Forbes 88

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LA BANCA DEL FUTURO

OGNI VIAGGIO È UN MONDO DISEGNATO SU DI TE.

Si direbbe che il viaggio sia una linea che unisce la partenza e l’arrivo. Con Turisanda è molto di più: dal 1924 seguiamo il profilo dei tuoi desideri e del tuo stile, per tracciare un modo di viaggiare che sia solo tuo. Perché oltre la partenza e l’arrivo, c’è un mondo: per noi, quel mondo sei tu. Per scoprirlo, recati nelle migliori Agenzie di Viaggi o visita il sito Turisanda.it.

28 | Il futuro ha radici forti Paolo Martini si appresta a guidare come amministratore delegato Tnb, The Next Bank, una fintech nata da una costola di Azimut, una delle maggiori società italiane del risparmio gestito. Al suo fianco un investitore d’eccellenza, Fsi, l’ex Fondo strategico italiano, che a dicembre ha avviato le trattative in esclusiva per rilevare la maggioranza di questa nascente realtà. “I nostri vantaggi competitivi? La tecnologia e una squadra di persone motivate”. di Andrea Telara

INSIDE

9 | Il fattore H e i nuovi parametri

per la sostenibilità

Alessandro Mauro Rossi

10 | Andata e ritorno

Andrea Giacobino

FRONTRUNNER

13 | A tutto gas

18 | Squadre di valore

NEWS

22 | Innovation people

Matteo Sportelli

23 | Space news

Emilio Cozzi

24 | Social responsibility

Enzo Argante

COVER STORY

28 | Il futuro ha radici forti

Andrea Telara

THE INVESTIGATION

36 | Tempesta al nord

Tommaso Carboni

42 | Il terzo incomodo

Cosimo Maria Palleschi

44 | Puntare in alto

Emilio Cozzi

CONTRARIAN

47 | Il potere della mente

Matteo Novarini

54 | Patto umanitario

Enzo Argante

56 | L’Italia s’è desta

Massimiliano Carrà

BEST IN CLASS

61 | La risposta giusta

66 | Connessioni sostenibili

UNDER 30

69 | Giovani responsabili a cura di Roberta Maddalena

GOOD STORIES

79 | Questione di chimica

82 | Operazioni mirate

84 | Al servizio delle pmi

86 | L’equilibrio del benessere

88 | Un affaccio sul futuro

90 | Gestione sartoriale

92 | Salute in tavola

BRANDVOICE

con aNc Media

94 | Crescita in diretta

SMALL GIANTS

A cura di Piera Anna Franini

99 | Le meraviglie della Laguna

DESIGN

A cura di Valentina Lonati

105 | Tutt’altra luce

108 | La misura del bello

FORBES LIFE

111 | Coltivare l’arte

Susanna Tanzi

116 | La National Gallery di Locatelli

Marco Gemelli

120 | Lusso in alta quota

Matteo Sportelli

122 | Il nuovo volto di Bolgheri

Cristina Mercuri

124 | Forbes tech

Gabriele Di Matteo

125 | Forbes design

Valentina Lonati

LIVING

126 | Milano Alessia Bellan

127 | Roma Mara Cella

128 | Londra Augusto Snodgrass

129 | New York Aka Sarabeth

130 | Pensieri e parole Famiglia

FEBBRAIO, 2025 | VOLUME 88

Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017

CASA EDITRICE

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NICOLA FORMICHELLA Amministratore delegato

ALESSANDRO MAURO ROSSI Direttore responsabile

Strategy editor: Andrea Giacobino

Managing editor: Daniel Settembre

WRITERS

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Smart mobility: Giovanni Iozzia

Technology: Gabriele Di Matteo

Space economy: Emilio Cozzi

Responsibility: Enzo Argante

Contributors: Maurizio Abbati, Alessia Bellan, Tommaso Carboni, Mara Cella, Danilo D’Aleo, Anna della Rovere, Lavinia Desi, Piera Anna Franini, Marco Gemelli, Valentina Lonati, Primo Marzoratti, Cristina Mercuri, Cosimo Maria Palleschi, Francesca Vercesi, Aka Sarabeth, Augusto Snodgrass, Susanna Tanzi, Andrea Telara, Penelope Vaglini Realizzazione grafica: Filippo Scaglia - scaglia@bfcmedia.com

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Top selection

PEOPLE IN FOCUS

Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia

ELISABETTA BELLONI

OLIVIERO TOSCANI

Se n’è andato all’età di 84 anni vissuti tutti alla grande e senza compromessi. Fotografo, giornalista, pubblicitario: Oliviero è stato tutto questo e molto di più, un artista che ha saputo coniugare il suo tempo al futuro. Indimenticabile. Ciao Maestro.

Dare le dimissioni non usa più. Ci vuole coraggio. E lei l’ha avuto, abbandonato la guida del Dis (il coordinamento dei servizi segreti italiani) quando ha capito che il suo feeling con il governo era finito. Ora inizierà un’altra storia.

OFELIA PASSAPONTI

STEFANO LUCCHINI

Ritrovare l’umano. Il responsabile degli affari istituzionali di Intesa Sanpaolo si è impegnato in una nuova fatica letteraria sull’attuale modello di sviluppo sostenibile e il bisogno di applicare le metriche di un nuovo umanesimo concreto.

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Miss Italia 2024 si è prestata alla sanità pubblica. Il suo avatar, con volto e voce, risponde agli utenti del nuovo servizio informativo e interattivo basato sull’intelligenza artificiale per il sito internet dell’Azienda ospedaliero-universitaria senese.

Le sezioni Best in Class e Good Stories sono a cura dell’ufficio commerciale di BFC Media

Il fattore H e i nuovi parametri per la sostenibilità

Crescere. È una parola d’ordine, un mantra, un’ossessione dell’economia mondiale. Senza crescita non c’è futuro. Già, ma quanto e come crescere in un pianeta con spazi limitati, risorse limitate, materie prime limitate? Nel 2050 gli abitanti della Terra supereranno i 10 miliardi, le megalopoli come New York, Buenos Aires o anche la stessa Roma possono espandersi ancora, ma fino a quando saranno in grado di governare i fenomeni sociali, dare servizi, costruire abitazioni? E il cambiamento climatico dove ci porterà? Se non si interviene a livello globale per ridurre i gas serra responsabili dell’aumento delle temperature, l’innalzamento dei mari alla fine del secolo avrà sommerso le più grandi città del mondo. New York, Londra, Rio de Janeiro, Sidney, Hong Kong, Shanghai, Calcutta, Mumbai, ma anche le nostre Napoli, Venezia, Pisa, Ravenna. E allora, se crescita deve essere, che sia crescita sostenibile. Il termine è abusato. Siamo arrivati al punto che ogni azienda, ogni sistema economico si autodefinisce sostenibile, spesso senza possibilità di misurare oggettivamente i parametri. Spesso basta avere un asilo nido per i figli dei dipendenti o magari qualche donna nel cda per sentirsi in diritto di definirsi sostenibili.

Ctale: è possibile migliorare il pianeta senza considerare il benessere di chi lo abita?

La risposta, secondo i due autori, è ‘no’. Nel loro nuovo saggio, Ritrovarel’umano.Perchénonc’èsostenibilitàsenzaHealth,Human e Happiness, sostengono che le metriche esg, per quanto cruciali, non siano più sufficienti per affrontare le sfide globali. La sostenibilità deve essere ripensata attraverso una lente più umanistica, con l’aggiunta di un nuovo booster rappresentato dalle tre H: Health, Human e Happiness.

Classifiche

LA BANCA DEL FUTURO

In un mondo che corre sempre più veloce, orientato al progresso e alla produttività, come possiamo davvero valutare la sostenibilità?

Negli ultimi anni, le metriche esg (environmental, social, governance) sono diventate un punto di riferimento per misurare l’impatto ambientale, sociale e di governance delle organizzazioni. Tuttavia, Stefano Lucchini, chief institutional affairs and external communication officer di Intesa Sanpaolo, e Massimo Lapucci, manager, senior advisor e international fellow su artificial intelligence all’Università di Yale, ci invitano a riflettere su una domanda fondamen-

“La nostra proposta esg+H”, ha detto Lapucci in un’intervista a Formiche, “non vuole essere un ulteriore peso burocratico, bensì un’opportunità per le imprese e le organizzazioni non profit di riflettere e, se necessario, di saper ripensare il proprio impatto sociale e ambientale attraverso una dimensione più umana e inclusiva. La differenza fondamentale risiede nell’approccio: non si tratta di aggiungere un livello di complessità, ma di integrare, nei principi guida, i concetti della salute psico-fisica (health intesa come global health), della centralità della persona (human) e della felicità (happiness) intesa come wellbeing. Questo paradigma è pensato per stimolare un cambiamento culturale e non solo operativo o di processo, offrendo alle organizzazioni strumenti per creare valore sostenibile che non si limiti alla conformità normativa, ma che sia invece percepito come una leva di incremento del vantaggio competitivo. Esg+H punta a coinvolgere i lavoratori, i consumatori e l’intera comunità degli stakeholder in un progetto di crescita condivisa, superando la logica del mero adempimento normativo”.

In sostanza, dall’intelligenza artificiale alla finanza etica, l’approccio esg+H promuove un equilibrio tra progresso tecnologico, sostenibilità ambientale e benessere umano. È questa la grande sfida per salvare il pianeta, ma prima di tutto per salvare noi stessi. F

di Alessandro Mauro Rossi direttore Forbes Italia

Andata e ritorno

Negli anni ‘90 Fabio Bariletti è partito per New York, dove ha osservato da vicino giganti della finanza come Soros e ha fatto esperienza negli hedge fund. Un mondo all’epoca quasi sconosciuto in Italia, che lui ha importato all’alba del XXI secolo. Le sue ultime avventure si chiamano Eques e Beyond

Fabio Bariletti è nato poco più di 50 anni fa a Roma. In una città intrisa di storia e cultura, ma con poca finanza e imprenditorialità, ha sviluppato fin da giovane una forte passione per questi due ultimi mondi. Dopo una laurea in economia come best in class alumni all’Università La Sapienza di Roma, con una tesi innovativa sui fondi hedge, si è lanciato in una carriera precoce che lo ha portato nella frenesia di Wall Street a 22 anni. A New York si è immerso nel cuore della finanza globale, entrando nel gruppo Citco, uno dei pionieri nel mondo degli hedge fund. Qui ha avuto l’opportunità di lavorare a contatto con alcune delle menti più brillanti e creative della finanza. Negli anni ‘90 ha osservato da vicino figure leggendarie come George Soros e altri geni del mercato, capaci di individuare operazioni vincenti nei luoghi più remoti e inefficienti dei mercati finanziari. Ma non è stato tutto facile: Bariletti ricorda con ironia il giorno in cui, durante l’incontro conoscitivo con Bernie Madoff nel suo ufficio nel Lipstick Building, le domande inquisitive gli sono costate un invito a uscire e le male parole di uno dei più grandi truffatori della storia della finanza. Un episodio che è stato un magnifico incoraggiamento a lavorare sempre con spirito critico. All’alba del nuovo millennio Bariletti è tornato in Europa per cogliere un’opportunità unica: portare il modello dei fondi hedge in un continente ancora poco esplorato in questo ambito. Insieme a Paolo Basilico e ad altri soci ha lanciato il primo hedge fund in Italia, contribuendo a costruire uno dei principali gestori patrimoniali alternativi in Europa. Negli anni ha ricoperto vari ruoli di rilievo, tra cui direttore degli investimenti, direttore generale e infine amministratore delegato del gruppo Kairos. A partire dal 2000, economia e finan-

Bariletti ricorda l’incontro con Bernie Madoff, quando le domande gli costarono un invito a uscire e le male
parole di uno dei più grandi truffatori della storia

za hanno attraversato momenti complessi: dalla bolla delle dot-com alla grande crisi finanziaria, fino a quella dell’euro. In ciascuna di queste sfide, Bariletti e i suoi colleghi hanno dimostrato capacità di adattamento e visione strategica, proteggendo i capitali degli investitori e posizionando progressivamente Kairos come un punto di riferimento per i risparmiatori in Europa. Dopo quasi 20 anni in Kairos e a valle della vendita della società al gruppo svizzero Julius Baer, nel 2020 Bariletti ha deciso di iniziare una nuova avventura. Insieme a ex colleghi e partner di Kairos ha fondato Eques Investments, con sede a Londra e Tokyo. L’obiettivo è continuare a investire al fianco delle più brillanti menti della finanza internazionale. Oltre agli investimenti in fondi hedge, Bariletti ha esplorato anche opportunità innovative, iniziando a investire direttamente nelle aziende più promettenti al mondo, insieme ai migliori partner strategici in ogni area geografica e settore. Da questa visione è nata Beyond Investment, una holding promossa insieme a Banca Generali e partecipata da molti dei più importanti imprenditori italiani, che vuole valorizzare le competenze per investire nelle aziende più dinamiche del panorama globale.

La storia di Bariletti è quella di un uomo animato dal desiderio di esplorare e di anticipare i tempi, affrontando sfide complesse per costruire valore attraverso relazioni professionali e investimenti strategici. Sempre guidato da una forte curiosità intellettuale e da una visione ottimistica del futuro, Bariletti continua a scrivere la sua storia, dimostrando che, con il giusto mix di talento, passione e determinazione, è possibile divertirsi, lasciando un segno nel mondo delle gestioni patrimoniali.

Lo stile di investimento eclettico e l’esperienza interna-

zionale hanno permesso a Beyond Investment di scovare opportunità di investimento peculiari. L’ultima operazione di investimento in Nse, il principale exchange della borsa indiana, ne è un esempio. Negli ultimi mesi la società ha macinato grandi risultati, arrivando a superare il miliardo di euro di profitti. Inoltre, il consiglio di amministrazione di Nse ha deliberato di procedere con la quotazione della società, per eliminare un ossimoro, ovvero il fatto che uno dei primi cinque exchange al mondo non fosse esso stesso quotato. Era la principale scommessa che Beyond Investment aveva fatto e a oggi sul mercato secondario il titolo ha una valutazione doppia rispetto a pochi mesi fa. Nel portafoglio ci sono anche modelli di business innovativi come Turo, l’Airbnb delle auto

con circa 1 miliardo di dollari di giro d’affari, e Get Your Guide, una delle principali aziende nel segmento del turismo online e la prima società europea nel mondo delle experience. Tutte società scovate insieme a gestori specialisti in questi ambiti di mercato, che investono in queste transazioni insieme ai soci di Beyond Investment. “Se c’è una lezione che il mondo degli investimenti ci insegna”, conclude Bariletti, “è che il successo non sta nell’evitare le turbolenze, ma nel saperle cavalcare con determinazione. La resilienza è il motore che trasforma ogni ostacolo in una nuova opportunità di crescita. Per farlo con successo bisogna avere compagni di viaggio che sposino questa visione e coraggio e la mia più grossa fortuna è di averli avuti a fianco in tutte le mie avventure”. F

Fabio Bariletti

WHAT’S NEW

WHO’S NEXT Per il terzo anno consecutivo Max Verstappen è il pilota di F1 più pagato, davanti a Lewis Hamilton e Lando Norris. In totale i primi dieci hanno guadagnato 317 milioni di dollari, contro i 258 del 2023

MAX

VERSTAPPEN

75 milioni di dollari (60 milioni di stipendio e 15 milioni di bonus)

Squadra: Red Bull Racing

Nazionalità: Paesi Bassi Età: 27

A tutto GAS

Dopo aver disputato la stagione più dominante nella storia della Formula 1 nel 2023, con 19 vittorie in 22 gare, nel 2024 Max Verstappen ha affrontato una sfida molto più impegnativa, conquistando il titolo piloti con un margine di ‘soli’ 63 punti. Per quanto riguarda i suoi guadagni, tuttavia, la 27enne stella della Red Bull sta aumentando il suo vantaggio sugli altri piloti. Per il terzo anno consecutivo Verstappen è il pilota di Formula 1 più pagato ‘in pista’, con guadagni stimati per il 2024 in 75 milioni di dollari (60 milioni di stipendio e 15 in bonus legati alle prestazioni). Questo lo pone 18 milioni sopra il suo storico rivale Lewis Hamilton, che nel suo ultimo anno in Mercedes prima del passaggio in Ferrari ha percepito uno stipendio di 55 milioni di dollari, più 2 milioni di bonus. Il divario si è ampliato

3,3 mld $

I ricavi totali della Formula 1 nel 2024

1,88 mld $

Il valore medio delle scuderie di F1

rispetto ai 15 milioni del 2023 e ai 5 del 2022.

Lando Norris della McLaren, che quest’anno ha conquistato le prime quattro vittorie in carriera e ha insidiato Verstappen per il titolo, è salito al terzo posto nella classifica dei guadagni, con un totale di 35 milioni di dollari, in netta ascesa rispetto al sesto posto (e ai 15 milioni di dollari) dell’anno scorso. A gennaio 2024 il 25enne britannico ha firmato un prolungamento di contratto che, secondo le stime di Forbes, ha portato il suo stipendio a 12 milioni di dollari, più del doppio rispetto al 2023. Tuttavia la grande differenza è rappresentata dai circa 23 milioni in bonus guadagnati quest’anno. È raro che le retribuzioni dei piloti di F1 siano rese pubbliche, ma si sa che i contratti generalmente legano i guadagni alle prestazioni in pista. Un pilota affermato in

LEWIS

HAMILTON

57 milioni di dollari (55 milioni di stipendio e 2 milioni di bonus)

Squadra: Mercedes Nazionalità: Regno Unito Età: 40

LANDO NORRIS

35 milioni di dollari (12 milioni di stipendio e 23 milioni di bonus)

Squadra: McLaren Nazionalità: Regno Unito Età: 25

FERNANDO ALONSO

#2 #3 #4

27,5 milioni di dollari

(24,5 milioni di stipendio e 3 milioni di bonus)

Squadra: Aston Martin

Nazionalità: Spagna Età: 43

una scuderia di primo livello riceverà di norma uno stipendio garantito elevato, oltre a bonus per le vittorie o per la conquista del campionato. I piloti meno esperti o appartenenti a squadre più piccole tendono a ricevere stipendi più bassi, ma possono ottenere bonus significativi per le vittorie o i punti conquistati. A differenza delle classifiche di Forbes sui giocatori più pagati nel calcio o nell’Nba, la classifica dei guadagni dei piloti di F1 esclude i proventi delle sponsorizzazioni, concentrandosi solo su stipendi e bonus legati

5 mln $

Il guadagno di Verstappen da attività commerciali extra-F1

allo sport. Questo accade in gran parte perché gli obblighi dei piloti verso le loro squadre e gli sponsor di queste ultime lasciano loro poco spazio per accordi personali. Si stima che Verstappen, ad esempio, abbia guadagnato 5 milioni di dollari dalle sue attività commerciali nei 12 mesi terminati a maggio, una cifra lontana da quanto altre star sportive globali hanno incassato nel 2024.

Tuttavia, i piloti non se la passano certo male. Secondo le stime di Forbes, i dieci più pagati hanno incassato complessivamente 317 milioni

di dollari dalla pista nel 2024, con un aumento del 23% rispetto ai 258 milioni del 2023, stabilendo un record nella storia quadriennale della classifica. Due fattori principali stanno facendo aumentare gli stipendi. In primo luogo, la Formula 1 non è mai stata così popolare: i ricavi hanno raggiunto i 3,2 miliardi di dollari nel 2023, con un incremento del 25% rispetto all’anno precedente, secondo il rapporto annuale sui guadagni di Liberty Media, proprietaria della F1. Ciò si traduce in un maggiore montepremi per le dieci

CHARLES LECLERC

27 milioni di dollari (15 milioni di stipendio e 12 milioni di bonus)

Squadra: Ferrari

Nazionalità: Monaco Età: 27

23%

L’aumento dei guadagni dei dieci piloti più pagati rispetto al 2023

scuderie in griglia, che stanno anche beneficiando di migliori opportunità di sponsorizzazione. L’afflusso di denaro sta aumentando il valore delle scuderie, fino a una media di 1,88 miliardi di dollari, e permette loro di investire di più sui piloti. Nel frattempo i piloti stanno beneficiando del tetto ai costi introdotto nel 2021. Questo sistema limita quanto le squadre possono spendere per progettare e costruire le auto, ma esclude la retribuzione dei piloti dal calcolo del budget. Questo consente alle squadre più ricche di spendere liberamente per distinguersi dai

#6

GEORGE RUSSELL

23 milioni di dollari (15 milioni di stipendio e 8 milioni di bonus)

Squadra: Mercedes Nazionalità: Regno Unito Età: 26

#7

OSCAR

PIASTRI

22 milioni di dollari (5 milioni di stipendio e 17 milioni di bonus)

Squadra: McLaren

Nazionalità: Australia Età: 23

#8

SERGIO PÉREZ

19,5 milioni di dollari

(12,5 milioni di stipendio e 7 milioni di bonus)

Squadra: Red Bull Racing

Nazionalità: Messico

Età: 35

CARLOS SAINZ

19 milioni di dollari

(10 milioni di stipendio e 9 milioni di bonus)

Squadra: Ferrari

Nazionalità: Spagna

Età: 30

#9

#10

PIERRE GASLY

12 milioni di dollari

(10 milioni di stipendio e 2 milioni di bonus)

Squadra: Alpine

Nazionalità: Francia Età: 29

L’anno in cui la F1 ha introdotto un tetto di spesa per le scuderie

rivali in quest’area.

L’anno prossimo la classifica dei salari della F1 seguirà probabilmente questa tendenza al rialzo, grazie a una serie di rinnovi contrattuali e nuovi accordi nel paddock. Charles Leclerc, per esempio, ha firmato un nuovo contratto con Ferrari che si ritiene preveda un significativo aumento per il 2025. Anche il suo nuovo compagno di squadra, Hamilton, ha sorpreso il mondo delle corse annunciando a febbraio 2024 il suo passaggio da Mercedes a Ferrari.

Hamilton ha scritto su Instagram che guidare la Rossa rappresenterà “il coronamento di un altro sogno d’infanzia”, ma non si può escludere del tutto il fattore economico: Forbes stima che il contratto lo riporterà davanti a Verstappen, stabilendo un nuovo record per gli stipendi della F1. F

Per scoprire tutte le classifiche di Forbes visita il sito Forbes.it

SQUADRE DI VALORE

I Dallas Cowboys guidano la classifica dei club sportivi dai maggiori utili. In totale i primi 20 hanno accumulato 3,9 miliardi di dollari di reddito operativo.

E i nuovi accordi mediatici della Nba potrebbero presto cambiare gli equilibri

OOggi le squadre di football della Nfl non devono lavorare troppo duramente per coprire le spese. Nella stagione 2023, ciascuna ha incassato circa 323 milioni di dollari dagli accordi mediatici e di sponsorizzazione della lega. Ma i Dallas Cowboys stanno facendo ancora di più.

La squadra sportiva di maggior valore al mondo (10,1 miliardi di dollari)

è anche la più profittevole, con un reddito operativo 2023 di circa 564 milioni di dollari. La seconda, i Los Angeles Rams, ha raggiunto a malapena la metà di quella cifra, 286 milioni, mentre i New England Patriots, al terzo posto, sono a 261 milioni. In totale, tra le 20 squadre sportive più redditizie ce ne sono nove della Nfl, cinque della Nba (basket), tre della Nhl (hockey) e tre della Premier League inglese (calcio). Insieme hanno generato circa 3,9 miliardi di dollari di profitti durante l’ultima stagione di cui si hanno a disposizione i dati. La media è di 195 milioni a

squadra, in aumento del 12% rispetto all’anno precedente.

I Cowboys si distinguono grazie ai loro quasi 800 milioni di dollari di entrate locali, dalla vendita dei biglietti, dalle concessioni, dal merchandising e da altre fonti. Nessun’altra squadra di football ha superato i 400 milioni.

I Cowboys, però, offrono un modello più replicabile sotto altri aspetti. Innanzitutto militano nella Nfl, dove le squadre, secondo le stime di Forbes, hanno avuto una media di 143 milioni di dollari di reddito operativo nel 2023 e nessuna è scesa sotto i 56 milioni. Giocare in un grande mercato

I Dallas Cowboys

I VENTI TEAM PIÙ REDDITIZI AL MONDO

1. DALLAS COWBOYS

Reddito operativo:

$564 milioni

Lega: Nfl

Valore:

$10,1 miliardi

Proprietario: Jerry Jones

2. LOS ANGELES RAMS

Reddito operativo:

$286 milioni

Lega: Nfl

Valore: $7,6 miliardi

Proprietario:

E. Stanley Kroenke

3. NEW ENGLAND PATRIOTS

Reddito operativo:

$261 milioni

Lega: Nfl

Valore: $7,4 miliardi

Proprietario: Robert Kraft

4. EDMONTON OILERS

Reddito operativo:

$213 milioni

Lega: Nhl

Valore:

$2,65 miliardi

Proprietario: Daryl Katz

5. LOS ANGELES LAKERS

Reddito operativo:

$199 milioni

Lega: Nba

Valore: $7,1 miliardi

Proprietari:

Jerry Buss Family

Trusts, Mark Walter, Todd Boehly

Connor McDavid (a sinistra) e Stuart Skinner degli Edmonton Oilers.

6. NEW YORK GIANTS

Reddito operativo:

$190 milioni

Lega: Nfl

Valore: $7,3 miliardi

Proprietari: John Mara, Steven Tisch

7. MANCHESTER

UNITED

Reddito operativo: $187 milioni

Lega: Premier League

Valore: $6,55 miliardi

Proprietari: famiglia

Glazer, James Ratcliffe

8. NEW YORK KNICKS

Reddito operativo:

$182 milioni

Lega: Nba

Valore: $7,5 miliardi

Proprietario: Madison Square Garden Sports

9. HOUSTON TEXANS

Reddito operativo:

$164 milioni

Lega: Nfl

Valore: $6,1 miliardi

Proprietario: Cal McNair

10. TOTTENHAM HOTSPUR

Reddito operativo: $161 milioni

Lega: Premier League

Valore: $3,2 miliardi

Proprietari: Joseph Lewis Family Trust, Daniel Levy

11. HOUSTON ROCKETS

Reddito operativo: $160 milioni

Lega: Nba

Valore: $4,9 miliardi

Proprietario: Tilman Fertitta

11. WASHINGTON COMMANDERS

Reddito operativo: $160 milioni

Lega: Nfl

Valore: $6,3 miliardi

Proprietario: Josh Harris

13. DALLAS MAVERICKS

Reddito operativo: $158 milioni

Lega: Nba

Valore: $4,7 miliardi

Proprietari: famiglia

Adelson, Mark Cuban

13. PHILADELPHIA EAGLES

Reddito operativo: $158 milioni

Lega: Nfl

Valore: $6,6 miliardi

Proprietario: Jeffrey Lurie

15. MANCHESTER CITY

Reddito operativo: $148 milioni

Lega: Premier League

Valore: $5,1 miliardi

Proprietario: sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyan

16. INDIANAPOLIS COLTS

Reddito operativo: $146 milioni

Lega: Nfl

Valore: $4,8 miliardi

Proprietario: James Irsay

17. SAN FRANCISCO 49ERS

Reddito operativo: $144 milioni

Lega: Nfl

Valore: $6,8 miliardi

Proprietario: famiglia York

18. LOS ANGELES KINGS

Reddito operativo: $143 milioni

Lega: Nhl

Valore: $2,9 miliardi

Proprietario: Philip Anschutz

19. GOLDEN STATE WARRIORS

Reddito operativo: $142 milioni

Lega: Nba

Valore: $8,8 miliardi

Proprietari: Joe Lacob, Peter Guber

19. MONTREAL CANADIENS

Reddito operativo: $142 milioni

Lega: Nhl

Valore: $3 miliardi

Proprietario: famiglia Molson

Stephen Curry, stella dei Golden State Warriors.

offre un vantaggio e il controllo del proprio stadio assicura che possano estrarre il massimo valore dalle fonti di reddito, tra cui sponsorizzazioni e suite di lusso, nonché concerti e altri eventi non sportivi tenuti nella struttura. Non guasta, inoltre, che la Nfl, come la Nba e la Nhl, tenga sotto controllo la spesa con un sistema di salary cap e una divisione collettivamente negoziata delle entrate dell’intera lega tra giocatori e proprietari delle squadre. Nei campionati calcistici europei, al contrario, le normative del fair play finanziario della Uefa mantengono gli stipendi in linea con i ricavi del club, ma non ci sono limiti per le commissioni di trasferimento o gli stipendi. Questa è una delle ragioni principali per cui colossi come il Barcellona (che ha avuto una perdita operativa di 145 milioni di dollari durante la stagione 2022/23) e il Paris Saint-Germain (perdita di 126 milioni) non si avvici-

nano minimamente alla soglia per la lista delle squadre più redditizie. Allo stesso modo, la Mlb di baseball ha una ‘tassa di equilibrio competitivo’ per scoraggiare la spesa eccessiva per i giocatori, ma nessun limite fisso. Quel sistema rende i New York Mets la squadra sportiva meno redditizia al mondo, con una perdita operativa stimata in 292 milioni di dollari nel 2023, dopo che il club ha pagato una quota di 101 milioni in tasse in aggiunta a un monte stipendi di 375 milioni.

Tuttavia, i Mets sono un’eccezione tanto quanto i Cowboys. Tra le 174 squadre sportive valutate da Forbes nel 2024, 141 erano in attivo e altre cinque in pareggio. E delle 28 squadre in rosso, 15 provenivano dalla Major League Soccer, ancora relativamente alle prime armi.

Sono lontani i giorni in cui la proprietà di una squadra era solo una questione di ego o una scommessa sul

fatto che i guadagni in conto capitale in un’eventuale vendita avrebbero superato le perdite subite lungo il percorso. Ora la redditività è la norma, il che aiuta a spiegare perché le società di private equity e altri investitori istituzionali siano improvvisamente così ansiosi di affondare i denti nelle squadre sportive.

La Nfl, ovviamente, è un obiettivo allettante, dopo che la lega, ad agosto, ha iniziato a permettere alle società di private equity di acquisire quote di minoranza. Ma la Nba, che ha selezionato il suo primo partner di private equity nel 2020 e ha regole più flessibili per gli investitori istituzionali rispetto alla Nfl, potrebbe presto scuotere la classifica delle squadre più redditizie. I nuovi accordi mediatici nazionali, che entreranno in vigore la prossima stagione, valgono più del doppio del pacchetto attuale, ponendo le basi per creare una macchina da soldi. F

Il Manchester City festeggia la conquista della Premier League 2023/24.

INNOVATION PEOPLE SHORT NEWS

L’AIUTO INNOVATIVO PER I COMMERCIANTI

Qomodo, fintech italiana specializzata in soluzioni di pagamento digitale per negozi fisici, inclusi i servizi buy now pay later, ha chiuso un round di investimento da 13,5 milioni di euro. Il round è stato guidato da Rtp Global, un fondo internazionale di venture capital, noto per aver puntato su unicorni come Delivery Hero e SumUp, segnando il suo primo investimento in Italia. Insieme a Rtp Global, hanno partecipato Lmdv Capital, Proximity Capital, Primo Capital. Tra gli investitori figurano anche Davide Fioranelli e famiglie industriali italiane, come Elkann-Agnelli, Berlusconi e Moratti, tramite i loro family office. Con questo investimento, Qomodo intende sviluppare un ecosistema di soluzioni per i commercianti fisici, potenziare l’uso dell’intelligenza artificiale e attrarre nuovi talenti per supportare la crescita e l’innovazione tecnologica.

