Praga: storia, cultura e arte.

Page 1

ISTITUTO “MARCO BELLI” PORTOGRUARO ANNO SCOLASTICO 2018/2019 CLASSE 5BU - LICEO DELLE SCIENZE UMANE

PRAGA STORIA ● CULTURA ● ARTE UNITÀ DI APPRENDIMENTO MULTIDISCIPLINARE realizzata in occasione del viaggio d’istruzione a Praga del 1-5 aprile 2019

Storia e Italiano (prof.ssa Lucia Gorup - de Besanez) Filosofia (prof.ssa Chiara Cescut) Storia dell’Arte (prof.ssa Katia Toso)


CENNI STORICI Discipline coinvolte: Storia, Italiano CENNI STORICI pagg.

4-5

pagg.

6-9

pagg.

10-12

pagg.

13-15

GLI EBREI A PRAGA KAFKA E L’EBRAISMO BREVE STORIA DELLE ORIGINI DEL POPOLO EBRAICO

PERCORSO STORICO-POLITICO-FILOSOFICO TRA MARXISMO E SOCIALISMO REALE Disciplina coinvolta: Filosofia

INDAGINE STORICO-FILOSOFICA SUL MARXISMO pagg.

17-19

pagg.

20-25

pagg.

26-30

pagg.

31-36

pagg.

40-90

LA VITA A PRAGA NEGLI ANNI DEL COMUNISMO LA PRIMAVERA DI PRAGA JAN PATOCKA

PRAGA CONTEMPORANEA

Disciplina coinvolta: Storia dell’Arte SELEZIONE DI 25 OPERE DEL XIX E XX SECOLO CONSERVATE NELLA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA (NARODNI GALERIE) PRESSO IL VELETRZNI PALAC

SELEZIONE DI RICERCHE ARTISTICHE CONTEMPORANEE ESPOSTE PRESSO IL DOX (CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA) pagg. 92-109 SELEZIONE DI ARCHITETTURE DEL NOVECENTO pagg. 111-121 2


CENNI STORICI Discipline coinvolte: Storia, Italiano

3


Praga è la capitale della Repubblica Ceca ed è situata al centro dell’Europa. Il primo insediamento a Praga è quello della tribù celtica dei boi. Il nome della Boemia deriva infatti da “Boi” e “haim”, ovvero “dimora dei boi”. In latino tale luogo viene poi chiamato Bohemia e i suoi abitanti bohemi. Arrivano in seguito, in questa terra, alcune popolazioni tedesche e slave. Soltanto a seguito dell’insediamento di mercanti e artigiani intorno al castello dei Přemyslidi, ovvero la dinastia che nel X secolo unifica le tribù del territorio di Boemia, si inizia a parlare della città di Praga. La città nel 950 entra a far parte del Sacro Romano Impero. Nel 1061 diventa residenza dei duchi di Boemia e ottiene il diritto di costituirsi come città, dando così vita alla Città Vecchia. Nel 1257 viene fondata una seconda città: la città piccola, “Mala Strana”. Il quartiere del Castello di “Hradcany” fu poi la terza città di Praga, fondata nel XIV secolo. Con Carlo IV di Germania e I di Boemia, Praga diventa capitale del Sacro Romano Impero e viene concessa la fondazione della Città Nuova, che fu unita alle altre tre città con un ponte. Nel 1526 Fernando I è nominato re di Boemia e da allora fino al 1918 la storia di Praga rimane legata a quella dell’Austria e degli Asburgo. Il XVIII e il XIX secolo sono stati per la città anni di crescita economica. Nel 1848 Praga prende parte alla “Primavera dei Popoli”, sommossa contro il potere asburgico, e i cechi ottengono l’autonomia, ma poi le truppe imperiali bombardano la città. 4


Dopo la caduta dell’impero austro-ungarico con la Prima Guerra Mondiale, viene fondato lo stato di Cecoslovacchia e Praga ne diviene la capitale. Nel 1939 Praga viene invasa dall’esercito nazista. Finita la Seconda Guerra Mondiale viene instaurato il regime comunista. Nel 1968 vi è un tentativo di riforma economica e politica, la “Primavera di Praga”, che viene però soppresso dall’intervento delle truppe del patto di Varsavia. Nel 1989, approfittando della crisi sovietica, a Praga ha luogo una rivoluzione non violenta, chiamata “La Rivoluzione di Velluto”, con la quale i cechi riescono ad ottenere la propria indipendenza dall’URSS. Da allora, il 17 novembre è il giorno della festa nazionale della Repubblica. Nel 1993, dopo la divisione in due stati della Cecoslovacchia, la Repubblica ceca e la Slovacchia, Praga diviene capitale della Repubblica Ceca.

5


GLI EBREI A PRAGA

La Praga ebraica Il cuore della Praga ebraica è la Sinagoga Vecchio-Nuova, la più antica in attività in Europa. Ne sorsero poi molte altre, come ad esempio la sinagoga di Pinkas sulle cui pareti sono scritti gli 80.000 nomi degli ebrei cechi, morti durante la Seconda Guerra Mondiale. Un luogo estremamente suggestivo è il Cimitero ebraico, che conta circa 12.000 lapidi. Nel Nuovo cimitero ebraico giacciono anche celebri spoglie come quella dello scrittore praghese Franz Kafka. 6


Gli ebrei a Praga Nel X secolo gli ebrei giunsero in Boemia e Moravia, aprendo diverse vie commerciali. Essi furono da una parte nomadi, dall’altra si stabilirono nei paesi e nelle città, creando insediamenti propri. Da sempre questo popolo è stato oggetto di diffidenza e critica, tali discriminazioni hanno culminato nella Shoah. Il significato del termine “natio”, da cui deriva la parola “nazione”, per i latini indicava solo una popolazione, una gente che si riconosceva in una lingua e in determinate tradizioni che contribuivano a marcare l’opposizione tra se stessi e gli altri. All’interno della città di Praga esisteva questo concetto di nazionalità per quanto riguarda gli ebrei, che hanno qui infatti mantenuto una fortissima identità, tramite la loro cultura e le loro tradizioni. Il quartiere ebraico di Praga è situato tra il centro storico e la riva destra del fiume Moldava e da più di due secoli è chiamato Josefov in onore dell’imperatore Giuseppe II che nel 1784 visitò il ghetto e attenuò le discriminazioni razziali che gli ebrei avevano subito. Iniziò allora un periodo di libertà più ampia che portò gli ebrei più ricchi ad uscire dal ghetto. In origine il quartiere ebraico si trovava nei pressi del Castello e solo nel XII secolo gli ebrei si trasferirono vicino a Piazza della Città Vecchia in Staré Mesto, iniziando l'espansione dello Josefov. Quella che si vede oggi è la versione “ristrutturata” del ghetto ebraico avvenuta alla fine del 1800. Prima di allora il ghetto era un intricato sistema di vicoli, con innumerevoli attività commerciali, in cui hanno vissuto per secoli gli ebrei a Praga che non potevano uscire dal ghetto se non avevano un segno evidente della loro religione, come un cappello giallo. I Nazisti sterminarono gli ebrei in questa terra e le sinagoghe furono trasformate in depositi per i beni confiscati da Hitler a questo popolo. La maggior parte degli ebrei di Praga furono deportati a Terezin, una sessantina di chilometri da Praga. Nel campo di concentramento di Theresienstadt vennero concentrati gli ebrei di Boemia, senza distinzione di età in una situazione estremamente drammatica.

7


VECCHIO E NUOVO CIMITERO EBRAICO DI PRAGA Cenni storici: il Vecchio cimitero ebraico di Praga

Il cimitero ebraico fu creato nel 1439, data della prima lapide di Avigdor Karo .

 

È situato nel quartiere ebraico Josefov. È stato l'unico luogo, dal XV secolo, dove gli ebrei di Praga potevano seppellire i loro cari per oltre 300 anni.

Le dimensioni attuali sono all'incirca quelle medievali e nel tempo si è sopperito alla mancanza di spazio sovrapponendo le tombe, perché il cimitero non poteva espandersi fuori dal perimetro esistente.

In alcune parti si sono sovrapposti fino a 9 strati di diverse sepolture.

Oggi si possono vedere più di 12.000 lapidi e si calcola che qui si seppellirono i corpi di oltre 100.000 persone.

Le tombe sono costituite solo da una lapide piantata per terra e non vi è nessun ritratto del defunto. Vi sono solo disegni simbolici per indicare la professione o le qualità del defunto, come ad esempio forbici per sarti o pinzette per medici.

Vi sono anche delle sepolture a forma di tempietto per personaggi particolarmente importanti.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Praga fu pesantemente bombardata, ma questo luogo venne risparmiato dalle autorità tedesche poiché decisero di preservarlo a testimonianza di un popolo estinto.

8


Cenni storici: il Nuovo cimitero ebraico di Praga

È stato completato nel 1891, per risolvere i problemi di spazio del Vecchio cimitero ebraico.

È possibile trovare tombe e monumenti commemorativi appartenenti a diversi stili architettonici.

Molte lapidi vennero realizzate dagli architetti cechi più importanti.

Tra queste lapidi molto famosa è quella dello scrittore Kafka e dei suoi genitori.

9


KAFKA E L’EBRAISMO

Kafka nacque a Praga in una famiglia ebraica, nel 1883. Suo padre arrivò a Praga dalla provincia boema nel 1882 e subì il processo di secolarizzazione dell’ebraismo occidentale, a seguito dell’apertura del ghetto. In questo momento, gli ebrei a Praga non si sentivano tedeschi, anche se rappresentavano la borghesia tedesca, e avevano in qualche modo perso la loro identità, uscendo dal ghetto. Per Kafka i veri ebrei non erano quelli usciti dal ghetto e che si erano arricchiti nelle nazioni europee, ma i poveri della comunità sperdute dell’Europa orientale, non secolarizzati, ma sottomessi all’autorità dei rabbini. L’ebreo di Praga invece per Kafka era uno sradicato, senza identità. Lo scrittore si considerava come l’ebreo più occidentale di tutti gli ebrei occidentali. Affermava in tal modo che doveva “guadagnarsi” tutto, non solo il presente e il futuro, ma anche, con estrema difficoltà, il passato. L’autore con l’ebraismo ebbe sempre un rapporto profondo ma piuttosto complicato, questi conflitti sono presenti nelle sue opere come “La lettera al padre” e “Il Processo”.

10


KAFKA E L’EBRAISMO NELLE SUE OPERE “Il processo”

Nelle opere letterarie di Franz Kafka è possibile ritrovare tutti i molteplici influssi che gli provengono dalle sue radici: il gusto per il magico ed il misterioso caratteristico delle tradizioni e della città di Praga e il senso di colpa e l’incubo della persecuzione tipici delle comunità ebraiche. Tutto questo viene arricchito dalle sue ossessioni e angosce private: il difficile rapporto col padre e la malattia che fin da giovane lo mette di fronte alla morte. Queste personali cause di infelicità sfociano in una universale denuncia dell’incubo assurdo a cui si è ridotta la condizione umana. Il processo è un romanzo di Franz Kafka scritto tra il 1914 e il 1917 e pubblicato postumo da un amico nel 1925. Il romanzo racconta le strane e surreali vicende di un impiegato di banca, di nome Josef K che viene accusato, da un misterioso tribunale, di essersi macchiato di una colpa indeterminata. Josek K. si trova così nella condizione assurda di doversi difendere da un’accusa indistinta ma già decisa, che acquista molti significati simbolici relativi alla poetica dell’autore: il conflitto con il padre, il senso di mistero e l’oppressione delle strutture sociali, l’assurdità della vita quotidiana. Il tema principale dell’opera è quindi quello relativo alla Giustizia, come insieme di regole che determina la vita degli uomini. Per Kafka, che trasfigura sé stesso nel protagonista, la tragedia dell’uomo moderno è che questo ordine è impossibile da capire. Il protagonista di questa assurda storia infatti non riesce a fare nulla per sostenere le proprie ragioni, né a capire quali sono le motivazioni della sua “colpa” e il protagonista si troverà così coinvolto in situazioni sempre più surreali. Questa inesistente e assurda “colpa”, per la critica, si lega profondamente al rapporto conflittuale di Kafka con il mondo ebraico (di cui fa parte ma di cui avverte la fine imminente) e con il proprio rapporto familiare. 11


“Lettera al padre”

La Lettera al padre di Franz Kafka è un testo autobiografico scritto nel 1919, ma pubblicato postumo solo nel 1956. La Lettera, mai recapitata al genitore, è un atto di accusa contro il padre. L’educazione autoritaria, da lui ricevuta, è responsabile, secondo Franz, delle sue inquietudini e delle sue difficoltà relazionali da adulto. Un punto interessante del conflitto fra padre e figlio, è quello relativo alla religione ebraica. Franz ricorda che il padre aveva più volte espresso il desiderio che lui si interessasse all’ebraismo, ma mette in evidenza anche l’atteggiamento contraddittorio di quest’ultimo. Quando infatti finalmente lo scrittore si interessa alla religione di famiglia, il padre sminuisce l’importanza dei testi sacri, proprio quando Franz vuole documentarsi meglio su di essi. I problemi di comunicazione con il padre influenzano, secondo l’autore, anche i suoi rapporti con le altre persone. La Lettera al padre è stata redatta quando Kafka ha trentasei anni e circa un anno prima ha scoperto di aver contratto la tubercolosi, è quindi un momento cruciale della sua vita, quando si delinea la prospettiva della morte. La critica ha anche sottolineato come il rapporto di Franz con il padre abbia molte caratteristiche del complesso di Edipo descritto da Sigmund Freud. Kafka riflette sull’ambivalenza dei suoi sentimenti verso il padre. All’inizio della lettera ammette con consapevolezza le proprie responsabilità e le proprie mancanze, ma mette duramente in evidenza quanto il carattere e i comportamenti del padre le abbiano determinate e aggravate. Il padre appare quindi come un genitore che non riesce ad accettare le debolezze di questo figlio così fragile e introverso. Con i suoi metodi autoritari e umilianti vorrebbe educare Franz, che invece cresce pieno di paure, di insicurezze e difficoltà nei rapporti umani. Tuttavia, nonostante la freddezza di questo strano legame tra padre e figlio, la critica afferma che è possibile intuire una profonda ammirazione di Franz per il padre, a lui umanamente così lontano. 12


BREVE STORIA DELLE 0RIGINI DEL POPOLO EBRAICO

Verso il XVIII secolo a.C. alcune tribù semi-nomadi di lingua semitica provenienti dalla Mesopotamia, forse dalla regione di Ur, giunsero in Palestina. Secondo il racconto biblico, le guidava Abramo. ESODO DALL’EGITTO Verso il XVII-XVI secolo a.C., alcune tribù ebraiche, passarono in Egitto, attratte dalle sue ricchezze agricole. Qui rimasero fino a che caddero in uno stato di servitù e vennero perseguitate da più faraoni che li costrinsero ad abbandonare il paese 13


Si tratta del biblico esodo (in greco “uscita”) dall’Egitto, guidato da Mosè intorno al 1250 a.C. L’INSEDIAMENTO IN PALESTINA Nel XII secolo a.C. gli ebrei si stabilirono definitivamente in Palestina, in seguito al vuoto politico lasciato da hittiti e dagli egizi per l’invasione dei “popoli del mare”. Gli ebrei da pastori nomadi cominciarono ad organizzarsi in villaggi e a volte si scontrarono con le popolazioni locali. LA MONARCHIA Intorno al 1000 a.C. l’area siro-palestinese si presentava come un mosaico di popoli. I continui conflitti che impegnavano le tribù ebraiche con le popolazioni cananee e soprattutto con i filistei spinsero gli ebrei a creare una compagine politica sotto il governo di un re. Il primo re d’Israele fu Saul (1020 a.C. – 1000 a.C.) che sconfisse i filistei e unificò la Palestina. Alla fine del suo regno, però, i filistei ripresero forza, ma il nuovo re David (1000 a.C. – 960 a.C.), successore di Saul, sconfisse Filistei e Aramei e stabilì la capitale del regno a Gerusalemme. A David successe il figlio Salomone (960 a.C. – 922 a.C.). Con Salomone, Gerusalemme si arricchì di edifici monumentali, primo fra tutti il celebre Tempio di Gerusalemme. Alla morte di Salomone, il Regno degli Ebrei si spaccò in due parti: a nord il Regno di Israele, a sud il Regno di Giuda rimasto in mano ai successori di Salomone. LA CATTIVITÀ BABILONESE Per l’indebolimento conseguente alla scissione, il Regno d’Israele fu conquistato dagli Assiri nel 721 a.C. e quello di Giuda fu abbattuto nel 587 a.C. dai Babilonesi che distrussero il Tempio di Gerusalemme, la città stessa e 14


deportarono parte della popolazione a Babilonia. È il periodo della cosiddetta cattività (cioè prigionia) babilonese. IL RITORNO IN PALESTINA Il ritorno degli Ebrei in Palestina avvenne nel 539 a.C., sotto il nuovo Impero persiano di Ciro il Grande, che comprendeva anche la Palestina. IL DOMINIO DI ROMA In Palestina non rinacque più un regno ebraico: nei secoli la regione rimase una provincia dei vari imperi che si avvicendarono. Sotto il dominio di Roma, che iniziò nel I secolo a.C. vi furono diverse insurrezioni degli ebrei e una repressione piuttosto feroce. LA DIASPORA DEGLI EBREI Ebbe così inizio la diaspora (dispersione) degli ebrei in comunità sparse in tutto il mondo mediterraneo e in Oriente. BIBLIOGRAFIA-SITOGRAFIA https://www.scopripraga.com/storia http://www.e-praga.com/storia/storia.htm https://www.praga.info/cosa-vedere-praga/quartiere-ebraico/ http://www.viaggioineuropa.it/rep_ceca/praga/praga-quartieri-josefov.html https://www.10cose.it/praga/cimitero-ebraico-praga https://www.scopripraga.com/cimitero-ebraico https://www.mosaico-cem.it/cultura-e-societa/taccuino-di-roberto-zadik/kafka-moravia-eproust-le-radici-ebraiche-di-tre-grandi-della-letteratura http://www.literary.it/dati/literary/t/tufarulo/lebraismo_orientale_di_franz_kaf.html https://www.900letterario.it/opere-900/il-processo-kafka-tragedia-allegorica/ https://library.weschool.com/lezione/lettera-al-padre-franz-kafka-riassunto-biografiahermann-kafka-12995.html Limes. Corso di storia e geografia 1. Libro di Cristina Tincati, Franco Amerini e Moreno Dell'Acqua. Ed. Pearsons.

15


PERCORSO STORICOPOLITICOFILOSOFICO TRA MARXISMO E SOCIALISMO REALE Disciplina coinvolta: Filosofia

16


Indagine storico filosofica sul marxismo Cos’è successo?

Dopo la fine del seconda guerra mondiale, la Cecoslovacchia, come tutti i Paesi dell’Est, entra nell’orbita russa con l’instaurazione di un governo comunista che assume, a tutti gli effetti, il volto di una dittatura. Nel febbraio del 1948, quando il comunismo prese il potere, la Cecoslovacchia divenne una “Democrazia popolare” Il governo era fortemente centralizzato, tutto era nelle mani del partito, che iniziò una sistematica repressione del dissenso, eliminando sistematicamente tutti gli oppositori, compresa la Chiesa Cattolica. I principi del Marxismo-Leninismo pervasero la vita culturale e intellettuale. L'economia era amministrata a livello centrale e pianificato, con il progetto dell'abolizione della proprietà privata del capitale. Tuttavia, analizzando il pensiero di Marx si può capire come la sua applicazione nei Paesi dell’Est sotto la guida della “madre Russia”, sia in realtà un’aberrazione: Marx parla di dittatura del proletariato, ma non come fine ultimo a cui aspira il comunismo, bensì come una fase transitoria, in cui tutto passerà temporaneamente nelle mani dello stato per poi essere redistribuito. Nel momento in cui la proprietà privata sarà abolita, verrà meno anche la suddivisione in classi e conseguentemente lo Stato stesso cesserà di esistere. Tuttavia nessun paese comunista è mai riuscito a passare dalla prima fase, della “dittatura del proletariato”, alla seconda, ossia alla società comunista, senza classi, senza Stato e senza proprietà. Ciò che è accaduto nei Paesi dell’Est, tuttavia, dimostra proprio l’estrema difficoltà ad abolire gli interessi privati di alcune classi sociali e in ultima analisi degli stessi membri del Partito Comunista, che una volta preso il potere, si sono ben guardati dal rinunciarvi.

