anche agli allarmi: erano «le lampade viventi» del Sacro Cuore. Due corsi di esercizi spirituali per esterne da tenersi durante il mese di agosto a causa del pericolo sempre incombente degli allarmi aerei, vennero sospesi, ma si tenne invece un breve corso per «signorine anziane».

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Mons. Luigi Paulini, vescovo, nacque a Formeaso di Zuglio il 20 settembre 1862, morto a Portogruaro il 22 febbraio 1945. Confronta biografia nella presente ricerca. 153 Mons. Vittorio D’Alessi, vescovo, nacque a Castagnole di Paese, presso Treviso, l’8 settembre 1884, morì a Pordenone il 9 maggio 1949. Confronta biografia nella presente ricerca. 154 Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1943/44.

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Anche la scuola estiva di lavoro apre il 1° giugno 1944 e le bimbe che vorrebbero venire sono molte, ma gli allarmi tanto frequenti, frenano l’entusiasmo e pongono molta incertezza sulla regolarità del corso.155

Il diario non manca di riportare le preoccupazioni economiche e gli enormi sacrifici portati avanti in quegli anni, sconvolti dal conflitto mondiale e dalla guerra civile, per procurare derrate alimentari, legna e combustibile per l’inverno, per affrontare le difficoltà economiche e per garantire la regolarità dello svolgimento delle lezioni, degli esami e l’abilitazione delle allieve della scuola privata. Mantenere i contatti con la Casa di Venezia, con il Provveditore e con gli istituti scolastici di Pordenone e Verona, fu in quel periodo, una missione quasi impossibile. Suor Rosetta Tiberi con due orfanelle, in quei mesi, faceva la spola tra Venezia e la Casa di Portogruaro in cerca di alcuni generi alimentari di cui là vi era penuria e nel quadernetto dell’ultimo anno di guerra la superiora annota puntualmente il suo arrivo «per il solito motivo». Dopo le vacanze del Natale del ’43, si fecero numerose le assenze fra le alunne e fra gli insegnanti. Manca la Signora Urbani Gori156 di Lettere che aveva prestato lodevolissimo servizio nel primo trimestre; era sfollata da Gorizia, ed ora il suo Provveditore l’aveva richiamata colà. A noi rincresce moltissimo perché era un ottimo elemento sotto ogni rapporto.157

Nell’inverno del ’43, il conte Gaetano Marzotto di Portogruaro viene in soccorso dei diversi bisogni delle suore elargendo la somma di 10.000 lire, e quando la moneta italiana rischia di diventare carta straccia le suore vengono consigliate di acquistare beni duraturi con i risparmi e i titoli depositati nella locale Banca Cattolica. Le tristi vicende del momento fanno prevedere, a guerra finita, un crollo della moneta italiana: è stato quindi consigliato di collocare i fondi che si potessero avere in beni immobili. A tal fine la Rev.da M. Economa, ha

155

Ibidem. Maria Urbani Gori, già insegnante di ruolo di cultura generale dal 1942 al 1943, sostituì nel maggio del 1945, il professor Arturo Grandis preside della scuola professionale ‘D.Bertolini’, essendo l’unica insegnante laureata. Nel febbraio del 1946 venne sostituita dal prof. Nicola Rauso, nominato commissario alle elezioni della ‘Bertolini’. 157 Ibidem. 156

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impiegato il piccolo fondo cassa per acquistare materiale da costruzione, da usarsi a tempo opportuno per eventuali bisogni.158

Sono gli anni dell’autarchia, durante i quali vengono lanciate numerose campagne per la raccolta del ferro, degli stracci e dei fiocchi di lana a favore della Patria ed anche le alunne del Sacro Cuore si prodigano nella raccolta della lana, levando da ogni materasso qualche fiocco, e ne ricavano otto chili per il confezionamento di orecchiere per i soldati. Educate alla solidarietà, a spartire con quelli che hanno di meno, confezionano come possono pacchi-dono con qualche indumento, un po’ di denaro e di generi alimentari da destinare alle famiglie più povere che nel Natale del ’43, furono una cinquantina. Al Sacro Cuore si unirono le orfanelle della Casa della Provvidenza159 che portarono circa «40 sporte da loro confezionate coi cartocci delle pannocchie […] i gruppi si sono formati e ad uno ad uno sono usciti dal portone del collegio, cariche oltre ogni dire di pacchi confezionati ieri». All’ombra della croce di sant’Agnese, entro le mura del Sacro Cuore, troverà rifugio anche una bambina ebrea di 13 anni: Olimpia Gandini. È il primo venerdì del mese di settembre [1944] ed il Sacro Cuore s’è degnato di volerlo onorato in modo tutto particolare da noi. Una bimba di 13 anni, Olimpia Gandini, riceveva nella nostra chiesa, per la prima volta il Pane Eucaristico, e veniva cresimata nella cappella privata di Sua Eccellenza Reverendissima. Per capire il nostro gaudio, bisogna risalire con la storia alla fine di luglio: fu allora infatti che la Signora Gandini, sfollata da Trieste, veniva a pregare la M. R. M. Superiora di ricoverare in collegio come interna o almeno come esterna per tutto il

158

Ibidem. Nel 1940, all’Asilo San Giuseppe Calasanzio fondato nel 1920 dall’allora parroco di sant’Andrea in Portogruaro mons. Giovanni Battista Titolo, affidato alle Suore della Provvidenza di Gorizia, si affiancò la Casa della Provvidenza per l’accoglienza, l’assistenza e l’istruzione di ragazze orfane o in situazioni famigliari difficili. Per l’ammissione erano richiesti almeno 6 anni d’età e non più di 12; la permanenza a convitto o semi-convitto poteva protrarsi fino a 18 anni, compiuti i quali le ragazze tornavano in famiglia o venivano collocate presso persone di fiducia. La retta mensile, nei casi in cui non poteva essere sostenuta dalle famiglie, era a carico del Comune di residenza o dell’E.N.A.O.L.I. (Ente Nazionale di Assistenza degli Orfani dei Lavoratori Italiani). La casa di accoglienza rimase in attività fino alla fine degli anni ’70 (Fondo Asilo Infantile San Giuseppe Calasanzio (1920-1996). L. Pavan, Istituto San Filippo Neri per la Prima Infanzia, 1918-1947. Profilo storico biografico). 159

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giorno la sua figliola Olimpia, dicendo come questa, essendo tanto delicata di salute, avesse bisogno di aria e di sole che non poteva certo godere nel bugigattolo che aveva in affitto.160

Olimpia Gandini non poté essere accolta in convitto fin da subito, perché mancava il materasso e quindi frequentava di giorno e condivideva con le compagne le ore di studio e di gioco come tutte le altre, senza attrarre l’attenzione di nessuno. I giorni passavano sereni, quando si venne a sapere che la ragazzina non si era ancora accostata ai sacramenti e non intendeva farlo, volendo rientrare a Trieste. Nel frattempo fu possibile alloggiare Olimpia con un’altra compagna istriana Noressa Nacich. A poco a poco, Olimpia spontaneamente sentì il bisogno di avvicinarsi alla santa comunione e iniziò a frequentare il catechismo. «[…] quando una circostanza venne a gettare l’angoscia nei cuori. Il 27 agosto alle 6 di mattina la Signora Gandini scoppiando in pianto non seppe dire altro che “Madre sono condannata!” Bastarono queste parole perché la R.M. capisse che la povera signora era ebrea!»161 Era riuscita fino a quel momento a sfuggire alle ricerche della Gestapo, mentre i suoi genitori erano già stati presi nel mese di marzo e, finiti miseramente in un carro bestiame, condotti nei campi di concentramento tedeschi. Ora stavano ricercando anche lei. La notizia gliela aveva portata la sera precedente il marito, venuto apposta da Trieste: non c’era più via di scampo. Doveva separarsi immediatamente da Olimpia, andare raminga per i campi cercando i luoghi più solitari per sfuggire ad una morte crudele. «Quale strazio vedere madre e figlia abbracciate per una separazione tanto tragica!» Nazarena Savini, madre superiora del Sacro Cuore di Portogruaro, non esita e di fronte a quella tragedia, sceglie di agire: Olimpia rimase. Così fece suor Paola Taroli, una delle fondatrici della casa del Sacro Cuore di Portogruaro, oggi Giusta fra le Nazioni, che non esitò un attimo

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Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1944/45. Nelle pagine del diario delle suore del Sacro Cuore di Portogruaro, dal luglio del 1944 a gennaio del 1945, compare la storia di Olimpia Gandini, ebrea di Trieste, una delle tante vittime della persecuzione ebraica condotta dal Regime Nazi-Fascista in tutta Europa, che troverà asilo e protezione presso la Chiesa, attraverso l’opera discreta ma ferma del suo clero e delle sue religiose. Anche in questo caso campeggia l’integrità e la forza morale della suora: la madre superiora Nazarena Savini. 161 Ibidem.

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ad accogliere, a nascondere e a porre in salvo nel convento Canal al Pianto nei pressi della chiesa di santa Giustina a Venezia, le sorelle Giuseppina e Tina Dina allora bambine.162 La Chiesa attraverso i suoi rappresentanti conosceva tutte le urgenze che la guerra, le leggi razziali, l’occupazione e la guerra civile in atto provocavano nel paese e cercava di porvi rimedio attraverso l’opera umanitaria organizzata dal clero, per mettere in salvo nei collegi vescovili, nei chiostri, nei conventi e nei monasteri, ebrei, reduci e condannati alla deportazione. Amministratore apostolico era in quei mesi difficili della Chiesa concordiese, monsignor D’Alessi chiamato a Portogruaro per aiutare il vescovo Paulini, stanco e malato. Giunto a Portogruaro il 28 giugno 1944, subito si adoperò per proteggere la popolazione civile, aiutare gli sfollati, evitare inutili spargimenti di sangue, e sostenere l’opera del suo segretario don Angelo del Torre, impegnato nell’aiutare gli ebrei in fuga dalle deportazioni. Informato di tutto, approvò e decise di anticipare la data della prima comunione cosicché, biancovestita, Olimpia venne anche cresimata, circondata dalle suore e dalle compagne di scuola. Lascerà in settembre quel «nido di pace» per raggiungere la mamma, in una dimora isolata nella campagna circostante dove attendeva «con fiducia» – scrivono le suore – «tempi migliori». La ritroveremo come educanda al Sacro Cuore il 25 ottobre 1944 mentre il padre finiva deportato dalla polizia tedesca. Le persecuzioni avevano spinto altre famiglie di ebrei di Trieste a cercare rifugio nel portogruarese, come avvenne per la giornalista Ida Finzi protagonista del libro sugli ebrei di Imelde Rosa Pellegrini. Nel gennaio del ’45, Olimpia, che era già di salute cagionevole, si ammalò seriamente a causa degli ambienti troppo freddi. La madre chiese ed ottenne di assistere la figlia e di poter essere alloggiata nel convitto. Fu in questo periodo, che anche la madre chiese di essere battezzata e l’illu-

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Comunità Ebraica di Venezia «http://www.jvenice.org/it/home/item/il-coraggio-di-emilia-taroli-salvo-le-sorelle-dina-oggi-e-giusta-tra-le-le-nazioni».

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strissimo sig. Luigi Nosella di Concordia le fece da padrino.163 «Tutto fu fatto nella massima segretezza e nel più stretto incognito, data la condizione di “perseguitata” della signora giacchè quest’atto di religione non le conta nulla di fronte alla legge politica.»164 Nei diari del Sacro Cuore non è stato scritto il finale della storia di questa bambina e della sua famiglia,165 ma tornano vere le parole di suor Paola Taroli: «Ora sarete parte della nostra famiglia, che sia benedetta la vostra entrata e protetta la vostra uscita». Grazie alla Comunità Israelitica di Trieste ora sappiamo che Olimpia Gandini – di Marcello e Jole Gandini Gentilli nata a Trieste nel 1931 – è sopravvissuta con la madre ai tragici eventi della seconda guerra mondiale ed alle persecuzioni razziali, mentre il padre non farà ritorno dai campi di sterminio. Olimpia è morta nel 1992 a Trieste dove è sempre vissuta, undici anni dopo la madre. Una di quelle sere di guerra, al cessato allarme, il vescovo D’Alessi tornò a sant’Agnese per la sua breve passeggiata. «Si fece assieme a Lui

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Luigi Nosella nato a Concordia Sagittaria il 27 luglio 1906 e deceduto a Portogruaro il 15 dicembre 1990, è stato un noto dirigente di Azione Cattolica di Concordia Sagittaria. Negli anni della guerra, fu uno dei capi della Resistenza democratica bianca e, assieme a mons. Ceconi e al vescovo D’Alessi, contribuì al salvataggio di molte persone di entrambi i fronti della guerra civile. Fu uno dei componenti il Comitato di Liberazione Nazionale, CNL, di Portogruaro. Nel 1948 faceva parte della corrente sindacale cristiana con Tranquillo Varini (segretario regionale responsabile), Bruno Bortolussi (segretario organizzativo), Sante Querin e Giuseppe Pizzolitto, futuro sindaco di Portogruaro. Oculato amministratore comunale, nel 1986 gli fu assegnato il premio Gervino: “Per il costante impegno dimostrato fin da anni lontani per la promozione civile e sociale e il rispetto del pluralismo democratico”. Fu padre di 11 figli, di cui quattro religiose: una Clarissa Cappuccina e tre delle Suore della Provvidenza di cui mai aveva dubitato nella sua lunga vita, non priva di prove e sofferenze. La figlia Sara, Sr. Chiara Clarissa (1941) ha frequentato il Sacro Cuore di Portogruaro ed ha curato la pubblicazione delle decine di lettere di suo padre alla moglie ed ai figli, che coprono quasi 40 anni di vita come «testimone fedele dell’amore di Cristo Risorto, optando sempre per l’amore alla vita, alla famiglia, al bene, a costo di qualunque sacrificio» (Cfr.L. Nosella, Lettere di un padre, a cura di Sara Nosella, Roma 1995; Pellegrini 2001). 164 Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1944/45. 165 L’assenza di notizie dettagliate su Olimpia e la madre è probabilmente giustificata dalla prudenza richiesta dal momento storico. Se qui si ricorda l’accoglienza di ebree avvenuta a Venezia e a Portogruaro, si può dire che in tutte le case dell’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore si verificò tale accoglienza. Emblematico è quanto accaduto a Roma per le Figlie del Sacro Cuore e altri istituti religiosi a partire dall’ottobre 1943 e ricordato da Loparco M. Grazia, Gli ebrei negli istituti religiosi a Roma (1943-1944). Dall’arrivo alla partenza, in “Rivista di Storia della Chiesa in Italia”, anno LVIII, Gennaio-Giugno 2004, Estratto, Vita e Pensiero, Milano 2004.

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un giretto lungo l’orto per vedere il muro di cinta finito circa un’ora prima e che finalmente ci divide dall’esterno. Ci lasciò dopo circa una mezz’ora di permanenza consolata dalla pastorale benedizione.» Alla vigilia di Natale del ’44 giungeva a Portogruaro, per tenervi alcune conferenze, il reverendo don Luigi Piovesana, assistente centrale di Azione Cattolica, il quale aveva percorso tutta l’Italia settentrionale in bicicletta per animare la popolazione con la sua calda parola. La solenne festività del Natale ebbe inizio con la messa di mezzanotte nella nuova chiesina del Sacro Cuore splendente di tutte le luci che la penuria dei tempi consentiva. Dopo 51 mesi l’opera era stata compiuta. La cappella che misurava circa dieci metri per quattro, aveva le pareti ed il soffitto ornati: l’abbellivano un quadro del pittore Pompeo Batoni con l’immagine del Sacro Cuore di Gesù, un quadro con la Madonna del Perugino, uno di s. Giuseppe oltre ad un bel crocifisso ed alle stazioni della via Crucis, non ancora benedetta. I banchi erano di ogni specie: un po’ grandi, un po’ piccoli, ma si sarebbe provveduto a rinnovarli col tempo.166 Avere Gesù con noi, poter vedere quella porticina dorata e non solo immaginarla dietro due pareti, poter fare le nostre pratiche di pietà circondate dalla quiete e dal silenzio e non dallo schiamazzo quasi continuo dei ragazzi nella sacrestia o nell’antisacrestia, ed in questi ultimi mesi, anche dalle chiacchiere della gente che viene a cercare scampo sotto il campanile considerato sicuro rifugio antiaereo.167

I bombardamenti continuarono anche con l’anno nuovo. Uno fortissimo colpirà Latisana il 4 gennaio 1945 e la notte successiva fu la volta di Portogruaro, dove sette persone persero la vita, mentre ancora una volta il fabbricato del Sacro Cuore rimase miracolosamente illeso. Il commissario prefettizio Furio Cominotto ordinò di sospendere le lezioni a causa

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Nel 1960 il rev. mons. Pancino indossata cotta e stola benedetta alla presenza della comunità di sant’Agnese avrebbe accompagnato in processione il Santissimo dalla sagrestia alla nuova cappella, dotata di una doppia fila di banchi nuovi. (Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1960). 167 Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1944/45.

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dell’intensificarsi dei bombardamenti.168 Riprenderanno ad orario ridotto: ogni classe due volte per settimana dalle ore 8 alle ore 11 antimeridiane. Il 6 marzo 1945 due bombe caddero sul cortile di una casa che distava poche decine di metri dall’Istituto: lo scoppio fu fortissimo, ma non causò vittime. Il 4 aprile del 1945 i bombardieri presero di mira le barche ormeggiate nel porto fluviale del Lemene, dirimpetto al Sacro Cuore e alcuni spezzoni incendiari caddero all’interno del cortile, mentre suore e allieve si ripararono nel campanile della chiesa di sant’Agnese. Ben 150 vetri della Casa andarono in frantumi, ma nessuna vittima. Accorse molta gente e primo fra gli altri, monsignor Sandrini e il commissario prefettizio Furio Cominotto. Il 25 aprile venne bombardato il silo granario posto al di là del Lemene, squarciato da oltre dieci bombe ad aria compressa di grosso calibro, cosicché nel cortile del Sacro Cuore, finirono lunghi ferri e blocchi considerevoli di cemento armato. E, paradosso della storia, mentre gli ordigni demolivano l’esistente, il vescovo Vittorio D’Alessi, dopo aver eseguito un accurato sopralluogo del fabbricato per constatarne i danni, già pensava alla ricostruzione ormai impellente della Casa e della scuola. I lavori di ampliamento dei locali scolastici infatti avranno inizio il 3 settembre del 1945 fra tanti rischi ed incertezze causate dall’impennata dei prezzi del momento, mentre un ignoto cronista annunciava che il Sacro Cuore

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Furio Cominotto (1906-1985) ha studiato a Portogruaro, a Rimini, a Bologna e si è diplomato geometra nel 1929 a Udine. Ha lavorato presso l’ing. Antonio Del Pra e presso l’Ufficio Tecnico Municipale di Portogruaro. Durante il Regime è chiamato a Venezia per organizzare i sabati teatrali alla Fenice, il Carro di Tespi lirico, il Carro di Tespi drammatico, stagioni musicali feste, e per coordinare l’attività dei 300 dopolavoristi delle varie categorie. Nel 1925 il suo maestro prof. Arturo Grandis lo aveva chiamato a reggere la segreteria dell’Università Popolare di Portogruaro, della quale divenne poi direttore. Trasformata in Istituto Nazionale Fascista di Cultura, in 14 anni tenne più di cinquecento manifestazioni e riunioni meritando il plauso di Giovanni Gentile: dalla festa del libro, ai concerti, facendo di Portogruaro un centro di effettiva attività culturale. Nel 1928 cura la Pubblicazione - Ricordo inaugurazione del Monumento ai Caduti del 30 settembre 1928 e nel 1931 Omaggio romatino a Ippolito Nievo: 1831 - 30 novembre – 1931, pubblicazione a cura del comune di Portogruaro, Tipografia sociale, Portogruaro 1931. Penna felice e feconda, collaborò con numerose riviste e testate anche nazionali. È stato l’autore delle Lettere di Siora Nina, rubrica di “Nuovo Fronte” il giornale con cui ha collaborato per oltre dieci anni. (N. d. A. tratte dall’elogio funebre di Mario Meneghini pubblicato su El campanil de Porto, s.l., Cragnolini, 1987, pp. 388-389).

