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Violenze e torture in Libia, l’Italia ha speso un miliardo Gabriele Bartoloni
from L'Espresso 45
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di una decina di giorni, a prescindere dalle condizioni delle persone a bordo. Ma sono io la persona che deve dire ogni mattina a 179 persone che ci sono le stesse novità del giorno prima, ovvero nessuna. Sono triste perché non sono più sorpreso di vivere ogni volta una situazione come questa». Ci interrompiamo perché a gran velocità si stanno avvicinando due battelli non identificati. Non rispondono alla radio. Poi si fermano per un po’ a 2 miglia e si allontanano. «È la Guardia costiera italiana, non si capisce come mai si sia avvicinata così tanto senza comunicare nulla», mi dice Samir componente dell’equipaggio con una lunga esperienza. Riprendo a parlare con David: «Sono 7 anni e più che questa storia va avanti. Prima almeno c’era collaborazione tra la Guardia costiera italiana e le Ong, ora si avvicinano a grande velocità per darci un silente avviso che siamo troppo vicini alle coste italiane. In questo lavoro devi sempre chiederti qual è il tuo ruolo e qual è il contributo che stai dando alla visione più generale del problema. Forse cercherò un altro lavoro ma sempre nella cooperazione. Posso cambiare punto di vista ma non quello che vedo e penso. Il problema è qui, ai nostri confini, nei nostri quartieri, vicino alle nostre case». Gli chiedo cosa lo spinge a continuare: «Perché credi in quello che fai, perché sai che non potresti essere da nessun’altra parte al mondo».
Poco dopo David deve sedare un’accesa discussione scoppiata tra le persone soccorse. Un motivo vero per litigare non c’è ma in 11 metri di larghezza la convivenza non è sempre facile. La stanchezza è tanta. E nelle notti di novembre sul ponte il freddo si fa sentire. Con vento forte e onde alte due metri chi è più esposto viene svegliato da secchiate di acqua salata e gelida che impregna le coperte di pannolenci. Anche quando asciutte, trattengono il sale nel tessuto, lasciando quella continua sensazione di umido e colloso. «Dov’eri stanotte? Dormivi?», mi chiede un ragazzo con cui spesso mi fermo a parlare. Avevo vergogna di dirgli che sì, dormivo. Poco dopo ci arriva quella che all’inizio era sembrata una buona notizia: la capitaneria di porto ci concede di attraccare, per «il disimbarco di donne, minori e fragili». David ha qualcosa di positivo da comunicare. «Stiamo arrivando in Italia». Il ponte a quel punto esplode, di-
VIOLENZE E TORTURE IN LIBIA L’ITALIA HA SPESO UN MILIARDO
DI GABRIELE BARTOLONI
L’ultimo giorno utile per interrompere la collaborazione tra il governo italiano e le autorità libiche era il 2 novembre scorso. Quel giorno il memorandum d’intesa tra i due Paesi è stato rinnovato tacitamente per la seconda volta in cinque anni. A poco è servita la protesta delle 40 associazioni scese in piazza per chiedere lo stop ad un accordo che «crea le condizioni per la violazione dei diritti» e che agevola «pratiche di sfruttamento e di tortura». I destinatari di queste operazioni sono i 100 mila migranti che dal 2017 (anno in cui è stato sottoscritto il memorandum) sono stati intercettati e riportati indietro dalla cosiddetta guardia costiera libica mentre tentavano la traversata verso le coste europee. Un’operazione supportata e finanziata da fondi provenienti dall’Italia e che ogni anno vengono destinati al Paese nordafricano. In tutto, nel giro di cinque anni è stato stanziato più di un miliardo di euro in fondi pubblici (1,16 per l’esattezza), tra missioni finalizzate alla stabilizzazione, lotta al traffico di esseri umani e supporto alla marina libica, spesso collusa con i trafficanti stessi. «Nessuna delle missioni ha come mandato specifico
SOLO IL 16 PER CENTO DEI MIGRANTI ARRIVA GRAZIE ALLE ONG: LA LOTTA DEL GOVERNO MELONI È UNA BATTAGLIA POLITICA CONTRO CHI HA LA SFORTUNA DI SALIRE SULLA NAVE SBAGLIATA
venta una massa informe di corpi agitati che danzano e si stringono. E di volti deformati dalle urla di felicità.