LA NUOVA ERA DELL’AUTOMAZIONE

Soource, startup fondata nel 2024 a Bolzano, tra gli altri, da Maicol Verzotto, ex oro europeo di tuffi, ha raccolto 1,5 milioni di euro in un round pre-seed. L’investimento è stato guidato da 360 Capital, operatore europeo di venture capital, e sostenuto da Cdp Venture Capital tramite il Digital Transition Fund. Hanno partecipato anche Exor Ventures, Vento, Simon

Fiduciaria, Vesper, B Heroes e altri business angel. Soource ha sviluppato una piattaforma basata sull’intelligenza artificiale per ottimizzare la selezione dei fornitori nel b2b, aiutando le aziende a mappare il mercato e interagire con migliaia di fornitori in modo automatizzato. Con un team di 17 persone, la startup punta a crescere a 40 collaboratori entro il 2025.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE CON

STILE

Estyl, startup milanese fondata da Alessandro Monego, Victor Mita, Matteo Blini e Marco Blini all’inizio del 2024, ha chiuso un round pre-seed da 600mila euro. L’operazione di raccolta è stata strutturata in due fasi: un primo investimento di 100mila euro da Oblivion e un finanziamento bancario di 500mila euro da UniCredit. Con questo capitale, Estyl si prepara a lanciare

il suo mvp (minimum viable product) entro la primavera del 2025. La startup sviluppa un’app mobile di aggregazione e-commerce che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per offrire consigli di stile personalizzati. Oltre ai gusti personali, l’app considera anche fattori come il meteo, occasioni speciali e tendenze del momento, puntando a rivoluzionare l’esperienza d’acquisto online nel settore fashion.

di Matteo Sportelli

Nuovi contratti tra

Esa e Avio

Avio ha firmato con l’Agenzia spaziale europea un contratto per lanciare missioni Esa. La compagnia aerospaziale di Colleferro si afferma così come fornitore di servizi di lancio, con il vettore Vega C, dopo l’affrancamento dalla francese Arianespace, che fino a pochi mesi fa ha commercializzato i voli dei razzi costruiti a Colleferro. Avio ha annunciato anche il primo lancio, previsto per il 2027: trasporterà il satellite Forum (Far-infrared outgoing radiation understanding and monitoring) di osservazione della Terra, in orbita bassa a circa 850 chilometri di quota. Forum misurerà la radiazione infrarossa lontana emessa dalla Terra nello spettro elettromagnetico per comprendere l’impatto del vapore acqueo e delle nubi di ghiaccio sul sistema climatico del nostro pianeta. L’azienda e l’Esa hanno sottoscritto altri contratti - un totale di 350 milioni di euro - per aggiornare le strutture di terra per aumentare la cadenza dei lanci e continuare lo sviluppo di Vega E.

Tlc, l’Asi lavorerà alla risposta italiana

L’Italia vuole dotarsi di una propria costellazione satellitare di telecomunicazioni in orbita bassa, una risposta nazionale a ciò che sta avvenendo in ambito mondiale (con lo sviluppo di diverse reti, pubbliche e private, come Starlink, OneWeb, Iris2 e la Smart Skynet cinese). L’Agenzia spaziale italiana (Asi) dovrà elaborare uno studio per definire costi e tempi realistici per un’infrastruttura la cui importanza è ormai strategica per le esigenze operative e di sicurezza di governo e istituzioni.

L’annuncio è arrivato dal ministero delle Imprese e del made in Italy a seguito della riunione del Comitato interministeriale delle politiche relative allo spazio. La scelta è “in linea con quanto previsto dal Ddl Spazio approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 20 giugno, che offrirà significative opportunità di stimolo per i settori produttivi, sia nel settore aerospaziale che in altri ambiti, con particolare riferimento a pmi e startup”, ha sottolineato il Mimit.

VAST,

due missioni private con SpaceX verso la Iss

Si affaccia nel panorama internazionale una nuova ‘agenzia viaggi’ spaziale: è la compagnia californiana Vast Space, che ha annunciato la firma di una collaborazione con SpaceX per organizzare due missioni verso la Stazione spaziale internazionale (Iss) a bordo di una Crew Dragon. Il programma Private astronaut mission della Nasa ha proprio lo scopo di facilitare la transizione dall’economia in cui l’attuale avamposto orbitante rappresenta l’unica destinazione a uno scenario in cui siano i privati a offrire approdo e spazi per ricerca e sperimentazioni oltre l’atmosfera.

Fondata dal miliardario statunitense Jed McCaleb, Vast Space ambisce a sviluppare diverse stazioni spaziali private. Haven-1, il cui lancio, sempre con la compagnia di Elon Musk, è pianificato entro la fine dell’anno, dovrebbe essere solo la prima a diventare operativa.

Teodoro Valente, presidente dell’Asi

LE NUOVE FORESTE DI BAMBÙ

Dieci ettari di bambuseto di proprietà aziendale a Muggiò, provincia di Monza Brianza, il primo in Lombardia, e il completamento del sesto ettaro di foresta di bambù gigante in collaborazione con Forever Bambù. Una riduzione delle emissioni assolute di CO2 equivalente del 18% nel 2023 rispetto al 2019, che diventa del 24% se si conside-

rano le attività di compensazione messe in atto dal 2022. Brugola Oeb - azienda italiana multinazionale di viti per il settore automotive - è attenta alla sostenibilità anche grazie al rapporto consolidato con Forever Bambù – che si occupa della piantumazione di bambù gigante - per la creazione di nuove foreste di bambù gigante in Italia.

L’imprenditrice che ha adottato un borgo

L’imprenditrice del settore metalmeccanico piemontese Paola Veglio ha deciso di adottare il piccolo borgo di Cortemilia, nel Cuneese, che si sta progressivamente spopolando. Per Natale i 145 dipendenti di Brovind, operativi nei tre stabilimenti di Cortemilia, hanno ricevuto buoni da 500 euro spendibili nei negozi del borgo. “Restare in un territorio di 2.100 abitanti richiede determinazione e una buona dose di coraggio, ma siamo convinti che ne valga la pena”, ha detto Veglio. “Sosteniamo chi sceglie di restare qui, impiegando prevalentemente persone del posto e promuovendo l’inserimento dei giovani locali nella nostra azienda. Creare valore e contribuire alla comunità è fondamentale per mantenerla viva. In cambio riceviamo impegno, entusiasmo e partecipazione, elementi essenziali per crescere e affrontare il futuro con fiducia”.

Giocare d’anticipo per EDUCARE I GIOVANI

Giochiamo d’Anticipo, realizzato da Groupama Assicurazioni in collaborazione con La Fabbrica, punta a formare gli studenti delle scuole secondarie di primo grado alla cultura della prevenzione. Coinvolge quasi 800 istituti, 1.000 classi e 60mila persone. A partire dal novembre 2023 e fino a giugno 2025 gli studenti sono orientati attraverso una metodologia didattica che stimola a riflettere su situazioni reali e a sviluppare capacità di risoluzione dei problemi. Mediante webinar, kit didattici e un concorso a premi, l’iniziativa offre l’opportunità di approfondire concetti chiave dell’assicurazione, sviluppare doti critiche e applicare le conoscenze acquisite a situazioni concrete, in modo coinvolgente e divertente.

Paola Veglio

Chorus

/kaw·ruhs/ (noun):

a group of performers who, as a team, sing or dance together.

Crediamo nel CAMBIAMENTO come processo continuo di idee e azioni capaci di generare SCENARI e PROSPETTIVE che durino nel tempo.

Indichiamo nuove strade

Per vivere a pieno il nostro tempo oggi, mai come prima, servono PUNTI CARDINALI.

Agiamo diversamente perchè pensiamo diversamente

Crediamo nel valore umano, nel TALENTO CREATIVO, in una audience fatta di PERSONE e di clienti che chiamiamo PARTNER che con noi condividono un percorso.

Siamo visionari

PASSIONE, ricerca, curiosità e competenza sono i fari che ogni giorno guidano e illuminano il nostro lavoro.

Viviamo lo spirito del tempo

L’INNOVAZIONE è oggi, qui e ora. Il futuro nasce da ogni scelta e il CAMBIAMENTO richiede metodo: il nostro DNA

Il mondo è nelle nostre mani

Prendercene cura condividendo tempo, spazio e idee non è una promessa ma un impegno, con l’obiettivo di consegnarlo ai GAME CHANGER di domani.

Le nostre idee nascono dall’ascolto

Crediamo che le RELAZIONI siano alla base delle IDEE, che non esistano voci fuori dal coro quando il coro è un incontro di unicità.

Perché da ogni voce può nascere un’idea.

PAOLO MARTINI

IL FUTURO HA RADICI FORTI

PAOLO MARTINI SI APPRESTA A GUIDARE

COME AMMINISTRATORE DELEGATO

TNB, THE NEXT BANK, UNA FINTECH NATA

DA UNA COSTOLA DI AZIMUT, UNA DELLE MAGGIORI SOCIETÀ ITALIANE

DEL RISPARMIO GESTITO. AL SUO FIANCO

UN INVESTITORE D’ECCELLENZA, FSI, L’EX FONDO STRATEGICO ITALIANO, CHE A DICEMBRE HA AVVIATO LE TRATTATIVE IN ESCLUSIVA PER RILEVARE

LA MAGGIORANZA DI QUESTA NASCENTE

REALTÀ. “I NOSTRI VANTAGGI COMPETITIVI?

LA TECNOLOGIA E UNA SQUADRA

DI PERSONE MOTIVATE”

PPaolo Martini, classe 1973, genovese di nascita e milanese d'adozione, ha ben impresso nella memoria l’anno dei suoi esordi di carriera. Era il 1997 e una grande compagnia assicurativa, in cui lavorava come addetto al marketing, lo spedì a farsi le ossa agli antipodi della Penisola, prima a Taranto e poi in Trentino. Lì conobbe l’Italia profonda che lavorava, risparmiava e investiva i propri soldi per lo più in polizze e titoli di stato. Esisteva già la rete di internet, ma quasi nessuno la usava ancora, almeno nel nostro Paese. Ed esisteva pure l’intelligenza artificiale, ma serviva soprattutto per rimpiazzare il lavoro fisico dell’uomo nelle fabbriche e non certo per sostituire alcuni lavori intellettuali, come fa oggi ChatGpt. In quell’Italia senza internet e senza ChatGpt, meno aperta al mondo rispetto a oggi, non esisteva neppure l’idea di creare una banca come quella che Martini si appresta a guidare come amministratore delegato. A dire il vero, per adesso non è ancora una vera e propria banca, ma un progetto di banca che si chiama Tnb (acronimo di The Next Bank, questo è il nome scelto). Ha però già solide radici perché nasce da una costola del gruppo Azimut, una delle maggiori società italiane del risparmio gestito, l’unica che ha una presenza internazionale che va dalle Americhe fino all’Austra-

lia, passando per il Medio Oriente e la Cina. Ma Tnb ha già anche un investitore istituzionale disponibile a sostenere il progetto. Si tratta di Fsi, l’ex Fondo strategico italiano, che da dicembre ha avviato le trattative in esclusiva per rilevare la maggioranza di questa nascente realtà. Tnb è nello specifico il progetto per creare una banca fintech, neologismo nato negli ultimi anni per indicare il connubio sempre più stretto tra il mondo finanziario e l’innovazione tecnologica.

Tante banche oggi si proclamano società del fintech. Quali saranno i tratti distintivi della vostra?

Innanzitutto la nuova realtà, secondo il disegno che sarà sottoposto alle autorizzazioni delle competenti autorità di vigilanza, avrà le spalle belle larghe e robuste. Partiamo infatti con una dotazione che ci arriva dalle attività ereditate dal gruppo Azimut: circa 25 miliardi di euro di masse in gestione, una rete di quasi 1.000 consulenti finanziari e circa 110mila clienti. Poi ci sono altri quattro vantaggi competitivi su cui faremo leva.

Quali sono?

"La tecnologia non farà venir meno il fattore umano. Anzi, le persone saranno un vantaggio competitivo"

Il primo è naturalmente la tecnologia. Costruire una banca nel 2025, dopo che l’innovazione ha già raggiunto livelli avanzati, ci consente di avere una marcia in più nel creare la nostra piattaforma. In primo luogo perché possiamo evitare molti errori che altri hanno fatto in passato, poi perché possiamo far tesoro dell’esperienza accumulata negli ultimi anni da altri player di mercato, come Revolut e N26, che hanno permesso al settore bancario di compiere un grande salto di qualità in termini di semplicità, trasparenza e user experience, cioè nell’esperienza dell’utente che usufruisce dei servizi finanziari. Faremo un ampio utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA), che sarà alla base in maniera pervasiva di tutti i nostri processi. La tecnologia non farà però venir meno il fattore umano. Anzi, le persone saranno il nostro secondo vantaggio competitivo.

In che senso?

Stiamo portando avanti un progetto di una realtà tutta nuova che parte da zero come banca e per questo abbiamo l’opportunità straordinaria di costruire una squadra di persone motivate, pronte a imbarcarsi in una nuova sfida senza vincoli con il passato. Il nostro punto di partenza sarà un insieme di valori comuni e di caratteristiche condivise: velocità, trasparenza, capacità di innovazione e focus sui clienti.

Tutti fattori che ci portiamo dietro dal gruppo Azimut. L’essere figli di quella realtà e di quella storia è il nostro terzo vantaggio competitivo, non soltanto per la dotazione iniziale di risorse che abbiamo, ma anche per aver già sviluppato una piattaforma innovativa di wealth management con focus su private market e advisory che ha permesso al gruppo di crescere in questi decenni e che ora portiamo anche all’interno di una banca. Proprio su quest’ultimo punto ruota il nostro quarto vantaggio competitivo. Abbiamo l’intenzione di creare una banca consulente-centrica. I financial advisor che arrivano dal gruppo Azimut saranno anche azionisti della società con una quota del 10%. Per questo io la chiamo anche la casa del consulente.

Chi saranno i vostri clienti di riferimento?

I principali target sono tre. Per la gestione dei patrimoni guardiamo agli investitori privati di fascia alta, classificati come high net worth individual (hnwi) e ultra high net worth individual (uhnwi), e alla clientela affluent e saranno seguite da due diverse strutture commerciali. Inoltre guardiamo con grandissimo interesse all’universo delle piccole e medie imprese. Il legame tra il mondo del wealth management e il mondo delle aziende ha incontrato qualche difficoltà sulla propria strada, ma è destinato a diventare sempre più stretto e solido. Già con Azimut ci siamo mossi in questa direzione negli ultimi anni, con iniziative come la creazione di un marketplace con servizi finanziari specificamente dedicati alle pmi. Adesso vogliamo completare il percorso offrendo alle imprese anche servizi bancari partendo dal conto corrente. Infine, la terza categoria di clienti a cui ci rivolgeremo sarà quello degli investitori istituzionali, come le casse di previdenza, i fondi pensione e le fondazioni.

Come saranno, secondo lei, le banche del futuro?

Saranno banche snelle, veloci e trasparenti che, grazie alla tecnologia e in particolare grazie

all’intelligenza artificiale, ridurranno la burocrazia consentendo al personale, soprattutto ai consulenti finanziari, di concentrarsi sulle attività che creano maggior valore. Oggi, purtroppo, tanti bancari, consulenti e private banker dedicano ancora una bella fetta del loro tempo ad adempimenti burocratici, con quindi maggiori difficoltà nel capire come sono cambiate le abitudini dei consumatori e degli utenti negli ultimi dieci o 20 anni.

In che modo sono cambiate?

Io credo che l’avvento dei giganti della tecnologia, da Amazon a Netflix, abbia trasformato nel profondo la user experience, alzando l’asticella delle aspettative. I clienti vogliono servizi efficientissimi, veloci, semplici. Proprio la semplicità e la semplificazione, grazie alla tecnologia, sarà dunque uno dei tratti distintivi delle banche del futuro. Un altro aspetto caratterizzante sarà la maggiore specializzazione, la tendenza a concentrarsi di più su alcune attività, sen-

Paolo Martini, classe 1973, è originario di Genova e milanese d'adozione.

Paolo martini, Amministratore Delegato Azimut Holding e designato Amministratore Delegato di TNB.

za voler offrire e fare tutto. Le attività di wealth management e di gestione patrimoniale saranno uno dei business che continueranno ad attrarre interesse da parte del mondo bancario. E qui resta fondamentale la figura del consulente finanziario, che sa guidare la clientela nel compiere le scelte giuste. Oggi le filiali bancarie chiudono in tutta Italia, ma la prossimità e il presidio del territorio restano fattori irrinunciabili. Prima il territorio veniva presidiato per lo più con gli sportelli, in futuro il compito spetterà sempre più alle reti di consulenti finanziari, che potranno attuarlo con una struttura di costi più snella e contenuta. Come ho già sottolineato, per certe attività il fattore umano sopravviverà. Per prendere decisioni importanti sulle loro finanze, i clienti privati, ma anche e soprattutto gli imprenditori, vorranno sempre confrontarsi di persona con qualcuno, stringergli la mano, guardarlo negli occhi.

Come sono mutate e come cambieranno ancora, invece, le abitudini e le aspettative dei risparmiatori?

riguarda i servizi e i prodotti di investimento. Oggi c’è maggiore maturità e il merito va senza dubbio riconosciuto anche ai consulenti finanziari. Venti o 30 anni fa molti erano per lo più venditori di prodotti, ora fanno vera consulenza e hanno visto via via riconosciuto sempre più il loro ruolo. Ma ripeto: il lavoro da fare è ancora molto.

I libri

Paolo Martini è autore di otto libri (paolomartiniautore. it). L’ultimo, Oltre il postofisso, è una guida per superare le false certezze legate al posto fisso e abbracciare la libertà e l’autonomia della consulenza finanziaria. Il metodo Aspire, sviluppato dopo oltre quattromila incontri in 25 anni con professionisti del settore, rappresenta il cuore di questa trasformazione. Attraverso esperienze personali e storie di successo, Martini dimostra come il cambiamento sia la chiave per il progresso.

Sicuramente è cresciuta la cultura finanziaria, anche se c’è ancora tantissimo lavoro da fare su questo fronte. Purtroppo in Italia manca ancora una cultura dell’investimento e, soprattutto, di quell’investimento orientato al lungo termine che c’è invece in molti paesi esteri, soprattutto nel mondo anglosassone. Su questo gli operatori dell’industria del risparmio devono fare un po’ di autocritica per non essere riusciti a comunicare in maniera adeguata certi messaggi e a parlare con un linguaggio più semplice ed efficace. Poi c’è un altro tema da considerare: lo scorso anno, un’indagine di Acri e Ipsos ha rilevato che ben il 33% degli italiani ha la percezione di avere una capacità di risparmio inferiore rispetto alle generazioni precedenti. C’è dunque la necessità di salvaguardare anche la cultura del risparmio e non soltanto quella dell’investimento. Quando ho iniziato la carriera, agli albori dell’era di internet, c’era una maggiore tendenza a seguire le mode, anche per quel che

A proposito di consulenti finanziari, lei ha scritto un saggio che si intitola Corporate Fintech Consultant che delinea il futuro di questa professione. Quali scenari vede all’orizzonte?

La figura del consulente è cresciuta molto e lo testimoniano i numeri. Nel settore del private banking, per esempio, in 15 anni la loro quota di mercato si è decuplicata, passando dal 4% al 40% e il trend è in continua crescita perché le reti dei financial advisor hanno dimostrato velocità nel capire i trend del mercato, molta adattabilità e capacità di attrarre tanti professionisti dal mondo del private banking. Come ho scritto nel libro, ora occorre giocare la stessa partita in un campo diverso e compiere un ulteriore salto di qualità che in Azimut abbiamo già iniziato da tempo e vedo adesso andare di moda. Dobbiamo servire cioè la platea delle piccole e medie imprese, quelle con un fatturato compreso tra 250mila e 250 milioni di euro, diventare i loro maggiori interlocutori, soddisfacendo i loro bisogni, come la gestione del passaggio generazionale della ricchezza o aiutare l’azienda a crescere. Un altro trend che vedo nel mondo dei consulenti finanziari, assieme alla crescita delle competenze e alla maggiore specializzazione, è la crescente tendenza a lavorare in squadra. Sono convinto che fra non molto, nell’arco di un quinquennio, il 90% dei professionisti non sarà più un battitore libero, ma opererà all’interno di un team.

Dopo tanti anni in Azimut lei ora cambia casacca, seppur nel segno della continuità. Che cosa significa per lei questo passaggio?

In Azimut ho trascorso 18 anni, dopo un’altra

esperienza importante in Banca Esperia. Posso dire che sto per lasciare una società che rappresenta ancora il grande amore professionale della mia vita, dove ci sono tantissimi amici e ottimi professionisti. Ora, assieme ai manager e ai colleghi che seguono il progetto Tnb, iniziamo una nuova avventura pieni di entusiasmo e con le idee molto chiare, partendo però da una considerazione: poiché la nuova banca nascerà proprio da una scissione delle attività di Azimut, questa esperienza significherà anche mettere a frutto il lavoro fatto sinora ed essere attrattivi per consulenti finanziari e professionisti che vogliono accettare la sfida che un progetto innovativo come il nostro richiede, con un grande valore dell’azionariato diffuso che ci accompagna.

"Il roadshow NextEra toccherà due temi: il benessere economico e quello psicofisico"

Di cambiamenti professionali tratta anche il suo ultimo saggio, Oltre il posto fisso. Di che cosa parla nello specifico?

È un lavoro frutto di circa quattromila colloqui e interviste che ho realizzato in tutta la mia carriera. Ci sono molte storie, inclusa la mia, di persone che hanno saputo abbandonare la loro comfort zone per mettersi in gioco. Sono persone che hanno lasciato il posto fisso per sposare la libera professione. Nel libro uso una metodologia che si chiama Aspire per riassumere tutti i passaggi che devono essere compiuti per portare a termine con successo questo percorso. È un saggio dedicato ai bancari che decidono di fare il grande salto e intraprendere la carriera di consulente finanziario in autonomia. Spesso ci sono molti ostacoli psicologici che impediscono questo passaggio ed è dimostrato che i professionisti più bravi tendono sempre a sottostimare le proprie capacità.

A fine febbraio parte un vostro roadshow. Come si articolerà?

Si chiama NextEra e farà tappa in diverse città italiane. Toccherà due sfere sempre più sovrapposte, quella del benessere economico e quella del benessere psicofisico. È ciò che noi chiamiamo biohacking e che riguarda anche il tema della longevità. L’allungamento della vita, per esempio, farà sì che molte persone stiano in pensione molto più a lungo di un tempo. Bisogna dunque affrontare questa prospettiva con le risorse economiche adeguate e una corretta pianificazione finanziaria per garantirsi anche il giusto benessere psicofisico. Nei nostri appuntamenti avremo diverse personalità che si occupano di questi temi, esperti di diverse discipline come la finanza comportamentale, l’agronomia o la psicologia. F FEBBRAIO, 2025

The Investigation

Tempesta al NORD

Trump vuole prendersi la Groenlandia. Quando ne parlò per la prima volta, guardava a gas, petrolio e minerali. Ora parla anche di sicurezza nazionale. L’Economist ha fatto il prezzo: almeno 50 miliardi di dollari. Per adesso la popolazione locale non è intenzionata a vendere la propria terra, ma, al massimo, a rendersi indipendente dalla Danimarca. Il 60%, però, vorrebbe una cooperazione più stretta con gli Usa

LLe trattative brutali dei palazzinari di New York: questa è stata la sua iniziazione politica. Il suo mentore è stato il brillante e losco Roy Cohn, avvocato radiato dall’albo che per clienti aveva boss della mafia come John Gotti e Carmine Galante. Donald Trump ha imparato a negoziare con la pistola sul tavolo. Bullizza gli alleati. Minaccia di prendere con la forza il canale di Panama e ancora più clamorosamente la Groenlandia, territorio autonomo parte di uno degli stati fondatori della Nato, la Danimarca. All’America, però, non serve affatto trasformare la geopolitica in una bisca. Peraltro, se Trump si comportasse in modo più civile, la Groenlandia, secondo alcuni analisti, potrebbe diventare davvero l’affare del secolo. Del resto gli Stati Uniti non sono nuovi a un

I minerali considerati critici dagli Usa che la Groenlandia possiede

Il reddito pro capite dei groenlandesi, superiore alla media dell’Ue

approccio commerciale alle relazioni internazionali. Thomas Jefferson comprò la Louisiana nel 1803; nel 1867 William Seward, allora segretario di Stato, acquistò l’Alaska dalla Russia. Due operazioni che all’epoca molti considerarono spericolate e che oggi sono viste come colpi da maestro. Certo, i prezzi di allora erano molto favorevoli – tutta l’Alaska per 7,2 milioni di dollari (pari a 162 milioni di dollari attuali) – e sarebbe impossibile replicarli. Ma c’è chi immagina che, se Trump mettesse abbastanza carne sul fuoco, i groenlandesi potrebbero essere tentati. L’Economist ipotizza un prezzo: almeno 50 miliardi di dollari. Ogni groenlandese diventerebbe milionario e l’America trarrebbe comunque grandi vantaggi. Oltre a gas e petrolio, l’isola di ghiaccio possiede enor-

Gli Usa non sono nuovi a un approccio commerciale alle relazioni internazionali. Nel 1803 Thomas Jefferson comprò la Louisiana, nel 1867 William Seward acquistò l’Alaska

The Investigation

mi quantità di 43 dei 50 minerali definiti critici dal governo americano. Questi minerali, che in larga parte oggi provengono dalla Cina, sono decisivi per attrezzature militari e dispositivi legati all’energia verde. Al tempo stesso il cambio del clima sta sciogliendo i ghiacci, rendendo i minerali più accessibili e le acque più navigabili. Russia e Cina vogliono aprire nuove rotte commerciali e militari. Il risultato è trasformare

I siti di trivellazione attivi oggi in Groenlandia

l’Artico in uno dei grandi terreni di scontro della competizione geopolitica.

Quando Trump ha ventilato per la prima volta l’ipotesi di acquistarla, nel 2019, la Groenlandia era ambita soprattutto per il suo valore economico. Ma le motivazioni di Trump si sono allargate. Oggi dice che gli Usa hanno bisogno della Groenlandia per scopi di sicurezza nazionale, menzionando la necessità di

La Groenlandia acquista sempre maggiore importanza geopolitica.

scoraggiare navi russe e cinesi. Nel nord del paese esiste già una base spaziale statunitense, che ospita 200 militari e fa parte del sistema di allerta missilistica di Washington. Tuttavia, una Groenlandia americana, pensa Trump, sarebbe un presidio molto più solido. C’è la necessità di sorvegliare le acque del cosiddetto corridoio Giuk (Groenlandia-Islanda-Regno Unito), la via d’accesso per navi e sottomarini nemici verso la costa orientale degli Stati Uniti e l’Atlantico settentrionale. “Il problema è l’interesse dei cinesi e dei russi per l’Artico. Gli Stati Uniti vogliono tenerli fuori dalla Groenlandia”, dice Mikkel Runge Olesen, ricercatore senior dell’Istituto danese di studi internazionali.

Questo è ciò vogliono gli Usa. Ma cosa vogliono i groenlandesi? Per ora, con buona pace di Trump, non paiono intenzionati a vendere la loro terra. Molti si sono offesi per la sua tracotanza, altri ne hanno avuto paura. Altri ancora, però, hanno colto un aspetto positivo della faccenda: il futuro politico della Groenlandia è sotto i riflettori. I cittadini cercano di capire quali carte abbiano in mano e quali siano le opzioni migliori. La prima faglia è tra chi vorrebbe più autonomia restando parte della Danimarca e chi invece punta all’indipendenza (dal 2009 i cittadini possono esercitare questo diritto tramite referendum).

L’attuale premier, il 37enne Mute Egede, sta nel campo indipendentista. Circa due terzi dei groenlandesi sono d’accordo con lui – almeno secondo il più recente sondaggio, che risale però al 2019. Tuttavia rimangono divisi sui tempi e sulle conseguenze per gli standard di vita

di un’eventuale distacco dalla Danimarca. Quest’ultima è sì colpevole di aver colonizzato l’isola nel XVIII secolo, ma da decenni garantisce ampia autonomia sulla maggior parte delle materie (a eccezione di politica estera e sicurezza) e, soprattutto, concede grandi sussidi.

I danesi coprono oltre la metà del bilancio groenlandese, finanziano una buona parte dell’occupazione, dell’assistenza sanitaria, dell’istruzione. Gli abitanti della Groenlandia sono pochi (57mila) e piuttosto benestanti. Il reddito pro capite è di 55mila euro l’anno, più della media

- il che limita l’incentivo ad accelerare l’estrazione. Nel lungo termine, se usati bene, i minerali, il gas e il petrolio batterebbero i sussidi; nel medio, invece, i soldi che entrano da una parte uscirebbero dall’altra. Ecco il primo dilemma. Tra l’altro non tutte le perforazioni esplorative si traducono in miniere commerciali, ed è solo da queste che il governo ricava royalties. Pesca e turismo destabilizzano meno e generano profitti più rapidi.

Ogni nuova miniera richiederebbe 300 lavoratori specializzati stranieri. Gli abitanti potrebbero raddoppiare già nel 2030, cosa che preoccupa il governo

dell’Unione europea. La disoccupazione è praticamente inesistente. L’economia va avanti grazie alla pesca, agli impieghi statali e a un po’ di turismo. Eccetto il freddo e l’inverno molto buio, sembra una vita abbastanza piacevole. Perché cambiarla? Peraltro c’è una clausola che toglie impulso a strade alternative. È vero che dal 2009 la Groenlandia controlla le sue risorse sotterranee, ma l’accordo con la Danimarca prevede che le royalties derivanti dallo sfruttamento del sottosuolo siano compensate da riduzioni di sussidi

L’altro bivio è uno dei temi più scottanti della politica contemporanea: l’immigrazione. I groenlandesi potrebbero essere troppo pochi e con competenze troppo deboli per sfruttare appieno il loro sottosuolo. Il problema è che anche piccole dosi di immigrazione avrebbero un impatto demografico profondo, visto che i nativi della Groenlandia sono così pochi. Ma un futuro di indipendenza è legato necessariamente allo sviluppo minerario, e per farlo fiorire c’è bisogno di lavoratori stranieri. Si calcola che ogni nuova miniera richieda 300 persone specializzate provenienti dall’estero. Gli abitanti così potrebbero raddoppiare già nel 2030, una traiettoria che preoccupa il governo. Sarà anche per questo che l’estrazione è proceduta con cautela.

