Small Giants 19

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JOE BASTIANICH

Dalla finanza al vino, dall’automotive al whisky: tutta la visione strategica per tradurre le sfide in opportunità di crescita

IMPRESA DA BERE

alla gestione di un team che preferisce cercare lavoro al lavorare con te.

Premia il talento.

Perché questo premierà la tua azienda.

Il nuovo anno tra Europa e Stati Uniti

Inizia un nuovo anno per i nostri Small Giants e, come ormai siamo abituati, sarà un anno a luci e ombre. In Italia, davanti a un’occupazione in ripresa, c’è una produzione industriale in caduta. Può sembrare una contraddizione, invece è la fotografia del paese reale. La produzione industriale cala ormai inesorabilmente dal 2021. In compenso crescono i servizi. Non è un caso, infatti, che l’incremento maggiore degli occupati si registri proprio nel mondo dei servizi, a cominciare dal turismo che sempre di più ha bisogno di regole, di strutture, di sostegni, perché potrebbe davvero rivelarsi il famoso oro nero dell’Italia, finora tenuto sottotraccia da un Paese sostanzialmente manifatturiero che però sta cambiando. Anche l’agricoltura (aumento degli occupati anche qui) è in netta ripresa, con le produzioni di qualità che stanno conquistando i mercati mondiali pur tra mille ostacoli come l’italian sound (il famoso parmesan e compagnia) e i prodotti fatti passare per made in Italy che invece made in Italy non sono per niente,

con colpe evidenti anche di aziende del nostro Paese che tendono a fare i ‘furbetti’.

La produzione italiana, soprattutto quella di qualità (agricola ma non solo) dovrà presto fare i conti con i dazi minacciati dal nuovo presidente americano Donald Trump. In compenso si va verso

un generale abbassamento dei tassi dovuto a un contenimento dell’inflazione, frutto delle politiche delle banche centrali. Chi guarda all’economia guarda alle due guerre in Ucraina e in Medio oriente con la speranza che i conflitti si acquietino e che magari il presidente Trump mantenga la promessa di far finire almeno quella

tra Russia e Ucraina. Ma si guarda a Trump e agli Usa anche in chiave strettamente economica. Il motore economico degli Stati Uniti è destinato ad accelerare. Le politiche ‘America First’ della seconda amministrazione Trump rendono le prospettive per il resto del mondo meno allettanti. Non si tratta solo di un ‘effetto Trump’. Gli Stati Uniti hanno impegnato ingenti risorse per difendersi dalla concorrenza strategica. Ai valori attuali, gli Stati Uniti hanno già immesso capitali per un valore più che doppio di quello del Piano Marshall del secondo dopoguerra, che ricostruì l’Europa. E l’Unione Europea? Sembra per il momento più orientata a guardarsi l’ombelico, piuttosto che agire a favore delle imprese, tutta sbilanciata verso il sostegno bellico dell’Ucraina. Certo, quella è una partita importante, ma ci sarebbe bisogno di destinare molte più risorse agli affari interni di quanto non è stato fatto finora, proprio come dimostrano gli Stati Uniti. Il prossimo anno sarà un anno di bassa crescita, bassa inflazione e bassi tassi di interesse per il Vecchio Continente.

Eppure l’Europa ha i mezzi finanziari per investire e stimolare la crescita. E, come stanno dimostrando gli Stati Uniti, i livelli assoluti del debito sono meno importanti del modo in cui un Paese investe. Tuttavia, con Germania e Francia in un limbo politico, l’Europa non ha la leadership necessaria per prendere decisioni strategiche. Vedremo se la massima secondo cui l’Unione europea si evolve solo attraverso le crisi si rivelerà vera. A proposito di crisi, quella più evidente è proprio quella della leadership. Come ha detto Mario Draghi, le prossime elezioni tedesche potrebbero portare a qualcosa di nuovo e importante. E ce n’è davvero bisogno dopo l’azzoppamento di Macron in Francia. Purtroppo l’Italia, nonostante Giorgia Meloni sia stata indicata proprio da Forbes come una delle donne più influenti del mondo, non è ancora abbastanza considerata per guidare l’Europa. Abbiamo un’unica carta da giocare, noi italiani e forse anche noi europei: quella di Mario Draghi. Ma forse è troppo ingombrante in un contesto di piccoli leader..

di Alessandro Mauro Rossi

cucina è un’impresa

Mirko Crocoli

La cantina secondo Mattia

Fulvio di Giuseppe

spirito giusto

Maurizio Abbati

Il vino in banca

Conoscersi per crescere

Maurizio Abbati

Una logistica fatta per bene

Maurizio Abbati

Abbracciare la Generazione

Andrea Salvadori

Campioni di innovazione

Roberto Pianta

ricca

Piera Anna Franini

Il cuore della gioielleria

Laura Astrologo Porchè

60 Il lusso discreto dell’accoglienza

Francesca Lai

62 Gusto ad alta velocità

Piera Anna Franini

STORIE D’IMPRESA

72 Mari in buone mani

Maurizio Abbati

76 Esclusivo e su misura

Maurizio Abbati

INCHIESTA

79 Il pane che cambia

Camilla Rocca

FOLLOW UP

84 La strada per crescere

STARTUP

88 La salute viene innovando

Francesca Lai

90 Ritorno alle origini

Francesca Lai

RUBRICHE

93 Relazioni e conflitti: i passaggi generazionali

95 Imprese vitivinicole e nuove generazioni

UFFICIO

96 Voglia di comfort

Valentina Lonati

La tavola rotonda sugli investimenti in tecnologie che guideranno il 2025, svoltasi durante il convegno ‘Digital&Open Innovation 2025: per imprese e startup è ora di misurare l’impatto’

GDigitalizzazione in Italia: nel 2025 aumenteranno gli investimenti

li ultimi cinque anni sono stati segnati da una serie di eventi ad alto impatto e imprevedibili. Tuttavia, dalle ricerche degli Osservatori Digital Startup Thinking e Digital Transformatyion Academy emerge come le imprese italiane non stiano affatto riducendo gli investimenti in digitalizzazione. Una buona parte delle imprese intende infatti incrementare il budget in Information and Communication Technology per il 2025: sono il 38% a dichiararlo, contro solo il 6% che prevede una riduzione. Per il 2025 la crescita stimata è pari a circa l’1,5% rispetto al 2024, confermando un trend di crescita registrato nel corso degli ultimi 9 anni. Si tratta di un dato significativo, poiché rilevato nell’autunno 2024 in fase di consuntivi e budgeting per il nuovo anno..

GENNAIO 2025 - NUMERO 19

Supplemento al volume 87, gennaio 2025, di FORBES ITALIA registrazione presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017 Copia non vendibile separatamente

Editore

BFC Media spa

Piazza Armando Diaz 7 - 20123 Milano

Presidente Maurizio Milan

Direttore responsabile

Alessandro Mauro Rossi

Executive editor Edoardo Prallini prallini@bfcmedia.com

Contributor

Maurizio Abbati, Mirko Crocoli, Fulvio di Giuseppe, Piera Anna Franini, Francesca Lai, Valentina Lonati, Matteo Marchetti, Roberto Pianta, Camilla Rocca, Andrea Salvadori.

Progetto grafico e impaginazione Filippo Scaglia scaglia@bfcmedia.com

Direttore commerciale Michele Belingheri belingheri@bfcmedia.com

Project manager Francesco Meloni meloni@bfcmedia.com

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Direttore Forbes Live Fabio Wilhelm Invidia invidia@bfcmedia.com

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L A CUCINA È UN’IMPRESA

Cresciuto nel ristorante dei genitori, oggi Joe Bastianich è un business man con più di venti attività in tre continenti.

L’ultimo progetto? Un podcast insieme all’amico Tommaso Mazzanti di Mirko Crocoli

Joe Bastianich

DOPO AVER PASSATO

ANNI A RACCONTARE LA CULTURA

ENOGASTRONOMICA

ITALIANA NEGLI

Classe ’69, nato nel Queens da Lidia e Felice, genitori ristoratori, Joe Bastianich non è soltanto un personaggio televisivo: imprenditore di successo e musicista, la sua carriera inizia a Wall Street dopo gli studi universitari, per tuffarsi nel mondo dell’enogastronomia partendo proprio dall’Italia. Nei primi anni ’90 apre il suo primo ristorante: Becco, a New York, nel Theather District. A seguire dà alla luce più di 20 ristoranti in tre continenti, tra cui Babbo Ristorante Enoteca, Lupa Osteria Romana, Mozza Osteria e Pizzeria e altri a Singapore, Hong Kong e Messico. Nel 2011, con la famiglia Farinetti, porta negli Stati Uniti Eataly, iniziando da New York, Chicago e Boston, per poi arrivare a Los Angeles, Las Vegas, Toronto e Dallas.

Con la nascita della sua prima figlia Olivia, approda in Italia e acquista, insieme alla sua famiglia, dei vigneti oggi diventati la Cantina Bastianich, a Cividale del Friuli, che ospita anche Orsone, taverna e B&B. Recentemente, dopo aver passato anni a divulgare il verbo della cultura enogastronomica italiana in America e resto nel mondo, decide di intraprendere il percorso inverso, portando i gusti e i sapori originali del made in Usa

SCELTO
FRIULI VENEZIA GIULIA”

in Italia, prima con i Joe’s American Bbq e poi con i Joe’s American Smashburger.

Numerosi i format televisivi nel corso dei decenni che lo hanno visto protagonista: da giudice a Master Chef al medesimo ruolo in Italia’s Got Talent, è stato protagonista anche di podcast come Wine Heroes, in cui è raccolta la storia dei viticoltori italiani. Oppure come Million$, podcast e vodcast prodotto da Dopcast, nel quale Joe, in compagnia dell’amico e socio Tommaso Mazzanti, fondatore de All’Antico Vinaio, intervista personaggi di spicco dell’imprenditoria made in Italy (dallo chef Antonino Cannavacciulo ad Oscar Farinetti, da Silvio Campara, ceo di Golden Goose, al golden boy Nick Di Giovanni, il food vlogger più famoso d’America e tantissimi altri). Ne abbiamo parlato direttamente con Joe Bastianich.

Torniamo indietro nel tempo: quando ha capito che la ristorazione sarebbe stata il fulcro della sua carriera?

La ristorazione è stata il percorso di tutta la mia vita. Sono figlio di migranti istriani e all’epoca gran parte di essi facevano quel tipo di lavoro. Mio padre era un cameriere, dopo aver conosciuto mia madre ha deciso di aprire il primo ristorante con lei. Sono cresciuto in quell’ambiente. A New York, per l’esattezza nel quartiere del Queens, non vivevo in un mondo molto chic, e quel lavoro era un modo per guadagnare un po’ di soldi per mandare i figli a scuola, pagare l’affitto e vivere. Sono cresciuto nelle sale dei locali, non si tornava a casa dopo scuola, era il ristorante la casa. I compiti si facevano lì, tra il pranzo e la cena. Post università (primi anni ’90) sono andato a lavorare a Wall Street come investment banker, poi la scintilla da imprenditore. Al rientro da un viaggio in Italia, nel ’91, ho aperto il mio ristorante a New York.

L’Italia come fonte d’ispirazione dunque.

Esattamente. Una moltitudine di esperienze sia nel mondo del vino che del cibo. Sono cresciuto ogni estate in Italia, da Trieste in giù, anche nell’Istria, dove giravo per ristoranti con i miei.

Gestire un brand globale come il suo richiede una grande visione strategica. Qual è il segreto? Progetto autentico per un cibo autentico, con alle spalle un’esperienza umana altrettanto autentica. Gli ingredienti vengono per primi, poi va presentato tutto nella maniera corretta agli americani, ma anche gestibile a livello imprenditoriale. Un modello di ristorazione che riusciva a monetizzare bene, grazie anche ai tanti anni a reinterpretare i primi wine bar e l’uso degli affettati. Abbiamo aperto la prima ristorazione romana a New York nel 1997, nel 1995 abbiamo sdoganato il primo ristorante di crudo sempre nella Grande Mela. Ho tentato di portare il meglio dell’Italia per il consumo americano, per poi dedicarmi ultimamente all’esatto contrario,

ovvero l’American style in Italia, con il must del barbecue e degli Smashburger.

Ha investito anche in settori diversi dalla ristorazione, come il vino. Ci racconti. Il vino è sempre stata una grande passione personale, specialmente quello italiano, a partire dagli anni Ottanta: un mondo molto diverso rispetto da oggi. Dopo alcune esperienze nel settore, quando nacque mia figlia Olivia nel ’97 ne ho fatta un’attività imprenditoriale. La scelta è caduta sul Friuli Venezia Giulia, ove mi considero ‘adottato’ dalla comunità dei viticoltori del posto - anche perché patria dei migliori vini bianchi. Ho acquistato le prime vigne e dato vita all’azienda agricola Famiglia Bastianich, lanciando il Vespa.

La lungimiranza è stata fondamentale per lei, sia a livello personale che professionale. Se volge lo sguardo al futuro, cosa vede?

Vedo un progetto che unisce la mia grande passione per il food made in Italy e i giovani all’innovazione. Stiamo sviluppando una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale che aiuterà i format del food italiano a scalare a livello globale, favorendo la crescita dell’eccellenza gastronomica italiana, mantenendo intatte autenticità e qualità. Non posso rivelare tutti i dettagli, posso però dire che sarà un vero gamechanger per il settore.

Con Tommaso Mazzanti, fondatore de All’Antico Vinaio, avete ideato Million$, una serie di podcast che narra storie di ottimismo, di imprenditori che nascono dal niente, che creano e inventano. Ci racconti questa collaborazione.

Tommaso è un ragazzo che ho conosciuto dieci anni fa, a Firenze, in occasione di Master Chef. Non sapevo chi fosse, non seguivo nessun social. Mangio il panino, vedo questa coda, tutto molto bene, e mi presentano Mazzanti. Da conoscenti siamo diventati amici e poi partner. Parte il primo pop-up a New York, poi il secondo a Los Angeles e varie attività di grande successo. Fare un podcast come Million$ avrebbe portato al pubblico due prospettive e due persone di due generazioni diverse. E quella è la cosa che volevamo raccontare. A Million$ narriamo storie di imprenditori: con la prima serie di dieci interviste abbiamo parlato con i nostri amici, persone di successo con un percorso professionale di altissimo livello. Nella seconda serie, andremo a concentrarci sui giovani esordienti, magari con dimensioni variegate, che hanno già aperto il primo locale e lanciato il primo prodotto. Storie con cui vogliamo accendere il fuoco dell’ottimismo, con la speranza che dia impulso anche in Italia a rimanere dove si nasce e a non decollare per altre mete..

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Innovazione tecnologica: con Digit’Ed l’Italia è d’oro ai Brandon Hall Awards

Digit’Ed, il più grande player italiano per la formazione, conquista uno dei premi internazionali più prestigiosi: il Brandon Hall Group Technology Excellence Awards 2024. Il riconoscimento, conferito dal Brandon Hall Group, leader globale nella ricerca e analisi del settore Human capital management, celebra l’eccellenza della piattaforma OpenLearning che si aggiudica il podio nelle seguenti categorie: oro nel Best Advance in Emerging Learning Technology, oro nel ⁠Best Advance in Mobile Learning Technology e argento nel Best Advance in Generative AI Learning. In un panorama tecnologico dominato da grandi player internazionali, la vittoria di una realtà tutta italiana sottolinea come l’innovazione e il talento possano emergere anche alle nostre latitudini. Questa affermazione rappresenta un segnale importante per l’Italia, mostrando come il nostro Paese possa essere protagonista anche nell’innovazione digitale. Sviluppata interamente da Digit’Ed, OpenLearning è una piattaforma che rivoluziona l’esperienza formativa rendendola accessibile, personalizzata e paragonabile alle piattaforme consumer più utilizzate, come YouTube e Netflix. Questo approccio consente agli utenti di usufruire di percorsi di apprendimento immersivi e intuitivi, progettati per offrire un’esperienza utente coinvolgente e intuitiva.

Grazie all’intelligenza artificiale e al machine learning, OpenLearning è in grado di suggerire percorsi formativi altamente personalizzati, modellati su professione, interessi e ruoli degli utenti. Tra le funzionalità più distintive un digital learning assistant, basato su una chatbot intelligente che supporta l’utente in ogni fase. Questo assistente non solo risponde alle domande e propone attività aggiuntive, ma è anche in grado di migliorare le proprie risposte grazie all’analisi della cronologia delle interazioni. Inoltre, può interrogare la knowledge base aziendale per fornire supporto contestuale alle attività lavorative, suggerendo corsi mirati per approfondire le competenze necessarie nel momento del bisogno effettivo. Un’altra importante funzionalità riguarda i contenuti: oltre al catalogo Digit’Ed, che dispone di migliaia di corsi sulle più svariate aree tematiche, la piattaforma è in grado di integrare contributi esterni, dai video di YouTube a esperienze immersive sviluppate per il metaverso, rendicontandone la fruizione all’interno dei piani formativi.

Anche rispetto all’accessibilità, OpenLearning vanta un primato: a partire da gennaio 2025, sarà la prima piattaforma fruibile su smart tv, offrendo così un’esperienza multi-canale senza precedenti. Ed è già in fase di sviluppo l’estensione alle console gaming, rendendo la formazione digitale ancora più versatile.