L’arrivo al porto, scortati dalla guardia costiera, è tranquillo. Al nostro arrivo, intorno alle 23.30, c’è meno polizia di quanto mi aspettassi ma anche nessuna struttura per la registrazione. Danno speranza i tre bus parcheggiati. La procedura è che le dottoresse con la divisa del ministero della Sanità e della Croce rossa controllino insieme alla nostra dottoressa lo stato di tutti i soccorsi, la priorità è data alle tre donne minori, alla bambina di sette mesi e ai più di 100 uomini, minori anche loro, non accompagnati. In 143 vengono fatti sbarcare e caricati sui bus. Il problema inizia quando parte il controllo degli adulti: «È stata la notte peggiore della mia vita», mi racconta Silvia, la dottoressa di bordo mentre siamo seduti su un ormeg-
I naufraghi sul ponte. A sinistra: Il team di Humanity 1 fa salire a bordo della nave i migranti.
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quello di salvare vite in mare», spiega Giulia Capitani, policy advisor di Oxfam Italia. Ad oggi sono in tutto otto le operazioni finanziate dall’Italia e attive tra la Libia e il Mediterraneo centrale. Quella riguardante il sostegno alla guardia costiera di Tripoli ha subito una continua crescita di fondi. Dai 3,6 milioni del 2017 gli stanziamenti sono lievitati di anno in anno fino a raggiungere gli 11,8 milioni previsti dal decreto missioni approvato a luglio di quest’anno. Si tratta di una cifra che triplica lo stanziamento iniziale, la più alta mai raggiunta. La missione ha come base giuridica proprio il memorandum d’intesa tra Italia e Libia, firmato dal governo di centrosinistra guidato da Paolo Gentiloni. L’accordo impegna l’Italia ad «avviare iniziative di cooperazione» al fine di arginare «i flussi di migranti illegali». Tradotto in termini pratici, significa addestramento e fornitura di strumenti per l’intercettazione dei barconi nella zona di competenza libica. Lo scorso 25 ottobre, a pochi giorni dal rinnovo del memorandum, è stata chiusa una commessa che porterà all’invio di 14 imbarcazioni destinate alla Libia. Un partita da 6,6 milioni di euro che, come denuncia il mensile Altreconomia, è stata finanziata attraverso i soldi europei provenienti dall’Africa Trust Fund. Un fondo cofinanziato dal Viminale, che dedica un linea specifica al contenimento dei flussi in partenza dal Nordafrica. L’ammontare è di 57,2 milioni di euro. L’obiettivo - si legge - è quello di «rafforzare la capacità delle autorità libiche».
Non è la prima volta che l’Italia decide di inviare mezzi navali alle forze di Tripoli. Da anni in territorio libico è presente anche un «dispositivo aeronavale» italiano con il compito di supportare e coordinare i guardacoste. Lo prevede una parte dell’operazione Mare sicuro, destinataria dal 2017 ad oggi di più di mezzo miliardo di euro. Non è chiaro quanti di questi fondi siano dedicati in maniera specifica alle attività di supporto alla marina libica. «Dei finanziamenti che ogni anno vengono decisi per la Libia si conosce lo stanziamento complessivo, ma non è chiaro chi e cosa vadano a finanziare nello specifico», dice Capitani. L’obiettivo di Mare sicuro, oltre al contrasto dei traffici illeciti, è anche quello di fornire «un centro operativo marittimo in territorio libico», strumento imprescindibile affinché Tripoli possa svolgere le azioni di contenimento dei flussi. Un’operazione che consiste nell’intercettazione dei barconi nella propria zona di competenza e il conseguente trasferimento dei migranti nei centri di detenzione governativi, all’interno dei quali - come da anni denunciano Ong e inchieste
gio senza neanche un’ora di sonno con i piedi a terra dopo 34 giorni di mare. «Quando le dottoresse esterne, dopo aver controllato dalla testa ai piedi ogni adulto, mi dicevano che una persona era sana, rispondevo loro che era arrivata in condizioni di ipotermia, con ferite purulente, infezioni, ematomi, senza contare il danno psicologico a causa delle numerose torture vissute in Libia che il nostro specialista ha catalogato con me nei report. Mi sono sentita rispondere che non c’era giustificazione alcuna per far sbarcare chi risultava guarito. Volevo soltanto urlare. Mi sento come se avessi causato un problema più grande a chi ho curato bene. Mi sono vergognata. Tutto ciò è completamente fuori dall’etica per cui ho deciso di essere un medico».