Le aziende stanno trivellando in 170 siti, rispetto ai 12 di dieci anni fa, ma ad oggi c’è solo una miniera commerciale aperta. È stato da poco bloccato un progetto, di cui era azionista una società cinese, perché il terreno conteneva non solo terre rare, ma anche uranio. Come in altri territori ricchi di risorse, anche in Groenlandia il boom non è garantito. E in ogni caso

The Investigation

si tratta di una rendita non sempre benedetta. Le materie prime a volte portano corruzione e inefficienze; ci vuole una macchina amministrativa potente per gestirle. E così torniamo a Trump. L’America è più potente e vicina dell’Europa. Ecco perché, al netto dei lati sgradevoli, l’attenzione di Trump è ben vista. Secondo un sondaggio di dicembre, quasi il 60% dei groenlandesi vuole una cooperazione più stretta con l’America. Si discute di un accordo di libero scambio, che la Groenlandia potrebbe firmare perché non fa parte dell’Unione europea. Gli investimenti americani servirebbero a emancipare

Per leggere altre storie come questa, visita il nostro sito Forbes.it

l’economia dai sussidi; in caso di indipendenza, la cooperazione rafforzerebbe la difesa e la sicurezza. “Non vogliamo essere danesi. Non vogliamo essere americani. Vogliamo essere groenlandesi”, ha detto il premier in una conferenza stampa a Copenaghen. Orgogliosi ma circospetti, se davvero i groenlandesi scegliessero di staccarsi dalla Danimarca, si avventurerebbero in un mondo reso più pericoloso dallo scontro tra grandi potenze. Questa competizione però offre anche molte possibilità. Un consiglio: tenere aperte tutte le opzioni. E se Trump facesse un’offerta, valutare anche quella. F

La perforazione alla ricerca di minerali strategici.

Geopolitica

IL TERZO INCOMODO

Per il FinancialTimes è la “vincitrice a sorpresa” della guerra tecnologica tra Usa e Cina. La Malesia è diventata un grande polo dell’industria dei chip e ha tutto per essere una potenza regionale. A patto di trovare l’equilibrio tra Pechino e Washington e di scongiurare tensioni etniche e religiose

OOggi offro la nostra nazione come il luogo più neutrale e non allineato per la produzione di semiconduttori e per contribuire a costruire una catena di fornitura di chip più sicura e resistente”. Così si è espresso il primo ministro malese Anwar Ibrahim, sottolineando la volontà del governo di Kuala Lumpur di puntare sullo sviluppo dell’industria dei semiconduttori. Da anni la Malesia cerca, con successo, di porsi come alternativa alla Cina nell’industria dei chip. Kuala Lumpur vuole risolvere con la National Semiconductor Strategy e il New Industrial Master Plan 2030 due limiti dell’industria dei semiconduttori del paese: la carenza di capitale umano e l’estrema dipendenza da partner esteri. Per farlo il governo ha stanziato incentivi fiscali di oltre 5 miliardi

di dollari per attrarre 100 miliardi di investimenti e formare oltre 60mila ingegneri l’anno, contro i cinquemila attuali. Questa strategia ha catalizzato 68 miliardi di dollari di investimenti esteri nel 2023, il 23% in più rispetto al 2022, da multinazionali come Intel, Bosch, Infineon e Texas Instruments. Non da ultima, Nvidia ha annunciato un esborso da 4 miliardi per la creazione di infrastrutture per l’IA e per il supercompu-

La Malesia ha registrato 68 miliardi di dollari di investimenti esteri nel 2023, da aziende come Intel, Bosch, Infineon e Texas Instruments

ting tramite una joint venture con l’azienda malese Ytl Power International. Per questo il Financial Times ha definito la Malesia “vincitrice a sorpresa” della guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina.

Lo stato malese del Penang, infatti, detiene circa il 13% del mercato mondiale dell’assemblaggio, del confezionamento e del test dei microchip. Si calcola che il 20% dei semiconduttori importati negli Stati Uniti arrivi dalla Malesia, tanto che molti analisti hanno definito il paese asiatico la “Silicon Valley d’Oriente”. Il ministro dell’Economia malese, Rafizi Ramli, ha affermato che l’obiettivo è creare posti di lavoro altamente qualificati e ad alto valore aggiunto. In questo modo il paese potrebbe uscire dalla cosiddetta ‘trappola del reddito medio’. Dal 1996 a oggi, infatti, il Pil pro capite è passato da 4.800 dollari a 11.700 dollari all’anno, ben lontano dei livelli delle economie più avanzate. Molti paesi emergenti, dopo un primo stato di sviluppo basato sul basso costo del lavoro, non riescono a virare verso settori a maggiore incidenza tecnologica e alta produttività, arrivando a un aumento delle remunerazioni. Puntare sull’industria dei microchip potrebbe aiutare a superare questa impasse.

Un altro settore strategico per l’econo-

mia di Kuala Lumpur è quello delle terre rare. Secondo la Malaysian investment development authority (Mida) il paese detiene 18,2 milioni di tonnellate di riserve di terre rare, valutate 174 miliardi di dollari. Il governo vuole trasformare il paese in un hub non solo di estrazione, ma soprattutto di raffinazione per le terre rare, oggi quasi a esclusivo appannaggio cinese. L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che nel 2030 la Malesia sarà il secondo raffinatore di terre rare al mondo dopo la Cina, con una quota del 12%. Con Pechino, inoltre, il governo di Ibrahim ha in essere una diatriba sulla sovranità della secca di Luconia, nel Mar Cinese Meridionale. Quest’area, che si trova a 1.300 chilometri dalle coste cinesi e a 100 dallo stato malese del Sarawak, è di grande rilevanza perché vi si trova il 20% delle riserve di gas malesi e un’ingente fauna ittica. La Cina ne rivendica la sovranità, ma la Malesia continua a estrarvi gas tramite la compagnia statale Petronas. Pechino è un partner con il quale, però, Kuala Lumpur non può permettersi di andare in aperto contrasto. Nel 2023 gli investimenti diretti cinesi in Malesia hanno

raggiunto 1,28 miliardi di dollari (+28% rispetto al 2022) e l’interscambio commerciale nei primi sette mesi del 2024 è stato di 117,5 miliardi, oltre il 10% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il governo malese dovrà essere bravo a non sbilanciarsi troppo verso la Cina o a servirsi di aziende cinesi nel mirino delle sanzioni americane per evitare di essere sanzionato a sua volta.

Altra criticità sono le recenti tensioni etniche e religiose. Il paese è per i due terzi composto da cittadini di etnia malay e di religione islamica, ma ci sono due importanti minoranze: quella cinese, il 20% della popolazione, e quella indiana di religione indù (circa il 6%). Negli ultimi mesi si sono verificati numerosi episodi di intolleranza tra la maggioranza islamica e la minoranza cinese. Ad aggiungere confusione si aggiunge il fatto che nel paese sono presenti due sistemi giuridici: uno valido per tutti i cittadini e l’altro, basato sulla Shari’a, valido solo per i cittadini di religione islamica.

Dal punto di vista politico, poi, la situazione non è meno ingarbugliata. La

Malesia è una monarchia costituzionale federale divisa in 13 stati, di cui nove sono governati da sultani locali che a turno ricoprono il ruolo di capo dello Stato. I cittadini votano per eleggere il parlamento. Dall’indipendenza del 1957 al 2018 il paese è stato governato solo da sei primi ministri appartenenti allo stesso partito, lo United Malays National Organization (Umno). Dal 2018 a oggi, invece, si sono avvicendati quattro primi ministri. L’attuale governo è basato su una coalizione tra il partito del premier, Pakatan Harapan, e l’Unmo. L’incertezza politica potrebbe essere un freno allo sviluppo economico e agli investimenti esteri. La Malesia ha tutte le caratteristiche per diventare una potenza regionale in Asia: posizione geografica dominante sullo stretto di Malacca, ingenti riserve di terre rare, autosufficienza energetica, popolazione giovane e istruita, solida infrastruttura per l’industria dei semiconduttori. Il governo in carica dovrà, però, trovare l’equilibrio tra l’influenza cinese e quella americana ed evitare che tensioni etniche o religiose creino instabilità. F

Kuala Lumpur, capitale della Malesia.

Space economy

PUNTARE IN ALTO

Thales Alenia Space ha ricevuto un nuovo ordine dalla statunitense Axiom, che costruirà una delle prime stazioni spaziali private della storia. E sarà italiana, con il coordinamento dell’Asi, la ‘casa’ che gli astronauti abiteranno sulla superficie della Luna

ÈÈ ormai un’abitudine raccontare come un’azienda italiana si stia confermando leader nella progettazione degli ambienti spaziali dove l’umanità si è espansa e, tuttora, sta evolvendosi. I volumi made in Italy, ritagliati nel vuoto orbitale e, in futuro, anche attorno alla Luna o sul suolo selenico, continuano a prendere forma a Torino, negli stabilimenti di Thales Alenia Space. La notizia più recente riguarda un nuovo contratto con Axiom Space, compagnia texana che sta sviluppando quella che dovrebbe diventare una delle prime stazioni spaziali private. Prenderà forma a partire dal 2027, dapprima agganciandosi alla Stazione spaziale internazionale (la Iss). Thales Alenia Space aveva già una commessa per costruire due degli ambienti abitabili. La novità è che a questi si è aggiunto un terzo ordine, perché, nel frattempo, la Nasa ha deciso di accelerare i tempi, non senza qualche pressione su Axiom, che sta attraversando alcune difficoltà finanziarie; e l’azienda texana si è ri-

volta, ancora, al partner più affidabile e con una grande storia nel settore. La Axiom Station esordirà come un quartiere della Iss, ma il distacco, cioè il momento in cui diventerà uno dei primi avamposti orbitanti commerciali - se non il primo in assoluto - avverrà prima del previsto. Nel 2029, infatti, la Nasa intende agganciare il ‘vecchio’ laboratorio con il veicolo SpaceX, che in seguito, all’inizio del prossimo decennio, avrà il compito di deorbitare la Iss trascinandola in atmosfera dopo 30 anni di onorato servizio. Alla luce delle nuove scadenze, Axiom Space ha deciso di modificare il programma di assemblaggio dei propri ambienti.

Thales Alenia Space costruirà così un terzo modulo, chiamato AxPPTM (Payload power thermal module), che costituirà però il primo nucleo della nuova stazione indipendente e sarà realizzato partendo dalla struttura degli altri due moduli abitabili già in produzione a Torino: AxH1 e AxH2. Con una tabella di marcia così pressante, la Axiom Station si affrancherà dalla Iss ancora prima dell’aggiunta dei moduli abitabili, che saranno lanciati in seguito.

Sarà un passaggio di testimone importante: dopo aver spianato la strada

della ricerca e della permanenza per lunghi periodi di astronauti sulla Iss, in quella che verrà ricordata come la più importante collaborazione internazionale pacifica della storia - paragonabile, forse, solo al Cern -, le agenzie spaziali lasceranno campo libero all’iniziativa commerciale. Esperimenti scientifici e tecnologici, sulla biologia umana e animale, addestramento di astronauti avverranno da quel momento in poi dentro moduli costruiti da privati e che i privati potranno commercializzare, affittare a chi vorrà portare avanti propri progetti in assenza di peso. Siano clienti istituzionali e no. Quella di Axiom non sarà infatti l’unica stazione privata che sarà possibile ammirare mentre orbita attorno alla Terra; ne arriveranno altre, forse addirittura una decina.

È fondamentale capire cosa significhi questo giro di boa e come lo si stia affrontando, perché si tratta, anche, del riaffermarsi di una solida realtà aziendale e della competenza che ha fatto di Thales Alenia Italia l’azienda con il più grande volume operativo oltre il cielo. Metà dell’ambiente abitabile della Stazione spaziale internazionale, il quartiere occidentale abitato senza soluzione di continuità da quasi un quarto di

secolo, è infatti made in Italy, compreso quel capolavoro architettonico e ingegneristico che è la Cupola, la ‘finestra panoramica’ sul nostro pianeta. È solo il più celebre di tanti risultati: la parte italiana di Thales (quando era ancora Alenia Spazio) aveva costruito il modulo pressurizzato dell’Automated transfer vehicle (Atv), un cargo europeo per il trasporto di materiale verso la Iss. Non è un caso che oggi Northrop Grumman, un colosso statunitense, si

Nella seduta di dicembre del Comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale (il Comint), sono stati assegnati 130 milioni di euro come quota italiana di finanziamento proprio del programma Artemis, “attraverso lo svolgimento delle attività fino alla Fase B per la realizzazione del Lunar surface multi purpose habitation module da parte dell’Asi”, ha comunicato il ministero delle Imprese e del

specificamente dedicate al supporto delle piccole e medie imprese, e con l’assegnazione all’Asi di un ruolo cruciale nella certificazione e nella sorveglianza degli attori che aspirano a fare affari in orbita.

Una premessa promettente, da aggiungere alla ritrovata indipendenza europea nell’accesso allo spazio, con il ritorno al lancio del vettore Vega C costruito da Avio, e al fatto che proprio Avio, affrancatasi dalla storica

rivolga a Thales Alenia Space per farsi costruire la capsula della navetta di rifornimento Cygnus. Sarà fabbricata in Italia anche una parte del volume pressurizzato della futura stazione spaziale in orbita lunare, il Gateway; così come sarà italiana, con il coordinamento della nostra agenzia spaziale nazionale, l’Asi, anche la prima ‘casa’ che gli astronauti abiteranno sulla superficie della Luna, già scelta dalla Nasa per il programma Artemis.

made in Italy. Un progetto cui Thales Alenia Space e diverse altre industrie italiane stanno contribuendo come “da tradizione”.

Non è un caso l’Italia stia muovendosi per dotarsi di una normativa dell’intero settore, che ne colga e orienti l’effervescenza. È stato proprio il Mimit a promuovere e sviluppare il Ddl Spazio, quello che, dopo la consueta trafila di approvazione, diventerà la prima legge italiana a riguardo, con norme

collaborazione con la francese Arianespace, d’ora in poi commercializzerà in maniera autonoma i propri servizi di trasporto spaziale.

A fronte delle ottime premesse, qualche osservatore teme addirittura il rischio bolla, in particolare per i tanti investimenti spaziali del Pnrr – in primis sulla costellazione per l’osservazione della Terra, Iride. È un’eventualità che proprio la ‘tradizione’ dovrebbe scongiurare. F

Un rendering della stazione spaziale privata di Axiom.

La sua società, Bending Spoons, prende il nome dalla scena di Matrix in cui un bambino piega un cucchiaio con il pensiero. A orientare le sue decisioni sono “creatività, logica e razionalità”. Luca Ferrari, veronese, classe 1985, è l’amministratore delegato di uno dei più grandi sviluppatori di app al mondo. Il suo sogno è dimostrare che si può costruire “un’azienda tecnologica dominante” a livello globale anche nel nostro Paese

IL CORAGGIO DI OSARE

Il POTERE della mente

di Matteo Novarini
Luca Ferrari

LLuca Ferrari ha fondato la sua prima startup a Copenaghen nel 2010, quando aveva 25 anni. L’azienda si chiamava Evertale, il prodotto era un diario che si scriveva da solo: l’intelligenza artificiale raccoglieva i dati dal telefono e raccontava la giornata del proprietario. Per mantenere se stesso e gli altri due fondatori - Francesco Patarnello e Matteo Danieli, ingegneri come lui - accettò un lavoro in McKinsey. Si licenziò all’inizio del 2012, quando Evertale riuscì a raccogliere 1 milione di euro da un fondo di venture capital. L’anno dopo i tre capirono che il prodotto non avrebbe funzionato. Del finanziamento erano rimasti 40mila euro. Li usarono subito per fondare un’altra azienda. Andò molto meglio: la loro seconda creazione si chiama Bending Spoons ed è uno dei più grandi sviluppatori di app al mondo. Il nome - ‘piegare cucchiai’viene dalla scena di Matrix in cui un bambino in abito da monaco piega un cucchiaio con il pensiero. Rende cioè flessibile ciò che è rigido, fa qualcosa che sembra impossibile grazie alla mente, all’impegno e alla disciplina. Con Ferrari, Patarnello e Danieli ci sono anche Luca Querella e Tomasz Greber. “Acquistiamo un’azienda tecnologica digitale, immaginiamo come dovrebbe essere per avere il massimo successo possibile nel lungo termine e lavoriamo per rendere questa visione una realtà. Lo facciamo anche quando per arrivare al risultato servono cambiamenti radicali”, dice Ferrari, che è l’amministratore delegato. “I prodotti che

A inizio 2024, dopo un aumento di capitale da 155 milioni di dollari, la valutazione di Bending Spoons era di 2,55 miliardi. Ora, dice Ferrari, è “significativamente più alta”

sviluppiamo e gestiamo sono eterogenei, ma gli strumenti che impieghiamo e i principi che seguiamo sono più o meno gli stessi. Abbiamo costruito un motore che ci aiuta a far andare più veloci automobili anche molto diverse tra loro”. Nata ancora a Copenaghen, Bending Spoons si è trasferita poco dopo a Milano, dove da un anno ha un quartier generale in stile nordico: open space, sale silenziose, inserti vegetali alle pareti, tanto legno, stanze per dormire, un piano dedicato allo svago con sala giochi e un pianoforte a coda. All’inizio del 2024, quando ha chiuso un aumento di capitale da 155 milioni di dollari, la valutazione dell’azienda era di 2,55 miliardi. Ora, dopo le tante acquisizioni dello scorso anno, “è significativamente più alta”, dice Ferrari. Bending Spoons ha chiuso il 2024 con un fatturato di 706 milioni di dollari e per il 2025 Ferrari prevede di andare “ben al di sopra del miliardo”. App e servizi hanno 300 milioni di utenti attivi mensili, i principali investitori sono Baillie Gifford, Cox Enterprises, Durable Capital, Highland Europe, Neuberger Berman, Nb Renaissance, Nuo Capital e Tamburi Investment Partners. “Da quando avevo cinque o sei anni ho desiderato costruire qualcosa di grande, durevole ed eccezionale, anche se solo all’università ho capito che fare l’imprenditore era la mia strada”, dice ancora Ferrari, che è figlio di una coppia di parrucchieri di Settimo di Pescantina, in Valpolicella, a pochi chilometri da Verona. Sul sito di Bending Spoons si legge: “Abbiamo solo superato la linea di partenza sulla strada per costruire una delle più grandi aziende di tutti i tempi”.

Ferrari, che cosa è andato storto con la prima startup e che cosa è cambiato al secondo tentativo?

La fortuna è una componente importante per creare un’azienda di successo. Con Evertale non siamo stati molto fortunati, con Bending Spoons lo siamo stati di più. Inoltre la strategia che abbiamo progettato per Bending Spoons si è rivelata molto più efficace.

E qual è la strategia?

Di solito una startup dice: ‘Proviamo a lanciare questo prodotto e vediamo come va’. Per Evertale è stato così. In Bending Spoons, invece, diversifichiamo i prodotti su cui lavoriamo e sappiamo già che i prodotti funzionano. L’impatto della fortuna è ridotto: i risultati dipendono da quanto siamo bravi a gestire i prodotti, quindi più dall’impegno e dal talento che dal caso.

Arriveranno altre acquisizioni nei prossimi mesi?

Quasi certamente. È il nostro modello di business. Penso che nei prossimi anni acquisiremo molte altre aziende, tendenzialmente sempre più grandi.

C’è l’idea di una quotazione in Borsa?

Nulla di concreto, al momento.

Molti conoscono Bending Spoons come l’azienda che ha sviluppato Immuni, l’app per monitorare e contenere il Covid. Quell’iniziativa non ebbe successo. Se ne è pentito? Immuni non è certo il nostro unico fallimento.

Siamo orgogliosi della qualità del prodotto e di aver fatto ciò che abbiamo fatto, completamente gratis, nonostante la mole di lavoro enorme. Immuni non ha avuto l’impatto che speravamo, ma provarci è stata la scelta giusta, responsabile, visto il momento di emergenza in cui era l’Italia.

Luca Ferrari ha fondato Bending Spoons dopo una precedente sfortunata esperienza imprenditoriale.

Qualche altro progetto in cui ha creduto molto che non ha funzionato?

Mi viene in mente Playond, nome che univa ‘play’, giocare, e ‘beyond’, oltre. Doveva essere il Netflix dei giochi mobile: si pagava un abbonamento mensile e si poteva giocare a tantissimi giochi di qualità. Eravamo molto convinti, invece non ha funzionato. Era molto simile a Apple Arcade, che Apple ha lanciato poco dopo e che a sua volta non penso abbia avuto grande successo. Il problema è stato che la maggior parte degli utenti voleva giocare tantissimo a un solo gioco. Non avevamo considerato la differenza fondamentale con Netflix: una persona non guarda Pulp Fiction ogni giorno, ma può giocare tutte le sere allo stesso videogioco.

Qualcosa che vi è riuscito particolarmente bene, invece?

Una cosa in cui siamo molto bravi è identificare persone inesperte - anche laureandi o neolaureati - che hanno tantissimo talento, e poi far sbocciare molto in fretta quel talento. In generale, comunque, nessun elemento è decisivo da solo. È come la Formula 1: per vincere il Mondiale bisogna essere i migliori o tra i migliori in tutto, dal motore all’aerodinamica.

Quanto riesce a prevedere che cosa funzionerà e che cosa no?

Dipende dal tipo di decisione. Negli ultimi anni

non abbiamo mai sbagliato un’acquisizione. Quando si tratta di indovinare quali prodotti le persone apprezzeranno, è molto più difficile. Sbagliamo l’80% delle volte. Per compensare il tasso di errore molto alto sviluppiamo una versione abbozzata dell’idea, la mettiamo in mano agli utenti e vediamo come reagiscono. Se la reazione è entusiastica, investiamo di più per realizzare la versione migliore possibile. Altrimenti passiamo ad altro.

Quanto conta in un’azienda la cultura dell’errore?

È importante per due motivi. Il primo è ovvio: riconoscerli e analizzarli serve a imparare. La seconda è che occultare l’errore è pericolosissimo: non riconoscerlo può indurre altri a prendere decisioni disastrose. Malcolm Gladwell in Outliers racconta che negli anni ’80 e ’90 l’aviazione coreana aveva un tasso di incidenti altissimo. La causa era che, per ragioni culturali, i sottoposti non facevano notare gli errori ai superiori.

Secondo quali principi ha costruito la cultura aziendale di Bending Spoons?

Spirito di squadra, ambizione di essere i più bravi al mondo in ciò che facciamo e attenzione a prendere le decisioni migliori, con creatività, logica e razionalità. Un altro aspetto è che tutti devono fare: nessuno, inclusi i dirigenti, è un mero passacarte. Io stesso cerco di riservare il 50% del mio tempo al lavoro individuale. Poi c’è

Lo scorso anno Bending Spoons si è trasferita in una nuova sede con open space, sale silenziose, inserti vegetali alle pareti, stanze per dormire e un piano dedicato allo svago.

la selezione: prima di presentare un’offerta di lavoro, provo a dissuadere la persona dall’unirsi a noi. Al momento della proposta inviamo un documento che si chiama ‘Controversial principles’, principi controversi, ed elenca gli aspetti del lavoro in Bending Spoons che potrebbero non piacere. Così entra solo chi è innamorato del progetto.

Che cosa dice ai candidati per dissuaderli?

Una cosa che sottolineo è il principio che chiamiamo ‘uncompromising excellence’: nessun compromesso sull’eccellenza. Vogliamo che ogni posizione sia occupata dalla persona che, nel medio-lungo periodo, può fare meglio in quel ruolo. Poi non c’è niente di garantito, bisogna guadagnarsi costantemente il posto. Deve essere come giocare nel Real Madrid: chi firma con il Real non ha un posto da titolare assicurato per dieci anni. Vale anche per me: una volta all’anno sottoponiamo un questionario anonimo ai principali investitori, ai membri del consiglio di amministrazione e ai principali manager. Ci sono solo due domande: ‘Dovremmo cercare un altro ad?’ e ‘Perché?’. Se il numero di ‘sì’ superasse una certa soglia, il cda si attiverebbe. La nostra politica dà tanto a livello di crescita, responsabilità e retribuzione, ma non è adatta a tutti.

E perché tanti firmano, allora?

L’attrattiva numero uno è che, proprio grazie a una selezione severa, i colleghi con cui ci si trova

FEBBRAIO, 2025

a lavorare sono di livello eccezionale. Nel 2024 si sono candidate a lavorare da noi più di 350mila persone e abbiamo fatto una proposta a 150: una ogni 2.300 circa. Siamo molto più selettivi di tutte le aziende più conosciute. Un altro elemento è che diamo grande libertà: si può lavorare quando si vuole, dove si vuole e, in linea di massima, come si vuole. E si può arrivare molto in fretta a ruoli di grande responsabilità: la persona che guida la parte di ingegneria e tecnologia - un’organizzazione di 250 persone - ha meno di 30 anni.

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione all’equilibrio tra vita privata e professionale. Con il vostro modello non si rischia l’eccesso di stress?

Ci sono fattori positivi, come la libertà, e negativi, come l’enfasi sul risultato. Se il saldo è positivo o negativo dipende dall’individuo. In ogni caso abbiamo meno dell’1% di partenze indesiderate all’anno, cioè di persone che vorremmo trattenere e che invece lasciano l’azienda. Nell’industria tecnologica la norma è l’8-10%, in alcuni casi si arriva al 20%. In base alla mia esperienza so che lo stress non dipende solo dalle aspettative, ma può essere causato anche dal poco controllo su ciò che si fa, per esempio, o da una convivenza difficile con i colleghi. Questi elementi sono pressoché inesistenti da noi.

Quando acquisite aziende, spesso una delle vostre prime mosse è un licenziamento di massa. Nel caso recente di WeTransfer, per esempio, avete tagliato il 75% dei dipendenti. Perché?

Abbiamo concluso che quel prodotto fosse troppo semplice e le prospettive di sviluppo troppo limitate per giustificare una squadra così grande. Inoltre nel nostro settore, fatto di creatività e sviluppo ingegneristico, spesso squadre piccole, con meno burocrazia, meno strati manageriali e più libertà d’azione, fanno molto più di squadre grandi. Il lavoro è meno farraginoso, ci sono meno ostacoli all’imprenditorialità e all’iniziativa dei singoli.

Che cosa succede quando si acquista un’azienda e si prende subito una decisione così impopolare?

Sono scelte che non fanno piacere, ma il nostro lavoro è identificare e comprare aziende che potrebbero essere gestite meglio. Se le abbiamo

Un anno di shopping

Nel 2024 Bending

Spoons ha compiuto una serie di acquisizioni. A inizio anno ha comprato Mosaic Group, una società di software mobile, e Meetup, un social per organizzare incontri di gruppi di persone. Ad aprile ha acquistato StreamYard, software per live streaming e webinar, a luglio Issuu, piattaforma per caricare e visualizzare documenti digitali, e WeTransfer, servizio di trasferimento dati. A novembre ha annunciato l’acquisizione di Brightcove, una società di tecnologie per lo streaming, per 233 milioni di dollari. Tra i principali acquisti compiuti prima del 2024 c’è Evernote, un’app per prendere appunti e organizzare il lavoro. Bending Spoons ha 600 dipendenti (1.200 se si contano anche quelli di Brightcove; l’operazione, al momento in cui questo giornale va in stampa, non è ancora conclusa). Ha anche sviluppato Remini, applicazione che usa l’IA generativa per modificare le immagini e ha 120 milioni di utenti.

acquisite, spesso è perché vediamo l’occasione di aumentare la produttività. Per mitigare il problema cerchiamo di essere trasparenti da subito, da quando cominciamo a valutare i possibili tagli. Diamo molto tempo per cercare un nuovo lavoro e pacchetti di buonuscita molto più generosi rispetto alla media del mercato. Nel caso di WeTransfer abbiamo offerto un minimo di sei mesi di stipendio, più 1,25 mesi per ogni anno di anzianità in azienda dopo il terzo. Abbiamo anche pagato l’intero bonus per l’anno in corso e garantito a ciascuno un budget di 7.500 euro per corsi di formazione o per lanciare un progetto imprenditoriale. È una proposta fuori scala rispetto ai mercati del Nord Europa e dell’America.

Non si preoccupa dell’impatto sociale dei licenziamenti?

Se potessimo ottenere lo stesso risultato in un altro modo, saremmo più felici. Pensiamo però che nel lungo periodo sia meglio per tutti avere aziende altamente produttive. Una cultura dell’efficienza, anche se di tanto in tanto impone decisioni dolorose, nel lungo termine tende a portare produttività, competitività e prosperità. E un’economia più prospera tende a tradursi in più posti di lavoro, meglio retribuiti. La cultura del posto fisso e le norme che la supportano sono deleterie a lungo andare, perché favoriscono l’esatto opposto di produttività, competitività e prosperità. In Italia ci sono la cultura del posto fisso e norme inflessibili e, infatti, relativamente pochi posti di lavoro, pagati male.

Secondo lei nel sistema imprenditoriale italiano c’è un potenziale inespresso come nelle aziende che acquisite?

Senza dubbio.

Come lo si può tirare fuori?

Bisogna ridurre drasticamente il numero e la pesantezza delle norme e abbattere le barriere rispetto agli altri mercati, per esempio unificando il più possibile il mercato europeo. È importante anche stimolare una cultura dell’apertura mentale, della razionalità e dell’ambizione, a scapito di quella, troppo diffusa in Italia, della tradizione, del sentire di pancia e dell’accontentarsi.

Anche nel campo dell’intelligenza artificiale sarebbe per lasciare mano libera alle aziende?

In questa fase sì, salvo per applicazioni ad altis-

l’importanza di essere onesti e affidabili, di rimanere sempre con i piedi per terra e di lavorare molto duramente per guadagnarsi ciò che si desidera, invece di ritenerlo dovuto.

C’è un imprenditore a cui si ispira?

Non ho un modello a cui mi ispiro in toto Mi piace vedere il bello in ciascuno e cercare di emulare selettivamente e separatamente.

Di certo Jeff Bezos, Elon Musk e Warren Buffett sono tra gli imprenditori e investitori che più mi hanno colpito.

Ha citato Musk: che effetto le ha fatto il suo ingresso in politica?

L’ho trovato sorprendente e interessante, ma non ha modificato molto la mia ammirazione per ciò che ha fatto come imprenditore.

“È importante stimolare una cultura di apertura mentale, razionalità e ambizione, a scapito di quella, troppo diffusa in Italia, della tradizione, del sentire di pancia e dell’accontentarsi”

simo rischio, come quelle militari, che normerei da subito. Più avanti ci sarà bisogno di normare l’IA in modo più ampio, ma a mio avviso è ancora presto.

Perché ha deciso di lasciare l’Italia per completare gli studi e fondare la prima impresa e perché ha deciso di tornare?

Volevo imparare bene l’inglese e fare una nuova esperienza. Ho vinto una borsa di studio per una seconda laurea specialistica in un politecnico europeo. Ho scelto quello di Copenaghen perché l’intero programma era in inglese. Anni dopo abbiamo deciso di riportare Bending Spoons in Italia per dimostrare che si può costruire un’azienda tecnologica dominante a livello mondiale anche in un paese che, come il nostro, non ha quasi mai visto successi simili negli ultimi decenni.

Che cosa le è rimasto della provincia dove è nato?

Dall’ambiente in cui sono cresciuto, e dai miei genitori in particolare, ho imparato

Quante ore lavora in una settimana?

Circa 70, spalmate su sette giorni. Non distinguo i giorni feriali dal fine settimana. Al massimo lavoro un paio d’ore in meno nel weekend.

Che cosa fa al di fuori del lavoro?

La mattina mi alzo alle 7, sto un po’ con i miei due cani, mi alleno e leggo prima di andare al lavoro. Quando finisco, verso le 20.30-21, passo un po’ di tempo con mia moglie. Poi lavoro ancora dal telefono, controllo se c’è qualcosa di urgente. Mi corico e leggo ancora prima di dormire. Cerco di leggere un’ora o un’ora e mezza al giorno.