Vergani spegne ottanta candeline e celebra l’anniversario con un panettone tutto milanese

Era il 1944 quando Angelo Vergani, in un piccolo laboratorio di pasticceria in viale Monza, dava vita a quello che è oggi l’ultimo grande marchio milanese a produrre in città l’originale Panettone di Milano. Sono trascorsi ottant’anni, ma la passione e l’amore con cui la famiglia Vergani, da quattro generazioni, custodisce e tramanda questa tradizione dolciaria di eccellenza sono rimasti immutati. Negli anni, si sono aggiunte la ricerca e l’innovazione per continuare a garantire un prodotto di qualità artigianale anche su numeri importanti. Al timone dell’impresa familiare, attualmente, sono i cugini Lorella e Stefano Vergani (nipoti del fondatore Angelo): radici ben salde nella storia, ma sguardo rivolto al futuro, grazie anche alla presenza in azienda dei figli di Lorella, Andrea e Marco Raineri. “Per festeggiare questo importante compleanno”, spiegano Lorella e Stefano Vergani, “abbiamo realizzato per il Panettone classico uno speciale incarto a mano che celebra la nostra città con una grafica un po’ vintage che si ispira agli anni ’50, quando nostro nonno trasferì la produzione nello stabilimento dove ancora ci troviamo. Sullo sfondo il Duomo, con le sue guglie slanciate, e in primo piano il panettone, che di Milano è senza dubbio un simbolo, come lo è il Duomo: la piazza brulica di persone, c’è un clima di festa, il Natale si avvicina”. Oggi, nel laboratorio di via Oristano (in zona Gorla, a poche centinaia di metri da dove tutto ebbe inizio e dove Angelo Vergani trasferì la produzione nel 1949) nel pieno della campagna natalizia, il numero dei lievitati sfornati è ben lontano dalle poche centinaia prodotte nel 1944, ma la quantità non va in alcun modo a discapito della qualità: ogni panettone è speciale perché prodotto come vuole l’antica tradizione, con la medesima cura artigianale, lo stesso lievito madre creato dal bisnonno Angelo ottant’anni fa – rinfrescato tre volte al giorno, 365 giorni l’anno – e il tempo e l’attesa che sono necessari (sono necessari tre giorni per produrre un panettone di qualità artigianale). Non a caso nel 2018 l’Azienda Vergani ha collaborato con la Direzione generale agricoltura di Regione Lombardia nella definizione del Pat (Prodotto agroalimentare tradizionale) “Panettone di Milano”, contribuendo a delineare degli standard qualitativi minimi e migliorativi rispetto alla maggior parte delle produzioni industriali: fra questi l’esclusivo utilizzo del lievito madre naturale e di ingredienti freschi e di alta qualità.

La famiglia Vergani (foto di Leonardo Battaglini)

Transizione 5.0: cambiano gli incentivi per le imprese. Le novità nella manovra 2025

Il Ministero delle imprese e del made in Italy ha confermato le modifiche al Piano Transizione 5.0, in arrivo con la manovra economica 2025. Le novità mirano a rendere il piano più accessibile e vantaggioso per le imprese italiane e avranno effetto retroattivo, garantendo alle imprese che hanno già avviato investimenti di beneficiare delle nuove condizioni. Il Ministro Urso ha sottolineato che le quattro nuove modifiche rappresentano un “risultato importante e significativo nella direzione auspicata dalle imprese”, evidenziando l’impegno del governo nel sostenere gli investimenti orientati all’innovazione e alla sostenibilità ambientale. Nello specifico, le modifiche riguardano innanzitutto la semplificazione nel calcolo dei consumi energetici: le nuove disposizioni valorizzano il ruolo delle Energy Service Company (Esco) e introducono una procedura semplificata per riconoscere i benefici derivanti dalla sostituzione di beni obsoleti. Prevedono un’aliquota unica per gli investimenti fino a 10 milioni di euro, semplificando il quadro degli incentivi

e favorendo una pianificazione più agevole per le aziende. Inoltre gli incentivi per i pannelli fotovoltaici prodotti in Europa sono stati aumentati, con l’obiettivo di eliminare il divario di costo rispetto ai moduli realizzati fuori dal continente, promuovendo così la produzione europea. E infine il cumulo con il credito d’imposta per gli investimenti nella Zes unica Sud e nelle Zls, nonché con altre agevolazioni nazionali ed europee, ampliando le opportunità per le imprese.

Ci sono delle novità in arrivo anche per il Piano Transizione 4.0: nel pacchetto di emendamenti alla Manovra a firma dei relatori, compare l’esclusione dell’incentivo per i beni immateriali (software) a partire dal prossimo anno, con un forte ridimensionamento della misura. L’emendamento non soltanto elimina l’incentivo sui beni immateriali, ma introduce anche un limite di spesa pubblica di 2,2 miliardi di euro. Lo scopo è quello di guidare le aziende dal vecchio al nuovo Piano, più orientato alla sostenibilità e alla svolta green rispetto allo storico filone di Industria 4.0.

Da sinistra il ministro Adolfo Urso e Michelle Donelan, Segretaria di Stato per la scienza, l’innovazione e la tecnologia nel Regno Unito dal 2023 al 2024.

LA CANTINA SECONDO MATTIA

Il suo arrivo dal mondo dell’automotive ha portato Caleffi ad eccellere per strategia, eleganza e gusto in un mondo vitivinicolo sempre più competitivo

di Fulvio di Giuseppe

Non è solo il luogo in cui si celebra l’arte della vinificazione: è l’essenza di una visione che intreccia innovazione, tradizione e una gestione imprenditoriale di respiro internazionale.

CAPACE

DI FONDERE TRADIZIONE

E INNOVAZIONE,

CALEFFI VALORIZZA

IL SUO PRODOTTO

CON DEGUSTAZIONI

E PARTNERSHIP

CON CHEF STELLATI

Nell’intima eleganza della sala degustazione di Cantina Caleffi, ogni dettaglio trasmette un compendio di arte ed esclusività. È qui che ogni scelta e ogni elemento riflettono un modello di pensiero che trascende il settore vinicolo per abbracciare le logiche strategiche e analitiche proprie delle grandi aziende. Guidata da Mattia Caleffi, la maison è diventata ambasciatrice dell’eccellenza e dello stile italiano nel panorama vinicolo globale. “C’è una profonda similitudine tra l’arte della vinificazione e la gestione strategica d’impresa”, evidenzia il managing director di Cantine Caleffi. “Entrambe richiedono

una visione chiara, una profonda comprensione delle dinamiche di mercato, l’individuazione di differenziali competitivi distintivi e un’implementazione strategica abilitata da un’architettura operativa orientata a creare valore sostenibile e duraturo”.

La sua traiettoria professionale combina un’educazione accademica ingegneristica al Politecnico di Milano con un’esperienza maturata in preminenti imprese del settore automotive, con ruoli di riporto alle direzioni amministrative di Lamborghini e del gruppo Stellantis, sviluppando progetti in contesti internazionali tra Nord America, America Latina ed Europa. Un patrimonio di esperienze che converge nella gestione della maison, espressione di un

Mattia Caleffi vuole posizionare il suo brand, artigianale ed esclusivo, con una forte identità sul segmento dei vini premium.

equilibrio ricercato tra creazione di valore nel presente e costruzione di fondamenta per un futuro sostenibile. Il percorso di Cantina Caleffi, infatti, attinge ai principi manageriali, integrandoli con una visione imprenditoriale capace di tradurre sfide complesse in opportunità di crescita. Con le competenze in ambito strategico di Mattia Caleffi, si ridefinisce il modello di business di una realtà di stampo esclusivo e artigianale, per eccellere su un mercato saturo e governato da logiche consolidate come quelle del mondo vitivinicolo, mantenendo intatta l’identità che ne definisce l’essenza.

Una fusione tra storia e innovazione che prende vita tra le fertili terre rinascimentali che furono dei Gonzaga, patrimonio dell’Unesco, dove la cantina rappresenta un modello di armonia tra passato e futuro. Ogni bottiglia contiene un microcosmo di valori che uniscono il rispetto per la tradizione e l’attenzione per il dettaglio, offrendo un’esperienza che trascende il prodotto stesso. “Il fascino del vino risiede nella sua essenza: un linguaggio sofisticato, capace di tessere legami autentici”, spiega Mattia Caleffi. “Ogni esperienza, sia essa una degustazione intima o di una partnership internazionale,

è progettata per evocare emozioni e costruire relazioni durature”. Collaborazioni con chef stellati Michelin e brand di lusso internazionali consolidano questa filosofia, trasformando Cantina Caleffi in una destinazione esclusiva per intenditori di tutto il mondo.

Nel panorama vinicolo globale, il segmento dei vini premium costituisce una nicchia di mercato in costante crescita. Un’opportunità che Caleffi ha saputo valorizzare con un posizionamento di alto profilo. Attraverso la selezione meticolosa delle

uve dei suoi Cru, l’azienda realizza vini d’eccellenza che esprimono l’eleganza del terroir e l’esclusività dell’artigianalità che li contraddistingue. L’espansione internazionale viene pertanto affrontata con un approccio tailor-made che integra analisi delle preferenze locali con una visione globale, riflettendo una profondità di pensiero autentica. “Ogni bottiglia è un invito a esplorare valori condivisi, a costruire ponti tra culture diverse. Significa comprendere le sfumature culturali, identificare le sinergie, arricchire e innovare la nostra proposta di valore a livello globale mantenendo la nostra distintività”.

Evvea di Cantina Caleffi, vino bianco ottenuto da uve di Malvasia.

NELLA STRATEGIA

DI CRESCITA ANCHE

EVENTI DI PRESTIGIO

La partecipazione a eventi di prestigio con grandi partner internazionali in Nord America, Asia e Medio Oriente ne hanno ulteriormente rafforzato il posizionamento esclusivo, permettendo a Caleffi di rispondere alle esigenze di un pubblico sempre più esigente e sofisticato. “La strategia di crescita non si basa sulla scala, ma sulla profondità delle connessioni create. Ogni mercato conquistato è il risultato di un approccio consapevole, che privilegia relazioni autentiche e una valorizzazione condivisa del prodotto”. Non si tratta solo di preservare un’eredità, ma di plasmarne il futuro, creando un’esperienza che unisce autenticità, eccellenza e visione in una comunione d’intenti con la propria comunità. “È fondamentale porre il nostro sguardo oltre al mero concetto d’impresa, concentrandoci sull’intero ecosistema nel quale siamo immersi”, commenta Caleffi. “E solo governando ed eccellendo nello scambio di valore con i nostri

CON GRANDI PARTNER INTERNAZIONALI,

CAPACI DI RAFFORZARE

IL POSIZIONAMENTO DELL’AZIENDA

stakeholder possiamo creare qualcosa di distintivo che sfugga alle leggi del tempo”.

Ogni decisione presa riflette una visione che guarda oltre il presente. L’approccio strategico che guida la maison si distingue per la capacità di anticipare i cambiamenti del mercato, con una visione orientata all’esclusività e alla sostenibilità. Un ruolo di primaria importanza è svolto dalla formazione di Caleffi, profondamente radicata in una cultura del risultato che privilegia l’eccellenza. Tuttavia, questa ricerca è sempre accompagnata da una sensibilità per l’impatto sociale e ambientale, dimostrando che etica e prestazioni non solo possono coesistere, ma si rafforzano reciprocamente.

“Ogni scelta che facciamo è guidata dalla consapevolezza che il nostro contributo debba estendersi oltre i confini del nostro settore, creando un impatto positivo che vada ben oltre il prodotto in quanto tale”. Questo approccio

Mattia Caleffi alla cerimonia delle 100 Eccellenze di Forbes Italia.
Da sinistra Giacomo, Emanuele, Davide e Mattia Caleffi

ATTRAVERSO

UNA VINIFICAZIONE

ATTENTA, SI POSSONO

CREARE VINI ECCELLENTI

CHE RISPETTINO

IL NOSTRO PIANETA,

SALVAGUARDANDO

SUOLO E BIODIVERSITÀ

ha trasformato Cantina Caleffi in un simbolo di innovazione, responsabile non solo verso l’ambiente, ma anche verso le comunità locali e globali.

Per Caleffi, la sostenibilità non è semplicemente un requisito etico, ma il fondamento dei principi che permeano trasversalmente ogni scelta strategica e ne costituiscono il differenziale competitivo. Questo approccio si traduce in iniziative che vanno dall’adozione di tecniche per la preservazione del suolo, alla conservazione della biodiversità nei vigneti. Ogni aspetto è allineato a una visione più ampia, in cui responsabilità e arte coesistono armoniosamente, creando vini che risuonano per autenticità ed eccellenza. “La vinificazione è un’arte altamente raffinata e delicata”, spiega Mattia Caleffi. “Si tratta di comprendere ogni variabile - suolo, clima, tecnica - e perfezionare il processo per creare qualcosa di straordinario. Ogni bottiglia che porta il nostro nome è concepita per esprimere ricercatezza ed eleganza, generando un valore olistico’’.

Attraverso la sua dedizione alla sostenibilità e alla custodia del patrimonio culturale, Cantina Caleffi non sta solo producendo vini di altissima qualità, ma sta costruendo un’eredità che durerà nel tempo, riflettendo una profonda comprensione della propria responsabilità sociale. Iniziative volte a sostenere la ricerca medica, programmi educativi con istituzioni accademiche e iniziative per l’inclusività in campo sportivo, ne delineano una missione più ampia della maison. “La nostra ambizione non è solo quella di produrre vini esclusivi nel presente, ma di creare qualcosa che vada oltre il nostro tempo”, conclude Mattia Caleffi. “La vera eccellenza non si misura solo in termini di successo, ma nella capacità di ispirare e lasciare un’eredità alle generazioni future”. La vinificazione, qui non è solo un’arte, ma un processo che riflette una visione strategica e manageriale sofisticata, capace di affrontare con metodo e lungimiranza le sfide di un settore in costante evoluzione. Un approccio che ha consacrato la maison come emblema di innovazione e raffinata eccellenza italiana nel mondo..

Evvea e Terra Forte, due vini Caleffi serviti ai Private Banking Awards di Forbes.

LO SPIRITO GIUSTO

Il whisky è l’ultima scommessa vincente di Davide Fregonese, che dalla finanza è approdato prima ai grandi vini e poi a una sua etichetta di single malt scotch di Maurizio Abbati

Davide Fregonese

C’è una weltanschauung, una venatura soffusa di romanticismo nella riscoperta della terra che ha portato Davide Fregonese a lasciare il mondo della finanza, che lo ha portato nelle vesti di manager a girare 25 anni per il mondo, per ripartire dalle sue Langhe. Ma c’è anche la consapevolezza di poter cogliere un’opportunità, quella di fare di una passione un mestiere, in un ritrovato rapporto osmotico con la terra, da cui prendere in termini di sostenibilità e a cui restituire qualcosa con la propria esperienza accumulata nel mondo della finanza. Così è stato, con la creazione Bugia Nen, un’azienda di produzione di vini che guarda a una proposta che passa attraverso due zone a grande vocazione: i dolci pendii delle Langhe da un lato e la Sicilia con i contrafforti dell’Etna dall’altro. Due territori da cui secondo Fregonese passa il futuro dell’enologia mondiale, ai quali però si è aggiunta un’altra meta nelle sue peregrinazioni a caccia di sapori: la Scozia.

Non scorre infatti solo il vino, dal Barolo e il Nebbiolo all’Etna rosso e bianco, nelle vene di Davide Fregonese. C’è un’altra passione che lo anima e lo ha condotto proprio di recente a iniziare una nuova avventura, con la nascita proprio nel

IL PROSSIMO PASSO? “PER QUANTO RIGUARDA

IL VINO VOGLIO

CONSOLIDARE IL MARCHIO, CON IL WHISKY

STO ELABORANDO

IL

SECONDO

PRIVATE

BOTTLING”

2024 della Compagnia Italiana del Whisky e la commercializzazione di un suo primo single malt scotch, Ruadh Mhor, reduce da un invecchiamento di 13 anni.

È vero che oggi l’enologia si affida a grandi manager, ma forse il suo è un caso un po’ diverso. Come è avvenuto il passaggio dal mondo della finanza a quello del vino?

A un certo punto della mia attività di manager mi sono guardato allo specchio e mi sono reso conto che i ritmi che quello stile di vita mi imponeva erano frenetici, nonostante

le soddisfazioni. Dall’altro lato, da piemontese ho sempre avuto questa idea di possedere un mio terreno in cui fare vino. Ci ho messo dieci anni a compiere questa scelta di vita, che è arrivata quando ho trovato un terreno a Serralunga d’Alba, dove è nato il mio primo vino. Non contento, due anni dopo ho fatto la stessa scelta sull’Etna.

Questo mi incuriosisce. Se le Langhe rimandano ai suoi natali, come ha disceso tutta la penisola per arrivare all’Etna?

La prima spinta è stata di natura emotiva. La prima volta che sono

passato da quelle zone sono rimasto colpito dall’aspetto naturalistico. Ma poi c’è stato anche un aspetto tecnico. In Sicilia ho ritrovato quella filosofia di adottare una forte parcellizzazione del territorio che richiama quella piemontese, un’esaltazione del terroir, così come accade per certi valori tanninici. Ho cominciato a lavorarci assieme a un team di enologi e credo che si stiano facendo cose interessanti. Oggi ho le prime gratificazioni anche dai mercati. Ad esempio il Barolo è ben posizionato a Londra, New York, in Svizzera e Montecarlo.

Da tentazione a tentazione. Accanto al vino, il whisky. Che l’ha portata un po’ più lontano. Come è accaduto?

Tutto nasce da una passione, diventata poi investimento. Già in

passato ho collezionato bottiglie, partecipando anche alle aste, poi sono passato ai cask, cioè i barili, acquistandone diversi dopo aver girato per Scozia e Giappone, dove ora il whisky sta invecchiando. Così ho dato vita alla Compagnia Italiana del Whisky creando una mia etichetta, Ruadh Mhor, un single malt scotch invecchiato 13 anni distillato da Glenturret. E sono arrivato al primo private bottling, ovvero 250 bottiglie tutte numerate, confezionate in un astuccio in legno, con un’idea ben precisa: avvicinare il grande pubblico a questo distillato, rendendolo apprezzabile anche da chi non è un fine conoscitore. Il mercato italiano apprezza molto il whisky torbato e io, pur lavorando su un’alta qualità, ho voluto dare vita a un prodotto che sia un compromesso, con un whisky che non sia eccessivamente torbato ma

mantenga i sentori e gli aromi delle highlands, in un equilibrio di note fruttate.

Un’attività che si è andata diversificando, tra vini, whisky e anche aceto balsamico. Cosa c’è nel futuro?

La prima intenzione è ora quella di consolidare il marchio e sto per questo affacciandomi sui vari mercati per farmi conoscere, incontrando i distributori e i clienti. Mi piace sentirmi vicino al consumatore. Sicuramente voglio continuare a fare qualità. Ho appena finito la nuova cantina in Sicilia, ricreando una hospitality in stile anni ’70, e ho intenzione di lavorare per sviluppare il marchio siciliano. Per quello che riguarda il whisky, sto elaborando il secondo private bottling per il prossimo anno e non vedo l’ora di arrivarci..

A Serralunga d’Alba è nato il primo vino di Fregonese. Due anni dopo si è ripetuto sull’Etna, in Sicilia.