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entro il mese di ottobre sarebbe stato in grado di accogliere nuove iscrizioni. L’articolo parve «un dolce monito della Provvidenza alla nostra ragionata prudenza», che si risolse in decisione dopo aver preso nuovo consiglio dal vescovo. La notizia che la pace era stata firmata, come un baleno, fece il giro della città nel pomeriggio del 28 aprile 1945, verso le 15,30. La pace è stata firmata! Già da vari giorni si stava attendendo con ansia veramente febbrile un simile comunicato e la tensione degli animi era estrema, dimodochè non appena fu confermato dagli uffici competenti che la notizia era ufficiale, la gioia popolare non ebbe più freno e per varie ore fu un ininterrotto suono festoso di campane, fischio di sirene, sventolio di coccarde e bandiere: fra tanto entusiasmo i tedeschi deponevano le armi, ed entrava una colonna di patrioti accolti da frenetiche manifestazioni di giubilo. Chi non ha vissuto quelle ore di orgasmo, di gioia in cui gli uomini si sono sentiti finalmente liberi dalla morsa che li stringeva da cinque anni, non può immaginare gli episodi che si possono essere svolti fra il popolo!169

Ma la giornata non era ancora finita. Le suore si coricarono finalmente tranquille che Pippo, il trasvolatore notturno, le avrebbe lasciate finalmente dormire. Non fu così, perché anche quella notte il cielo venne solcato dagli aerei, furono lanciati dei razzi «mentre crepitava la mitraglia». Bisognerà attendere il 30 aprile 1945. Le notizie sensazionali si succedono l’una all’altra: le città dell’alta Italia vengono celermente liberate; in Portogruaro, da ieri, sventola bandiera bianca. Sembra non ci sia più pericolo di incursioni aeree dal momento che la città è stata occupata dai patrioti, ad ogni modo di ora in ora si è fatta più viva l’attesa delle truppe alleate, che hanno fatto il loro ingresso questa sera alle 18.170

Il 28 aprile entrarono i patrioti, il 29 aprile 1945 sventolava la bandiera bianca, mentre gli alleati arriveranno entro le mura della città di Portogruaro alle ore 18 del 30 aprile 1945.

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Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1945/46. Ibidem.

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Suor Paola Taroli Giusta tra le Nazioni Il coraggio di Emilia Taroli salvò le sorelle Dina, oggi è Giusta tra le Nazioni, 6 maggio 2013. Ora sarete parte della nostra famiglia, che sia benedetta la vostra entrata e protetta la vostra uscita. Queste le parole che Emilia Taroli, in religione suor Paola, riservava alle sue giovani ospiti che nei terribili momenti dell’occupazione tedesca ricevettero rifugio presso di lei. Un’integrità morale che le è valsa l’iscrizione nel registro dei Giusti tra le Nazioni dopo una commovente cerimonia svoltasi a Vesio di Tremosine, suo paese natale alla presenza, delle autorità cittadine, di Sara Gilad, rappresentante dell’ambasciata di Israele a Roma e di Tina Dina Navarro, una delle due bambine salvate, che insieme alla sua famiglia è voluta intervenire a questo momento solenne. Non è facile comprendere l’importanza di tale onorificenza, un tributo verso coloro, che avendo salvato degli ebrei ed essendosi schierati dalla parte della giustizia durante i giorni delle persecuzioni, vengono ora idealmente accolti in seno al popolo ebraico. Ma chi erano queste persone? Gente comune, diversa per estrazione sociale e cultura, che disobbedendo a disposizioni e leggi considerate liberticide e antidemocratiche tentarono di risanare un mondo in preda al fanatismo, che aiutarono i loro concittadini di religione ebraica procurando documenti falsi, cibo, un giaciglio per la notte. Persone rette e virtuose che nel momento più oscuro dell’umanità seppero riportare la luce. È la storia di Emilia Taroli, che ebbe la forza di reagire e opporsi al male mostrando con i fatti, che in quegli anni in cui gli ebrei erano ignobilmente perseguitati nel silenzio dei più era ancora possibile compiere atti di estremo coraggio. La moralità non consentì a queste persone di rimanere indifferenti alla sofferenza e al dolore comprendendo che avrebbero dovuto compiere una scelta, una presa di coscienza che avrebbe determinato la differenza tra la vita e la morte di molti. La storia di cui fu protagonista suor Paola si intreccia indissolubilmente con quella di Giulio e Stella Levorato, che riceveranno la medesima onorificenza il 23 maggio a Venezia.

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I Levorato si prodigarono fra il 1943 e il 1944, nel salvare la vita alla famiglia d’Angeli, ma quando la situazione sembrava essersi anche solo in parte risolta, avevano infatti trovato per loro un’altra sistemazione sicura, un’altra famiglia di veneziani chiese il loro aiuto, i Dina, alla disperata ricerca di un rifugio. I coniugi Levorato in un primo momento furono titubanti nel prestare loro soccorso, dieci persone in un’abitazione potevano attirare sospetti, poi però non se la sentirono di rifiutare e offrirono loro un nascondiglio, portando invece le due bambine, Giuseppina e Tina Dina al convento Canal al Pianto nei pressi della chiesa di Santa Giustina a Venezia, la cui madre superiora era proprio suor Paola, che non esitò un attimo ad accoglierle e a nasconderle. La mia famiglia – ha spiegato Paolo Navarro Dina, figlio di Tina – non può che essere grata all’abnegazione, al cuore e alla forza d’animo di suor Paola. Di certo non era l’unica a sapere. Altre religiose anonime si prestarono a quell’opera di soccorso, anche se fu lei a tenere le fila, a impegnarsi in prima persona. Alle piccole venne chiesto di comportarsi come tutte le altre ospiti al fine di fugare ogni sospetto: da quel momento fino alla fine della guerra persero il cognome Dina e acquisirono quello di Donà. Una storia personale che assume però un valore universale. Dopo la tragedia della Shoah il popolo ebraico e il neosorto Stato di Israele decisero di includere queste coraggiose persone nel pantheon dei loro eroi, lo Yad Vashem, l’istituto dei martiri e degli eroi dell’olocausto, affinché non venisse mai dimenticata la massima del Talmud: Chi salva una vita, salva il mondo intero. Michael Calimani171

171

Comunità Ebraica di Venezia «http://www.jvenice.org/it/home/item/il-coraggio-di-emilia-taroli-salvo-le-sorelle-dina-oggi-e-giusta-tra-le-le-nazioni».

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All’ombra della croce di sant’Agnese, entro le mura del Sacro Cuore, troverà rifugio anche una bambina ebrea di 13 anni: Olimpia Gandini di Trieste, al centro della foto; a sx Giancarla Ferro e a dx le sorelle Antonietta e Loredana Dalla Francesca. È il primo venerdì del mese di settembre del 1944: Nazarena Savini, madre superiora del Sacro Cuore di Portogruaro, non esita e di fronte a quella tragedia, sceglie di agire: Olimpia rimase e sopravvivrà alle persecuzioni, insieme alla madre. (Cortesia Antonietta Dalla Francesca)

Luigi Nosella (1906 -1990). Nel gennaio del 1945, la madre di Olimpia Gandini, la piccola ebrea nascosta nel Sacro Cuore di Portogruaro per sfuggire alla deportazione, chiese di essere battezzata e “l’illustrissimo” sig. Luigi Nosella di Concordia le fece da padrino. (Foto in copertina del libro di Luigi Nosella, Lettere di un padre, a cura di Sara Nosella, Fotocomposizione e stampa 3F Photopress s.n.c., Roma 1995).

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Accoglienza di Olimpia Gandini. Quaderno delle Memorie della Casa di Portogruaro, settembre 1944. (AGFSCJ)

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La cappella, inaugurata nel Natale del 1944, venne interamente ristrutturata in seguito e arricchita con le statue della Madonna e di San Giuseppe. Sull’altare l’immagine del Sacro Cuore di Gesù e sulla parete quella di Santa Teresa Verzeri. (AGFSCJ)

Cartolina raffigurante l’immagine della Madonna. (AGFSCJ)

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23 dicembre 1944. Quaderno delle Memorie della Casa di Portogruaro, 1944-45. (AGFSCJ)

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Il Dopoguerra Due mesi dopo la Liberazione, il dottor Francesco Fabroni Sindaco della Giunta Popolare172 accompagnato dai suoi assessori e dal perito geometra Domenico Nadali, su invito della madre superiora, fece visita all’istituto in quanto istituzione cittadina «però non si dimostrò molto largo in promesse d’aiuto, adducendo le grandi difficoltà in cui si trova ora il Comune. Si mostrò invece oltremodo benevolo l’avvocato Marco Belli, membro della Giunta e padre di due nostre allieve».173 Si usciva faticosamente dalla guerra e molti erano ancora i segni che questa aveva lasciato tutto intorno. Nel dicembre dello stesso anno, l’Azione Cattolica Maschile di Portogruaro di don Luigi Bortolussi offrirà una cena ad una sessantina di reduci dai campi di prigionia tedeschi nella palestra del Sacro Cuore alla presenza del nuovo sindaco Marco Belli. Gli anni del dopoguerra vedranno spesso impegnate le allieve nella questua fra le bancarelle del mercato settimanale a favore delle famiglie più povere, come sempre fu, ma anche della Casa stessa, alla quale talvolta giungeva qualche cassetta di fagioli o di frutta in pagamento delle lezioni di pianoforte date da suor Ida Piazzoni, insegnante di musica. Oggi una cassetta di 12 kg. di mele e di 2 kg. di noci – frutta degna di provenire dalla Terra Promessa – veniva mandata in dono dai genitori di una scolaretta di piano di 5 anni che fa progressi veramente meravigliosi sotto la pazientissima cura della Rev. Madre Ida Piazzoni.

Seguiva il biglietto con firma dell’obbligatissimo Del Frè Vittore. Scarsità di risorse e penuria di generi di conforto si sommavano con la precarietà degli immobili e con la rigidità dell’inverno: l’acqua e il gelo facevano il resto. Questa mattina alla campana della sveglia una poco gradita sorpresa ci attendeva: durante la notte una canna del camerino si era spezzata per il gelo e l’acqua che ne era uscita aveva allagato lo studio delle educande ed era passata nella scuola sottostante, rovinando muri e soffitto. Ci por-

172 Francesco Fabroni venne nominato Sindaco dal CNL con la Giunta Popolare il 3 maggio 1945 e ricoprì la carica fino al primo settembre del 1945. Successivamente venne nominato Sindaco l’avvocato Marco Belli che durerà in carica fino al 30 marzo 1946. 173 Confronta nota 93 della presente ricerca.

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tammo tutte sul luogo del disastro e per circa due ore, armate di scope, lavorammo a gettare l’acqua nel cortile, mentre dal soffitto pioveva a dirotto. Per il grande gelo ogni goccia si ghiacciava, mentre cadeva sulle nostre mantelle, cosicché quando salimmo per la S. Messa, gli indumenti erano… pezzi duri!

Era l’inverno del 1947 e per il grande freddo in tutta la provincia le scuole erano rimaste chiuse anche l’8 gennaio. Soltanto il Sacro Cuore, nonostante il disastro causato dalle tubature gelate, aveva riaperto regolarmente come pure il collegio Marconi. La politica intanto entrava nella scuola. I fatti di Trieste spingono infatti gli studenti del liceo Marconi ad organizzare una dimostrazione con corteo per affermare l’italianità della città giuliana e coinvolgono anche le ragazze delle magistrali del Sacro Cuore. La portinaia spaventata aveva chiamato la madre superiora ma «si dovettero far uscire anche le educande date le pressioni dei caporioni […] dopo circa un’ora e mezzo rientrarono, tutte invero un po’ mortificate per il poco entusiasmo della dimostrazione, che ebbe il torto di essere poco preparata e mal guidata».174 La vita faticosamente riprendeva e con essa l’amministrazione e la burocrazia della pubblica istruzione. Il 28 maggio 1946, giungerà da Venezia in visita alle scuole di città, il provveditore agli studi che alle ore 10 entrò nel cortile del Sacro Cuore accolto dalle scolaresche delle ragazze lì radunate e, dopo una rapidissima ispezione alle classi Si compiacque di consumare il pranzo da noi preparato, assieme al Rev.mo Mons. Sandrini, a Don Lino Zovatto Preside del liceo classico, a Don Ottavio Cozzarin Vice-Rettore del Collegio Marconi, al prof. Giovanni Ciriani preside della scuola media maschile. Ebbe parole di alto elogio per l’andamento del nostro istituto, solo ci lasciò una spina in cuore: qualora il Decreto del definitivo Riconoscimento legale non giunga in tempo, le nostre ragazze della IV^ superiore dovranno recarsi a Venezia per gli esami di abilitazione… come comportarci davanti alle ragazze? Dire loro la nostra ansia significava gettare panico e mettere a rischio il futuro del nostro istituto.175

Le famiglie non avrebbero compreso né regolamenti né leggi anche perché durante gli anni della guerra sia pure con provvedimenti provvisori

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Ibidem. Ibidem.

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il Sacro Cuore era riuscito a rilasciare di diritto il diploma mentre ora tutto era avvolto dall’incertezza, che fare? Le suore decisero di tacere e di pregare «Si prega con ogni intensità e si confida nel Sacro Cuore». Il vescovo consigliò di attendere fino al 4 giugno e nel caso non giungesse nulla, di andare a Venezia a chiedere una proroga nella consegna dei documenti. Quel mese di giugno, in verità, non era solo tempo di mietere il grano, ma anche i voti dei partiti che si stavano affacciando dopo vent’anni di Regime sul palcoscenico della Democrazia. Il 2 giugno 1946 infatti, avevano avuto luogo le prime elezioni politiche libere in Italia e per la prima volta furono ammesse al voto le donne e quindi anche le suore. «È il giorno delle elezioni politiche: tutte noi ci siamo recate alle urne, e poi ci siamo avvicendate all’altare per ottenere da Gesù benedetto, che oggi il Suo cuore sacratissimo segni il Suo trionfo in tutta Italia.» Quando la superiora Nazarena Savini e la preside, suor Silvia Giordano, si recarono dal provveditore di Venezia per ottenere qualche concessione. Il suo umore era nero, forse perché questa mattina si sono saputi i felici risultati della democrazia cristiana ed egli è socialista, si è mostrato intransigente per la consegna dei documenti per i quali ci ha consigliato di parlare con il Preside del Tommaseo. Tuttavia alla fine ci spronò a rivolgersi a qualcuno a Roma che potesse appoggiare la pratica e sollecitarla.176

Uscite a cuore stretto dal provveditorato, trovarono buona accoglienza al “Tommaseo” dove il professor Zulian inviò subito un espresso all’onorevole Piero Mentasti177 mentre le suore, data l’urgenza del decreto, fecero

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Ibidem. Piero Mentasti (1897-1958) è stato un politico e partigiano italiano. Iniziò la sua carriera politica a Rovigo nel 1919, nelle file del Partito Popolare Italiano. In quell’anno dirigeva il settimanale diocesano “Il Popolo”. Nello stesso anno fu nominato segretario della locale Unione del Lavoro. Nel 1921 fu eletto deputato nelle liste del Partito Popolare; fra il 1921 ed il 1925 diresse l’Associazione dei piccoli proprietari e fittavoli e fu segretario nazionale dei piccoli coltivatori. Nel 1925, lasciata l’attività sindacale, aprì uno studio di contabilità a Padova. Nel 1938 si recò negli Stati Uniti d’America. Durante il periodo della Resistenza lavorò al CLN veneto e fu segretario della Democrazia Cristiana per l’Alta Italia. Nel dopoguerra fu chiamato alla Consulta, in qualità di ex deputato, nel 1945. Nello stesso periodo rivestì la carica di alto commissario per l’alimentazione durante i primi due governi De Gasperi. Sempre nel 1945 portò a termine l’“Operazione Gazzettino”, consegnando il quotidiano veneziano alla Democrazia Cristiana che lo controllerà per circa quarant’anni. 177

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lo stesso con la madre generale e con la FIDAE (Federazione Istituti Dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica). Laus Deo! Il telegramma ufficiale dell’avvenuto riconoscimento giunse in tempo e fu così che settanta ragazze del Sacro Cuore accompagnate da tre religiose, con due automezzi e levataccia alle ore 5, partirono in pellegrinaggio alla Madonna di Motta di Livenza per la grazia ottenuta, e «dopo una giornata intramezzata di svaghi e di pratiche di pietà hanno fatto ritorno alle ore 19 del 17 giugno 1946». Gli esami di abilitazione magistrale terminarono nella seconda metà di luglio e su 26 candidate, 16 furono le promosse, con esami che soddisfecero l’intera commissione venuta a Portogruaro ad esaminare le ragazze. Le ideologie contrapposte acuivano i controlli del clero e la valutazione dei docenti laici nelle scuole paritarie avveniva a trecentosessanta gradi. Nel luglio del 1946, la madre superiora e la preside presero parte ad una riunione che si tenne in Curia presieduta dal vescovo per decidere circa la riassunzione o meno degli insegnanti dell’anno 1946-47. Alla presenza dei monsignori Sandrini, Pascotto e Falcon, e di don Coazzin, per vari motivi di ordine disciplinare e morale, che riguardavano cioè le loro tendenze politiche, non vennero riassunti i professori Pascotto e Michielon e le professoresse Vian e Brill a cui venne data comunicazione per iscritto. Nonostante il licenziamento prenderanno parte agli esami di riparazione di ottobre, mentre le suore pregavano, perché si chiedevano «quale sarà il loro contegno?» Tutto andrà a finire «secondo i paterni disegni di Dio».

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9 giugno 1948. Classe IVª magistrale, diplomande. Da sx, prima fila sedute: Rosanna Moro De Götzen, Edda Dal Moro, Giuliana Salvador Venco, (…), Danila Moras Stefanon, Ferro Giancarla. Da sx, prima fila in piedi: Gloria Fogliani, Dina Colussi Furlanetto, Elsa Carnielli, Silvana Adami, Muggia Vinante, Luisa Marchese, Eligia Sartor, Anna Matiassi Bruscoli. Da sx, seconda fila in piedi: Vittorina Garbellotto Ferro, Lucia Melacini Toffoli, Liliana D’Olivo, (…), (…), Emma Ravenna, (…), (…), Lozer.