17


Solo l’abolizione della proprietà privata che in Cecoslovacchia, come negli altri Paesi della “cortina di ferro”, non c’è stata, avrebbe consentito, secondo Marx, la creazione di una società più giusta e avrebbe finalmente consentito al proletariato di riscattarsi dalle condizioni di estrema indigenza in cui era costretto a vivere. Come sostiene Marx, l’economia è la struttura portante della società, tutto il resto è sovrastruttura, ossia è un derivato dell’economia e dei rapporti di produzione. Per questo motivo, anche la lotta contro la religione, portata avanti dai governi dei Paesi dell’Est, trova solo fino ad un certo punto il suo fondamento nel pensiero di Marx. Egli afferma che “la religione è l’oppio dei popoli”, ma con questa espressione intende dire che l'uomo ricorre alla religione perché materialmente insoddisfatto e trova in essa la speranza in una vita migliore, che è invece impossibile nella società capitalista, basata sullo sfruttamento sistematico dell’uomo sull’ uomo. Il comunismo, quindi, non vuole eliminare la religione, bensì vuole abolire le condizioni storiche che la rendono possibile. Possiamo chiederci a questo punto in che misura le previsioni di Marx si siano avverate: egli affermò che la società avrebbe assunto le sembianze di una piramide al cui vertice vi sarebbe stato un ristretto numero di individui ricchi e alla base una miriade di operai destinati a vivere in condizioni di povertà insostenibile. Dopo la morte di Marx, si è affermata una sempre più variegata competizione sociale: la società non era più rappresentabile come una piramide, bensì come un rombo (pochi ricchi al vertice, pochi poveri nel fondo e una catena di borghesi che occupano la parte centrale). La teoria marxiana sembra dunque aver fallito, ma i marxisti più ferventi sono riusciti a correre ai ripari cercando di sostenere che la polarizzazione in realtà c’è stata. L’operaio oggi sta meglio di duecento anni fa, ma in sostanza il divario con il capitalista si è mantenuto: esiste pertanto una forbice abbastanza ampia tra il guadagno dell’operaio e quello del “padrone”. Possiamo inoltre affermare che 18


sul piano mondiale la distanza tra ricchi e poveri è cresciuta ed è cambiato il fronte della lotta di classe, perché la contrapposizione tra sfruttati e sfruttatori non è più tra operai e capitalisti, ma fra abitanti dei paesi ricchi e abitanti dei paesi poveri, Marx ha quindi intuito, senza tematizzarli completamente i rischi della globalizzazione, che oggi sono sotto gli occhi di tutti. La società comunista, che, secondo il filosofo tedesco, si sarebbe realizzata necessariamente dopo la Rivoluzione del proletariato, non ha mai trovato una concreta attuazione e il comunismo, che avrebbe dovuto portare una maggiore giustizia sociale si è trasformato in una dittatura che ha asservito e terrorizzato le popolazioni dei Paesi dell’Est Europa per oltre 40 anni. Oggi possiamo dire, senza esitazione, che il Comunismo è fallito, ma non il pensiero di Marx, che si prospetta come un’utopia resa impossibile solo dall’egoismo e dalla grettezza umana, ma che rimane tutt’ora un concetto limite e cui ispirarsi per realizzare il sogno di un mondo migliore.

19


La vita a Praga negli anni del comunismo Dove siamo? Muro di John Lennon

Il muro deve il suo nome al fatto che dopo la sua morte, John Lennon fu considerato dai giovani cechi e un suo ritratto fu dipinto sul muro assieme ad alcune parole delle sue canzoni. Il muro non era gradito al regime comunista, che tentò dapprima di screditare i pacifisti, definendoli violenti e pericolosi e successivamente facendo ridipingere piÚ volte il muro, provvedimento che si rivelò del tutto inutile poichÊ ogni volta che il muro veniva imbiancato, esso veniva prontamente ricoperto da nuove scritte e nuovi disegni. Oggi il muro rappresenta un simbolo universalmente riconosciuto di pace, amore e fratellanza. Nel novembre del 2014 alcuni artisti di strada hanno imbiancato il 20


muro di Lennon coprendo così tutti i disegni colorati. Sulla parete bianca hanno scritto "The wall is over" per ricordare la caduta del muro di Berlino e la fine del comunismo. Oggi il muro è nuovamente dipinto e proprio due settimane prima del nostro arrivo alcuni artisti praghesi lo hanno ridipinto per l’ennesima volta, spostando l’immagine di John Lennon in un punto di verso da quello originale e mettendo in primo piano, come si vede nella foto, l’immagine del primo presidente della Repubblica ceca dopo la caduta del regime. Cos'è successo? Durante il governo comunista, la vita a Praga era fortemente limitata da una serie di restrizioni. Questa condizione è perfettamente descritta da Primo Levi, il quale afferma che:” La pressione che un moderno stato totalitario può esercitare sull’individuo è paurosa. Le sue armi sono sostanzialmente tre: la propaganda diretta, o camuffata da educazione , da istruzione, da cultura popolare; lo sbarramento opposto al pluralismo delle informazioni; il terrore”. Nella Praga comunista vi era una totale mancanza di libertà; infatti c’era la censura di qualsiasi mezzo di informazione (radio, televisione, quotidiani.). però esistevano pubblicazioni clandestine e la popolazione ascoltava segretamente, di notte, Radio Europa Libera. La libera espressione delle proprie idee non era concessa e determinati argomenti si potevano affrontare solo tra le mura domestiche oppure in un gruppo ristretto di amici fidati, parlando sottovoce e stando molto attenti. Le persone che erano apertamente schierate contro il regime, definite come dissidenti, erano oggetto di frequenti arresti, perquisizioni, e naturalmente erano monitorate dai servizi segreti di Stato. Oltre a questo sistema autoalimentato basato sul terrore, esisteva anche una invidia mista all’odio tra le persone, anche tra semplici vicini, che contribuiva ad amplificare gli effetti di questa situazione. Tutto ciò rese i cecoslovacchi molto diffidenti tra loro, se non indifferenti. La presenza di un familiare dissidente, o di familiari che erano emigrati fuggendo dal regime instaurato, comportava difficoltà per tutti i membri della 21


famiglia rimasti: impossibilità di carriere lavorative se non addirittura posizioni lavorative degradanti, impossibilità di accedere a scuole o università per i figli, impossibilità di viaggiare verso paesi occidentali. Mina, la nostra guida, ci ha raccontato che, proprio perché suo padre, giornalista, era sospettato di essere un dissidente, perciò fu arrestato e a lei fu stata vietata l’iscrizione a qualsiasi facoltà universitaria. Spesso per poter trovare un lavoro in linea con le proprie aspirazioni e garantire un certo futuro alla propria famiglia si era costretti all’iscrizione ed alla partecipazione alla vita di partito attiva. Tuttavia, è ovvio come il sistema creato comportasse decine di migliaia di persone potenzialmente spie, per cui davvero non si era sicuri di nessuno. Oltre alla mancata libertà di espressione citata, esisteva anche una limitazione agli spostamenti: era possibile viaggiare liberamente per turismo solo nei paesi alleati. Infatti, non erano vietati i viaggi in Occidente, ma occorreva richiedere un visto alle autorità locali e motivare il viaggio. Inoltre raramente veniva concesso il viaggio all´intera famiglia; poiché c’era il rischio delle emigrazioni famigliari illegali. La nostra ha due figli, uno dei quali fin da piccolo aveva seri problemi di asma e il dottore le aveva consigliato di andare almeno tre settimane ogni anno in una località balneare in quanto l'aria del mare aiuta molto chi ha problemi respiratori. Per viaggiare però bisognava avere un permesso speciale che riuscirono ad ottenere solo Mila e suo figlio, mentre il marito e la figlia sono dovuti rimanere a Praga. Il regime aveva infatti paura che dare il permesso a tutta una famiglia, ne permettesse la fuga. Le banche inoltre concedevano un'esigua somma di denaro a chi decideva di partire, Mila quindi è stata costretta a trovare denaro andando al mercato nero. In aeroporto, però, vi erano una serie di controlli quindi Mila ha deciso di nascondere i soldi in alcuni tubetti di crema. Fortunatamente non è stata scoperta ed è riuscita a partire insieme al figlio. Una signora, che aveva usato le stesse tecniche di Mila, è stata scoperta e non l'hanno più lasciata partire. Il regime comunista, oltre a non permettere la proprietà privata e quindi anche la figura dell’imprenditore individuale, imprimeva il suo potere e i suoi ideali, anche nella scuola. Infatti i programmi scolastici, oltre ad imporre 22


l´insegnamento del russo obbligatorio dalla terza elementare, erano condizionati dalla visione della storia che il regime voleva diffondere tra le nuove generazioni. Per lo stesso scopo, vi erano frequenti manifestazioni pubbliche per festeggiare le date importanti per la storia cecoslovacca e dell´URSS, con slogan volti a rimarcare i principi socialisti e di fratellanza tra i paesi dell’area socialista. I regimi comunisti andarono in crisi anche per la scarsa efficienza sul lavoro, si può infatti affermare che le posizioni lavorative molto spesso non corrispondevano alle reali aspirazioni della persona, comportando così forte demotivazione al lavoro. Inoltre la meritocrazia era totalmente assente e per poter arrotondare si vendevano prodotti di propria produzione. (mercato nero). La casa rappresentava un diritto garantito, fu questo il motivo che portò alla crescita negli anni 70-80 dei quartieri "panelàky", ovvero le case in pannello; in questi anni vi fu anche un’esplosione demografica. I migliori appartamenti erano garantiti a favore dei membri di partito e dell'apparato militare, mentre le giovani famiglie (dato che in Cecoslovacchia ci si sposava molto giovani) dovevano aspettare qualche mese per vedersi attribuito un alloggio. In Repubblica Ceca ogni famiglia si dedicava alla cura di un orto ed inoltre era diffuso il fenomeno delle "Chaty", ossia delle case immerse nella natura fuori dalla città, dove i locali trascorrevano i loro weekend e a volte le proprie ferie. Vennero create, a Praga una serie di associazioni "obbligatoriamente consigliate" a tutti i cittadini. Già alle scuole elementari c'era l'associazione dei bambini (simil-scout) per poi passare alla militanza nel KSC (partito comunista cecoslovacco). Per quanto riguarda l'agricoltura, invece, operavano i druzstva, cooperative agricole che gestivano i terreni nati dalla collettivizzazione del 1948. A capo di ogni druzstvo vi era un membro del KSC. Durante il governo comunista, a differenza di altri paesi comunisti, in Cecoslovacchia e in particolare a Praga non vi erano gravi problemi di povertà o fame. È anche vero però che nei negozi e nei supermercati erano presenti 23


solo le marche imposte dallo Stato stesso ed erano spesso di qualità scadente. La Coca-Cola, ad esempio, era un bene di lusso, che si trovava solo nei bar del centro di Praga. Quasi ogni famiglia, inoltre, aveva un terreno in cui si coltivavano beni di prima necessità e si allevavano animali da giardino per avere carne fresca La TV aveva solo due canali, in cui venivano trattati argomenti come il comunismo, la storia del partito comunista e dell'URSS, sia in lingua ceca che slovacca. Nella Cecoslovacchia comunista le bibite occidentali erano molto difficili da reperire, per questo nei bar iniziarono a diffondersi delle particolari bibite dolci. La tipica bevanda ceca tuttavia era e rimane, ancor oggi, la birra. Il popolo ceco durante il periodo del comunismo assunse la buona abitudine di utilizzare il “vuoto a rendere”, ovvero di comprare bottiglie in vetro che poi venivano riutilizzate. La plastica infatti era molto costosa e di scarsa qualità, per questo capitava spesso che si rompesse involontariamente. Alimenti molto amati erano il pane nero, il latte condensato in tubetto e la cioccolata “Orion”. Cosa vediamo? Attualmente, dopo la fine del comunismo e in seguito alla caduta del muro di Berlino, Praga è stata fortemente influenzata dai processi della moderna globalizzazione. Infatti, ad oggi, è possibile trovare sia in supermercati che nei ristoranti, prodotto locali e prodotti provenienti da diversi paesi. A piazza San Venceslao, ad esempio, è possibile trovare ristorante italiani, (come "Da Tarquinio"), cinesi e giapponesi, bar americani ("Starbucks"), negozi di tutte le tipologie e nazionalità.

24


Nei ristoranti praghesi è possibile gustare i piatti tipici della cucina ceca che sono essenzialmente a base di carne di maiale o di manzo spesso accompagnata da riso, patate bollite, gnocchetti di pane, simili ai canederli, e salse varie (omacka). Uno dei piatti più tipici e legati alla tradizione è il gulasch, un’eccellenza della cucina mittel-europea. Ogni Paese dell’Europa Orientale ha infatti una sua variante di gulasch e quella praghese si distingue per la grande abbondanza di manzo e verdure. Il gulasch è una sorta di spezzatino, tipicamente a base di carne di manzo. Generalmente è accompagnato da una porzione di canederli (knedikly), grossi gnocchi ripieni a base di pane raffermo, uova e latte, e può essere gustato in ogni angolo di Praga.

25


La primavera di Praga Dove siamo? In piazza San Venceslao, il cuore pulsante di Praga: qui si svolsero gli eventi più importanti di quel vasto movimento di protesta contro il regime comunista che prese il nome di “Primavera di Praga” e che venne soffocato nel sangue dall’intervento dei carri armati sovietici.

Cos’è successo? La Primavera di Praga è stato un periodo di liberalizzazione politica avvenuto in Cecoslovacchia durante il controllo dell’Unione Sovietica, dopo la seconda guerra mondiale nell’ambito della guerra fredda. Essa iniziò il 5 gennaio 1968 quando Dubcek salì al potere. Le riforme politiche di Dubcek, chiamate “Socialismo dal volto umano”, non si proponevano di rovesciare il vecchio regime e allontanarsi dall’Unione Sovietica. Il progetto era di mantenere il sistema economico collettivista affiancandovi una maggiore libertà di stampa e 26


di espressione. Queste riforme vennero sostenute dalla grande maggioranza del Paese e furono viste dalla dirigenza sovietica come una grave minaccia all’egemonia dell’URSS e alla sicurezza stessa dell’Unione Sovietica. La stagione delle riforme ebbe termine nella notte fra il 20 e il 21 Agosto 1968, quando numerosi soldati e veicoli corazzati invasero il paese. Le unità principali che effettuarono l’invasione erano le formazioni del Gruppo di forze sovietiche in Germania che penetrarono in Cecoslovacchia dalla Sassonia. L’invasione concise con la celebrazione del congresso del Partito Comunista Cecoslovacco, che avrebbe dovuto sancire le riforme e sconfiggere l’ala stalinista. La Cecoslovacchia rimase occupata fino al momento della caduta del muro di Berlino che segnò la fine del blocco sovietica. Dopo l’invasione, la Cecoslovacchia entrò in un periodo di normalizzazione: i leader successivi ripristinarono le condizioni politiche ed economiche antecedenti a Dubcek, grazie al Partito Comunista di Cecoslovacchia.

Cosa vediamo? Oggi la piazza San Venceslao ci appare in tutta la sua ampiezza come un ampio viale pendente (occupante una superficie di oltre 45.000 metri quadrati complessivi) lungo 700 metri e largo 60, accompagnato su ambedue i lati da una folta schiera di negozi, alberghi, ristoranti. Al centro della piazza troneggia la statua equestre di San Venceslao, che, come ci ha spiegato la guida, è il protettore della città, ed è colui al quale i praghesi si rivolgono in massa riversandosi nella piazza nei momenti di difficoltà. In uno dei Paesi più atei d’Europa colpisce questa inaspettata testimonianza di devozione che rende

27


questa piazza, teatro delle più importanti vicende di Praga, un luogo ancor più ricco di fascino.

Jan Palach Dove siamo?

Situata nella città Nuova, Piazza San Venceslao è un lungo viale su cui si affaccia il Museo Nazionale. Questa piazza rappresenta il simbolo dell’identità ceca. Da qui, nel 1918, partì la rivolta per l’indipendenza nazionale e, in questo luogo, nel 1968 i praghesi protestarono contro l’invasione dei carri armati sovietici venuti a stroncare la “Primavera di Praga”.

Cosa è successo? 1968. Alexander Dubcek sale alla guida del Partito Comunista Cecoslovacco promettendo al popolo ceco, oppresso dalla tirannia del blocco sovietico, una serie di riforme liberali (libertà di parola, stampa, associazione, movimento) 28


che avrebbero mostrato “il volto umano del socialismo”. Il governo di Mosca, temendo che anche altri paesi potessero seguire il sogno di libertà proclamato dalla Cecoslovacchia, inviò duemila carri armati e duecentomila soldati a reprimere la cosiddetta “Primavera di Praga”. L’occupazione costò 72 morti, centinaia di feriti e 300.000 profughi, e soffocò le manifestazioni in tutto il Paese. Per invitare i suoi compatrioti a non rassegnarsi, uno studente di filosofia di vent’anni, Jan Palach, il 16 gennaio 1969 si cosparse di benzina e si diede fuoco in Piazza San Vecenslao. Mentre bruciava, attraversò la piazza di corsa, venne urtato da un tram e cadde a terra. Morì dopo tre giorni di agonia, il 22 Gennaio 1969. Jan Palach è la “Torcia numero 1” di un movimento che voleva riaccendere la protesta contro la tirannia sovietica. Nei giorni successivi, altri ragazzi si sarebbero immolati allo stesso modo, per la stessa causa. Jan Palach diventò il simbolo della rivolta all’ Unione Sovietica non solo in Cecoslovacchia, ma in tutti i paesi a Est della cortina di ferro, e il suo gesto estremo di protesta fu imitato al di fuori dei confini nazionali. Al funerale di Palach parteciparono 600.00 persone e la sua tomba diventò luogo di pellegrinaggio, tanto da costringere la polizia segreta cecoslovacca a riesumare il corpo, cremarlo e restituirlo alla madre, che solo dopo qualche anno poté depositare l’urna in un cimitero.

29


Cosa vediamo?

A pochi metri dall’ edificio del Museo Nazionale si trova il monumento in memoria di Jan Palach (e Jan Zajic, torcia numero 2), nel punto in cui si cosparse di benzina e si dette fuoco. Il monumento è sviluppato in orizzontale: consiste in due tumuli che sporgono dal marciapiede, collegati con una croce in bronzo che simboleggia allo stesso tempo un corpo e una torcia umana. La posizione indica la direzione in cui Palach cadde a terra. Sul braccio sinistro della croce, sono incisi i nomi di Jan Palach e Jan Zajic con le rispettive date di nascita e morte. Prima di immolarsi, Jan Palach inviò ad alcuni politici il suo “testamento politico”: «Poiché i nostri popoli sono sull'orlo della disperazione e della rassegnazione, abbiamo deciso di esprimere la nostra protesta e di scuotere la coscienza del popolo. Il nostro gruppo è costituito da volontari, pronti a bruciarsi per la nostra causa. Poiché ho avuto l'onore di estrarre il numero 1, è mio diritto scrivere la prima lettera ed essere la prima torcia umana. Noi esigiamo l'abolizione della censura e la proibizione di Zpravy”. Se le nostre richieste non saranno esaudite entro cinque giorni, il 21 gennaio 1969, e se il nostro popolo non darà un sostegno sufficiente a quelle richieste, con uno sciopero generale e illimitato, una nuova torcia s'infiammerà». 30


Jan Patocka Dove siamo?