IL VINO IN BANCA

Slow Food è un grande movimento internazionale nato a Bra, in Piemonte, nel 1986. Nel corso della sua storia, ha realizzato oltre 10mila progetti in 160 paesi e può contare su un milione di attivisti. Per cosa si battono? In prima istanza per la difesa della biodiversità, promuovendo

l’educazione del gusto e il dialogo tra la società civile e le istituzioni. L’associazione lavora ogni giorno per accorciare la filiera tra chi produce e chi consuma attraverso il Mercato della Terra, si occupa di ‘educazione del gusto’ con gli Orti Slow Food e porta avanti progetti come la Food to Action Academy e l’Accademia popolare del Gusto.

Tra questi anche la Banca del Vino, che nasce nel 2001 con l’obiettivo di custodire e raccontare la ricchezza dei territori e dei vitigni autoctoni. Oltre 100mila bottiglie selezionate tra i migliori vini al mondo, conservate sotto le volte delle cantine dell’Agenzia di Pollenzo. Al suo interno anche laboratori, spazi per eventi e degustazioni..

Le cantine dell’Agenzia di Pollenzo, complesso architettonico che nasce nel 1835 per volontà di Carlo Alberto di Savoia.

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CONOSCERSI PER CRESCERE

Cosa cambiare, in che cosa e come realizzare la trasformazione? Oxigenio assiste le Pmi nel reindirizzare gli sforzi e distinguersi sul mercato, valorizzando il proprio Dna

di Maurizio Abbati

Orientare il cambiamento guardando all’innovazione dalla prospettiva del ‘perché’ e dell’organizzazione sistemica per generare un impatto di valore e posizionarsi in modo unico sul mercato. Oxigenio dal 2002 ad oggi si è caratterizzata come partner prezioso di realtà aziendali di piccole, medie e grandi dimensioni che avvertono il bisogno di agire sul proprio modello organizzativo per reindirizzare gli sforzi e contraddistinguersi. Un metodo di lavoro fondato sul pensiero strategico, come ci spiega la sua fondatrice, ingegner Sara Baroni, che con Valentina Castrezzati, un’altra ingegnera, oggi è alla guida della società.

Tutto muove dalla considerazione che ogni azienda, come sistema, è un insieme di processi interconnessi l’uno con l’altro, con un unico principio motore che ne ispira l’azione. È questo che per Oxigenio costituisce il primo elemento d’analisi, seguendo un approccio che si focalizza sui caratteri fondanti di un’azienda, il proprio Dna, e guardando a quelli che si presentano come i suoi ‘perché, come e cosa’. Sono questi gli elementi chiave per orientare ogni azione di comunicazione interna ed esterna, migliorare la gestione del capitale umano e ottimizzare l’organizzazione dei processi. Il passo successivo è

L’ATTIVITÀ DI CONSULENZA

HA TROVATO CASA IN OFFICINASTRATEGIA, UN LUOGO FISICO

DOVE NASCONO AZIENDE, NUOVE LINEE DI BUSINESS, PROGETTI DI MARKETING E PIANI D’AZIONE.

UNO SPAZIO DOVE

PRATICARE

IL PENSIERO STRATEGICO

quello di orientare un cambiamento, a volte non facile da compiere a causa delle naturali resistenze alle novità che si possono presentare, assemblando in un format unico varie teorie come la Teoria dei Vincoli, Strategia Oceano blu, Antifragilità e l’esperienza concreta di 20 anni e centinaia di progetti.

Un metodo che si adatta benissimo a realtà come la piccola e media impresa, che ha caratteristiche tipiche. “Le Pmi sono delle realtà con un Dna molto forte, che si lega alle persone che le hanno fondate e spesso hanno a disposizione risorse limitate, con un approccio legato alla produzione più che alla strategia di sviluppo”, afferma Sara Baroni. “Il nostro supporto le invita a mettere a fuoco il contesto ampio in cui agiscono e a guardarsi in profondità, alla ricerca dei punti di eccellenza unici che non solo li posizionano meglio, aumentando la percezione del loro mercato, ma diventano anche una linea guida per un sistema di governance

aziendale efficace, capace di superare la tradizionale gerarchia funzionale, oggi ormai obsoleta e limitante. Progetto dopo progetto consolidiamo il nostro metodo per guidare imprenditori e allenare le competenze di leadership dei manager”.

Un’attività di consulenza che ha trovato poi anche casa, si potrebbe dire, un luogo fisico in cui manifestarsi. Questo spazio si chiama OfficinaStrategia, ed è nata nel 2009: “Si tratta di un luogo dove ci si pone l’obiettivo di superare il conflitto tra operatività e strategia, che spesso nelle Pmi va a discapito della seconda”, aggiunge Baroni. “Un luogo pensato e progettato per praticare il pensiero strategico e allenare il focus e la capacità di guardare ampio e da prospettive diverse. Qui nascono aziende, nuove linee di business, strategie di marketing, progetti di riorganizzazione, piani d’azione per la sostenibilità e l’impatto, da poco anche progetti editoriali. In OfficinaStrategia ridisegniamo aziende, ispirando nuovi modelli di sviluppo e di governance. Qui i manager, da soli o in team, vengono per lavorare in full immersion guardando alla propria realtà in modo profondo, allenando le competenze di leadership. L’esperienza più richiesta oggi è in modalità offline, senza distrazioni e con una gestione

sapiente dell’energia delle persone, in modo tale da aiutarle a massimizzare la performance di strategia in tempi strettissimi”.

Per chi non frequenta OfficinaStrategia (che ad oggi ha una sola sede a Brescia, ma prevede di espandersi a Milano) c’è un altro modo per accedere al metodo e alla conoscenza di Oxigenio: il Commentario, un prodotto editoriale sui generis frutto dei percorsi compiuti

da Sara Baroni e dal suo team. “La nostra comunicazione non può essere superficiale e veloce, per coerenza deve andare a fondo. Così abbiamo deciso di dare vita a una pubblicazione cartacea, frutto della nostra capacità di andare in profondità a esplorare un tema da diverse prospettive, attraverso il confronto. Cambiamento, Antifragilità, Percorsi e Identità sono i temi delle quattro pubblicazioni”. Con l’ultimo di questi, si arriva all’essenza del lavoro di Oxigenio e alla sua

vocazione: “La ricerca dell’identità è per tutti, aziende, persone, territori. È il percorso che dà il senso stesso a tutto quello che facciamo, perché ci porta a scoprire perché lo facciamo. Questo garantisce di vivere una vita piena e di portare nel mondo un’azione coerente e focalizzata, quindi vincente. Non è guardando ai competitor che ci si posiziona in modo unico, bensì imparando a capire cosa identifica la nostra organizzazione, per giocare su un campo in cui non abbiamo rivali”, sostiene Sara Baroni.

Una spinta a cercare la chiave per il futuro, che per Oxigenio non può che orientarsi alla sostenibilità. “Per noi resta un aspetto centrale, poiché determina la qualità della vita, oltre che del lavoro. Dall’inizio del 2024 siamo diventati anche società benefit, un passo che è solo il riconoscimento della nostra attività sulla governance delle aziende e il rinnovamento dell’impegno a guardare tutto ciò che facciamo dalla prospettiva dell’impatto che genera nel mondo. Al centro di tutto il benessere delle persone: la valutazione dell’impatto sociale di un’azienda è un elemento strategico che guarda sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione, in un paradigma di business infinito che trova nel profitto il mezzo per continuare a generare valore”..

Sara Baroni, fondatrice di Oxigenio

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UN A LOGISTICA FAT TA PER BENE

Depositi moderni, digitalizzazione, riduzione dell’utilizzo della carta: Coop Alleanza 3.0 sta ottimizzando i processi interni in ottica sostenibile, per l’ambiente e per il business

di Maurizio Abbati

La prima imbarcazione a impatto zero per il trasporto delle merci della grande distribuzione nella laguna di Venezia.

Sostenibilità e una logistica con una forte implementazione della supply chain rappresentano un’equazione che si pone come cardine di uno sviluppo consapevole, anche nell’ambito del commercio. Uno sviluppo in cui la moderna tecnologia assume un ruolo di regolatore dei sistemi, dalla produzione alla distribuzione, fino al trasporto.

Questa equazione si esemplifica nell’operatività di Coop Alleanza 3.0, la più grande cooperativa di consumatori italiana e una delle più grandi in Europa. Una realtà che, con i suoi 2,2 milioni di soci, 350 punti vendita dislocati in 8 regioni, 17mila dipendenti, un fatturato di circa 4 miliardi di euro e un patrimonio netto di quasi 2 miliardi, si affida a Tesisquare per la gestione di alcuni processi chiave della propria logistica. Il primo elemento chiave in questo processo è l’attenzione all’ambiente, che per Coop Alleanza 3.0 si traduce in un bilancio di sostenibilità in cui sono delineati

i piani operativi e gli obiettivi da raggiungere. “La sostenibilità per noi si pone come elemento imprescindibile in ciascuno dei suoi aspetti, da quello sociale a quello ambientale”, spiega il direttore logistico Paolo Rangoni. “Sostenibilità che oggi non è solo un dovere nei confronti dell’ambiente, ma anche un fattore decisivo per quanto riguarda l’ottimizzazione dei costi, a cominciare dal risparmio energetico. Tanto è vero che abbiamo avviato un processo di ammodernamento dei nostri depositi rinnovando gli impianti ed orientandoci sulle energie rinnovabili, aumentando il fabbisogno coperto dal fotovoltaico”.

Poi ci sono altri aspetti della sostenibilità altrettanto importanti, come la digitalizzazione, che in prospettiva dovrà portare Coop Alleanza 3.0 a ridurre al minimo anche l’utilizzo della carta. “Un primo impatto si è già visto sui classici scontrini, tanto che già adesso i nostri soci

possono scegliere di rinunciare a quello cartaceo per ricevere quello digitale all’interno della propria area riservata su app e sito web Coop. Stesso discorso per le consegne di merce ai negozi, con la futura eliminazione della bolla di accompagnamento dettagliata a favore della visibilità sul sistema di back office. Altrettanto importante è la riduzione progressiva degli imballaggi anche attraverso il riutilizzo, adottando, sempre dove è possibile, modelli di economia circolare. Un altro aspetto è quello dei trasporti. Il nostro obiettivo è la costruzione di una rete di depositi adeguata in termini di volumi e di posizionamento, così da ridurre, grazie a sedi più baricentriche, la necessità di spostamento”. Sempre per il trasporto, che per Coop Alleanza 3.0 è interamente terziarizzato, l’obiettivo è quello di incentivare i fornitori - anche con l’adozione di contratti più lunghi e migliori garanzie - attraverso l’efficientamento dei mezzi, con un rinnovo della flotta e con l’inserimento di veicoli a basse

emissioni (Euro 6 e utilizzo di carburanti di origine non fossile, come l’Hvo). “Sono da considerare anche i costi e la difficoltà di utilizzare mezzi elettrici”, aggiunge Rangoni. “Questi nel breve termine potranno vedere applicazione solo in ambiti specifici come le Ztl o in contesti particolarmente delicati. Ad esempio come la laguna di Venezia, dove siamo l’unico distributore ad adottare una particolare chiatta ibrida”.

Queste iniziative rientrano nel Piano di sostenibilità 2024-2027, con cui la Cooperativa ha definito i propri impegni per generare valore per ambiente, persone e territori, andando oltre la ‘semplice’ ambizione di convenienza e qualità. Attraverso questo programma, i soci con i loro acquisti contribuiscono a realizzare obiettivi specifici negli ambiti Esgr. Il Piano include azioni concrete e target misurabili, come la riduzione dei consumi energetici, l’attivazione di progetti di economia circolare, lo

sviluppo delle iniziative a favore dei dipendenti, con un focus sulla parità di genere, il supporto alle comunità locali e la promozione di una cultura della sostenibilità.

Un elemento del piano di sostenibilità è la gestione della logistica orientata all’ottimizzazione dei processi, ed è in questo ambito che le piattaforme collaborative Tesisquare permettono a Coop Alleanza 3.0 di aumentare la visibilità, la pianificazione dei flussi in ingresso e in uscita dalle proprie piattaforme logistiche e la gestione digitali dei documenti.

“Il nostro flusso di comunicazioni con i fornitori passa attraverso la piattaforma di pianificazione Tc1, che consente di ottimizzare i flussi in ingresso, in quanto dà modo di sapere con esattezza quando saranno ricevute le consegne presso i nostri depositi e per quanto tempo i mezzi resteranno impegnati nello scarico. In tal modo non solo si gestiscono meglio le attività di deposito, ma il trasportatore può ottimizzare

l’uso dei mezzi e delle ore di guida. Attraverso la piattaforma Tms viene invece gestita la componente dell’outbound, con una visibilità completa dell’intero sistema con una mappatura dei viaggi effettuati e tutte le statistiche relative all’utilizzo dei mezzi. Un altro elemento centrale del nostro sistema che va ancora in direzione dell’ottimizzazione è la digitalizzazione dei flussi di consegna a deposito e in particolare a negozio. La messaggistica elettronica permette di effettuare le operazioni di ricevimento con una riduzione del tempo impiegato ed eliminando le contestazioni relative ad incongruità tra ordine e merce consegnata. Credo che guardando al futuro - come individui e come soggetti attivi in aziendadobbiamo sforzarci di considerare la sostenibilità come un modo di svolgere tutte le attività, non come piani specifici avulsi dalla gestione di tutti i giorni. La collaborazione di filiera e la collaborazione di Coop Alleanza 3.0 con Tesisquare vanno in questa direzione”..

ABBRACCIARE LA GENERAZIONE Z

I giovani hanno nuove modalità di rapportarsi con il lavoro. Comprenderle, per un’azienda, è fondamentale.

Così Leanbet vuole connettere il mondo accademico con l’industria

di Andrea Salvadori

Le aziende guardano oggi con grande attenzione alla Generazione Z, cercando di comprendere le loro modalità di rapportarsi al mondo del lavoro, spesso non immediatamente intuibili. Il mondo imprenditoriale è chiamato, infatti, a confrontarsi con le nuove leve del mercato e, di conseguenza, ha bisogno di conoscerne i tratti distintivi. “La Gen Z è stata forse etichettata frettolosamente per un approccio al sacrificio e alla resilienza che differisce da quello delle generazioni precedenti: sono giovani che cercano un equilibrio tra vita privata e lavoro, adottando talvolta visioni meno convenzionali rispetto a quelle tradizionali del business”, riflette Andrea Bet, ceo della società di consulenza e formazione Leanbet. “Tuttavia, accanto a questi tratti, esiste una prospettiva più complessa e interessante che merita di essere esplorata. La Gen Z è una

L’INIZIATIVA OFFRE

VANTAGGI PER ENTRAMBE

LE PARTI: LE AZIENDE

OTTENGONO VISIBILITÀ

E RACCOLGONO INSIGHT

PREZIOSI, MENTRE I GIOVANI

VEDONO CONCRETIZZARSI

CIÒ CHE HANNO APPRESO

TEORICAMENTE DURANTE

GLI STUDI

generazione di giovani motivati, curiosi e determinati a comprendere in profondità ciò che si cela dietro la superficie. Sono pieni di energia, spirito innovativo e pronti a portare il loro contributo in un mondo del lavoro che necessita di rinnovamento. Le aziende hanno un’opportunità straordinaria di alimentare le loro sinapsi aziendali con una nuova linfa vitale, ma solo se sono pronte ad aprirsi al dialogo con questi giovani talenti”.

Èproprio su questo principio di apertura che si fonda il progetto Porte Aperte all’Università, un’iniziativa che mira a connettere il mondo accademico con l’industria in modo diretto e concreto. Il programma, ideato da Leanbet, si articola in visite formative presso le aziende ed è rivolto sia agli universitari, sia agli studenti del quarto e quinto anno delle superiori e degli Its. “Nel mio ruolo di docente all’Università di Ferrara e Udine, e con la lunga esperienza di Leanbet nella formazione aziendale, ho sempre avuto a cuore il percorso di crescita dei giovani e il loro inserimento nel mondo del lavoro. Conosco bene il disorientamento che vivono i neolaureati quando si trovano a dover affrontare per la prima volta la realtà aziendale”, sottolinea Andrea Bet. “Dall’altra parte, molti manager mi raccontano quotidianamente delle difficoltà

nel trovare giovani talenti motivati, pronti a entrare nel mercato del lavoro e a crescere all’interno delle loro aziende. Da qui è nata l’idea di costruire un ponte tangibile, che connetta l’industria con l’università, creando opportunità concrete per entrambe le parti”.

Il programma è progettato su misura per le esigenze delle aziende ospitanti. La prima fase è solitamente dedicata alla presentazione dell’impresa, seguita da un tour delle aree produttive o degli spazi dove vengono erogati i servizi, per illustrare la struttura aziendale, le diverse funzioni

operative e le metodologie adottate. Successivamente, le aziende possono invitare gli studenti a cimentarsi in sfide pratiche, proponendo soluzioni innovative su temi come la sostenibilità o la digitalizzazione. Il programma culmina con un momento di confronto diretto, in cui i manager condividono il loro percorso professionale, offrendo agli studenti spunti di riflessione sulle opportunità di carriera. Tra le aziende che hanno già partecipato al progetto figurano realtà di primo piano come Danfoss Power Solutions, L.T.E. Lift Truck Equipment, Sica, Vimec, Eurobearings e Faro Industriale. “I manager aziendali rimangono sempre sorpresi dall’energia, dalla motivazione e dall’entusiasmo che questi giovani talenti dimostrano. ‘Mi ha permesso di uscire dagli schemi universitari’, ‘È stato lungimirante’, ‘È bellissimo vedere applicati i concetti studiati in aula nella realtà aziendale’ sono solo alcune delle dichiarazioni degli studenti al termine dell’esperienza. Il bilancio è sempre positivo per entrambe le parti: le aziende ottengono visibilità e raccolgono insight preziosi, mentre i giovani hanno l’opportunità di vedere concretizzarsi, in poche ore, ciò che hanno appreso teoricamente durante gli studi. L’esperienza pratica, dopo anni di studio, rende infatti l’apprendimento più ricco e stimolante, migliorando le competenze professionali degli studenti”.