Classe 1949. Diplomande. Da sx, prima fila sedute: (...), Vilma Favruzzo, Milanese Vilma, Tonin, Maria Salvador. Da sx, prima fila, in piedi: (...), Tina Berti Perissinotto, (...), Loredana Terrida, Tina Telloli, De Vittor, (...). Da sx, seconda fila, in piedi: (...), Marsicano, Amalia Poletto, Bruna Valente, Annamaria Scrosoppi, Eleonora Nosella, Giannina Sguerzi. Da sx, terza fila, in piedi: Maria Andreoli, Rosabianca Ramina, Magda Ceccotto, (...), Carla Turrin. (Cortesia Annamaria Scrosoppi Lorenzin)

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1949. Maria Salvador in Anese a Concordia Sagittaria, giovane maestra neo diplomata al “Sacro Cuore” di Portogruaro, in vespa. A Portogruaro ha frequentato il “Sacro Cuore” e si è diplomata nell’anno scolastico 1948/49. Superato il concorso regionale è stata assegnata alla Direzione Didattica di Jesolo, località Passerella. Veniva ospitata nell’appartamento del maestro, dove dormiva con il bambino più piccolo. Tutti i giorni doveva prendere la barca e recarsi a Grisolera, oggi Eraclea, e qui attendere disposizioni per le supplenze, perché era in soprannumero. Usava la bicicletta che noleggiava da uno del posto. Poi ha ottenuto il trasferimento a Sindacale. La scuola era alloggiata in una baracchetta visitata spesso anche dai topi, vicino al campanile. Il sindaco Guglielmo Bellomo aveva già fatto costruire la scuola nuova che non era ancora accessibile. Maria con le colleghe Pia Fratto e Rosanna Piccolo e la bidella di Sindacale con un carretto hanno occupato la nuova scuola e traslocato i pochi mobili. (Cortesia Maria Salvador in Anese)

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Anni ’50 Luglio 1952: mese di esami e di lutto! Giorno di lutto oggi per la Casa di Portogruaro. Il Reverendissimo Mons. Paolo Sandrini, suo fondatore ha lasciato la terra! È spirato alle ore 13 [8 luglio 1952] dopo inaudite sofferenze ed una lunga degenza dovuta alla sua veneranda età, 88 anni. Lascia nell’orfanezza quante ha beneficate… ma il ricordo di quanto egli ha fatto rimarrà imperituro, ed imperitura pure la certezza della sua valida protezione dal cielo. Gli fu recitato l’Ufficio intero come a fondatore, ed il giorno 8 luglio resterà per la Casa di Portogruaro, dolce richiamo alla riconoscenza dovuta a chi l’ha voluta in vita nel 1940.178

La madre superiora e la madre direttrice si recheranno il giorno dopo a Sesto al Reghena dove era deceduto monsignor Sandrini per porgere «all’amato estinto, un tributo di affetto e suffragio a nome di tutta la comunità» e l’indomani un gruppo di ragazze con alcune suore sarebbero andate a presenziare ai funerali. Intanto la preside suor Silvia Giordano, accompagnata da un’educanda, si recava a Venezia per ascoltare gli esami di abilitazione e rendersi conto delle interrogazioni che gli esaminatori facevano. La pubblicazione dei dati avvenne il 23 luglio e fu disastrosa: su 23 allieve due sole ottennero l’abilitazione e ben 11 furono respinte. Una vera sconfitta. La commissione retta da un presidente ebreo e comunista ha agito in modo subdolo e sleale, e la sconfitta rimane tanto più penosa quanto più inattesa ed in vari casi immeritata, perché ha colpito ragazze studiose ed attive. “Dominus est!” il “fiat” esce penosamente dalle labbra e la madre superiora pensa con materna angoscia a suor Silvia Giordano alla quale la notizia risulterà particolarmente dolorosa.179

In fase di ammissione agli esami, le cose erano andate assai bene e niente faceva pensare all’esito infelice. La presidente della commissione interna, signora Vanni, si era dimostrata soddisfatta della preparazione e dei risultati delle bambine e quando suor Silvia Giordano si era recata a Venezia, per conoscere di persona i commissari, aveva ricevuto una buona

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Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1952/53. Ibidem.

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impressione dal professor Zwirner,180 presidente di commissione che le sembrò persona cordiale ed «accostevole […] come sarà poi nell’esercizio delle sue funzioni?» Lo stillicidio continuò anche ad ottobre, quando altre quattro alunne furono respinte. La cronista scriveva: «Il Signore ci ha provate duramente per quanto riguarda il risultato finale. Ci ha ripagate però da Buon Padre: le iscrizioni sono più numerose dell’anno scorso sia nella scuola media sia nella scuola magistrale ed anche l’educandato ebbe qualche elemento in più».181 L’anno scolastico 1952-53 verrà inaugurato come sempre, con la celebrazione della santa messa da parte di monsignor Pascotto, seguita dalla premiazione delle migliori alunne dell’anno precedente, fra cui ricorrono talvolta gli stessi nomi, meritevoli del premio sia per lo studio della religione, sia per lo studio ed il profitto nelle diverse materie. Sono gli anni in cui anche le suore vengono chiamate a frequentare le conferenze di carattere scolastico o i corsi organizzati dalla FIDAE che si tengono a Padova: vi prenderanno parte la preside del Sacro Cuore suor Silvia Giordano, suor Gesualda Feichter e suor Maria Argirò,182 quest’ultima accompagnata dalla signora Giuseppina Nobile183.

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Giuseppe Zwirner (1904-1979) è stato un matematico italiano. Docente dell’Università di Padova, negli anni cinquanta e sessanta, fu autore di numerosi testi di matematica per i licei. Esponente dell’antifascismo padovano, membro del Partito d’Azione aveva collaborato con il gruppo di antifascisti dell’Università di Padova che faceva riferimento al rettore Concetto Marchesi. 181 Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1952/53. 182 Sr. Maria Argirò, al secolo Enrichetta, nasce a Squillace (CZ) il 15/11/1921 e muore a S. Felice del Benaco (BS) il 31/7/1983. Entrata nella Congregazione a Roma nel 1945, consegue la laurea in lettere a Castel Nuovo Fogliani (PC) nel 1949. Nel 1953 è preside nella scuola di Portogruaro fino alla sua chiusura. Colpita da malattia che sopporta con serenità per circa 20 anni, ha condotto la sua vita con dedizione educativa e, quasi in silenzio, ha saputo seminare nel cuore delle giovani portogruaresi. 183 Giuseppina Nobile in Zamper, “Pina” è spesso citata quale accompagnatrice delle suore. È un’affiliata, cioè una laica che segue la spiritualità delle Figlie del Sacro Cuore. Queste laiche sono state volute dalla stessa fondatrice nel 1847 e le voleva perché potessero continuare a fare il bene là dove non potevano giungere le Figlie del Sacro Cuore. Il fatto che le suore siano accompagnate risponde ad una esigenza delle regole che prescrivevano di uscire sempre in due suore; quando le suore scarseggiavano o per altri motivi di impossibilità, i diari annottano che le suore erano accompagnate ora da orfanelle, ora da educande.

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I numeri invece non sosterranno la scuola media privata che nel 1956 sarà costretta a chiudere a fronte dell’apertura della scuola media statale avvenuta l’anno prima, con il conseguente calo nelle iscrizioni; in classe prima infatti erano iscritte soltanto tre alunne: Brettoli Paola di Vado di Fossalta, Puppulin M. Luisa di Torre di Mosto e Soncin Evelina di Caorle.184 Madre Geltrude Zonca si era recata a Bergamo per informare le Madri che a Portogruaro era stata aperta, nell’antica casa del fascio di palazzo Fasolo, la scuola media statale e molte alunne già iscritte al Sacro Cuore si erano ritirate e chiedevano di potersi iscrivere in via Vittorio Emanuele II. Del “tranello” teso dal Comune a scapito della privata delle religiose venne informato l’on. Guido Gonella185 che per telefono rispose: Nessuna esenzione è stata data dal Ministero per la 1^ Media, quindi senz’altro le scolare devono rimanere nella nostra scuola, diversamente sarebbe un abuso. Il Ministero negherà il passaggio a domande per quella scuola pubblica; s’intende che questo divieto è solo per la 1^ media non già per la 2^ e 3^.

La prima classe alla fine conterà 34 alunne e con tali numeri le suore furono in grado di sostenere le spese e tenere aperta la scuola ancora per un po’ di tempo.186 L’anno seguente, madre Zonca, ora responsabile provinciale della Congregazione Veneto-Trentina, tornava ad occuparsi della

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Fra i documenti depositati in quel che resta dell’archivio del Sacro Cuore, non ancora inventariato, presente nella Scuola Media “G. Pascoli”, oggi “I.C. G. Pascoli”, c’è il quaderno delle iscrizioni e delle classi della scuola media privata comprese tra gli anni 1943 e 1956. Nella tabella disegnata dalle suore, in testa, si possono trovare le seguenti informazioni: n° progressivo, nome cognome, classe, ripetente(?), paternità con professione, maternità, scuola di provenienza, data di iscrizione, data e luogo di nascita, abitazione ed eventuali osservazioni. In maggioranza, le ragazze provenivano dalle medie del Marconi, eccetto le ospiti del convitto, che provenivano anche da fuori regione. 185 Guido Gonella (1905-1982). È stato un giornalista e politico italiano, segretario della Democrazia Cristiana e ministro della Repubblica italiana. Laureato in filosofia, insegnò nelle Università di Bari e Pavia. Nel 1928 fu direttore della rivista “Azione Cattolica” e negli anni trenta, collaborò con “L’Osservatore Romano”. Nell’ autunno del 1943, diede vita in clandestinità al quotidiano “Il Popolo”, organo ufficiale della Democrazia Cristiana. Per la Democrazia Cristiana fu eletto prima deputato e poi senatore. Fu più volte Ministro della Pubblica Istruzione della Repubblica Italiana dal 1946 al 1951 e Ministro di Grazia e Giustizia negli anni dal 1953 al 1968. 186 Memorie della casa di Portogruaro, Quaderni 1956.

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scuola di Portogruaro per una questione delicata, quanto urgente: fra gli insegnanti si nascondeva un soggetto pericoloso per idee comuniste. «Ha saputo lavorare bene sott’acqua, ammaliare le scolare con espressioni di verità e di perfezione religiosa. Preghiamo il Signore che ci aiuti a liberarci!» Verrà chiamata a sostituire tale soggetto, suor Bernardetta Querin, laureanda, figlia di Sante e sorella di Don Fermo Querin.187 È questo il tempo in cui le madri vengono nella determinazione di chiudere la Casa di Portogruaro per almeno tre buone ragioni: a) la scuola media statale ha dato un grave colpo alla loro scuola; b) la Casa avrebbe bisogno di vere riparazioni, che peserebbero tanto sul bilancio finanziario; c) l’insufficienza di soggetti al bisogno delle opere, vale a dire la mancanza di nuove vocazioni e nuove religiose. La madre reverendissima l’11 agosto 1955 scrive per la prima volta al vescovo di Concordia e di Portogruaro, monsignor Vittorio De Zanche per chiedere aiuto nella ricerca di altro Istituto, che possa continuare la loro opera per il bene delle figliuole e questi, con un espresso, le risponde per manifestare tutto il suo dolore per il ritiro delle religiose e allude al danno, che verrebbe alle figliuole, con la chiusura della scuola.188 In novembre poi, la madre vicaria, la madre provinciale e la madre superiora si recheranno di persona da Sua Eminenza con la speranza di poterlo convincere che l’istituto era nell’impossibilità di continuare, ma senza esito: «L’opera non deve morire, è costata tanta fatica e io non mi sento di compiere questo delitto e di ammazzare l’opera di Dio. Trovate un altro Istituto e voi ve ne potrete andare». Rimasero. Chiusa la scuola media nel 1956, per altri dieci anni il Sacro Cuore mantenne aperta la Casa e l’istituto magistrale sempre alle prese con la mancanza di suore e di insegnanti. Nel 1959 le suore laureate erano due, suor Maria Argirò che insegnava lettere e svolgeva la funzione di preside e suor Maria Soregaroli laureata in matematica e fisica che farà a lungo la spola tra Portogruaro e Bassano per coprire le esigenze delle due scuole private del Sacro Cuore. Quando Maria Soregaroli lascerà sant’Agnese, dopo cinque anni di permanenza, la reverenda madre supe-

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Ibidem. Corrispondenza, Scuola Magistrale (dal 1941 al 1966), dall’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Roma a mons. Vittorio De Zanche, Concordia Portogruaro, 11/08/1955. 188

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riora che l’aveva accompagnata fino a Verona di lei scriverà: Ella parte [30 settembre 1960] dopo cinque anni di permanenza a Portogruaro, ove ha lavorato con amore e spirito di sacrificio e ove lascia un buon ricordo. Anche le figliole la stimano molto per la sicurezza nell’insegnamento e per la paziente sua opera educativa. A lei il nostro grazie per quanto ha fatto in questa casa e l’augurio che anche nel nuovo ambiente possa svolgere un apostolato fecondo di bene.189

Suor Maddalena Balzani, insegnante di lettere e responsabile dell’educandato, aveva anche un incarico statale completo: farà lezione al Sacro Cuore di pomeriggio con lieve disappunto per le alunne, le quali essendo in gran parte dei paesi vicini dovevano rimanere fuori casa tutta la giornata a discapito dello studio personale, ma altri insegnanti non se n’erano trovati. Il problema delle insegnanti laureate resterà tale a lungo, e per avviare l’anno scolastico, si ricorreva spesso alle laureande come avvenne con la signorina Michieletto Maria Luisa ex-allieva, chiamata ad insegnare lettere in 1^ magistrale nell’anno scolastico 1959-60. Le suore, come abbiamo visto, partecipavano alle conferenze della FIDAE ed ai corsi promossi dall’Università Cattolica a Castelnuovo Fogliani in provincia di Piacenza e si prodigavano nel campo del sociale, senza ignorare che il paese era coinvolto nelle logiche divisive della “guerra fredda” e della questione “comunista”. La passività non deve assolutamente esistere, disse il Predicatore durante l’ultimo corso dei SS. Esercizi – 9 ottobre 1960 – e bene l’ha capito un’alunna di 2^ magistrale che ha saputo contro ribattere il discorso non certo ortodosso e morale di una donnaccia comunista, in modo non solo di farla tacere, ma convincere che c’è chi ne sa più di loro!190

Nel 1959 le suore aprirono ai giovani del paese organizzando corsi di lingua straniera, inglese e tedesco, ed avviarono il primo doposcuola per le bambine della parrocchia con la quale collaboravano nella diffusione della stampa cattolica. Già nel 1951 tra le alunne si dispensavano settimanalmente 20 copie di “Orizzonti”, 20 di “Alba”, 20 di “Gioia”, 45 di “Famiglia Cristiana” oltre ai “Foglietti del Vangelo”. Quindicinalmente “Vera vita”, Primavera”, “Aurora”, e poi «segnalatori stampa, film, libri S.

189 190

Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1960. Ibidem.

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Paolo». Le suore paoline invocavano le benedizioni sulla preziosa collaboratrice madre Geltrude Zonca la quale provvide, con le percentuali di sconto, ad acquistare una giostra dondolo e un’altalena «così il frutto dell’apostolato diventava a sua volta mezzo di apostolato». In quegli anni, collaborò pure all’organizzazione del Congresso Mariano col quale si era chiusa la Peregrinatio Mariae (1952) che vide il passaggio in tutte le parrocchie della statua della Madonna pellegrina, per finire a Portogruaro dove confluirono migliaia di fedeli da tutta la diocesi. Si occupava pure dei corsi dei santi esercizi: Aspiranti, Giovani, Donne. E poi ricamava, ricamava, ricamava. Ai primi di maggio 1952 scriveva: Sua Ecc.za Mons. Vescovo [Vittorio De Zanche] ha pranzato e ricevuto visite in casa nostra ed ha avuto la bontà di mostrarsi tanto soddisfatto della nostra cooperazione alla vita parrocchiale. Mons. Pancino ha trovato i paramenti in pieno ordine. Il nostro venerando parroco non sa come mostrare la sua riconoscenza. Sono contenta che sia passata, perché da circa venti giorni non respiravo che pianete, piviali ecc. Gli aiuti promessi sono venuti meno, e tutto il lavoro è restato alla Sig.ra Pina191 e a me. Ho ancora qualche riparazione, ma la farò poi con pace.

E ancora: «Sono tutta presa dalla fattura di un camice per S. Eccellenza Mons. Vescovo e deve essere pronto per la Madonna Assunta […] tiro avanti coraggiosamente nonostante il caldo eccezionale […] tu lo sai che significa…!» E svelta, precisa, faceva rete e rete.192

191

Cfr. nota 182. AGFSCJ, V. 3.1/1, pacco 7, quaderno 23. Membri della Congregazione. Defunte. Cenni biografici. 1953-58. 192

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29 giugno 1951. Educande del Sacro Cuore di Portogruaro. Molte di loro, di età e provenienza diverse, alloggiavano nel convitto delle suore aperto nell’ottobre del 1940 e frequentavano altre scuole statali. (AFSCJ)

1951. Classe IV. A partire da sx i professori Renato Pavetto, Irma Talon e Gino Antonio Filippi.

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Festa scolastica di fine anno. (Cortesia Giulia Furlanis)

1951. Festa scolastica di fine anno. (AGFSCJ)

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1951. Festa di fine anno. Al pianoforte Teresa Fogliani con suor Lodovica Lauster, austriaca. (Cortesia Teresa Fogliani Boschin)

1951. Concerto di fine anno. A dirigere il coro Don Giacomo Marzin (1881¬ 1969). (Cortesia Antonietta Dalla Francesca)

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Fine anni ‘50. Suor Maria Argirò, al secolo Enrichetta, preside delle magistrali dal 1955 al 1964, con un gruppo di allieve. Da sx Francesca Pillon, Vanda Salvador, Fiorella Zovatto, Pierina Tesolin, la preside; davanti Evelina Soncin, Graziella Ghiraldelli, M. Gabriella Tonini. (Cortesia Moro Giuseppina)

Compagne di classe. (Cortesia Giulia Furlanis)

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1951. Da sinistra, i professori Anton Gino Filippi, (…) Ceconi e Renato Pavetto con le ragazze del Sacro Cuore: Mior Luciana, Piccolo Rosanna, Bagnariol Gina, Dose Annamaria, Maria Grazia Pacher, Paola Rocco, Luciana Biason, Wanda Baldo, Paola Franco, Clara Prevarin, Pascotto Maria Pia, Rosetta Pellegrini, Elsa Buoso, Anna Matti, Cornelia Vivarin, Martecchini Franca... (Cortesia Martecchini Antonio)

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Anni ’50. Borgo sant’Agnese, appena fuori porta, come doveva apparire a molte allieve del Sacro Cuore nell’immediato dopoguerra. Si possono leggere le insegne della Carrozzeria Sguardo, dei pneumatici Pirelli e dell’essicatoio dei bozzoli. Quasi a ridosso delle magistrali stava infatti la Filanda dei f.lli Moro. (Cortesia “Portogruaro Sparita”)

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Anni ‘60 Il 6 novembre 1960 si vota e nelle “Magistrali del Sacro Cuore” viene istituito il seggio elettorale di borgo sant’Agnese. La giornata di votazioni è per tutti i cattolici italiani giornata di preghiera e di offerta. Anche noi abbiamo trascorso la mattinata in adorazione di Gesù esposto solennemente nella nostra cappellina. In casa abbiamo il seggio elettorale del rione S. Agnese e si sente e si vive ancora di più l’avvenimento.193

Gli anni sessanta sono anni di espansione economica, ma non solo. Un po’ dappertutto vengono istituiti i dopo-scuola, le mense per i bambini di famiglie più povere, gli asili infantili grazie agli aiuti americani dell’A.A.I. (Amministrazione Aiuti Internazionali) e dell’E.C.A. (Ente Comunale Assistenza) per risollevare la popolazione nell’istruzione e nella futura formazione professionale dei giovani. Nel 1961 vengono inaugurati l’asilo di Santa Margherita di Caorle, di Loncon di Annone Veneto e di Pradipozzo di Portogruaro e qualche anno dopo quello di San Nicolò e di Teson in Concordia Sagittaria. Monsignor Luigi Martin parroco di San Nicolò aveva sollecitato a lungo le suore del Sacro Cuore per aprire l’asilo della parrocchia. L’inaugurazione avverrà il 9 novembre del 1960 sotto una pioggia battente che non impedì alla popolazione di visitare i locali e di intrattenersi con le suore: Alacoque Pezzi e Giuseppina Centomo insegnanti e suor Giuseppina Andreatta, destinata alla contabilità ed alla cucina.194 Queste fornirono la tela per i grembiulini ed i bimbi iscritti furono una cinquantina, ma i disagi non mancavano, perché nei primi tempi dovettero fare la spola con Portogruaro, finché non furono ultimati i lavori e non venne installato il riscaldamento nei locali privati, così da consentire la formazione della piccola comunità religiosa. Nel mese di settembre del 1964, la madre provinciale Daniella Balduzzi giunse a Portogruaro per fare una visita all’asilo di San Nicolò e a quello che si sarebbe aperto di lì a poco a Levada nella Parrocchia Pio X di Teson. Incontrerà il parroco don Bruno Brunelli e dato che il nuovo fabbricato

193 194

Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1960. Ibidem.