Galleria LUCERNA. Statua equestre rovesciata.

Cosa è successo?

Abbiamo scelto la foto di questa insolita opera di David Cerny, l’artista che è diventato il simbolo della contestazione, per ricordare la figura di Jan Patocka, il filosofo che ha fatto della lotta ai totalitarismi la cifra del suo pensiero. Jan Patočka, uno dei più noti filosofi cechi, viene definito “Il Socrate di Praga”, perché, come l’antico filosofo, ha sacrificato la vita per difendere le sue idee e ponendosi in opposizione dapprima a nazismo e poi al Comunismo. Egli divenne ben presto uno dei principali esponenti del Circolo filosofico di Praga, fondato nel 1934, negli anni della prima repubblica Ceca. 31


Mentre il nazismo consegue il completo dominio della Germania, durante gli anni ’30 nel Circolo di Praga, lavorano fianco a fianco filosofi e scienziati tedeschi, cechi ed ebrei. Alla fine degli anni '30, questa stagione culturale volge tragicamente al termine, come la vita della Prima Repubblica Cecoslovacca. Il Presidente muore nel 1937 e con il patto di Monaco del 1938, Hitler può invadere la Cecoslovacchia. L'attività del Cercle si affievolisce ed i membri ebrei del Circolo sono costretti ad emigrare, mentre il paese torna a subire una pesante germanizzazione. Con la chiusura delle scuole superiori in lingua ceca, Patočka non può più sperare in una collaborazione stabile. Anche in questo periodo riesce comunque a lavorare proficuamente, scrivendo articoli, dominati dal tema della "disfatta", dove compare per la prima volta il motivo della "scossa" (otøes), evento non solo negativamente estrinseco, ma anche, costitutivo della società umana. Alla fine degli anni '30, Patočka esprime la sua totale idea, scrivendo: "La vera esperienza della libertà è pertanto un'esperienza di scossa, in cui la scossa concerne il normale fungere del mondo, e in questa scossa, il mondo finora celato oltre le cose, nascosto oltre la loro usualità e sicurezza, perde la sua non-perspicuità e diviene visibile". Al termine della guerra, Patočka si dedica con passione alla riorganizzazione del sistema scolastico ceco e dell'ordinamento universitario. Nel 1946, la situazione inizia a cambiare drasticamente, quando confessa attraverso una lettera inviata ad un amico, di passare giorni abbastanza scuri,

32


dato che era accusato di esistenzialismo. Per il quale fu attaccato pubblicamente anche da un ex assistente (comunista). L'atmosfera che prepara la presa al potere comunista, procura a Patočka l'accusa di essere un "esponente del pensiero tedesco", di "idealismo borghese" e di "esistenzialismo soggettivo". Diviene sempre più chiaro che a decidere del suo futuro sarà il rapporto con la dittatura marxista-leninista. Il Destino di Patočka è così segnato: in un saggio intitolato Ideologia e vita nell'idea, egli aveva distinto l'essenza ideale del socialismo e la sua realizzazione pratica. Affermava che "la libertà dell'uomo è qualcosa di extraumano, che si realizza al di fuori dell'uomo, mediante un processo di scopo futuro". Nel 1949, Patočka rifiuta di iscriversi al Partito Comunista e per vent'anni viene escluso dall'insegnamento. Dal 1954 Patočka lavora all'Istituto pedagogico dell'Accademia delle scienze cecoslovacca. In questo periodo scrive l'edizione critica delle opere di Comenio, considerato il fondatore della didattica e della moderna filosofia dell'educazione, da cui riprende la concezione della realtà come un insieme ordinato di piani. È infatti secondo lui necessario, per conoscerla, comprendere prima di tutto le connessioni tra le sue parti. Ne riprende inoltre il concetto di educazione come qualcosa che necessita di un fondamento pratico e non può essere puramente teorico. Essa infatti ha il compito di guidarci attraverso il caos causato dalla rottura dell'ordine del mondo, dovuta all'avvento del dominio della tecnica sulla natura, che ha portato all'uomo risultati indiscutibili, ma lo ha anche destinato ad un'esistenza non autentica. Solo un'educazione fondata sulla filosofia può rendere capaci di sbarazzarsi di tutto ciò che rende la vita non autentica. Quando prende avvio la Primavera di Praga e il tentativo di riforma democratica del sistema comunista, Patočka ripone molte speranze in questa svolta, sperando che possa garantirgli la libertà scientifica da lui agognata. Egli 33


vede la Primavera di Praga come un tentativo di tornare al senso originario del socialismo, ovvero liberare l'uomo, garantendo le libertà individuali. Tuttavia, il periodo rivoluzionario termina velocemente e Praga torna ad una situazione simile a quella iniziale. Nonostante ciò, Patočka non desidera, pur avendone l'occasione, lasciare il proprio paese, come invece fanno in quel periodo diversi intellettuali praghesi. Egli infatti ritiene che il suo destino di intellettuale sia legato a quello della sua patria e vede inoltre il fallimento della Primavera come uno stimolo per nuove riflessioni filosofiche. Scrive l'opera “Saggi eretici di filosofia della storia”, in cui affronta il tema della prima Guerra Mondiale, che egli interpreta come un suicidio di massa, dovuto ad una mancanza di armonia e consenso sociale e del conseguente sviluppo di un soggettivismo estremo. Nel 1972 gli viene imposta la pensione anticipata e da questo momento in poi la sua attività didattica si limita ai seminari che tiene in casa sua per ex-allievi ed amici. Svolge un’attività di propaganda clandestina a favore di Charta 77 (movimento cecoslovacco sull'importanza del rispetto dei diritti sanciti dalla Costituzione, ma negati dal regime), ma si rifiuta di fare proselitismo tra gli studenti a differenza di altri. Si impegna attivamente nel promuovere questo movimento, tanto che è sottoposto a vari interrogatori da parte della polizia, che vuole conoscere le finalità di questo movimento. Tutto ciò provoca grande stanchezza e stress a Patočka. Infatti, dopo un interrogatorio durato 10 ore, viene ricoverato in ospedale ma nonostante questo continua con il suo lavoro e a ricevere visite. 34


L'ultimo documento conservato di lui riguarda la confutazione delle critiche mosse contro Charta 77. Muore nel 1977 di emorragia cerebrale dopo essere stato sottoposto nuovamente ad un interrogatorio da parte della polizia. vari giorni di coma. In occasione dei funerali la polizia ha arrestato tutti gli esponenti di Charta 77, cosĂŹ che non potessero recarsi alla cerimonia. Anche gli amici e la famiglia furono impossibilitati di recarsi al funerale. Infine non fu affisso alcun annuncio mortuario o lasciato qualche fiore sulla sua tomba. Questi due movimenti sono utili all'esistenza e alla sopravvivenza dell'uomo, tanto che sono insiti nell'essere umano sin dalla preistoria.

Cosa vediamo? Il cavallo di San Venceslao, che si trova nella galleria Lucerna.

Oggi la città di Praga è fortemente occidentalizzata, tuttavia basta osservare con attenzione per cogliere ovunque gli echi non ancora del tutto sopiti della sua storia molto sofferta: il passaggio dalla dittatura nazista a quella comunista 35


non è stato indolore, così come non lo sono stati gli anni successivi alla caduta del muro di Berlino. Il lungo percorso di questa nazione verso la libertà è testimoniato da alcuni artisti, come David Cerny, che hanno fatto della contestazione e dell’impegno politico l’elemento caratterizzante della loro arte. Il complesso della Galleria Lucerna è già di per sé un pezzo d’art-noveau: fu progettato nel 1920 da Václav Havel (nonno dell’omonimo ex presidente) e ancora appartiene in parte alla sua famiglia. Al suo interno non si trovano solo diversi negozi, ristoranti e café, ma anche dei teatri, una sala per concerti rock, un cinema e la kavárna Lucerna. La statua equestre rovesciata fa capolino proprio di fronte alle vetrate di questo vecchio café, al centro dell’enorme sala centrale della galleria. Essa è sospesa sul soffitto e raffigura san Venceslao sopra un cavallo morto appeso a testa in giù. La statua è un chiaro riferimento s ironico alla statua equestre di San Venceslao che si trova nella vicina piazza Venceslao. Il santo era un eroico duca boemo che morì assassinato dai sicari del fratello Boleslao nel 935. Qualcuno interpreta l’opera come una critica agli antichi simboli del potere, ma secondo un’altra interpretazione l’artista con quest’opera avrebbe voluto fare una critica mascherata alla politica di Vaclav Klaus, eletto presidente della Repubblica Ceca nel 2003, che essendo un euro scettico ha impedito al suo Paese di entrare nell’Unione Europea. Il fatto che il nome di Klaus sia proprio Václav (Venceslao in ceco) non sembra essere un caso e, sebbene l’artista non abbia mai svelato il significato di quest’opera, l’intento di critica nei confronti di una politica ritenuta inadeguata e anacronistica sembra essere evidente.

36


PRAGA CONTEMPORANEA Disciplina coinvolta: Storia dell’Arte

37


METODOLOGIA DI LAVORO: CONSEGNE Ogni alunno ha il compito di analizzare: a) Individualmente: un’opera conservata presso la Narodni Galerie al Veletrzni Palac (DATA DI CONSEGNA: entro il 7 gennaio prima stesura, osservazioni aggiuntive dopo la visita) Criteri per l’analisi delle opere: - cercare il nome dell’artista e il titolo dell’opera nel database online del sito ufficiale della Galleria Nazionale di Praga al Veletrzni Palac (link inserito in Didattica), individuare l’opera e nella sua descrizione reperire le prime informazioni; - visionare l’unico catalogo esistente in lingua italiana relativo alla collezione (Arte maestra. Da Monet a Picasso. Cento capolavori dalla Galleria Nazionale di Praga, 1981), scansito integralmente dalla docente e inserito in Didattica in formato pdf; - completare autonomamente la ricerca, tenendo sempre presenti i punti della Scheda di lettura dell’opera grafico-pittorica elaborata dal Dipartimento di Storia dell’Arte e procedendo ad una analisi autonoma laddove non si riescono a reperire notizie, basata anche sul confronto con altre opere note del medesimo artista; - è opportuno che le schede di lettura siano esaustive ma semplici chiare, ordinate per punti, non ridondanti: va perciò tassativamente evitato il copia/incolla non ragionato da internet. b) In gruppi formati da 4 compagni: un tema scelto o tra le tre correnti architettoniche praghesi del Novecento (funzionalista, cubista, decostruttivista) o tra le tre linee di ricerca contemporanea esposte al DOX (DATA DI CONSEGNA: entro il 27 marzo prima stesura, osservazioni aggiuntive dopo la visita) Per ciascuna scheda: - inserire l’immagine; - completare la didascalia con le dimensioni e i dati mancanti; - compilare la Scheda di lettura secondo i parametri evidenziati; - compilare la sezione Osservazioni successive alla visita dopo la visione delle opere in loco, corredando le schede di fotografie ritraenti l’esperienza. Come analizzare le tematiche: - visionare i materiali inseriti in Didattica; - visitare i siti ufficiali dei vari siti architettonici e degli artisti; - procedere ad un’analisi autonoma, tenendo sempre presenti i parametri delle Schede di lettura dell’opera grafico-pittorica, scultorea ed architettonica elaborate dal Dipartimento di Storia dell’Arte. NB: Il lavoro dovrà essere svolto sul cloud Google Drive e dovrà essere redatto con font Verdana corpo 12, facendo attenzione a seguire le caratteristiche grafiche comuni (caratteri, paragrafi, ecc.) 38


SELEZIONE di 25 opere del XIX e XX secolo conservate nella GALLERIA NAZIONALE D’ARTE MODERNA (NARODNI GALERIE) presso il VELETRZNI PALAC

39


KASPAR DAVID FRIEDRICH (BASILE CLAUDIA) Il Mare del Nord al chiaro di luna, 1823-1824 Olio su tela, 22X30,5 cm

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Kaspar David Friedrich (1774-1840) fu uno dei massimi pittori tedeschi dell’Ottocento. I temi da lui prediletti come ambientazioni notturne e cimiteriali o paesaggi naturali aspri e desolati entrarono a far parte del gusto romantico. Infatti tra la fine del 1700 e l’inizio del 1800 si diffonde in tutta Europa il Romanticismo, movimento artistico, musicale, culturale e letterario caratterizzato dall’esaltazione della fantasia e dell’irrazionalità, dall’espressione dell’infinito e del Sublime (teorici I.Kant ed E.Burke). ANALISI DEL SOGGETTO Iconografia: È un quadro notturno rappresentante un mare illuminato dalla fievole e affascinante luce lunare e in primo piano si può scorgere una barca. Non si avverte alcuna presenza umana. 40


Iconologia: La natura è protagonista assoluta della scena glaciale. Come in altre opere di Friedrich è espressa la tematica del Sublime, scaturente dal senso di infinita grandezza della natura che appare non dominabile dall’uomo, per quanto questi cerchi di misurarsi audacemente con essa. Questo coraggioso segnale di umanità è rintracciabile nella temeraria barchetta in primo piano. ANALISI STILISTICA Il quadro ha una profondità data dalla presenza di colori più scuri in primo piano e di colori più chiari in secondo piano. Il colore ha quindi una funzione prospettica ed è stato steso attraverso velature sovrapposte. Le forme sono definite, compatibilmente con la tipologia del soggetto. La luce è presente solo in profondità come un miraggio. Lo stile è dunque tradizionale ed accademico.

41


THÉODORE GÉRICAULT (BELLOTTO GIADA) Mamelucco della guardia imperiale che difende dai Cosacchi un trombettiere ferito, 1818. Stampa litografica.

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Théodore Géricault (1791-1824) fu uno dei massimi esponenti della pittura tra Neoclassicismo e Romanticismo, movimento artistico, culturale e letterario sviluppatosi al termine del XVIII secolo in tutta Europa, caratterizzato da immagini fortemente suggestive e grandiose e dall’esaltazione del mondo irrazionale. Un tratto tipico della pittura di Géricault è l’attenzione ai fatti contemporanei unita all’esaltazione dei sentimenti dell’uomo. Il suo interesse per un naturalismo nudo e crudo lo portò a prediligere temi come i naufraghi de La Zattera della Medusa (1818) e i ritratti degli alienati rinchiusi nei manicomi e attraverso questi temi riuscì a indagare gli aspetti profondi dell’animo umano. Géricault studiò all’Ecole des Beaux Arts e negli anni della formazione si dedicò al rifacimento di capolavori del passato e a studi di cavalli, sua grande passione e soggetto ricorrente nelle sue tele. 42


ANALISI DEL SOGGETTO Analisi iconografica: La litografia rappresenta uno scontro tra un mamelucco francese e un cosacco russo, il quale si tiene appoggiato ad un cavallo. In secondo piano si notano altri cavalieri in sella ai loro cavalli. Sia la figura dell’animale che quella dei combattenti sono fortemente realistiche. Analisi iconologica: La scena appare la rappresentazione simbolica della violenza suscitata dalle guerre napoleoniche, espressa con forte pathos romantico. ANALISI STILISTICA A livello geometrico la scena centrale appare inscritta in una composizione piramidale, schema di derivazione neoclassica ricorrente nell’artista (es: La Zattera della Medusa). Dal punto di vista coloristico e luministico, la stampa presenta ricchi e morbidi valori chiaroscurali, che dimostrano la competenza disegnativa accademica dell’autore, di ascendenza dunque neoclassica.

43


EUGÉNE DELACROIX (BLASIGH AURORA) Ritratto di Frédéric Villot, 1832 Olio su tela

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Eugéne Delacroix (Charenton-Saint-Maurice,1798 – Parigi, 1863), è stato un artista e pittore francese, considerato il principale esponente del movimento romantico del suo paese. Del Romanticismo Delacroix incarnò la passione per l'esotismo, lo slancio creativo, la forte fascinazione per le sublimi forze della natura e le loro manifestazioni spesso violente, la rivalutazione del Medioevo. ANALISI DEL SOGGETTO Analisi iconografica: Il personaggio ritratto è Fréderic Villot, amico dell'artista e lui stesso pittore e curatore del Louvre a Parigi. Il soggetto è seduto su un divanetto, ha la testa inclinata e leggermente di profilo, uno sguardo intenso, diretto verso l'osservatore. La manica della giacca è strappata, forse in seguito alla sua attività di incisore e/o restauratore, e lascia intravedere sprezzantemente la camicia e la pelle sottostante. La giacca scura, così come 44


lo sfondo, mette in risalto il volto pallido e le guance rosee di Villot. Tra le mani tiene un fazzoletto di stoffa rosso inoltre nella mano destra indossa una fede, del resto anche la sua sposa venne ritratta da Delacroix. La postura di Villot è solo apparentemente calma mentre gli occhi e la loro espressione intensa esprimono un pathos romantico. ANALISI STILISTICA Le pennellate veloci e corpose che animano il ritratto rendono innovativo e moderno il dipinto, nonostante il taglio abbastanza convenzionale. Il rosso del fazzoletto, della bocca e dei riflessi venosi che rilucono nelle guance, nell’orecchio, sulle mani e sul braccio scoperto dallo strappo accendono e dinamizzano coloristicamente la tavolozza basata sui toni freddi dei verdi, dei grigi e dei bruni.

45


CLAUDE MONET (BORIN ANNA) Due donne tra i fiori, 1875 Olio su tela

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Claude Monet nacque a Parigi nel 1840 e morì a Giverny nel 1926. Fu uno dei maggiori esponenti dell’Impressionismo, movimento pittorico sviluppatosi in Francia nella seconda metà dell’Ottocento e reso pubblico in una serie di 8 mostre tra il 1874 e il 1886. Il termine fu coniato dalla critica irridendo il suo dipinto del 1872 dal titolo Impression: soleil levant, in occasione della prima mostra tenutasi nello studio del fotografo Nadar a Parigi. Monet nelle sue opere rappresentava la vita quotidiana, il paesaggio e la natura. Egli dipingeva all’aperto (en plein air), potendo così cogliere le sottili sfumature che la luce generava su ogni particolare. Il valore unificatore nella luce pervade nelle sue opere tutta l’immagine attraverso l’uso di colori complementari, per l’ottenimento della massima luminosità, la rinuncia al chiaroscuro e alle ombre. Le pennellate sono fluide, brevi ed estese a tutta la superficie del dipinto. Vi è assenza del disegno preparatorio: egli iniziava subito con il colore. Il nero è bandito, sia come contorno, sia come colore in quanto equivalente all’assenza di luce. Vi è spesso l’influsso del “taglio fotografico”, 46


cioè di una inquadratura compositiva che non compone l’intera figura o gruppo di figure entro i contorni del supporto ma ne consente il taglio alla stregua di un’inquadratura fotografica. ANALISI DEL SOGGETTO Nel dipinto è rappresentato un cespuglio fiorito in cui diventano parte integrante anche due donne: sua moglie Camille e la sua amica. La donna a sinistra è intenta a raccogliere i fiori e le sue braccia si perdono tra essi; della donna a destra riusciamo a vedere solo il volto, rivolto verso i fiori. ANALISI STILISTICA L’occasione iconografica è ideale per un esercizio sulla restituzione delle sfumature generate dalla luce, accese al massimo attraverso la giustapposizione di colori complementari. Il dipinto è strutturato secondo una composizione geometrica: un cerchio ideale con al suo interno i fiori e ai margini, con andamento quasi centrifugo, le due figure. I colori utilizzati per illuminarlo sono giustapposizioni di complementari: le rose rosse con il fogliame verde ed i gladioli gialli con le foglie blu/viola. La luce, che colpisce il giardino fiorito con tutti i suoi riverberi colorati, è infatti il vero soggetto del dipinto. TECNICA Il colore è steso direttamente sulla tela senza disegno preparatorio, con

pennellate brevi e veloci.OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA La visione dal vivo dell’opera ha evidenziato come i colori siano più realistici, naturali e stesi con pennellate cariche di colore. Le due figure sembrano ancora più immerse nei fiori e nella vegetazione circostante. Vedendo il dipinto dal vivo sono riuscita a notare meglio la composizione geometrica del cerchio ideale che racchiude al suo interno i fiori e ai margini le due donne.