Il progetto Porte Aperte all’Università ha dimostrato che non sono solo le grandi multinazionali a offrire percorsi interessanti e stimolanti per i neolaureati, ma anche molte realtà industriali B2B. “Proprio i cosiddetti Small Giants, luoghi di grande valore dove l’attenzione alle persone, la qualità dei processi e l’innovazione sono al centro delle strategie

aziendali. Il mio consiglio alle aziende è chiaro: abbracciamo queste nuove generazioni, formiamole e rendiamole il carburante per i nostri motori. Come insegna il Kaizen, ogni risorsa, a ogni livello, è fondamentale per costruire una cultura aziendale forte e resiliente. Oggi, più che mai, è necessario integrare nella propria visione strategica la mentalità della Generazione Z: una generazione nativa digitale, flessibile, desiderosa di fare la differenza e di contribuire a un mondo migliore. Abbracciarla non è solo un atto di apertura, ma una scelta strategica per diventare un’azienda più competitiva, sostenibile e al passo con i tempi”..

Nelle foto, le visite formative organizzate da Leanbet nelle sedi di alcune aziende.

CAMPIONI DI INNOVAZIONE

Hpe e Amd collaborano per supportare le aziende con soluzioni tecnologiche sicure, sostenibili e in grado di assicurare prestazioni elevate

Dai più veloci supercomputer della terra alle aziende leader di mercato, dai grandi hyperscaler alle piccole e medie imprese, “Amd ha saputo guadagnare la fiducia dei clienti grazie all’innovazione, alle performance e all’efficienza energetica dei processori Epyc”, afferma Dan McNamara, responsabile della divisione server di Amd, commentando l’introduzione della quinta generazione, la più completa mai lanciata finora. I nuovi processori basati sulla tecnologia Zen5 partono infatti con un economico ed ecologico 8 core, ideale per i workload Smb, per arrivare al potentissimo 192 core che, come minimo, doppia le performance di qualsiasi altro processore x86 in circolazione.

TRA LE NOVITÀ

IL SERVER PROGETTATO

PER L’EDGE COMPUTING, FONDAMENTALE PER

QUALUNQUE FABBRICA, MAGAZZINO, OSPEDALE

O SUPERMERCATO

CHE ABBIA BISOGNO

DI ELABORARE GRANDI

QUANTITÀ DI DATI

Non parliamo però soltanto di potenza pura: i nuovi processori Amd Epyc di quinta generazione introducono significative novità anche in altri ambiti. Innanzitutto, viene introdotta la tecnologia ‘Trusted I/O for confidential computing’, che garantisce la sicurezza dei dati immagazzinati, in elaborazione e in transito tra i sistemi. Questo permette ai cio di affidare al digitale l’operatività e il business della propria azienda, senza temere che le informazioni possano in qualche modo essere rubate. Inoltre, la tecnologia produttiva del silicio a tre nanometri riduce la quantità di energia elettrica necessaria a far funzionare i processori,

la temperatura operativa e, quindi, le necessità di raffreddamento. Ciò vuol dire minori consumi energetici e maggiore sostenibilità. Infine, l’adozione delle istruzioni per il calcolo parallelo permette di eseguire alcuni algoritmi di intelligenza artificiale senza la necessità di aggiungere un acceleratore grafico.

Hewlett Packard Enterprise (Hpe) ha integrato i processori Amd Epyc di quinta generazione su tutti i modelli di server Hpe ProLiant Gen11, offrendo soluzioni su misura per tutte le applicazioni aziendali, incluse, finalmente, le applicazioni tipiche di una piccola e media impresa. Dal punto di vista dell’affidabilità e della resilienza, le funzionalità di sicurezza dei processori Amd Epyc di quinta generazione sono naturalmente integrate con

la Hpe iLO6, il chip di gestione dei server Hpe ProLiant Gen11, proprietà intellettuale di Hpe. Visto il numero crescente di attacchi informatici che i data center subiscono, la Silicon root of trust di Hpe, ovvero la sicurezza cablata all’interno del silicio con cui è fatta la iLO6, diventa uno strumento indispensabile per poter memorizzare ed elaborare i dati aziendali senza paura che questi vengano sottratti o semplicemente resi non disponibili.

Tenendo in considerazione le opportunità di consolidamento che i server HPE ProLiant Gen11 basati sui processori Amd Epyc di quinta generazione offrono, è arrivato il momento di calcolare il Tco della propria infrastruttura, valutandone i costi energetici, la complessità di gestione, i rischi per la sicurezza, e pensare a un refresh tecnologico.

C’è un’altra novità nella collaborazione tra Hpe e Amd: il DL145 Gen11, il server progettato per l’edge. Ogni processo industriale produce una grande quantità di dati e necessita che questi dati vengano elaborati in tempo reale lì dove devono poi essere poi utilizzati per guidare l’operatività. Non importa se stiamo parlando di una fabbrica

automatizzata, di un magazzino, di un ospedale o di un ipermercato: l’edge computing, ovvero l’elaborazione dati al di fuori dai datacenter, è oggi fondamentale per molte aziende.

L’edge computing ha esigenze particolari: i server devono essere installati in locali non climatizzati, polverosi e senza rack; le macchine devono condividere gli spazi con il personale e quindi fare poco rumore, i server devono essere compatti e versatili e, più che di grandi performance, i server all’edge hanno bisogno di sicurezza, resistenza e di essere facilmente gestibili da remoto. Proprio per soddisfare queste esigenze nasce il server Hpe ProLiant DL145 Gen11. Si tratta di un server robusto e compatto che può essere utilizzato come un tower, inserito in un rack, oppure installato appeso a una parete. Le connessioni sono tutte nella parte frontale del server e può essere protetto dalla polvere grazie a un filtro da posizionarsi nella parte anteriore. Lo chassis è progettato per resistere alle vibrazioni ed è protetto da una serie di sistemi antimanomissione.

Èdotato di un processore Amd Epyc Siena che può arrivare a 64 core, così da supportare le applicazioni più esigenti in

termini di prestazioni e allo stesso tempo avere un consumo massimo di 200W. Questo vuol dire non solo risparmio energetico, ma anche la possibilità di operare a temperature elevate. Infatti, il DL145 Gen11 è progettato per funzionare in ambienti estremi, con temperature che vanno dai -5°C ai 55°C.

Laddove i clienti abbiano macchine distribuite in diversi siti, è possibile gestirle tutte da Compute Ops Manager, la piattaforma cloud-based per la gestione di tutti i server ProLiant di decima e undicesima generazione. Sul DL145 Gen11 possono essere installate GPU così da poterlo utilizzare per tutte le applicazioni AI, dalla computer vision al controllo dei processi operativi di fabbrica. I server Hpe ProLiant DL145 Gen11 sono disponibili anche attraverso il programma Smart Choice, che permette ai clienti di acquistare, attraverso i partner di canale, i prodotti Hpe più venduti ai prezzi più competitivi e riceverli già integrati e testati in fabbrica. Una serie di soluzioni innovative capaci di offrire un grande potenziale ad ogni tipo di azienda .

BELLA RICCA

Sito Unesco dal 1994, Vicenza è anche una delle punte dell’imprenditoria italiana, con una spiccata vocazione all’export e una spesa media per famiglia tra le più alte del Paese

di Piera Anna Franini

Tra le aziende più rappresentative del distretto della meccatronica c’è la Komatsu Italia Manufacturing. Le venti aziende del settore generano un fatturato di circa 3,2 miliardi di euro.

Sfugge al turismo semplificato di quanti identificano la Bell’Italia con il tridente Roma-Firenze-Venezia. Eppure Vicenza e la sua provincia sono di potente bellezza, dal 1994 sito Unesco. È notevole l’armonia di forme e colori messi in campo da un cittadino veneto che disegnò il volto della cittadina. È Andrea Palladio, artefice di una trasformazione radicale della città per la quale progettò gioielli come la Basilica Palladiana e il Teatro Olimpico (1585), il più antico teatro stabile coperto di epoca moderna. Palladio andò oltre l’urbe disseminando la campagna e i colli di ville e palazzi. Spicca per fama la Rotonda, da cui trasse ispirazione la Casa Bianca.

Vicenza è dunque meta di un turismo colto, oltre lo steccato della terna di cui s’è detto, e che contribuisce alla prosperità di un’area tra le punte dell’imprenditoria italiana. Qui brillano più comparti: meccanica e meccatronica, oreficeria, concia, lapideo, materie plastiche, lapideo, grafico-cartario, tessile-abbigliamento, legno-

arredo. Con l’eccezione della filiera della pelle, tali vocazioni non si esprimono in distretti ma in un reticolo di aziende diffuse. Se ne contano 100mila, per un valore aggiunto che supera i 31 miliardi di euro, numeri che fanno di Vicenza l’area italiana con la più alta concentrazione di aziende (così la locale Camera Commercio). A dire il vero, nell’ultimo decennio sono state perse 4.128 imprese (-5%), perlopiù sotto i nove addetti, i settori più colpiti sono il legno (-22,9%), la moda (-20,6%), il cuoio e le pelli (-18,7%), l’agricoltura (-14,2%). In compenso sono aumentate le imprese legate ai servizi e alla conoscenza: finanza +172,1%, sanità +84,5%, consulenze aziendali +78%, software +39,4%, servizi per gli edifici +36,3%, servizi per gli uffici +31,1%. A tacere di questa decrescita, si registra un aumento degli occupati, in tutto 385mila, che producono un valore aggiunto procapite di 36.527 euro, sopra la media italiana di 29.703. Questo ha ripercussioni anche sulla spesa media delle famiglie per l’acquisto di beni durevoli, pari a 3.269 euro contro la media italiana di 2.687 euro.

VERSO I MERCATI GLOBALI

Imprese sul territorio

Aziende attive all’estero

Per export in Italia

Per export pro capite

È spiccata la propensione all’internazionalizzazione. Dall’indagine condotta da Marco Mutinelli, su iniziativa di Confindustria Vicenza, emerge che oltre 450 aziende vicentine sono attive all’estero tramite filiali o joint-venture, con 1.200 sedi operative globalmente, per un giro d’affari di 16 miliardi. Primato che fa di questa provincia la più internazionalizzata del già prospero Veneto. Oltre il 40% delle iniziative estere si trova nei Paesi Ue, quindi nel Nord America e in Asia orientale, con una presenza del 13%. Vicenza si conquista un terzo posto per valore assoluto dell’export, alle spalle di Milano e Torino, mentre è la numero uno per export pro capite; il comparto più significativo è quello metalmeccanico (48,5%), seguito dalla concia (10,6%), tessile (9,3%), orafo (8,9%).

MECCATRONICA IN TESTA

Il comparto della meccatronica, che comprende meccanica, informatica ed elettronica, è il settore di punta della provincia, conta 578 aziende della sezione Meccanica di Confindustria e 2.300

VICENZA È META

DI UN TURISMO COLTO

CHE RITROVA NEL VOLTO

DELLA CITTÀ

LA MANO GENIALE

DI ANDREA PALLADIO

nell’analogo comparto di Confartigianato. Nel 2023 Confindustria Vicenza e Confartigianato Imprese Vicenza hanno firmato un accordo tra i due sistemi di rappresentanza così da definire al meglio una serie di azioni comuni a supporto delle imprese rappresentando così un caso di scuola. Tali aziende operano - anzitutto ma non solo - nel comparto del packaging, delle macchine per il settore alimentare, per la lavorazione del legno e dei metalli; si fabbricano componenti elettrici, di computer e di unità periferiche di motori, generatori e trasformatori elettrici, di apparecchiature elettriche quali insegne luminose, resistenze, condensatori, quindi macchinari e apparecchiature quali motori e turbine, pompe, rubinetti e valvole, bruciatori. Le venti aziende del distretto generano un fatturato di circa 3.2 miliardi di euro: in testa la Komatsu Italia Manufacturing, seguita da Pietro Fiorentini, Salvagnini Italia, Ceccato Aria Compressa, Mitsubishi Electric Hydronics & It Cooling System, e Laverda Agco.

LA FILIERA DELLA PELLE

Si tratta del polo produttivo di settore numero uno d’Italia, coprendo il 58% del fatturato nazionale nel settore conciario, con quasi 13 mila addetti distribuiti in 750 imprese (dati Confartigianato). Occupa il 22% degli addetti al manifatturiero con un export pari a 2,7 miliardi di euro. Le aziende della concia rappresentano il cuore del distretto, che annovera realtà attive nella produzione di macchinari specificamente progettati per l’industria conciaria. La meccanica per la concia rappresenta infatti un’eccellenza mondiale e una peculiarità del distretto veneto della pelle. Che si allarga alle aziende chimiche impegnate - attraverso progetti di ricerca e innovazione - a individuare soluzioni capaci di aumentare la qualità e la sostenibilità dei processi produttivi. Fanno parte del distretto anche le aziende che si occupano del riciclo dei residui e degli scarti della lavorazione conciaria. Certo è che la crisi che ha investito la moda si è allargata anche a questo comparto, dove si registra una perdita netta di posti.

IL MARMO, TRA LAVORAZIONE ED ESTRAZIONE

Vicenza contribuisce a fare dell’Italia uno dei leader mondiali nell’estrazione e nella lavorazione della pietra naturale. In 70 città distribuite fra Verona e Vicenza si è venuto a costituire il distretto del marmo e della pietra, con 4355 addetti dei quali 4099 impegnati nella lavorazione e 256

Imprese

del fatturato nazionale del settore

2,7 mld

L’export in euro 58%

ECOSISTEMA DI ALTA GAMMA

Rino Mastrotto eccelle nella produzione e lavorazione dei pellami. Fondato nel 1958 come impresa a conduzione familiare, il gruppo è diventato un punto di riferimento mondiale nel segmento dei pellami di alta gamma, del lusso e dell’alta moda. Attinge a un proprio ecosistema industriale che dalle concerie si allarga ad aziende specializzate in servizi, componenti e accessori destinati all’industria della moda. Rino Mastrotto ha ampliato il portafoglio con la recente acquisizione di Mapel, società leader nella produzione di nastri e componenti per borse, rafforzando così la propria offerta integrata per i brand del lusso.

I SIGNORI DEL MARMO

È nata nel 2010 dall’esperienza di Decormarmi. Il nome ‘Kreoo’ si rifà alla Grecia classica, che ha per simbolo l’acropoli voluta da Pericle: per la legge del contrappasso sbriciolata con un colpo di cannone proprio dai Veneziani nel 1687. Kreoo veste di marmo residenze private e spazi pubblici, dal bagno, ai tavoli, sedute, pavimenti e rivestimenti. Tra i pezzi icone del design contemporaneo, la collezione Blessed, che comprende vasca e lavabi che accoppiano sempre due marmi differenti per esterno e interno del prodotto. Poi Treasure, una gamma di porta candele che lavora su spessori sottilissimi di marmo e sulla policromia; Mercy, il lavabo scultura, Gong e Kora. Questo poiché Kreoo ha stretto alleanze con importanti designer. Tra gli altri anche Christophe Pillet, Marco Piva, Alberto Apostoli, Enzo Berti, Matteo Nunziati, Sebastiano Zilio e Marco Spatti.

TRA

VERONA E VICENZA

SI FORMA IL DISTRETTO DEL MARMO

nell’estrattivo. Si contano 535 imprese dedite al taglio, modellatura e finitura di pietre (370 a Verona e 165 a Vicenza), e 74 impegnate nella estrazione (33 a Verona e 41 a Vicenza).

E DELLA PIETRA, CHE CONTRIBUISCE A RENDERE L’ITALIA

UNO DEI LEADER MONDIALI DEL SETTORE

Verona e Vicenza assieme coprono il 31% delle esportazioni italiane, con 378,5 milioni di euro nei primi 9 mesi del 2023, i primi tre mercati sono rappresentati da Stati Uniti, che assorbono il 24%, Germania e Francia. Ormai da tempo, le imprese del distretto attingono ad aree estrattive di tutta l’Italia ma soprattutto estere. La prima fonte di approvvigionamento è l’India, seguita da Brasile e Sudafrica.

VOCAZIONE ORAFA

Sono tre i poli della gioielleria italiana, cui si deve il 75% dell’export nazionale. Uno di questi è a Vicenza, dove si contano oltre 800 aziende, 10mila addetti e un fatturato di 3 miliardi di euro. Non poteva che prendere corpo qui Vicenza oro, l’evento leader in Europa per tutto il mondo orafo gioielliero (approfondimento a pp. XXX). La gamma della produzione vicentina comprende monili di alta gioielleria in stile moderno e antico, semigioielleria, oreficeria fine senza pietre, oreficeria e argenteria a maglia catena e stampata, gioielli d’argento di tendenza, minigioielleria in oro e in argento, semilavorati, montature per gioielli,

chiusure, portaorologi, vasellame d’argento, servizi da tavola, complementi d’arredo, incisioni, sculture, quadri. Qui si cesella l’oro e si incastonano pietre preziose da secoli: già nel 1399 si costituiva la Fraglia degli Orafi di Vicenza, una corporazione di 150 artigiani vicentini. Con il Rinascimento arrivava la consacrazione grazie alla figura di Valerio Belli, amico di Michelangelo e di Raffaello, che lo ritrassero. Con la seconda rivoluzione industriale, le botteghe e laboratori si avvicendavano con aziende, in genere a conduzione familiare. Oggi prevalgono le aziende di medie e piccole dimensioni, spesso a carattere artigianale e con elevata specializzazione, diffuse a Vicenza e nei comuni di Trissino e Bassano del Grappa.

IL RUOLO DELLA GOMMA

Il comparto della gomma e delle materie plastiche, per la verità negli ultimi tempi in sofferenza, comprende ben 204 aziende, con fatturato complessivo (registrato nel 2022) di 2,4 miliari di euro, il 48% del quale deriva dalle dieci aziende più importanti del settore. Tra queste spiccano Brillano Fitt, Crocco, Clerprem, Sacme, Srlc. Il comparto, che si allarga alle province di Padova e Treviso, a Vicenza si esprime anzitutto nella specializzazione in semilavorati, siano essi in plastica o gomma. .