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non era ancora pronto, vennero occupati i locali dell’oratorio: l’inaugurazione sarebbe avvenuta un anno dopo, l’11 ottobre 1965. All’asilo Pio X di Teson furono destinate suor Gabriella Angioni di Pontemammolo (Roma) maestra e suor Antonia Rossi di Recanati, assistente, le quali faranno il loro trionfale ingresso in paese, accolte dalla popolazione e dal parroco con il benvenuto recitato da una scolaretta. Dopo la Messa, visita dei locali del nuovo asilo e colazione alla presenza delle autorità: presidente e sindaco.195 Le due suore, per i primi tempi, si recheranno ogni giorno sul luogo con la corriera e ritorneranno la sera con lo stesso mezzo alla Casa di Portogruaro, così come era avvenuto per le suore di San Nicolò qualche anno prima.196 La madre superiora di Portogruaro, con le suore degli asili di san Nicolò e di Levada, nel febbraio del ’65, si recherà a Verona in automobile per il raduno che la madre generale aveva indetto per tutte loro prima di partire per l’America. In quella circostanza, un sacerdote parlò loro per la prima volta della classe operaia, perché fossero edotte qualora si presentasse l’occasione di lavorare in quel settore. Il 2 novembre del 1964, come sempre, avvenne la benedizione degli uffici minori della Casa di Portogruaro, una cerimonia molto semplice dato il numero ristretto delle religiose. «Però ci siamo tutte e la Madre Superiora l’ha trasportata a oggi appunto per avere presenti le Suore dell’Asilo.» L’imminente epilogo si avvicinava. Messo a conoscenza della volontà di chiudere la scuola femminile privata, il Comune inoltrò al ministero della Pubblica Istruzione la richiesta di aprire a Portogruaro l’istituto magistrale di Stato per assolvere al meglio, il ruolo che si stava assumendo, «di centro direzionale di studi a vantaggio della popolazione dei comuni del mandamento e di quelli limitrofi e contermini».197 Chiese quindi alla direzione dell’istituto privato di man-

195

Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1965/66. L’asilo di Levada (Teson) venne chiuso nell’anno scolastico 1975/76. Una delle ultime suore fu Bressan Assunta, oggi archivista del Sacro Cuore di Roma. 197 Deliberazione della G.M. n. 423 del 27/09/63 Assunzione degli oneri per il funzionamento in Portogruaro di un Istituto Magistrale di Stato, ratificata dal Consiglio Comunale con propria Deliberazione n. 278 del 23/10/63. In detta occasione il consigliere Gavagnin per il P.S.I. ed il consigliere Aldo Camponogara per il P.C.I. avevano chiesto che l’amministrazione comunale si attivasse presso il ministero della Pubblica Istruzione per l’istituzione a Portogruaro di un liceo di Stato, a loro detta maggiormente rispondente alle esigenze della città. 196

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tenere efficiente l’intero corso magistrale compresa la futura classe prima e deliberò un contributo di £ 2.000.000 per concorrere alle spese del suo funzionamento, tutto questo in attesa della statizzazione da parte del ministero della Pubblica Istruzione. I tempi per lo statale slitteranno di un anno. L’istituto magistrale di stato di Portogruaro, al quale potevano ora iscriversi anche i maschi, aprirà il 1° ottobre 1964 con una sezione staccata nel Comune di San Michele al Tagliamento. Una sezione staccata, in realtà, era già sorta prima: dipendeva dall’istituto magistrale “Nicolò Tommaseo” di Venezia ed era stata inaugurata il 1° ottobre del 1963 nei locali della scuola media statale “Tito Livio” del Comune di San Michele al Tagliamento.198 Il sindaco Pasqualini Angelo, nella richiesta inviata al ministero, spiegò che la sede naturale dell’istituto magistrale doveva essere Portogruaro, per diverse buone ragioni: per l’esistenza delle magistrali con gestione parificata fin dal 1933, per la facilità di accesso alla cittadina anche a mezzo ferrovia, per la presenza di una numerosa popolazione scolastica attratta da scuole di ogni ordine e grado e non ultimo, per il prossimo insediamento delle numerose famiglie di militari a seguito della costruzione nel capoluogo di una grande caserma che avrebbe ulteriormente incrementato le iscrizioni.199 Fu così che Villa Martinelli divenne la sede anche dello statale che si insediò nei locali già occupati dalla parificata: il sindaco aveva chiesto in affitto le aule del pianterreno e del primo piano, le sale della presidenza e dei professori da una parte e l’aula parallela dall’altra, oltre alla portineria ad esclusivo uso della scuola statale, lasciando alle suore il portoncino nel giardinetto per accedere alla Casa.200 Venne assunta anche la bidella. La prima fu la signora Chiandotto Maria in Dozzo, assunta per due mesi a partire dal 1° novembre del ‘64, successivamente prorogati. Nel febbraio del 1965, giunse il Decreto del Presidente della Repubblica, per l’istituzione

198

Gobbato N., L’istituto magistrale di San Michele al Tagliamento, in Il Timènt, n. 113 pp. 6-7 e n. 114 pp. 10-11). 199 ACP, dal comune di Portogruaro al ministero della Pubblica Istruzione di Roma, Richiesta di istituzione in Portogruaro di un Istituto Magistrale di Stato, del 28 settembre 1963. 200 Deliberazione del Consiglio Comunale n. 381 del 30.09.64 Affitto locali da destinare a sede dell’Istituto Magistrale di Stato per il canone annuo di £ 1.230.000 annue da liquidarsi in due rate semestrali e precisamente entro il 31 marzo ed il 30 settembre.

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dell’Istituto Magistrale di Stato di Portogruaro che fin dall’inizio assunse l’intitolazione “Marco Belli” come risulta dagli atti ufficiali, quali i primi verbali ed i timbri usati per la corrispondenza e i documenti di segreteria.201 Nella seconda metà degli anni ’60, inizieranno le trattative per l’acquisto di Villa Martinelli, ma sorsero subito dei problemi tanto che il Comune rigettò la proposta di acquisto avanzata dalle Figlie del Sacro Cuore di Gesù e continuò ad occupare i locali oltre il contratto triennale di locazione pattuito con le suore, le quali inoltrarono istanza di giudizio per il rilascio dell’immobile.202 Il Comune resistette tre volte in giudizio appellandosi al tacito rinnovo del contratto di locazione, ma le suore presentarono il loro

201

La materia relativa all’intitolazione delle scuole non era disciplinata dalla legge in modo specifico. Al tempo del “Marco Belli” si faceva riferimento alla circolare ministeriale n. 35 del 31 marzo 1928 (relativa al settore della scuola secondaria), alla circolare ministeriale prot. n. 4452/48 del 25 giugno 1947 (settore della scuola elementare) ed alla Legge 23 giugno 1927, n. 1188 relativa alla Toponomastica stradale e monumenti a personaggi contemporanei. Tale legge, all’art. 3, stabilisce, al primo comma: «Nessun monumento, lapide od altro ricordo permanente può essere dedicato in luogo pubblico od aperto al pubblico, a persone che non siano decedute da almeno dieci anni». Dopo l’entrata in vigore degli Organi Collegiali, D.P.R. 31 maggio 1974, n. 416, al fine di armonizzare le diverse competenze dei soggetti in carica sul tema dell’intitolazione delle scuole, è stata emanata la Circolare Ministeriale 12 novembre 1980, n. 313, che prevede quanto segue: l’intitolazione della scuola viene deliberata dal consiglio di circolo o di istituto, sentito il collegio dei docenti. La deliberazione è successivamente inviata al Provveditore agli Studi, che acquisisce le valutazioni del Prefetto e della Giunta Comunale. Acquisite le quali, in caso di parere favorevole, il Provveditore agli Studi emana il decreto di intitolazione inviandolo poi integralmente alla scuola e al Ministero (Direzioni Generali, Ispettorati e Servizio competenti). 202 Il Comune aveva pattuito con il Sacro Cuore un contratto di locazione triennale, dal 1/10/1964 al 30/09/1967 per l’uso di 11 vani dell’immobile Villa Martinelli. Il 13 dicembre 1966 le suore proposero al Comune l’acquisto del bene, affermando che non intendevano rinnovare la locazione. Il Comune aveva inizialmente declinato l’offerta per riprenderla successivamente come da Deliberazione del CC n. 67 del 1967 senza peraltro portarla a buon termine. Nel frattempo il Comune restava in godimento dei locali, ma citato in giudizio per il rilascio dell’immobile, il Tribunale di Venezia lo condannava al pagamento dei danni. Il Comune eccepiva e richiedeva il rigetto per intervenuta rinnovazione tacita del contratto di locazione. Con sentenza 19.08.1967 il Tribunale accoglieva la domanda per il rilascio dell’immobile, ma dichiarava improbabile la domanda di respingimento del danno. Il comune di Portogruaro impugnava tale decisione che però veniva confermata dalla Corte d’Appello di Venezia con sentenza 17.10.70 perché restava immutato il tema del dibattito, ma si escludeva la pretesa di rinnovazione tacita. Il Comune proponeva ricorso alla Cassazione ed il Sacro Cuore presentava controricorso. La Corte di Cassazione-Terza Sezione Civile con sentenza 78015/2462 del 26/02/1973 rigettava il ricorso del comune e lo condannava alla perdita del deposito ed alla spesa di giudizio. (ACP, Deliberazione CC n.35 del 26 giugno 1974)

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controricorso ed in Cassazione ottennero la sentenza a favore e la condanna del Comune alla perdita del deposito e al pagamento delle spese. Il sindaco Aldo Maganza convocò allora il consiglio comunale in data 25 giugno 1974, relazionò dettagliatamente circa la storia dell’immobile e fece una proposta conclusiva: o perdere tutto restando senza sede per l’istituto magistrale, pagando danni, affitti e spese processuali, oppure tentare di riesaminare con la casa proprietaria la possibilità di acquistarne gli immobili. Il consiglio «a voti unanimi» approvò questa seconda soluzione, così vennero ripresi i contatti con lo studio dell’avvocato Innocenti di Verona, legale rappresentate del Sacro Cuore di Bergamo; la corrispondenza e gli incontri si infittirono fino a giungere alla conclusione della trattativa di compravendita.203 Nel luglio del 1976 compariranno davanti al notaio Marina Gramaticopolo di San Stino di Livenza il vice sindaco Aldo Camponogara per conto del Comune di Portogruaro da un lato, e madre Tomasoni Saveria, al secolo Luisa, per conto dell’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore Gesù, ora con casa generalizia a Roma, dall’altro, per acquistare l’uno e vendere l’altro i beni situati nel borgo di sant’Agnese per un importo a corpo di 105.000.000 £ oltre a quasi 40.000.000 £ per interessi e spese di Cassazione.204 L’avvocato Innocenti di Verona era giunto a Portogruaro per seguire le pratiche della vendita di Villa Martinelli con le sue adiacenze fin dal febbraio del 1966, in qualità di legale rappresentate della Casa di Bergamo del Sacro Cuore, quando venne convocato un primo apposito consiglio comunale nel giugno dello stesso anno, ma senza esito.

203

L’istituto magistrale statale “Marco Belli” rimarrà per 50 anni in Villa Martinelli, dal 1964 al 2014, quando troverà sede come istituto statale “Marco Belli” nell’attuale edificio costruito nel 1914 per ospitare la prima scuola tecnica di Portogruaro “Dario Bertolini” istituita nel 1910. L’istituto statale “Marco Belli” è situato di fronte al Teatro “Luigi Russolo” e a fianco delle ex scuole elementari “Ippolito Nievo”, oggi sede del liceo scientifico “XXV Aprile”. 204 La compravendita era stata deliberata dal consiglio comunale con proprio atto n.35 del 25 giugno 1974. L’atto di compravendita Rep. N.205/56 in data 23 luglio 1976 è stato registrato alla Conservatoria dei Registri Immobiliari di Venezia in data 28 luglio 1976, al n°9516 del registro particolare. Si trattava dei beni immobili siti nel borgo di sant’Agnese, costituiti da 4 corpi di fabbricato con altri corpi annessi di piccole dimensioni ed area scoperta di pertinenza confinanti a nord con i mappali 214-215 e 103 del foglio 27, ad est con il fiume Lemene, a sud con i mappali 294-205-296-297, ad ovest per ml.1,00 con il piazzale della chiesa sant’Agnese (secondo ingresso), per ml.41,00 circa con la chiesa sant’Agnese e per ml. 36,00 con la Strada Statale n.14 (ACP, Sezione contratti e Deliberazione CC n.35 del 26 giugno 1974).

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Tutte le richieste dovevano essere sottoposte alla reverenda madre economa generale ed ottenere il nulla-osta da parte della Sacra Congregazione dei Religiosi di Roma. «Si è discusso sui prezzi d’affitto o di vendita, ma ogni cosa è rimasta sospesa», tanto che le suore speravano, in fondo in fondo, di non dover lasciare tutto. «Per noi la novità è stata imprevista perché si sperava di rimanere qui almeno fino allo spirare del contratto di affitto.»

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1960. Gruppo di diplomate delle magistrali del Sacro Cuore con il Presidente dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC). In piedi a sx. suor Maria Soregaroli laureata in matematica, seduta la Madre Superiora Maria Motterle e a dx. Sr. Enrichetta Argirò. In seconda fila, al centro, Teresa Fogliani e in piedi dietro Sr. Enrichetta, Eugenia Facchin. (AGFSCJ)

1963/64. Le ragazze di classe prima magistrale. (Annuario Magistrale Marco Belli, New Print Editore, agosto 2002, pag. 75)

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1960. La maestra Maria Salvador con le colleghe Pia Fratto e Rosanna Piccolo in piedi, a sx. Maria Salvador e a dx Licia De Stefano, Renata Pizzolitto in basso. (Cortesia Maria Salvador in Anese)

Anni ’60. Le ex allieve del Sacro Cuore, maestre a Cavanella. A partire da sx, dopo una collega istriana, Maria Salvador, Magda Ceccotto e Vignati Renata. (Cortesia Maria Salvador in Anese)

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1962. Pranzo in palestra al Sacro Cuore. Sullo sfondo la preside delle magistrali suor Maria Argirò, al secolo Enrichetta. (Cortesia Ivana Franceschinis)

1962. Collegio Sacro Cuore, classe 3ÂŞ Magistrale. Ultima, sulla gradinata di villa Martinelli, Ivana Franceschinis. (Cortesia Ivana Franceschinis)

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Le suore del Sacro Cuore fondarono negli anni Sessanta anche l’asilo di Teson e di San Nicolò. Il primo ad essere inaugurato fu quello di San Nicolò con le suore: Alacoque Pezzi e Giuseppina Centomo insegnanti e Giuseppina Andreatta, destinata alla contabilità ed alla cucina.

L’asilo PIO X di Teson venne aperto nei locali dell’oratorio nel settembre del 1964 ed inaugurato nella nuova sede l’11 ottobre 1965. All’asilo di Teson furono destinate suor Gabriella Angioni, maestra, e suor Antonia Rossi. Verrà chiuso nell’anno scolastico 1975/76. Una delle ultime suore fu Assunta Bressan, oggi archivista del Sacro Cuore di Roma.

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Il Sacro Cuore chiude Giacomina Olzi fu l’ultima madre superiora. Sarà lei a chiudere definitivamente la Casa del Sacro Cuore di Portogruaro. Annotò le ultime righe sul quadernetto, i nomi dei sacerdoti che avevano sostenuto la vita spirituale della scuola e in calce alla data, 1° settembre 1966, la propria firma.205 Aveva seguito alla lettera le istruzioni della madre provinciale Daniella Balduzzi e, dopo le opportune raccomandazioni al custode di Villa Martinelli, si mise in viaggio verso Bologna insieme con suor Annunciata Bertuletti. A Bologna sarebbero state accolte amorevolmente dalla madre superiora di quella casa, ma le due suore «mentre racchiudono in cuore i loro dolorosi ricordi» ringraziarono Iddio che le sosteneva e le confortava e partirono verso la nuova destinazione.206 Gli ultimi giorni avevano fatto la spola tra Portogruaro e Levada presso le consorelle dell’asilo aperto da poco nella parrocchia Pio X, per dedicarsi a radunare la mobilia e le masserizie nella casa che entro il mese si doveva chiudere. «Col cuore stretto mettono mano a demolire quanto altre Madri e Suore hanno fatto con tanto sacrificio.» Un camion, mandato dall’Economa di Verona ancora a luglio, si era già portato via la bella grande tavola della sala, più un salottino composto di divano, tavolino e due poltrone, oltre a due sedie in paglia speciale, cinque armadietti per scuola, la cartelliera dei professori e l’enciclopedia cattolica, composta di dodici volumi. I due uomini avevano pranzato a sant’Agnese e se ne erano andati via col carico. Erano rimaste in cinque a formare la comunità e prima di lasciare la Casa, le suore avevano fatto un’ultima gita. L’itinerario lo aveva organizzato l’autista di fiducia: visita al tempio ossario di Montebelluna, alla Madonna del Grappa, a Pedavena per vedere la fabbrica della birra e pranzare nell’area pic-nic con zoo, e da lì, salita fino al lago di Alleghe e poi, la discesa a Cortina d’Ampezzo e al lago di Misurina. Sulla via del ritorno sosta al lago di S. Croce. «Siamo partite alle 5 del mattino e torniamo alle 21,30. Abbiamo avuto la fortuna di ascoltare due S. Messe […] tutto è andato bene, perciò di205 Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1965/66. È l’ultimo quaderno delle Memorie della Casa di Portogruaro e se non diversamente citato, le parti di testo in corsivo, si riferiscono a questo documento. 206 Ibidem.