Qualche libro letto di recente che l’ha colpita?

L’autobiografia di Malcolm X e River Town: Two Years on the Yangtze di Peter Hessler. Anche questo è un libro autobiografico, in cui Hessler racconta la sua esperienza in Cina come insegnante volontario di Peace Corps. F

FEBBRAIO, 2025

Patto umanitario

Un gruppo italiano di esperti esg ha presentato una proposta di Regolamento di tassonomia sociale europeo. L’intento è definire criteri chiari e misurabili per le attività economiche sostenibili. Lo racconta Giovanni Barbara, componente del comitato scientifico

LL’Unione europea ha adottato una serie di provvedimenti e linee guida per rafforzare l’economia sociale, a cominciare dal Piano d’Azione del 2021. In questo campo si gioca una sfida decisiva per il continente, che interseca le strategie economiche e istituzionali di ciascun paese. Ma non bastano dichiarazioni di intento o alleanze politiche: bisogna capire quali sono le azioni adeguate, in tutti i campi, e verificarne la coerenza. Ed ecco la proposta di Regolamento di tassonomia sociale, redatta da un gruppo di esperti esg. Arriva dall’Italia, ispirata anche da Papa Francesco, e si prefigge l’obiettivo di definire criteri chiari e misurabili per le attività economiche socialmente sostenibili; quindi divenire standard di riferimento per l’Europa, grazie al lavoro di Giammario Battaglia e di Francesca Tempesta, che hanno agito sotto l’egida della Commissione cultura della Camera dei deputati. Giovanni Barbara, docente di diritto societario e corporate governance, direttore scientifico e responsabile della rivista Corporate Governance, è uno dei più autorevoli componenti del comitato scientifico coordinato da Antonio Uricchio, presidente dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur).

Ci siamo, dunque: dopo le linee guida, adesso ci sono anche gli strumenti per misurare?

C’è una proposta di Regolamento di tassonomia sociale che si prefigge l’obiettivo di definire criteri chiari e misurabili per le attività economiche socialmente sostenibili e di divenire uno standard di riferimento per l’Europa. Un vero patto per l’umanità. La proposta sarà presentata alla Commissione europea per promuoverne l’approvazione e la diffusione, in coerenza con quanto previsto dai lavori preparatori del gruppo di lavoro della Commissione europea per il Regolamento di tassonomia sociale. In sostanza, come sostenuto dagli stessi esperti coinvolti dalla Commissione europea, il regolamento deve essere realizzato per definire in maniera chiara quali parametri sociali un’impresa deve avere per essere valutata positivamente sotto il profilo finanziario e da un punto di vista sociale, anche per accedere a una serie di strumenti (fondi pubblici, investimenti finanziari). La rilevanza dell’iniziativa è sottolineata anche dalla consegna della bozza di regolamento nelle mani del Papa, che ha ricevuto un ristretto gruppo di studiosi e promotori accettando di custodire il documento, nonché supportare ogni tipo di proposta, piano e progetto utile alla promozione e diffusione dei valori e dei principi contenuti nel regolamento.

La proposta, presentata durante l’evento romano Human Economic Forum, getta le basi per interrogarsi sullo stato della sostenibilità a livello globale. L’attenzione sembra essere rivolta sempre più a quella sociale, non più esclusivamente a quella ambientale. L’attenzione nei confronti della lettera E dell’acronimo esg (‘environmental’) è stata spasmodica e le iniziative a favore della sostenibilità ambientale si sono susseguite e moltiplicate, fino a

creare una forte tensione tra legislatore, imprese e collettività, dovuta principalmente alla circostanza che ha registrato fughe in avanti, con la fissazione di scadenze inderogabili per raggiungere obiettivi ambiziosi, trascurando l’incapacità o l’impossibilità di alcuni settori di adeguarsi alle regole. Così, mentre si discuteva e si discute sull’opportunità delle iniziative avviate per la

sostenibilità ambientale e sulla possibilità che gli obiettivi siano rivisti, concedendo agli attori tempi più lunghi, è riapparsa prepotentemente la necessità di prestare immediata e adeguata attenzione alla sostenibilità sociale (la lettera S dell’acronimo). Uso il termine ‘riapparsa’ perché la sostenibilità sociale ha radici antiche e, come osservato da due autori illuminati, Stefano Lucchini e Massimo Lapucci, nel recente saggio Ritrovare l’umano, essa trova consapevolezza già ai tempi di Parini, che nelle sue opere fissava una linea tra un ‘prima’ e un ‘dopo’ della consapevolezza sulla sostenibilità, componendo uno dei primi manifesti di un’ancora inconsapevole cultura dell’esg. Forse la vera novità che ha riportato al centro il sociale e ha sensibilizzato tutti gli attori principali che si occupano di questi temi, e non solo, è stata una nuova prevalente tendenza a utilizzare un diverso nomen iuris: diritti umani. Tendenza alla quale deve attribuirsi l’intuizione di riconoscere alla sostenibilità sociale un ruolo sovraordinato rispetto alle altre componenti della sostenibilità, perché quando si parla del sociale si sta, in definitiva, trattando di diritti umani.

C’è un altro elemento che ha rinvigorito l’attenzione nei confronti della lettera S: la convinzione che sul sociale, a differenza di quanto accaduto per l’ambientale, non sia più possibile tornare indietro e che gli obiettivi posti debbano necessariamente essere raggiunti.

Se sulla sostenibilità ambientale sono state registrate fughe in avanti e, probabilmente, non si è dato il tempo necessario ai governi di avviare la costruzione delle infrastrutture per la conversione in atto, così come non si è dato il tempo alle case automobilistiche di modificare le piattaforme per la produzione di auto elettriche, né ci si è adoperati per poter garantire che tutti i paesi agissero in maniera coordinata e sposassero processi condivisi, sul sociale lo scenario appare profondamente diverso. Trattandosi di diritti umani, non è ipotizzabile un passo indietro, né sono ipotizzabili divergenze tra paesi, culture e religioni. Il sociale non è legato a infrastrutture, non è legato a piattaforme. È un processo culturale che deve fare breccia in ognuno di noi, partendo dall’individuo e coinvolgendo comunità, imprese, istituzioni, paesi ed enti sovraordinati. F

L’Italia s’è desta

Il nostro calcio è tornato ad alti livelli nelle competizioni europee e ha cominciato a recuperare il distacco con altri grandi campionati anche fuori dal campo. Una ripresa favorita da varie iniziative della Lega Serie A, che si è trasformata da associazione a media house

ILIl calcio italiano è tornato. E l’ha fatto in grande stile, iniziando a recuperare il distacco che si era creato a livello di risultati sul campo e di iniziative fuori dal terreno di gioco rispetto ai principali concorrenti.

Una sfida appena cominciata per la Lega Serie A, che richiede tempo e investimenti mirati per dare frutti nel lungo periodo, ma che ha già prodotto alcune risposte importanti dal punto di vista sportivo, come il raggiungimento, nel 2023, di tutte e tre le finali europee (Champions League, Europa League e Conference League) grazie a Inter, Roma e Fiorentina e, lo scorso anno, la vittoria dell’Europa League dell’Atalanta, con il raggiungimento del primo posto nel ranking Uefa. Risultato che ha permesso alla Serie A di qualificare cinque squadre in Champions League per la prima volta.

Un’inversione di marcia che, affiancata dalla trasformazione e dalla rivoluzione iniziata dalla Lega Serie A, ha riportato interesse, appeal ed entusiasmo intorno al calcio italiano. Non è un caso, infatti, se nella stagione 2023/24 il nostro campionato ha fatto registrare - con una media di 31.024 spettatori per partita - il record di presenze negli stadi dall’annata 1997/98 e ha conquistato il terzo gradino del podio in Europa in termini di fan (744 milioni di tifosi), dietro

alla Premier League e in scia alla Liga spagnola, davanti alla Bundesliga tedesca e alla Ligue 1 francese. Una crescita importante, resa possibile proprio dall’interesse riscosso a livello internazionale: se nel nostro Paese la Serie A ha una fan base di 34 milioni di persone (più di un italiano su due), a livello internazionale allarga molto il suo bacino, arrivando a 710 milioni di tifosi: 456 in Asia e Oceania, 96 in centro e sud America, 66 in Europa, 51 in Africa e Medio

Nella stagione

2023/24

la Serie A ha registrato la più alta presenza negli stadi dall’annata 1997/98

Oriente e 41 nel Nord America. Numeri spinti da un network di oltre 50 broadcaster attivi in 200 territori e da una piattaforma centralizzata messa a disposizione proprio dalla Lega che, dalla stagione 2021/22, permette ai club di ‘creare’ una pubblicità on demand in base all’area geografica in cui viene trasmessa una determinata partita. In poche parole, stesso match, pubblicità differente. Una rivoluzione rispetto al passato, che rispecchia il percorso intrapreso dalla Lega Serie A. Un percorso che, nel giro di pochi anni, ha trasformato la società da un’associazione a una media house, capace non solo di unire i 20 club italiani, ma anche di valorizzarli in ottica di riconoscibilità e appetibilità sul mercato, su più direttrici. Sia

I tifosi della Serie A in tutto il mondo

Il valore dell’accordo per la Supercoppa in Arabia Saudita mln

attraverso i tre hub internazionali della società (Milano, New York, Abu Dhabi), sia attraverso tutte le piattaforme streaming e social della Lega stessa, che oggi contano un totale di 39 milioni di follower.

In questa direzione, la creazione dell’International Broadcast Centre di Lissone, con i suoi 2.400 metri quadrati e gli oltre 130 km di cavi, ha permesso non solo di ampliare e migliorare l’offerta di virtualizzazione dei segnali delle partite, ma anche di aumentare la forza produttiva per realizzare contenuti esclusivi e innovativi distribuiti in Italia e all’estero. Un ruolo cruciale lo stanno inoltre giocando i diversi format studiati e implementati, come la Radio Tv Serie A con Rds, la collaborazio-

La festa del Milan dopo la conquista della Supercoppa Italiana.

ne con la piattaforma Fantacalcio.it (che ha oltre cinque milioni di iscritti) e le iniziative, dentro e fuori dal campo, strutturate con 15 partner per tutte e cinque le competizioni organizzate dalla Lega Serie A, tra le quali spicca la Supercoppa italiana - ridenominata Ea Sports Fc Supercup - che, già dalla scorsa edizione, ha cambiato decisamente veste per aumentare il proprio prestigio e la sua attrattività a livello globale. Dal tradizionale confronto tra la vincitrice della Serie A e quella della Coppa Italia si è passati infatti a un mini-torneo a quattro squadre (una final four) che coinvolge le finaliste della Coppa Italia e le prime due del campionato. Un format innovativo per il calcio italiano che, aggiunto alla decisione di esportarlo, ha portato anche significativi introiti economi ci alle società partecipanti. L’ultima edizione, andata in scena a Riyad, in Ara bia Saudita, ha garantito l’accordo più alto mai registrato dalla competizione: 23 milioni di euro. Di questi, 16,2 sono andati ai club, con il Milan vincitore che ha incassato l’assegno più sostanzioso: 8 milioni di euro (ai quali aggiungere 3 milioni da diritti televisivi). Nessun’altra supercoppa, tra quelle dei cinque principali campionati europei, ha garantito un montepremi così alto. Un risultato raggiunto anche e soprattutto grazie alle iniziative innovative sociali, digitali e tecnologiche realizzate per l’occasione: dall’uso del maggior numero di telecamere mai utilizzato nella competizione (36), che hanno permesso, grazie al supporto di 53 broadcaster, di trasmettere la competizione in diretta in oltre 180 territori, a ‘Italia-Arabia Saudita nel processo di globalizzazione del calcio’, l’evento organizzato dal Social Football

Summit che - promosso in collaborazione con Lega Serie A, ambasciata d’Italia in Arabia Saudita, Italian Trade Agency, ministero dello Sport saudita e ministero degli Investimenti saudita -, ha rappresentato un’occasione per esplorare il futuro dello sport e le crescenti sinergie tra i due stati. Riunendo così a Riyad figure istituzionali, leader sportivi e manager di alto livello per discutere temi strategici per l’intero settore.

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A ciò si sono aggiunti altri eventi collaterali che hanno visto protagonisti diverse ‘Legends delle Serie A’, ex campioni diventati ambassador della Lega: Marco Borriello, Vincent Candela, Fabio Capello, Alessandro Del Piero, Luigi Di Biagio, Roberto Donadoni, Ciro Ferrara, Marco Materazzi, Massimo Oddo, Andrea Pirlo, Luca Toni, Christian Vieri e Gianluca Zambrotta. Dieci dei quali, oltre a essersi sfidati, insieme con due coppie di giocatrici professioniste di padel dell’Arabia Saudita, in un torneo di padel, sono stati vicini ai tifosi anche durante i match. Un’iniziativa che ha avuto un importante riscontro in termini di entertainment su tutte le piattaforme della Lega.

Lo stesso si può dire per l’iniziativa tecnologica e innovativa lanciata tra Socios.com e Lega Serie A, partnership già attiva e crescente nel nostro campionato, che ha permesso ai tifosi di tutto il mondo di ottenere i palloni dei gol - certificati tramite la blockchain Chiliz e dotati di un chip Nfc - segnati durante le tre partite della Supercoppa. Un successo dimostrato anche dai numeri. Basti pensare che il pallone che è valso la coppa al Milan (il gol del 3 a 2 di Tammy Abraham in finale contro l’Inter) è stato battuto all’asta per 1.701 euro. F

A JOURNEY OF ITALIAN EXCELLENCE WHERE TIMELESS DESIGN MEETS ENDURING QUALITY

FW25 CAMPAIGN

BEST IN CLASS

LA RISPOSTA GIUSTA

GLI SCENARI GEOPOLITICI IMPONGONO ALLE IMPRESE NUOVE STRATEGIE COMUNICATIVE. SECONDO L'EUROPEAN COMMUNICATION MONITOR, I RISCHI GLOBALI SPINGONO LE AZIENDE AD AFFRONTARE TEMI CRITICI, A GESTIRE LA REPUTAZIONE E A COGLIERE OPPORTUNITÀ DI CRESCITA. ALESSANDRO PAPINI DI ASSOLOMBARDA: “ BISOGNA BILANCIARE ASPETTATIVE ETICHE E NECESSITÀ ECONOMICHE”

LLa comunicazione d’impresa sta cambiando rapidamente. Le aziende devono rispondere alle aspettative sociali ed etiche di consumatori, dipendenti e partner, senza perdere di vista la protezione della loro reputazione e la gestione dei rischi economici. Le strategie di comunicazione, quindi, devono essere efficaci e al tempo stesso adattabili a contesti in continuo mutamento. Ne abbiamo parlato con Alessandro Papini, direttore comunicazione e relazioni esterne di Assolombarda.

Tra crisi geopolitiche, conflitti e nuove tecnologie sempre più innovative, quali sono gli scenari della comunicazione d’impresa per il 2025?

In un mondo sempre più polarizzato, gli scenari geopolitici cui stiamo assistendo mettono sotto pressione le strategie di comunicazione delle imprese, costringendo a bilanciare le aspettative etiche e sociali con le necessità di preservare la reputazione e mitigare i rischi economici. Come emerge dalla recente indagine dell’European Communication Monitor, che analizza ogni anno le esperienze e le previsioni di un campione selezionato di chief communication officer delle 300 maggiori aziende europee, le difficoltà legate ai rischi geopolitici sono volte a posizionare in modo attivo l’impresa e il suo top management rispetto a temi globali; rispondere agli stakeholder e ai media in merito a temi critici; anticipare possibili rischi reputazionali e cogliere opportunità di crescita. Consumatori, dipendenti, partner commerciali chiedono alle imprese di prendere posizione su temi sensibili, come conflitti, soste-

nibilità, giustizia sociale, per cui le strategie di comunicazione devono fornire risposte pubbliche locali (peraltro sempre amplificate dalla velocità e dal potenziale virale dei sistemi digital e social), mantenendo al contempo un presidio di coerenza identitaria forte sulla strategia globale.

E dunque quali strategie possono mettere in campo le imprese?

Per affrontare queste sfide, le strategie e le attività devono essere riconfigurate, includendo l'applicazione di infrastrutture sofisticate per l'ascolto e la pianificazione di scenari, oltre a coltivare reti di esperti che possano contribuire con la necessaria sensibilità a valutare rischi complessi e a metterli in relazione ai valori che sono espres -

sione dell’impresa. Perché gestire la comunicazione di un’azienda che opera su mercati globali significa non solo scegliere cosa dire, come e quando dirlo, ma anche cosa non dire in situazioni di complessità. Sul piano delle nuove tecnologie è chiaro che l’IA rappresenta uno straordinario strumento di automazione dei processi, personalizzazione dei contenuti e analisi avanzata dei dati, migliorando l'efficienza e l'efficacia delle strategie comunicative. Non vanno però sottovalutate questioni etiche importanti che riguardano gli ambiti della creatività, della privacy, dell’affidabilità e qualità dell’informazione, della creazione di bias attraverso modelli linguistici e del loro impatto sulle narrazioni sociali, solo per citare le più evidenti.

Alessandro Papini

Il mondo della comunicazione è cambiato moltissimo negli ultimi anni: quali sono le principali caratteristiche di questa nuova fase e in che modo influenzano il rapporto tra aziende, istituzioni e pubblico?

Non c’è dubbio che la comunicazione negli ultimi anni abbia assunto un ruolo sempre più centrale nelle strategie dell’impresa, con una crescente integrazione nelle diverse funzioni aziendali (con prevalenza marketing, hr, business e finance), un maggiore investimento nell'adozione di tecnologie avanzate e un'attenzione crescente al presidio d’immagine e reputazionale delle leadership aziendali. La sfida - peraltro in evidenza nel report Ey 2024 sulla leadership della comunicazione - è sempre quella della conoscen-

"Non c’è dubbio che la comunicazione negli ultimi anni abbia assunto un ruolo sempre più centrale nelle strategie dell’impresa"

za e della consapevolezza rispetto al contesto in cui si opera, coscienti della necessità di saper adattare con rapidità e flessibilità i piani di breve, mantenendo un’attenzione forte ad aggiornare brand e profili valoriali. Rispetto al rapporto con il pubblico la fiducia è la chiave. Il retaggio di un'impostazione volta alla diffusione di informazioni in modo topdown e unidirezionale, unito all’attenzione rivolta alla promozione della reputazione di governi e governanti, ha ostacolato la realizzazione del pieno potenziale della funzione pubblica della comunicazione. Con la conseguenza che in generale i cittadini faticano a fidarsi delle proprie istituzioni (Oecd 2021). Al contrario di quanto accade nei sistemi d’impresa, nel settore pubblico i comunicatori non sempre riescono ad

L'Assemblea generale di Assolombarda del 2023.

avere sufficiente accesso ai decisori, ai mandati e alle risorse necessarie per procedere nella direzione di una comunicazione strategica. Il Rapporto Ocse ha rilevato che meno della metà dei comunicatori pubblici nei centre of government (tutte le strutture direttamente collegate agli organi di governo nei vari paesi intervistati) interagisce frequentemente con i policy team. Con la conseguenza che la comunicazione pubblica sovente si concentra più sui temi reputazionali dei leader che sull’offerta di comunicazione al servizio degli obiettivi di policy e dei principi di trasparenza, integrità, accountability e partecipazione degli stakeholder del sistema di open government.

Come migliorare questa condizione della comunicazione pubblica? E come si evolve il dialogo tra istituzioni e imprese in un contesto di informazioni sempre più frammentate?

Occorre istituzionalizzare e professionalizzare la funzione della comunicazione nelle amministrazioni pubbliche per disporre di capacità adeguate, integrando le necessarie competenze e specializzazioni che al momento guidano la trasformazione del settore, e garantendo l’apporto di risorse professionali e finanziarie adeguate. In Italia la legge istitutiva della funzione risale al 2000 e sconta sicuramente una necessità di aggiornamento che vada non tanto nella direzione del presidio degli strumenti, quanto nell’incardinamento della funzione nelle nuove organizzazioni pubbliche, con particolare attenzione all’istituzionalizzazione dei ruoli apica-

li, non considerati dalla legge per mancanza di adeguate coperture. Questo aiuterebbe non solo a separare la comunicazione istituzionale da quella politica, ma anche a cogliere le opportunità offerte dalla rivoluzione digitale e rispondere alla sfida della misinformazione e della disinformazione. Rafforzare la governance della comunicazione nelle istituzioni e nelle amministrazioni locali è fondamentale per accrescerne l’efficacia come strumen-

lombarda come leva per affrontare le transizioni e i cambiamenti sociali e organizzativi del nostro tempo. In un contesto di globalizzazione e digitalizzazione, la cultura e la memoria aziendale, non solo come archivio del passato ma soprattutto come elementi dinamici, sono fonti di ispirazione per l’innovazione e il progresso, e rappresentano una chiave per rafforzare la competitività. La comunicazione in questo senso svolge un ruolo critico nel veicolare questi messaggi in modo efficace, sostenendo i processi di cambiamento. Per questo motivo raccontare l’impresa per stimolare l’innovazione è di straordinaria importanza, consapevoli che le aziende sono depositarie di una cultura unica che intreccia tradizione artigianale e grande capacità tecnologica. Un’eredità che va valorizzata per mantenere la competitività e l’identità del nostro sistema. Noi cerchiamo di raccontarlo in tanti modi e su tante piattaforme di comunicazione.

"La cultura d'impresa, i luoghi della memoria industriale e il valore sociale del lavoro sono al centro dell'impegno di Assolombarda per affrontare i cambiamenti di oggi"

to di politica pubblica e generatore di fiducia per i cittadini e imprese.

Quanto è importante la cultura d’impresa oggi?

Assolombarda ha puntato, negli ultimi anni, a rafforzare il proprio ruolo di interlocutore del sistema dell’impresa e al contempo attore sociale, economico e culturale del territorio. L’importanza della cultura d’impresa, dei luoghi della memoria industriale e del valore sociale del lavoro sono al centro dell’impegno di Asso-

E la sostenibilità? Qual è il rapporto con la comunicazione dell’impresa?

Le imprese oggi non possono prescindere dall’integrare la sostenibilità nella governance. Di conseguenza il rapporto tra comunicazion e e sostenibilità assume una rilevanza strategica per stare sul mercato, rapportarsi con gli stakeholder e traguardare il futuro. Infatti, una comunicazione efficace della propria cultura esg e delle iniziative di responsabilità correlate non solo rafforza la reputazione aziendale, ma contribuisce a costruire una relazione solida e trasparente con gli stakeholder, promuovendo al contempo anche la diffusione di

comportamenti virtuosi. La comunicazione rappresenta in questo senso una leva fondamentale per integrare la sostenibilità nelle strategie aziendali. E attenzione, non si tratta solo di un'attività operativa, ma di un elemento strategico che influenza profondamente la percezione dell'impresa e la sua capacità di creare valore a lungo termine. Perché la comuni -

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cazione per la sostenibilità non è solo un mezzo per informare, ma una forza propulsiva che connette l’impresa con i suoi stakeholder, ne rafforza la credibilità e influenza positivamente il mercato. In questo senso, la comunicazione non è solo un complemento alla sostenibilità, ma un pilastro per la sua implementazione e il suo successo. F

Connessioni sostenibili

Presente da oltre 115 anni nel nostro Paese, Nokia italia sta sviluPPando soluzioni tecnologiche che risPondono a esigenze critiche in termini di sostenibilità, inclusione digitale e sicurezza informatica n BEST IN CLASS n

CCreare tecnologie sostenibili che aiutino il mondo a essere connesso ed evolversi, focalizzandosi sul bene comune, sulla sostenibilità e sulla crescita del sociale. È attorno a questo obiettivo che si sviluppano la filosofia e il business di Nokia. Società che, come spiega Stefano Grieco, amministratore delegato per l’Italia, è presente nel Paese da oltre 115 anni, e che oggi rappresenta “un centro strategico per lo sviluppo di tecnologie avanzate”. Non è un caso se il 30% dei 1.300 dipendenti dislocati nelle quattro sedi italiane dell’azienda - Vimercate (Mb), Roma, Battipaglia (Sa) e Trieste – è impegnato in attività di ricerca e sviluppo. “Un dato che sottolinea la centralità dell’Italia per il nostro impegno nell’innovazione”, aggiunge Grieco.

end che ci consente di esplorare soluzioni d’avanguardia per l’automazione. Un altro asset unico di Vimercate è la nostra camera anecoica, una delle più grandi d’Europa, utilizzata per studi di compatibilità elettromagnetica. Inoltre abbiamo competenze avanzate nello sviluppo di circuiti integrati radiofrequenza (Rf-Ic) e materiali innovativi come il grafene, che rivoluzioneranno l’industria nei prossimi anni. In sinte-

Italia. Lavoriamo con alcune delle migliori università italiane, come il Politecnico di Milano, l’Università Federico II di Napoli, l’Università di Pisa, La Sapienza di Roma e molte altre. Questi partenariati si concretizzano in progetti di ricerca avanzata, co-mentorship di dottorandi e workshop su tecnologie emergenti. Inoltre ospitiamo regolarmente studenti e stagisti nei nostri laboratori, offrendo loro un’esperienza pratica in un ambiente di innovazione tecnologica.

“Per noi innovare non vuol dire solo competenze tecniche, ma creatività, flessibilità, determinazione e pensare fuori dagli schemi”

Nel dettaglio, quali sono le principali tecnologie che sviluppate in Italia e come contribuiscono alla vostra visione globale?

I nostri centri di competenza globale in Italia si concentrano su aree tecnologiche fondamentali, come le reti ottiche, il trasporto a microonde, l'intelligenza artificiale, i big data e i nuovi materiali. Inoltre il nostro laboratorio di innovazione ospita una rete completa end-to-

si, una serie di soluzioni tecnologiche che rispondono anche a esigenze critiche in termini di sostenibilità, inclusione digitale e sicurezza informatica.

Come si inseriscono e che ruolo hanno le collaborazioni con le università e i centri di ricerca?

Le collaborazioni accademiche sono un pilastro della nostra strategia in

Oggi la reputazione di un’azienda si fonda su sostenibilità e inclusione. In che modo li perseguite?

Nokia è riconosciuta a livello internazionale per il suo impatto sociale e la sua inclusione. Lo dimostrano i riconoscimenti che abbiamo ottenuto: dall’inserimento nel Gender Equality Index di Bloomberg all’Ethispere di Ehtical Company, fino al Workplace Pride e al premio CEOforLife per il progetto 'Inclusion to the power of N'. Per noi innovare non vuol dire solo competenze tecniche, ma creatività, flessibilità, determinazione e pensare fuori dagli schemi. D’altronde avere team inclusivi ci permette di generare soluzioni creative.

Guardando all’Italia, qual è il vostro impegno?

In Italia abbiamo investito oltre 4 miliardi di euro nell'ultimo decennio per sviluppare tecnologie che

riducono l’impatto ambientale. Un esempio è il nostro lavoro sulle reti a basso consumo energetico, che contribuiscono a minimizzare l’impronta di carbonio delle telecomunicazioni. Sono investimenti importanti e di lungo periodo, che qualificano il ruolo che un’azienda come Nokia Italia ricopre nella attività di ricerca e nella conseguente attrazione di talenti.

E come si attraggono i talenti?

La sostenibilità e l’inclusione rappresentano elementi importanti per loro. Solo inseguendo e promuovendo questi valori possiamo essere la loro scelta attuale e futura.

Quali sono, invece, i risultati che avete raggiunto in Italia nella connettività?

Abbiamo installato oltre 12 milioni di linee a banda larga e ultra-banda larga, contribuendo a oltre la metà di tutte le linee oggi in uso nel Paese. Abbiamo implementato più di 45mila nodi mobili e 6mila nodi ottici Wdm, dimostrando il nostro impegno a fornire infrastrutture di rete di alta qualità e molto affidabili. Inoltre siamo leader nelle reti private e mission-critical, con oltre 730 clienti a livello mondiale in questo segmento. Le nostre soluzioni sono progettate per supportare applicazioni industriali avanzate, come l’automazione della produzione e le reti sicure per enti governativi e imprese.

In futuro quale sarà l'impatto delle tecnologie emergenti come il 5G e l'intelligenza artificiale sul vostro lavoro in Italia?

Il 5G e l'intelligenza artificiale stanno già trasformando il modo in cui viviamo e lavoriamo. In Italia siamo all’avanguardia nello sviluppo di queste tecnologie. Il nostro laboratorio di innovazione a Vimercate ci consente di sperimentare soluzioni avanzate per settori come l’indu-

stria 4.0, il metaverso industriale e la mobilità intelligente. Crediamo che queste tecnologie siano fondamentali per creare un futuro più connesso, sicuro e sostenibile.

E a lungo termine cosa dobbiamo aspettarci?

Vogliamo continuare a posizionare l’Italia al centro dell’ecosistema di innovazione globale. Vogliamo essere un partner strategico per i nostri clienti, offrendo soluzioni tecnologi-

che che non solo soddisfano le loro esigenze attuali, ma anticipano le sfide future. Inoltre ci impegniamo a promuovere la sostenibilità, l’inclusione digitale e la sicurezza informatica, garantendo che le nostre tecnologie abbiano un impatto positivo a livello sia locale che globale. Con il supporto dei nostri talenti e delle nostre infrastrutture, siamo pronti a guidare il futuro delle telecomunicazioni e costruire un futuro migliore attraverso la tecnologia. F

Stefano Grieco

Camomilla

Valeriana

Ashwagandha

PASTIGLIE GOMMOSE

DORMITA GALATTICA, RISVEGLIO SPAZIALE.

MANUFACTURING & INDUSTRY

GIOVANI RESPONSABILI

Riciclo della pelle e recupero delle terre rare dai rifiuti elettronici, lotta agli sprechi di acqua e di cartone. Tra i ragazzi selezionati da Forbes Italia nella categoria Manufacturing & Industry, molti hanno messo al centro la sostenibilità. Ecco le loro storie

Il valore del saper fare

GIOVANNI

MARESCHI HA CREATO UN BRAND CHE RIUTILIZZA I PELLAMI SPOSANDO

L’IDEA DI SOSTENIBILITÀ. “CREDIAMO CHE LA NOSTRA VISIONE POSSA DIVENTARE FONTE

DI ISPIRAZIONE PER UNA NUOVA GENERAZIONE DI ARTIGIANI”

NNel 2020, in piena pandemia, il veneto Giovanni Mareschi si trovava a Parigi, dove lavorava per il brand ecosostenibile Phipps. Qui ha imparato l’importanza della sostenibilità nella moda e nel 2021 ha sviluppato l’idea di fondare il marchio Laboratorio Riciclo Pelle. La scelta del nome non è casuale ed è legata all’importanza del riutilizzo dei pellami nell’industria. “Il primo passo parte proprio dalla ricerca dei pellami”, spiega. “Ogni pezzo, per quanto possa essere usato uno stesso cartamodello, non sarà mai uguale per peso, colore o texture a un altro, e questa è la cosa che più mi affascina. Poi si passa alla scelta del capo da realizzare: se necessario, si modifica il cartamodello e si procede alla confezione del capo”. Il brand offre inoltre un servizio di personalizzazione dalla fase di taglio a quella di realizzazione finale. Giovanni è un artigiano, oltre che creativo, e nel suo brand questo si riflette nel rapporto diretto con i maestri del territorio veneziano: “Sin dall’inizio sono stato affiancato da alcune aziende del territorio. Le fibbie della nostra Marasso Belt sono ancora prodotte in tiratura molto limitata vicino a Venezia, le pelli sono ancora raccolte nella zona della riviera del Brenta, e chi inizialmente ci ha insegnato qualcosa lo fa ancora oggi”. Per Mareschi, laurea in design della moda all’università Iuav di Venezia, quello dell’artigiano è un mestiere che andrebbe comunicato meglio: “Mi ritrovo spesso a lavorare chiudendomi in me stesso, per poi finire un capo e rendermi conto che tutta la mia parte di lavoro, dall’inizio alla fine, è una storia che va raccontata. Altrimenti resta, per chi non conosce il settore, solo un capo”. Il 2024 è stato un anno di cambiamento per il brand,

consacrato all’ultima edizione del Festival di Sanremo grazie alla collaborazione con il gruppo dei Bnkr44. “Dal palco dell’Ariston abbiamo avuto la possibilità di collaborare a progetti speciali con brand storici e internazionali e con realtà diverse, come Alajmo nella ristorazione”.