IL CUORE DELLA GIOIELLERIA

Con circa 1.300 brand espositori e visitatori

da oltre 140 paesi, Vicenza Oro si conferma un riferimento internazionale tra le fiere del settore

di Laura Astrologo Porché

Negli ultimi anni, Vicenza Oro si è affermata come la principale piattaforma europea per il settore della gioielleria e dell’oreficeria, diventando un punto di riferimento globale per brand, designer e buyer internazionali. La manifestazione, che nel 2024 ha celebrato i suoi settant’anni, rappresenta non solo un’eccellenza italiana ma un modello di innovazione e resilienza. “Vicenza Oro è oggi la fiera con più storia al mondo nel settore della gioielleria”, afferma Matteo Farsura, global exhibition manager di Ieg (Italian Exhibition Group). “Questo successo è il risultato di decenni di lavoro con aziende espositrici e visitatori, molte delle quali sono arrivate alla seconda o terza generazione di partecipazione”. The Boutique Show, il format distintivo della fiera, consente di rappresentare l’intera filiera del settore: tecnologie, semilavorati, pietre preziose, brand di alta gamma e orologi. Questa completezza offre ai buyer internazionali un’esperienza unica, permettendo loro di trovare tutto ciò che occorre

per il business in un unico luogo. Un altro elemento cruciale è la portata internazionale di Vicenza Oro. Mentre gli espositori sono al 60% italiani (dati Vicenza Oro di settembre 2024), quasi l’80% dei visitatori proviene dall’estero. La collaborazione con istituzioni come Ice ha ulteriormente rafforzato questo ruolo, attirando buyer e visitatori da oltre 140 Paesi. “Vicenza, pur essendo una città di dimensioni contenute, si distingue per le sue caratteristiche uniche e per il contesto straordinario offerto dal territorio italiano. Ciò la rende una fiera ideale, capace di competere con manifestazioni internazionali di grande rilievo come il Jck di Las Vegas o di Hong Kong”.

Questa unicità si riflette anche nell’esperienza offerta ai visitatori, che va ben oltre il business tradizionale. Vicenza Oro propone infatti un programma ricco e diversificato: eventi formativi e informativi che aiutano i buyer a conoscere meglio il mercato e le nuove tendenze fino a una serie di eventi serali che offrono momenti di svago con opportunità di networking in un’atmosfera più informale. Questi elementi, insieme alla valorizzazione del contesto territoriale, hanno contribuito a rendere Vicenza Oro un luogo dove business, innovazione e cultura si intrecciano in modo unico”, continua Matteo Farsura.

Uespositivi, il che ci permetterà non solo di valorizzare ulteriormente le aziende che già partecipano alla fiera, ma anche di accoglierne di nuove, offrendo opportunità di business a realtà che fino ad oggi non hanno trovato posto in fiera a causa della limitazione degli spazi. Inoltre, il miglioramento dei servizi e dell’esperienza complessiva sarà cruciale per mantenere la leadership a livello internazionale. Questo progetto ci consentirà di offrire un’esperienza di business non solo di altissimo livello ai nostri espositori, ma anche ai visitatori, garantendo una qualità senza precedenti sia in termini di organizzazione che di opportunità”.

In un contesto economico globale incerto, l’industria orafa italiana si dimostra resiliente. Nei primi nove mesi del 2024, l’export ha raggiunto gli 8 miliardi di euro, rappresentando lo 0,5% del Pil italiano. Distretto di eccellenza,

IEG, PRIMO PLAYER FIERISTICO

DEL PAESE, HA INVESTITO 60 MILIONI

NELLA MANIFESTAZIONE,

facilitando l’incontro e il matching tra distributori, retailer e produttori italiani, offrendo una piattaforma essenziale per pianificare le strategie e cogliere le opportunità di mercato”, chiarisce Farsura.

Per quanto riguarda i processi di digitalizzazione, il Covid, come in tutti gli altri settori, è stato un acceleratore. Gli eventi sono diventati sempre più ibridi, pur rimanendo cruciale l’importanza del contatto fisico. Vicenza Oro ad esempio ha investito in soluzioni come The Jewellery Golden Cloud, una piattaforma che permette agli espositori di presentarsi ai buyer con profili digitali e strumenti interattivi per pianificare incontri in fiera. Durante l’evento, strumenti come l’app mobile di Vicenza Oro rendono l’esperienza più fluida, fornendo dettagli sugli espositori, la disposizione dei padiglioni e i servizi disponibili.

Lno dei progetti più ambiziosi è la riqualificazione del quartiere fieristico di Vicenza: “Ieg, il gruppo a cui apparteniamo e che è quotato in borsa, ha deciso di investire 60 milioni di euro su Vicenza Oro e, di conseguenza, sulla città di Vicenza. Questo investimento ci consentirà di rafforzare ulteriormente il nostro ruolo di riferimento nel settore, raccontando in modo ancora più efficace l’intera offerta del made in Italy. Amplieremo gli spazi

Vicenza si affianca ad altre realtà come Valenza, Arezzo e la Campania, ognuna con caratteristiche e sfide uniche. Tra i fattori di difficoltà emergono l’instabilità del prezzo dell’oro, che rende complesse le trattative, e i mercati in evoluzione, come quello americano post-elezioni. Tuttavia, momenti stagionali come Natale, San Valentino e il Capodanno cinese offrono opportunità significative per il settore. “Vicenza Oro ha la peculiarità di aprire l’anno 2025 (17-21 gennaio 2025), posizionandosi strategicamente all’inizio del calendario fieristico. Questo la rende un termometro fondamentale per il settore,

a sostenibilità rappresenta un altro pilastro fondamentale. Ieg, attraverso i suoi eventi, promuove pratiche green in linea con le aspettative dei giovani consumatori, sempre più attenti a temi ambientali ed etici. “Vicenza Oro evidenzia i cambiamenti e gli investimenti delle aziende nel produrre gioielli di qualità rispettando il pianeta,” sottolinea Farsura.

Vicenza Oro non è solo una vetrina commerciale, ma un luogo dove si celebra l’artigianalità italiana. “Il ‘saper fare’ e il cosiddetto italian touch sono valori che dobbiamo portare anche nel futuro”. La fiera offre un’opportunità unica per scoprire eccellenze spesso poco note, che lavorano dietro le quinte per grandi marchi internazionali. Con circa 1.300 brand espositori per gennaio 2025, Vicenza Oro si prepara a inaugurare il nuovo anno, consolidando il suo ruolo di hub globale per il settore orafo

IL LUSSO DISCRETO DELL’ACCOGLIENZA

Ospitalità made in Italy per un soggiorno irripetibile:

Hotel Villa Michelangelo Vicenza - Starhotels Collezione offre al cliente un viaggio tra cultura, bellezza e tradizione

di Francesca Lai

IMPORTANTE IL LEGAME

CON IL TERRITORIO: LA STRUTTURA

OFFRE DEI PERCORSI CHE

PERMETTONO AGLI OSPITI

DI ENTRARE NEL CUORE

DELLA TRADIZIONE

ARTIGIANA VICENTINA

Il lusso di Villa Michelangelo si rivela negli arredi raffinati e nella serenità che trasmette la campagna vicentina

Cinquantadue camere, di cui sei suite, elegantemente arredate con gusto d’epoca e travature al soffitto. Pavimenti in terrazzo veneziano, deliziosi bagni rivestiti in marmo e balconi che si affacciano su un panorama senza eguali. Questa è Villa Michelangelo Vicenza, gioiello veneto del Gruppo Starhotels: prima di ogni cosa, un’esperienza unica e irripetibile.

Immersa nel verde, Villa Michelangelo invita a riscoprire il piacere del relax e della bellezza in sintonia con la quiete dei Colli Berici. “L’atmosfera che si respira qui è un perfetto connubio tra fascino storico e tranquillità naturale”, spiega Tomas De Martin Deppo, general manager di Hotel Villa Michelangelo Vicenza - Starhotels Collezione. “Questa villa in stile palladiano è il rifugio ideale per chi desidera sfuggire alla frenesia della città e abbandonarsi alla serenità della campagna vicentina”.

Il lusso di Villa Michelangelo si rivela in ogni dettaglio: dalla piscina panoramica che si affaccia sulle colline agli arredi raffinati che raccontano una storia di tradizione e cultura. “Il nostro principale biglietto da visita è il sorriso con cui accogliamo ogni ospite”, sottolinea De Martin Deppo. “L’ospitalità made in Italy si basa su empatia, attenzione e flessibilità, qualità indispensabili per personalizzare ogni soggiorno e creare un’esperienza unica”. È questa capacità di anticipare e superare le aspettative a rendere la location una destinazione speciale da scoprire e di cui innamorarsi.

Starhotels, di cui Villa Michelangelo fa parte, si fonda su valori come creatività, passione, innovazione e attenzione al dettaglio, che trovano espressione concreta nella gestione quotidiana della villa. “Questi principi sono al cuore di ciò che offriamo”, aggiunge De Martin Deppo. “Dare valore al made in Italy è un impegno che abbraccia non solo l’ospitalità, ma anche la promozione del territorio e

delle sue eccellenze”. Un esempio è il progetto ‘La Grande Bellezza – The Dream Factory’, voluto da Elisabetta Fabri, presidente e ad del gruppo, per sostenere l’artigianato italiano. Questo legame con il territorio si concretizza anche nelle Craft Experiences, percorsi che permettono agli ospiti di entrare nel cuore della tradizione vicentina, come il laboratorio orafo di Daniela Vettori e la Stamperia d’Arte Busato.

Il concetto di lusso, secondo Villa Michelangelo, non si limita agli aspetti materiali, ma si estende al valore delle relazioni umane. “Il vero lusso è il rapporto personale che si instaura con gli ospiti”, afferma De Martin Deppo. “La storicità del luogo e la bellezza del contesto naturale trasmettono un sense of place unico, che racconta la cultura e l’essenza del territorio”. Questo spirito si riflette in ogni momento vissuto a Villa Michelangelo, dove il piacere di vivere all’italiana si traduce in un’accoglienza cordiale e discreta, una cura per il design e una proposta gastronomica d’eccellenza.

Il ristorante La Loggia, ad esempio, propone una cucina che esalta i sapori del territorio, combinando ingredienti locali con creatività. “La nostra offerta gastronomica è un tributo alla tradizione

culinaria veneta”, continua De Martin Deppo. “Ogni piatto è pensato per raccontare una storia, unendo la ricchezza del passato con l’innovazione contemporanea del nostro chef”. Dai prodotti a chilometro zero ai piatti che reinterpretano le ricette della tradizione vicentina, tutto è curato per offrire un’esperienza culinaria indimenticabile.

Villa Michelangelo si rivolge a un pubblico variegato, composto da famiglie, coppie e viaggiatori che desiderano immergersi nella quiete dei Colli Berici. Durante l’estate, la villa diventa meta prediletta per famiglie che amano rilassarsi in piscina o passeggiare tra gli uliveti, mentre nelle altre stagioni è scelta per matrimoni, eventi aziendali e team building. Inoltre la sua posizione strategica la rende una tappa ideale per ciclisti e amanti dell’outdoor, attratti dalle bellezze del territorio vicentino.

Un’attenzione particolare è riservata alle famiglie grazie al programma ‘Very Important Kids (V.I.K.)’: “Abbiamo pensato a un’offerta che renda il soggiorno piacevole per grandi e piccoli”, continua De Martin Deppo. “I bambini fino a 16 anni non compiuti soggiornano gratuitamente in camera con un adulto, mentre i pasti per i più piccoli sono inclusi”. Questo programma, pensato per favorire momenti di condivisione, si integra perfettamente nella filosofia dell’hotel, che punta a soddisfare le esigenze di ogni ospite.

Il legame con il territorio e la comunità circostante è un pilastro fondamentale dell’identità di Villa Michelangelo. “Ci sentiamo ambasciatori del made in Italy”, conclude De Martin Deppo. “Attraverso l’accoglienza, la gastronomia e il design, regaliamo ai nostri ospiti il piacere autentico del vivere all’italiana. Ogni soggiorno a Villa Michelangelo è un viaggio tra cultura, bellezza e tradizione, che lascia un ricordo indelebile nel cuore di chi lo vive”..

Tomas De Martin Deppo

GUSTO AD ALTA VELOCITÀ

Sede di Ferrero e culla del Barolo, la provincia di Cuneo trova nell’agrifood il settore più rappresentativo. Spicca anche la meccanica, con i treni di ultima generazione

di Piera Anna Franini

Questo è il caso della cornice che si mangia il quadro. Di una cittadina, Alba, la cui fama proietta un cono d’ombra sul capoluogo, Cuneo. Alba vuol dire tartufo, alta domanda, bassa offerta e dunque prezzi alle stelle. Vuol dire Nutella e dintorni, essendo la culla di Ferrero. Vuol dire Barolo e Langhe, oggi patrimonio Unesco, e fino agli anni Settanta area rurale al limite della sopravvivenza. Un intreccio di colline dalle anse gentili, filari di vigna a perdita d’occhio, un paesaggio raccontato e romanzato ad arte da Beppe Fenoglio, Cesare Pavese, Giovanni Arpino. Un non-luogo invece assurto a luogo d’eccellenza, posizionato su scala mondiale.

CAMPIONI DELLA TAVOLA

DELLA PROVINCIA

CON 4,2 MILIARDI

DI ESPORTAZIONE (IL 42% DEL TOTALE)

È proprio l’agroalimentare il settore di punta della provincia di Cuneo. Lo testimoniano i 4,2 miliardi di esportazioni, equivalenti al 42,1% del totale, esito dell’attività di quasi 18mila imprese agricole cuneesi (dati della locale Camera di Commercio). L’agroalimentare è la filiera trainante di una provincia il cui export sfiora la soglia di 11 miliardi di euro e un Pil da 22,4 miliardi. Numeri che posizionano il Piemonte tra le principali regioni esportatrici d’Italia, con una quota del 10,2% delle esportazioni complessive nazionali, dietro a Lombardia (26,1%), Emilia Romagna (13,6%) e Veneto (13,1%). La realizzazione dei mezzi di trasporto genera circa

La città di Alba, nota per il tartufo bianco e le Langhe, oggi patrimonio Unesco.

Lombardia 26,1% Emilia Romagna 13,6%

Veneto 13,1% Piemonte 10,2%

un quarto del totale delle vendite oltreconfine. Pesano quindi la chimica e il comparto tessile. Il primo mercato d’esportazione è costituito dai Paesi Ue, che assorbono il 59,3% dell’export regionale: tra questi spicca la vicina Francia, con una quota del 15,3%, seguita dalla Germania.

LA DOLCE SPINTA

Con il 27,4% delle sedi d’impresa registrate, l’agricoltura è tra i settori di attività più rappresentativi del tessuto imprenditoriale cuneese, con un contributo due volte superiore a quello regionale. Più di un giovane imprenditore cuneese su cinque (20,9%) e più di tre imprese femminili su dieci (30,7%) svolgono attività agricola. Qui si contano 11 produzioni a denominazione d’origine fra Dop e Igp, 18 Doc e Docg che comprendono quasi cento tipologie di vini, quindi tipicità meno note ma di valore, dall’ortofrutta alla carne ai formaggi. Il Cuneese è quarto a livello nazionale e primo su quello regionale per Dop e Igp, con 29 prodotti a Denominazione d’Origine, 11 nel cibo e 18 nel vino.

L’agroalimentare ha la sua testa in Ferrero, colosso da 17 miliardi di euro di fatturato. L’azienda ha proiettato internazionalmente Alba e impresso dinamismo alla cittadina comunque disseminata di aziende votate ai dolci. L’intera provincia è associata alle prelibatezze nemiche della glicemia: si va dai Cuneesi, creati dalla storica pasticceria Arione e oggi elaborati un po’ in tutti i laboratori di pasticceria, ai Saluzzesi, passando per i Baci di Fossano e i Santuariesi di Vicoforte. Tra Alba e Pinerolo ha preso forma il polo dolciario Glp, acronimo della principale azienda che fa capo al gruppo albese Tcn, presieduto dagli imprenditori Giuseppe Bernocco e Sebastiano Astegiano. Primeggia il marchio (torinese) dei panettoni Galup, che ha acquisito il 90% delle quote societarie di Golosi di Salute, azienda con sede a Monticello d’Alba, nata nel 2005 da un’idea del maestro pasticcere Luca Montersino. Golosi di Salute è entrato a far parte della galassia Tcn in cui, oltre a Galup, sono presenti i brand Streglio, Mandrile Melis e Pasticceria Cuneo.

RIPARTIRE DAL VINO

La rinascita delle Langhe, un tempo terra di povertà e ora meta di un florido turismo

LA SPINTA DELLA TERRA

18mila

Imprese agricole

4,2

Miliardi di euro in esportazioni

1 su 5

Imprenditori con un’azienda agricola

3 su 10

Imprese agricole femminili

enogastronimico, si deve in gran parte al vino. Si deve in particolare agli allora folli e affamati Barolo Boys, i ragazzi - ormai cresciuti - che negli anni Ottanta impressero una svolta al vino delle Langhe, da Beatles del vino. La concertazione di questo successo esplosivo si deve a un uomo, il fiorentino Marc De Grazia, che molto fece per dare visibilità al Barolo di nuova generazione. Oggi l’area conta 15mila operatori nel mondo del vino, 300 aziende produttrici di Barolo, duemila ettari coltivati e 14 milioni di bottiglie esportate. E se per un ettaro di Barbaresco si arriva al mezzo milione di euro, per il Barolo si parte da una base di 1,2 milioni, toccando anche i 4.

LA TERRA DI MONGE

Cuneo vuol anche dire cibo per animali. È questa la terra di Baldassarre Monge, che per due terzi dei suoi 90 anni ha speso il suo tempo a nutrire cani e gatti di mezzo mondo. È lui che ha creato, nel 1963, l’omonimo marchio di cibo per animali. Fondatore di un’azienda a Monasterolo di Savigliano (Cuneo), al ventiduesimo posto nella classifica mondiale dei maggiori produttori di pet food (cibo per animali domestici), oggi si trova al primo posto in quella nazionale, in virtù di 588 milioni di fatturato: quintuplicato nell’ultimo decennio sull’onda crescente della pet economy, il giro d’affari legato agli animali domestici in Italia vale più di tre miliardi, 2,5 dei quali generati dal mercato del cibo per cani e gatti. Cinquecento dipendenti, 40 autotreni di proprietà in giro per l’Italia, 160 venditori, 350milioni di lattine prodotte all’anno e distribuite in cento paesi: questa la

Baldassarre Monge

Monge in numeri. Che si completano con i sedici familiari nell’organigramma dell’impresa, con il patriarca nel ruolo di presidente onorario, la moglie Emma Boretto in quello di presidente, il figlio Domenico, la figlia Alessandra e Franca amministratori. Chiudono il cerchio i nipoti: siamo infatti già alla terza generazione. “È stata dura far passare il concetto di cibo in scatola per animali, mi ridevano in faccia”, ha raccontato Baldassarre Monge. “Solo un matto può pensare di vendere quella roba lì, commentavano. Al primo appuntamento in banca per chiedere un prestito, il direttore mi ricevette dopo cinque ore di attesa. Erano ormai le otto di sera. E quel finanziamento non me lo diede”, spiega colui che iniziò “spellando polli con i miei.