47


PIERRE-AUGUSTE RENOIR (BROLLO VALENTINA) Gli amanti, 1875 Olio su tela, 120x130 cm

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Pierre Auguste Renoir (1841-1919) è uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo, alla cui poetica rimase fedele per tutta la vita, guadagnandosi l’appellativo di “pittore della gioia di vivere”. Nella sua pittura troviamo tutte le caratteristiche tipiche degli impressionisti: la rappresentazione della vita moderna (delle città e del paesaggio); soggetti dipinti all'aperto (en plein air). La luce assume un ruolo centrale; le pennellate sono fluide e vengono utilizzati colori puri e accostati colori complementari per ottenere la massima luminosità; le ombre non sono più nere ma anch'esse vengono rese per mescolanza dei complementari. Il pittore inizia il lavoro subito con la stesura del colore; vi è una rottura dello spazio prospettico geometricamente determinato e vi è un influsso del “taglio fotografico”. Renoir e gli impressionisti hanno come unico obiettivo la resa della pura “impressione” 48


che verrà criticata e accusata di superficialità da coloro che se ne allontaneranno come Cézanne, Gauguin e Van Gogh. Rispetto a quelle di Monet le opere di Renoir sono più dettagliate e ricche di particolari, prevalendo in esse il gusto aneddotico. ANALISI DEL SOGGETTO Tra i soggetti preferiti da Renoir vi sono le scene intimistiche. Questo quadro, infatti, rappresenta due innamorati seduti all’aperto in un parco; l’intesa dei due personaggi si può cogliere dallo sguardo dell’uomo e dalla sua pozione (leggermente ricurva e abbassata, quasi in un abbraccio) verso la donna. Per la realizzazione di questo quadro sono stati impiegati come modelli l’attrice Henriette Henriot e il pittore Franc-Lamy. ANALISI STILISTICA Lo stile è impressionista, come si percepisce dall’accurata ricerca di una profonda fusione luminosa e cromatica tra le figure e la natura che le circonda, nonostante la struttura geometrica della composizione impostata sulla piramide che inquadra le figure dei due innamorati. Le ombre, come in tutti i dipinti impressionisti, non sono rese in nero o marrone, bensì corrispondono al colore riflesso dagli oggetti che le circondano. Le pennellate sono brevi e veloci, a rendere la volatilità dell’impressione retinica. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

La visione dal vivo dell’opera ha evidenziato la capacità di Renoir di fondere le due figure con la natura circostante. Si è tuttavia notata anche la poca precisione di Renoir nella parte superiore del dipinto a sinistra sia per quanto riguarda la definizione dei particolari sia a livello cromatico.

49


PIERRE-AUGUSTE RENOIR (BRUSSOLO ILENIA) Venere, 1891 Incisione su carta, 19,5x10,5 cm

SCHEDA DI LETTURA ANALISI DEL SOGGETTO Analisi iconografica: il disegno rappresenta Venere, intesa come unico accompagnamento visivo all'edizione bibliografia dell'antologia di Mallarmé di Peges. Renoir delinea la figura di una donna in piedi nuda e delineata da morbide curve. Il volto non presenta una decisa caratterizzazione; l'espressione risulta dolce e tranquilla grazie al lieve sorriso che trapela dalle labbra e che fa incurvare gli occhi e il viso verso l'alto. Non vi è traccia di ciò che sta alle spalle della Venere, Renoir ha solo abbozzato una linea orizzontale leggermente curvata che indica il terreno. Analisi iconologica: Renoir indica la donna come Venere, intesa come modello ideale di bellezza e già raffigurato innumerevoli volte dagli artisti di tutte le età. ANALISI STILISTICA Lo stile di questo lavoro si discosta da quello più noto delle opere pittoriche. Del resto egli aveva appreso la tecnica tradizionale del disegno ancora in età giovanile. La figura, delineata con un contorno continuo netto e deciso, tratteggiato solo nell’area della folta chioma, non presenta né sfumature chiaroscurali né aggiunte di colore: la sagoma appare dunque piatta e priva di dinamismo e profondità. 50


PAUL CÉZANNE (CIPRIANI LAURA) La casa ad Aix, 1885-1887 Olio su tela, 60x73 cm

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Cézanne è un artista postimpressionista francese. Alla base della sua ricerca c’è la predilezione per la pittura en plein air, iniziata con l’Impressionismo, dove l’artista dipinge direttamente ciò che si presenta davanti ai suoi occhi. Nato nel 1839, si era infatti trasferito a Parigi per dedicarsi alla pittura entrando in contatto con un gruppo di pittori che successivamente prenderanno il nome di Impressionisti. Fu già tra gli espositori della prima mostra del 1874, con l’opera del 1872 La casa dell’impiccato, nella quale già emerge una solidità costruttiva scarsamente legata alla “prima impressione” che lo differenzia dagli altri esponenti del gruppo. Mentre Monet e Renoir erano interessati solo ai fenomeni percettivi della luce e del colore, Cezanne cerca infatti di sintetizzare nella sua pittura anche i fenomeni della interpretazione razionale che portano a riconoscere le forme e lo spazio. Negli anni successivi porta avanti una ricerca ancora più minuziosa delle singole sfaccettature della natura. A partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento il gusto artistico dell’artista portò ad un distacco dalla corrente dell’Impressionismo e dalla sua visione fuggevole della realtà. Mantenne sempre comunque l’utilizzo della tecnica pittorica en plein air e la ricerca della 51


massima luminosità dei colori. Cézanne ricercò sempre nelle sue opere le strutture geometriche e razionali nella realtà, aspetto che sarà approfondito dalle future correnti avanguardiste dell’Astrattismo e del Cubismo. Vengono spesso scomposti, inoltre, i vari piani delle figure, al fine di un maggiore effetto di profondità del reale, tanto che essi vengono talora paradossalmente ribaltati o fatti scivolare, trasgredendo le corrette regole prospettiche. L’autore spesso lasciò nelle sue opere più tarde delle chiazze di tela intonse, senza alcuna passata di colore, per dare la sensazione della luce che filtrava e di una tela che somigliasse quasi ad una membrana traspirante. ANALISI DEL SOGGETTO Analisi iconografica: il soggetto del quadro è un casolare del diciottesimo secolo situato in Aix-en-Provence, dove l’autore ha passato gran parte della sua vita. Come per altri dipinti paesaggistici di Cézanne, non vi è presente alcuna figura umana. ANALISI STILISTICA Gli edifici dipinti sono ridotti a delle semplice figure geometriche: Cézanne non è interessato a cogliere la mera luce, ma la tridimensionalità delle figure che gli si pongono davanti agli occhi. Il volume definito delle abitazioni contrasta con la rappresentazione della vegetazione, rappresentata in maniera meno definita, ridotta a macchie di colore e luce. I colori utilizzati sono molto pochi, ma vengono utilizzati in tutte le loro sfumature. In particolare i colori utilizzati per rappresentare un posto della sua infanzia non sono accesi, vivaci ma tendono ad una tenui tonalità pastello. La luce non è naturale, in quanto non ci sono delle vere e proprie zone d’ombra. Anzi sembra quasi che edifici e vegetazione abbiano luce propria, splendente in una dimensione temporale di immobile durata. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA Vedendo l’opera dal vivo si nota maggiormente il contrasto tra gli edifici, ben definiti, e la vegetazione ridotta a macchie di colore. Questo contrasto dà maggiore importanza agli edifici, nei quali Cézanne si concentra per rendere la loro tridimensionalità, facendoli emergere dalla tela con plasticità. Inoltre, la tavolozza di colori tenui utilizzata dal pittore trasmette tranquillità e serenità, ricordando gli anni d’infanzia passati in quella cittadina francese. 52


PAUL CÉZANNE (DE CARLI ROBERT) Ritratto di Joachim Gasquet, 1897. Olio su tela

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografia: L’opera ritrae Joachim Gasquet (1873-1921), scrittore, poeta e critico d’arte. Il suo primo incontro con Cézanne avvenne nel 1896 e la frequentazione con il pittore si protrasse per circa un decennio. Alcuni anni dopo la morte di Cézanne, avvenuta nel 1906, Gasquet decise di scrivere un libro per ricordare il grande maestro. STILE La composizione è strutturata su una diagonale, che conferisce dinamismo al dipinto. Lo sfondo ritrae il motivo della decorazione parietale i cui colori, giocati tra la gamma dei complementari blu e arancio, con le tonalità intermedie, riprendono quelli del vestito del poeta e dei riflessi del suo volto. Analogamente ad un’altro ritratto cézanniano (Ritratto di Ambroise Vollard, 1899), la caratteristica principale del dipinto sono le stesure trasparenti, quasi delle velature. La plasticità è ottenuta attraverso un modellato chiaroscurale che riguarda i singoli piani, senza un gioco impressionista di riflessi cromatici. Gli spazi bianchi intonsi sono intenzionali e, oltre a trasmettere alla tela una grande freschezza, contribuiscono a suggerire la sensazione di uno spazialità ariosa. 53


VINCENT VAN GOGH (DRIUSSO AURORA) Campo verde, 1889 Olio su tela, 73,5x92,5 cm

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Vincent Van Gogh (1853 - 1890) venne influenzato dalla corrente pittorica dell’Impressionismo nel periodo del suo arrivo a Parigi nel 1886, ma ben presto giunse al superamento di essa e all’elaborazione di una personale visione dell’arte, antesignana della violenza emotiva del futuro Espressionismo. SOGGETTO Analisi iconografica. L’autore dipinse quest’opera intorno al 1889, anno fondamentale del soggiorno provenzale ad Arles, in cui scoprì i caldi colori del Sud ma anche periodo di lavoro frenetico nel quale i suoi disturbi psicologici si manifestarono nel modo più drammatico. Il paesaggio ritrae proprio un campo della campagna di Arles in estate, quando il grano è ancora fresco e germoglioso, verde nello stelo ma punteggiato dall’oro delle spighe già mature. La parte in primo piano si presenta più scura rispetto al retrostante centro del campo. Sullo sfondo possiamo vedere un solitario cipresso e una casa rurale. 54


Analisi stilistica. L’animo tormentato di Van Gogh si riflette nel tratto del suo pennello, sempre mosso, ondulato, molto marcato in alcuni punti e sottilissimo in altri. Durante questo periodo il pittore si pose come obiettivo il raggiungimento di una maggiore “astrazione formale” (sostituzione di alcune forme con un concetto che le racchiuda tutte) e per farlo si ispirò allo stile “cloisonné” dell’amico Gauguin, da sempre uno dei suoi punti di riferimento (è di questo suo stesso anno il soggiorno arlesiano di Gauguin nella “casa gialla”, burrascosamente terminato in seguito ad un violento litigio tra i due artisti). I colori utilizzati, densi e pastosi, contribuiscono a definire spazio e movimento attraverso le traiettorie curve delle pennellate. Le pennellate che vanno in ogni direzione conferiscono infatti dinamicità al dipinto e la superficie della tela risulta quasi in rilievo e rugosa. Van Gogh non utilizza il colore con finalità riproduttiva del vero, ovvero mimetica, ma come un mezzo per esprimere emozioni che vanno al di là della sua verosimiglianza: ecco perché la tavolozza dei blu, dei verdi e dei gialli che descrive il campo giunge ad invadere anche la parte alta del dipinto. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

La visione dal vivo dell’opera ha evidenziato una notevole rugositá della superficie, data da pennellate ricche di colore. Inoltre è molto visibile l’utilizzo dei colori complementari, ad esempio nell’angolo in basso a sinistra notiamo come le ombre del verde scuro siano create con pennellate blu violetto. Allo stesso modo il cielo e le nuvole presentano linee gialle e verdognole. Nella casa convivono verdi e azzurri.

55


PAUL GAUGUIN (FALCOMER GIULIA) Buongiorno, Signor Gauguin, 1889 Olio su tela, 93x74 cm

SCHEDA DI LETTURA Paul Gauguin è stato uno dei pittori francesi protagonisti della fase artistica del Postimpressionismo. La sua pittura riprende le principali correnti di fine secolo, partendo dall’Impressionismo per poi superarlo, cercando qualcosa di più intenso sul piano espressivo. La sua biografia è indissolubilmente legata alla sua poetica. Paul Gauguin nasce a Parigi nel 1848. La sua infanzia è definita da lui stesso come “esotica” poiché caratterizzata sin da subito da viaggi verso civiltà lontane. Questo aggettivo caratterizzò la sua intera vita, e sommandosi alla sua esistenza ribelle irrequieta e avventurosa, influenzò in particolare il suo stile. Dopo aver trascorso infatti l’infanzia in Perù, all’età di diciassette anni entrò a far parte della marina francese e compì dei viaggi verso il Brasile. A ventitrè anni lasciò la marina e si sposò, trovando una certa stabilità. E’ in questo periodo che cominciò a dedicarsi all’arte, dapprima come autodidatta e successivamente sotto la guida dell’impressionista Camille Pisarro. A Parigi dal 1871 trascorse dunque il periodo più felice e stabile della sua vita, iniziando anche a collezionare quadri e a dipingere, esponendo anche delle sue opere 56


che gli impressionisti tennero dal 1879 al 1886. Si creò poi una situazione di crisi economica per il pittore e la sua famiglia a causa della crisi nella ditta in cui lavorava ed egli decise di dedicarsi a tempo pieno alla pittura. Nel 1885 si trasferì a Pont-Aven in Bretagna, dove divenne il capofila di una nuova corrente artistica, da egli definita “sintetista”, ispirata alla sintesi formale delle antiche vetrate gotiche ed agli smalti cloisonné medievali, che raccoglievano campiture di colori puri e uniformi entro alveoli contornati da un netto segno nero. Nel 1888 trascorse un periodo ad Arles, dove ebbe l’occasione di conoscere e dipingere con Van Gogh. Nel 1895 si trasferì nei mari del Sud, e non fece più ritorno in Francia. Morì nel 1903 nelle Isole Marchesi. Egli incarna dunque l’artista che vuole evadere dalla società occidentale e dai suoi problemi, per ritrovare un mondo più puro ed incontaminato, ingenuo rispetto alla civiltà artistica proposta dagli ambiti accademici. La sua poetica si può pertanto riassumere nei seguenti punti: -primitivismo (ricerca delle culture primitive, non contaminate dalla cultura occidentale); -esotismo (ricerca di temi e valori delle culture distanti da quelle occidentali, siano esse quella bretone o quella polinesiana); -sintetismo: tendenza a contrarre e a sintetizzare le forme, come nella pittura dei bambini, delle culture primitive o nell’arte medievale; -cloisonnisme: tendenza a chiudere la forma entro un forte contorno nero, così come avveniva nella tecnica medievale degli smalti cloisonné. SOGGETTO Analisi Iconografica. L’opera fu realizzata da Gauguin nell’autunno del 1889, durante il primo periodo di attività dopo il crollo finanziario, presso La Pouldu in Bretagna. L’artista si ispirò probabilmente al dipinto di Courbet, Buongiorno, Signor Courbet. Gauguin rappresenta se stesso frontalmente, al ritorno dal lavoro, con indosso un pesante cappotto ed un basco calato sul viso. Con le mani nelle tasche del cappotto sembra soffrire il freddo. Alla sua destra, è accompagnato da un cagnolino (posizionato come nel quadro di Courbet). Oltre lo steccato è rappresentata una donna di spalle, che lo saluta. Tutto intorno si erge un paesaggio ricco di piante e cespugli, con alberi spogli; un cielo scuro, notturno e, in lontananza sulla sinistra, una casetta bianca. Analisi Iconologica. Il freddo apparente rimanda alla grave situazione in campo finanziario attraversata all’epoca da Gauguin. Anche se non appaiono simboli allegorici, il paesaggio e i ritratti rimandano ad una lettura in chiave psicologica ed emotiva. STILE La struttura compositiva è organizzata per fasce orizzontali che si succedono verso l’orizzonte. Lo stile dell’opera è sintetista, intendendo con questo termine la tendenza a semplificare e sintetizzare le forme, chiuse da un contorno nero. 57


La pittura è priva di costruzioni complesse e la prospettiva geometrica e la plasticità chiaroscurali sono assenti. La profondità è determinata solo dalla sovrapposizione delle figure rispetto ai piani in cui sono collocate. Gauguin utilizza larghe macchie di colore, molte delle quali sono delimitate da una linea nera di contorno, soprattutto nei due personaggi rappresentati; utilizza inoltre brevi segni verticali paralleli nelle zone verdi in primo piano. Il colore è steso con campiture bidimensionali a pennellate sovrapposte. I colori sono vividi e saturi, privi di gradazione di tono. Per costruire la scena sono stati utilizzati contrasti di luminosità e toni.

58


PAUL GAUGUIN (FRANCESCHI MATILDE) Amate e sarete felici, 1898 Matrice xilografica, 27,8x15,9 cm.

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografico/iconologica: La collezione di 14 bassorilievi cui appartiene questa matrice xilografica proviene dalla tenuta di Milano Rastislav Štefánik, che scoprì il portfolio durante i suoi viaggi in Polinesia nel 1910. La lavorazione del legno fu uno dei modi con cui Gauguin esplorò il mondo degli indigeni abitanti dell'Oceania che stava scomparendo a causa dell'influenza della civiltà occidentale. Questo mezzo artistico ha dato all'artista nuove possibilità di esprimere il suo senso della decorazione orientato verso l'espressione di un contenuto spirituale, il cui concetto era spesso accompagnato da una sceneggiatura. Soyez amoureuses vous serez heureuses è uno dei quattordici blocchi di legno del 1898-1899, le cui impressioni Gauguin ha inviato al mercante d'arte Ambroise Vollard a Parigi nel 1900. L'oggetto di questa stampa è una reminiscenza dell'omonimo pannello in rilievo creato durante il suo soggiorno a Pont-Aven (1889). Vi campeggia una figura rannicchiata di vecchia, interpretabile come il punto chiave della parabola fatidica della vita tra la nascita e la morte, della cui drammatica urgenza Gauguin era intensamente consapevole negli ultimi anni della sua vita. L’autore aveva analizzato già questo tema nel noto dipinto del 1897, parimenti misterioso e ancora non pienamente interpretato: “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. 59


STILE Attraverso la lavorazione del legno l’autore esplora nel profondo il mondo indigeno, minacciato dall’occidentalizzazione. La vicinanza a questo materiale primitivo e necessario ha aiutato Gauguin ad esprimersi simbolicamente attraverso modalità e sensazioni esotiche lontane ed inesplorate. La linea che contorna le figure è prevalentemente curva. Sotto si pubblica la stampa xilografica finale a due colori (conservata a Zurigo) con il forte contrasto dato dalle parti scure (in rilievo nel legno) con quelle bianche (in incavo nel legno).

OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

L’opera non è attualmente esposta. Visibile nella sezione dedicata all’arte ceca risulta tuttavia Fuga del 1902 (73x93 cm). Quest’opera presenta alcuni dei principali punti della poetica dell’autore. Il soggetto è esotico: la donna è nuda ed è abbracciata da un uomo dai lunghi capelli scuri. Egli potrebbe essere una trasfigurazione di Gauguin stesso (sappiamo che ebbe diverse relazioni con ragazze indigene molto giovani). 60


I due sono immersi in un paesaggio che, se visto con lo sguardo di un “cittadino occidentale” potrebbe apparire surreale a causa dei suoi colori sgargianti. Questi sono prevalentemente caldi, ad eccezione del blu, utilizzato per il cielo, complementare dell’arancio con cui sono stati dipinti alcuni tratti della pelle dei soggetti e la veste del ragazzo. Il primitivismo emerge sia nella nudità della ragazza, sia nel paesaggio: una vegetazione selvaggia e lontana. Il ramo di fico in diagonale è un ricordo delle amate stampe giapponesi e, al contempo, una rilettura moderna del tema del “peccato originale”. A causa della lontananza dei luoghi esotici in cui si rifugiava per sfuggire alla civilizzazione occidentale gli risultava difficile reperire i colori, egli era solito diluirli molto sulla tela per evitare di finirli subito. In quest’opera tuttavia, ciò non accade e il colore risulta ancora pastoso e brillante. Da notare che gli allestitori della mostra hanno accostato a quest’opera un ritratto di Matisse, descritto nella prossima scheda, il cui sfondo si accompagna perfettamente con il tono di rosa acceso nella parte inferiore destra della composizione. Il parallelo non è solo coloristico, ma anche stilistico, considerato che Gauguin fu uno dei principali riferimenti poetici del pittore fauve per la sua aspirazione alla libertà e per il carattere emotivo-simbolico della sua pittura.

61


ALPHONSE MUCHA (LAZZARI FEDERICA) Donna seduta (studio per un poster), 1897 Matita, pastelli e guache su carta, 49,6 x 43,7 cm

SCHEDA DI LETTURA POETICA E CONTESTO STORICO Alphonse Maria Mucha (1860-1939) fu un famoso pittore e scultore rappresentante dell’Art Nouveau. Nato a Ivančice, in Moravia, si mantenne agli studi fino al liceo. Fin da piccolo fu affascinato dal disegno. In Moravia lavorò come pittore decoratore principalmente per scenografie teatrali. Nel 1879 si trasferì a Vienna, dove lavorò per un’importante compagnia teatrale. Quando nel 1881 un incendio distrusse i suoi strumenti da lavoro, Alfons ritornò in Moravia, dove svolse in proprio l’attività di decoratore e di ritrattista. È allora che il conte Karl Khuen Belasi di Mikulov si interessò al suo lavoro e lo assunse per decorare con degli affreschi i suoi castelli di Emmahof e di Gandegg. Grazie 62


al sostegno economico del conte Mucha potrà iscriversi all’Accademia delle belle arti di Monaco di Baviera. Mucha si trasferì poi a Parigi, dove continuò i suoi studi presso l’Académie Julian e presso l’Academie Colarossi, divenendo uno dei più accreditati pittori dell’Art Nouveau. Venne anche a contatto con la Massoneria parigina, che influenzerà parecchio il suo stile pittorico. Nel 1894 venne incaricato di realizzare un poster per pubblicizzare Gismonda, un’opera teatrale di Victor Sardou con protagonista Sarah Bernhardt. Dal 1906 al 1910 visse negli Stati Uniti; ritornato poi in Europa si stabilì a Praga dove curò le decorazioni del Teatro delle Belle Arti e di altri importanti palazzi praghesi. La produzione di Mucha comprende pannelli decorativi, cartelloni pubblicitari, manifesti teatrali, copertine per riviste, calendari, illustrazioni librarie. Nei suoi poster le figure femminili sono in abiti dal taglio neoclassico, fortemente sensuali e cariche di erotismo, circondate da motivi floreali che formano cornici geometriche attorno alla figura. Creò anche molti disegni a tema strettamente massonico, comprese patenti, carte intestate e medaglie. Per molti anni nella maturità si dedicò a quello che è considerato il suo capolavoro, l’Epopea slava, una serie di grandi dipinti che descrivono la storia del popolo slavo, ciclo completato e presentato a Praga nel 1928. Egli sognava uno Stato slavo libero, libero dagli Asburgo, libero dal colonialismo sfruttatore dei governi stranieri e soprattutto libero di prendere forze, energie e solidarietà da sé stesso, dalle proprie tradizioni e dalla propria identità. SOGGETTO Analisi iconografica: il disegno è uno studio per la pubblicità di una marca di sigarette, le sigarette Job. Mucha rappresenta un’affascinante donna seduta con le gambe accavallate e le mani languidamente incrociate. Si appoggia su morbidi cuscini e veste un abito di gusto medievale, coperto nella parte alta da una pellegrina dall’alto collo che sale a incorniciare il mento. Lo sguardo intenso della donna è rivolto all’osservatore e sembra guardarlo dall’alto verso il basso. E’ seduta su una poltroncina di legno di ascendenza neoclassica con protomi leonine ai terminali dei braccioli. STILE La composizione è risolta entro il motivo di un cerchio, entro il quale è inscritta la figura femminile, seduta sulla poltroncina. La struttura semicircolare di quest’ultima si ripercuote sugli anelli di bronzo addentati dalle protomi leonine ai terminali dei braccioli. L’occhio dell’osservatore scivola lungo la linea ad “s” creata dal gioco delle braccia, dei braccioli e della veste.

63


ALPHONSE MUCHA (MIATTO CHIARA) SCHEDA DI LETTURA COMPARATA Assenzio, 1902

Assenzio, 1902

Pastello su carta, 47,5x53 cm

Affiche

SOGGETTO

SOGGETTO

Analisi iconografica: il disegno fa parte di una serie disegnata per illustrare la lotta dell'Uomo per l'illuminazione morale, intitolata La feccia della società. Si vede una donna abbandonata con i gomiti sul tavolo, le gambe accoccolate su di un cuscino, la bocca aperta. Non sembra vigile. I tratti del corpo sono sommariamente abbozzati ma il suo volto e il suo corpo non sono certamente un modello di bellezza e grazia.

Analisi iconografica: questo fu uno dei primi manifesti verticali realizzati dall’artista e rappresenta una donna coperta da un telo semitrasparente, i capelli raccolti e le braccia (una tesa e una piegata) tengono alzato un bicchiere di assenzio (da qui il titolo del manifesto). Il volto è di profilo e lo sguardo è rivolto al bicchiere. Lo sfondo è di colore verde-azzurro per ricordare il colore dell’assenzio. L’opera infatti pubblicizza l’assenzio, nella fattispecie della marca Robette, chiamato anche Fata Verde, bevanda Analisi iconologica: in questa famosa tra gli ‘artisti maledetti’ immagine l'artista denuncia la (Simbolisti) che lo bevevano spesso moralità degradata dell'umanità e le prima di produrre le loro opere poiché passioni sfrenate che alla fine portano erano convinti che l’allentamento a crimini e guerre. Come massone, 64


Mucha ha usato la popolarità delle sue opere per diffondere i suoi ideali di restaurazione di una umanità spirituale nella mente e nel cuore delle persone.

della coscienza favorisse l’emergere della migliore ispirazione inconscia.

STILE L’espressività del disegno è ottenuta con un segno istintivo e sommario, che traccia a carboncino i contorni principali della figura e li illumina, quasi facendo riferimento agli effetti allucinatori propri della bevanda, con tocchi di pastello azzurro e giallo.

STILE La composizione dell’opera è asimmetrica, la figura di tre quarti è debitrice del taglio fotografico. La diagonale, formata da braccio alzato, attira l’attenzione di chi guarda e porta l’occhio di quest’ultimo sul bicchiere (dinamismo percettivo). Sullo sfondo ci sono dei motivi come formati dal fumo (che ricorda lo stato di incoscienza prodotto dall’assenzio) che divengono pura decorazione (quasi una tappezzeria). Il loro andamento sinuoso e serpentiforme trova una amplificazione nei riccioli della capigliatura della donna e nell’andamento dell’incavo reni/addome. Questa, pervasa fisicamente dalla medesima frenesia, sembra voler assaporare la bevanda che, grazie al gioco di colori, appare luminosa e frizzante. Il suo volto è inscritto in un motivo circolare sul quale vengono disposti i caratteri della réclame.

OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA Le opere non sono attualmente esposte. Nella sezione relativa all’arte ceca è tuttavia esposta l’opera, databile agli anni ‘10 del Novecento, dal titolo Amore ceco. L’opera rappresenta una donna che abbraccia un bambino: la donna è vestita con una tunica lunga che sembra confondersi con lo sfondo (evidente nell’angolo in basso a sinistra); il bambino invece è nudo. I contorni risultano ben definiti e non frutto di un segno istintivo come nell’opera Assenzio (pastello su tela). Anche in quest’opera il colore principale è il grigio che 65


trasmette all’osservatore un senso di tristezza. Emerge così uno degli stati d’animo dell’ artista: Mucha sognava l’indipendenza della Repubblica ceca dal potere degli Asburgo.

Con l’opera Assenzio (pastello su tela) l’artista voleva comunicare i suoi ideali di restaurazione di una moralità spirituale nella mente e nel cuore delle persone, mentre nell’opera Amore ceco l’artista rappresenta la sua patria come una donna che abbraccia la sua popolazione (rappresentata dal bambino). Mucha vuole rendere evidente a tutti la situazione di povertà della sua popolazione, per questo non dipinge alcun vestito al bambino. Inoltre l’artista mette in evidenza la magrezza e la disperazione del bambino per rappresentare la crisi e la stanchezza del popolo ceco. Al tempo stesso, in quell’abbraccio, Mucha lancia un segnale di speranza e solidarietà. L’opera dal vivo porta l’osservatore in un piano indefinito prodotto dai colori del vestito della donna che si confondono con lo sfondo rendendoli quasi un tutt'uno. L’osservatore a questo punto si sente spaesato e porta l’attenzione nel volto rassicurante della donna. Da quel volto l’osservatore intravvede l’amore incondizionato di una madre per il proprio figlio e si sente rassicurato.

66


ALPHONSE MUCHA (MAROTTA MATTIA) Ritratto di Josephine Crane-Bradley come Slavia, 1908. Olio su tela, 154x92,5 cm.

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: l'opera fu realizzata durante soggiorno negli Stati Uniti su richiesta del padre della ragazza, Charles R. Crane, che era amico dell'artista e suo benefattore (fu egli a finanziare la realizzazione della Epopea slava). Il ritratto è stato ordinato per il matrimonio della figlia di Crane con Harold C. Bradley, professore di biochimica presso l'Università del Wisconsin. Mucha

67


raffigura Josephine come la personificazione di Slavia; il ritratto venne poi utilizzato come manifesto per una compagnia di assicurazioni slava. La fanciulla, vestita con una tunica bianca, porta i capelli adorni di edera e annodati con innumerevoli lunghi nastri; alla sua destra e alla sua sinistra sono posti due pavoni; tiene in grembo una spada sulla cui lama tubano due uccellini mentre e con una mano mostra un cerchio; su un ramo di un albero è appostato un rapace. STILE Lo stile che Alfons Maria Mucha usa è inconfondibilmente Art Nouveau, soprattutto nei motivi floreali che formano una cornice ai margini della tela e nella ripetizione concentrica del motivo circolare, a partire dal cerchio tenuto in mano dalla giovane fino al motivo astrale sullo sfondo decorato geometricamente. Alla bidimensionalità dello sfondo si contrappone il forte realismo volumetrico del rapace e il realismo del volto della figura femminile.

68


ALPHONSE MUCHA (RUZZA FRANCESCO) Vetrata per la Cattedrale di San Vito, 1931

69


SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: nell’ottica dell’impegno patriottico di Mucha si colloca la vetrata della cattedrale di San Vito commissionatagli nel 1931, raffigurante 10 episodi della vita di San Cirillo e San Metodio. San Cirillo e il Metodio erano due fratelli cristiani bizantini che arrivarono nella nazione slava e inventarono l'alfabeto glagolitico, il primo alfabeto usato per trascrivere la Bibbia così che il popolo di Boemia potesse leggerlo. Anche dopo la loro morte, i loro alunni hanno continuato la loro missione e sono stati determinanti nella creazione del mondo cristiano nella Repubblica ceca. San Cirillo è rappresentato nel pannello centrale a sinistra in possesso di una grande Bibbia rilegata. Sulla destra si vede battezzare i pagani con l'acqua santa. Sotto di loro c'è una vecchia donna, questa è Santa Ludmilla con suo nipote, San Venceslao. Nei pannelli di sinistra e di destra è illustrata la storia del cristianesimo che viene portato al popolo slavo. A sinistra gli amanuensi lavorano instancabilmente per trascrivere la Bibbia. Al centro, nel secondo registro, è rappresentata la personificazione della Slavia, con i medesimi attributi iconografici già riscontrati nell’opera Ritratto di Josephine Crane-Bradley come Slavia, 1908. La scelta del soggetto non fu una iniziativa di Mucha; raramente infatti egli ritrasse soggetti sacri nel corso della sua carriera (era infatti massone e dopo l’iniziazione a Parigi nel 1898 divenne fra i promotori della rinascita della massoneria in Cecoslovacchia ricoprendo anche la carica di Gran Maestro della Gran Loggia Cecoslovacca). STILE E TECNICA La vetrata si discosta dallo stile gotico della cattedrale ma senza stonare. Di quest’ultimo riprende il vitalismo naturalistico. Linee limpide e sinuose tipiche dell’Art Nouveau pervadono il vetro e avvolgono le figure umane, in pieno accordo con lo stile personale dell’artista. Da notare il tunnel di luce creato dai colori, i cui toni diventano più caldi man mano che ci si avvicina al centro della vetrata mentre ai margini estremi dominano i blu più freddi. Diversamente dalle altre vetrate della cattedrale, l’opera di Mucha non è realizzata secondo l’antica tecnica della grisaille che prevedeva l’incisione di una vernice nera stesa sopra il vetro colorato, ma l’artista ha dipinto un sottile strato di colore sopra il vetro neutro in partenza. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA Nell’istante in cui si valica la porta della navata centrale, l’occhio è inevitabilmente attratto da questa vetrata diversa nello stile e nella resa cromatica rispetto alle altre vetrate della cattedrale. Il sottile strato di colore steso sul vetro lascia trasparire molta più luce in confronto alle vetrate realizzate con la tecnica della grisaille. Inoltre la sinuosità delle linee impedisce allo sguardo di rimanere fisso in un unico punto, facendo rimbalzare l’occhio lungo tutta la vetrata. 70


FRANTIŠEK KUPKA SIMBOLISTA (PIZZOLATO MARGHERITA) Resistenza. L’idolo nero, 1900-1903 Acquatinta, 34,7x34,7 cm

SCHEDA DI LETTURA POETICA DELL’AUTORE E CONTESTO STORICO Frantisek Kupka è un artista collocabile entro la corrente SIMBOLISTA e successivamente entro quella dell’avanguardia ASTRATTISTA. Nato in Boemia nel 1871, dal 1889 al 1892 frequentò l’Accademia di Praga e a quel tempo la sua pittura era a tema storico e patriottico. Finiti gli studi si trasferì a Vienna dove si concentrò su temi allegorici e simbolici. A partire dal 1895 decise di stabilirsi a Parigi dove lavorò come illustratore di libri e manifesti e divenne noto per i suoi disegni satirici per giornali e riviste. Inoltre partecipò attivamente ai dibattiti sociali e venne affascinato dal misticismo e dall’occulto, che lo spinsero a realizzare tele e disegni di genere fantastico con humor nero. Egli criticava una società basata sulla disuguaglianza e condannava i fanatismi religiosi. Attraverso l’allegoria e la derisione cercava di combattere l’ingiustizia, la corruzione e il capitalismo. Kupka arrivò infine all'astrazione dopo un lungo lavoro di ricerca, interessandosi alle teorie 71


scientifiche di Isaac Newton sui movimenti e le rotazioni dei corpi e indagando la metafisica del movimento all’interno del tempo. Dopo la guerra, riprendendo a lavorare su diversi dipinti rimasti incompiuti, continuò la sua ricerca sulla luce e il movimento. Molto ampia è la sua produzione artistica, che solo dopo la seconda guerra mondiale ottenne un certo riconoscimento ufficiale. SOGGETTO Analisi iconografica: Kupka interpretò spesso uno dei temi classici della fine del XIX secolo, la Sfinge, in maniera evocativa e misteriosa. In un ambiente tetro, sinistro, ambiguo e oscuro il soggetto del quadro, la Sfinge, è colossale rispetto al contesto e pare un’ombra minacciosa. Incute timore e suscita fascino al tempo stesso: per questo richiama il concetto romantico di Sublime (e il Simbolismo di inizio secolo recupera, tra gli altri, questo aspetto del Romanticismo). Questo aspetto si può notare anche dai dettagli, come la testa inclinata verso l’alto, gli occhi bianchi e le mani che appaiono come artigli. Analisi iconologica: si tratta di una delle quattro stampe della serie denominata La via del silenzio. Il suo nome allude a La Voix du Silence (1889), un trattato scritto dalla teosofista Helena P. Blavatsky. Le stampe della serie sono una sorta di ricordo visivo dell'uomo moderno in missione, che deve misurarsi non solo con le grandi culture antiche, ma anche con le leggi cosmiche dell'universo. La stampa Resistenza è stata ispirata dal poema di Edgar Allan Poe Dream Land del 1844, che descrive un pellegrino che viaggia attraverso un paesaggio oscuro e desolato, dove l’Idolo, chiamato Notte, si siede eretto su un trono nero. In questo paesaggio selvaggio di acque solitarie e morte il pellegrino trova memorie stratificate del passato. Nel disegno il Signore della terra guarda con sfida fino al cielo, le sue mani sono intrecciate in un gesto di determinazione convulsiva. Nella teosofia Eidolon (che significa "immagine, idolo, apparizione, fantasma" in greco) rappresenta la sembianza astrale della natura umana. STILE Attraverso un chiaroscuro di grande effetto, giocato tra luci e ombre, risalta subito il soggetto del disegno, cioè la Sfinge o Idolo nero. La tecnica incisoria dell’acquatinta ha reso possibile realizzare magistralmente il chiaroscuro, i dettagli come il riflesso dell’acqua e le traiettorie del cielo che convergono verso la Sfinge. La diagonale della strada che si curva in direzione della Sfinge catapulta l’osservatore all’interno dell’immagine come se si trovasse su quello stesso cammino.

72


FRANTIŠEK KUPKA SIMBOLISTA (TURLON LISA) Prometeo blu e rosso, 1909-1910 Acquarello su carta, 32,1x29,3 cm

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: questo dipinto rappresenta Prometeo, eroe del mito greco, in posizione stante, mentre tiene con la mano destra un ramo. La figura è percepita come un insieme di linee raggianti che plasmano la figura in suggerendo la sua natura di divinità solare. L’energia sembra essere emanata anche dalle piante, dal cielo, dalla terra tutta. Queste energie si fondono, creando un peculiare continuum psicofisico organico. Analisi iconologica: per Kupka Prometeo rappresenta la creatività, la libertà e l'ispirazione creativa. Anche se Kupka lavora qui con un evidente motivo figurale, supera infatti la sua fisicità attraverso un sistema di energie emananti dalle piante, dal cielo, dalla terra e dalla figura. STILE La figura di Prometeo e i dettagli stilizzati delle piante indicano che Kupka si 73


rivolse all'arte preclassica per la sua espressione artistica: alle antiche culture di Creta e Micene, all'arte greca del periodo arcaico e all'antica arte etrusca e assira. Kupka struttura il corpo attraverso l’uso dei colori, in particolare sfruttando il contrasto tra i colori completarsi (in particolare arancione e blu) per esprimere l’energia cosmica che pervade tutta l’immagine. Ci vorrà poco per liberare in puro senso energetico le linee e sopprimere la rappresentazione figurativa. Kupka sarà allora passato alla fase dell’Astrattismo.

74


FRANTIŠEK KUPKA ASTRATTISTA (ZANELLI RICCARDO) Amorpha. Fuga in due colori, 1912. Olio su tela, 211x220 cm.