Laboratorio Riciclo Pelle è tornato a Sanremo quest’anno vestendo Shablo, pseudonimo di Pablo Miguel Lombroni Capalbo, disc jockey e produttore discografico argentino. Per il futuro, tra i personaggi che Mareschi vorrebbe vestire ci sono Tommy Lee, batterista dei Mötley Crüe, insieme ad altri dell’universo musicale degli anni ‘80 e di quello cinematografico attuale, come Tom Hardy. Il riutilizzo dei pellami, fulcro del brand, sposa il valore della sostenibilità, ampiamente dibattuto nel mondo della moda.

Tra coloro che Mareschi vorrebbe vestire ci sono personaggi del mondo musicale, come Tommy Lee dei Mötley Crüe, e di quello cinematografico, come Tom Hardy

“Dovrebbe esserci più attenzione a ciò che viene prodotto, in termini di quantità. Non si può continuare a produrre per avere sempre rimanenze di magazzino: ci sono tonnellate di pellami, ma anche di tessuti, che vengono scartate”. A novembre Mareschi ha presentato la sua nuova collezione con un pop-up store fisico. “Abbiamo altri pop-up in programma quest’anno perché ci piace interagire con le persone in maniera diretta. Laboratorio Riciclo Pelle non è solo un brand di vestiti: è un universo fatto di musica, profumi, colori e anime”. I progetti per il futuro sono tanti. “Oltre ai pop-up, abbiamo collaborazioni in vista e lavoriamo perché il brand diventi una realtà consolidata non solo in Italia, ma anche all’estero. Crediamo che la nostra visione sul riutilizzo di materiali scartati possa diventare fonte di ispirazione per una nuova generazione di artigiani/ designer”. F

Giovanni Mareschi

Un robot per le reti idriche

GRAZIE A UN ALGORITMO PREDITTIVO DI INTELLIGENZA ARTIFICIALE, LA STARTUP DI TRE UNDER 30 ISPEZIONA LO STATO DELLE TUBATURE, RIDUCENDO GLI SPRECHI D’ACQUA. “VOGLIAMO GESTIRE DIECIMILA CHILOMETRI DI CONDUTTURE ENTRO IL 2032”

LLe reti idriche fanno acqua da tutte le parti. Solo in Italia, il 40% dell’acqua immessa nella rete viene perso a causa di rotture e inefficienze. A livello globale si stimano perdite di dieci miliardi di metri cubi ogni anno. Creare uno strumento di diagnostica per chi gestisce le reti e ottimizzare le operazioni di manutenzione per ridurre gli sprechi è stata quindi l’idea che ha portato Alessandro Minori, Marek Murgia e Antonio Misuraca a fondare nel 2021 Pipein. “Volevamo rispondere al problema dello stato di salute delle tubature, molte delle quali stanno raggiungendo o hanno superato la loro vita utile”, hanno spiegato i cofondatori, rispettivamente ceo, coo e cto, che si sono incontrati all’interno di un programma della School of Entrepreneurship and Innovation durante gi studi al Politecnico di Torino. Il nome della startup richiama il focus principale, unendo ‘pipeline’, ovvero tubatura, all’idea di entrare nei sistemi per fare diagnosi e monitorarli in modo intelligente ed efficace. Alla base del funzionamento c’è l’intelligenza artificiale: “Shark4 è un robot modulare che esegue ispezioni subacquee nelle tubature. Oltre a un sistema di telecamere ad alta definizione che permette di raccogliere informazioni visive sullo stato interno delle condotte, usa sensori avanzati (Ut, laser scanner) per misurare e quantificare la corrosione e raccogliere dati dettagliati che vengono usati nelle analisi successive”. Il robot è progettato per operare in ambienti estremi, come spazi confinati, e può

lavorare fino a pressioni di 60 bar, coprendo lunghe distanze.

L’algoritmo predittivo di intelligenza artificiale entra in azione dopo che il robot ha raccolto i dati. “Attraverso una piattaforma digitale, questi dati vengono analizzati e combinati con quelli esistenti (planimetrie, dati storici presi con metodologie tradizionali). L’obiettivo è identificare i segmenti più critici e fornire previsioni sullo stato di salute delle tubature, aiutando gli operatori a prendere decisioni importanti e pianificare interventi mirati”. Pipein si rivolge quindi principalmente a settori come l’idroelettrico, gli acquedotti, le fognature, l’industria manifatturiera e l’oil & gas. “Finora abbiamo coinvolto il 35% del mercato europeo dell’idroelettrico. La pipeline di vendita include oltre 20 utilities leader a livello europeo, aprendo prospettive di ulteriore espansione internazionale”.

Dopo un round da 725mila euro nel 2023, Pipein ne sta portando avanti uno da 2,5 milioni, per lanciare il modello con sottoscrizione annuale e potenziare il suo robot

Dopo un round da 725mila euro nel 2023, la startup, che ha come attuali investitori RoboIT, Zero Cleantech Accelerator e Pariter Partners, sta raccogliendo un secondo round da 2,5 milioni per lanciare il modello con sottoscrizione annuale e potenziare il robot per operazioni di manutenzione all’interno delle tubature. “I prossimi obiettivi comprendono il lancio del servizio in abbonamento, l’espansione a livello europeo e l’introduzione di nuove funzionalità per il robot. L’ambizione è arrivare a gestire diecimila chilometri di tubature entro il 2032, diventando un punto di riferimento nel settore”. F

Maddalena

Da sinistra: Antonio Misuraca, Alessandro Minori e Marek Murgia

Scarti preziosi

PIZZI E GIANLUCA TORTA HANNO DATO VITA A UNA STARTUP CHE RIUTILIZZA

LE TERRE RARE RICAVATE DAI RIFIUTI ELETTRONICI: “VOGLIAMO CREARE IL PRIMO SITO ITALIANO

DI PRODUZIONE DI MAGNETI DA MATERIA PRIMA RICICLATA”

EEnrico Pizzi e Gianluca Torta sono amici di vecchia data. L’idea di creare insieme una startup è arrivata però nel 2023, quando entrambi erano impegnati nella ricerca. Con un background da ingegnere Enrico e uno da chimico Gianluca, hanno fondato RarEarth, startup che si occupa del riciclo di terre rare estratte dai rifiuti elettronici per produrre magneti permanenti NdFeB (al neodimio ferro boro) ad alte prestazioni.

“Il nostro modello di business si basa sull’integrazione verticale: raccogliamo rifiuti elettronici, li trattiamo con tecnologie brevettate per estrarre materiali di qualità e produciamo magneti sostenibili per l’industria”, spiegano. “Questo approccio riduce la dipendenza dalle materie prime primarie e l’impatto ambientale”.

Il nome richiama le terre rare, ovvero un gruppo di 17 elementi chimici fondamentali per moltissime tecnologie moderne, dai magneti per i motori elettrici ai display degli smartphone. “Nonostante il nome, non sono rare in senso assoluto, ma sono difficili da estrarre e purificare. Questo comporta costi ambientali ed economici elevati, specialmente nei processi di estrazione primaria. La nostra missione è dare nuova vita a questi materiali, riciclandoli dai rifiuti elettronici”. L’ispirazione, prosegue il ceo Pizzi, è arrivata osservando due tendenze globali: da un lato l’aumento della domanda di terre rare per tecnologie come le auto elettriche e le energie rinnovabili, dall’altro la mancanza di un sistema di riciclo efficiente per questi materiali. “Abbiamo voluto colmare questo gap, offrendo una soluzione concreta e sostenibile”. Dopo aver partecipato a una competizione promossa da

“La crescente produzione di rifiuti elettronici rischia di mettere sotto pressione i sistemi di gestione, specialmente nei paesi in via di sviluppo”

Eit RawMaterials, ente europeo dedicato ai materiali critici, la startup ha intrecciato collaborazioni con PoliHub, I3P, Google e l’Università di Oxford: “Stiamo lavorando per attrarre un ecosistema di investitori che credano nella nostra missione e che possano aiutarci nella nostra avventura”, dice Torta, cto. La startup sta lavorando inoltre all’apertura in Italia del primo impianto di miniera locale: “Siamo in una fase cruciale. Siamo impegnati in un importante round di finanziamento e stiamo completando l’allestimento dell’impianto pilota nella nuova sede operativa. Il nostro obiettivo è creare il primo sito italiano di produzione di magneti da materia prima riciclata, un passo fondamentale verso l’autonomia europea in questo settore”.

La gestione responsabile dei rifiuti è un tema caldo. “Lo scenario globale è complesso. La crescente produzione di rifiuti elettronici rischia di mettere sotto pressione i sistemi di gestione dei rifiuti, specialmente nei paesi in via di sviluppo. Crediamo che la chiave sia creare valore dai rifiuti, trasformandoli in una risorsa. Azioni concrete includono politiche di responsabilità estesa del produttore, incentivi al riciclo e a tecnologie innovative che permettono di abbassare i costi e aumentare efficienza e qualità della materia prima derivante dal riciclo”.

RarEarth ha ora una roadmap ambiziosa. “Puntiamo a espanderci a livello europeo, replicando il nostro modello in altri paesi strategici. Stiamo anche esplorando tecnologie complementari per incrementare ulteriormente la qualità dei magneti che produciamo per renderli utilizzabili per la più ampia gamma di applicazioni possibili”. F

Roberta Maddalena

Enrico Pizzi (a sinistra) e Gianluca Torta

Combattere l’overpackaging

UNA STARTUP DEEP TECH CHE PROGETTA MACCHINARI INDUSTRIALI PER LA CREAZIONE DI IMBALLAGGI SU MISURA.

“VOGLIAMO RIDURRE GLI SPRECHI E OTTIMIZZARE L’EFFICIENZA OPERATIVA”

Il fenomeno della ricezione di pacchi troppo grandi, noto come overpackaging, è ormai comune a molti consumatori. Solo nel 2021 ogni persona residente nell’Unione europea ha generato una media di 36,1 chili di rifiuti di imballaggio in plastica, mentre nel 2023, con oltre 170 miliardi di pacchi spediti nel mondo, Statista prevedeva una crescita annuale composta superiore al 10% nel settore dell’e-commerce nei prossimi cinque anni. Per ridurre il problema, nel 2022 Carlo Villani, Mattia Bertolani, Guglielmo Riva (non più operativo da qualche settimana) e Daniel Kaidanovic hanno fondato a Milano Voidless, startup deep tech che progetta e costruisce macchinari industriali innovativi per la creazione di imballaggi su misura direttamente nei magazzini. “I nostri macchinari per la produzione box on demand offrono una soluzione innovativa nel settore del packaging, progettata per ridurre gli sprechi e ottimizzare l’efficienza operativa”, spiegano i cofondatori. “Il processo avviene in diverse fasi, tutte integrate in un sistema semplice ed efficace”. L’approccio di Voidless consente un’ottimizzazione dell’intera catena logistica, che si traduce non solo in una marcata riduzione dello spreco di cartone e materiali di riempimento, ma anche in un miglioramento dell’efficienza dei trasporti. “I nostri sistemi offrono numerosi vantaggi per l’intera catena logistica, partendo da un impatto economico diretto per i clienti, solitamente operatori logistici. Uno dei principali è il payback time molto ridotto, che varia da un minimo di un anno a un massimo di quattro, a seconda del contesto operativo. Sono tempi eccezionali rispetto alla media dell’industria dei macchinari, dove il recupero dell’investimento spesso richiede sei-otto anni”.

In termini di ottimizzazione logistica, poi, i sistemi di Voidless permettono di ridurre lo spreco di spazio nei container, nei camion e in altri mezzi di trasporto. Questo consente un uso più efficiente delle risorse logistiche, diminuendo il nume-

ro di mezzi necessari per il trasporto. Finora la startup ha installato i suoi sistemi presso Poste Logistics (business unit di Poste Italiane), uno dei principali operatori logistici in Italia, e sta completando una seconda installazione con Dsv, tra la più importanti aziende al mondo nel settore della logistica.

“La nostra soluzione affronta il problema dell’overpackaging alla radice, scalando una tecnologia che consente di produrre scatole su misura direttamente nei magazzini dove vengono gestite le spedizioni”, dicono ancora i cofondatori. “In questo modo ogni pacco è realizzato con precisione sulle dimensioni degli oggetti da spedire, riducendo lo spreco di cartone e l’uso di materiale riempitivo superfluo”. Voidless contribuisce così a generare un impatto ambientale positivo. “Lo scenario dell’industria del packaging, sia in Italia che a livello globale, è ormai al centro di una rivoluzione inevitabile. Il regolamento Ue sull’overpackaging segna una svolta epocale, imponendo limiti stringenti agli sprechi di materiale e favorendo tecnologie che migliorano l’efficienza e riducono l’impatto ambientale. Il box on demand è una risposta diretta a questa esigenza: una tecnologia che elimina materiali superflui, ottimizza il trasporto e consente di abbattere le emissioni legate al packaging”.

Lo scorso anno la startup ha chiuso un round di finanziamento da 2,2 milioni di euro guidato da Cdp Venture Capital dalla società di venture capital italo-francese 360 Capital. “Con i fondi raccolti ci siamo posti obiettivi chiari e ambiziosi da raggiungere nei prossimi mesi. Il nostro focus principale è duplice: installare cinque sistemi presso clienti strategici e chiudere il Series A da 10 milioni di euro. Questo ci permetterà di crescere a livello internazionale e rendere l’azienda leader nel settore box on demand, attualmente in forte crescita. Parallelamente, continueremo a lavorare su miglioramenti e innovazioni, concentrando allo stesso tempo gli sforzi sull’espansione commerciale e sull’implementazione”. F Roberta Maddalena

Da sinistra: Daniel Kaidanovic, Carlo Villani e Mattia Bertolani

GOOD STORIES

QUESTIONE DI CHIMICA

NATA COME REALTÀ DI NICCHIA, OGGI ITALMATCH CHEMICALS HA 20 STABILIMENTI IN TUTTO IL MONDO, UN FATTURATO DI 700 MILIONI DI EURO E 1.100 DIPENDENTI. “RICERCA, SVILUPPO E ACQUISIZIONI STRATEGICHE SONO IL NOSTRO ALGORITMO”, DICE IL DIRETTORE GENERALE CORPORATE MAURIZIO TURCI

Maurizio Turci

DDa un piccolo impianto produttivo in Umbria a un gruppo internazionale che oggi ha 20 stabilimenti in tutto il mondo, circa 700 milioni di fatturato, oltre 1.100 dipendenti e sette centri di ricerca e sviluppo. Può essere riassunta così la storia di Italmatch Chemicals, l’azienda partita nel 1998 che dalla sua storica sede di Spoleto in poco più di 25 anni è diventata leader globale nella chimica di specialità per trattamento acque, lubrificanti, plastiche, ritardanti di fiamma e settore energetico. “La nostra storia è davvero una questione di chimica”, dice Maurizio Turci, direttore generale corporate di Italmatch Chemicals. “Siamo nati nel 1998 tramite un management buyout su un singolo stabilimento, quello di Spoleto, da cui abbiamo esportato un modello industriale e soprattutto organizzativo. Subito dopo abbiamo deciso di stabilire il nostro quartier generale a Genova, dove sono presenti il management e tutte le funzioni corporate. La scelta si è rivelata vincente. La città vantava un capitale umano di eccellenza fatto di meta-competenze e leadership, oltre a un hub logistico strategico con forte propensione all’innovazione. C’erano tutte le condizioni per crescere”. In effetti, quella della società è stata una crescita costante, frutto di una precisa strategia di sviluppo per linee sia interne che esterne: “Ricerca, sviluppo e acquisizioni strategiche sono il nostro algoritmo. Dal 2007 a oggi abbiamo completato 17 m&a. Un approccio learning by doing, se voglia-

mo, che ci ha permesso di crescere e di espandere i nostri orizzonti dal punto di viste delle nuove divisioni di business e delle geografie”. Tanto che oggi la società è presente in quattro aree del mondo: Americhe, Europa, Asia e Medio Oriente. Un’ascesa dettata anche dagli ultimi avvicendamenti societari. Oltre a essere parte, dal 2018, del fondo americano Bain Capital, infatti, dal 2023 Italmatch Chemicals è finita nel mirino di Dussur, società di investimento del fondo sovrano governativo dell’Arabia Sau-

Il fondo americano

rappresentato la possibilità di integrare sotto un’unica azienda tante realtà locali provenienti da diversi paesi del mondo. “Il cuore di Italmatch sono le persone che ne fanno parte. Il nostro team è composto da profili provenienti da 16 paesi, che parlano 13 lingue e hanno culture e storie uniche. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di rispettare e incoraggiare queste diversità, lavorando tutti insieme per un obiettivo comune. Per noi questo è un valore aggiunto in grado di ampliare il nostro knowhow con competenze e identità sempre nuove”.

Bain Capital ha acquistato la maggioranza di Italmatch Chemicals nel 2018. Nel 2023 a comprare una quota è stata Dussur, società di investimento del fondo sovrano saudita Pif

dita, Pif, che ha acquisito una quota: “Il nostro percorso non sarebbe stato lo stesso senza i vari fondi di private equity che ci hanno supportato negli anni”, commenta Turci. “Si tratta di un caso più unico che raro nel panorama italiano. Ciascuno di essi ci ha fatto crescere dal punto di vista tecnologico, industriale e anche culturale”.

Queste intuizioni non solo hanno portato Italmatch a vedere lievitare il proprio portafoglio prodotti e parco clienti, ma allo stesso tempo hanno

Oltre alla diversità geografica, il gruppo sta valorizzando anche la collaborazione tra le generazioni. “Il 48% dei nostri dipendenti appartiene alle generazioni Y e Z”, dice Turci. “Per questo stiamo portando avanti progetti di reverse mentoring in chiave innovativa, soprattutto in tema di digitale e sostenibilità, combinando una grande familiarità con la tecnologia a un forte desiderio di impatto sociale. Un rinnovamento radicale delle aspettative e del modo di stare in azienda”. Proprio la sostenibilità è da tempo alla base della strategia di crescita dell’azienda. “Si tratta di un pilastro fondamentale che già da anni accompagna le nostre scelte e su cui vogliamo costruire il futuro”. L’impegno dell’azienda si è sviluppato su più livelli: dall’attenzione a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti allo sviluppo di soluzioni per mercati green, fino all’acquisizione di startup di nicchia e aziende sostenibili, come Eco Inhibitors, Magpie, Aubin e Alcolina. “La nostra ricerca oggi si basa su nuove applicazioni per filiere come energie rinnovabili, elettrificazione, trattamento acque e desalinizzazione”, aggiunge Turci, che si sofferma anche

sulla presenza della società in consorzi in materia di sostenibilità ed economia circolare. “Siamo parte di due importanti progetti a livello europeo. Il primo è FlashPhos, per lo sviluppo di una tecnologia per recuperare il fosforo da rifiuti urbani e industriali. Il secondo è il progetto sulle batterie per auto elettriche Ipcei - European Battery Innovation, in cui lavoriamo per lo sviluppo di batterie sempre più sicure e performanti e per il recupero delle materie prime critiche contenute in quelle esauste”.

Un approccio che l’azienda porta avanti anche in materia di trasformazione digitale, un tema sempre più importante soprattutto per le imprese che operano su scala internazionale. “La digitalizzazione è fondamenta-

48%

La quota di dipendenti di Italmatch che appartiene alle generazioni Y e Z

le per mantenere una posizione di competitività sul mercato e rispondere rapidamente ai cambiamenti in atto nel mondo. L’ausilio di piattaforme integrate in ecosistemi Sap ci permette di gestire i processi di supply chain, procurement e business intelligence in maniera sempre più efficiente. Questo non è solo un vantaggio competitivo, ma anche un segno di responsabilità verso i nostri stakeholder interni ed esterni. Penso alla migliore collaborazione che, grazie a questi strumenti, possiamo avere con i fornitori per garantire un approccio esg adeguato lungo tutta la catena di fornitura. La gestione automatizzata di queste attività si traduce infatti in maggiore sicurezza, compliance e trasparenza”. F

La sede di Italmatch a Genova.

Operazioni mirate

Pib GrouP è un intermediario assicurativo indipendente e diversificato con sede nel regno unito. negli ultimi due anni ha investito molto in italia, acquisendo quattro società. “altre operazioni arriveranno nel 2025 e nel 2026”, dice il ceo per il nostro paese, Lorenzo riccardi

C“Con oltre quattromila dipendenti in dieci paesi europei, un fatturato superiore ai 700 milioni di euro e un ebitda superiore al 30%, abbiamo raggiunto un posizionamento importante nel mercato assicurativo europeo. Guardando al futuro, siamo estremamente fiduciosi per il nostro percorso di crescita”, racconta a Forbes Italia Lorenzo Riccardi, ceo di Pib Group per l’Italia. E precisa: “Posso aggiungere che sono in trattativa altre nuove acquisizioni da effettuare nel 2025 e nel 2026”. Pib Group è un intermediario assicurativo indipendente e altamente diversificato con sede nel Regno Unito. È controllato dai fondi Apax Funds e The Carlyle Group e conta oltre 4 miliardi di euro di premi lordi (gwp) intermediati. Negli ultimi due anni ha deciso di investire in Italia con un certo dinamismo. A marzo 2023 è entrato a far parte di Pib Group Area Brokers Industria (Abi), uno dei primi 20 broker sul mercato italiano. Riccardi ha mantenuto la guida di Area Brokers Industria, ora hub italiano di Pib Group, anche dopo l’ingresso nel gruppo. A seguire, a marzo 2024, il gruppo ha effettuato la seconda operazione in Italia, con l’acquisizione di Inside 2.0. E ancora, ha acquisito due società di brokeraggio: Private Broking, realtà

assicurativa specializzata nel settore sportivo, ed Emmeb Broker, broker assicurativo italiano specializzato nelle costruzioni.

La strategia europea di Pib, guidata dal ceo europeo Onno Janssen, si focalizza sull’acquisizione di aziende specializzate guidate da individui con un forte spirito imprenditoriale. Dopo le operazioni, i manager delle aziende acquisite rimangono al timone, reinvestendo nel capitale, e si impegnano nella crescita dell’azienda sia tramite sviluppo organico che mediante ulteriori acquisizioni. Il gruppo Pib è dunque cresciuto rapidamente dal suo debutto nel Regno Unito nel 2015 ed è ora attivo in sette mercati europei.

"Le acquisizioni di Inside 2.0, di Private Broking e di Emmeb Broker hanno segnato le prime tre operazioni completate in Italia da Area Brokers Industria per conto del gruppo Pib. Queste mosse strategiche mirano a posizionare il gruppo tra i principali broker indipendenti del Paese”, continua il ceo. Attraverso l’acquisizione di Inside 2.0, Pib Group Italia espande la propria presenza e l’inci-

· Fatturato: 35 milioni circa

· Settori: broking corporate; construction; bond; motor; affinity; sport

· Dipendenti: 90 + 280 collaboratori

· Partner: accordi con oltre 40 compagnie assicurative

· Acquisizioni: 2023: Area Brokers Industria – che diventa hub di Pib Group per lo sviluppo strategico in Italia

2024: Inside 2.0, Private Broking, Emmeb Broker Pib Group Italy

denza nel settore dealer. L’idea è diventare il principale protagonista nel settore e consolidare la propria posizione competitiva nel mercato assicurativo. Private Broking, invece, “ci consente di entrare in un nuovo mercato, quello dello sport, sfruttando le sinergie e ampliando le opportunità di crescita attraverso i solidi rapporti che il gruppo Pib ha sviluppato sul mercato londinese”, spiega ancora l’ad. “Infine, grazie all’integrazione di Emmeb, possiamo rafforzare ulteriormente la nostra presenza nel settore delle costruzioni, cruciale nel mercato italiano, espandendoci tra l’altro a Genova, uno dei principali poli nazionali per i settori marittimo e dei trasporti. Siamo in una fase di significativa espansione e siamo determinati a esplorare opportunità che ci consentano di ampliare la nostra presenza e rafforzare la nostra posizione sul mercato”. Nel medio termine, l’idea di Pib Group è quella di consolidare un hub italiano. “Attualmente stiamo avviando trattative con almeno altri quattro target. Il nostro obiettivo minimo per il 2024 era di raggiungere

Le ultime acquisizioni hanno permesso al gruppo Pib di entrare nel mercato dello sport e di rafforzare la presenza nelle costruzioni

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un fatturato di circa 30 milioni di euro, con un ebitda superiore ai 5 milioni. E lo abbiamo raggiunto. Nel medio termine miriamo a un ebitda di circa 25 milioni di euro entro due o tre anni. Grazie alla solidità del gruppo Pib, siamo in grado di individuare aziende con elevate performance economiche, che si integrino perfettamente con la nostra cultura aziendale. Tale crescita ci consentirà di mantenere i talenti chiave e di attrarne di nuovi”.

Sin dalla fondazione il gruppo Pib ha cercato di differenziarsi dai concorrenti attraverso un approccio programmatico selettivo nei processi di m&a e di integrazione, con una crescita organica costante. L’ambizione è creare un intermediario assicurativo specializzato, indipendente e diversificato in Europa, offrendo un’alternativa credibile agli intermediari più affermati. Il gruppo ha già avviato oltre 100 acquisizioni in Europa e in altre aree del mondo. Oggi impiega oltre quattromila dipendenti. Non ha un focus settoriale specifico per le acquisizioni, ma cerca opportunità che possano contribuire a una crescita diversificata e a una presenza capillare sul territorio. Questo approccio ha permesso di creare sinergie tra le diverse realtà acquisite, mantenendo però un alto grado di autonomia per gli amministratori delegati. F

Lorenzo Riccardi

Al servizio delle pmi

SimeSt, società del gruppo cdp guidata da Regina CoRRadini d’aRienzo e presieduta da PaSquale Salzano, sostiene lo sviluppo internazionale delle aziende italiane. nei primi 11 mesi del 2024 ha mobilitato più di 8 miliardi di euro, per il 90% a favore di piccole e medie imprese

SSupportare l’internazionalizzazione delle imprese italiane per aumentare la loro capacità di penetrazione sui mercati. È questo l’obiettivo di Simest, società del gruppo Cassa depositi e prestiti guidata da Regina Corradini D’Arienzo e presieduta da Pasquale Salzano. Un sostegno finanziario per lo sviluppo

il doppio dell'anno prima, per superare la soglia delle cinquemila a fine anno. Imprese che peraltro, se dotate di strumenti flessibili e in grado di supportare la competitività, si dimostrano fortemente reattive, capaci di rispondere massicciamente”. È interessante capire quale sia la destinazione delle risorse messe a disposizione da Simest. “Più del 70% delle domande di finanziamenti agevolati ricevute riguardano la doppia transizione, digitale ed ecologica. Mentre si conferma comunque un solido pacchetto di aziende

"Più del 70% delle

e l'affiancamento internazionale. In pipeline ci sono altre dieci operazioni di questo tipo in fase molto avanzata, con campioni nel mondo dell'impresa che coinvolgeranno anche migliaia di pmi di filiera che ancora non esportano. Fattore che dovrebbe contribuire non poco alla crescita della nostra economia”. Aspetti chiave del sostegno offerto da Simest sono l’ampliamento del raggio d’azione e la capacità di investire su realtà che guardano all’allargamento dei mercati. Simest ha infatti ampliato il portafoglio dei

domande di finanziamenti agevolati ricevute riguardano

la doppia transizione, digitale ed ecologica"

che ha portato, nei primi 11 mesi del 2024, a mobilitare oltre 8 miliardi di euro, il 14% in più rispetto all'anno precedente, per il 90% a favore di piccole e medie imprese, con un’attenzione particolare ai mercati ritenuti strategici.

“A fine 2024 abbiamo raggiunto quasi il 90% del nostro obiettivo”, dice Corradini D'Arienzo. “In sostanza, nell’arco di due anni abbiamo quasi centrato il target di crescita del piano. A questo si aggiunge che, a fine novembre, avevamo già sostenuto circa 4.500 imprese, cioè

che sceglie di finanziare il rafforzamento patrimoniale necessario per strutturarsi dimensionalmente. C'è poi un altro importante filone, quello del sostegno alle filiere, messo a punto insieme a Confindustria, che ha già portato alla sottoscrizione di due intese, prima con Fincantieri e poi con Bf. In questo caso, le imprese medio-grandi si rendono disponibili a supportare le pmi che fanno parte del loro indotto, con il loro know how, e Simest mette a disposizione delle imprese delle filiere i propri strumenti finanziari

suoi interventi per rispondere alle ulteriori istanze espresse dal sistema produttivo e ha aperto anche a paesi in cui la società ha messo a punto nuove soluzioni. Da qui i plafond ad hoc: da quello riservato all'area dei Balcani Occidentali, con una nuova dote da 200 milioni e domande per 260 milioni, alla misura Africa, che rappresenta uno dei pilastri del piano Mattei, voluto dal governo Meloni, e che ha stimolato una richiesta consistente di investimenti anche al di là del perimetro del plafond (che finanzia in modo

importante anche la formazione dei lavoratori direttamente in loco o in Italia). Per finire con i 300 milioni riservati a coprire i danni provocati dall'alluvione in Emilia e Toscana. Altri strumenti dedicati sono in fase avanzata per il 2025, tra i quali una misura per l'America Latina e un intervento a favore delle aziende energivore. Simest ha poi potenziato gli investimenti partecipativi, che oggi affiancano prevalentemente le pmi e le mid (il 75% del totale), mentre fino a due anni e mezzo

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Regina Corradini d'Arienzo, amministratore delegato di Simest.

fa riguardavano principalmente le grandi aziende.

Un’attività di supporto finalizzata alla crescita internazionale del sistema produttivo, realizzata da Simest in un'ottica di cooperazione sistemica con Cassa Depositi e Prestiti, secondo una logica di gruppo che coinvolge tutti gli altri attori istituzionali, quali Ice e Sace, sotto la regia del ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, per conto del quale gestisce i fondi di finanza agevolata e di supporto all’export.