LA RINASCITA

DELLE LANGHE SI DEVE

IN PARTE AI BAROLO

BOYS, CHE NEGLI ANNI 80 RIVOLUZIONARONO

IL MONDO DEL VINO

Poi, non avendo ancora la patente, montavo in sella alla bicicletta per andare alla fermata del treno e raggiungere Torino, mi mettevo nel piazzale della stazione di Porta Nuova e lì vendevo i nostri polli. C’era in giro tanta povertà allora. Dalle nostre parti, ma anche a Cuneo, tutti allevavano animali per consumo interno: non rimaneva che puntare sulla città più vicina. E così facemmo”.

CIBO E DINTORNI

Leader europeo nella produzione di derivati del frumento quali amidi, dolcificanti, proteine e alcool destinati sia al settore alimentare che a quello industriale, Sedamyl è nata nel 1949 a Saluzzo come distilleria di frutta. Nel 1961 l’azienda veniva acquisita

Ferrero, colosso da 17 miliardi di euro di fatturato, ha proiettato internazionalmente Alba e impresso dinamismo alla cittadina, oggi disseminata di aziende votate ai dolci.

I mezzi speciali targati Merlo sono un’eccellenza internazionale e l’azienda è una delle più rappresentative del distretto meccanico della provincia.

La Alstom, che ha scelto Savigliano (Cuneo) come centro d’eccellenza per la produzione di treni ad alta velocità, ha investito 63 milioni di euro per testare la propulsione a idrogeno ed è attiva nel settore dei treni regionali.

dalla famiglia Frandino, oggi alla terza generazione, che nel 1985 la convertiva in impianto di amido di frumento per l’estrazione di amidi e derivati, dolcificanti, glutine e alcool. Il gruppo ha ampliato la sua presenza internazionale aprendo, nel 2012, un impianto a Selby, in Gran Bretagna, e trasforma complessivamente circa 800mila tonnellate di frumento all’anno.

Nel luglio 2019 la famiglia Frandino, attraverso l’acquisizione da parte di Etea delle quote societarie detenute dalla francese Tereos, partner paritetico delle attività del settore amido, ha raggruppato tutte le attività all’interno di un unico gruppo industriale. Con un fatturato di gruppo che supera i 300 milioni di euro, e oltre 300 dipendenti negli stabilimenti di Saluzzo e Selby, Sedamyl è uno dei principali fornitori di ingredienti per l’industria alimentare e delle bevande alcoliche, della carta e del cartone ondulato, della green chemistry e dell’alimentazione animale.

MECCANICA, TRA MACCHINARI E TRASPORTI

ASavigliano la meccanica è stata tradizionalmente orientata al settore dei trasporti, in primis al comparto ferroviario, con il tridente Cometto, Rolfo e la multinazionale Alstom, che ha eletto la città quale centro di eccellenza per la produzione dei suoi treni ad alta velocità. Proprio la Alstom sta impiegando 63 milioni di euro di investimenti per promuovere le attività di testing di treni ad idrogeno (Coradia Stream H) e dei treni Avelia Stream 300. Così come è attiva sul fronte di nuove linee di produzione per i treni regionali, come i monopiano regionali Coradia Stream (oltre 600 commercializzati nella sola Italia) e i treni ad alta velocità Avelia (oltre 500 commercializzati in tutto il mondo).

LNEL 1911 ERA UN PICCOLO LABORATORIO CUNEESE.

DI RIFERIMENTO MONDIALE

NELLA COSTRUZIONE DI MACCHINARI

Meccanica cuneese è sinonimo soprattutto di Merlo, un importante gruppo industriale a conduzione familiare che progetta, produce e commercializza i propri prodotti a marchio Merlo e Treemme. Articolato in sette filiali, una rete distributiva di oltre 50 importatori e ben 600 concessionari, trova il suo pioniere in Giuseppe Amilcare Merlo, che nel 1911 avviava un’officina per la lavorazione del ferro. In un piccolo laboratorio di 250 metri quadrati, con niente di più di una forgia, un’incudine, due trafori a colonna e qualche altra attrezzatura per la lavorazione del ferro, Giuseppe Merlo iniziava a diversificare la sua produzione e a specializzarsi nella costruzione di precisione e nella realizzazione di pezzi di ricambio per macchinari provenienti dall’estero. Oggi l’azienda lega il suo nome a sollevatori telescopici, mezzi speciali (dai dumper alle betoniere) e ad altre attrezzature (forche, benne, pinze, ganci).

e origini di Cometto invece risalgono all’anno 1954, quando a Cuneo venne inaugurata la prima officina per la produzione di veicoli, carroponti e impianti. La produzione andò a specializzarsi su diversi tipi di veicoli, per il trasporto su strada fino a quello speciale fuoristrada. Da quando è stata acquisita nel 2017 dal gruppo Faymonville, Cometto è diventata l’azienda specialista per lo sviluppo e per la produzione di moduli per carichi pesanti e veicoli modulari semoventi per carichi di servizio fino a 15.000 tonnellate.

Rolfo, classe 1885, è leader mondiale nella produzione di allestimenti per il trasporto di veicoli. L’azienda cuneese è attiva sia nella produzione di bisarche per il trasporto veicoli (quindi automobili generiche, da collezione, sportive, trattori stradali, cabinati, trattori agricoli, fuoristrada, Suv e veicoli commerciali di qualsiasi genere), sia nello studio e realizzazione di allestimenti speciali, creati appositamente per utilizzi specifici, che sono prodotti ogni anno in numero limitato. Controllato dalla famiglia Rolfo attraverso la Rolfo Holding, il gruppo ha la sede principale a Bra .

MARI IN BUONE MANI

Sostenibilità come opportunità di crescita e formazione professionale: così Anapi Pesca s’impegna nella tutela degli imprenditori ittici

di Maurizio Abbati

Tutelare e promuovere un’attività che affonda le proprie radici nella tradizione come la pesca, guardando al futuro e alla possibilità di diversificare il lavoro attraverso nuove opportunità. Tra queste il turismo esperienziale, la trasformazione del prodotto made in Italy, la commercializzazione a miglio zero e in particolare il rilancio sulla sostenibilità. Al pari della rappresentanza istituzionale della categoria, questa è la mission principale di Anapi Pesca, Associazione Nazionale Autonoma Piccoli Imprenditori della Pesca, che associa e tutela i pescatori autonomi, le piccole e medie imprese, singole

TRA I PROGETTI

ANCHE LA FATTORIA

DEL

MARE,

UNA MISSIONE

DI TUTELA

DELLA BIODIVERSITÀ

MARINA IN CUI

AMPLIARE E POTENZIARE

L’ACQUACOLTURA

E LA MARICOLTURA

Una gabbia per allevamento sommergibile di acquacoltura.

o associate, le organizzazioni di produttori, gli operatori della pesca marittima e delle acque interne, dell’acquacoltura e maricoltura, della trasformazione del pescato, dei servizi marittimi, portuali e subacquei, delle attività di studio e ricerca, dell’ittiturismo e pescaturismo, ovvero del piccolo imprenditore di tutte le attività della filiera pesca. Una flotta che attualmente conta 1.952 imbarcazioni distribuite in 924 imprese di pesca, che occupano circa 2.500 addetti tra dipendenti, pescatori autonomi, armatori e proprietari, quando si è in presenza della cosiddetta figura mista, in cui il proprietario è anche un imbarcato e titolare della sua impresa di pesca.

Il fine è quello di guardare al futuro di questo settore, che nei propositi di Anapi Pesca passa oggi attraverso due obiettivi collegati ad un piano triennale: da un lato, appunto, la sostenibilità come opportunità di crescita, ponendo le basi per una strategia che vada incontro alle esigenze del comparto e contribuisca a migliorare la qualità di vita e di lavoro dei pescatori, per dare anche nuove prospettive ai giovani e alle donne. Dall’altro la formazione professionale per la sicurezza sui luoghi di lavoro e l’introduzione delle conoscenze finalizzate alla diversificazione dello sforzo di pesca. Una progettualità che si concretizza anche attraverso l’accompagnamento dei propri associati nell’acquisizione di finanziamenti fondamentali per la modernizzazione dell’attività e il conseguimento di nuovi obiettivi strategici per il settore.

“Il nostro ente si propone come capofila di una cordata finalizzata a rispondere a bandi, call for paper, call for ideas, call for proposal europei e gare di appalto in ambito di acquacoltura, formazione professionale, opere a favore della pesca professionale e della ricerca scientifica negli ambiti di pertinenza di ognuno degli aderenti”, racconta Annamaria Mele, direttore generale e rappresentante legale di Anapi Pesca. “Le attività di progetto saranno di volta in volta sottoposte all’attenzione dei partner, verranno discusse le modalità e condivise le finalità ad ogni proposizione. Lo scouting dei bandi e delle call sarà effettuato dal nostro ufficio marketing e messo a disposizione dei partner attraverso i canali già promossi della Smart Community di Anapi Pesca. Laddove necessiti, per eventuali progetti di interesse collettivo, ci occupiamo anche della formalizzazione del partenariato, ampliando il target dei partecipanti, partendo sempre da una governance dal basso verso l’alto, ossia composta in prevalenza dalle imprese di pesca quali portatori di interessi”.

In collaborazione con il gruppo di ricerca di Emilio Sperone, docente all’Università della Calabria, Anapi Pesca avanza due proposte di progetto su tutte le linee in fase di sviluppo. La prima di queste è la Fattoria del Mare: “Anapi Pesca percorre da anni l’idea della Fattoria del Mare intesa come luogo fisico sia di attività produttiva che di implementazione di un’area portuale e di tutela della biodiversità marina, legandola all’ecoturismo, sulla scorta del programma di filiera condiviso nel 2022, il cui progetto si denomina ‘Blue Wave Farm - Sistemi di coltura ripopolamento e produzione in 3D’. In sintesi, il principale obiettivo è creare nuove forme di sviluppo sostenibile della pesca mediante l’incremento e il potenziamento dell’attività di acquacoltura e maricoltura già esistente”.

Insomma, valorizzazione e innovazione: “Negli impianti già esistenti, l’idea è quella di avviare, parallelamente alla produzione polispecie, altre produzioni di stock ittici autoctoni di pregio, ma che negli ultimi decenni risultano essere quasi in via di estinzione (ostriche, ricci di mare, rombo). La nostra visione dell’insieme fa sì che gli attuali impianti monospecie o polispecie di soli sparidi o soli molluschi e mitili possano ampliarsi, diventando

delle vere e proprie fattorie del mare, sfruttando tutte le aree in concessione per una produzione più ampia di stock ittici”.

Aquesto si affianca il progetto HydroWhale, che nasce dalla volontà di creare imbarcazioni più sostenibili, con un minore impatto sull’ambiente e che siano allo stesso tempo efficienti da un punto di vista delle prestazioni di lavoro. Imbarcazioni che possano essere disponibili sia per la pesca che per utilizzi di altro genere. “L’applicazione del modulo a idrogeno prodotto dalle aziende partner”, spiega Annamaria Mele, “permetterebbe all’imbarcazione di ridurre l’uso del combustibile e dunque l’immissione in ambiente degli scarti provocati dalla combustione stessa. Questa miglioria consentirebbe anche di ridurre in maniera importante l’emissione di rumore: il motore, con il modulo applicato, sarebbe sottoposto a minori vibrazioni e di conseguenza risulterebbe più silenzioso nel rispetto dell’ambiente sottomarino, migliorando l’habitat dei mammiferi che lo abitano. L’attenzione all’ambiente per noi è di prioritaria importanza e i combustibili alternativi devono essere una scelta per il futuro. Inoltre un combustibile alternativo può portare ad un risparmio per il pescatore stesso”..

Annamaria Mele, direttore generale di Anapi Pesca

ESCLUSIVO E SU MISURA

Non solo una selezione di proprietà di alto profilo, ma anche esperienze con servizi personalizzati. My Villa Collection è l’idea innovativa

di Luca de Tommasis, giovane figura emergente dell’imprenditoria turistica di Maurizio Abbati

Ville esclusive e itinerari personalizzati, servizi su misura garantiti da un team di concierge che cura ogni dettaglio, per un’esperienza indimenticabile e una vacanza di assoluto relax. My Villa Collection guarda a un turismo del lusso come esperienza da vivere in contesti fuori dal tempo, in cui si fondono le attenzioni di un hotel di alto livello con la privacy tipica delle ville, dove poter usufruire di servizi come chef privati, massaggi, personal trainer e altre proposte personalizzate direttamente in loco. L’idea di apportare innovazione nel segmento più alto del turismo leisure è quella che ha condotto Luca de Tommasis, a soli 29 anni, a ritagliarsi un ruolo di rilievo tra gli imprenditori del turismo. Partendo dalla gestione delle proprietà di famiglia a Capri, si laurea in Economia aziendale, diventando poco dopo uno dei più giovani commercialisti d’Italia. Nel 2022 rileva una società immobiliare in crisi e grazie

SI TRATTA

DI UN CIRCUITO

CHE CONSENTE A TUTTI

I PROPRIETARI DI VILLE

DI ENTRARE A FAR PARTE

DI UNA RETE

INTERNAZIONALE, AUMENTANDO PRENOTAZIONI E VISIBILITÀ

le

a una strategia mirata ne moltiplica il volume d’affari di dieci volte in soli 18 mesi, trasformandola in un’azienda profittevole. Nei primi mesi del 2024 conclude con successo la vendita delle sue quote, pronto a intraprendere nuove sfide aprendosi a un contesto internazionale.

Con oltre 12 anni di esperienza e una visione chiara, reinveste il capitale e fonda My Villa Collection. Questo progetto ambizioso nasce come una collezione esclusivamente di ville di lusso in località tra le più ambite come la Costiera amalfitana e sorrentina, Capri e Ischia, Lago di Como e Cortina, con l’obiettivo di affermarsi come il primo portale italiano dedicato alle proprietà di prestigio e servizi concierge. “My Villa Collection non è un semplice sito di annunci immobiliari, ma un ecosistema innovativo che combina lusso, servizi personalizzati e una strategia di respiro internazionale”,

Tra
esperienze l’escursione in kayak all’alba a Capri.

spiega de Tommasis. “Il marchio non si limita a offrire una selezione esclusiva di proprietà, ma trasforma ogni soggiorno in un’esperienza tailor made grazie a servizi di altissimo livello: transfer privati con yacht, elicotteri o van di lusso, personal chef in villa, degustazioni di vini pregiati, cooking class, escursioni nei borghi storici e persino l’organizzazione di piccoli matrimoni per una clientela internazionale. Attraverso la creazione di un’elevata personalizzazione degli itinerari e l’offerta di servizi autenticamente locali, My Villa Collection promuove la destagionalizzazione e contribuisce a valorizzare l’economia dei territori, rafforzando il legame tra lusso e sostenibilità. Ogni dettaglio è studiato per offrire esperienze esclusive e profondamente radicate nel patrimonio culturale italiano. Inoltre, grazie a partnership strategiche con travel agent internazionali, fondamentali per i mercati americano e del Middle East, My Villa Collection si posiziona come il riferimento ideale per l’organizzazione di soggiorni in ville di lusso ed esperienze autentiche in Italia. Sul nostro sito web ci sono già oltre 70 immobili che diventeranno un centinaio nella stagione 2025”.

Fondamentale nella strategia delineata da Luca de Tommasis è il rapporto con i proprietari

delle ville in catalogo, che possono scegliere fra tre diversi modelli di business: “Nel caso di una gestione integrale a 360 gradi il nostro team offre ai proprietari una soluzione completa includendo anche la fase amministrativa, burocratica e fiscale, garantendo rendite passive sull’asset immobiliare. La seconda alternativa è la gestione online, che lascia al proprietario la gestione offline, interessandosi unicamente del posizionamento online e della vendita commerciale delle proprietà su canali di nicchia. Infine si può optare per una soluzione più elastica che permette di aumentare l’occupazione.

Il circuito di My Villa Collection consente infatti a tutti i proprietari di ville di lusso di entrare a far parte di una rete internazionale, aumentando prenotazioni e visibilità”.

L’obiettivo per il prossimo futuro per De Tommasis è quello di rafforzare l’immagine internazionale: “Il nostro si presenta come un marchio internazionale con un’anima profondamente italiana. Per rafforzare la nostra rete e accrescere il mercato B2B e B2C, partecipiamo alle principali fiere internazionali del turismo di lusso, da Cannes a Dubai, fino alle prossime tappe a New York. Questi eventi consolidano le connessioni con travel agent e clienti di alto profilo, aumentando la visibilità del marchio su scala globale, guardando a un segmento del turismo di nicchia. Grazie a una combinazione di servizi su misura, connessioni strategiche e attenzione al dettaglio, My Villa Collection punta a diventare un sinonimo di eccellenza nel lusso, rappresentando il meglio dell’ospitalità italiana per una clientela sofisticata ed esigente. Questo grazie anche a un team giovane, con client specialist impiegate all’assistenza h24 agli ospiti, pronte a soddisfare le diverse esigenze e sviluppare itinerari personalizzati per far vivere esperienze autentiche a cinque stelle”..