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: l’opera è il risultato della transizione a lungo termine di Kupka dalla pittura figurativa a quella non oggettuale. All'inizio l'artista cercò di catturare il movimento di una palla con la quale recitò la sua figliastra Andrée, ma finì col dipingere le idee astratte del movimento con due colori: rosso e blu. Il termine “fuga” può riferirsi alla musica di Bach e al significato originale della parola (volo), ancora una volta riferendosi al movimento. Il significato storico dell’opera risiede nel fatto che è stata la prima pittura astratta (insieme ad Amorpha: cromatismi caldi) ad essere stata presentata al pubblico al Salon d'Automne di Parigi nel 1912. Se si considera che il primo acquerello astratto di Kandinsky risale al 1910, la data è assolutamente in linea con le coeve ricerche più sperimentali che dalla rappresentazione mimetica della realtà conducono alla creazione di una nuova realtà, non più intesa come “mimesis”, dotata di regole sue proprie. Nella fattispecie di intravvedono delle semplici dinamiche che creano figure geometriche ottenute con linee curve e andamenti circolari ed ellittici. La campitura blu/rossa di parte di queste contribuisce ad occultare le tracce di tali dinamiche e la suggestione di ogni spazialità tridimensionale. 75


Analisi iconologica: non vi è simbologia nel senso tradizionale del termine. STILE La composizione è complessa, basata su andamenti circolari, ellittici e spiraliformi, sbilanciata asimmetricamente. Le linee curve e asimmetriche conferiscono dinamicità al tutto. Le campiture piatte rosse e blu mettono in gioco contrasti di colori puri caldi e freddi che, occultando la tridimensionalità mimetica, fanno divenire percettivamente liquido lo spazio in un gioco di avanzamenti/arretramenti che anticipa la pittura optical e psichedelica della seconda metà del Novecento. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

L’opera non è attualmente visibile. Risulta invece esposta nella sezione dedicata all’arte ceca un’opera astrattista datata 1929. Nonostante l’opera visionata in loco non fosse Amorpha. Fuga in due colori è stato possibile riscontrare degli aspetti comuni alle due opere e alla tematica dell’autore. In Amorpha sono presenti cerchi, linee curve e non ben definite che si ricollegano alla dinamicità, similarmente al quadro analizzato al Veletrzni Palac. L’opera osservata dal vivo presenta infatti delle forme e figure quali: cerchi, quadrati e rettangoli che conferiscono dinamicità e che probabilmente simboleggiano degli ingranaggi. Ciò potrebbe rimandare ad una realtà sempre più alienante e utilitarista che affliggeva la quotidianità della società degli anni ‘20-’30. Legato a questo clima di astrazione dal reale è la nascita di un nuovo stile architettonico, quello razionalista, fondato su concetti di semplicità e di ricerca dell’utile: ad edifici razionalisti/funzionalisti probabilmente alludono i rettangoli verticali nella composizione, suddivisi da una griglia che pare alludere alle vetrate a nastro. Non a caso il dipinto risale allo stesso anno della realizzazione del Veletrzni Palac, edificio razionalista nel quale il dipinto è contenuto. Diversa è tuttavia la tavolozza impiegata, qui molto più cupa e giocata sui toni delle terre e dei bruni. 76


FRANTIŠEK KUPKA ASTRATTISTA (ZANIN LAURA) Primavera cosmica I, 1913-1914

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: František Kupka, uno dei più importanti pittori astratti a livello internazionale, non ha cercato di copiare la natura, ma in un certo senso ha voluto creare la stessa natura. Ha cercato ispirazione in varie forme della natura come cristalli di ghiaccio, boccioli di fiori, vapore gelido, nuvole, flusso d'aria e stelle cadenti. Kupka era affascinato dalle analogie di forma che trovava in vari livelli di microstrutture e macrostrutture: dalle microfotografie delle cellule alle fotografie astronomiche dei pianeti. Possiamo dunque ipotizzare che questa sia stata l’ispirazione per il lavoro. Analisi iconologica: non vi è simbologia nel senso tradizionale del termine. STILE

77


La tendenza geometrica di solo un decennio prima si stempera qui in una trattazione delle forme molto più irregolare, concepite a “macchie di colore” di postimpressionistica memoria ma del tutto lontane da una restituzione di luminosità meramente retinica. La luce sembra scaturire dall’interno del dipinto, quasi un nucleo di energia magmatica in incessante divenire che “muove”, trasformandosi in flutto, tutta l’immagine.

OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA L’opera non è attualmente visibile. Risulta invece esposta nella sezione dedicata all’arte ceca un’opera astrattista datata 1929. Il dipinto sembra rappresentare una città scomposta in rettangoli e quadrati. L’artista, attraverso lo studio delle teorie scientifiche di Newton sui movimenti e le rotazioni dei corpi, utilizza il cerchio per dare dinamicità al dipinto. Inoltre utilizza colori scuri come il nero, scale di grigi e terrosi ed evidenzia i cerchi con il bianco.

78


HENRI MATISSE (GIACOMINI PILON SARA) Joaquine, 1910-11

SCHEDA DI LETTURA POETICA DELL’AUTORE E CONTESTO STORICO Henri Matisse (1869-1954) fu un pittore avanguardista ESPRESSIONISTA, della corrente francese FAUVE. Di formazione accademica, inizialmente dipinse nature morte e paesaggi, secondo la tradizione fiamminga, ottenendo un discreto successo. Successivamente venne introdotto all'Impressionismo e lo stile di Matisse cambiò completamente. Influenzato dai lavori dei postimpressionisti, ma anche dall'arte giapponese, fece del colore l'elemento cruciale dei suoi dipinti. Nel 1898 andò a Londra a studiare i dipinti di William Turner. Matisse fu successivamente riconosciuto come uno dei maggiori esponenti del Fauvismo (da “fauves”, fiere, bestie selvagge), movimento caratterizzato da una pittura dai colori violenti, spesso dissonanti, senza riguardo per il colore naturale del soggetto ma usati in senso emotivo-espressivo. Attorno al 1904 incontrò Pablo Picasso, di cui divenne grande amico, nonché artisticamente rivale, 79


influenzandone la pittura e venendo da questi influenzato. Nel 1917 Matisse si trasferì in Costa Azzurra, in un sobborgo di Nizza. I lavori del decennio seguente questo trasferimento mostrano un rilassamento e un ammorbidimento del suo approccio. Dopo il 1930 un nuovo vigore e una coraggiosa semplificazione appare nel suo lavoro. SOGGETTO L’opera ritrae Joaquina, una ballerina gipsy con capelli neri, alti zigomi e tratti espressivi, incontrata da Matisse a Siviglia. Indossa uno scialle rosso con frange su una camicetta azzurra. Il ritratto a mezzo busto si staglia su uno sfondo arancio. STILE Matisse ritrae la sua modella con forme semplificate e bidimensionali, attraverso l'utilizzo di colori primari e secondari puri, lontani da quelli naturali. La figura è contornata da uno spesso tratto nero, memoria dello stile cloisonné di Gauguin, il che ne acuisce la valenza antinaturalistica.

OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA La visione dal vivo dell'opera ha evidenziato una differente resa dei colori rispetto all'immagine visionata online. Il colore della pelle della donna ritratta sembrava infatti molto tendente al giallo e quindi poco realistico, mentre è risultato più naturale dal vivo. Invece lo sfondo rosato risultava nell'immagine visionata online molto più tenue rispetto a come è dal vivo. Da notare che gli allestitori della mostra hanno accostato quest’opera all’opera di Gauguin Fuga, descritta in una scheda precedente, dove la parte inferiore destra della composizione presenta un analogo sfondo rosa. Il parallelo non è solo coloristico, ma anche stilistico, considerato che Gauguin fu uno dei principali riferimenti poetici di Matisse per la sua aspirazione alla libertà e per il carattere emotivo-simbolico della sua pittura.

80


PABLO PICASSO (TULLIO MARIA) Autoritratto, 1907 Olio su tela, 50x46 cm SCHEDA DI LETTURA

POETICA DELL’AUTORE E CONTESTO STORICO: dal “periodo blu” al “protocubismo” (1907-1910) Pablo Picasso (1881-1973) si può considerare uno dei protagonisti assoluti dell’arte moderna, poiché rivoluzionò il metodo prospettico partendo dall’idea che le immagini visive non rappresentino la realtà ma ne inviino solamente una percezione parziale e ingannevole. Di origine spagnola, intorno al 1904 si stabilì a Parigi, dove iniziò a lavorare per opere proponenti temi di tragiche condizioni umane e sociali; queste opere sono caratterizzate da un disegno stilizzato e da una intonazione monocroma blu in tutte le tonalità e sfumature possibili. Per Picasso il colore blu rappresenta una dimensione mistica e 81


malinconica (periodo blu); in questo periodo l’autore ritrae i poveri, emarginati e i diseredati con sguardo compassionevole, sembra che gli occhi dell’artista siano velati da un cristallo azzurrato e il suo cuore da una perenne malinconia. Dal 1905 la tavolazza di Picasso cambia improvvisamente tono e subentrano le più tiepide gradazioni dei rosa, degli ocra e degli arancio. Inizia così il secondo periodo importante, il cosiddetto “ periodo rosa”. I soggetti di questo periodo sono acrobati, suonatori ambulanti e arlecchini. Gli ultimi mesi del 1906 segnano il cosiddetto periodo africano, nel corso del quale Picasso si interessa alla scultura africana e polinesiana, che i fiorenti commerci con le colonie avevano contribuito a diffondere in molto ambienti parigini; infine nel 1907 Picasso espone Les demoiselles d’Avignon, opera considerata la capostipite del movimento cubista (protocubismo, 1907-1910). SOGGETTO Analisi iconografica: l’Autoritratto presenta in primo piano il volto di Picasso, il quale indossa una camicia bianca sotto ad una giacca di lana grigia a spina di pesce; lo sfondo è monocromo; gli occhi grandi guardano oltre la tela direttamente negli occhi lo spettatore; è uno sguardo intenso e deciso che sembra ribadire la sua volontà di demolire la tradizione figurativa occidentale. STILE La tela è caratteristica di una delle fasi di passaggio di Picasso, quella del 1907. In questa fase si possono riscontrare lineamenti poco realistici, come il naso sproporzionato rispetto al volto. Vi sono linee più scure e più chiare che suggeriscono le forme essenziali; gli occhi sono contornati di nero. Quest’opera venne realizzata durante un periodo di transizione in cui lo studio dell’arte africana e l’incontro con l’arte iberica arcaica avevano portato il pittore a teorizzare e immaginare un’altra forma espressiva. Infatti possiamo notare che i lineamenti del volto sono marcati e più simili a quelli di una maschera africana che a quelli di un volto umano. Si può notare il cranio allungato e gli zigomi squadrati. Con questo dipinto Picasso voleva trasmettere la purezza delle linee e la semplicità delle forme.

82


PABLO PICASSO (TUMIOTTO DAVIDE) Nudo (madre), 1910 Matita e inchiostro a penna su carta, 51,5x41 cm

SCHEDA DI LETTURA POETICA DELL’AUTORE E CONTESTO STORICO: il “cubismo analitico” (19101912) Nel 1910, a stretto contatto con George Braque, Picasso matura la fase “analitica” del cubismo. Si tratta della volontà di scomporre la realtà nei piani di cui questa si compone, memore della lezione di Cézanne sulla riduzione del reale nelle forme geometriche del cono, del cilindro, della sfera e sulla apertura “squadernata” dei piani nonché sul loro “ribaltamento prospettico”. SOGGETTO Analisi iconografica: si tratta di uno studio del dipinto Nudo femminile della primavera del 1910. Picasso reinventa l'anatomia, arrivando ad una forma che 83


collega il corpo con lo spazio circostante. Il processo è quello della scomposizione dei piani, che vengono presentati alla nostra percezione simultaneamente ma secondo molteplici punti di vista. Il soggetto finisce per essere difficilmente riconoscibile, avendo perso i dettagli che lo caratterizzano e l’unità dell’immagine: in compenso l’opera amplifica la percezione della struttura dei singoli piani che la compongono. STILE La composizione è impostata sulla verticale. La figura è strutturata da piani delineati da linee più o meno spesse, ombreggiati singolarmente e non secondo fonti luminose pensate per la figura nel suo complesso, da segmenti curvi e obliqui che conferiscono dinamicità all’opera e che paiono suggerire una traiettoria del movimento. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

L’opera non è attualmente visibile in mostra. Risulta tuttavia esposta nella sezione dedicata all’arte ceca l’opera Assenzio e carte da gioco (1912) del medesimo periodo “analitico” ma opera del pittore George Braque, con il quale Picasso condivideva molto da vicino la ricerca poetica.

84


PABLO PICASSO (TURCHETTO AURORA) Souvenir di Le Havre, 1912 Olio su tela, 92x65 cm

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: l’opera “Souvenir di Le Havre”, dipinta a Parigi, è un ricordo di un viaggio fatto nel 1911 nella città natale di Braque, Le Havre, fa parte di una serie di otto tele dal formato ovale. Nell’opera, infine, sono distinguibili tre simboli del porto di Le Havre: corde, conchiglie e vele. Lettere e iscrizioni sono organicamente incorporate nel dipinto e dotate di un significato specifico. Interessante la visione non retinica del porto e di conseguenza il confronto con la veduta già immortalata da Monet nel celebre dipinto “Impressione, sole nascente” del 1872. Vincenc Kramář acquistò il dipinto per la sua collezione nel 1913 dalla Galleria Thannhauser. Più tardi ha commissionato all'architetto Pavel Janák una cornice cubista in legno. 85


STILE L’opera appartiene allo stile cubista, nello specifico è un intermedio tra la fase del cubismo analitico (1910-1912) e quello sintetico (1912-1915) in quanto caratterizzata da una sintesi di dimensioni, prospettive e movimenti in un unico livello e dalla sovrapposizione di parti distinte degli oggetti tramite il collage e il papier collé. Durante la primavera del 1912 l’autore tenta di ricreare un effetto collage nelle sue opere, per ottenerlo utilizza una particolare lacca detta “ripolin” che serve per creare discontinuità fra le varie parti mettendo in risalto solo alcune di esse. Questa tecnica viene usata nell’opera analizzata insieme ad un aspetto innovativo, in quanto viene per la prima volta realizzato il finto legno, ciò sottolinea la volontà dell’artista di rendere l’eterogeneità simultanea della materia e della percezione visiva. Sebbene dipinta nello spirito del cubismo analitico, l'immagine tradisce la visione mutevole di Picasso: l'immagine non è più in diversi toni monocromi (la piacevolezza del colore era considerata un “distrattore” per la comprensione meramente intellettualistica dell’opera) e i contrasti di colore si fanno più pronunciati (spicca un azzurro terso nell’angolo in alto a sinistra). L’aggiunta dei segni grafici aggiunge un nuovo livello di realtà così come le parti di carta incollata (papier collé) e di corda incollata (collage).

86


PABLO PICASSO (TURCHETTO NICOLE) Chitarra e accendino, 1912-1913, Inchiostro e carboncino su carta, 63x47,3 cm

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: al centro dell’intera composizione è raffigurata una chitarra su un tavolo di marmo bianco e una lampada. Sullo sfondo si intuiscono frammenti di modanature, probabilmente di porte e/o mobili. rappresentati. STILE Il dipinto è un esempio rappresentativo del Cubismo sintetico (1912-1915) del periodo prebellico, quando Picasso iniziò ad allontanarsi dal Cubismo analitico, cercando di non travalicare il limite della frantumazione estrema della forma e quindi dell’allontanamento dalla realtà (sconfinando nell’astrattismo), rischio tanto probabile quanto temuto perché il fine ultimo della poetica cubista era una riflessione in profondità sull’essenza del reale e non una sua trasfigurazione in altre dimensioni ad esso non appartenenti. La composizione è complessa, asimmetrica e ritmica; le linee curve e oblique, insieme alla composizione e l’unione di punti di vista differenti in un unico piano, conferiscono dinamicità all’opera. I colori sono caratterizzati da toni freddi e spenti quali la fascia di azzurro centrale, il grigio e il nero, ma 87


comunque diversi dal monocromatismo del precedente cubismo analitico. Si sta andando verso una ricomposizione della forma, anche se secondo logiche diverse dal punto di partenza oggettuale. Grazie all’uso di diverse tecniche e materiali (tra tutte il papier collé, cioè l’applicazione di carte incollate) Picasso ha potuto cogliere le differenze della texture e nelle proprietà dei materiali degli oggetti. In termini di linee, forme e colori, l'impatto visivo delle immagini è una semplicità quasi classica. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

L’opera non è attualmente visibile in mostra. Risulta tuttavia esposta nella sezione dedicata all’arte ceca una Natura morta con chitarra di 60x100 cm. di George Braque, di periodo tardo (1921-1922) ma sostanzialmente affine alla poetica del periodo “sintetico” condotta parallelamente a Picasso. Infatti i due artisti hanno compiuto l’indagine cubista giungendo a risultati affini. Possiamo comunque notare delle differenze fondamentali nello studio della realtà sotto l’ottica cubista-sintetica. Picasso è infatti plastico, utilizza più tecniche in uno stesso quadro come il papier collé unito alla pittura, l’accostamento e la sovrapposizione di materiale reale e tridimensionale al colore. Braque invece fonda la sua indagine sull’utilizzo del colore e sulla definizione marcata di ogni contorno delle figure; quindi mentre Picasso usa la tridimensionalità per indagare il reale, Braque fa ricorso alla bidimensionalità. Natura morta con chitarra fa parte di una serie di nature morte realizzate da quest’ultimo autore per analizzare la realtà. Analogamente a Picasso, Braque comprende che la via del cubismo analitico, se esasperata, porta ad allontanarsi dalla realtà e ciò va contro lo scopo stesso del cubismo; di conseguenza, dopo aver frammentato, diviso e distrutto il reale, Braque vuole ricongiungerlo, attuando però, non un semplice “procedimento inverso” ma una vera e propria opera di sintesi che è fortemente personale, poiché mostra a tutti coloro che guardano l’opera come l’autore concepisce la realtà. In quest’opera sono rappresentati seguendo lo stile proprio del cubismo sintetico: una chitarra, frammenti di carta e di giornale (che aumentano il senso di un, sebbene finito, papier collé) modanature di probabili mobili o porte. 88


PABLO PICASSO (VADORI ELEONORA) Natura morta con bicchiere, bottiglia e carta da gioco, 1914 Matita, gessetti, acquerelli, collage su carta, 22,3x27,5 cm

SCHEDA DI LETTURA SOGGETTO Analisi iconografica: è rappresentata una natura morta composta da un bicchiere, una bottiglia e una carta da gioco, disposti sopra un tavolo con grande apparente semplicità ed essenzialità. In evidenza sulla parte alta a destra il ritaglio di carta con la denominazione della marca della birra Bass entro una sagoma disegnata di bottiglia. La compagnia inglese Bass era famosa per la sua produzione di birra, che era anche popolare tra gli artisti: Édouard Manet dipinse la bevanda nel suo celebre dipinto Il Bar alle FoliesBergères (1882) e James Joyce ne scrisse nel suo romanzo Ulisse. La firma sotto forma di biglietto da visita stampato merita particolare attenzione. In altre opere della primavera del 1914 Picasso ha anche usato questo gioco di parole in un altro collage simile con una bottiglia di Bass, un bicchiere, un pacchetto di tabacco e un biglietto da visita. 89


STILE Questo collage è stato prodotto in un momento (cubismo sintetico, 19121915) in cui questo nuovo mezzo artistico è diventato lo strumento artistico sperimentale più importante nell'esplorazione del cubismo. Picasso in questa opera utilizza diversi materiali per rendere la differente texture e la diversa natura degli oggetti che desidera rappresentare. Inserisce, inoltre, la prospettiva cubista e l’obiettività naturalistica (il piede del vetro, l'ombra proiettata dalla carta, il biglietto da visita che legge "Picasso"). Nell’opera si può notare come le linee siano per la maggior parte geometriche, per esempio quelle del bicchiere sono più rotondeggianti, mentre quelle della bottiglia più acute. Dal punto di vista compositivo la composizione è molto semplice ed essenziale ma non semplicistica. Il motivo di interesse risiede tutto nell’ambiguità dei livelli di realtà dati dalla carta incollata, dalla sua ombra reale, dalle ombre disegnate che sconfinano entro altri piani di carta o di oggetti rappresentati, dalla pittura che investe la carta reale: è una riflessione profonda sull’ambiguità dell’immagine, della realtà e della sua percezione.