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ciamo un sentito grazie al Signore.»207 In occasione della festa della Beata Verzeri, fondatrice del Sacro Cuore, le ex alunne furono trattenute per un saluto particolare, un commiato che sapeva tanto di addio. «È stato come un congedo dalla scuola, che ormai sarà statale, ma insieme un invito a tornare al luogo della loro educazione, ove potranno essere accolte con materno cuore dalle suore che qui si troveranno.» Che all’orizzonte fosse in vista la chiusura definitiva delle magistrali del Sacro Cuore fu chiaro quando, nella cerimonia di fine anno scolastico, il vescovo rivolse un particolare ringraziamento alle suore «per l’opera di apostolato svolto dalle stesse nei venticinque anni di permanenza in questa cittadina».208 La cerimonia, allietata dalla musica dell’harmonium con accompagnamento di violino e violoncello, si chiuse con una fotografia ricordo, con allieve, famiglie, insegnanti, professori ed al centro il vescovo e la piccola Patrizia Santesso, biancovestita per la cresima. Era il 15 giugno del 1964. Una lettera amara,209 percorsa «dalla tristezza dei passati giorni», era stata scritta dalla madre superiora Giacomina Olzi alla reverendissima madre generalizia nella settimana santa del 1966, dopo essere stata ad ossequiare sua eminenza il vescovo Vittorio De Zanche. La decisione di chiudere la scuola era già stata presa, ma monsignor De Zanche non ne sapeva nulla, non aveva ricevuto la raccomandata dalla Casa di Bergamo ed appariva assai contrariato anche se, aggiunse, «Dio vede e provvede ed una raccomandata non va mai perduta». Era accaduto anche due anni prima, quando il Comune, con un solo mese di anticipo, aveva chiesto di chiudere la scuola tanto che il Sacro Cuore aveva rischiato di lasciare per strada un centinaio e più di ragazze delle magistrali che non avrebbero più potuto

207

La comunità delle religiose era ridotta a cinque suore: suor Gabriella Visentin, suor Clotilde Toia, suor Angelina Bizzotto, suor Annunciata Bortoletti e la madre superiora Giacomina Olzi. 208 Il 15 giugno 1964 nelle Memorie della casa generale di Roma, si verbalizza: «L’Istituto Magistrale di Portogruaro non sarà più nostro, ma passerà allo Stato. Ha chiuso l’anno scolastico con la celebrazione della S. Messa S.E. Mons. Vittorio De Zanche, Vescovo Diocesano il quale ha ringraziato Suore e Professori dell’assistenza prestata ed ha incoraggiato le alunne a tenersi in costante rapporto con le Suore» (Segreteria Generale delle Figlie del S. Cuore di Gesù, Armadio 5, fascicolo 16.). 209 Corrispondenza, Scuola Magistrale (dal 1941 al 1966), da Portogruaro alla M.R.M. Generalizia di Roma, 13/04/1966.

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proseguire gli studi, non essendovi nella zona altra scuola del genere. Pure una soluzione, allora, era stata trovata. Ora non c’era più tempo. Le carte erano state tutte inoltrate. Al ministero della Pubblica Istruzione suor Enrichetta Argirò, da undici anni preside dell’istituto magistrale legalmente riconosciuto di Portogruaro, aveva presentato le proprie dimissioni in data 29 dicembre 1963 e con l’anno scolastico 1964-65 l’istituto magistrale Sacro Cuore di Gesù avrebbe cessato di esistere, per «mancanza di personale insegnante religioso e quindi per l’impossibilità di sostenere l’ingente spesa per gli stipendi a personale laico che, fra l’altro, è quanto mai difficile reperire».210 Con vivo rincrescimento erano costrette a lasciare l’istituto magistrale di Portogruaro ancora in pieno sviluppo, dopo oltre vent’anni di vita e sacrifici «non pochi e non lievi», ma anche di tante «soddisfazioni per il bene compiuto».211 Della mancanza di «soggetti religiosi» aveva scritto nell’aprile del 1956 la superiora generale Maria Ignazia Pessina all’allora cardinale Patriarca di Venezia, Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII. «Conosco a prova l’amore paterno, con cui assiste il nostro istituto e mi faccio coraggio ad esporre i motivi che inducono me e le mie Assistenti a chiudere due case: Este, in provincia di Padova e Portogruaro, in provincia di Venezia.» La corrispondenza fra Portogruaro e Roma, fra il vescovo De Zanche e la madre generale Maria Ignazia Pessina, si era andata infittendo, ma le incomprensioni erano via via aumentate. Nell’agosto del 1955, la prima lettera di madre Pessina al vescovo De Zanche per rappresentare le tante, tantissime difficoltà in cui si trovava la Congregazione del Sacro Cuore. «L’estrema penuria di soggetti idonei a sostenere in Portogruaro l’Opera faticosamente iniziata da circa tre lustri.» E chiedeva aiuto. Vorremmo che Ella ci aiutasse in questo passo increscioso, ma per noi indispensabile. Tutto fu bilanciato con zelo apostolico e perciò chie-

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Corrispondenza, Scuola Magistrale (dal 1941 al 1966), da Portogruaro al Ministero della Pubblica Istruzione, 29/12/1963. Il 16 ottobre 1964 la preside Enrichetta Argirò partirà per Roma. Per 11 anni aveva lavorato «con intelletto d’amore nella Scuola Magistrale di P. e ha saputo guadagnarsi la stima e la fiducia delle alunne dei genitori e degli insegnanti». 211 Nella richiesta del 28 settembre 1963, inviata dal comune di Portogruaro al ministero della Pubblica Istruzione per l’istituzione dell’istituto magistrale statale, si può leggere che dal Sacro Cuore, tra il 1941 ed il 1963, erano uscite abilitate 474 maestre su 591 allieve. Da qualche anno l’amministrazione dell’istituto aveva fatto presente le notevoli difficoltà economiche derivanti da entrate insufficienti a coprire i costi sempre più esosi.

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diamo all’Eccellenza Vostra Reverendissima di non ostacolare quanto fu con grande rincrescimento deciso. Abbiamo pure data comunicazione di ciò alla M.R. Madre Superiora Locale ed alla Provinciale perché possano provvedere in tempo al licenziamento dei professori.212

Rispondeva monsignor De Zanche: Con doloroso stupore apprendo soltanto oggi, di ritorno da una mia prolungata assenza dalla Diocesi, dalla sua lettera dell’11 c.m. la gravissima decisione di chiudere la Casa di S. Agnese in Portogruaro… non riesco a rendermi conto come si sia potuto addivenire ad una simile decisione senza prima farne parola al Vescovo per studiare con lui una qualche soluzione meno disastrosa di quella adottata.213

«Forse è sfuggito» continuava monsignor De Zanche «il punto fondamentale su cui richiamo l’attenzione del Consiglio di codesto Ven. Istituto… in un momento in cui la Chiesa tanto si preoccupa e si adopera per l’assistenza alla gioventù, oggi esposta a gravi pericoli.»214 La madre generale mette nero su bianco le gravi condizioni in cui versa il Sacro Cuore. Quasi uno sfogo. Le conversioni erano diminuite e a gestire le molte case erano rimaste poche suore, anziane e spesso malate che venivano continuamente turnate con gravi carichi di lavoro per mantenere aperte le scuole private, i cui costi erano in aumento mentre le entrate introitate con le tasse e le rette risultavano sempre più insufficienti.215 «Ma Ella voglia credere alle nostre critiche circostanziate, ai nostri gravi debiti reali, alle nostre tante suore malate, anche per eccesso di lavoro. Vorrei aprirne cento delle Case anziché chiuderne una!»216 Una proposta era venuta dal vescovo che aveva suggerito di chiudere la scuola media, riducendo in tal

212

Corrispondenza, Scuola Magistrale (dal 1941 al 1966), dalla rev.da madre generale di Roma al vescovo di Concordia del 11/08/1955. 213 Corrispondenza, Scuola Magistrale (dal 1941 al 1966), dal vescovo di Concordia alla rev.da madre generale di Roma 16/08/1955. 214 Ibidem. 215 Già da qualche anno l’amministrazione dell’istituto aveva fatto presente le notevoli difficoltà economiche. Nel 1963 le rette non potevano ritenersi suscettibili di aumenti perché già alquanto elevate. La prima tassa di iscrizione ammontava a £ 6.000 e la seconda a £ 24.000 per trimestre (ACP, dal comune di Portogruaro al ministero della Pubblica Istruzione di Roma, Richiesta di istituzione in Portogruaro di un Istituto Magistrale di Stato, del 28 settembre 1963). 216 Corrispondenza, Scuola Magistrale (dal 1941 al 1966), dalla rev.da madre generale di Roma al vescovo di Concordia del 20/04/1956.

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modo il fabbisogno di personale e di conservare le magistrali, mentre si diceva scettico circa le difficoltà economiche che le suorine continuavano ad avanzare per abbandonare Portogruaro. […]mi pare che non tengano più sia perché col terreno venduto i debiti (più fittizi che reali) vengono pagati, sia perché i lavori che si dovrebbero fare non presentano affatto carattere di urgenza. La prego pertanto, Rev.da Madre, di voler considerare e far considerare tutto questo al Consiglio della Congregazione, perché sarebbe molto grave la responsabilità di una decisione che avesse come conseguenza la immediata cessazione di un’opera tanto necessaria.217

Con la chiusura si intrecceranno molte questioni di natura economica a cominciare dal contratto di locazione con il Comune, per finire con il problema della stima dei beni di borgo sant’Agnese composti dalla villa e dal podere attiguo e dell’alienazione degli stessi, tanto che la madre superiora ne fa espressamente cenno alla madre generale a Roma: Riguardo al terreno non abbiamo più udito nulla, ma persone conoscenti e competenti, ci dicono di non lasciarci ingannare, perché il terreno fabbricabile vale molto e se c’entra il Municipio, questi fa sempre molto bene i propri interessi a scapito di chi vende. Se la M R. M. Tomasoni vuol combinare il suo affare, deve venire sul posto, senza fretta di ripartire, vedere i prezzi dei terreni di queste parti, in modo di non pentirsi.218

Aggiunse che stava per ultimare l’inventario dei mobili e degli arredi sacri e si stava adoperando per sistemare anche la tomba nel cimitero di Portogruaro dove riposavano alcune di loro, accanto alle spoglie di suor Maria Francesca Carrier, sorella del benefattore Luigi Carrier.219 Prima di

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Corrispondenza, Scuola Magistrale (dal 1941 al 1966), dal vescovo di Concordia alla rev.da madre generale di Roma, 5/04/1956. 218 Sarà proprio madre Saveria Tomasoni, al secolo Luisa, nata a Cremona il 6/07/1916, divenuta madre generale della congregazione delle Figlie del Sacro Cuore e residente a Roma in via Casilina 1113, a firmare l’atto di compravendita di Villa Martinelli con il comune di Portogruaro il 23 luglio del 1976 (Corrispondenza, Scuola Magistrale (1941al 1966) dalla madre superiora Giacomina Olzi alla M.R.M. Generale Maria Ignazia Pessina di Roma, 13/04/1966). 219 Nel cimitero monumentale di Portogruaro si trova la tomba delle Figlie del Sacro Cuore. Accanto alla sorella del benefattore Luigi Carrier, Suor Maria Francesca Carrier (1846-1898), sono state sepolte: Suor Sofia Pedrotti (1910-1965), Suor Concetta Bortolotti (1900-1966), Suor Elena Armani (1909-1970), Suor Enrica Civran (1915-1974), Suor Ester Biason (1934-1967). Ogni 1° novembre le suore del Sacro Cuore di Portogruaro avevano portato fiori e ceri sulla tomba dei Canonici del Duomo e sulla tomba dove riposavano le loro consorelle.

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partire, la madre superiora Giacomina Olzi e la reverenda madre Ottavia Andrioli si recheranno ad ossequiare monsignor Pancino per offrirgli in ricordo un bel crocifisso montato su velluto rosso. Furono trattenute in affabile conversazione dal monsignore che mostrò loro vivo dispiacere per la partenza delle Figlie del Sacro Cuore da Portogruaro. Le due madri passeranno poi al Vescovado nell’intento di ossequiare il vescovo che però risultò essere assente. Le due religiose incaricheranno la sorella del prelato di ossequiarlo e di presentargli il loro dono: un servizio da messa, «ricamato con arte e finezza», così come da sempre avevano saputo fare. Lasceranno definitivamente la Casa del Sacro Cuore di Portogruaro in via S. Agnese, non prima però di aver fatto le opportune raccomandazioni all’ortolano e custode Domenico220 che avrebbe occupato con la famiglia il pianterreno. I diari si interrompono qui. La firma in calce è quella di Giacomina Olzi, ultima madre superiora della Casa delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Portogruaro. Era il 12 settembre 1966.

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Si trattava di Domenico Driol (1904/1988). Era detto “Minuti Andrioi” di Concordia Sagittaria, ultimo custode del Sacro Cuore.

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Lettera della Superiora Generale Maria Ignazia Pessina a sua Eminenza Angelo Roncalli, Patriarca di Venezia. (AGFSCJ, Fasc. 1 Portogruaro, Prot. 40)

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Anni ‘80. Raduno delle ex allieve con suor Silvia Giordano, preside dal 1940 al 1947. (Cortesia Annamaria Scrosoppi Lorenzin)

Raduno settembre 2016: Eleonora Geronazzo, Nelly Bertolo, Anna Bergamo, Gloria Spessotto, Loredana Fioretti, Gianna Boro, Maria Trevisan, Bruna Bonan, Elisa Meneghini, Giuliana Peressutti, Maddalena Bellomo, Adriana Bittolo Bon. (Cortesia Eleonora Salotto)

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Cronache di viaggio Nei diari sono narrati alcuni memorabili viaggi intrapresi dalle Figlie del Sacro Cuore di Gesù in anni difficili e con mezzi di fortuna: dal trasporto dei mobili in bettolina, al camion di guerra, al “cavallo di San Francesco”.

La bettolina 3 ottobre 1940 La madre superiora aveva, da qualche giorno, inoltrato domanda al Regio Comando Militare Marittimo, chiedendo un mezzo galleggiante pel trasporto del materiale che questa casa – di Venezia – può dare per quella che si deve aprire a Portogruaro. Già il comandante Greco, sotto capo di Stato Maggiore, aveva verbalmente confermato la favorevole adesione di sua altezza reale, il duca di Genova, dicendo che era suo piacere e desiderio venire incontro al Pio Istituto-Canal al Pianto. Oggi, poi, il suddetto comandante, mandava un capitano con due allievi ufficiali a vedere il quantitativo del materiale ed a prendere accordi per le modalità del carico, del viaggio e arrivo alla meta. Combinato sul da fare si licenziarono, e nel pomeriggio, erano qui di nuovo coi natanti per caricare la roba. Una decina di soldati, al comando del capitano, lavorò senza posa a portare carichi pesanti e riordinarli in modo, nella bettolina, che sarebbe poi stata trainata da un rimorchiatore, più di tre ore, mentre in cuor nostro si benediceva il Signore per la provvidenza così larga che sua altezza reale concedeva all’istituto, per aiutare la sua opera di bene, estesa in un nuovo campo di apostolato educativo e religioso. È proprio il Signore che manda i suoi angeli della terra a sollevare nei crucci penosi e nelle ristrettezze finanziarie, specialissime nell’attuale momento della guerra: se si pensa che occorrono dieci ore di rotta per arrivare a Portogruaro.221

221 Per questa vicenda consultare Memorie delle Case, VI. 2.6, Memorie della Casa di Venezia, 1940/41, 3 ottobre 1940.

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5 ottobre 1940 Finalmente arriva il barcone da Venezia. I marinai prestano mano per scaricare la mobilia che è molto bagnata. La madre Paola si accosta al capitano per ringraziarlo e porgere una busta con il denaro ed alcuni quadretti per ricordo, ma egli schernendosi rifiuta la prima, e dando i quadretti ai suoi: «I ragazzi si sono offerti spontaneamente ed io sono lieto di aver partecipato ad un’opera pia». La buona madre è felice; prega gli operai della casa di ripulire le due stanzette che dovranno servire alle quattro fortunate: infatti alle ore 13 del giorno 5 ottobre entrarono a Portogruaro la madre Pia Rossi e la sorella Palmina Paoletti, entrambe da Verona.222

In camioncino aperto sotto le bombe Il 20 e 21 novembre del ’44 la suora economa, madre Giuseppina Trebeschi con la superiora dell’asilo Calasanzio, approfittando di una buona occasione, si recò a Udine per procurarsi alcune pentole adatte alla nuova cucina economica elettrica, acquistata in previsione della penuria di legna per il prossimo inverno. Il viaggio è stato fatto, come ormai di consueto, in camioncino aperto. Ma quali peripezie e quali pericoli lungo la strada! Oltre al disagio fisico di un viaggio così lungo in sì scomoda posizione, lungo la strada ha assistito anche ad un pauroso mitragliamento. È passata sopra ponti pericolanti per i recenti mitragliamenti, ha visto macerie su macerie a S. Michele e a Latisana che hanno subito fino adesso una trentina di incursioni. E tutto questo per procurare alla Comunità, il mezzo possibile di vettovagliamento, nel vicino, assillante inverno!223

222 223

Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1940/41. Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1944/45.

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Il camion per rimpatriare i prigionieri Il 23 luglio 1945, suor Rosa Poppi doveva recarsi a Verona per fare i SS. Esercizi e per fare la professione di fede, troverà un passaggio su un mezzo di fortuna molto speciale: un camion diretto a Bolzano per rimpatriare i prigionieri italiani dalla Germania. Nell’occasione si è pensato di far partire la petente corista, Antonia Civran, ottima giovane piena di criterio e di buona volontà che già da vari mesi sospira il momento di entrare. Accompagnatrice delle partenti la Reverenda Madre Giuseppina Trebeschi. Verso le 18 lasciavano tutte e tre la casa per recarsi alla canonica, da dove il camion sarebbe partito mezz’ora dopo. Senonché, per un guasto al motore, alle ore 22,30 la macchina non era ancora pronta, ed allora la partenza fu rinviata all’indomani… le viaggiatrici fecero ritorno ed anche Antonia dormì qui per non dover subire un secondo distacco da casa. La partenza fu fissata per le ore 10 del giorno 24. Mezz’ora prima un espresso da Verona richiamava colà suor Maria Armani che poté così unirsi alla comitiva, e vedere coronato il suo sogno di ritornare al suo “Istituto Seghetti” dopo quasi due anni dallo sfollamento.224

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Ibidem.

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La didattica al Sacro Cuore

LA MAESTRA Che bella, santa missione quella della Maestra! La Maestra! È lì come regina, meglio come una santa, paziente mamma con quei suoi trenta, quaranta alunni della sua classe. Quegli alunni la Maestra li riguarda come anime affidate alle sue cure; anime delle quali sente la responsabilità; anime che essa ha da istruire, educare, formare nella mente e nel cuore. Quella formazione non la potrà ottenere che faticosamente, passo passo, giorno per giorno; per ottenerla, la buona maestra, si può dire, vi lascerà pezzo per pezzo, la sua vita. Ma nel suo gran cuore, per arrivarvi, non si lascerà vincere da fatiche, da difficoltà…. Avanti… Avanti! La scuola per la vita, oggi per domani. Istruirli, quei cari alunni, educarli, formarli. Istruirli su quanto domani avran bisogno di sapere: leggere, scrivere, conteggiare; su quanto avran bisogno nel mestiere, nell’ufficio nel quale avranno a trovarsi. E educarli: coll’istillar loro il dovere del rispetto ai Superiori, l’amore alla Patria, il bel tratto con tutti, il sapere come diportarsi nelle varie vicende della vita. Ma in modo speciale, istillando in quei cuori lo spirito religioso, il timor di Dio, anima e solo vero fonte di tranquillità e pace. Così giorno per giorno, per anni ed anni! Quale, quanto lavoro questo della scuola! Se ben condotta qual delicata importantissima missione questa della Maestra! Dopo 40 anni la maestra, se ci arriva, avrà dal Governo la medaglia d’oro, riconoscimento delle benemerenze per l’istruzione e l’educazione impartite in quei lunghi anni… ma per la Maestra più che la medaglia sarà la coscienza del dovere compiuto, il pensiero che centinaia e centinaia sono stati da lei istruiti, educati, formati; tali da essere di onore a se stessi, alla famiglie che si saran formati e alla Patria; cittadini onesti, cristiani esemplari. E, con questo il pensiero del premio da Dio promesso “Beati quelli che educano molti al bene: risplenderanno come stelle nei secoli eterni” (Scritture). La bella, santa missione quella della maestra!225

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Settimanale diocesano, “Il Popolo”, 1938.