Altro elemento che caratterizza il piano strategico 2023-2025 di Simest è la volontà di promuovere da un lato gli investimenti in sostenibilità sociale, economica e ambientale delle imprese italiane, dall’altro iniziative di sostenibilità interna, tra cui azioni per una sempre maggiore attenzione all’ambiente e un maggiore sostegno ai dipendenti e alle loro famiglie su temi prioritari. A conferma dell’impegno in questo ambito, Simest ha ricevuto la certificazione per la parità di genere (Uni/PdR 125:2022) rilasciata dall’ente Bureau Veritas Italia sulla base di una valutazione che ha considerato specifici indicatori in relazione a sei macro-aree: cultura e strategia; governance; processi hr; opportunità di crescita e inclusione delle donne in azienda; equità remunerativa per genere; tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro. F

L’equilibrio del benessere

Gian Luca innocenzi ha messo insieme designer, progettisti ed esperti di fitness per creare MyequiLibria, realtà con cui vuole cambiare il mondo dell’esercizio fisico outdoor. l’azienda, fondata nel 2017, ha 200 installazioni in 30 paesi

AAllenarsi all’aperto migliora le performance cognitive e ha effetti benefici su attenzione, memoria e funzioni esecutive, con risultati migliori rispetto all’allenamento in spazi chiusi. A dirlo è un recente studio pubblicato su Frontiers in Psychology, che evidenzia come gli esercizi outdoor possano diminuire i livelli di stress e ansia, migliorare l’umore e aumentare la flessibilità cognitiva, insieme al pensiero creativo.

Gian Luca Innocenzi, appassionato di fitness ed esperto riconosciuto a livello internazionale, ha portato tutti questi benefici all’interno del suo business, fondando nel 2017 MyEquilibria, azienda che vuole trasformare gli spazi all’aperto e i non-luoghi in aree dedicate al benessere attraverso il design e la tecnologia. Innocenzi ha attinto alla sua conoscenza delle tendenze lifestyle, raccogliendo un team di professionisti composto da designer, progettisti ed esperti di fitness che insieme hanno sviluppato un modello di business capace di rivoluzionare il mondo dell’allenamento outdoor.

Parte del gruppo The Agora Makers, tra i principali al mondo nell’arredo urbano, nell’illuminazione pubblica e nel fitness all’aperto, l’azienda si è consolidata come hub capace di prevedere i bisogni delle città del futuro, migliorando il benessere collettivo e riqualificando spazi urbani all’insegna della socialità e del

wellness. Insignita di riconoscimenti come il Compasso d’Oro e il Red Dot Design Award, MyEquilibria ha all’attivo 200 installazioni in 30 paesi ed è riconosciuta per sculture funzionali come MyTree, ispirata alla forma degli alberi, con curve e componenti dedicate al miglioramento delle prestazioni tecniche dell’allenamento, senza rinunciare a un’estetica elegante. L’azienda collabora con amministrazioni pubbliche, real estate, strutture dedi-

cate all’ospitalità, fitness center, aziende specializzate in crociere e privati, con una presenza in città come Milano, Roma, Rimini, Atene, Barcellona, Berlino, San Diego, Miami Beach, Singapore, Hong Kong e Dubai. Proprio nel Golfo, in risposta alla crescita del mercato degli Emirati Arabi Uniti e all’obiettivo di creare wellness community sempre più integrate, l’azienda ha messo base in Jumeirah Street a Dubai, con un nuovo showroom inaugurato in partnership

Gian Luca Innocenzi

con il gruppo Befit per coinvolgere i progettisti e far loro toccare con mano le soluzioni architettoniche dedicate al benessere di MyEquilibria.

Parte di una strategia più ampia, che mira ad accompagnare le trasformazioni urbanistiche previste dal Gulf Cooperation Council (Gcc) in tutta l’area del Golfo Persico, la società lavora oggi a stretto contatto con municipalità e studi di architettura, supportando la progettazione di aree residenziali in cui cittadini di ogni fascia di età possano svolgere attività fisica. Non si tratta solo di fornire attrezzature, ma di progetti integrati con consulenze su materiali, layout spaziali e tecnologie, con un approccio verticale all’architettura. Questo per assecondare la crescente richiesta di spazi vivibili all’insegna della salute a Dubai, Abu Dhabi e in Arabia Saudita, dove gli investimenti in strutture per il wellness sono più concreti anno dopo anno. Secondo i dati del 2021 del World Travel & Tourism Council, i capitali investiti in infrastrutture turistiche e ricreative

MyEquilibria lavora con municipalità e studi di architettura, guardando alle trasformazioni urbanistiche previste nel Golfo Persico

nell’area del Golfo superano i 300 miliardi di dollari, confermando l’interesse delle amministrazioni per concept urbanistici basati sul benessere collettivo. Per questo nella capitale emiratina MyEquilibria ha stretto una partnership per la creazione di Al Ghaf Park, un parco climatizzato dotato di strutture per raffrescare l’aria fino a tre metri di altezza, consentendo di allenarsi all’aperto anche durante i mesi più caldi. Qui saranno collocate anche diverse installazioni dedicate all’allenamento, con soluzioni pensate per anziani, disabili e atleti professionisti, in grado di

diventare centri di aggregazione sociale per sport e relax. Con progetti come questo MyEquilibria mira ad affermarsi come punto di riferimento globale nella progettazione di spazi inclusivi per favorire la salute e sostenibili. Il modello di business coniuga innovazione e attenzione all’ambiente, promuovendo l’uso di fonti energetiche rinnovabili e puntando su una filiera responsabile. La produzione è basata su energia certificata Repower, con la presenza di 7.500 pannelli solari che evitano l’emissione di 850 tonnellate di anidride carbonica ogni anno. MyEquilibria promuove inoltre processi circolari e mira a ridurre l’impatto ambientale dei materiali, usando solo acciaio inossidabile e cemento correttamente smaltiti per le sue attrezzature di fitness e imballaggi in cartone con l’80% di contenuto riciclato. Il 2025 sarà un anno cruciale per i nuovi progetti in tutta l’area del Golfo, con iniziative che ridefiniranno gli standard delle wellness community del futuro. F

Il Five Palm Hotel di Dubai.

Un affaccio sul futuro

Nata iN Calabria Nel 1985, Spi FineStre esporta serrameNti iN tutto il moNdo. il segreto? puNtare sull'iNNovazioNe, sul servizio al ClieNte e sul Capitale umaNo. “stiamo CoNtiNuaNdo a fare iNvestimeNti iN Nuove teCNologie e materiali”, diCe il Co-Ceo rocco Mangione

PPer emergere bisogna distinguersi. Soprattutto in un settore come quello dei serramenti che, in Italia, risulta molto frammentato. Nel cuore della Calabria, nel 1985, gli imprenditori Francesco e Tommaso Mangione lo avevano capito. Certo, non credevano che avrebbero gettato le fondamenta di quella che sarebbe diventata una delle realtà più dinamiche e in espansione in Italia. Ma sicuramente avevano chiaro in mente cosa avrebbero dovuto fare per emergere dalla massa: puntare su qualità dei prodotti, eccellenza del servizio e capitale umano. Spi Finestre, a distanza di 40 anni, non solo è cresciuta

enormemente in termini di fatturato e dimensioni, ma ha intrapreso un percorso di internazionalizzazione che l’ha portata a diventare un attore riconosciuto anche in importanti mercati esteri, come Stati Uniti, Medio Oriente, Africa e Canada.

Un percorso voluto e portato avanti da Rocco Mangione, figlio di Francesco, che nel 2017 è entrato in società e che oggi rappresenta la seconda generazione. “Il passaggio generazionale è una sfida molto delicata per la vita di qualsiasi azienda”, racconta l’attuale co-ceo. “Noi l’abbiamo concluso con successo. Lavoravo in azienda dal 2011 e quando mi sono sentito pronto ho rilevato alcune quote. A oggi la collaborazione con mio zio Tommaso, cofondatore, continua a essere un grande punto di forza. Siamo una squadra molto affiatata”. Rocco Mangione ama definirsi 'mana-

Lo stabilimento di Maierato, in provincia di Vibo Valentia.

ger', nonostante negli ultimi tre anni abbia preso in mano la guida dell’azienda. Un uomo “a cui la proprietà ha dato fiducia e che lavora esclusivamente nell’interesse della proprietà stessa”, afferma con orgoglio. Solo con questa filosofia una piccola impresa familiare, made in Calabria, partita da zero con una gamma ristretta, è stata in grado di evolversi fino ad aprire una branch company negli Stati Uniti, avviare un flagship store in Libia, due stabilimenti in Italia – Vibo Valentia e Piacenza -, coprire quasi tutta la gamma di prodotti nel mercato dei serramenti, lavorare su tre canali (retail, estero e gdo) e avere 200 persone alle proprie dipendenze. "Siamo probabilmente l’unica azienda italiana che esporta serramenti oltre oceano", continua Mangione. “La nostra strategia ha fatto la differenza: abbiamo privilegiato un approc-

cio più diretto, che si è concentrato sul tailor made e sul servizio al cliente, piuttosto che su progetti complessi”.

Se l’azienda è riuscita a raggiungere i 46 milioni di fatturato nel 2024, con la previsione di crescere in maniera significativa nel 2025, è anche grazie alla volontà di innovare: “Negli ultimi tre anni abbiamo investito circa 10 milioni di euro in macchinari per aumentare la qualità e la produttività”. Negli effetti, questa volontà si traduce, ad esempio, in Origin, nuovo serramento in legno alluminio lanciato sul mercato a settembre. Una proposta sorprendente, visto che il mercato dei serramenti si è polarizzato negli ultimi anni attorno alle finestre in Pvc e a quelle in alluminio, marginalizzando il serramento in legno. Spi Finestre si distingue dunque

"Abbiamo privilegiato un approccio più diretto, che si è concentrato sul tailor made e sul servizio al cliente, piuttosto che su progetti complessi"

dalle tendenze dominanti offrendo, rinnovata, la finestra della tradizione e ampliando la propria offerta.

Se è riuscita a diventare un riferimento nel settore è soprattutto grazie alle iniziative nel campo della sostenibilità. “Abbiamo avviato l’installazione di parchi fotovoltaici sui nostri stabilimenti, abbiamo ridotto al minimo l’uso di plastica negli imballaggi e il consumo di legno per il trasporto dei serramenti, passando dai tradizionali pallet in legno a quelli in ferro, con un impatto positivo sull’ambiente”. Anche l’emissione di un bond esg con UniCredit dimostra l’attenzione di Spi Finestre alle politiche ambientali e sociali, oltre che la filosofia lungimirante dell’azienda. Il merito di tutto questo "va dato al capitale umano”, afferma Mangione. “È questo il vero motore del successo. Abbiamo un personale giovane, dinamico e altamente qualificato, che stimolia-

mo e motiviamo ogni giorno”. Spi Finestre, che abbracciato una managerializzazione necessaria per diventare grande ed esplorare con successo nuovi mercati, non ha comunque eliminato le radici familiari dalla propria struttura gerarchica. Ed è proprio la famiglia Mangione che oggi gioca un ruolo importante in azienda, promuovendo una gestione che punta sulla meritocrazia e sul valore delle competenze. L’ufficio customer care risente positivamente di questo approccio e oggi rappresenta uno degli aspetti più apprezzati: “La capacità di rispondere tempestivamente alle esigenze e risolvere rapidamente qualsiasi problema è uno dei segreti che ha portato l’azienda a conquistare la fiducia di clienti in tutto il mondo”. Per il 2025 sono previsti ulteriori sviluppi, con particolare attenzione all’espansione dei mercati esteri e alla di-

versificazione dei prodotti. "Stiamo continuando a fare investimenti in nuove tecnologie e materiali, come il legno e il legno-alluminio, per rispondere alle esigenze di un mercato in continua evoluzione. Inoltre abbiamo avviato un percorso di crescita per linee esterne e abbiamo individuato diverse imprese target disponibili a far parte di un gruppo Spi Finestre. Queste acquisizioni apporterebbero importati sinergie, con l’obiettivo finale di diventare leader italiani nel settore e raggiungere volumi globali di almeno 150 milioni". Nonostante la concorrenza crescente, l’azienda ha saputo mantenere una posizione solida, rimanendo fedele ai suoi valori. A testimonianza di come la tradizione di un’impresa nata 40 anni fa, l’innovazione e la capacità di adattarsi ai cambiamenti siano gli ingredienti principali del successo. F

Rocco Mangione

Gestione sartoriale

Futura ManageMent si occupa di commercializzazione e posizionamento editoriale di talent, consulenza aziendale e progetti complessi. puntando su personalizzazione e cura del dettaglio

FFutura Management è nata come una realtà specializzata nella gestione della commercializzazione e del posizionamento editoriale di diversi talent e della consulenza aziendale. Oggi è diventata un punto di riferimento per la gestione strategica e operativa di progetti complessi. Il management rappresenta ancora oggi il suo principale asset, grazie a un approccio orientato alla personalizzazione e alla cura di ogni dettaglio per rispondere alle esigenze dei clienti. Questa solidità ha permesso a Futura Management di crescere e diversificarsi, espandendosi in ambiti come consulenza e produzione di contenuti. A raccontare i nuovi progetti è la founder e ceo, Valentina Cammarata.

Quali sono stati i principali fattori che hanno guidato l'evoluzione di Futura Management verso la creazione di divisioni specializzate, come Futura Consulting e WeMake Format?

È stata un’evoluzione naturale, che ci consente di lavorare a 360 gradi su tutti gli asset, comprendendo le esigenze dei clienti e offrendo pacchetti chiavi in mano. La pianificazione editoriale oggi richiede trasversalità, combinando attività online e offline, come eventi ed experience supportate da una produzione puntuale. Vogliamo offrire un servizio completo,

dall’influencer marketing all’amplificazione tramite stampa, sampling, seeding mirati e contenuti video ad hoc

Sliding in Love ha avuto un grande successo. Quali strategie hanno contribuito a questo risultato?

Sliding in Love è uno dei nostri progetti editoriali di punta, realizzato con WeMake. La strategia e la produzione sono stati elementi fondamentali. Abbiamo lavorato con partner come Spotify Italia e le Up Tv, garantendo un lancio su vasta scala. Un comunicato stampa ha coinvolto la stampa b2b e b2c, seguito da interviste su magazine. Grazie alla collaborazione con Spotify e le Up Tv, abbiamo amplificato il progetto con trasmissioni in metropolitane e aeroporti italiani. Il tutto è stato

potenziato digitalmente dalle talent coinvolte e dai canali social ufficiali.

Quali sono gli elementi chiave per creare contenuti che interessino sia il pubblico, sia i brand?

Il segreto è combinare contenuti editoriali con credibilità per i brand. Futura ha sempre puntato su storytelling rilevanti per il pubblico e declinati con logiche strategiche, garantendo ai brand visibilità e ampliamento del target. Un contenuto ben posizionato è il ponte ideale tra interesse del pubblico e valore per il marchio.

Con Futura Consulting e WeMake Format, quali nuove sfide avete affrontato nel rispondere alle esigenze dei clienti?

Abbiamo ampliato gli orizzonti verso progetti cross-mediali, come Ricette Profanate, un video-podcast di Maurizio Rosazza che da febbraio avrà anche una programmazione televisiva. Questo approccio ci permette di coinvolgere un target ampio ed eterogeneo, partendo sempre da una strategia solida nella creazione e diffusione del format.

Cosa vi aspettate dal 2025?

Puntiamo a consolidare il management, sviluppando consulenza e produzione di format. Vogliamo espanderci con progetti ad ampio spettro, come spot tv e programmi sportivi, per offrire ai clienti una consulenza completa. In un mercato dove il contenuto è centrale, il nostro obiettivo è garantire qualità e strategia vincenti. F

Un partner per le imprese

Fondata da Daniele Guerrisi, Dopago.it aiuta gli imprenditori a ottimizzare e ridurre la pressione fiscale

In Calabria un giovane imprenditore sta facendo parlare di sé. Nato a Catanzaro nel 1997, Daniele Guerrisi ha fondato Dopago. it, una piattaforma innovativa nata con l’obiettivo di aiutare gli imprenditori a ottimizzare e ridurre la pressione fiscale. Un’idea nata a marzo del 2023 durante la crisi legata ai crediti fiscali dei bonus edilizi, quando le banche hanno deciso di cessarne l’acquisto, mandando così in difficoltà diverse imprese. Un’opportunità per Guerrisi che, dopo aver aiutato un costruttore a lui vicino, l’ha portato a scoprire un mercato di oltre 120mila imprese italiane in crisi, che avevano quindi bisogno di un sostegno concreto in termini di gestione finanziaria.

Iniziativa che ha avuto un impatto immediato, riempiendo il vuoto e le difficoltà lasciate dai grandi istituti bancari. Offrendo infatti un sistema per la cessione diretta e immediata dei crediti fiscali, la piattaforma è riuscita nell’intento di supportare imprese di ogni dimensione, dalle piccole attività artigianali ai grandi gruppi industriali. Operazione che ha avuto un effetto positivo non solo sulle singole aziende, ma sull'intera economia italiana, stimolando la crescita attraverso il risparmio fiscale e la compensazione dei crediti. Non è un caso, quindi, se nel 2024 la piattaforma è arrivata a gestire un volume d’affari di circa 30 milioni di euro, con un fatturato di circa 1,3 milioni. Un’ascesa resa possibile dalla fiducia portata all’interno

del sistema. A questo proposito, un ruolo cruciale l’ha giocato la collaborazione con la Guardia di Finanza. Collaborazione che garantisce ovviamente un rigoroso controllo documentale su tutte le operazioni. Guardando all’immediato futuro, per il 2025, Guerrisi punta a un nuovo obiettivo: ridurre il divario digitale delle imprese italiane, in

particolare nel Sud. Secondo le sue ricerche, infatti, l’80% delle aziende italiane non ha un sito web. Un dato emblematico e, al tempo stesso, sconfortante, che ha portato Guerrisi a concentrarsi su un altro obiettivo: creare un ecosistema digitale che favorisca l'export e rafforzi la competitività delle aziende italiane a livello globale.

Daniele Guerrisi

Salute in tavola

FoodPharm, con il suo brand docFoody, si è aFFermata puntando su piani alimentari su misura. ora vuole allargare la sua attività, anche grazie a un aumento di capitale da 2 milioni di euro che dovrebbe concludersi a marzo

CConciliare scienza, alimentazione e salute è stata la chiave del successo di DocFoody, il brand della società benefit FoodPharm, foodtech innovativa che dal 2020 punta a migliorare la qualità di vita con piani alimentari tailor made dalle solide basi scientifiche. Ora per i soci fondatori Piero Conte ed Enrico Denich è già tempo di guardare alle prossime sfide. L’obiettivo è sempre proporre piani alimentari personalizzati con piatti bilanciati, progettati da un team medico specializzato in dietetica e nutrizione clinica, preparati da chef esperti in cottura sottovuoto a basse temperature e consegnati freschi a domicilio. Nella fase iniziale l’attenzione è stata posta sul dimagrimento, ma adesso si sposta sulle soluzioni per un’alimentazione funzionale a specifiche categorie di persone, con peculiari condizioni di salute. È il caso di anziani o di quanti devono sottostare a regimi alimentari ad hoc “Avevamo già elaborato piani le -

gati alla prevenzione di malattie dismetaboliche e degenerative, ma adesso ne stiamo mettendo a punto altri per malati oncologici o di diabete 2, tutti rigorosamente validati dal punto di vista scientifico”, dicono i titolari. Grazie all’integrazione del crm di DocFoody con l’intelligenza artificiale, inoltre, sarà possibile comporre diete su misura dettagliate e precise, tramite il moni -

"Vogliamo cogliere le opportunità che ci si presentano e crescere prima in Italia, sviluppando il b2b (dietologi, nutrizionisti e cliniche), poi negli Stati Uniti e negli Emirati Arabi"

toraggio a distanza e l’analisi in tempo reale di dati biometrici sullo stato di salute e l’attività fisica dell’utente. Proprio per accelerare lo sviluppo del business e il lancio delle ultime novità, FoodPharm ha

recentemente deliberato un aumento di capitale che dovrebbe concludersi a marzo, raggiungendo quota 2 milioni di euro. “Finora abbiamo operato sul mercato con mezzi propri, acquisendo il 100% della produzione e della logistica iniziale”, spiegano ancora Conte e Denich. “Ora vog liamo cogliere le opportunità che ci si stanno presentando e crescere prima in Italia, sviluppando il b2b (dietologi, nutrizionisti e cliniche) e poi negli Stati Uniti e negli Emirati Arabi. È proprio in quest’ottica che cerchiamo partner industriali in grado di portare non solo e non tanto liquidità, ma know-how e valore. Rispetto a un mero finanziatore, pensiamo a imprese nel mondo del food, della distribuzione, del settore healthy o dell’e-commerce. In generale, a soggetti che portino a sinergie virtuose”. In un mercato in forte espansione, che prevede nel prossimo triennio una crescita importante nel settore dei piatti pronti, del food e-commerce e del cibo sano, con una capacità produttiva fino a 80mila piatti al mese, FoodPharm vuole proporsi come una foodtech solida e all’avanguardia. F

Piero Conte (a sinistra) ed Enrico Denich, soci fondatori di FoodPharm.

Crescita in diretta

In pochi anni aNc Media è passata da piccola startup a realtà di primo piano del live streaming sui social, del web football e della creator economy. “Non avevamo un capitale iniziale o investitori esterni, abbiamo puntato su talento e impegno”, dice il ceo e cofondatore Alessandro Allocco

Nel contesto della trasformazione digitale, che sta modificando profondamente il panorama dell’intrattenimento, aNc Media si distingue come un esempio significativo di imprenditorialità e innovazione. Fondata nel 2020 da Alessandro Allocco, con l’ingresso successivo di Dennis Fall e Davide Ferrari, l’azienda è nata per rinnovare il mercato italiano del live streaming sui social media. A distanza di quattro anni, non solo ha raggiunto questo scopo, ma ha ampliato le proprie attività, assumendo un ruolo rilevante nel web football e nella creator economy. Inizialmente aNc Media si presentava come una piccola startup, avviando le sue attività con la collaborazione di soli tre streamer. Tuttavia, attraverso un approccio innovativo e un team motivato, è riuscita a costruire una rete di creator che ha conquistato una posizione di primo piano nel mercato italiano, come attestano i dati di Stream Rankings. “Non avevamo un capitale iniziale o investitori esterni; abbiamo puntato tutto sul talento e sull’impegno delle persone”, ha sottolineato Allocco, ceo e cofondatore. Questo modello, basato sull’autofinanziamento e sulla valorizzazione delle competenze, ha consentito all’azienda di svilupparsi in modo

"La passione e la community sono state le nostre fondamenta.
Abbiamo lavorato instancabilmente per portare innovazione in un settore che prima era poco esplorato"

organico e sostenibile. Nel 2023 aNc Media ha intrapreso un’ulteriore evoluzione, esplorando il mondo di YouTube con un focus sul fenomeno emergente del web football. Questo settore rappresenta un nuovo ambito d’azione per l’azienda, che in pochi mesi ha saputo affermarsi come leader anche in quest’area. “La passione e la community sono state le nostre fondamenta. Abbiamo lavorato instancabilmente per portare innovazione in un settore che prima era poco esplorato”, ha evidenziato Fall, cofondatore e chief marketing officer. L’annuncio della Kings League Italy ha rappresentato un punto di svolta in questa espansione. Il progetto, sviluppato in collaborazione con Kosmos, vede aNc Media detenere il 35% delle

quote ed è considerato uno dei più ambiziosi nella storia dell'influencer marketing italiano. L’iniziativa potrebbe contribuire a ridefinire il panorama digitale nazionale.

Negli anni aNc Media è passata da punto di riferimento per l’influencer marketing a media agency con competenze articolate in più settori. Tra le divisioni specializzate spiccano aNc Network, focalizzata sul talent management per i content creator italiani, aNc Nexus, che supporta i creator affermati nella gestione tecnica, legale e commerciale, e aNc Sport, dedicata alla promozione dell’identità digitale di atleti e team sportivi. Questa diversificazione testimonia l’intento dell’azienda di posizionarsi come leader non solo nel live streaming e nel web football, ma in tutti gli ambiti dell’intrattenimento digitale.

“Abbiamo imparato che il vero valore risiede nella connessione autentica tra i creator e il loro pubblico. Vogliamo essere il ponte che unisce queste due realtà”, ha affermato

Ferrari, chief operating officer. Le collaborazioni di aNc Media con realtà internazionali e lo sviluppo di strumenti dedicati testimoniano l’approccio strategico adottato dall’azienda. In ambito YouTube, aNc è partner ufficiale tramite una mcn (multi-channel network) proprietaria, un risultato rilevante in un mercato italiano caratterizzato da una lunga assenza di nuove mcn. Anche su TikTok Live, piattaforma in rapida crescita globale, aNc Media ha stretto una partnership ufficiale, offrendo supporto ai creator per contenuti live di alta qualità e ampio coinvolgimento.

Tra le innovazioni sviluppate internamente c’è Stream Rankings, una piattaforma che analizza le performance di team e creator su Twitch, permettendo di individuare trend e parametri di riferimento. “Stream Rankings fornisce un’analisi dettagliata delle principali metriche delle performance, consentendo di identificare tendenze e benchmark di mercato”, ha spiegato Allocco. Un

altro esempio è rappresentato da aNc Droid, un software interno per la gestione e il monitoraggio delle campagne che offre trasparenza e controllo sia sul piano gestionale che su quello fiscale. Il percorso di aNc Media dimostra come innovazione e capacità di adattamento possano trasformare una piccola startup in un attore significativo del settore. Con una strategia che combina creatività e una profonda comprensione delle dinamiche digitali, l’azienda punta a consolidare ulteriormente il proprio ruolo, sia in Italia che all’estero. “Siamo solo all’inizio”, ha concluso Allocco. “aNc Media è nata per innovare e continueremo a farlo, portando valore ai nostri partner, ai creator e alle community che ci seguono”. Con una storia che rappresenta resilienza e visione strategica, aNc Media si posiziona come uno dei protagonisti del digital entertainment italiano, pronta a cogliere le opportunità di un mercato in continua evoluzione.

Alessandro Allocco
Davide Ferrari
Dennis Fall

Sanità e diritto: tra innovazione e responsabilità

Da anni l’avvocato Angelo Melone tutela i pazienti. È lui a fare il punto sulle nuove sfide legali che riguardano il mondo della salute

La sanità oggi rappresenta uno dei settori più delicati e discussi del nostro Paese, divisa tra crisi della sanità pubblica, innovazione tecnologica e nuove normative che mirano a tutelare pazienti e professionisti. In questo scenario, il diritto sanitario è chiamato a svolgere un ruolo chiave per bilanciare equità, sicurezza e progresso. Ne parla Angelo Melone, avvocato esperto in diritto sanitario, da anni in prima linea nella tutela dei diritti dei pazienti e nella gestione delle nuove sfide legali del mondo della salute.

Qual è lo stato attuale della sanità dal punto di vista legale?

Oggi il sistema sanitario italiano si trova ad affrontare una crisi profonda, soprattutto nella componente pubblica, tra carenza di risorse, liste d’attesa sempre più lunghe e difficoltà organizzative. Il diritto sanitario, in questo contesto, ha il compito di garantire un equilibrio tra il diritto del paziente a cure sicure ed efficienti e la tutela dei professionisti, spesso costretti a lavorare in condizioni di grande pressione. Un passo importante in questa direzione è stato fatto con la legge Gelli-Bianco, che ha innovato la gestione della responsabilità medica introducendo strumenti normativi che hanno permesso di proteggere meglio i pazienti, garantendo maggiore chiarezza nei contenziosi. Tuttavia, norme avanzate come questa rischiano di restare inefficaci se non si investe adeguatamente nella sanità pubblica. Senza risorse e organizzazione, anche le migliori

riforme faticano a produrre risultati concreti. Serve un impegno per rafforzare il sistema sanitario pubblico, che rappresenta la spina dorsale del diritto alla salute in Italia.

Quali sono le principali implicazioni legali dell’innovazione tecnologica nella sanità?

L’innovazione tecnologica ha cambiato profondamente il volto della sanità. Strumenti come l’intelligenza artificiale applicata alla diagnostica, la telemedicina e i dispositivi medici di ultima generazione offrono opportunità straordinarie, ma pongono questioni legali complesse. Prendiamo la telemedicina: se un algoritmo diagnostico fallisce, chi ne risponde? Il produttore del software, il medico che lo utilizza o la struttura sanitaria? La normativa attuale è in parte impreparata a gestire questi scenari. Serve un quadro normativo aggiornato, che bilanci il progresso con la tutela dei pazienti, senza frenare l’adozione di tecnologie che possono salvare vite o rendere il sistema sanitario più efficiente.

I pazienti sono abbastanza tutelati oggi? Quali sono le criticità?

La tutela dei pazienti è sicuramente migliorata, ma il cammino è ancora lungo. La recente approvazione della Tabella Unica Nazionale per le macro-lesioni è un passo significativo: finalmente si uniformano i risarcimenti per le lesioni gravi, ponendo fine a disparità inaccettabili tra tribunali. Tuttavia la vera applicazione della legge Gelli-Bianco resta una sfida. La normativa ha introdotto l’obbligo per le strutture di stipulare polizze adeguate per proteggere i pazienti, ma spesso si riscontrano ritardi e difficoltà di accesso ai risarcimenti. Inoltre, manca ancora una piena consapevolezza dei propri diritti da parte dei cittadini.

Come vede il futuro del diritto sanitario in Italia e in Europa? Il futuro è inevitabilmente legato a un’armonizzazione delle normative a livello europeo. Temi come la gestione dei dati sanitari transfrontalieri, l’intelligenza artificiale e la responsabilità medica richiedono un approccio comune. In Italia dobbiamo proseguire sulla strada dell’innovazione, ma senza perdere di vista la tutela dei diritti. Occorre rendere il sistema più efficiente e sicuro, investendo nella prevenzione del rischio clinico e aggiornando costantemente il quadro normativo per affrontare le nuove sfide. Il progresso non è solo tecnologico, ma anche etico e giuridico. Solo con un sistema sanitario innovativo e regolato in modo adeguato possiamo garantire cure di qualità, diritti certi e una maggiore fiducia tra pazienti, medici e istituzioni.

a cura di Angelo Melone

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SMALL GIANTS

Le meraviglie della LAGUNA

GLI ATELIER DI VENEZIA COMBINANO BELLEZZA E LOGICA IMPRENDITORIALE. INSIEME FORMANO UN DISTRETTO DEL LUSSO PER INTENDITORI, ESPRESSIONE DI TRADIZIONI SECOLARI. L’ARTE PIÙ CONOSCIUTA È QUELLA DEL VETRO, MA CI SONO ANCHE STOFFE, GIOIELLI E COSTUMI USATI NELLE GRANDI PRODUZIONI CINEMATOGRAFICHE ITALIANE E STRANIERE

L’abito Delphos di Fortuny.

Cosa succede quando un artista crea un’impresa? Costruisce bellezza. Spariglia le carte, innova, crea manufatti unici nati dalla combinazione dei codici dell’arte con quelli dell’imprenditoria. È nell’atelier, laddove la logica dei piccoli numeri si concilia con la cura del dettaglio, che il pensiero estetico si lascia contaminare dall’audacia di chi imprende. Atelier di cui è disseminata una città come Venezia, così bella da ispirare bellezza, con un passato da dominatrice del mondo, internazionale eppure sempre se stessa: un distretto del lusso per intenditori, non gridato, al riparo dai marchi cari ai nouveaux riches, semmai espressione di un luogo di incanti e di tradizioni secolari. Che vuol dire stoffe, vetri, gioielli, costumi, mestieri antichi di cui è essenziale preservare l’esistenza.