90


SELEZIONE di ricerche artistiche contemporanee esposte presso il DOX CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA

91


DE CARLI ROBERT, GIACOMINI PILON SARA, LAZZARI FEDERICA, TURLON LISA

1)ESPOSIZIONE collettiva in progress #DataMaze Aspetti della rivoluzione digitale nella riflessione degli artisti: a) !Mediengruppe Bitnik b) Aram Bartholl c) Paolo Cirio d) Adam Harvey SCHEDE DI PRESENTAZIONE a) Il !Mediengruppe Bitnik è un gruppo artistico svizzero che opera principalmente tra Zurigo e Londra, ma le cui opere sono state esposte a livello internazionale. Si tratta di artisti contemporanei che lavorano con e su Internet, partendo dal digitale e arrivando a toccare spazi fisici, spesso rinunciando intenzionalmente al controllo per sfidare le strutture e i meccanismi prestabiliti. I suoi principali componenti sono gli artisti Carmen Weisskopf e Domagoj Smoljo, assieme al regista e ricercatore Adnan Hadzi e il giornalista Daniel Ryser.

Una delle loro opere più famose è Random Darknet Shopper, un bot per lo shopping online automatizzato fornito di un budget di $ 100 in Bitcoin a settimana. Una volta alla settimana il bot va a fare shopping nel deep web dove sceglie a caso e acquista un oggetto e lo fa spedire direttamente allo spazio espositivo. Una volta che gli oggetti arrivano vengono spacchettati e 92


visualizzati, ogni nuovo oggetto si aggiunge a un paesaggio di merci. Nel suo primo periodo di attività, da ottobre 2014 a gennaio 2015, Random Darknet Shopper ha acquistato 12 oggetti dal deep-market, che sono stati esposti al museo svizzero Kunst Halle St. Gallen. b) Aram Bartholl è nato nel 1979 a Brema, in Germania. Si è laureato in Architettura presso l’Università delle Arti a Berlino. Bartholl faceva parte del gruppo di artisti Freies Fach, noto per la sua ricerca sulle questioni urbane e per i suoi interventi pubblici. E’ noto per esaminare il rapporto che c’è tra le nuove tecnologie digitali e il mondo reale. Con le sue opere analizza i cambiamenti che i social media hanno portato all’ambiente che ci circonda.

Una delle opere più importanti di Aram Bartholl si chiama Forgot your password ed è un catalogo di otto volumi che contengono più di 5 milioni di password generate da computer. Il catalogo è bianco, molto semplice senza alcuna decorazione. Aram vuole fare riflettere sul tema della privacy nel nostro millennio e sul fatto che con le nuove tecnologie la nostra sicurezza diminuisce, i nostri dati che noi pensiamo siano protetti in realtà non lo sono mai totalmente. Aram invita il pubblico a controllare se la loro password è segnata sulla lista. Oltre al catalogo ha realizzato anche cartelloni completamente ricoperti da password che vengono mostrati negli spazi pubblici di molte città del mondo. 93


OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

La visione dal vivo della mostra non è stata possibile nella sua interezza, in quanto essa era in fase di allestimento. Tuttavia, ci è stato possibile visionare l'opera Forgot your password di Aram Bartholl. É stato divertente e interessante cercare la nostra password all'interno della raccolta ed è stato riportato un sentimento di sorpresa da parte di chi ha trovato la propria, portandolo a riflettere sul tema della privacy online, dimostrando così che l'autore è riuscito nel suo intento di sensibilizzazione riguardo a questo tema. c) Paolo Cirio è nato anche lui nel 1979. Attualmente lavora con i sistemi legali, economici e culturali della società dell’informazione. Indaga i campi sociali interessati da Internet, come la privacy, la democrazia, la finanza e la proprietà intellettuale. Espone le sue creazioni basate sull’intervento attraverso artefatti, installazioni, foto, video e arte pubblica. Ha esposto in musei internazionali e ha ricevuto prestigiosi premi d’arte. Manipolando i mezzi di 94


comunicazione e di informazione digitali, il suo lavoro rompe spesso i confini della rappresentazione, andando oltre l’uso di un singolo media e concentrandosi sull’ambiente informativo creato dal flusso dei dati. Egli afferma inoltre che “mentre nella scultura ogni materiale conserva le sue proprietà intrinseche anche dopo la modellazione, nel caso dell’informazione queste proprietà consistono nel potere di influenzare la società”.

Paolo Cirio, We Weren’t, 2008. Stampa inkjet su tela, 90x50 cm In quest’opera, intitolata We Weren’t, sono rappresentanti tre personaggi falsamente ritenuti pericolosi esponenti dell’attuale terrorismo internazionale, mentre vestono i panni di personaggi “cattivi” della Disney (Capitan Uncino, il Genio della Lampada di Aladino, il Sig. Claude Frollo). Il trittico sottolinea le manipolazioni del consenso e del dissenso attuate dal programma militare “Information Operations Roadmap” (incentrato sull’uso di Internet). I terroristi inesistenti sono stati tra i più ricercati e sono stati identificati come pericolosi nemici ufficiali, presunti leader di gruppi ribelli contro gli eroi della pace. Queste identità sono permanentemente oggetto di dibattiti sulle teorie della cospirazione e sono costantemente discusse anche nelle notizie ufficiali. Questi miti si sono sviluppati in Internet come i racconti popolari, leggende che si diffondono rapidamente come frutto di un’ansia sociale indotta da congetture complottiste costruite dai giornalisti e dalla propaganda della struttura mediatica dominante. Ecco quindi come le informazioni, anche se fake news, possono dominare e avere il potere di influenzare tutta la società mondiale. d) Adam Harvey è un artista e ricercatore americano berlinese. Si è laureato all’Interactive Telecommunications Program alla New York University (2010) e in precedenza ha studiato ingegneria e fotogiornalismo presso la Pennsylvania State University. Attualmente residente a Berlino e occasionalmente parla e si 95


occupa di argomenti relativi alla privacy, alla sorveglianza, alla visione artificiale e all'arte. Eventi successivi che hanno visto la sua presenza sono Transmediale 2019, il Simposio della Aarhus University sulle macchine per il viso (2018), Georgetown Color of Surveillance (2018). Oltre ai propri progetti lavora spesso come sviluppatore per altri artisti. Tra i progetti recenti ci sono lo sviluppo di un toolkit per la visione artificiale personalizzato per l'artista Trevor Paglen, un sistema di riconoscimento facciale per Ai Weiwei, il maggiore artista cinese vivente.

Il suo obiettivo è in particolare produrre sistemi alternativi che contrastino gli algoritmi di riconoscimento facciale, in pratica boicottandoli. Il suo ultimo progetto, presentato all’ultimo Chaos Communication Congress di Amburgo, si chiama Hyperface ed è un tessuto il cui pattern è in grado di mandare in crisi i sistemi di rilevamento facciale, fornendo troppe informazioni al sistema che quindi non è in grado di comprendere l’identità della persona. Questo tessuto può essere utile sui social ma anche nella vita quotidiana, dove il riconoscimento facciale e oculare a breve saranno una realtà (già Amazon si sta attrezzando in tale senso nei suoi negozi, così da osservare i consumi e quindi formulare proposte commerciali ad hoc).

96


DRIUSSO AURORA, PIZZOLATO MARCHERITA, TULLIO MARIA, TURCHETTO NICOLE

2) ESPOSIZIONE sulla terrazza esterna Aleš Hnízdil: Codice genetico di coscienza SCHEDA DI LETTURA L’autore è nato a Liberec (Repubblica Ceca) nel 1954. Alle scuole superiori ha studiato scultura per poi continuare nell’Accademia delle Belle Arti di Praga. Dal 1995 al 2008 è stato professore universitario a Liberec e a Praga. Nel 1989 ha iniziato ad esporre le sue opere in diverse gallerie, nazionali e non, ed è tutt’ora in attività. Aleš Hnízdil cerca, con le sue opere, di indagare la percezione che l’uomo ha dello spazio e delle proprie emozioni in relazione ad esso. La serie di opere Silenzio nello spazio è stata realizzata nel 2008 con dei fili di acciaio inossidabile e, tra questi, è stato posto del tessuto colorato con varie tonalità di azzurro. Questo progetto si concentra sull’indagine dell’interiorità del singolo individuo. L’autore vuole, in particolare, rappresentare le sensazioni che le persone provano quando cercano di rilassarsi guardando il cielo e liberando la mente. Il colore del tessuto e la collocazione dell’opera, rivolta verso l’alto, hanno infatti l’obiettivo di accompagnare l’uomo in tale percorso. Le emozioni che Aleš Hnízdil vuole suscitare con questa installazione è possibile provarle in ogni posto del mondo (non solo ammirando l’opera): dipende tutto dalla nostra volontà. Una volta che, tramite la riflessione e il silenzio, giungiamo ad una dimensione di pace, ci ritroviamo connessi agli altri esseri viventi. Solo in questo modo, secondo l’autore, possiamo trascendere dal nostro “sistema solare” e giungere ad altri “mondi”, proprio perché il silenzio, protagonista di quest’opera, è l’unica porta che ci conduce all’infinito e alla nostra autocoscienza. Con il silenzio, di conseguenza, possiamo viaggiare attraverso i mondi e anche attraverso noi stessi. L’interconnessione tra viventi e la possibilità di “viaggiare” tramite il silenzio e la riflessione sono rappresentate dai fili di acciaio.

97


Serie di paesaggi con ricordi è invece un progetto iniziato nel 2018 e dedicato a ciò che rimane della separazione dell'Europa occidentale da quella orientale, quando le persone erano costrette a spostarsi altrove e a nessuno era permesso entrare, tanto che così divenne più verde. Questa zona è quindi un ricordo delle persone che vivevano lì ma, soprattutto, è il ricordo delle rispettive famiglie in questo particolare paesaggio e delle loro relazioni. L'obiettivo di questo progetto è impegnarsi con la memoria di queste persone, sia ceche che tedesche, per stabilire l'estensione della popolazione originale, i villaggi perduti, le case perse. Per fare questo bisognerebbe contattare gli uffici del catasto per vedere come era il territorio prima della divisione fra est e ovest. All'interno di queste aree andrebbe piantato un numero di alberi corrispondente al numero degli abitanti originali. Ales Hnizdil vuole ricreare le strade e le comunicazioni originali attraverso la costruzione di vicoli, accentuare le strade tra i singoli villaggi piantando alberi che creano interessanti effetti cromatici nelle varie stagioni. Un altro argomento che vuole affrontare è la diminuzione della popolazione, poiché molte persone se ne sono andate. Ales ritrae un albero per ogni persona che si è trasferita, questo creerebbe un legame tra le persone che si sono trasferite e la terra; questo collegamento sarebbe un invito a tornare e un promemoria per ricordare da dove veniamo e come ci relazioniamo con la terra. Con questo progetto Ales infatti cerca di accentuare l'etica e la memoria del paesaggio e degli abitanti. Un'altra parte importante del progetto è il rinnovo del sistema stradale, migliorando la comunicazione nell'intera cintura, sia dal lato tedesco che da quello ceco, in questo modo i vicoli di alberi da frutto che collegano i due paesi attirerebbero turisti, gente del posto e ciclisti: uno degli obiettivi è quello di 98


rendere la regione più attraente accentuando la sua storia e i suoi valori, del resto se l'area attrae più turisti allora ci saranno più posti di lavoro e più persone vorranno vivere lì.

Nell’opera Codice Genetico di Coscienza (realizzata nel 2018 per il DOX con un metodo analogo a quello utilizzato un decennio prima per Silenzio nello spazio) l’autore evidenzia l’esistenza di un collegamento nascosto fra ogni ambito del

reale, a partire dagli oggetti fino ad arrivare alle emozioni. Quest’opera, situata nel terrazzo del DOX centre, comprende diverse strutture elaborate con fili di 99


acciaio inossidabile fissato su basamenti di pietra arenaria o alabastro. Le linee verticali simboleggiano una connessione con l’infinito mentre quelle cicliche sottolineano l’esistenza della coscienza al di fuori della dimensione temporale. Secondo l’autore, infatti, ogni nostro pensiero ed emozione entra in contatto con quelli di altre persone, siano esse vicine, lontane, vive o morte. L’uomo, di conseguenza, può identificarsi con qualsiasi altro essere vivente. Il codice genetico di coscienza, inoltre, è una specie di equivalente spirituale delle particelle che si uniscono per formare la materia ed è indipendente dalla nostra presenza fisica sulla Terra. Il “tempo” di questo codice non è lineare, ma ciclico, proprio perché non ha né un inizio né una fine. Con questa installazione l’autore vuole farci capire che sensazioni, odori, sapori, emozioni (come l’empatia) rendono gli uomini interconnessi l’un l’altro. Inoltre l’energia, rappresentata dai fili di acciaio, è comune a tutti gli esseri viventi (piante, animali, uomini) e per questo ci mette inevitabilmente in comunicazione. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA La visione dal vivo dell’opera Codice Genetico di Coscienza ha evidenziato come le opere siano state posizionate anche in base alle esigenze estetiche e pratiche della terrazza-bar nella quale sono collocate (non devono intralciare il percorso ai tavolini e ai posti a sedere). Le installazioni sono piú grandi di quanto ci saremmo aspettate dalle fotografie visionate nel sito internet e la loro ubicazione ci ha lasciate un po’ perplesse per la commistione con la funzione ricettiva della terrazza-bar.

L’insegnante di Storia dell’Arte, prof.ssa Katia Toso, ha sottolineato come l’esposizione dell’opera da parte del gruppo sia stata assolutamente esilarante dal momento che appariva evidente come le frasi fatte dei critici, reperite per la spiegazione, sembrassero a noi del tutto astruse o, peggio, farneticanti. In realtà è indubbio come l’arte contemporanea abbia spesso necessità di una 100


chiave di lettura anche per gli addetti ai lavori (fornita dallo stesso artista o da una figura di mediazione come il critico o il curatore) in quanto si è spezzato irrimediabilmente alle soglie del Novecento con le Avanguardie Storiche il canale comunicativo diretto tra l’artista e il suo pubblico.

101


BORIN ANNA, CIPRIANI LAURA, FALCOMER GIULIA, ZANIN LAURA

3) ESPOSIZIONE al piano terra e piano primo Antologica dell’architetto praghese Eva Jiřičná (1939) in occasione dell’80° della nascita SCHEDA DI PRESENTAZIONE BIOGRAFIA Eva Jiřičná è nata nel 1939 a Zlìn ed è l'architetto e designer di origine ceca vivente più conosciuta nel mondo; è tuttora attiva a Londra e Praga. Eva ha studiato ingegneria e architettura fino al 1962, quando ha conseguito un master all'Accademia di Belle Arti di Praga. Si è trasferita solo successivamente a Londra nel 1968. Nel 1985 ha fondato lo studio associato Jiřičná Kerr Associates con Katy Kerr, ancora operativo sotto il nome di Eva Jiřičná Architects. Con un team di dieci membri lavora su progetti tra cui architettura, interior design e design di mobili. Dal 1996 è a capo del Dipartimento di Architettura presso l'Università di Arti Applicate di Praga. In occasione dell’ottantesimo compleanno di Eva presso il Centro DOX è stata inaugurata una retrospettiva con le opere di tutta la sua carriera professionale. Lo scopo di questa mostra multimediale è quello di presentare il processo dietro lo sviluppo e la costruzione di vari progetti di Eva, nonché le fonti della sua ispirazione. Essa comprende parti della documentazione della progettazione originale delle opere più importanti, modelli architettonici ed esempi di design d'interni, così come filmati che documentano la sua vita ed il suo lavoro. STILE PROGETTUALE Eva è diventata un sostenitore di spicco dello stile high-tech ma i suoi progetti contengono anche elementi di architettura organica e minimalista. Il suo lavoro è in prima linea nell'innovazione della forma e della tecnologia, con disegni altamente elaborati e dettagliati che impiegano materiali come vetro, acciaio e pietra in un stile completamente moderno. Le sue opere sono caratterizzate da eleganza nella forma, leggerezza di espressione ed armonia tra forma e funzione; in esse è focalizzata a mostrare la perfezione di tutti gli elementi tecnici combinati nella funzione estetica ed in quella utilitaristica. 102


Il suo stile è caratterizzato da versatilità architettonica: è in grado di progettare elementi per l’arredamento, interni come edifici pubblici (hotel, biblioteche, scuole e case famiglia). La sua firma stilistica risiede nelle idee originali per la creazione di scale e scalinate, le principali delle quali hanno una struttura dritta o a spirale e sono totalmente realizzate in vetro come la scala in vetro monumentale realizzata per la boutique Joan & David a Parigi nel 1994. Eva utilizza gli effetti di illuminazione e le caratteristiche del materiale per ottenere una conformazione intrigante dello spazio. Ciò le ha permesso di trasformare gli spazi a volte ingestibili dei vecchi edifici di Londra in aree utilizzabili: è infatti nota per il suo uso innovativo di materiali industriali negli spazi commerciali e al dettaglio. Jiřičná ha così dimostrato come il retail design potrebbe essere trattato con sapienza architettonica, rafforzando l'immagine dell'interior design. E’ inoltre influenzata dallo stile nautico e dal design delle barche. Nel 1969 ha realizzato il progetto Brighton Marina, dopo il quale si è completamente innamorata della semplice logica del design della barca e dei dettagli dello yacht. È affascinata dagli ingegneri nautici, che hanno trovato risposte semplici e logiche ai problemi legati ai “capricci” della natura come tempeste, vento, onde, ecc., senza decorare e sovradimensionare. PRINCIPALI REALIZZAZIONI PERSONALI O COLLABORAZIONI DI EVA JIRIČNA ● Interni della Casa Danzante (Praga, fine anni ‘90) ● Castello di Praga (Nuova Aranciera, 1999)

Il Castello di Praga risale al IX secolo ed è situato su una delle nove alture che forma la capitale ceca. Diversamente dai castelli classici, quello di Praga è il risultato di una stratificazione di vari stili (gotico, rinascimentale, barocco, neogotico), poiché la sua costruzione è proseguita, con l’aggiunta di vari particolari, durante i secoli. Le varie aggiunte non sono state fatte costruendo in verticale, ma in orizzontale. Nelle immediate vicinanze del castello vi sono i giardini; qui vi sono statue rinascimentali e barocche, anche di alcuni artisti famosi. Eva Jiřičná si è occupata durante il 1999 della costruzione della Nuova Aranciera sulle basi delle rovine dell’aranciera rodolfina degli anni ‘50. Questo è l’edificio più recente del Giardino Reale ed attira l’attenzione per il suo 103


design moderno. La struttura è costituita da una galleria a botte di vetro lunga quasi 90 metri, con tanto di struttura alveolare in acciaio inox. ● Canada Water (metropolitana di Londra, 1999) Nella stazione degli autobus del Canada Water, Eva ha contribuito con la progettazione di un tetto in vetro e alluminio, lungo circa 100m. ● Hotel Josef e Hotel Maximilian (Praga, 2002 e 2005) L’Hotel Josef, situato in una delle strade del centro storico di Praga, nel cuore della Città Vecchia è un albergo moderno, spazioso e splendidamente illuminato. Sorprende per il minimalismo, le linee pulite e l'atmosfera. L'architetta ha progettato sia l’edificio, che i suoi interni, tra cui arredi, tessuti e dettagli. Il lavoro di Eva Jiřičná per l’Hotel Maximilian di Praga è stato quello di aggiornare i suoi spazi, come tributo all'ambiente degli anni '20, quando l'edificio fu costruito. La hall di ricevimento utilizza materiali evocativi del tempo, con un muro retroilluminato in onice giallo e scrivanie in noce e lacca nera, mentre il tema continua in tutti i saloni dedicati agli ospiti: una biblioteca, una sala fumatori e una sala colazione, dove è presente un'estensione in vetro che si affaccia su un cortile paesaggistico. Il colore del design varia da un monocromo nero e bianco fino a raggiungere i colori più accesi. I mobili di Eileen Gray e la grafica di artisti cechi dell'epoca (in prestito dal Museo delle Arti Decorative di Praga) creano un'esperienza atmosferica magnifica per gli ospiti.