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Sono lontani gli anni in cui il settimanale diocesano “Il Popolo” tratteggiava la figura della maestra come una mamma paziente votata ad una santa missione per istruire quanto basta ed educare all’amore della Patria, della Chiesa e della Famiglia, per formare buoni cristiani e buoni sudditi. Le Figlie del Sacro Cuore educano invece alla libertà secondo i principi pedagogici della loro madre fondatrice, la Beata Verzeri che nel Libro dei Doveri, indica nell’educazione un’opera di libertà e di persuasione, nel rispetto dell’individualità. «Lasciate alle giovani» scriveva la Beata Verzeri «una santa libertà sì che operino volentieri e in pieno accordo quello che, oppresse da comando, farebbero come peso e con violenza e che la scelta dei mezzi sia adatta al temperamento, all’indole, alle inclinazioni, alle circostanze di ognuna […] e sul conoscimento di ciascuna», perché solo così si può instaurare, si direbbe oggi, una relazione positiva e proficua. La didattica delle Figlie del Sacro Cuore prevede lo studio delle materie curricolari, alternato allo studio delle diverse educazioni come la musica, la recitazione e la ginnastica e non mancano le ore di svago e di giusto divertimento nei diversi momenti del calendario scolastico, come il carnevale o la vigilia delle vacanze. Negli anni ‘50 a Portogruaro si organizzava l’accademia, rappresentazioni di dialoghi, spesso sulla vita della Beata Verzeri, canti, esercizi ginnici alla presenza dei genitori, delle autorità religiose e degli insegnanti e queste attività impegnavano molto sia le suore, sia le allieve. L’educazione religiosa era a fondamento di tutta l’attività formativa: una volta all’anno si svolgevano gli esercizi spirituali, durante i quali non si parlava per tutto il giorno o per una mattina intera. Le allieve indossavano una divisa con gonna di lana a pieghe blu, camicia celeste, calzettoni e nell’ora di ginnastica portavano, sotto la pesante gonna, dei mutandoni neri con elastico al ginocchio. Questi verranno eliminati dalla giovane insegnante di Latisana, Carla De Faccio sorella di Gianfranco De Faccio, cantante che col nome di Gian Costello giunse in finale all’edizione di Un Disco per l’Estate del 1964. Carla, allieva del Sacro Cuore, dopo essersi diplomata all’ISEF ed aver iniziato ad insegnare educazione fisica nella sua stessa scuola, sceglierà di entrare in clausura. Diverse le gite e le scampagnate. Non solo pellegrinaggi alla Madonna di Motta di Livenza, ma anche gite di una settimana nelle città d’arte come quella organizzata nell’aprile del 1964 a Roma, Napoli, Pompei con sosta a Bologna, oppure uscite con una giovane professoressa di storia e disegno che accompagnava 159


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le sue alunne di 3^ classe a Cordovado per disegnare la fontana di Venchiaredo del Nievo. L’anno scolastico veniva inaugurato con la messa e con la cerimonia della premiazione delle alunne meritevoli che ricevevano libri acquistati per l’occasione e, solo per poche, la borsa di studio. Nell’anno scolastico 1946-47 furono premiate con un libro: Pacher Laura 1^ media B, Spessotto Gigliola 2^ media, Zanusso Gabriella 3^ media, Fioretti Dina 1^ superiore, Ramina Rosabianca 2^ superiore, Ferro Giancarla 3^ superiore; la borsa di studio venne assegnata a Boschin Anita Francesca 1^ media A. L’anno successivo la borsa di studio fu assegnata ad Acco Assunta di 3^ media. Fra le premiate con un libro, troviamo nuovamente Boschin Anita Francesca che frequenta ora la II^ media, e Ramina Rosabianca di 3^ superiore, Perez Luciana 1^ media, Bernard Valentina 1^ superiore, Pacher Maria Grazia 2^ superiore, Adami Silvana per la 4^ superiore.226 Nell’anno scolastico 1952-53 furono premiate per lo studio della religione: Campanerutto Cesarina, Querin Anna, Furlanetto Graziella, Pizzolitto Sandrina, Bovolenta Clara, Fabretti Anna Maria, Marcorin Giuliana, Canciani Graziella, Sferrazza Ida, Vinale Adriana, Sferro Maria, Canciani Vittoria, Bittolo Bon Paola, Battain Rosalba, Avon Lucia, Vinale Maria, Michieletto Luisa, Bressan Lucia, Di Giovanni Anna, Zanco Adriana, Francesconi Wally, Rossi M.Teresa, Peres Luciana, Amato Carmelina, Mazzoleni Andreina, Pacher Laura, Zorzetto Carla, Modolo Luisa, Zuccato Luisa. Per profitto e studio furono premiate: Anna Querin, Clara Cantoni, Baraldi Carla, Barbuio, Bovolenta Clara, Furlanis Antonietta, Mascarin Giuliana, Sferrazza Ida, Geronazzo Eleonora, Bittolo Bon Paola, Battain Rosalba, Capitanio Ester, Birello Vittorina, Spessotto Gloria, Michieletto Maria Luisa, Boro Gianna, Vinale Maria, Francesconi Wally, Zanco Adriana, Peres Luciana, Amato Carolina, Pacher Laura, Spessotto Gigliola, Modolo Luisa.227 Dalle vacanze di Natale «imbronciate e dondolanti sui loro passi ritornano a una a una le pensionanti! Le belle vacanze natalizie sono terminate ed oggi bisogna riprendere la scuola. Mostrare i compiti fatti, dire le lezioni. Dio voglia che tutto vada bene», perché oltre il diletto si curava lo studio e soprattutto l’impegno. I controlli e la vigilanza sulle ragazze non

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Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1946/47. Memorie della Casa di Portogruaro, Quaderni 1952/53.

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mancavano mai. A mezzogiorno suor Luisa accompagnava al Calasanzio le orfanelle. Si passava davanti alla FAP, dove alcune alunne prendevano in genere la corriera per raggiungere i paesi vicini. Se per caso avevano perso il pullman di linea e dovevano attendere il successivo, la suora le obbligava a rientrare in collegio e a mangiare un panino con una grossa fetta di mortadella. Anche la carità cristiana delle suore si tramutava in una occasione per educare alla compassione. Ancora negli anni del secondo dopoguerra le allieve del Sacro Cuore confezionavano pacchi per le famiglie più povere e facevano lo struscio, anziché sotto i portici o in piazza per divertimento, fra le bancarelle del mercato per fare la questua e poter riempire le sporte di paglia da consegnare alle famiglie meno abbienti della parrocchia. Nell’anno della grave alluvione del Polesine, la piccola Angelina Moretto che era stata ospitata in un primo tempo da una famiglia di Portogruaro ed aveva frequentato la scuola, come esterna, viene accolta a titolo gratuito dal Sacro Cuore dove viene descritta come una bambina «non solo intelligente, ma suscettibile di ottima riuscita per il carattere e la buona indole». Le novità pedagogiche entravano a pieno titolo anche nelle magistrali delle suore. Il cinema prima di tutto, al Salone Pellico per vedere pellicole dilettevoli e confacenti alla morale ed alla retta educazione delle figliole, come Bernardette o Le chiavi del paradiso del primo dopoguerra.

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Onorina Destro di Mestre insegnante di lettere al Sacro Cuore dal 1949 al 1955. Si era laureata all’Università di Padova dove era stata allieva di Concetto Marchesi. Colpita da grave malattia è morta all’età di 33 anni. (Cortesia Maddalena Bellomo in Gelsomini)

Wilma Natali ha insegnato per tre anni dal 1948 al 1951 all’istituto magistrale ed alla scuola media legalmente riconosciuta Sacro Cuore di Portogruaro.

Ugo Padovese (1934-2013), giornalista e insegnante del Sacro Cuore di Portogruaro. Nel 2010 ha pubblicato Portogruaro. Il Novecento dove ricorda il suo insegnamento alle scuole magistrali.

Annamaria Richter in Ruttilio nata nel 1905 laureata all’Accademia di Brera, unica donna dei suoi tempi nei corsi di pittura assieme a Morandi e Manzù. (Cortesia Adriano Ruttilio)

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Professori laici Nelle Memorie pochi sono i riferimenti ai professori laici e purtroppo anche nell’archivio dell’Istituto Statale “Marco Belli” non è stato possibile recuperare il vecchio organico del Sacro Cuore. Questi, alcuni professori laici che hanno insegnato al “Sacro Cuore” sia alle scuole medie, sia all’Istituto magistrale: ANNI ’40 Filippi Anton Gino ins. di disegno e storia dell’arte; Grillo Angelo ins. di filosofia; Lazzarini Bruno prof. di filosofia; Orcalli Vito Mario ins.di filosofia; Pavetto Renato ins. di lettere; Sartori Luciana Boghetto ins. di filosofia; Simonato Antonio ins. di matematica; Urbani Gori ins. di lettere; Vidali Maria ins. di lettere. ANNI ’50 Bandini Belletti Brunilda ins. di economia domestica; Belci Andreina ins. di lettere; Bin Anna Maria ins. di lettere; Bon Piero ins. di matematica; Cappellozza Luciano ins. di lettere; Castaldi Laura in Salvador ins. di ed. fisica; Ceresatto Elio ins. di scienze; Ciolli Fulvia D’Orlando ins. di scienze; Corradina Ennio di Teglio ins. di matematica; De Faccio Carla ins. di ed. fisica; Errani Anita ins. di lettere; Guardo M. ins. di italiano e latino; Granziera Lancerotti Athalia ins. di disegno; Nardini Lidia ins. di musica; Natali Wilma ins. di italiano e latino; Pacher prof. di francese; Pasini Ravida Ilda ins. di francese; Pecorai Matilde ins. di lettere; Polato D. ins. di francese; Raffin Giuseppina ins. di italiano; Sabbadin G.F. ins. di latino; Segalotti Annamaria ins. di lettere; Stradiotto ins. di educazione fisica; Talon Irma ins. di lettere; Todisco Melly ins. di francese; Usai Faustino ins. di francese; Zanusso Clara ins. di lettere e latino, Zini Franca ins. di latino. ANNI ’60 Candito Agostino ins. di pedagogia; Madonna Mario ins. di filosofia; Michieletto Maria Luisa ins. di lettere; Monopoli ins. di matematica; Padovese Ugo ins. di filosofia; Richter Annamaria in Ruttilio ins. di disegno e storia dell’arte.

Nel 1960 il Sacro Cuore ospiterà uno dei primi corsi a punteggio promosso dall’Associazione dei Maestri Cattolici, sul tema “agraria” e le iscritte furono molte, quasi tutte giovani maestre allieve di Portogruaro. Sono gli anni del tirocinio alle elementari. Le allieve del Sacro Cuore di classe 3^ e 4^ magistrale, nel dicembre del ’59, venivano condotte a fare 163


MEMORIE DELLA CASA DEL SACRO CUORE DI PORTOGRUARO (1938-1966)

tirocinio nelle scuole elementari statali accompagnate dal giovane professore di filosofia Ugo Padovese, futuro giornalista e scrittore.228 Villa Martinelli, all’inizio degli anni ‘60, avrebbe occasionato la prima grande svolta della mia vita […] lei aveva 18 anni, snella, slanciata, diafana, con un volto stupendo da Madonna del Trecento, occhi leggermente truccati, sopracciglia nere, ritoccate […] l’avevo conosciuta nel convitto magistrale gestito dalle suore del S. Cuore […] era il tempo in cui i professori scarseggiavano e i “laureandi”, e io tale sono rimasto ancora oggi, erano i benvenuti. Per questo, alla fine degli anni Cinquanta, venni assunto per insegnare filosofia e pedagogia, in sostituzione di un valente laureato di mezza età, che aveva cambiato sede.229

Fin dalla fine della guerra, le allieve delle magistrali uscivano due volte la settimana per il tirocinio e questo fatto faceva rimpiangere più che mai alle suore di non essere riuscite ad aprire le elementari interne, a causa della mancanza di spazio, nonostante le autorizzazioni e il nulla-osta delle autorità. Si organizzavano le gite, le feste di carnevale e le serate a teatro e si prendeva parte, con gruppi di allieve scelte, ai campionati sportivi dove nel lancio del peso furoreggiava con medaglia d’oro l’alunna Zanusso Vanda, mentre Flaborea Graziella vinceva il 1° premio Veritas, con viaggio a Roma. Lo spirito di appartenenza al Sacro Cuore veniva sostenuto anche per mezzo dei raduni delle ex-allieve. Uno degli ultimi, si tenne l’8 ottobre 1960 a Bassano del Grappa ed anche da Portogruaro era partito un gruppo di venti allieve, ma non avendo raggiunto il numero per noleggiare un pullman, si erano divise: alcune viaggiarono in treno e le altre con le auto guidate dalle ex-allieve patentate. Ancora oggi, a distanza di mezzo secolo, alcune allieve del Sacro Cuore si ritrovano per ricordare le ore passate sulle “sudate carte” e in riva al Lemene, e per ricordare anche chi nel frattempo non c’è più, ma vive negli affetti delle compagne e di chi continua ad avere memoria di loro e di tutte le altre. 228

Ugo Padovese (Portogruaro 1934-2013). Giornalista, scrittore, maestro, e insegnante di filosofia alle magistrali del Sacro Cuore alla fine degli anni ’50, dove incontrerà Luisa Puppulin, una bellissima ragazza di Torre di Mosto che nel 1965 diventerà sua moglie e la madre dei suoi due figli: Stefano e Luciano. La loro storia d’amore, fra l’allieva ed il giovane professore, che all’epoca fece scalpore, sarà ricordata nel suo ultimo libro, Portogruaro. Il Novecento. Padovese dal 1951 al 2000 è stato corrispondente del quotidiano “Il Gazzettino”, del periodico “Il Popolo” del mensile “Il Momento” (diretto dal fratello Luciano) e di “Portogruaro.net”. È stato dal 1976 fino alla chiusura il direttore di “radio Lt2”. Ha collaborato con diverse testate nazionali. È stato assessore comunale alla cultura negli anni ‘60 e ‘70 per diversi mandati. Ha pubblicato Racconti brevi (1972), Cronache paesane (1975), Diario familiare (1979) e Portogruaro Il Novecento (2010). 229 Portogruaro 2010, op. citata, p. 22.

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Le confidenze A chiusura del carnevale si permette di ballare fino alle 19… le ex alunne si fanno onore conservandosi buone e, si direbbe, fiere dei loro comportamenti. Spesso corrono per chiedere consiglio in qualche circostanza dalla Preside o per sottometter alla sua approvazione il già operato. Oggi è la volta di una che vuol confidare alla Preside l’amarezza che ha in cuore. Era fidanzata e già sognava un roseo avvenire! A carnevale era stata invitata dal fidanzato a partecipare ad un veglione tutt’altro che morale! Lei si era rifiutata e lui si era alquanto inquietato. Sorpresa di questo atteggiamento la giovane aveva fieramente replicato: - “Se tu apprezzi una ragazza dal numero dei veglioni che frequenta, ti dico subito che non sono la giovane che fa per te”! E la relazione era stata troncata con sorpresa di lui che osava riallacciare domandando: - “Quando potremo rivederci? Quando ci incontreremo”? Ha risposto lei: - “È tutto finito per sempre”! Un’altra, forzata dalla mamma ad andare al cinema con il fidanzato, dopo un primo rifiuto, si piegò al volere materno, ma quando durante la rappresentazione dovette constatare che il fidanzato non si diportava correttamente, pazientò per qualche minuto, poi si alzò di scatto e fuggì via dal cinema. Alla Preside, in confidenza, aggiungeva poi: - “Capisco che cedere su certi punti, significa scendere un po’ alla volta dalla propria dignità anche di fronte al fidanzato”. “Ho capito perché il Signore due anni fa mi fece respingere all’esame di abilitazione – dice un’altra - voleva che fossi messa per un anno in collegio e qui farmi fare i SS. Esercizi”. Non sapeva che cosa fossero. Per essi ha preso un nuovo ottimo orientamento. La vocazione lavorava e lavora nel cuore di una giovane. Un brutto giorno si incontrò con un giovane e le sbocciò in cuore l’affetto per lui. Sorpresa e quasi spaventata, corse di filato dalla Preside a chiederle aiuto. Incoraggiata a disprezzare questi sentimenti naturali e a non badarci, la ragazza si tranquillizzò e ritornò a casa serena attaccandosi ancor più al Signore”.230

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Memorie, Quaderno 1959.

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Il Teatro era una delle educazioni previste fra le attività didattiche del Sacro Cuore. Negli anni ‘50, a Portogruaro, si organizzava l’accademia, rappresentazioni di scenette, dialoghi - spesso sulla vita della Santa Verzeri - canti, esercizi ginnici alla presenza dei genitori, delle autorità religiose e degli insegnanti e questi saggi di fine anno impegnavano molto sia le suore, sia le allieve. In queste immagini l’allestimento de “I Rusteghi” la commedia di Carlo Goldoni del 1951. (Cortesia Antonietta Dalla Francesca)

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Sulla neve. (Cortesia Giulia Furlanis)

Sulla neve. (Cortesia Giulia Furlanis)

Gita a Firenze delle classi del Sacro Cuore, nell’anno scolastico 1955/56. (Cortesia Maddalena Bellomo in Gelsomini)

Anni ‘50. Le ragazze del Sacro Cuore con la divisa e la medaglietta, in un momento di svago sull’altalena. (Cortesia Antonietta Dalla Francesca)

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Carnevale 1955. Educande 1954/55. Dall’alto a sx Carla Passeri, Angelina Moretto, Regina Toso, Ornella Salvador, Clara Simonin, Anna Baradello, Nives Remondi, Cesira Bandolin, Maria Vinale, Loredana Fioretti, Elda Zanchet, Letizia Mattioli, Graziella Furlanetto, Chiara Bressan, Maria Grazia Pantarotto, eugenia Facchin, Adriana Vinale. (Cortesia Giulia Furlanis)

1954/55. IIIÂŞ Magistrale. In grembiule nero la professoressa Anita Valle di Latisana, insegnante di scienze e di chimica. (Cortesia Maddalena Bellomo in Gelsomini)

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1954/55. Festa di carnevale. Nella foto in alto, la prima in piedi a dx è Maddalena Bellomo e la penultima è Carla De Faccio, oggi suora di clausura ad Assisi. (Cortesia Gloria Spessotto)

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1951. IIª media. Coro: Maddalena Bellomo, Gloria Spessotto, Bernardetta Piccolo, Gretel Schimdt, Anna Maria Milanese, Esterina Capitanio, Marcella Fumei, Eleonora Geronazzo, Eugenia Facchin, Maria Luisa Calvi, Adriana Vinale, Marin (?). (Cortesia Eleonora Geronazzo)

1955/56. Nives Furlanis, Raffaella Ramina, Anna Maria Lisandro, Vittoria Canciani, Maria Grazia Morandini, Luisa Bittolo Bon, Carla Furlanetto, Eugenia Facchin, Elena Maria Zanet, Luisa Amato, Maria Adriana, Sofia Senatore, Marica Biason, Franca Pauletto, Flavia Sacilotto, Sonia Salvador, Giacomina Dall’Amico, Imelde Boatto, Agostina Bortolussi, Luisa Amato. Al centro a dx Maria Motterle e a sx Maria Argirò. (Cortesia Antonio Furlanis)

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1955/56. Le compagne di Maddalena Bellomo in cortile, sulla giostra. (Cortesia Maddalena Bellomo in Gelsomini)

1951/52. Da sx i professori Laura Castaldi in Salvador, Anton Gino Filippi, Irma Tallon, Wilma Natali. (Cortesia Eleonora Salotto)