Tra gli atelier brilla Fortuny, intitolato all’omonimo artista nato spagnolo (Granada) e rinato veneziano. Mariano Fortuny approdava a Venezia nel 1898, abitando e operando a Palazzo Pesaro, oggi sede del museo a lui intitolato. Fu pittore, incisore, scenografo, fotografo, innovatore nel campo dell’illuminotecnica, creatore di stoffe per arredamento e abbigliamento. Vestì Sarah Bernhardt, Eleonora Duse, Martha Graham, e pure Albertine, personaggio chiave del romanzo di Proust Alla ricerca del tempo perduto. I tessuti per l’arredamento continuano a essere realizzati sulla base dei disegni originali nella fabbrica alla

delle creazioni

I fratelli Stefano e Daniele Attombri svilupparono una tecnica per infilare a mano le perline su fili di metallo usando i lunghi aghi tradizionali

Giudecca, mentre gli showroom Fortuny in San Marco e Dorsoduro, Monaco e Parigi, espongono lampade, diffusori, capi d’abbigliamento, borse in seta e velluto. Un repertorio, quest’ultimo, prodotto nei laboratori veneziani, da mani veneziane, destinato a scomparire se Lino Lando, cresciuto a pochi metri da Palazzo Pesaro, a partire dagli anni Ottanta non l’avesse rilanciato. Tra questi modelli senza tempo, con motivi classicheggianti e orientali, spicca l’abito Delphos, classe 1909, ispirato a una scultura greca rinvenuta

a Delfi, composto da cinque teli in satin o taffettà di seta, lavorati con una plissettatura realizzata con un processo manuale grazie al quale ottenere fino a 450 pieghe per ogni telo.

Marino Menegazzo (1954), invece, crea foglie d’oro con tecniche tradizionali. È un battiloro in cerca di giovani disposti ad apprendere la raffinata arte che Venezia mutuò da Bisanzio per impreziosire vetri, stoviglie, opere d’arte. Dai 300 battiloro registrati a Venezia nel Settecento, si arrivò all’assoluta scomparsa nel secolo successivo. Nel 1926 Cesare Ravani riaccendeva la fiamma avviando l’attività poi rilevata da Mario Berta, suocero di Menegazzo, che nel 1976 si univa all’impresa di cui oggi è il titolare: la Mario Berta Battiloro. Un lavoro certosino, il suo: basti pensare che per creare una foglia d’oro servono

Una
di Attombri. Nell’altra pagina, Stefano Nicolao con alcuni dei suoi costumi.

Il battiloro Marino Menegazzo.

SMALL GIANTS

otto ore e martelli fra i tre e gli otto chili. Nell’atelier Mbb si lavorano anche argento e altri metalli preziosi, tutti trasformati in sottilissime foglie destinate a decorazione (mosaicisti, vetrai, doratori, pittori, scultori), cosmesi e alta cucina. È nella Venezia di Goldoni, delle maschere, del Carnevale, del primo teatro pubblico accessibile fin dal 1637 pagando il biglietto, che ha preso forma il Nicolao Atelier, dove Stefano Nicolao fino a oggi ha creato 15mila costumi per produzioni cinematografiche e lirico-teatrali. Suoi, per esempio, alcuni costumi di Elisabetta I nel film

Elizabeth (1998) di Shekhar Kapur con Cate Blanchett, così come quelli di Farinelli - Voce regina su disegno di Olga Berluti, vincitrice del David di Donatello. Nel 1980 lavorò sul set del kolossal Marco Polo, spingendosi in Nepal con una sartoria mobile d’alta quota. Ha collaborato alla fornitura e realizzazione dei costumi per i film Casanova e Il mercante di Venezia. Abiti che vengono poi noleggiati per rievocazioni storiche, eventi di gala, feste in costume, serate di gala. Il 2 marzo firmerà la festa carnevalesca Venetian Reflections a Palazzo Labia, in omaggio a Casanova.

L’arte veneziana da primati assoluti è quella della lavorazione del vetro, con vertice in Murano. Attorno a marchi conclamati, da Barovier&Toso a Venini, iDogi, NasonMoretti, si muove una costellazione di piccoli atelier come quello di Alberto Striulli, nome anzitutto associato ai bicchieri esagonali e dai vivaci colori lagunari, arte che si estende a lampadari e oggettistica. Altro maestro vetraio è Cesare Toffolo, a 14 anni già nel laboratorio del padre, a sua volta figlio di un maestro nella fornace Venini. Sono famosi i suoi soffiati e le miniature in vetro di Murano prodotte in esemplari unici, ma anche gioielli con vetro specchiato, a filigrana multicolore, anfore e coppe: opere d’arte finite nei musei.

È proprio dal vetro che trae ispirazione la gioielleria veneziana. Inevitabile per Marina e Susanna Sent, cresciute a Murano, a pane e vetro, abili nel declinare l’arte appresa dai nonni e poi dal padre in gioielli e manufatti d’arte d’una modernità contrassegnata dal minimalismo di elementi trasparenti e dalla fantasia di elementi colorati e vivaci. Si distinguono per gioielli essenziali, d’eleganza gioiosa e fresca, assai veneziana. Attente alla moda e alla tradizione muranese, per il 2025 proporranno oggetti e gioielli con murrine dal design d’ultima generazione.

I fratelli Stefano e Daniele Attombri avviavano invece l’attività di gioiellieri (Attombri) 40 anni fa, quando l’era delle conterie stava volgendo al termine. Acquistarono tutte le scorte di perline, rare e preziose, ottenute tagliando sottilissime bacchette di vetro monocromatico. Mettevano poi in campo una tecnica per infilare a mano le perline su fili di metallo utilizzando i lunghi aghi tradizionali. Le creazioni sono gioielli e accessori che fondono artigianato, moda, design e arti applicate. Altra designer di gioielli con perle veneziane è Marisa Convento, fieramente impiratessa, ovvero colei che infila (impirar sta per infilzare come si farebbe con il piron, la forchetta) con l’aiuto di lunghi aghi e sottili fili per ottenere mazzi di perline vitree di conteria, prodotte per secoli a Murano e pure usate come merce di scambio con i mercati più remoti. F

Small Giants è il progetto di Forbes dedicato alle PMI che si distinguono per innovazione, coraggio e intelligenza.

Il roadshow permette di incontrare imprenditori locali per discutere temi come accesso al credito, internazionalizzazione, sostenibilità e innovazione. Nel 2025, il tour farà 10 tappe in tutta Italia coinvolgendo le principali associazioni di categoria.

Le

strategie di successo iniziano qui

DESIGN

Negli ultimi anni Nemo Group, polo italiano dell’illuminazione guidato da Federico Palazzari, ha vissuto una rapida espansione grazie a una visione olistica del settore e ad acquisizioni intelligenti. E per il 2025 punta a consolidare la presenza a livello internazionale, con investimenti negli Stati Uniti e in Asia

Tutt’altra LUCE

di Valentina Lonati
Federico Palazzari

C“Crediamo che oggi la priorità dell’industria del design debba essere quella di creare e sviluppare nuovi modelli di sostenibilità e di crescita delle aziende e dei gruppi che si sono formati negli ultimi anni”. A dirlo è Federico Palazzari, ceo di Nemo Group, polo industriale a guida italiana che negli ultimi anni ha vissuto una rapida espansione. Il merito è di una visione fondata su un’interpretazione lucida degli scenari presenti e futuri del comparto del design, insieme a una strategia ponderata di acquisizioni. Un approccio che ha consentito a Nemo, fondata nel 1993 e dal 2012 proprietà di Palazzari, di diventare oggi uno dei player centrali dell’illuminazione. Ad alimentare la sua crescita sono state varie acquisizioni: quella dell’azienda torinese Ilti Luce nel 2020, della storica azienda Reggiani nel 2023, e infine dei marchi FontanaArte e Driade nel 2024. Tre aziende – Reggiani, FontanaArte e Driade – che hanno fatto la

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storia del design italiano e che contribuiscono a rendere Nemo Group un polo d’eccellenza. “Queste ultime operazioni non erano programmate, ma sono nate quasi spontaneamente, è stato come raccogliere un fiore nel bosco”, racconta Palazzari. Con la stessa naturalezza procede il percorso di crescita organico e costante del gruppo. “Quando abbiamo iniziato, non avevamo un piano predefinito, ma la capacità di navigare con flessibilità ci ha sempre guidati verso nuove opportunità”.

Con quattro aziende nel settore dell’illuminazione – Nemo Lighting, Ilti Luce, Reggiani e FontanaArte - e una nel mobile, Driade, oggi Nemo Group rappresenta un caso atipico rispetto ai gruppi supportati da fondi d’investimento. Una struttura che, secondo Palazzari, offre grande libertà di gestione, permettendo di adottare un modello snello ed efficiente che pone al centro le persone. “È un paradigma che ci permette di essere liberi. Il nostro obiettivo è quello di rendere le aziende autonome e sostenibili identificando un nostro modello di gestione e investendo sulle persone”.

Una filosofia che si traduce in una forte enfasi sulla crescita interna,

con percorsi mirati a formare nuove professionalità. Il risultato è che oggi Nemo Group conta poco meno di 300 dipendenti nel mondo, un fatturato consolidato di circa 70 milioni, tre stabilimenti produttivi e filiali in Francia, Scandinavia, Stati Uniti, Medio Oriente e Cina. “Le aziende dovrebbero impegnarsi molto di più nella formazione di una classe di manager specifica dedicata al mondo del design, in grado di gestire l’azienda in modo trasversale, con capacità che comprendono soprattutto l’autonomia nelle decisioni sullo sviluppo dei prodotti”, prosegue Palazzari.

L’acquisizione di Driade, marchio storico del design, è stata un’occasione per riflettere non solo su come creare nuove strutture organizzative del gruppo, ma anche su come gestire un portafoglio diversificato. “Inizialmente l’idea era quella di rivendere rapidamente l’azienda, ma l’incontro con i prodotti e le persone di Driade ha cambiato il corso degli eventi. Mi sono accorto di quanto fosse interessante lavorare con volumi e materiali diversi rispetto a quelli dell’illuminazione. Alla fine,

Alcune creazioni di Driade. Sotto, una lampada da esterni di Ilti Luce. Nell’altra pagina, in alto una lampada da tavolo di FontanaArte, in basso una di Nemo.

è come se Driade fosse sempre stata parte del nostro gruppo”. Un’apertura alla novità che permette al gruppo di ampliare i propri orizzonti e acquisire nuove competenze. “Mi piace paragonare la nostra realtà a quella di una casa editrice. C’è un grande lavoro nella selezione degli autori, c’è la cura del processo di creazione del prodotto, c’è la riedizione dei grandi classici del design. È un po’ come se diventassimo una biblioteca, dove il cliente sceglie il prodotto che risuona meglio con ciò di cui ha bisogno”.

Per il 2025 Nemo Group punta a consolidare la propria presenza internazionale, con investimenti mirati negli Stati Uniti e in Asia, ma anche a rafforzare le basi costruite negli ultimi anni. “Mi piacerebbe che avvenisse una sorta di colonizzazione del design italiano nel mondo. Parlo soprattutto di valori: vorrei che ci fosse un trasferimento dei valori culturali del design italiano verso altre nazioni. Ci vorranno generazioni per farlo, ma pazienza. Noi ci stiamo lavorando, piano piano”. F

QQuella di Turri è una storia che si dipana tra le pieghe di una felice crasi tra la fedeltà alle proprie radici e l’apertura al cambiamento. Azienda familiare specializzata nell’arredo su misura, animata da una forte vocazione artigianale, Turri ha infatti saputo esportare il proprio saper fare nel mondo, posizionandosi come piccola realtà d’eccellenza del made in Italy.

Fondata nel 1925 da Pietro Turri a Carugo, in Brianza, dal 2007 è guidata da Andrea Turri, che l’ha sapu-

LA MISURA DEL BELLO

Fondata nel 1925 a Carugo, in Brianza, Turri è un’impresa familiare specializzata nell’arredo personalizzato. Dal 2007 è guidata da Andrea Turri, che ha saputo traghettare l’azienda verso la contemporaneità grazie anche a collaborazioni di successo e a un forte impegno nel settore contract

ta traghettare verso la contemporaneità dando impulso all’espansione globale del brand. Un percorso non sempre facile. “Quando ho preso le redini dell’azienda mi sono trovato ad affrontare una situazione complessa: Turri era frammentata in diverse gestioni. Ho lavorato molto per unificarla, dando vita a un piano strategico mirato”, spiega Andrea Turri

Una sfida, quella di unificare la gestione, preservare l’anima artigianale del marchio e proiettarlo in una dimensione contemporanea e globale, che Turri ha affrontato impegnandosi parallelamente su più fronti. “La mia visione è stata quel-

la di mantenere viva la tradizione delle nostre collezioni, il lusso che ci aveva resi celebri, e al contempo introdurre una nuova linea di prodotti contemporanei per attrarre una clientela più moderna ed esigente. Il successo di queste collezioni ha confermato che stavamo andando nella direzione giusta”, spiega. Ad accompagnare la transizione verso uno stile più moderno e contemporaneo è stata la collaborazione con alcune firme internazionali di rilievo nel mondo del design e dell’architettura, tra cui Paola Navone, Monica Armani, Giuseppe Viganò, Matteo Nunziati e Toan Nguyen. “Queste collaborazioni ci

hanno permesso di reinterpretare i nostri valori distintivi in chiave contemporanea, mantenendo intatta l’essenza artigianale che contraddistingue il marchio Turri, e di posizionarci con successo in un panorama globale in continua evoluzione. Inoltre, in occasione del prossimo Salone del Mobile, stiamo sviluppando nuove e rilevanti collaborazioni”.

Accanto al lavoro sull’autorialità, Turri ha affiancato un forte impegno nel settore contract. “Un altro passo fondamentale è stato l’ampliamento della nostra presenza nel mercato del contract. Il mio obiettivo era rendere Turri un punto di

di Valentina Lonati

riferimento in questo settore, offrendo soluzioni chiavi in mano completamente personalizzate. Questo ci ha aperto le porte di progetti straordinari: dalle ville private ai boutique hotel, dagli edifici governativi agli yacht di lusso”. L’apertura del nuovo stabilimento produttivo a Briosco (Mb), nel 2013, ha rappresentato poi un momento importante nella storia dell’azienda. “Negli anni ho realizzato uno dei sogni che avevo a cuore: inaugurare una nuova sede capace di rappresentare al meglio i valori del nostro brand”. Ma è stato con l’acquisizione del marchio da parte di Dexelence nel 2023 che è arrivato a un punto di svolta interessante per il futuro. “Ha rappresentato per noi un passo strategico fondamentale per espanderci con ancora maggiore forza a livello globale. Avere alle spalle un gruppo finanziario con una visione imprenditoriale così solida ci fornisce non solo il supporto strategico necessario per cogliere nuove opportunità, ma anche le risorse finanziarie indispensabili per affrontare con successo le sfide di un mercato sempre più competitivo e dinamico”.

Nonostante il contesto competitivo, Turri ha registrato una crescita costante negli ultimi anni. Nel 2023 il fatturato ha raggiunto circa 30 milioni di euro, con un ebitda in linea con l’anno precedente. Nel 2024 la crescita è stata trainata dal settore contract, confermando la validità delle scelte strategiche intraprese. “Nel tempo abbiamo saputo trovare un equilibrio tra la tradizione che ci rende unici e la capacità di rispondere alle tendenze e alle esigenze di una clientela globale. È stato un percorso impegnativo, ma anche profondamente gratificante, che ha rafforzato la nostra identità e il nostro posizionamento nel settore”. Per il 2025, anno del centenario dell’azienda, Turri prosegue il suo percorso di espansione all’estero.

“Il nostro fatturato proviene per l’85% dai mercati fuori
dall’Europa. I principali sono
Cina, India e Medio Oriente”

“Il nostro fatturato proviene per l’85% dai mercati fuori dall’Europa, che rappresentano il cuore della nostra attività. I nostri mercati principali sono la Cina, l’India e il Medio Oriente, dove abbiamo consolidato una presenza importante. Ora, però, stiamo guardando con grande interesse agli Stati Uniti, un mercato strategico sul quale puntiamo molto per il prossimo anno. Nelle prossime settimane inaugureremo a New York il primo showroom. Siamo convinti che ci siano grandi opportunità di crescita e intendiamo investire per rafforzare la nostra presenza e il nostro brand oltreoceano”. F

Forbes Italian Excellence è il progetto multimedia di Forbes Italia dedicato alla scoperta dell’imprenditorialità artigianale, agrticola e del commercio.

Luglio Cosenza

Il roadshow è pensato non solo per le PMI regionali, ma anche per mettere in luce i settori di eccellenza italiani, come la gastronomia, il vino, l’artigianato made in Italy e il turismo Nel 2025, il tour toccherà 10 città in tutta Italia, coinvolgendo le principali associazioni di categoria.

Scopri di più sulle tappe del 2025

Dicembre Roma

Coltivare l’arte

Tra le vigne o in cantina, sulle etichette o nei parchi dedicati, ecco come musica, pittura, scultura hanno fatto dei patron di grandi marchi di vini veri mecenati. Che istituiscono premi, sostengono giovani promesse, creano bellezza. Un investimento in eccellenza che rende onore al loro lavoro

di Susanna Tanzi di Susanna Tanzi
L’omaggio di Dom Pérignon a Jean-Michel Basquiat.

L’opera handandland, realizzata dall’artista siciliana Irene

premio Scultura Ca’ del Bosco. Sotto, Egg Concept

fragilità dell’essere umano, esposta nella sede della cantina in Franciacorta.

UUn’attenzione speciale per le opere e gli artisti che meglio rappresentano l’eccellenza, che si tratti di brani musicali, sculture da collezione, lavori pensati ad hoc per le loro cantine, i parchi che le circondano, finanche le vigne. È ormai una tendenza consolidata quella di esprimere, attraverso forme di mecenatismo, la bellezza e la ricerca di perfezione dei prodotti che escono dalle migliori cantine d’Italia e di Francia. Un investimento che rende, soprattutto in termini di immagine, come dimostrano sia le edizioni speciali, sia le collezioni selezionate da Forbes. Attratta dalle assonanze con l’universo di Jean-Michel Basquiat, Dom Pérignon ha reso omaggio all’artista newyorchese con un’edizione speciale del Vintage 2015, simboleggiata da un tête-à-tête grafico e concettuale che sovrappone lo scudo, emblema della Maison, e la corona a tre bracci, dichiarazione e firma dell’artista newyorkese. Una celebrazione di-

Coppola (nella foto a sinistra),
di Spirito Costa, inno alla

La Collezione Peggy Guggenheim a Venezia, sostenuta tra gli altri da Villa Sandi. Sotto, il coffret Ruinart trasformato dall’artista anglofrancese Sophie Kitching (nella foto a destra) con motivi che richiamano la flora e la fauna delle Maldive.

ventata installazione artistica molto ammirata nelle vetrine della Rinascente di Milano a dicembre, nonché aperitivo ricercato che ha convinto una clientela selezionata al ristorante Majo all’ultimo piano dello store, con splendida vista sulle guglie del Duomo. L’omaggio di Dom Pérignon a Basquiat si è concretizzato in un’edizione speciale di coffret e bottiglie di Vintage 2015. Il design è stato immaginato secondo il principio dell’assemblaggio, fondamentale sia per l’azienda che per l’artista. La tribute collection si arricchisce di un pezzo unico, in edizione di otto esemplari, destinato agli intenditori di grandi annate e agli amanti dell’arte.

Da sempre in prima linea tra i grandi appassionati di opere d’avanguardia, a iniziare dai lupi azzurri che accolgono i visitatori sul tetto della cantina a Erbusco, leader nella produzione in Franciacorta, fino alle installazioni disseminate nella tenuta, Maurizio Zanella, presidente di Ca’ del Bosco, ha ribadito il suo credo nella triade vino, arte, cultura ‘accendendo’ a fine novembre handandland,

ANDREA SARTI

l’opera dell’artista siciliana Irene Coppola, vincitrice della prima edizione del Premio scultura Ca’ del Bosco riservato a grandi sculture da esterni per artisti under 40, entrata così a fare parte di diritto della collezione della cantina. Il legame con l’arte è nato con Zanella alla fine degli anni Settanta per sottolineare il legame tra vino e creatività. Entrambi sono il risultato di un’unione magica tra natura, pensiero, anima e sensi. Ecco perché a Ca’ del Bosco si accede dal Cancello Solare, opera commissionata ad Arnaldo Pomodoro nel 1985, una struttura circolare di cinque metri di diametro che si apre in due semicerchi di 25 quintali di bronzo ciascuno. Ed è solo l’inizio di una galleria d’arte diffusa che dialoga, interno ed esterno, con opere di artisti come Mimmo Paladino, Zheng Lu, Stefano Bombardieri e Tsuyoshi Tane.

Il sostegno a Guggenheim

Un’altra cantina italiana che si distingue per l’appoggio alle arti è Villa Sandi, l’azienda vitivinicola che produce vini e Prosecco Docg e Doc in Veneto e in Friuli Venezia Giulia. Grazie all’impegno e alla passione dei proprietari, la famiglia Moretti Polegato, Villa Sandi conferma il proprio impegno culturale e il legame con Venezia sostenendo

Krug Les Créations de 2011 sono state interpretate dal pianista, produttore e compositore Dario Faini, in arte Dardust.

con passione programmazione e iniziative della Collezione Peggy Guggenheim, tra le più prestigiose istituzioni d’arte moderna a livello internazionale, con l’adesione al progetto Guggenheim Intrapresæ, di cui fanno parte aziende di fama internazionale. La collaborazione è stata l’occasione per celebrare i 40 anni dall’apertura al pubblico di Villa Sandi, storico edificio di scuola palladiana tra le colline della Marca Trevigiana. Dopo un restauro durato anni, è stata tra le prime realtà italiane ad accogliere visitatori esterni, promuovendo l’arte e la bellezza come parte della propria identità. Il risultato? Lo scorso anno la cantina ha tagliato il traguardo delle 500mila visite, confermando il proprio ruolo di ambasciatrice di cultura, arte e sapori. Villa Sandi è nella Top 100 della World’s Best Vineyards, classifica che premia le più belle aziende vitivinicole che le persone dovrebbero visitare almeno una volta nella vita.

Acquerelli e musica

La passione per l’arte, l’impegno per la sostenibilità e la natura sono i valori che uniscono Ruinart, la più antica maison de Champagne al mondo, e Joali Maldives, resort nell’atollo di Raa. Dalla sua fondazione nel 1729 la mai-

son è legata al mondo dell’arte, avendo commissionato nel 1896 all’artista Alfons Mucha, futuro esponente dell’Art Nouveau, il primo manifesto pubblicitario nella storia dello Champagne. Allo stesso modo, dal 2018 Joali Maldives ha ridefinito il concetto di ospitalità di lusso, ponendo l’arte al centro della sua identità: attraverso collaborazioni con artisti di fama internazionale, il resort è diventato il primo tempio di arte immersiva, dove lusso e creatività si incontrano. Per il 2025, Joali Maldives ha scelto di collaborare con l’artista anglo-francese Sophie Kitching, nota per le sue opere multidisciplinari. Kitching utilizza materiali naturali come olio, acquerelli e foglia d’oro per dare vita a opere dal forte legame con la natura. Per l’occasione è stata chiamata a reinterpretare l’innovativo packaging ‘second skin’ di Ruinart, il rivoluzionario coffret realizzato al 100% in fibre di legno naturale e completamente riciclabile. Ispirato al design delle emblematiche crayères della maison a Reims, il packaging è stato trasformato dall’artista attraverso motivi che richiamano la flora e la fauna delle Maldive: piante native, aironi grigi, coralli vivaci e pesci tropicali, arricchiti da dettagli in foglia di rame-zinco.

Anche Krug ogni anno dice la sua in ambito artistico, con la creazione di brani di grandi artisti che traducono in musica la loro percezione della nuova edizione di Krug Grande Cuvée, aprendo le porte a nuove sfumature, in una sinfonia del gusto e dell’opera stessa. Protagonista del Krug Music Pairings 2024 per i due champagne Les Créations de 2011, Dario Faini, in arte Dardust, uno dei pianisti più influenti della sua generazione. Apprezzato in eventi di portata internazionale come le Olimpiadi, il Superbowl, l’All Star Game della Nba, senza contare le performance dal

Il vassoio di pietra lavica dipinto a mano firmato dalla

designer catanese Magda Masano (nella foto) per il decimo anniversario di Amaro Amara.

vivo in tutto il mondo, come autore vanta un gran numero di hit in Italia, con oltre 70 dischi di platino in dieci anni di carriera. Due le composizioni che hanno contraddistinto la collaborazione Krug-Dardust per la confezione speciale che racchiude due espressioni realizzate attorno a un’unica vendemmia: lo champagne Krug 2011 e il Krug Grande Cuvée 167ème Édition.

Pietra lavica da collezione

E come si termina una cena annaffiata da ottimi vini, così Amara conclude questa panoramica di eccellenze legate all’arte. Per celebrare l’artigianalità siciliana e per il decimo anniversario del suo amaro - il liquore siciliano nato dall’incontro tra l’arancia rossa di Sicilia Igp e il suolo vulcanico dell’Etna - è stata chiamata Magda Masano, designer catanese. A lei si deve il nuovo special pack Lavastone, un raffinato vassoio in pietra lavica dipinto a mano. Ogni oggetto è unico, interamente realizzato a mano, ed è il simbolo del legame profondo tra il territorio etneo e l’artigianalità siciliana, che sa esaltare la materia vulcanica in ogni sua forma. F

La National Gallery di Locatelli

Dopo la chiusura del suo storico ristorante nella City di Londra, apre un locale in umo dei musei più prestigiosi del mondo. “Era il momento di un nuovo inizio”, dice lo chef, che prepara una proposta “democratica” e “adeguata a una struttura da sette milioni di visitatori l’anno”

SSe non è un’eresia definire la cucina italiana un’opera d’arte, non c’è alcuna sorpresa nel vedere che uno dei massimi interpreti contemporanei dell’italian style ai fornelli trova posto proprio all’interno di una galleria d’arte. Ed è così che, dopo oltre 20 anni di successi e riconoscimenti internazionali nel cuore della City londinese, lo chef lombardo Giorgio Locatelli ha deciso di aprire un nuovo ristorante all’interno della National Gallery, a Trafalgar Square. Uno spostamento di poco più di due chilometri e mezzo rispetto al palazzo che ospitava la Locanda Locatelli, il ristorante stellato Michelin che ha chiuso ufficialmente le porte alla fine del 2024. Ma allo stesso tempo un momento di grande cambiamento per lo chef, diventato personaggio televisivo grazie al ruolo di giudice nelle ultime edizoni di Masterchef

“Si tratta di un progetto molto ambizioso che aprirà a maggio e si articolerà in tre differenti esperienze gastronomiche che uniranno l’eccellenza culinaria italiana alla bellezza dell’arte, in una delle culle più prestigiose della cultura mondiale, peraltro diretta dall’italiano Gabriele Finaldi”, racconta Locatelli. “Il locale sorgerà in una struttura ridisegnata all’interno della Sainsbury Wing, con una vista incredibile, 27 metri affacciati su Trafalgar Square da cui vediamo il ‘di dietro’ dell’ammiraglio Nelson. Vi troveranno posto un ristorante fine dining da 90-95 coperti, un members club dedicato a coloro che hanno donato le proprie opere alla National Gallery e un espresso bar che servirà sia il caffè, grazie a un toaster locale, sia i maritozzi dolci e salati, come alternativa al classico sandwich. Gli spazi saranno impreziositi da opere d’arte: un artista a rotazione potrà sistemare una propria scultura e un’intera parete

Giorgio Locatelli

National Gallery ospita 7 milioni di visitatori l’anno: per Locatelli una nuova sfida.

ospiterà un dipinto di 17 metri di Paola Rego, artista portoghese ospite per un decennio della National Gallery e autrice del Crivelli’s Garden”.

A 62 anni, spiega lo chef, “era il momento di un nuovo inizio. La Locanda Locatelli è stata una parte fondamentale della mia vita, un luogo in cui ho potuto esprimere la mia visione della cucina e condividere momenti indimenticabili. La volontà di proseguire quest’avventura nella storica sede di Seymour Street non ha trovato convergenza di intenti con la proprietà dell’immobile, e ora è giunto il tempo di concentrare le energie su altri progetti”. Rispetto al precedente capitolo cambierà molto, a partire dal nome: via ‘Locanda’, resterà soltanto il nome ‘Locatelli’ legato alla National Gallery. Non ci sarà più il menù degustazione, che lo chef vuole sostituire con un’offerta più veloce. “Se alla Locanda cucinavamo per una clientela con alta capacità di spesa, qui cerche-

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remo di fare qualcosa di più democratico, ci concentreremo su qualcosa di più adeguato a una struttura che ospita sette milioni di visitatori l’anno. Naturalmente resteranno in carta alcuni miei piatti signature, così come rimane invariata la mano che negli ultimi decenni ha portato a Londra ingredienti identitari della cucina italiana di qualità. Di sicuro continueremo a rappresentare il made in Italy in tutte le sue sfaccettature, e, dal momento che il museo ospita a rotazione mostre di diversi grandi maestri, non è escluso che nel cambio menù io mi lasci ispirare dall’artista presente in quel momento”. Per lo chef, la chiusura della Locanda non segna solo l’inizio di una nuova avventura ai fornelli: nel suo futuro è prevista l’espansione nel campo della consulenza culinaria, mettendo a disposizione la sua esperienza per supportare ristoratori e imprenditori nell’apertura e nella gestione di nuovi locali, sempre con gran-

La

de attenzione all’innovazione e alla qualità. “Abbiamo iniziato a Dubai e adesso abbiamo consulenze alle Bahamas e a Cipro. Probabilmente ne terremo alcune anche a Londra”. Locatelli si dedicherà anche alla formazione di giovani talenti della ristorazione, offrendo opportunità di apprendimento e sviluppo. “Già da qualche tempo introduco la cucina italiana al Westminster College o alla Royal Academy of Culinary Art per espandere il curriculum italiano nelle scuole alberghiere inglesi”, spiega lo chef, che ha ‘adottato’ una scuola nella zona in cui abita, dove fa lezione ai bambini. “Mi piacerebbe che la cucina italiana vedesse aumentare il proprio peso rispetto alle influenze francesi, a partire da un semplice concetto: vorrei far capire ai giovani chef inglesi che non esiste una sola cucina italiana, bensì 20 espressioni territoriali, corrispondenti alle diverse regioni, frutto di microclimi e tradizioni diverse”.