Villa Mereluna, sulla Costiera Amalfitana
Luca de Tommasis

IL PANE CHE CAMBIA

Il consumo pro capite è in calo ma il suo peso sull’agroalimentare resta significativo, offrendo campo a nuovi progetti e startup che mettono l’artigianalità al primo posto

di Camilla Rocca

Il mercato italiano del pane, uno dei simboli della nostra tradizione gastronomica, ha visto profondi cambiamenti negli ultimi anni. Sebbene il fatturato del settore resti significativo, raggiungendo 8,4 miliardi di euro, il consumo pro capite è in calo da decenni: oggi è circa un terzo rispetto ai livelli di 40 anni fa. Questa tendenza è attribuita a scelte alimentari più salutistiche, con molti italiani che optano per regimi low-carb o preferiscono alternative come crackers e prodotti confezionati. Un fattore di rilievo è l’aumento dei prezzi, con rincari medi del 57% nell’ultimo decennio, che in alcune città, come Napoli e Firenze, hanno raggiunto percentuali ancora maggiori. Questo ha inciso sia sui consumi che sulle abitudini d’acquisto, spingendo

I CONSUMI

SI STANNO

DIVERSIFICANDO: CRESCE LA DOMANDA

DI PRODOTTI ARTIGIANALI, BIOLOGICI

O CON FARINE

SENZA GLUTINE

sempre più persone verso i supermercati, dove il pane costa mediamente il 30% in meno rispetto alle panetterie, ma è spesso prodotto da semilavorati. Comunque, vanta la palma di prodotto irrinunciabile: tanto che secondo l’ultimo sondaggio condotto da Ipsos per Assopanificatori, il 97% dichiara di consumarlo abitualmente, anche se con frequenze diverse, a fronte di un solo 3% che vi ha rinunciato. Lo scorso anno in Italia sono state registrate 28mila imprese verticali nel settore del pane (22mila produttori puri e 6mila i soli rivenditori) che occupano oltre 135mila addetti: un settore che certo ha il suo peso nell’economia italiana.

Imprese

Parallelamente, si registra una diversificazione nei consumi: cresce la domanda di prodotti artigianali, biologici o con ingredienti distintivi come farine integrali o prive di glutine. Anche le strategie antispreco, come il riutilizzo del pane raffermo o il congelamento, riflettono una maggiore consapevolezza ambientale e sociale da parte dei consumatori. Nonostante la riduzione dei consumi, il settore si sta adattando a nuove esigenze, puntando su qualità e innovazione per affrontare le sfide di un mercato in trasformazione.

Proprio in tal senso Breaders rappresenta una nuova frontiera per il settore della panificazione artigianale in Italia, proponendo un modello alternativo al tradizionale franchising. Nato dalla collaborazione di cinque realtà di eccellenza, il gruppo mira a combinare l’autonomia dei singoli panifici con i vantaggi di un sistema integrato. Tra i principali obiettivi

Olivieri 1882 di Arzignano, nel Vicentino, ha deciso di puntare tutto sulla vendita in loco, senza prevedere la spedizione.

c’è l’espansione del network, con un fatturato consolidato di 18 milioni di euro e la prospettiva di arrivare a 30 store entro il 2027. Dopo il successo della campagna di equity crowdfunding del 2023, capitanata da Forno Brisa e chiusa a quota di 4,3 milioni, ha preso forma la prima impresa collettiva del mondo della panificazione: Breaders Srl, società benefit certificata B Corp che opera nel settore del food retail con produzione artigianale di pane e particolare attenzione al caffè di filiera e al vino naturale. Ne fanno parte Forno Brisa (Bologna), Davide Longoni Pane (Milano), Mamm (Udine), Mercato del Pane (Pescara/Chieti) e Pandefrà (Senigallia). “Uno dei progetti più ambiziosi realizzato dal gruppo è la costruzione di un mulino in Abruzzo, operativo dal 2025, che soddisferà un terzo del fabbisogno di grano del gruppo”, racconta Davide Longoni. Oltre a garantire una filiera corta e controllata, il mulino rappresenta un passo verso una maggiore sostenibilità e qualità del prodotto”, continua Davide Longoni, fondatore degli omonimi panifici di Milano. “Parallelamente, Breaders sta investendo nella digitalizzazione delle sue bakery con un software gestionale unico

che favorisce condivisione di dati e ricette, migliorando l’efficienza operativa. Il modello di Breaders si distingue anche per la visione etica e comunitaria, basata sulla biodiversità e sulla resilienza. Ogni bakery mantiene il proprio brand e l’autonomia gestionale, pur aderendo a valori condivisi e a un codice etico. Grazie a questa combinazione di innovazione e tradizione, Breaders intende valorizzare il pane come prodotto culturale e artigianale, tracciando un percorso simile a quello compiuto dal settore vinicolo negli ultimi decenni”, dichiara Pasquale Polito, ceo di Breaders.

Ec’è chi, dopo le dovute analisi di mercato, ha deciso di realizzare una startup dove il pane è il focus. Stiamo parlando di Christian Divella, cofondatore di Divì Company: “Le ricerche di mercato ci parlavano di cifre riguardanti le esportazioni agroalimentari italiane che oltrepassavano i 64 miliardi di euro, solo considerando il 2023. Nei primi sei mesi del 2024 la dinamica è ancora aumentata, con valori che hanno sfiorato i 34 miliardi di euro, in aumento del 7,1%, anno su anno. Il principale mercato di destinazione di tali prodotti agroalimentari italiani sono gli stati membri dell’Unione Europea, con 19,5 miliardi di euro nei primi sei mesi 2024, circa il 60% del totale, dove Germania e Francia la fanno da padrone e, insieme agli Stati Uniti, se guardiamo all’export d’oltreoceano, sono i partner di riferimento”.

Idati sulle esportazioni dei derivati di cereali registrano un aumento del 39,8% in valore, trainate soprattutto dai prodotti della panetteria e della pasticceria (+13,1%). In Italia, secondo i dati di NielsenIQ, sia nel settore Gdo sia nell’Horeca si sono registrati nell’ultimo anno 500 milioni di euro di vendite di derivati del pane cui si devono aggiungere gli introiti da esportazione. “Secondo l’elaborazione Ismea sui dati NielsenIQ, nel 2023 il comparto dei derivati dei cereali ha inciso sulla spesa media dei consumatori per il 14,9%, con un incremento del 13,9% sull’anno precedente”, racconta ancora Divella, che dopo un Sda in Bocconi, prima di aprire la sua startup, ha fatto bene i conti con il mercato. “Abbiamo voluto quindi inserirci in un mercato che cresce a

Il laboratorio di Longoni, panificio entrato nel gruppo Breaders, una società benefit che opera nel settore del food retail con produzione artigianale di pane

due cifre di anno in anno, con la sua richiesta di prodotti innovativi e la sempre maggiore attenzione a sostenibilità e salute. Così è nata la startup Divì Company, con una forte attenzione al comparto low-carb/iperpro a marchio I-Bum e che a fine del primo anno arriva a quasi un milione di euro, con una crescita di fatturato media del 26,50%, mese su mese”.

C’è invece chi preferisce non puntare sul pane, anche se viene da una tradizione di famiglia, esattamente la quinta generazione. “Fatturiamo solo il 4% del fatturato del negozio che pesa il 20% del fatturato totale, quindi in totale è solo l’1%”, racconta Nicola Olivieri, dell’azienda Olivieri 1882 di Arzignano, nel vicentino, con

un fatturato totale di 4,6 milioni di euro. “Lo facciamo prettamente come servizio, perché racconta la nostra storia, e lo si può trovare solo in loco, non viene spedito. Per noi sono più importanti i volumi generati dall’ecommerce (30%, di cui ben il 70% in Italia e il restante negli Usa) e dal B2B (il 50%). La pagnotta che facciamo è il nostro prodotto base per quanto riguarda la lievitazione, ma non dura più di una settimana, impossibile spedirlo. Al contrario del panettone, il nostro prodotto più emblematico e su cui ci siamo spostati negli ultimi anni come produzione, grazie all’allungamento della shelf life. La distribuzione del pane inoltre ha altre logiche e ci sono ottime realtà, anche all’estero, che possono essere ottimi competitor. La bontà del pane è proprio la freschezza giornaliera”..

Small Giants, il roadshow di Forbes Italia alla scoperta delle Pmi, continua il suo viaggio e conclude il 2024 con Roma e Pescara

LA STRADA PER CRESCERE

La tappa di Pescara è stata accolta con grande interesse. Al microfono il sindaco Carlo Masci.

Forbes Small Giants, il roadshow di Forbes Italia dedicato alla valorizzazione delle Pmi italiane, prosegue il suo viaggio con le ultime due tappe del 2024 a Roma e Pescara. Questi eventi hanno messo in evidenza il ruolo fondamentale delle piccole e medie imprese nell’economia nazionale, ponendo l’accento su innovazione e capitale umano come leve per una crescita sostenibile e competitiva.

La 28esima tappa si è svolta a Roma, all’Intercontinental Rome Ambasciatori Palace, uno storico palazzo neorinascimentale che un tempo ospitava le residenze degli ambasciatori americani. Esperti, imprenditori e rappresentanti istituzionali si sono riuniti in questa cornice per discutere le sfide e le opportunità che le Pmi devono affrontare per crescere in un

IL 2025 RIPRENDERÀ

CON LE TAPPE

DI VICENZA, A GENNAIO, E CUNEO, A FEBBRAIO. I PROTAGONISTI?

SEMPRE LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE, FULCRO

DEL TESSUTO ECONOMICO

contesto economico sempre più globale e competitivo. Il dibattito si è aperto con i saluti istituzionali di Nicola Formichella, ceo di Forbes Italia, seguito dall’intervento di Simone Farci, general manager dell’Intercontinental, che ha raccontato la storia di questo prestigioso hotel. A seguire, Cristiano Dionisi, presidente della Piccola Industria di Unindustria, ha illustrato

il ruolo vitale delle Pmi nell’economia locale, evidenziando come queste realtà siano il motore di sviluppo del territorio.

Il primo panel della serata si è concentrato sulle nuove tecnologie, con la partecipazione di Paolo Del Grosso, channel director di Hewlett Packard Enterprise (Hpe), Luigi Cherubino, channel director di Amd, Michele Merola, owner & business developer di Tmp Engineering, e Fiammetta Mataloni, investment director di Nextalia Ventures.

Il secondo panel ha trattato il legame con il territorio. Tra i partecipanti Alessandro Ibba, key account manager di Vianova, Roberto Busso, ceo di Gabetti, Alessandro Bianchetti, founder di Pinsa Naturally, e Giovanni Cattaneo,

responsabile agent channel, leasing & rental di Banca Ifis, hanno analizzato l’importanza di costruire reti di supporto a livello locale per stimolare la crescita e favorire l’innovazione.

Il terzo panel si è focalizzato sul tema del capitale umano, riconosciuto come uno degli elementi chiave per il successo delle Pmi. A discuterne sono stati Andrea Crocco, direttore commerciale di Factorial Hr, Matteo Altobelli, regional manager di Edenred Italia, Massimiliano Di Lodovico, presidente e ceo di Masi Film, ed Elisabetta Randazzo, counsel di Lca Studio Legale. L’evento si è concluso con un panel dedicato alle storie di successo. Hanno partecipato Gabriele Alberto Casertano, fondatore di Santolù Roma, Vincenzo De Rosa, fondatore di Shurity, Michelangelo Murano, head of sales di Blastness, e Roberto Pagliara, presidente del Gruppo Nicolaus Valtur.

APescara, l’ultima tappa del 2024 si è svolta in un altro luogo simbolico, l’Aurum, un edificio storico un tempo distilleria del famoso liquore Aurum. L’economia abruzzese è stata protagonista della serata, con una panoramica sui settori che spiccano nella regione, come la cellulosa, l’agroalimentare, la moda e l’automotive, dove l’Abruzzo si conferma come uno dei principali poli italiani del settore. L’evento è stato aperto dai saluti del sindaco di Pescara, Carlo Masci. Successivamente, Massimo Pomilio, presidente della Piccola Industria di Confindustria Abruzzo Medio Adriatico, ha analizzato lo stato delle Pmi in Abruzzo.

Il primo panel ha affrontato il tema del capitale umano, con interventi di Eugenio Perriello, business

development associate di Willis Towers Watson, Francesco Lunetta, avvocato dello Studio Legale Vesci, Emilio Salvatorelli, presidente di Vastarredo, Gabriele Tammaro, amministratore delegato di Giga Composite, e Gianvincenzo Attena, head of sales di Digit’Ed.

Nel secondo panel, il tema della crescita e della competitività è stato approfondito dai contributi di

Nicola Catenaro, head of marketing and communication business development di Acs, Davide Crugnale, responsabile commercial banking customer relationship management centro Adriatico di Banca Ifis, Ferdinando Elefante, Ferdinando Elefante, consigliere delegato Gabetti Agency e responsabile commerciale sedi territoriali di Gabetti Agency e Michelangelo Murano, responsabile commerciale di Blastness.

Nicola Formichella, ceo di Forbes Italia

LA SALUTE VIENE INNOVANDO

Dal dato grezzo a strumenti utili: D/Vision Lab utilizza l’intelligenza artificiale per semplificare il lavoro dei medici, velocizzando i processi e fornendo risposte più affidabili di Francesca Lai

La loro missione è ‘riscrivere il futuro, innovando la realtà’. Un intento audace che Simone Manini e Mattia Ronzoni, fondatori di D/Vision Lab e Dicom Vision, hanno trasformato in realtà. Con le loro startup, stanno rivoluzionando il modo in cui i dati vengono interpretati, offrendo strumenti avanzati per analizzare informazioni complesse, con l’obiettivo di supportare i professionisti sanitari nel processo decisionale.

Manini, software engineer con esperienza all’Istituto Mario Negri, e Ronzoni, ingegnere biomedico, hanno scelto di lasciare carriere ben avviate per fondare, nel 2019, D/Vision Lab, seguita da Dicom Vision nel 2020. “Sentivamo il bisogno di creare qualcosa di nostro, una realtà che potesse fare davvero la differenza, soprattutto nel settore medico”, spiega Ronzoni. “La decisione di abbandonare

TRA I PUNTI DI FORZA

LA POSSIBILITÀ DI

COLLABORARE A DISTANZA:

GLI ESPERTI POSSONO

CONDIVIDERE IMMAGINI

E DISCUTERE I CASI

CON COLLEGHI IN TEMPO

REALE, MIGLIORANDO

LA QUALITÀ

DELLE CONSULENZE

un lavoro sicuro non è stata facile, ma eravamo certi che le nostre competenze ci avrebbero permesso di creare qualcosa di grande”.

Al loro fianco Alessandro Re, ingegnere e Cto, ha completato il trio di fondatori, portando nella startup competenze avanzate in rendering e realtà virtuale. Oggi D/Vision Lab e Dicom Vision vantano un team di otto esperti in intelligenza artificiale e visualizzazione 3D. “Lavoriamo in modo interdisciplinare, utilizzando tecnologie come il machine learning e la realtà virtuale per rendere i dati più intuitivi e favorire la comprensione di fenomeni complessi”, aggiunge Ronzoni.

D/Vision Lab è nata per innovare l’analisi e la rappresentazione dei dati. In un mondo in cui le informazioni aumentano esponenzialmente, la capacità di trasformare i dati grezzi in strumenti utili è diventata cruciale, specialmente in campo medico. E qui entra in gioco Dicom Vision, un visualizzatore di immagini mediche 2D e 3D basato su cloud che semplifica l’analisi di dati diagnostici complessi. “Dicom Vision è nato per migliorare il flusso di lavoro dei medici, offrendo loro uno strumento all’avanguardia per l’analisi delle immagini”, spiega Manini.

L’utilizzo di tecnologie avanzate, come la visualizzazione tridimensionale e l’intelligenza artificiale, rende questo strumento un alleato prezioso per i medici, consentendo loro di vedere ciò che altrimenti sarebbe difficile da

rilevare con i metodi tradizionali. La possibilità di visualizzare immagini di raggi X, Tac e risonanze magnetiche in 3D permette di esaminare più accuratamente le strutture anatomiche e le patologie dei pazienti. “Dicom Vision non è solo uno strumento per la diagnosi”, spiega Ronzoni. “È un vero e proprio ambiente di collaborazione. I professionisti sanitari possono condividere le immagini con colleghi e specialisti, indipendentemente dalla loro posizione geografica, agevolando consulenze a distanza e facilitando la telemedicina”.

Uno dei punti di forza di Dicom Vision infatti è proprio la possibilità

di accorciare le distanze. I medici possono discutere i casi con colleghi in tempo reale, migliorando la qualità del proprio lavoro. “Questo è particolarmente utile per la telemedicina, che sta diventando sempre più rilevante”, afferma Manini. Il lavoro delle due startup si allinea perfettamente con l’Obiettivo 3 dell’Agenda 2030 dell’Onu, volto a garantire salute e benessere per tutti. Le soluzioni tecnologiche avanzate sviluppate da D/Vision Lab e Dicom Vision contribuiscono a migliorare la

qualità della diagnosi, ridurre i tempi di intervento e aumentare la precisione delle cure. “Vogliamo che le nostre tecnologie non solo migliorino il lavoro dei medici, ma rendano l’assistenza sanitaria più accessibile e meno costosa”, spiega Manini.

Un’altra area d’applicazione di Dicom Vision è la medicina veterinaria. Gli specialisti possono utilizzare la piattaforma per diagnosticare e trattare gli animali con maggiore precisione, visualizzando le immagini mediche in 3D. “La tecnologia che utilizziamo per la medicina umana è facilmente

adattabile alla medicina veterinaria, il che la rende versatile”, sottolinea Ronzoni. “I veterinari possono pianificare operazioni complesse e diagnosticare patologie con la stessa accuratezza dei chirurghi umani”.

Le soluzioni proposte dalle due startup non si limitano alla pratica clinica, ma offrono anche grandi opportunità per la ricerca medica. La possibilità di analizzare grandi quantità di dati di imaging medico con l’ausilio di strumenti basati sull’intelligenza

artificiale permette ai ricercatori di fare nuove scoperte. “Creiamo strumenti che non solo migliorano la pratica clinica, ma supportano anche la ricerca scientifica”, afferma Manini. L’intelligenza artificiale sta alimentando una vera rivoluzione nella diagnostica medica. “Questa tecnologia semplifica il lavoro degli esperti, velocizza i processi e fornisce risposte più affidabili”, afferma Ronzoni. “Ci aspettiamo che l’intelligenza artificiale svolga un ruolo sempre più centrale, aiutando a migliorare l’accuratezza delle diagnosi e l’efficacia dei trattamenti”.

Guardando al futuro, D/Vision Lab e Dicom Vision puntano a espandere ulteriormente il loro impatto. “Il nostro obiettivo è far sì che queste soluzioni vengano utilizzate in tutto il mondo per migliorare la vita di pazienti e professionisti sanitari”, conclude Ronzoni. Grazie all’integrazione tra intelligenza artificiale e tecnologie di visualizzazione avanzate, queste startup stanno riscrivendo il futuro della salute di tutti, una diagnosi alla volta .