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PARTE TERZA



Santa Teresa Verzeri GRAZIELLA BELLOMO

Teresa Verzeri è nata a Bergamo il 31 luglio 1801 negli anni immediatamente successivi allo scoppio della Rivoluzione Francese e nel pieno affermarsi della potenza napoleonica che portarono, dopo quella avvenuta nel periodo della Serenissima, ad una nuova ondata di soppressione degli ordini religiosi e della messa all’asta dei beni della Chiesa. Anche la società civile e religiosa della tradizionalista società bergamasca subisce l’urto di questa ondata rivoluzionaria ed anticlericale. In questo contesto nasce Teresa, primogenita di sette figli di una famiglia agiata, religiosa e di chiare tendenze conservatrici. La madre Elena Pedrocca Grumelli apparteneva ad una famiglia aristocratica, cattolica che aveva espresso diverse figure di prestigio in campo ecclesiale, ed era stata educata in monastero secondo le consuetudini del censo al quale apparteneva. Il padre era persona religiosa, semplice e schietta. Sulla formazione di Teresa incisero in maniera prevalente proprio la madre, figura di grande temperamento, e il suo confessore, il canonico Giuseppe Benaglio, anche lui di nobili natali, era infatti figlio dei conti feudatari di Sanguineto e notevole figura di sacerdote della chiesa bergamasca. Sarà proprio Giuseppe Benaglio a scorgere in Teresa un’anima da coltivare e successivamente a fondare con lei l’Istituto delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù. Fin da bambina, infatti, Teresa si dimostrerà di carattere franco, ma obbediente, di intelligenza perspicace e penetrante, animata da una grande spiritualità che la porterà a voltare le spalle ad una possibile vita agiata e mondana per cercare Dio. Nel 1818, per appartenere nel modo più perfetto possibile a Dio, Teresa sceglierà la clausura entrando nel monastero di Santa Grata, in Bergamo Alta. Varie vicissitudini la porteranno tre volte in questo monastero, luogo in cui impegnerà tutte le sue giovani energie per essere una religiosa coerente e, quindi, a mettere in pratica anche le sue innate doti educative con le educande. Teresa coglieva molto bene le urgenze e i bisogni del suo tempo. Guar175


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dava alla vita non come ad un bene da consumare, ma come chi ha un compito da svolgere ed all’età di 30 anni, dopo dolorosa ricerca, maturerà il progetto di dare vita alla Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, perché si occupasse in modo specifico, della formazione e dell’educazione della gioventù. Il vescovo di Bergamo, monsignor Carlo Gritti Morlacchi, inizialmente favorevole al progetto della Congregazione, cambiò idea manifestandosi, invece, apertamente ostile. Teresa fondava allora la scuola in località Gromo di Bergamo per permettere alla gioventù povera femminile di completare la propria istruzione popolare. Dal 1823 al 1828 la scuola di Gromo rimaneva aperta e funzionante durante la settimana e l’oratorio festivo la domenica pomeriggio. Teresa esercitava sulle ragazze una forte attrazione e tutte si sentivano accolte. Dopo la scuola gratuita popolare, se ne aprì anche una per giovani benestanti oltre ad un piccolo educandato distinto dal ricovero per le fanciulle abbandonate. Teresa in seguito accettò la direzione dell’orfanotrofio di Romano, a una ventina di km da Bergamo, e nel 1835 delle scuole femminili di carità istituite a Breno, in provincia di Brescia. In quello stesso anno acquistò il monastero delle Visitandine di Darfo, nel Bresciano, dove pensava di collocare il noviziato. Nel frattempo, mise per iscritto gli insegnamenti del Benaglio, corredati dalle sue riflessioni, in quello che chiamò Libro dei Doveri proposto alle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, considerato una delle opere spirituali migliori della prima metà dell’Ottocento. Alla morte di monsignor Benaglio, Teresa resta sola a dirigere il nuovo Istituto. Nel 1841 chiude la casa di Città Alta (BG) e si trasferisce con la comunità a Brescia, nel convento di Sant’Afra ed il 14 maggio la Sacra Congregazione di Roma approva l’Istituto mentre le Costituzioni verranno approvate definitivamente nel 1847. A 51 anni Teresa muore a Brescia, il 3 marzo, dove è vescovo il fratello, Girolamo Verzeri, lasciando all’Istituto e alla Chiesa un patrimonio spirituale che si fonda sulla spiritualità del Cuore di Gesù. Nel 1865 ha inizio il processo per la sua Beatificazione. Sarà proclamata Beata il 27 ottobre 1946 da Pio XII. Il 10 giugno 2001 Teresa verrà proclamata Santa. Il 27 ottobre è la festa di Santa Teresa Verzeri. Attraverso la Congregazione delle Figlie del Sacro Cuore, Teresa Verzeri è presente oggi, come segno del Cuore misericordioso di Gesù, oltre che in Italia, in Brasile, Argentina, Repubblica Centrafricana, India, Bolivia ed Albania. 176


SANTA TERESA VERZERI

Santa Teresa Verzeri, fondatrice dell’ordine delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù (1801-1852).

Giuseppe Benaglio, maestro del clero bergamasco e confessore di Teresa Verzeri (1767-1836).

Sacro Cuore di Gesù, opera del 1760 di Pompeo Batoni (1708-1787). Chiesa del Gesù, Roma.

Copertina del III volume del Libro dei doveri di Teresa Eustochio Verzeri.

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Alcuni insegnamenti Riportiamo alcuni insegnamenti frutto del pensiero pedagogico di Teresa Verzeri231 che si trova sintetizzato nel Capo III., Modo di educare le giovinette, del Libro dei doveri 232. L’intelligenza e la sensibilità di Teresa insieme alla sua lunga esperienza e alle sue letture, le consentono di elaborare uno stile educativo più attento e consono alle esigenze dei tempi dal quale emergono nuovi elementi. Il primo luogo Teresa evidenzia la necessità della coerenza tra insegnamento e vita senza il quale ogni esperienza educativa viene compromessa: L’esperienza rende innegabile questa verità che è uopo praticare quanto s’insegna, cioè che bisogna mostrare con l’esempio prima di insegnare con le parole. «Non v’ha cosa più agevole dell’ammaestrare altri con begli avvertimenti, né più difficile nel ben praticarli». Parecchie sorelle di abilità appena mediocre, poco eloquenti, niente manierose, riescono sì bene nel persuadere le loro giovani della vanità delle cose transitorie, e le affezionano tanto sodamente al vivere virtuoso e mortificato, che vi fanno meravigliare. E perché producono sì buon frutto e tanto copioso? Perché, o dilettissime, adoperano il buon esempio, e operano prima di dire: «Operate».233

All’atteggiamento autoritario che fa leva sul timore eccessivo ingenerato dalle minacce, ella privilegia la dolcezza, un atteggiamento amorevole che muova alla stima dell’educatore: «Il rigore - scrive il Padre Bresciani – non vale ad altro che a serrare il cuore, incattivirlo, e renderlo ritroso, caparbio e amaro contro il superiore; mentre la dolcezza gli è cara, lo ammansa, lo eccita a bontà, lo fa docile, amorevole, e capace delle più nobili risoluzioni». Ci piace molto che si dica di noi: «Vedi là quella sorella com’è autorevole; sa stare al suo posto a meraviglia, ha un’arte tutta sua per mettere freno alle più sbrigliate». Mie carissime, l’encomio finirà presto, e fra non molto si vedrà come coi vostri modi, formate delle vostre giovani

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Goffredo Zanchi, La luce di Dio nell’oscurità. Teresa Verzeri: vita e opere, Città Nuova editrice, 2014, Roma, pp.602-609. 232 Beata Teresa Eustochio Verzeri, Libro dei doveri. Tipografia Editrice A. e F.lli Cattaneo, Bergamo 1952, vol. III. 233 Ivi, pp. 345-346.

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tante schiave, che operano per il bastone, non figliole di Dio, che camminano per amore.234

Teresa rifiuta interventi educativi uguali e uniformi che non tengano conto dei vari temperamenti e non procedano dallo studio del carattere di ciascuna: Nella direzione e nella coltura delle giovani dovete usare di una estrema discrezione. Sia vostra mira di educarle alla virtù e di condurle a Dio e nella scelta dei mezzi per riuscire, adattavi alla tempra, all’indole, alle inclinazioni e alle circostanze di ognuna. Analizzate l’animo di ciascuna, osservatene gli andamenti, studiatene le propensioni e i moti più intimi per conoscerla a fondo, per formarne fondato giudizio, e su questo regolare il modo con cui dovete ciascuna guidare. Alcune vorranno un trattamento grave, altre affabile; alcune rigido, altro dolce; riservato alcune, altre facile e confidenziale. Date a ognuna quanto le si confà, essendochè questo ci vuole e non altro, per condurle alla virtù e perfezionarle nello spirito.235

Inoltre, ella raccomanda di evitare forme di plagio e di creare personalità a propria immagine e somiglianza senza la dovuta attenzione a sviluppare le doti del singolo: State in avvertenza per non pretendere di condurre tutte sulle vie che voi camminate: questo è un errore in cui cadono facilmente le persone che si professano spirituali; e come gli spiriti, così sono diverse le vie stabilite dalla sapienza di Dio per condurre a santificazione. Chi volesse limitarle, farebbe torto alla divina sapienza, col circoscriverla nelle sue vedute e nei suoi ritrovati.236

Per Teresa, l’educazione comporta il rispetto dei tempi di crescita, la gradualità che non compromette il risultato finale: Dalle vostre giovani non pretendete troppo, né vogliate frutti immaturi. Certe riformatrici che vorrebbero tutto e subito, non ottengono mai nulla; e quel detto: «Chi troppo abbraccia nulla stringe» non verrà mai meno, finchè il mondo sarà mondo. […] Chi sforza con industria una pianticella a produrre frutto prima del tempo segnato dalla Provvidenza nella natura, la fa disseccare: e anche

234

Ivi, p. 347. Ivi, p. 349. 236 Ivi, p. 350. 235

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quando si ottengono alcuni frutti, sono così insipidi, che fanno pentito chi li assaggia e chi li ha affrettati.237

L’educazione dovrà mirare al cuore e alla mente e, in questo, nella preghiera, si dovrà invocare l’aiuto di Dio, il padrone dei cuori: Non pensate di riformare il mondo in ciò che da nessuno potè essere riformato. È necessario sopportare quei disordini che non si possono togliere o impedire, senza causare altri disordini. D’ordinario essi hanno messo piede e si sono radicati per la lunga costumanza o abitudine. […] Però non dimenticate mai che il profitto delle vostre giovani sta in mano di Dio, e non si ottiene che per virtù sua. Non è legato né alla vostra dolcezza, né al vostro rigore; ma alla mozione dello Spirito Santo, che spira ove vuole e quando vuole. Dunque ricorrete a lui […]238

Le virtù andranno presentate nel loro aspetto positivo quali vie che portano alla felicità e al bene individuale e collettivo, mentre il vizio andrà smascherato nei suoi inganni e nelle false lusinghe e così, si potranno ingenerare convinzioni profonde: L’argomento dello spogliamento della loro volontà e la morte delle loro inclinazioni, che si ottiene con la rinnegazione, lo dovete molto inculcare alle vostre giovani. Ma non presentate loro la rinnegazione penosa e troppo amara come compare, ma ragionevole, condita della soavità e della grazia, e alleggerita dalla mano del Signore. […] Comanda la rinnegazione di noi stessi perchè è necessaria alla nostra felicità non solo eterna, ma pure temporale. […] Mostrate loro le fortune del mondo fantastiche e apparenti che si dileguano in un punto qual fumo e nebbia, perchè si diano solerzia e industria di guadagnarsi quella vera felicità, che dura in sempiterno.239

Per quanto riguarda l’educazione religiosa, Teresa insiste che accanto alla paura del castigo, devono svilupparsi l’amore e la confidenza e che la stessa deve basarsi su esercizi atti a nutrirla e a sostenerla in modo adeguato: devozioni al Cuore di Gesù e Maria, pratica dei sacramenti, meditazione, istruzione spirituale ed esame di coscienza: «Suggerite loro poche pratiche di pietà, ma molto sode, avvisandole dell’importanza che siano compite con vero spirito di fervore e sodamente».240 237

Ivi, p. 351. Ivi pp. 353-354. 239 Ivi, pp. 355-356. 240 Ivi, pp. 356-357. 238

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L’azione educativa dovrà tener conto che il processo di crescita non è uniforme e comporta incertezze e deviazioni temporanee che bisogna mettere nel conto, considerando il «grillo e il bollore della gioventù», ma non sarà buonista in quanto la correzione sarà severa e pronta là dove le mancanze giovanili sono ispirate da cattiva volontà: Non si faccia meraviglia che le giovani, giunte a certa età, restino affascinate dall’incantesimo delle cose mondane e paghino il misero tributo al bollore della gioventù. Il nostro Fondatore diceva, essere la gioventù come le mele, che vanno soggette al rotto. Faranno qualche scappatella, si sbriglieranno per qualche tempo e morderanno il freno, ma poi torneranno al dovere; voi frattanto non vi spaventate, né atteritele con sentenze severe e minacciose.241 […] Per ottenere dalle vostre giovani fedeltà alla grazia nel modo proporzionato al loro temperamento, alla loro età e alle loro circostanze, vi converrà adoperare ora dolcezza, ora rigore: e oggi dovrete animare e dar coraggio, domani umiliare e punire. Questo è pure il metodo della grazia divina. Dovete amare sinceramente l’anima delle vostre giovani, come l’ama Iddio stesso, e nulla dovete omettere o trascurare di quanto giova a procurar loro salute. In massima usate dolcezza.242

Interessanti sono le osservazioni fatte da Teresa a proposito di prevenzione.243 Il fine preventivo, tuttavia non dovrà porre le alunne in una torre d’avorio, rischio quasi insito degli educandati, ma attraverso la formazione di una coscienza retta e la creazione di un ambiente che protegga dagli influssi negativi, dovrà essere propositivo e preparare prudentemente ad affrontare la società: Coltivate e custodite molto, e molto accuratamente, la mente e il cuore delle vostre giovinette, mentre sono ancora tenere, per impedire, per quanto è possibile, che in essi entri il male, essendo miglior cosa preservarle dalla caduta coi vostri richiami e ammonimenti, che risollevarle poi con la correzione. Allontanate le giovinette da tutto ciò che potrebbe loro menomamente guastare la mente e il cuore, o corrompere i loro costumi. Adoperate però una squisita prudenza, essendo tal punto deli-

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Ivi, p. 359. Ivi, p. 366. 243 «L’attività educatrice di Teresa si inserisce in modo autorevole e autonomo nella pedagogia cattolica, realizzando quel sistema preventivo che verrà attuato in forma più sistematica anche da don Bosco», in Figlie del Sacro Cuore di Gesù, èdition du Signe, Eckbolsheim 2010, France, p. 10. 242

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catissimo; specialmente se si tratta di giovinette, a cui la cognizione del male potrebbe essere un incentivo a desiderarlo e a procurarselo. La circospezione e la riservatezza in questo argomento sia estrema: non sarà mai troppa.244

Teresa comprende che ricreazione e gioco sono necessarie alle ragazze sia dal punto di vista fisico che psichico e, per questo le modalità di scelta vanno lasciate il più libere possibile. In questo la santa approva delle manifestazioni, fra le quali lo sforzo fisico, che non sono sempre in linea con l’etichetta del tempo. Il gioco è un momento privilegiato di socializzazione tra le ragazze e le educatrici che non si dovranno limitare a sorvegliare, ma dovranno partecipare attivamente dimostrando soddisfazione nel divertirsi: Per allontanare le anime dal male e per ottenere incremento di virtù allo spirito, è necessario che anche il corpo abbia il suo ristoro. Persuadetevi di questo ben bene e studiate il modo più opportune proporzionato per divertire le giovinette di guisa, che abbiano un vero sollievo. Esse nel loro divertimento, hanno bisogno di sfogo e di libero sfogo; altrimenti non ne restano soddisfatte e non ne hanno tutto il pro. Lasciate loro la libertà di scegliere il genere della ricreazione, che però dovranno a voi sottomettere per conoscere se sia conveniente e proporzionato alla loro età e alle loro circostanze. […] Un libero sollievo, mentre le sviluppa nel corpo, le dispone ad accettare più volentieri e con maggior frutto le istruzioni che si danno al loro spirito, e i suggerimenti che si mettono nel loro cuore.245

244

Beata Teresa Eustochio Verzeri, Libro dei doveri. Tipografia Editrice A. e F.lli Cattaneo, Bergamo 1952, vol. III, p. 368. 245 Ivi, p. 371.

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Le madri superiore del Sacro Cuore e Monsignor Paolo Sandrini

VITTORIA PIZZOLITTO

Madre Nazarena Savini al secolo Giuseppina (1882-1973)247 Madre Superiora a Portogruaro dal 1940 al 1947 Fu la prima madre superiora della Casa delle Figlie del Sacro Cuore di Portogruaro, dal 1940 al 1947. Erano gli anni della guerra e di questo periodo e di questa città ritornano frequenti i ricordi e le testimonianze nella biografia di Madre Nazarena Savini, nata a Firenze il 28 marzo 1882 e morta a S. Felice del Banaco, sulle rive del Garda, il 26 dicembre 1973. Fin da fanciulla aveva frequentato la scuola privata delle FSCJ di Firenze e dopo le classi complementari, si era perfezionata nell’arte del ricamo, mostrando una grande passione specialmente per il punto-rinascimento. Ancora novizia, venne trasferita a Brescia come maestra di lavoro delle alunne che frequentavano in buon numero quella scuola privata ed il 24 ottobre del 1901 pronunziò i Primi Voti. Per molti anni maestra di lavoro, sapeva attirare le persone col suo ascendente naturale e soprannaturale che conquistava i cuori e li rendeva capaci di cose grandi. Questo suo metodo educativo conquistava il cuore delle sue educande ed alunne più difficili. Sr. Nazarena era la vera educatrice, la vera Apostola ed il suo segreto per giovare alle anime era l’amore col quale trattava ognuna con imparzialità. Da Verona passò poi a Milano come Maestra di lavoro ed assistente delle Educande, assai numerose in quegli anni. Dopo Brescia e Verona, giunse a Milano dove divenne direttrice delle educande. Madre Maddalena Doliana così scrive di lei: 247

Le schede biografiche sulle madri superiore e sulle Figlie del Sacro Cuore della Casa di Portogruaro fanno riferimento ai necrologi delle defunte, di cui viene citata la fonte archivistica in nota.

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LE MADRI SUPERIORE DEL SACRO CUORE E MONSIGNOR PAOLO SANDRINI

L’ho conosciuta o meglio trovata a Milano, dopo il mio noviziato a Bergamo. Faceva allora la maestra di lavoro: bellissime le mostre preparate sotto la sua valente direzione! Erano i tempi in cui le figlie delle migliori famiglie di Milano non facevano studi per conseguire i diplomi: frequentavano i “Corsi di cultura, la scuola di musica, di pittura e di lavoro”. Madre Savini seguiva quelle che si preparavano il ‘corredo’, un gruppo da 50 a 60 alunne. Le mamme ne avevano grande stima e le “Signorine” cosiddette della “Scuola di lavoro”, l’apprezzavano e l’amavano tanto da ricordarla e mantenere con lei buoni e costanti rapporti di amicizia a distanza di anni.