A mezzanotte siamo ancora in 64 sulla nave al porto di Catania, oggetto di grandi di-
Il portellone di accesso a bordo visto dal ponte superiore durante le operazioni di salvataggio scussioni nazionali ed internazionali. Siamo nella zona grigia dove tutto si confonde e di cui capisci l’immensità standoci dentro. Domani alle 6 inizia il mio turno di guardia. Appena aperti gli occhi guarderò fuori dall’oblò e mi verrà in mente quella frase su una colonna del centro di Bologna, vicino a casa: «Il mondo è un casino ma l’alba è bellissima».
giornalistiche - i migranti vengono sottoposti a continue violazioni dei loro diritti. L’accusa è che l’Italia, con il supporto offerto a Tripoli, chiuda gli occhi davanti a violenze e maltrattamenti. Le testimonianze dei migranti sbarcati in Italia parlano di stupri, uccisioni e torture. Il tutto si somma alla scomparsa delle operazioni umanitarie nel Mediterraneo. «L’unica vera missione di salvataggio è stata Mare nostrum, finita nel 2014 e sostituita da altre missioni che non hanno specifici compiti di ricerca e soccorso», spiega Capitani. Si tratta di operazioni come Triton, Themis e Irini. Quest’ultima, a luglio del 2022, è stata rifinanziata con la dote più alta da quando è stata attivata: 40,3 milioni di euro. A coprire lo spazio lasciato dallo stop di Mare nostrum ci sono le Ong, «le uniche - sostiene la policy advisor di Oxfam - che nel Mediterraneo svolgono ancora attività di salvataggio». Non mancano i limiti. Dal 2018 la Libia, grazie al supporto dell’Italia, ha istituito una propria zona Sar. Un’area di mare che si estende per svariate miglia al largo delle coste nordafricane e all’interno della quale la cosiddetta guardia costiera svolge la sua attività di ricerca e soccorso, tenendo alla larga le navi che compiono attività umanitarie.
Nel luglio scorso anche il Partito democratico, per la prima volta, ha deciso di non votare la parte del decreto missioni riguardante il supporto alla marina libica. Una presa di posizione che non è riuscito ad imporre lo stop ai finanziamenti, visto il sostegno delle altre forze politiche. Se nel centrodestra il sì al memorandum pare granitico, nel centrosinistra le posizioni vanno dallo stralcio tout court alla parziale revisione dell’accordo. Lia Quartapelle, responsabile esteri del Pd, è convinta che la strada migliore sia la seconda: «È necessario che vada modificato rendendo più stringenti le parti che riguardano il trattamento dei migranti in territorio libico». Rivederlo, dunque, senza stracciarlo. «Non possiamo gestire le migrazioni senza collaborare con i Paesi di provenienza e di transito». Come conseguenza del tacito rinnovo, il memorandum rimarrà in vigore per altri tre anni. Durante questo arco di tempo il governo italiano avrà la possibilità di chiedere una modifica alla controparte libica. I problemi, però, non mancano. In primo luogo non è detto che Tripoli si dica disponibile a modificare l’accordo. Ma l’incognita più grande riguarda la volontà politica del nuovo esecutivo. I cui partiti non hanno mai messo in discussione la prosecuzione dell’accordo.
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