Alessandro Re
Mattia Ronzoni
Simone Manini

RITORNO ALLE ORIGINI

Da assicuratore a startupper, Flavio Amaglio sta rivoluzionando il settore dell’ortofrutta con Mister Natura, che elimina il magazzino e ottimizza tutti i processi logistici

di Francesca Lai

Èuscito dall’azienda di famiglia per trovare il proprio destino. Anni dopo è tornato in quel mondo, diventando uno startupper che porta frutta e verdura fresca negli uffici e nelle aziende. Questa è la storia di Flavio Amaglio, fondatore di Mister Natura, startup innovativa che con il suo servizio di delivery permette di ricevere la spesa di prodotti freschi e di qualità all’interno di comodi locker refrigerati installati all’interno delle aziende. Amaglio ha iniziato la sua carriera nell’azienda di famiglia, specializzata in ortofrutta, con un focus particolare sui funghi. Aveva solo 19 anni e le idee sul futuro per nulla chiare. Sul lavoro, suo padre gli assegnava le mansioni più umili, facendogli fare gavetta: “Non ero il capo, e allora non comprendevo l’importanza di quella scelta”, racconta lo startupper. Così, Flavio decide di andarsene: “Non voleva passare il

L’ULTIMA IDEA?

SI CHIAMA GRIINY, UN METODO ECO-FRIENDLY PER MARCARE LA FRUTTA

SENZA DANNEGGIARE

I PRODOTTI CREANDO UNA TRACCIABILITÀ COMPLETA

tempo in magazzino con il muletto”, ma non sapeva ancora che la vita lo avrebbe riportato alle origini.

Primo step della scalinata verso il successo: lascia l’attività familiare e intraprende la carriera da assicuratore. Si trasferisce a Clusone, in val Seriana, e trova lavoro in un’agenzia assicurativa dove il suo primo stipendio gli frutta 600 euro al mese. Nonostante i suoi genitori pensassero che sarebbe tornato presto, Amaglio è rimasto in quel settore per quasi 15 anni. In

questo tempo, si mette in proprio aprendo uno studio da broker e crea un percorso professionale solido. “Presi in affitto un locale al primo piano di un edificio a Casazza, mio paese natale, ma avevo già in mente di avviare un’attività dedicata alla produzione di marmellate”, ricorda, “e quando chiuse la pizzeria d’asporto che era proprio sotto il mio ufficio capii che mi se era presentata un’occasione irrinunciabile. Presi in affitto anche quel locale, che divenne il mio laboratorio, e avviai la mia nuova attività”.

Inizia una vita a metà. La mattina in giacca e cravatta, il pomeriggio il grembiule per preparare marmellate. Quando l’attività inizia a funzionare, fa il salto. Vende il suo pacchetto clienti alle compagnie assicurative con le quali collaborava e, con i ricavi, acquista i macchinari per espandere la produzione.

Per cinque anni ha lavorato intensamente, collaborando con supermercati e facendosi notare nel settore. Finché nel 2021 un acquirente gli ha fatto un’offerta interessante, a tal punto di decidere di vendere. “Avevo già in mente un nuovo progetto”, spiega Flavio.

a nuova idea si chiama Mister Natura, la startup che semplifica il modo in cui acquistiamo prodotti freschi. Il percorso è iniziato nel giugno 2021, quando Amaglio sviluppa un’idea legata all’e-commerce. Credeva fermamente nel potenziale della comodità degli acquisti online, specialmente dopo l’avvento del Covid-19. Prima di lanciare l’attività, Flavio ha passato sei mesi studiando con cura minuziosa i vari player di mercato, ordinando prodotti online per capire come funzionavano le loro operazioni. Analizzava tutti i potenziali competitor, notando che, nonostante i grandi volumi, le perdite finanziarie erano significative, soprattutto a causa delle inefficienze logistiche. Nel febbraio 2022 Amaglio fonda ufficialmente Mister Natura: “Il business si basa sull’eliminazione delle spese logistiche primarie: magazzini, celle frigorifere, dipendenti e infrastrutture”, svela l’imprenditore. Quindi, ha creato un software che gestisce autonomamente gli ordini, sia dal lato cliente che dal lato fornitore, e che organizza automaticamente tutti i processi logistici di preparazione e consegna delle spese. In questo modo, l’azienda non possiede un magazzino in cui conservare la merce:

i prodotti freschi vengono ritirati direttamente presso gli ortomercati o fornitori locali il giorno della consegna, garantendo così freschezza e minimizzando gli sprechi.

Inoltre, viene ottimizzata anche la logistica secondaria: i prodotti non vengono più consegnati casa per casa, ma si utilizzano dei locker refrigerati installati in alcuni punti strategici, come grandi aziende o - più di recente - parcheggi in prossimità delle stazioni della metropolitana di Milano. Questo sistema consente di ridurre i costi, il traffico e gli sprechi alimentari, assicurando allo stesso tempo dei prezzi di mercato competitivi e dei prodotti freschissimi di alta qualità.

Le idee non finiscono qui. A metà del 2023, Flavio Amaglio avvia un progetto innovativo chiamato Griiny, che consiste nel marchiare la frutta con un laser a base di anidride carbonica, evitando l’uso di bollini, etichette e imballaggi inutili. Questo metodo eco-friendly, che non danneggia i prodotti, offre la possibilità a produttori e distributori di brandizzare la loro frutta in modo sostenibile e consente a chiunque di poter utilizzare la frutta come strumento di comunicazione e di marketing green. Il sistema di marcatura laser permette anche di creare una tracciabilità completa dal momento della raccolta alla lavorazione e distribuzione, garantendo una trasparenza simile a quella utilizzata per carne e pesce.

Flavio Amaglio conclude parlando del futuro: “Il nostro obiettivo è migliorare il welfare aziendale offrendo soluzioni innovative. Abbiamo già installato locker refrigerati in primarie aziende bergamasche e in importanti punti strategici come le metropolitane di Milano: i primi risultati sono molto promettenti. Guardando al futuro, stiamo lavorando a distributori automatici di prodotti naturali che erogano frutta fresca, frutta secca, macedonie, succhi, insalate, piatti pronti e tanto altro. Siamo molto ottimisti visto che il progetto pilota sta avendo un enorme successo, anche grazie all’importante collaborazione con Ivs, leader di mercato nelle vending machine. Questo nuovo servizio consentirà di rendere il benessere alimentare accessibile anche durante le giornate lavorative”..

Relazioni e conflitti: i passaggi generazionali

Si tratta di fasi delicate per la vita di ciascuna azienda. Come affrontarli?

Attraverso la Comunicazione Strategica. Al via un nuovo ciclo di interviste che mostrerà l’applicazione di questo modello

A cura di Luca Brambilla, direttore dell’Accademia di Comunicazione Strategica

Si stima che in Italia otto imprese su dieci siano a conduzione familiare. Oltre a evidenziare la crucialità dei family business per l’economia del nostro Paese, questo dato pone l’attenzione su un momento di transizione al quale andrà fisiologicamente incontro ognuna di queste realtà: il passaggio generazionale. Benché naturale, si tratta di un evento particolarmente delicato, capace di generare conflitti interni dalle ripercussioni, anche disastrose, sull’intera organizzazione: perdita di risorse economiche, di posti di lavoro, dispersione di quel patrimonio intangibile di valori, competenze e cultura faticosamente costruito negli anni sono tutte derive di un passaggio generazionale mal gestito. Risulta dunque determinante adottare le corrette strategie affinché questa rimodulazione interna non impatti negativamente, diventando addirittura un’opportunità di arricchimento grazie alla contaminazione tra differenti conoscenze e visioni.

Risulta in questo senso preoccupante il dato emerso da uno studio della Business Family Alliance, che evidenzia che solo il 30% delle imprese familiari sopravvive con la seconda generazione, il 12% con la terza e solo il 3% continua a operare oltre la quarta. L’interruzione di questo ciclo di trasmissione può derivare da svariati fattori, molti dei quali afferenti a divergenze interne, incomprensioni o difficoltà nel trovare accordi condivisi.

Se è vero che non esiste una ricetta universale per governare un processo così complesso, lo è altrettanto che la capacità di rafforzare e mantenere le relazioni, di prevenire qualsivoglia conflitto, rappre-

senta un ingrediente indispensabile. Saper comunicare, collaborare, porre domande, ascoltare, andare oltre il proprio ego sono qualità primarie in ogni ambiente professionale: data la complessità del contesto odierno, la creazione di alleanze relazionali rappresenta la chiave di volta per raggiungere gli obiettivi. Ciò è ancor più evidente all’interno dei business familiari, nei quali la collaborazione apicale è spesso vincolata da rapporti di parentela.

Per supportare gli imprenditori nella gestione di queste dinamiche interpersonali esiste una materia, la Comunicazione Strategica, che io stesso ho illustrato nel volume Comunicazione Strategica - Un nuovo approccio alle relazioni, insegnata in un numero sempre crescente di università e business school, oltre che ovviamente

in ambito corporate dove, in esclusivi percorsi di formazione One to One, sono gli stessi protagonisti dei passaggi generazionali ad avere l’opportunità di apprenderla sperimentandone i benefici. È, quest’ultima, una formazione sartoriale, disegnata e cucita sulle esigenze di chi la sceglie, nella quale emergono le sfide che spesso e volentieri accomunano i partecipanti. Si tratta di un nuovo approccio strutturato alla comunicazione che fornisce metodologie, strategie e tecniche per costruire relazioni di valore e prendere decisioni anti-bias, ovvero scevre da quegli errori di ragionamento che frequentemente viziano la capacità di giudizio aumentando il rischio di conflittualità. Questo articolo apre un ciclo di interviste che mostreranno l’applicazione di questo modello su casi reali, portando le testimonianze in prima persona di coloro che hanno vissuto le sfidanti vicissitudini tipiche dei passaggi generazionali. Un format giunto alla seconda edizione che ha già condiviso le stimolanti storie di imprenditori come i fratelli Anghileri (Eusider Group), i fratelli Preve (Riso Gallo), i fratelli Fanin (Cereal Docks) e Gian Domenico e Guglielmo Gennaro Auricchio (dell’omonima azienda). Sono spunti e suggestioni che rappresentano una valida occasione, per grandi e piccoli imprenditori, di ampliare le proprie conoscenze e prospettive attraverso il vissuto di realtà omologhe, per prendere ispirazione da modelli di gestione virtuosi e conoscere sia i possibili errori da evitare sia i rischi da prevenire. L’invito è di non perdere l’opportunità di un affascinante viaggio nel cuore dell’imprenditoria italiana.

Luca Brambilla

Imprese vitivinicole e nuove generazioni

Come può la normativa agevolare il passaggio generazionale? E come può facilitare la tutela del marchio nell’ecosistema digitale?

A cura dell’avv. Chiara Nappi e dell’avv. Rossella Zollino di Monx Legal

Il nostro Paese è caratterizzato dalla presenza di un importante tessuto imprenditoriale di tipo vitivinicolo, con governance di natura familiare, che contribuisce all’affermazione di una delle quattro ‘A’ del made in Italy: il settore agroalimentare. Dal punto di vista giuridico, le imprese vitivinicole a conduzione familiare sono inquadrate come imprese familiari, ai sensi dell’art. 230-bis c.c., che ha riconosciuto al familiare (i.e. coniuge, parenti entro il terzo grado, affini entro il secondo) il diritto al mantenimento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato in modo continuativo, e alla partecipazione agli utili. Critico si rivela il passaggio generazionale: è difficile gestire l’equilibrio dei rapporti familiari dopo la morte dell’imprenditore, applicando le ordinarie regole testamentarie. L’imprenditore familiare deve quindi conoscere gli strumenti giuridici a disposizione, per pianificare il cambio generazionale quando è ancora in vita, anche allo scopo di avviare l’impresa

verso nuove fasi di internazionalizzazione e innovazione. Gli strumenti più utili a tal fine sono: la donazione (art. 769 c.c.) che è il contratto con cui, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione; e il patto di famiglia (art. 768 c.c.), suggerito in presenza di più legittimari, che è il contratto con cui l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda a uno o più discendenti. Per le Pmi, inoltre, può essere valutata anche l’adozione di apposite clausole statutarie. Elemento essenziale del passaggio generazionale, oltre che strumento efficace per assicurare la continuità aziendale, è la tutela del marchio online. Le nuove generazioni devono cogliere le opportunità del mondo digitale (es: e-commerce, vendita all’asta on line, Metaverso). Nel Web 3.0, tuttavia, il marchio, con tutto ciò che esso rappresenta nel settore vitivinicolo (storia, territorio, valori dell’impresa e della fami-

glia) è esposto a un notevole rischio. Esso può essere usato da terzi come key-word, meta-tag, hastag, ovvero sul Metaverso per vendere Nft. I siti e i domain name possono essere contraffatti. Si impone, quindi, una solida on line brand protection strategy, quella che implementiamo, insieme con le imprese che a noi si rivolgono, adattando al caso di specie gli istituti che l’ordinamento appresta. Tra questi segnaliamo, per rapidità ed effettività, le procedure di riassegnazione del nome a domino, quelle di Notice&TakeDown e il procedimento per pratiche commerciali scorrette davanti all’Agcm, ai sensi degli artt. 18 e ss. del Codice del Consumo che consente di ottenere in tempi rapidi la cessazione della contraffazione e l’applicazione all’autore dell’illecito di sanzioni sino al 4% del fatturato, grazie al potere dell’Agcm di ordinare agli internet provider la rimozione dei contenuti scorretti, sanzionandoli, in caso di inottemperanza, con multe sino a 5 milioni di euro.

Da sinistra Chiara Nappi e Rossella Zollino

Voglia di comfor t

Luci per il benessere visivo, scrivanie reclinabili, poltroncine che si adattano alla seduta: il design oggi deve soddisfare le esigenze di chi passa sempre più tempo al computer di Valentina Lonati

Chi trascorre molto tempo alla scrivania, davanti al computer, conosce bene le ripercussioni di un lavoro troppo sedentario sul fisico. Eppure, la tecnologia è oggi in grado di offrire sempre più risposte al crescente bisogno di comfort in ufficio: dal sodalizio tra design e innovazione nascono infatti soluzioni progettate per accogliere i bisogni del corpo durante l’attività lavorativa, ridefinendo usi e consuetudini

spesso non salutari. Che si tratti di luci intelligenti – fondamentali, per il benessere visivo – o di scrivanie regolabili in altezza, passando per le poltroncine progettate attorno al corpo, sono moltissimi ormai gli arredi pensati per rispettare al massimo le esigenze di chi trascorre molto (spesso troppo) tempo al computer e per garantire una piacevolezza d’uso prolungata. Ne abbiamo selezionati alcuni..

ACTIU MOBILITY LEVITATE

Un tavolo regolabile in altezza, ergonomico e funzionale: l’azienda spagnola Actiu propone Mobility Levitate, una soluzione che consente di alternare la posizione seduta e in piedi per rendere più dinamico il lavoro alla scrivania. Dotato di una superficie priva di ostacoli, in modo da facilitare la mobilità perimetrale intorno al piano di lavoro, Mobility Levitate incoraggia un funzionamento attivo e salutare della scrivania.

ARPER KINESIT MET

Ha un design sottile e minimalista, eppure non manca in comfort ed ergonomia: Kinesit Met è la sofisticata evoluzione della classica sedia da ufficio. Caratterizzata dai braccioli in finitura metallica e realizzata con materiali, colori e texture ricchi e sfumati, è progettata per modalità di lavoro che implicano flessibilità, adattabilità e libertà di spostamento. È dotata di meccanismi integrati, nascosti con discrezione sotto il sedile, e di un supporto lombare invisibile e regolabile, racchiuso all’interno della struttura dello schienale.

LAPALMA – LYT

All’ultima fiera Orgatec, dedicata alle soluzioni più innovative per l’ufficio, Lapalma ha presentato il suo ‘office without borders’. Protagonisti sono elementi adatti a spazi multifunzionali, progettati per andare incontro alle necessità del lavoro contemporaneo. Tra questi c’è Lyt, il tavolino multifunzione disegnato da Klaus Nolting, pensato per essere utilizzato in tanti modi diversi: come classico side-table o come tavolino con luce alimentata da batteria ricaricabile, con cavo elettrico e ricarica wireless (anche nella variante dimmerabile), e infine con luce on-off.

IGUZZINI – LIBERA

Quando si dice ‘illuminare bene e con classe’: Libera di iGuzzini è un sistema luminoso dalle linee eleganti e lineari per l’indoor. Progettato dal designer catalano Maurici Gines, ha una struttura modulare e componibile che nasce da una riflessione concettuale e olistica sul light design. A rendere speciale Libera è infatti l’integrazione Optidiamond, un’ottica professionale, ad altissime prestazioni in termini di comfort visivo ed efficienza luminosa, in una dimensione miniaturizzata.

MARA – TYPO

Vuole ridefinire l’archetipo della sedia da ufficio in legno, rendendola ipercontemporanea. Progettata da Amdl Circle, lo studio fondato dall’architetto Michele De Lucchi, Typo di Mara nasce da una calibrata sperimentazione e dall’attenzione per il comfort. Linee morbide disegnano lo schienale e la seduta, entrambi in legno, e si contrappongono alla spigolosità della struttura metallica, dando forma a una composizione dalla silhouette dinamica, sintesi di contrasti. Anche cromatici.

Forbes Italian Excellence è il progetto multimedia di Forbes Italia dedicato alla scoperta dell’imprenditorialità artigianale, agricola e del commercio.

Il progetto multimediale di Forbes Italia che celebra l’imprenditorialità locale, portando esperti e imprenditori a confrontarsi direttamente sui temi cruciali per il loro sviluppo, con un roadshow che toccherà le principali realtà produttive italiane. Nel 2025, il tour farà 10 tappe in tutta Italia coinvolgendo le principali associazioni di categoria.

Scopri le tappe del 2025

Assisi Febbraio 2025

#1

Palermo Marzo 2025 #2

Perugia Aprile 2025 #3

Bari Maggio 2025

Padova Giugno 2025 #5

Chieti Luglio 2025

Settembre 2025 #7

Pavia Novembre 2025

Ottobre 2025 #8

2025 #10

Torino
Bologna
#9
Empoli Dicembre

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