● Berkeley Tower (Londra, 2007)

104


Nello sviluppo del Canary Riverside nella zona est di Londra, nel 2007 Eva ha contribuito con la progettazione dell’attico denominato Berkeley Tower, a due piani con tre camere da letto, con una vista spettacolare sul Tamigi. Poiché si trattava di uno sviluppo speculativo, l'approccio di Eva Jiřičná è stato quello di rendere l'appartamento il più neutro possibile, concentrando al contempo la massima attenzione sui punti di vista. Un'atmosfera di leggerezza viene da caratteristiche come la scala in vetro e acciaio, mentre altri pezzi progettati su misura sono il bagno in vetro, una toletta in vetro e un letto rotante in

pelle. ● Centro Culturale di Zlìn (2009) Il nuovo Centro Culturale del 2009 progettato dallo studio Eva Jiřičná Architects accompagna la Biblioteca Universitaria recentemente completata per la Città di Zlìn. I nuovi edifici si armonizzano con il paesaggio tradizionale di Zlìn. Il Centro Culturale è costituito da due livelli di parcheggio sotterraneo, un auditorium principale di 850 posti con uno più piccolo di 80 posti, tre livelli di strutture associate e un ristorante per 150 persone. La facciata della vetrata esterna è una risposta al microambiente: una serie secondaria di schermi acustici composti da vetro e cemento fungono da deflettore mentre la facciata rimanente è costituita da lamelle solari esterne. Il tetto ha un esoscheletro ricoperto da una sottile rete in acciaio inossidabile.

105


● Caffetterie Praghesi (Caffé B Braun, 2011) Eva ha lasciato una traccia significativa in molte caffetterie praghesi, ad esempio al Cafe B.Braun, dove si può ammirare una scala a chiocciola di vetro luccicante. ● Scalinate in vetro L’elemento architettonico per cui Eva è più conosciuta sono le splendide scale in vetro, cristallo ed alluminio da lei progettate. Ne riportiamo alcuni esempi: Scala presso il Victoria & Albert Museum, Londra 2008

Scala a Somerset House, Londra 2013

Scalinate della Galleria Tiffany al New York Historical Society, NY 2017

106


OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA La visione dal vivo della mostra al DOX ha evidenziato il lavoro svolto da Eva in tutto il corso della sua carriera. L’esposizione comprende la visione dal vivo di una sua scalinata tipica in vetro ed acciaio, visibile dal basso e dall’alto (per chi si affaccia al balcone del primo piano). La scala è fissata con quattro cavi d’acciaio.

La mostra comprende inoltre video nei quali Eva espone pensieri ed idee sulle sue creazioni, argomentando le sue principali ispirazioni. Vi sono in esposizione i progetti originali da lei creati e i plastici delle sue opere principali.

107


Hotel Josef

Centro Culturale Zlìn

L’allestimento dell’intera mostra è suddiviso in due diversi piani: al piano terra sono esposti i video multimediali, la scala ed i disegni dei suoi progetti. Al secondo piano sono invece esposti tutti i plastici delle sue opere. L’allestimento si presenta moderno ed intrigante, con annesse fotografie dei suoi lavori tramite schermi multimediali e informazioni scritte direttamente sulle pareti. Sono messi a disposizione dei visitatori anche vari dépliants.

108


Il pubblico presente era interessato all’esposizione ed ascoltava le videoregistrazioni di Eva sfogliando i dépliant. Grazie alla linea del tempo con il suo curriculum progettuale siamo inoltre riuscite a trovare le datazioni di tutte le sue opere.

Durante la visita d’istruzione a Praga, inoltre, siamo riuscite nelle ore libere a nostra disposizione ad osservare dal vivo tre delle opere di Jiřičná: ● La scalinata interna del Café B.Braun

In questo bar, ubicato nelle vicinanze del nostro albergo, la classe è entrata con il pretesto di un cassé. Abbiamo potuto notare come nella parte superiore la scalinata avesse subito una frantumazione nella zona del primo scalino di cristallo. 109


● Hotel Josef Siamo entrate nell’edificio, chiedendo di poter fotografare e documentare gli interni e le opere dell’architetto e ciò ci è stato gentilmente concesso.

● Hotel Maximilian Abbiamo invece trovato l’Hotel Maximilian chiuso ed in fase di restauro.

110


SELEZIONE di architetture del Novecento

111


BELLOTTO GIADA, MIATTO CHIARA, RUZZA FRANCESCO, TURCHETTO AURORA

1)

Architettura CUBISTA Josef Gočár, Casa della Madonna Nera, 1911-1912

I

SCHEDA DI LETTURA POETICA DELL’AUTORE E CONTESTO STORICO L’architetto Josef Gočár (1880-1945) trascorse la maggior parte della sua vita a Praga. Entrò a far parte, nel 1911, del gruppo cubista praghese di artisti visivi, finendo per adottare a fine carriera un approccio funzionalista all’architettura. Punti cardine della poetica dell’autore sono: ● l’impegno di ricerca tipologica, ossia lo studio del luogo (genius loci) e delle proprietà delle forme (ad es: i cristalli di produzione boema); ● l’utilizzo particolare delle forme geometriche, inusuale rispetto agli edifici appartenenti ai periodi precedenti, secondo una scomposizione molto affine alla poetica che negli stessi anni stanno elaborando a Parigi Picasso e Braque. La Casa della Madonna Nera fu il primo edificio cubista della città e costituisce un rarissimo esemplare architettonico a livello internazionale. La costruzione domina il cuore della Città Vecchia e si trova a pochi passi dalla Piazza dell’Orologio astronomico. Costruita nel 1912 sulle macerie della casa barocca della Madonna Nera, denominata così da una scultura eretta per 112


segnalare un’antica sorgente d’acqua che doveva sgorgare nei pressi. Ora la statuetta della Madonna Nera con bambino è collocata in posizione angolare al primo piano dell’edificio, all’interno di una gabbia di una rete di bronzo dorato. Oggi l'edificio è stato trasformato in una delle sedi del Museo delle Arti e dei Mestieri. Il museo rende omaggio ai prodotti dell’artigianato e dell'architettura locali, progettati in stile cubista.

Interessante basamento prismatico progettato da Gočár per esporre una selezione di cristalli boemi da parte del Gruppo Cubista di Arte Visiva (1912), che dimostra come l’analisi della scomposizione geometrica sia stata avviata parallelamente a quanto indagato negli stessi anni da Picasso e Braque a Parigi partendo da presupposti diversi (la tradizione boema della lavorazione del cristallo).

113


La Casa della Madonna Nera ospita inoltre al primo piano il Grand Café Orient, prima e unica caffetteria cubista al mondo.

ANALISI STILISTICA La costruzione si articola in cinque piani che presentano, sia nella facciata che negli interni, numerosi elementi cubisti. Dalle vetrate ai lampadari, dal massiccio portale alle scalinate, tutto è studiato su forme geometriche prismatiche e una divisione degli spazi che si interseca su più piani. Spettacolare risulta la veduta d’infilata della scala a chiocciola che raccorda i piani dell’edificio. Complessivamente l’edificio pur distaccandosi (e non poco) dai palazzi in stile barocco che lo circondano, si è inserito armoniosamente nel panorama cittadino.

ANALISI TECNICA La struttura si regge su uno scheletro di cemento armato che ha permesso di limitare la necessità di pilastri di supporto, creando ampi spazi adatti all’estetica cubista. Nel corso di un secolo l’edificio ha subito diverse modificazioni, fino a un restauro del 1994 basato sul progetto originale di Gočár, che prevede ampio uso del vetro, del legno e dell’acciaio per decorare la struttura di cemento armato e mattoni.

114


OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

La visione dal vivo dell’opera ha evidenziato l’unicità dell’edificio in tutto il contesto cittadino praghese. Appare come una preziosità inviolata dal tempo, un monumento che di cubista ha tutto, dalla facciata agli interni. La vetrina del Museo del cubismo, i lampadari tetraedrici del ristorante al primo piano, l’insegna del Gran Cafè Orient… tutti elementi che contribuiscono a creare un’atmosfera coerente e suggestiva, che invita a entrare per essere risucchiati nella Praga del primo ‘900. Purtroppo non è stato possibile entrare e visitare il museo, di cui si intravedevano solo pochi oggetti riprodotti per il bookshop molto particolari ed ancora oggi attuali. Ultima osservazione condivisa da tutto il gruppo: dalle foto l’edificio sembrava più grande.

115


BASILE CLAUDIA, BLASIGH AURORA, BROLLO VALENTINA, ZANELLI RICCARDO

2)

Architettura RAZIONALISTA OIdrich Tyl - Joseph Furchs, Veletrzni Palac, 1928

SCHEDA DI LETTURA CONTESTO STORICO Il razionalismo architettonico è un movimento artistico sviluppatosi in Germania negli anni ‘20-’30 del XX secolo, nato dalla necessità di una più reale aderenza alla realtà sociale ed economica conseguente alla rivoluzione industriale. Nasce dall’esperienza della Bauhaus in Germania e dalle ricerche cubiste francese, da cui riprende la tendenza alla sintesi geometrica degli elementi architettonici. La necessità di costruire edifici capienti in modo rapido porta all’utilizzo di materiali innovativi quali il ferro, il vetro e il cemento armato. L’architettura razionalista nasce per la risoluzione di alcuni importanti problemi pratici quali: • modificare i dormitori degli operai rendendoli luoghi più abitabili; 116


• frenare la speculazione edilizia con dei piani regolatori; • creare dei polmoni verdi all’interno della città; • risolvere i problemi legati al traffico delle automobili; • creare un’architettura migliore per produrre una società migliore (elemento utopico). POETICA DEGLI AUTORI Oldrich Tyl e Joseph Furchs furono due architetti praghesi vissuti nella prima metà del ‘900 in un contesto storico-artistico complesso. Tyl e Furchs abbracciarono il pensiero razionalista cercando un’architettura che sfruttasse a pieno le potenzialità dei materiali moderni. Con l’avvento dell’industria e con i grandi cambiamenti politici e sociali, infatti, gli architetti si trovarono ora a disporre di nuovi mezzi, tecnologie e materiali ma anche a rispondere a nuove esigenze. Gli architetti, dunque, fecero della funzionalità e del rigore razionale i propri principali strumenti progettuali, creando nuovi standard estetici. In particolare Tyl era un maestro della planimetria (molti edifici di Praga hanno una disposizione moderna grazie a lui). Le sue soluzioni funzionali e la sua pulizia strutturale hanno infatti influenzato molti edifici praghesi. La ricerca di nuovi valori e la sua cultura artistica si svilupparono duranti gli studi di tecnologia, mediante i quali ebbe la possibilità di familiarizzare con la costruzione pratica e la buona manifattura dei materiali. Tutto questo rende Tyl l’incarnazione per eccellenza dell’architetto razionalista, che rinuncia ai falsi decori prediligendo invece i bisogni, l’efficienza e la praticità degli edifici. IL VELETRZNI PALAC Il palazzo fu costruito come complesso fieristico tra il 1925 e il 1928 secondo il progetto degli architetti Josef Fuchs e Oldřich Tyl. Esso era all'epoca il più grande edificio del suo genere al mondo. Dopo la seconda guerra mondiale il palazzo divenne sede di numerose compagnie commerciali straniere. Nell’agosto del 1974 fu quasi distrutto da un enorme incendio. Nel 1976 si decise di rinnovarlo, il che richiese molto tempo: la completa riparazione dell'edificio non fu completata fino agli anni '90. Il gioiello dell'architettura funzionalista ceca è sede della Galleria Nazionale Narodni di Praga dal 1976. Attualmente l’esposizione di arte moderna, contemporanea ceca ed internazionale presenta diverse collezioni che comprendono opere realizzate da artisti di livello mondiale, come Pablo Picasso, Auguste Renoir, Vincent van Gogh, Gustav Klimt e molti altri. L’edificio è strutturato su sei piani, illuminati, oltre che dalle numerose finestre a nastro esterne, da un cavedio centrale con lucernario. Su questo si affacciano, come in un transatlantico, tutte le gallerie dei vari livelli. L’intento 117


dei due architetti, come del resto di tutti gli architetti razionalisti, è quello di semplificare e geometrizzare la propria architettura in modo tale da ricondurre ogni suo elemento ad una precisa funzione. Pertanto non sono presenti elementi decorativi che non siano strettamente necessari alla struttura. In definitiva l'edificio risulta semplice, geometrico ed essenziale. Il Veletrzni Palac è costruito in calcestruzzo armato (materiale prediletto dagli artisti razionalisti) ed è rivestito da intonaco bianco; le ringhiere e i corrimani sono in acciaio; spiccano numerosissime finestre a nastro, che divengono unico motivo decorativo della facciata (oggi l’ingresso è stato arricchito da una parete a specchio con un moderno logo, davanti al quale si staglia un totem segnaletico ispirato anch’esso al funzionalismo).

CONFRONTO CON IL BAUHAUS DI GROPIUS

Il Bauhaus venne costruito tra il 1925-1926 a Dessau da Walter Gropius e fu uno dei primi esempi di architettura razionalista applicato agli edifici scolastici. Ciò che più lo caratterizza sono i grandi volumi squadrati, le finestre a nastro e il largo utilizzo di vetro, cemento e ferro. Inoltre è da sottolineare la rinuncia totale alle decorazioni non strutturali. Esso è da considerarsi un antenato delle scuole e degli ospedali moderni per le seguenti caratteristiche: 118


-

equilibrio compositivo; coerenza nell’uso dei materiali; impiego di vetro, cemento armato e ferro; rigoroso studio delle funzioni; abilità tecnica; forme squadrate e semplici.

Come si può notare dalle immagini, i due edifici sono molto affini per stile, oltre che per epoca di esecuzione, nonostante la diversa destinazione d’uso.

OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA

L’esterno dell’edificio non ci ha entusiasmato particolarmente, non ci ha fatto provare nessuna emozione, come è del resto negli intenti dei progettisti. Nonostante la sua imponenza ci è apparso lontano dai nostri canoni estetici. Coerentemente con lo stile architettonico di cui fa parte l’edificio si rivela freddo ed asettico. Per quanto riguarda l’interno dell’edificio le opinioni del gruppo sono contrastanti: da un lato c’è chi pensa che la struttura dell’edificio abbia un certo fascino poiché le linee pulite e ben definite conferiscono un senso di tranquillità e sicurezza rispetto agli edifici contemporanei; dall'altro c’è chi avverte un senso di impotenza e nullità rispetto alla grandiosità della struttura. Va aggiunto che ben tre piani dell’edificio sono attualmente chiusi per il riordino delle collezioni e che, nell’intera mattinata della nostra permanenza, abbiamo incontrato meno di venti visitatori. Ciò non ha fatto altro che amplificare il senso di smarrimento, che abbiamo cercato di ingannare prendendoci qualche libertà estemporanea, come si può vedere nella foto.

119


BRUSSOLO ILENIA, FRANCESCHI MATILDE, TUMIOTTO DAVIDE, VADORI ELEONORA 3)

Architettura DECOSTRUTTIVISTA Frank Owen Gehri, Casa danzante, 1996

SCHEDA DI LETTURA POETICA DELL’AUTORE Frank Owen Gehry nacque nel 1929 a Toronto. Nel 1961 si trasferì a Parigi dove conobbe l’architettura storica europea ed i lavori di Le Corbusier. Famoso per le forme scultoree dei suoi edifici, è considerato il maggior esponente contemporaneo della corrente architettonica nota come Decostruttivismo. Il Decostruttivismo teorizza la scomposizione in singole unità delle forme architettoniche e la loro successiva ricomposizione al limite tra stabilità e disequilibrio. Gehri predilige l’utilizzo di linee oblique e di materiali insoliti e poveri (ad esempio lamiera metallica e ondulata). Durante la progettazione dei suoi edifici ha la volontà di interpretare il Genius Loci di ogni contesto urbano tenendo presente il contesto culturale e sociale, senza essere vincolato alla tradizione. Nonostante questa attitudine “site specific” ritroviamo nelle sue opere il ricordo dell’architettura di Los Angeles (città in cui vive), come si può anche notare nella Casa Danzante di Praga.

120


LA CASA DANZANTE La Casa danzante è stata costruita tra il 1992 e il 1996 nel quartiere Nove Mesto e fiancheggia il fiume Moldava. Prima di iniziare a disegnare Gehry trascorse dieci giorni a Praga dove collaborò con l’architetto Vladimir Milunic. Fu proprio lui ad aiutarlo nella scoperta della città, proponendogli di proiettare l’edificio verso l’esterno così che puntasse verso il ponte, soddisfando così il volere delle autorità cittadine.

La forma dell’edificio ricorda le movenze di due ballerini, motivo per cui è anche chiamata Fred and Ginger. La torre in pietra, come si vede nello schizzo progettuale sotto presentato, rappresenta la figura maschile, nella quale cui i capelli sono rappresentati da una rete metallica intrecciata, mentre quella in vetro la sua partner.

La torre in vetro si restringe al centro in corrispondenza della “vita di ginger” per consentire a chi si affaccia dall’edificio adiacente di vedere la vista sul fiume. Si possono individuare due parti distinte caratterizzate da materiali differenti, ovvero vetro e cemento che allontanandosi e avvicinandosi creano un elegante movimento ricordando la danza. 121


Le due parti che compongono la struttura, una statica e una dinamica, simboleggiano il vecchio e il nuovo, la transizione della Cecoslovacchia dal regime comunista alla democrazia parlamentare. La struttura, secondo la volontà del Presidente ceco, doveva essere destinata a centro culturale. Oggi ospita invece uffici multinazionali, un hotel, una galleria d’arte e un ristorante al settimo piano. STILE La Casa Danzante è stata fortemente criticata sin dalla sua inaugurazione perché incoerente con lo stile circostante ottocentesco. In realtà l’operazione attuata da Gehri è stata di ricerca ed elaborazione dei principali stilemi presenti nell’architettura praghese: le linee sinuose ed ondulate del Barocco, gli aggetti delle modanature delle finestre cubiste, la modularità e i materiali (cemento armato, ferro e vetro) del funzionalismo ceco nonché suggestioni del Surrealismo praghese degli anni Trenta. Interessante è lo sviluppo per minime differenze e aggetti diversi della forometria della parete che si affaccia sul fiume, richiamandosi espressamente alle soluzioni tipologiche locali. L’uso di materiali e volumi diversi esprime libertà compositiva, caratteristica del Decostruttivismo. OSSERVAZIONI SUCCESSIVE ALLA VISITA La visione dal vivo dell'edificio ha suscitato nei componenti del gruppo delle opinioni diverse, tuttavia ci siamo trovati d'accordo sul fatto che esso si integra pienamente nel contesto urbano e con gli edifici circostanti. A seguito della visione abbiamo potuto individuare i diversi aspetti che avevamo inserito all'interno della nostra analisi, come ad esempio le figure dei due ballerini. Le aspettative di alcuni sono state soddisfatte mentre altri sono rimasti perplessi. Si aspettavano infatti che la struttura risaltasse di più nel contesto in cui è inserita ma così non è, probabilmente perché tutti gli edifici di Praga sono particolarmente imponenti. La salita al settimo piano (nella foto siamo sulla terrazza del Caffè) è stata utile poiché ci ha permesso di godere di una prospettiva magnifica e alternativa sulla città e sul suo imponente fiume, la Moldava.

122


123


124


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.