A Portogruaro giunse nell’ottobre del 1940 per aprire la Casa delle FSCJ e vi rimase fino al 1947. Di questi anni di privazione e sacrificio, di solitudine e paura ha scritto Madre Silvia Giordano, Preside per oltre dieci anni della scuola magistrale Sacro Cuore di Portogruaro. Ebbi la Madre Savini Superiora a Portogruaro e parlare di lei non è facile, tanto la sua vita si svolgeva all’insegna della semplicità delle azioni ordinarie. L’ho avuta Superiora per sei anni, i primi della mia vita religiosa, nella povertà più totale, ma anche più gioiosa della casetta di Portogruaro, aperta nei primi anni della seconda guerra mondiale. Di quante cose si doveva far senza, in quegli anni non facili! Ma mentre per noi giovani ogni rinuncia era motivo di chiassosa e serena accettazione, per lei, già anziana doveva costituire motivo di sofferenza. Eppure mai abbiamo potuto cogliere un benché minimo segno, di insofferenza o di lamento. Quando, dopo molti anni, mi sono trovata nella Casa di Milano, dove lei era giunta da Portogruaro, ho potuto fare un confronto fra il tenore di vita che si conduceva in Via Doria e quello che avevamo condotto a Portogruaro, ho potuto misurare il grado di virtù della compianta Madre. Solo la lontananza dalla Madre Generale e dalla Madre Provinciale la faceva soffrire e furono anni di lontananza penosa, anche per l’assenza quasi totale di corrispondenza, date le difficoltà create dalla guerra.

Dopo Portogruaro, Nazarena Savini passò come Madre Superiora nella Casa di Este (Padova) e poi come Maestra delle Novizie, a Grottaferrata (Roma). «Mai Madre Nazarena cercò di brillare! Aveva l’intelligenza del dolore umano e compativa e consigliava con semplicità e buon senso, parlando da persona di spirito.» Da Grottaferrata venne trasferita a Roma, come Superiora della Casa Generalizia, allora situata in Via Valdieri. Là il 29.10.1955 festeggiò solennemente le sue Nozze d’Oro con lo Sposo Divino. Ma gli anni erano ormai diventati tanti anche per la cara Madre Nazarena ed allora i Superiori pensarono bene di sollevarla dalla carica di 184


LE MADRI SUPERIORE DEL SACRO CUORE E MONSIGNOR PAOLO SANDRINI

Superiora e la mandarono, in qualità di Assistente, nella bella Casa di Firenze, sua terra natale, dove l’aria dei suoi colli avrebbe certamente giovato alla sua cagionevole salute. Dopo un delicato intervento chirurgico il 7aprile del 1960 venne trasferita alla Casa di Riposo a Darfo, e quindi a San Felice del Benaco sulle rive del Garda. Qui ebbe anche l’incarico di occuparsi della biblioteca dell’infermeria che provvide ad aggiornare con libri nuovi, sia di agiografia che di ascetica, di narrativa ed «altri assai interessanti». Fino a quando le forze glielo permisero, con l’aiuto del suo bastone, ricordo di un Sacerdote martire e dono prezioso del Sig. Commendatore Sante Querin, che aveva conosciuto molto bene durante il suo superiorato a Portogruaro, si portava nella bella cappella, dove si tratteneva a lungo in profondo raccoglimento, pregando per tutte le persone, ed erano molte, che si raccomandavano alle sue preghiere. Si spense all’età di 91 anni e venne sepolta nel piccolo cimitero di Portese.248

Madre Geltrude Zonca al secolo Maria (1884-1955) Madre Superiora a Portogruaro 1947-1955 Figlia di Pietro Zonca e Geltrude Bolis, Maria nacque a Calusco d’Adda, in provincia di Bergamo il 29 ottobre 1884. I genitori erano maestri ed il babbo, uomo d’antica fede, suonava il pianoforte e spesso accompagnava con sacre armonie le funzioni religiose. Don Giovanni Zonca, fratello del padre e parroco di Parè (Como), vista la viva intelligenza e la spiccata inclinazione allo studio di Maria, pensò di metterla in collegio a Como presso le Suore della Visitazione. Maria si dedicava con passione allo studio, non trascurando d’impratichirsi in ogni genere di lavoro femminile, con pazienza e precisione, caratteristiche che la rendevano molto abile specie nel ricamo. Abilità che conserverà fino alla fine della vita. Nessuno in comunità eseguiva il punto festone con più esattezza di Madre Geltrude. Conseguito il diploma di maestra, Maria rimase come insegnante nello stesso istituto fino al 1907. Il 10 marzo 1910, con il nome di Suor Geltrude,

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per riguardo alla mamma, pronunciò i voti perpetui. Durante la Grande Guerra, alla fatica della scuola si aggiunse l’assistenza all’ospedale militare di Viale Brianza. Anche i fratelli erano al fronte e con loro suor Geltrude iniziò una fitta corrispondenza. La disfatta di Caporetto trovò Suor Geltrude a Roma, quando una serie di gravi lutti la colpì negli affetti più cari: in poco tempo perse i genitori ed una sorella. Nel 1921 Madre Geltrude giunse a Verona come direttrice delle pensionanti. Ma le peregrinazioni continuarono: Piacenza, St. Angelo Lodigiano, Frascati, Cremona: prima prefetta, poi direttrice, poi assistente. Dovunque lasciò ricordi molto cari di sé per gli esempi di grande virtù, sopra tutto carità, umiltà, forza d’animo non comune. Nel 1947 giunse a Portogruaro. Qui, accanto alla casa, per le sue premure, verdeggiava un rigoglioso orto. Si occupava anche delle iniziative della Parrocchia collaborando con l’Azione Cattolica e curando la diffusione della «buona stampa». Nell’ottobre del 1952 ricevette la nomina di Superiora Provinciale della Provincia Veneto-Trentina. Nel 1953 entrò a far parte della Cancelleria della Generale. Nello stesso anno collaborava con monsignor Olivotti Presidente della Pontificia Opera di Assistenza all’organizzazione e gestione della colonia S. Maria del Sole. I doveri del suo ufficio la chiamavano spesso a Roma e a visitare le Case di Este, Riva, Trento. Già minata dal male, dopo Trento, venne richiamata a Darfo dove morirà il 21 novembre 1955.249

Madre Maria Motterle al secolo Bice (1914-1996) Madre Superiora a Portogruaro 1955-57/1959-1962 Madre Maria Motterle, al secolo Bice, nasce ad Arzignano (VI) il 21 aprile del 1914 e muore a S. Felice (BS) il 28 agosto 1996. Entrata nell’Istituto nel 1938, ancora giovane suora è nominata direttrice dell’educandato di Portogruaro nel 1947/48. Qui dopo sette anni è nominata a novembre 1954 Madre Assistente e nel gennaio 1955 è Superiora. Lascia Portogruaro nell’ottobre 1957. Vi ritorna due anni dopo ancora per qualche anno. Nella

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AGFSCJ, V. 3.1/1, pacco 7, quaderno 23. Membri della Congregazione. Defunte. Cenni biografici. 1953-58.

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sua vita religiosa ha avuto incarichi di responsabilità anche di formazione delle giovani suore. Aveva uno stile di vita sobrio, fatto più di esempio che di grandi parole. È questo il messaggio più grande che lascia in chi l’ha conosciuta.250

Madre Mariantonia Cinelli al secolo Ines (1895-1980) Madre Superiora a Portogruaro 1958-59 Madre Mariantonia Cinelli, al secolo Ines, nasce a S. Vito (Terni) il 4 gennaio del 1895 e muore a Roma il 3 luglio del 1980. Formatasi nel Collegio a Sant’Angelo in Vado, applicandosi negli studi ottiene il diploma di abilitazione magistrale, di lingua francese, di lavoro e di infermiera. Entra a Firenze come postulante, il 15 luglio 1916 e alcuni mesi dopo passa a Bergamo per iniziare il Noviziato. Viene ben presto eletta Direttrice del Collegio a Roma; educatrice saggia e intelligente sa creare un ambiente idoneo per accogliere le ragazze provenienti dalle diverse città d’Italia. Da Roma è inviata a Firenze, Assistente e poi Superiora per sostituire la Md. Benz. Poi viene inviata a Chieti dove si apre la clinica “Moracci”, perché con la sua esperienza possa contribuire a realizzare il progetto di formare infermiere missionarie. In seguito la troviamo a Recanati dal 1941 al 1950, Superiora ad Este dal 1951 al 1958 e per qualche tempo anche a Portogruaro. Nel Capitolo Generale del 1959 viene eletta Cancelliera Generale per la sua capacità e per la sua cultura; passa i suoi giorni in segreteria e in archivio in silenzio e nella solitudine fino al 1972. Rimane a Roma in casa generalizia ove muore il 3 luglio 1980.251

Madre Giacomina Olzi (1886-1975) Madre Superiora a Portogruaro 1962-66 Madre Giacomina Olzi, al secolo Anita, nacque a Genova, il 7 maggio 1886 da buona e agiata famiglia; trascorse l’infanzia e la prima giovinezza,

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Dalle note di Suor Assunta Bressan, archivista dell’AGFCJ di Roma. Dalle note di Suor Assunta Bressan, archivista dell’AGFCJ di Roma.

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parte in famiglia e parte in casa di una zia nubile che viveva col fratello sacerdote. Il 2 ottobre 1907 entrò a far parte delle Figlie del S. Cuore a Bergamo. Qui vestì l’Abito di Figlia del S. Cuore il 25 marzo 1908 e assunse il nome di Sr. Giacomina. A Bergamo emise i primi santi voti il 29 settembre 1909 e, dopo tre anni, vi fece la Professione Perpetua il 12 settembre 1912. Terminato così il Curriculum che la legava per sempre all’Istituto, fu trasferita a Recanati come maestra e ben presto, come direttrice. Con il suo gusto artistico ingaggiava le educande nei «lavori ad ago, bulino, sbalzo, intarsio», non solo, ma da esperta e brava arazzista le impegnava anche nella pittura. Madre Giacomina trascorse gran parte della sua vita nella Casa di Recanati, eccezion fatta per l’anno vissuto a Bassano, i quattro anni a Portogruaro, dove ebbe la triste incombenza di provvedere alla chiusura della Casa delle FSCJ fondata nell’ottobre del 1940 e i sei anni trascorsi a Bologna. Morì a Recanati il 22 settembre 1975 e fu sepolta nella cappella delle Figlie del S. Cuore, nel Cimitero di Recanati.252

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AGFSCJ, V. 3. 1/1, pacco 9, quaderno 28. Membri della Congregazione. Defunte, Cenni biografici, 1969-1976.

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Madre Maria Motterle al secolo Bice (1914/1996). Madre Superiora 1955-57/1959-1962.

Silvia Giordano (1915/2004). Preside a Portogruaro dal 1941 al 1947.

Madre Giacomina Olzi (1886-1975). Madre Superiora a Portogruaro dal 1962 al 1966.

Madre Maria Argirò, al secolo Enrichetta (19211983). Preside a Portogruaro dal 1953 al 1963.

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Monsignor Paolo Sandrini (1864-1952) Paolo Sandrini253 è nato a Sesto al Reghena il 25 aprile 1864, da Enrico e Giovanna Zampese. Di famiglia benestante, il padre Enrico (1858-1912), magistrato, fu anche Sindaco di Sesto. Abitavano in uno storico palazzo in piazza Aquileia, oggi sede del ristorante Abate Ermanno, antica sede della famiglia Frattina (1248). Compiuti gli studi secondari nel seminario vescovile diocesano di Portogruaro e laureatosi all’Università di Padova, Poalo Sandrini divenne sacerdote nel 1887, all’età di 23 anni. Fu sacerdote, maestro, uomo di scuola e di musica. Nel suo seminario entrò prima come insegnante di matematica e scienze dal 1887 al 1901, e successivamente come Rettore, dal 1924 al 1927. A Roma nel 1918 assunse la direzione del collegio per gli studenti profughi istituito dalla Gioventù Cattolica Italiana, e successivamente a Portogruaro, dove diresse per diversi anni il seminario vescovile riaperto come ginnasio e convitto per alunni di località lontane nel 1924 grazie all’infaticabile opera di monsignor Ludovico Giacomuzzi254, ed intitolato a Gu253

Per la biografia di mons. Paolo Sandrini si è fatto riferimento al materiale messo a disposizione della presente ricerca dallo scrittore Gianni Strasiotto che si ringrazia sentitamente. Per la fonte edita: Giacinto A., in “Il Popolo” 11.04.1972; breve necrologio in Rassegna ecclesiastica concordiese ,1952, nn.5-6. P.53; Il Popolo 13/07/1952; A. Scottà, Storia portogruarese. La sede vescovile e il suo trasferimento, Edizioni Il Fondaco, Portogruaro 1979, pp.123-124. 254 «Ludovico Giacomuzzi (1884-1952) cappellano militare del 4° e 15 Reggimento Bersaglieri, fu reggente della Parrocchia di san Pier d’Isonzo dal 1916 alla rotta di Caporetto, dove fece riedificare ben due chiese e costruire 7 cimiteri, nei quali seppellì oltre 3000 salme di soldati caduti, la maggior parte ignoti. Laureato in teologia, docente del seminario, nel 1923 ricevette l’incarico dal vescovo mons. Luigi Paulini di utilizzare al meglio i locali del Seminario a vantaggio della città e della Diocesi. Con la collaborazione del prof. cav. Arturo Grandis, preside della Scuola di Avviamento Professionale “D. Bertolini” organizzò il Collegio Convitto Vescovile “G. Marconi” avviato nell’anno scolastico 1924/25, del quale fu carismatico insegnante, oltreché scrittore, conferenziere, collaboratore de “La Concordia” e de “Il Popolo”. Durante il ventennio intercedette per i cattolici invisi al fascismo ed il 28 aprile del 1945 accompagnò il comandante della piazzaforte di Portogruaro Exner ed un tenente austriaco a trattare la resa con i partigiani. Ricevette una decina di encomi, fra cui l’onorificenza di cavaliere della Corona d’Italia per meriti di Guerra e Cavaliere Ufficiale per l’impegno culturale.» Da “Il Popolo” del 9 luglio 2013, Anno 23, in occasione della presentazione del libro di G. Strasiotto, Tra cielo e terra. Vite di sacerdoti della Diocesi di Concordia Pordenone, “Il Popolo”, Pordenone 2012.

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glielmo Marconi nel 1932. Per un solo anno, nel 1927/28, monsignor Paolo Sandrini ha insegnato matematica presso la scuola complementare “Dario Bertolini” di Portogruaro. Sul finire degli anni trenta, monsignor Paolo Sandrini progettò di aprire una scuola superiore anche per le ragazze e fin dall’iniziò pensò di chiamare a Portogruaro le Figlie del Sacro Cuore di Gesù alle quali affidare la scuola e il convitto: nell’ottobre del 1940 venne aperta la casa della congregazione delle FSCJ e l’anno seguente, il 4 ottobre 1941, venne inaugurato l’istituto magistrale privato “Sacro Cuore” con annessa la scuola media. In attesa dell’acquisto e della ristrutturazione di Villa Martinelli quale sede della scuola femminile privata, le scuole magistrali rimasero nel collegio maschile sotto la presidenza di monsignor Sandrini. Sandrini fu anche giornalista. Collaborò con monsignor Tinti all’Opera dei Congressi e gli subentrò nella direzione fino a quando questa venne sciolta da Pio X nel 1904255. Dal 1897 al 1902, fu il direttore del settimanale cattolico “La Concordia” fondata a Portogruaro per «difendere l’educazione e l’organizzazione cristiana del popolo», che fin dall’inizio poté contare sulla collaborazione dei professori del seminario. Tra gli obiettivi concreti ed immediati, “La Concordia” si prefiggeva la difesa temporale del papa, la campagna contro il divorzio e contro il matrimonio civile obbligatorio prima di quello religioso, la salvaguardia del riposo festivo dei lavoratori, l’introduzione dell’insegnamento religioso nelle scuole elementari, la presentazione di candidati cristiani alle elezioni comunali e provinciali. “La Concordia” ed il suo direttore contribuirono al diffondersi delle istituzioni cattoliche nel Friuli Occidentale e del vicino Veneto, come la fondazione delle casse rurali che facevano capo alla Banca Cattolica Santo Stefano, banca diocesana per azioni di Portogruaro e come la Società Cattolica di Assicurazione di Verona della quale Sandrini fu cofondatore. Queste associazioni erano ispirate e sostenute dalle migliori menti cattoliche del momento, da Celso Costantini, dai monsignori Leonardo Zannier, Luigi De Piero e dal nostro Paolo Sandrini, e da altri, tutti so-

255 Il 23 aprile 1896 nel duomo di Portogruaro si tenne il convegno regionale veneto dell’Opera dei Congressi presieduto dallo stesso cardinale Giuseppe Sarto, futuro S. Pio X che ne decretò pure lo scioglimento.

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spinti verso le fasce popolari più deboli sulla base dei principi cristiani di solidarietà.256

Coprì molti incarichi a livello diocesano. Fu Cancelliere Vescovile dal 1900 al 1904 oltre che insegnante del Seminario. Durante gli anni della Grande Guerra assunse a Roma, nel 1918, la direzione del collegio per gli studenti profughi istituito dalla Gioventù Cattolica Italiana e richiamato dalla profuganza dal Vescovo Isola, Sandrini fu il primo fra i prelati a rientrare a Portogruaro. Dopo la guerra, divenne Vicario Generale del Vescovo con Francesco Isola, Luigi Paolini, Vittorio D’Alessi. Nel gennaio del 1919, Paolo Sandrini si schierò con coloro i quali erano contrari al trasferimento del Seminario, sostenuto invece dal vescovo Isola che aveva di fatto estromesso l’intero Capitolo ad iniziare proprio dal suo Vicario e portò a compimento la chiusura del Seminario di Portogruaro ed il suo trasferimento a Pordenone nel 1920. Canonico Residenziale dal 1914 e Decano del Capitolo dal 1930, fu assistente diocesano della Giunta Diocesana di Azione Cattolica dal 1923 al 1939, periodo durante il quale contribuì fattivamente alla sua riorganizzazione dopo il conflitto ed alla sua difesa dalle violenze fasciste. Per la diffusione dell’Azione Cattolica, monsignor Paolo Sandrini ottenne la fattiva collaborazione delle suore del Sacro Cuore di Gesù che si prodigarono con numerose iniziative presso le giovani e le donne della parrocchia di sant’Agnese, soprattutto negli anni dell’immediato dopoguerra. Con il Vescovo Luigi Paulini sembrò riconciliarsi con il fascismo dopo le tensioni dovute al ripetuto sequestro de “Il Popolo” perché ritenuto un settimanale «colpevole di aver sempre condotto una insidiosa campagna contro il regime ed i poteri dello stato». Nel 1950, su proposta dell’Ecc.mo Vescovo, ottenne la nomina di Protonotario Apostolico. «Fu sacerdote di viva e schietta pietà, promosse e diffuse in diocesi la devozione al S. Cuore e l’Apostolato della preghiera. Fu tra i propagatori dello spirito liturgico e della buona musica sacra.» Monsignor Paolo Sandrini è spirato nella sua casa natale di Sesto al Reghena, all’età di 88 anni. Quindici anni prima aveva celebrato la Messa di diamante.

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L’altro secolo, op. citata, p. 91.

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Monsignor Luigi Bortolussi (1866-1959) fu parroco titolare di sant’ Agnese per 63 anni, dal marzo 1892 al marzo 1955. Era nato a Portogruaro nella parrocchia di San Nicolò. Ordinato sacerdote nel 1889, il 12 marzo 1892 fece il suo ingresso a sant’ Agnese “una povera chiesa, in una poverissima canonica”: aveva 26 anni. Servì la parrocchia occupandosi oltre che delle anime anche del recupero architettonico della chiesa facendo realizzare in Austria le vetrate istoriate con la leggenda di Sant’Agnese, decorare l’abside, restaurare il battistero e alzare il coro dell’altare di tre gradini. E’ deceduto nel 1959. Gli successe Don Oscar Redrezza parroco a sant’Agnese dal 1956 al 2004. Furono i due parroci delle suore del Sacro Cuore. (Foto del 1959 tratta da D.Pinni, Dalla terra al cielo,… Nuova Dimensione 1999)

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Finito di stampare nel mese di Ottobre 2016 per conto dell’Istituto Statale Marco Belli di Portogruaro

presso Compset snc | Portogruaro



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