Un aspetto fondamentale del nuovo percorso di Locatelli sarà il suo maggiore coinvolgimento nel mondo della solidarietà, proseguendo nel suo impegno verso cause umanitarie e sociali. “Continuerò a collaborare con diverse organizzazioni benefiche per promuovere progetti di inclusione sociale, alimentazione sostenibile e supporto alle comunità più vulnerabili”, spiega. “È il caso della Refugee Community Kitchen, che si prende cura della ‘Jungle’ a Calais, o del Felix Project iniziato con Massimo Bottura a Kensington. Ora che ho chiuso la Locanda Locatelli, le pentole e i piatti sono andati ai bisognosi”. Ma non è solo beneficenza: “Porto i miei ragazzi una volta a settimana a far volontariato, perché così scoprono il significato della cucina da una prospettiva diversa. Credo che quando si parla di dare da mangiare, tanto chi lavora in un ristorante tre stelle Michelin quanto chi cucina per gli anziani in una casa di riposo sia parte dello stesso mondo, condivida un elemento comune. Uno non è migliore dell’altro”. Originario della provincia di Varese, Locatelli si è trasferito da tempo nel Regno Unito, dove vive con la moglie britannica Plaxy Exton, e nella sua carriera ha alternato la cucina stellata alla tv, lavorando anche ad alcuni documentari della Bbc per il programma Italy Unpacked, oltre a pubblicare diversi libri. Dopo 22 anni, con l’apertura del nuovo ristorante arriva il momento di guardarsi indietro e

Giorgio Locatelli è giudice dell’edizione italiana di Masterchef.

tracciare un bilancio: “Di questi anni mi rimane il ricordo della gente con cui ho lavorato. Dalla mia cucina sono passati ragazzi che ho visto crescere e farsi strada con carriere incredibili. Penso a Valentino Cassanelli, oggi chef stellato al Lux Lucis di Forte dei Marmi, a Matteo Giorgi, executive al Beef Bar di Montecarlo, a Elena Reygadas, Michele Carbotti, Gianluca Spiga, Ilaria Rimessi e Francesco Stara. Porterò sempre nel cuore il valore della collaborazione con chi è venuto a Londra dall’Italia: soprattutto prima della Brexit avevamo un gran flusso di ragazzi provenienti sia dalle grandi città che dai piccoli centri”. F

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Lusso in alta quota

Aperto nel 2023, il boutique hotel Grace La Margna di St. Moritz è un mix fra la tradizione dell’ospitalità storica della località svizzera e il design moderno. “Offriamo un’esperienza intima, dove ogni ospite si sente valorizzato e a casa propria”, dice il general manager David Frei

L’L’Engadina è una delle destinazioni più affascinanti delle Alpi svizzere: Hermann Hesse la descrisse come “il paesaggio montano più bello che io conosca”. Tra le sue valli spettacolari e le montagne innevate, St. Moritz emerge come una delle località più prestigiose, simbolo di lusso, eleganza e tradizione. Entrare a St. Moritz è suggestivo: il borgo si affaccia su un lago che, a seconda della stagione, si trasforma in una superficie ghiacciata perfetta per eventi e sport invernali. Questa perla alpina non è solo un rifugio per gli amanti dello sci e delle attività outdoor, ma è una località esclusiva dove glamour, sport, natura e cultura si fondono. Famosa per gli eventi internazionali e una gastronomia di alto livello, ha sei hotel di lusso e una via dello shopping di pregio. Culla del turismo invernale, è stata sede delle Olimpiadi invernali (nel 1928 e 1948) e di diversi campionati mondiali di sci e bob. È in questa cornice che sorge il boutique hotel Grace La Margna. Situato in una posizione privilegiata, permette agli ospiti di immergersi nel panorama della località svizzera. “L’hotel offre una vista sul lago di St. Moritz e sulle montagne circostanti. La sua vicinanza alla stazione

ferroviaria e al centro città lo rende un rifugio comodo e tranquillo per gli ospiti”, dice David Frei, general manager dell’hotel.

Aperto nel 2023, il Grace La Margna è il mix tra la tradizione dell’ospitalità storica della località e il design moderno. Immerso nella natura dell’Engadina, è il risultato di un progetto di restauro che ha ridato vita a un edificio storico, abbinato alla costruzione di una nuova ala. “Il nostro hotel unisce magnificamente il fascino storico con la raffinatezza contemporanea. L’edificio originale, progettato da Nicolas Hartmann nel 1906, conserva il suo carattere Art Nouveau, integrandosi armoniosamente con i comfort moderni. Gli imponenti pilastri in granito di Soglio, con originali ornamenti e colori audaci, creano un punto focale straordinario che incarna la ricca eredità dell’hotel”, ha sottolineato Frei. Il design, curato dallo studio Divercity Architects e dalla designer Carole Topin, ha mirato a creare un ambiente che mescola con armonia il classico e l’innovativo, offrendo un concetto di ospitalità dinamico

e raffinato. Con 74 camere e suite che godono di vista sul lago o sulle montagne, l’hotel si propone come destinazione ideale per chi cerca un’esperienza esclusiva in ogni stagione.

La proposta gastronomica comprende il N/5 –The Bar, guidato dal master mixologist Mirco Giumelli, il The View, con cucina mediterranea d’autore, e la Stüvetta Moritz, il luogo che celebra la gastronomia svizzera. “Grace La Margna soddisfa una vasta gamma di gusti e riflette il nostro impegno nel proporre sapori eccezionali in ambienti unici e memorabili”, ha spiegato Frei.

A dicembre ha aperto anche il Beefbar, marchio fondato nel 2005 da Riccardo Giraudi che ha oltre 40 sedi in tutto il mondo e si è affermato come un riferimento per gli appassionati della carne. “Siamo nel posto giusto”, ha dichiarato Giraudi, “il nostro è un brand adatto a una location come St. Moritz. Era logico aprire qui perché Beefbar qui è conosciuto ed è un riferimento per il lifestyle”.

Il menu di Beefbar spazia tra carni selezionate da tutto il mondo, piatti di pesce e opzioni vegetariane, il tutto accompagnato da una raffinata carta di vini e cocktail. Il ristorante si distingue per il suo approccio alla gastronomia, che unisce qualità e innovazione in un contesto accogliente. Il design moderno di Humbert & Poyet, con ampie vetrate che offrono viste sulle Alpi, completa l’esperienza, creando un’atmosfera unica per ogni occasione. “Di solito”, ha proseguito Giraudi, “proponiamo piatti inediti per ogni location: qui a St. Moritz presentiamo una carne frollata con una tecnica di dry aging esclusiva, ricette con il

Una stanza del Grace La Margna. Sotto, il N/5 - The Bar. Nell’altra pagina, in alto l’esterno dell’albergo, in basso il general manager David Frei.

vitello svizzero e un carpaccio di Wagyu eccezionale”. Il segreto di Beefbar? “Il successo è arrivato quando abbiamo deciso di prendere le migliori carni al mondo per proposte di street food, in una location che non è rigida, ma in cui è possibile divertirsi”.

Completano l’offerta del Grace La Margna The Living Room e The Spa, che con i suoi 700 metri quadrati diventa il punto di riferimento per il relax nell’Alta Engadina. “Le nostre offerte di spa e benessere sono elevate da collaborazioni con marchi innovativi e all’avanguardia come myBlend, che offrono trattamenti su misura per le esigenze individuali. L’atmosfera serena e i terapisti esperti garantiscono un’esperienza rigenerante dopo una giornata sulle piste o esplorando l’Engadina”, ha aggiunto Frei. Per le famiglie ci sono il Kids Club, progettato da MyLittleRoom, e i servizi dedicati ai più piccoli, insieme alla palestra TechnoGym. Inoltre l’hotel offre una terrazza panoramica ideale per aperitivi con vista e un servizio sci completo, grazie alla collaborazione con Ski Service Corvatsch.

“A differenza delle strutture più grandi, Grace garantisce un’esperienza intima e boutique, dove ogni ospite si sente valorizzato e a casa propria, rendendolo un rifugio perfetto per chi cerca esclusività”, ha aggiunto Frei. “Scegliendo il Grace La Margna, non si sceglie semplicemente un luogo dove soggiornare; si opta per una destinazione che incarna lo spirito di St. Moritz con eleganza, autenticà, attenzione ai dettagli e passione”. F

FORBES

Il nuovo volto di Bolgheri

Il successo di Tenuta Argentiera, ceduta nel 2016 dopo i molti riconoscimenti internazionali, ha spinto la famiglia Fratini a ripartire con 1.000 ettari che si avvalgono di professionisti di fama mondiale

LLa famiglia Fratini si pone come nuovo volto nel panorama che celebra Bolgheri, una delle regioni vinicole più prestigiose della Toscana. Dopo il successo di Tenuta Argentiera, venduta nel 2016 dopo aver ottenuto riconoscimenti internazionali, il nuovo capitolo si chiama Tenuta Fratini. Estesa su 1.000 ettari, di cui 28 dedicati alla viticoltura, l’azienda punta a interpretare il territorio grazie a una squadra di professionisti di fama mondiale, tra cui Eric Boissenot ed Emiliano Falsini.

L’innovazione sta nell’estrema precisione nella mappatura dei suoli. Le scelte agronomiche e tecniche sono il frutto di una visione collettiva che coinvolge esperti come Pedro Parra, Nelson Muñoz Jara e Xavier Choné, che integra tradizione artigianale e tecnologia all’avanguardia. Grazie a questi studi l’azienda ha deciso di investire in vigne con suoli particolarmente poveri, ricchi di sasso, sulle colline metallifere a circa due chilometri dal mare. Una gestione meticolosa del terroir permette a Tenuta Fratini di produrre vini che incarnano un’anima di Bolgheri innovativa, mediterranea, spesso balsamica e con note di salmastro ed erbe spontanee e un palato compatto e slanciato. In cantina si privilegia il cemento non vetrificato per fermentazioni spontanee, seguito dall’uso di barrique francesi a grana fine e bassa tostatura, che garantiscono una maturazione equilibrata e rispettosa delle caratteristiche varietali. Il successo di Tenuta Fratini si basa su tre pilastri: territorio, innovazione ed eccellenza produttiva. Valorizzare il terroir con una scelta oculata di posizione, altitudine e distanza dal mare è una delle chiavi del successo, secondo Davide D’Alterio, direttore della tenuta. Bolgheri, con i suoi 1.370 ettari vitati, si distingue per l’elevato valore medio dei suoi vini. Secon-

La tenuta della famiglia Fratini. Nell’altra pagina, i suoi tre vini Clinio, Harte e Hortense.

do la visione di Fratini, la capacità di selezionare i suoli più poveri e di escludere zone sabbiose o troppo produttive rappresenta una delle chiavi fondamentali per garantire qualità ed eccellenza.

La produzione si distingue per tre etichette di grande personalità, ognuna in grado di rappresentare un’espressione unica del territorio bolgherese.

Hortense – Bolgheri Superiore

Uvaggio: 80% Cabernet Franc, 20% Cabernet Sauvignon

Produzione: 2.850 bottiglie

Prezzo: 300€ circa

Considerato il grand vin della tenuta, Hortense si distingue per profondità e complessità, esprimendo più un pensiero di territorio che una semplice somma di elementi. Al naso emergono note di grafite, violetta secca, e aromi di macchia mediterranea come salvia e garrigue. Il sorso è lineare e vibrante, con un’acidità fresca e una struttura tannica vellutata. Il finale, lungo e persistente, regala sensazioni tostate e un accenno di rabarbaro. È inconfondibile e impossibile da collocare ‘alla cieca’ in altri contesti.

Harte – Bolgheri Superiore

Uvaggio: 72% Cabernet Franc, 21% Cabernet Sauvignon, 7% Merlot

Produzione: 3.900 bottiglie

Prezzo: 150€ circa

Harte nasce dalle vigne che non rientrano nel blend di Hortense, ma che mantengono una forte identità territoriale. Al naso si presenta complesso, con note di grafite, caffè, ribes nero, e un tocco balsamico. In bocca, la freschezza e l’acidità vivace si combinano con tannini mediamente strutturati e una leggera piccantezza finale. Denso e compatto, Harte rappresenta l’anima più audace e indisciplinata della tenuta, un vino che stupisce per la sua ampiezza e profondità.

Clinio – Igt Toscana

Uvaggio: 45% Merlot, 40% Cabernet Franc, 15% Cabernet Sauvignon

Produzione: 17mila bottiglie

Prezzo: 60€ circa

Clinio, dedicato alle vigne più giovani, offre un’interpretazione accessibile ma elegante dello stile della tenuta. Al naso spiccano sentori di mirtillo, ribes rosso e una nota di cetriolo, accompagnati da sfumature di erbe officinali. Al palato, l’acidità fresca e i tannini maturi conferiscono equilibrio, mentre il finale, aromatico e fragrante, richiama la violetta secca. È un vino che unisce la forza della tradizione alla vitalità delle nuove annate.

Tenuta Fratini si distingue opponendosi alla tendenza di standardizzazione del bolghere-

se, con vini che celebrano l’altitudine e la posizione privilegiata, dimostrando che il vero successo deriva dall’autenticità del terroir. Il filo conduttore tra i vini di Fratini è l’abilità di estrarre le note floreali e silvestri, sottolineando il carattere mediterraneo e unico. Con un potenziale produttivo di 100mila bottiglie, la tenuta ha la mission di diventare il prossimo iconic wine italiano. F

“Mettere un supercomputer per l’intelligenza artificiale sulla scrivania di ogni data scientist, ricercatore di IA e studente consentirà a queste persone di partecipare e dare forma all’era dell’intelligenza artificiale”. Così l’amministratore delegato di Nvidia, Jensen Huang, ha presentato un nuovo supercomputer delle dimensioni di un libro, molto spartano, che promette di dare una spinta allo sviluppo dell’IA per il business. Si chiama Digits, è dedicato all’intel-

Al Consumer Electronic Show di Las Vegas Lenovo ha annunciato tre nuovi notebook per l’utenza business. Tra questi, il più sorprendente è il ThinkBook Plus Gen 6 Rollable con schermo Oled arrotolabile. Il dispositivo arriva dopo anni di test e di sviluppo: lo abbiamo visto sotto forma di concept circa due anni fa. Ha uno schermo Oled flessibile che si allunga grazie a un piccolo motore integrato nella cerniera, che arrotola e apre il pannello. La diagonale è 14”, risoluzione 2000 × 1600 pixel quando chiuso, mentre aperto diventa da 16,7 pollici, risoluzione 2000 × 2350 pixel. Il meccanismo che amplia lo schermo può essere attivato con un pulsante oppure posizionando la mano davanti alla webcam. Il notebook integra i processori Intel Core Ultra 200V, quindi è un Copilot+ Pc. Memoria fino a 1 terabyte, altoparlanti stereo, jack audio, connettività Wi-Fi 7 e Bluetooth 5.4, lettore di impronte digitali e batteria da 66 Wh.

ligenza artificiale e costerà tremila dollari. Il mini pc contiene il ‘superchip’ Nvidia GB10 Grace Blackwell, ottimizzato per accelerare i calcoli necessari all’addestramento e all’esecuzione di modelli di IA, ed è dotato di 128 gigabyte di memoria unificata. Nel 2024 Nvidia ha aumentato il suo valore di duemila miliardi di dollari. Digits sarà il più potente hardware di consumo offerto dall’azienda, che ha già una gamma di chipset

La prima cosa da dire è che tutti i servizi di Google, a cominciare dalle mappe, funzionano perfettamente e sono scaricabili senza complicazioni, a differenza di qualche modello Huawei precedente. Il Mate X6 offre numerose innovazioni, grazie a un’architettura distribuita che migliora le impostazioni di rete, il sistema di raffreddamento e la durabilità complessiva. Il vetro Kunlun Glass di seconda generazione per lo schermo esterno, una piastra interna in fibra di carbonio, una cerniera multidimensionale avanzata e un telaio centrale in alluminio aeronautico garantiscono resistenza. Grazie a materiali innovativi, come il grafene ad alta conducibilità termica, e a una separazione ottimizzata delle fonti di calore, è molto efficace il sistema di raffreddamento. Fotocamera Ultra Chroma, con 1,5 milioni di canali spettrali.

di Gabriele Di Matteo
FORBES TECH

Ispirata al design dei sedili delle automobili di lusso, questa poltrona disegnata da Daniele Lo Scalzo Moscheri per l’azienda Ditre Italia è una seduta avvolgente e accogliente.

Caratterizzata da profili arrotondati e al contempo lineari, è espressione di un minimalismo caldo e confortevole. La base può essere scelta sia girevole, sia composta da quattro piedini metallici. Una poltrona passepartout.

FORBES DESIGN

Una compagna di lavoro e di relax: progettata dal designer giapponese Shigeaki Asahara, Torino è una lampada versatile pensata per essere utilizzata in differenti ambienti, dagli uffici agli spazi residenziali. Composta da un braccio articolato e da una testa ruotabile con touch dimmer, è stata studiata per illuminare tavoli, scrivanie, mensole e anche per applicazioni a parete. Una lampada funzionale dall’eleganza discreta e, per questo, senza tempo.

Essenziale eppure dalle linee morbide, la collezione di sedie impilabili, poltroncine, panche, tavole e tavolini South di Magis nasce dal linguaggio di una delle stelle del design internazionale: Konstantin Grcic. Una linea di arredi per esterni, ma non solo, che proietta subito verso la primavera e i pranzi all’aperto. La collezione si arricchisce di ceste, coperte e tappeti per creare un ambiente che richiama le serate mediterranee, verso sud. Per prepararsi alla bella stagione.

GRANDI EVENTI A PALAZZO

Ha fatto il giro del mondo per poi tornare alle origini del visionario fondatore italo-belga Etienne Russo, che di ‘Villa Eugénie’ è anche direttore creativo. Per la società famosa in tutto il mondo per l’ideazione, la regia e la produzione di eventi e progetti ad alto impatto emozionale, è stato infatti scelto come sede Palazzo Durini, capolavoro di architettura medievale. Da oltre 30 anni fucina di eventi spettacolari, il brand mette a disposizione dei più prestigiosi marchi globali una sapiente consulenza creativa, anche digital, per la realizzazione di eventi che evocano mondi onirici, senza mai rinunciare a essere sostenibili. Nel corso dell’anno gli spazi della sede milanese saranno ampliati, con l’apertura di una nuova parte dell’iconico palazzo e di una interessante area per la musica.

LIVING MILANO

Prossima fermata WAGAMAMA

Famoso per la sua cucina thailandese, giapponese e coreana, unite dal motto ‘from bowl to soul’, Wagamama sbarca in Stazione Centrale. Un format nato a Londra nel 1992 e diffuso in 22 paesi, che i milanesi apprezzano già grazie ai locali nello Shopping District di CityLife, al Bicocca Village e nel centro commerciale Merlata Bloom, oltre che egli aeroporti di Malpensa e Orio Center. Il ristorante, che in stazione occupa una posizione strategica nel mezzanino della

galleria dei Mosaici, piano binari, sforna piatti gustosi e bilanciati, con ingredienti sempre freschi su cui regna il curry, come nel pollo katsu curry. Tra le altre proposte, i ramen e il tradizionale donburi (riso al vapore saltato in padella con pollo, manzo o gamberetti e verdure miste), il teppanyaki (noodles alla piastra con carne, pesce o verdure). Una coccola invernale la zuppa Tom Yum, ispirata al piatto nazionale della Thailandia, con latte di cocco e lemongrass. Menù kids per i piccoli.

A TUTTO LUSSO

In piazzetta Bossi, a due passi dalla Scala, Casa Brera, il più recente luxury lifestyle hotel by Marriott International, è un gioiello dell’accoglienza. Tappa obbligata per chi dall’accomodation pretende il top, e per chi vuole mangiare - e bere - bene. Si chiamano Scena, Casa Brera Living, Etereo e Odachi i quattro hub food & wine per chi ama un’atmosfera cosmopolita, elegante e conviviale. I primi sotto la

supervisione di Andrea Berton, mentre l’offerta di Odachi è a cura dello chef giapponese Haruo Ichikawa. Il living, l’allday lounge bar con ampio dehors, atmosfera di un elegante salotto di casa, propone un panino al vapore con brasato di maiale e verdure,

elaborazione del bao cinese, e un autentico aperitivo milanese. Vista a 360 gradi e piscina all’aperto, infine, per Etereo, lo sky bar del rooftop dove condividere pizza, ma anche crudité di mare e cocktail ispirati all’arte, al design e alla moda.

LIVING

Al MAXXI la moda si mette in mostra

La moda dopo dieci anni è tornata al Maxxi con una grande mostra visitabile fino al 23 marzo: Memorabile. Ipermoda, a cura di Maria Luisa Frisa, organizzata in collaborazione con la Camera nazionale della moda italiana, grazie al sostegno della Fondazione Bvlgari. “L’arte orafa e la moda sono tra le arti contemporanee italiane più straordinarie”, ha detto il ceo di Bvlgari, Jean-Christophe Babin. In mostra molti accessori e abiti unici di grandi case di moda, fra cui Valentino, Gucci, Moschino. “La moda è anche archivio della memoria del passato, ma punto di partenza fondamentale per costruire il futuro”, ha commentato la curatrice. Sono esposte anche scultoree opere d’arte di haute couture come l’abito di Viktor & Rolf, l’abito Casa delle bambole rivestito in foglia d’oro di Dior e il colorato abito di Marni con stampe floreali applicate a collage (in foto).

IL PRIMO CAFÉ GINORI AL MONDO

Fra le novità romane c’è il primo Café Ginori - Boutique al mondo, presso l’Hotel de la Ville in via Sistina 69. Audace e raffinato, giocoso e sofisticato, il Café Ginori è un luogo sospeso nel tempo, dove gli ospiti compiono un viaggio culinario grazie al menù ideato dallo chef Fulvio Pierangelini. Un percorso ispirato alle collezioni che incarnano lo spirito e lo stile di Ginori 1735: Oriente italiano, Il viaggio di Nettuno e Labirinto. Si spazia dalla colazione alla cena, con un’experience variegata. Tra le proposte di Pierangelini in esclusiva per Café Ginori gli scampi, mango di Sciacca caramellato, carciofi, caviale Asetra, la cacio e pepe con astice e la Caesar salad di pollo croccante, tartufi di stagione. L’angolo boutique permette agli ospiti di portare anche a casa l’esperienza di questo nuovo indirizzo e l’arte della tavola Ginori 1735.

VIVERE E ATTRAVERSARE L’ARTE

A La Nuvola di Roma sta riscuotendo un grande successo la mostra interattiva di arte contemporanea per adulti e bambini Euphoяia – Art is in the Air, a cura di Valentino Catricalà con la collaborazione di Antonella Di Lullo e il patrocinio del Comune di Roma e del ministero della Cultura, visitabile fino al 30 marzo. Oltre 20 installazioni monumentali e opere d’arte gonfiabili e interattive realizzate da artisti contemporanei internazionali. Con Euphoяia – Art is in the Air, il Balloon Museum propone per la prima volta un viaggio nell’arte contemporanea attraverso opere concepite non solo come medium artistico, ma anche come contenitori di interazione e coinvolgimento del pubblico. Le installazioni trasformano i settemila metri quadrati de La Nuvola in un luogo di meraviglie. Dopo la tappa romana, la mostra approderà a Parigi, al Grand Palais (dal 5 giugno al 28 agosto).

di Mara Cella

LIVING LONDRA

MARINETTI ALL’ESTORICK COLLECTION

Potrà essere visitata fino all’11 maggio la mostra Breaking Lines presso la Estorick Collection, nel centro di Londra. Una mostra dedicata a Filippo Tommaso Marinetti (nella foto), al Futurismo e alle origini della poesia sperimentale. Un’occasione per conoscere meglio il fondatore del movimento che il Guardian ha definito “l’Elon Musk del XX secolo” per la sua capacità di combinare “la gioia per l’innovazione tecnologica con la voglia di una politica illiberale”.

GLI OSCAR britannici

La 78esima edizione dei Bafta, gli Oscar britannici, sarà il 16 febbraio alla Royal Festival Hall di Londra. Il film con più nomination (12) è Conclave, che concorrerà anche per il premio come miglior film, assieme ad Anora, The Brutalist, ACompleteUnknown ed EmiliaPérez, e ha fatto guadagnare una candidatura come migliore attrice non protagonista a Isabella Rossellini (nella foto con Ralph Fiennes, a sinistra, e Stanley Tucci). Adrien Brody, Timothée Chalamet, Colman Domingo, Ralph Fiennes, Hugh Grant e Sebastian Stan si giocheranno il riconoscimento al migliore attore protagonista, mentre Cynthia Erivo, Karla Sofìa Gascón, Marianne Jean-Baptiste, Mikey Madison, Demi Moore e Saorise Ronan quello alla migliore attrice.

ARRIVI DALL’EUROPA

CAMBIANO LE REGOLE

Dopo l’obbligo del passaporto per entrare nel Regno Unito venendo dall’Italia, il 2025 parte con una novità regolamentare che vincola l’ingresso all’ottenimento a priori di un’autorizzazione e al pagamento di una tassa. Dal 2 aprile per entrare nel Regno Unito dall’Europa sarà infatti obbligatoria l’Eta, acronimo di Electronic Travel Authorization. L’Eta avrà una validità biennale, sarà soggetta al pagamento di una tassa di 10 sterline e potrà essere richiesta scaricando un’apposita app, registrandosi e fornendo dati passaporto, e-mail e carta di credito. Non sarà necessaria per gli europei che vivono e lavorano nel Regno Unito con un documento di pre-settled o settled.

LIVING NEW YORK

Song’ E Napule celebra 10 anni di successi a New York

Nel cuore di Manhattan, dieci anni fa, nasceva un piccolo angolo di Napoli grazie alla visione di Ciro Iovine e di sua moglie Austria (nella foto). La prima location di Song’ E Napule, inaugurata nel 2015 al 146 di West Houston Street, ha subito conquistato il palato e il cuore dei

newyorkesi, offrendo autentica cucina partenopea. Ora Song’ E Napule celebra dieci anni di successi, un traguardo che testimonia la passione e l’impegno costante nel portare l’anima di Napoli oltreoceano. Nel 2021 ha aperto una nuova sede a Rutherford, nel New Jersey, seguita da un’altra nell’Upper West Side di Manhattan. Ogni ristorante mantiene l’autenticità e la qualità che hanno reso famoso il brand. L’ultima apertura, nella primavera del 2023, accanto alla storica location, ha segnato un ulteriore traguardo. Oggi Song’ E Napule è un punto di riferimento per vivere un’autentica esperienza napoletana nel cuore di New York, continuando a rappresentare con orgoglio la cultura e la gastronomia partenopea.

Squid Game The Experience conquista anche New York

Il fenomeno globale di Netflix, Squid Game, arriva nel cuore di Manhattan, offrendo l’opportunità di immergersi nel mondo dello show coreano che ha conquistato il mondo. Situato al Manhattan Mall (100 West 33rd Street, all’angolo con Sixth Avenue), il gioco trasporta i partecipanti in sfide ispirate alla serie, tra cui il Red Light Green Light, e introduce nuovi enigmi creati appositamente per l’esperienza.In squadre fino a 24 persone, si avranno 60 minuti per completare le prove e immergersi nell’atmosfera del survival game. Dopo l’azione, il divertimento con-

tinua al night market, dove si potrà assaporare una selezione di cibi e bevande coreani e internazionali. I biglietti sono disponibili su squidgameexperience.com.

Italia partner ufficiale del Fancy Food 2025

L’Italia è il paese partner ufficiale del Fancy Food 2025, il più importante evento agroalimentare degli Stati Uniti. L’annuncio è stato fatto al ristorante Fasano di New York da Phil Robinson, vicepresidente della Specialty Food Association (Sfa), Donato Cinelli, presidente di Universal Marketing, ed Erica Di Giovancarlo, direttrice dell’Italian Trade Agency (Ita) per il Nord America. La collaborazione riguarda sia l’edizione invernale che si è da poco conclusa a Las Vegas (1921 gennaio) sia quella estiva di New York (29 giugno-1 luglio). Al

Convention Center di Las Vegas, oltre 100 espositori del nostro Paese hanno preso parte al Padiglione Italia, dove sono state organizzate degustazioni guidate e show-cooking per promuovere il tema ‘Italia, the Art of Taste’. Il console generale d’Italia a New York, Fabrizio Di Michele, ha sottolineato l’importanza della cucina nella tradizione italiana. Nel 2024 le esportazioni agroalimentari italiane verso gli Usa hanno raggiunto i 7,3 miliardi di dollari, con una crescita superiore al 17%.

“Erano una famiglia tesa e peculiare, gli Edipi, vero?”

Max Beerbohm

“Dispera di trovare pace finché tua suocera è viva.”

Giovenale

“È una triste verità che anche i grandi uomini abbiano parenti poveri.”

Charles Dickens

“Istruisci il fanciullo nella condotta che deve tenere; anche quando sarà vecchio non se ne dipartirà.”

Proverbi 22:6

“Il timore e il rispetto con cui il selvaggio meno istruito contempla sua suocera sono tra i fatti più noti dell’antropologia.”

James George Frazer

“Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo.”

Lev Tolstoj

“Il momento giusto per influenzare il carattere di un bambino è circa 100 anni prima che nasca.”

John Adams

“Sono sposato con Beatrice Salkeld, una pittrice. Non abbiamo bambini, a parte me.”

Brendan Behan

PENSIERI E PAROLE

Famiglia

“Non so chi fosse mio nonno; mi interessa di più sapere chi sarà suo nipote”

Abraham Lincoln

“È certamente desiderabile essere di buona discendenza, ma la gloria appartiene ai nostri antenati.”

Plutarco

“Se il carattere di un uomo viene calunniato, dite quello che volete: nessuno come un parente sa fare il lavoro.”

William Makepeace

Thackeray

“Quando ero piccolo i miei genitori hanno cambiato casa una decina di volte. Ma io sono sempre riuscito a trovarli.”

Rodney Dangerfield

“Fa’ che i tuoi familiari ti rispettino piuttosto che temerti, perché l’amore segue il rispetto, più che il timore l’odio.”

Demostene

“La vita di famiglia perde ogni libertà e bellezza quando si fonda sul principio dell’io ti do e tu mi dai.”

Henrik Ibsen

“Nulla è tanto dolce quanto la propria patria e famiglia, per quanto uno abbia in terre strane e lontane la magione più opulenta.”

Omero

FONTI: CASA DESOLATA, DI CHARLES DICKENS; IL RAMO D’ORO, DI JAMES GEORGE FRAZER; SATIRE, DI GIOVENALE; AMLETO, DI WILLIAM SHAKESPEARE; LA FIERA DELLE VANITÀ, DI WILLIAM MAKEPEACE THACKERAY; L’EDUCAZIONE DEI FIGLI, DI PLUTARCO; ANNA KARENINA, DI LEV TOLSTOJ; ODISSEA, DI OMERO

NUOVA ALFA ROMEO JUNIOR LEARN TO LOVE AGAIN

Consumo di energia Alfa Romeo Junior Elettrica (kWh/100km): 15,0 - 15,2; emissioni CO₂ (g/km): 0. Autonomia elettrica (km): 413-407. Valori omologati in data 24/06/2024 in base al ciclo misto WLTP e indicati a fini comparativi. Il consumo effettivo di energia e l’autonomia elettrica possono essere diversi, e variare a seconda delle condizioni di utilizzo e di vari fattori quali: optional, temperatura, stile di guida, velocità, peso del veicolo, utilizzo di determinati equipaggiamenti (aria condizionata, impianto di riscaldamento, radio, navigazione, luci, ecc.), pneumatici, condizioni stradali, meteo, ecc. Immagini a puro scopo illustrativo.

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