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L’Italia mondiale

Sognava di diventare un difensore. Poi, quando la sua squadra ha chiuso, ha tentato la carriera di arbitro. Daniele Orsato è stato l’unico rappresentante del nostro calcio in Qatar, dove ha diretto la partita inaugurale e la semifinale Argentina-Croazia. In campo è considerato un burbero. “Ma fuori sono un’altra persona”

Col fischio che il calcio italiano ha potuto dire la sua ai Mondiali del Qatar appena conclusi con la vittoria dell’Argentina! ‘Col fischio’, appunto: quello di Daniele Orsato, unico ‘atleta’ rappresentante di un movimento sportivo che per la seconda volta consecutiva è riuscito nell’impresa di disertare quello che è - o perlomeno dovrebbe essere - l’appuntamento cardine di un’industria che non può continuare a vivere solo di antica gloria.

C’è una generazione di bambini, di potenziali fruitori, che praticamente non ha mai visto la nostra Nazionale disputare una Coppa del Mondo. Mio nipote Filippo, classe 2010, dovrà aspettare i suoi 16 anni per poter coronare questo sogno. E non so se fino ad allora gli basteranno le favole del nonno.

C’è chi dice che l’assenza dell’Italia avrebbe potuto proiettare la candidatura dell’arbitro vicentino fino alla finale (invece affidata a un polacco più giovane di lui, Szymon Marciniak), ma il suo percorso è stato comunque di grande prestigio, iniziato con la partita inaugurale (a tre giorni dal suo 47esimo compleanno) e culminato con la delicata semifinale fra Argentina e Croazia. Orsato, in realtà, credeva di aver licenziato ogni aspirazione mondiale quattro anni e mezzo fa, quando stava per compiere 43 anni ed era dunque a un passo dalla potenziale pensione. Era stato invitato alla Coppa del Mondo in Russia solo grazie a un contentino-escamotage per far posto al più lanciato Gianluca Rocchi (peraltro suo amico fraterno). Poi, un po’ perché sarebbe stato un delitto negargli un’ulteriore possibilità facilmente reperibile fra pieghe e deroghe del regolamento, un po’ perché probabilmente l’Italia non aveva, dietro di lui, un numero due ritenuto all’altezza della gran - de vetrina mondiale, gli si è aperta l’inaspettata autostrada per il Qatar. Nel frattempo era riuscito a coronare quello che aveva sempre indicato come “sogno della sua vita”, cioè arbitrare una finale di Champions (una finale curiosamente agostana, per colpa del Covid, fra Bayern e Psg: si vede che i fuori stagione gli portano fortuna), e a rappresentare l’Italia negli Europei poi vinti dagli azzurri di Mancini un (lontanissimo) anno e mezzo fa. “Non nego”, ribadisce ancora oggi, “che quando il selezionatore Rosetti mi comunicò che avrei diretto la finale, abbracciai i miei due figli e scoppiai a piangere di gioia”. E ancora non sapeva del Mondiale… preso in corner. Insomma, per uno che è nato a Montecchio Maggiore (la vera culla, pare, della storia di Giulietta e Romeo) e che sulla carta d’identità fino a poco tempo fa aveva la nobilissima definizione di elettricista, la vita non è stata poi così ingrata. Anche se lui, la vita, l’ha sempre pilotata con l’impegno, la volontà e la serietà.

In realtà, in quella che è poi sempre stata la sua città, e cioè Recoaro Terme, l’unica aspirazione sportiva che aveva il giovane Daniele era quella di giocare a pallone: già ben dotato fisicamente, buon difensore, ottimo colpitore di testa. Ma un giorno la sua squadra chiuse per mancanza di fondi. E così a lui, neodiplomato e con la cassetta degli attrezzi in mano, per restare nel mondo del pallone non restò che tentare la carriera arbitrale, affacciandosi alla vicina sezione di Schio. “Sa cosa mi convinse a passare dall’altra parte della barricata? La parola ‘responsabilità’ che usò per convincermi chi mi avviò verso la nuova avventura”. In pochi (anche se per la verità faticosi) anni arrivò alle Serie C. Appena 32enne esordì in Serie A con Siena-Atalanta. E ora l’Olimpo del Mondiale.

Tutto in discesa?

Mai! Ed è giusto così. Lo sa dove mi mandò ad arbitrare il designatore dopo la finale di Champions? In Serie B, a Monza. Dove incontrai quel vecchio volpone di Adriano Galliani che mi disse più o meno: ‘Prenda esempio da me, che pure ho vinto Cham pions e titoli mondiali: sta a noi inventarci sempre nuovi stimoli. E aveva perfettamen te ragione.

Dicono che in campo sia un po’ permaloso. Forse lo sono stato. Ora sono molto più sere no. Certo, non sempre è facile per un arbitro tollerare l’aggressività di un calciatore che gli urla in faccia. Io sono il primo a riconoscere i miei errori, ma l’arroganza e il ‘tutto dovuto’, non lo nego, mi creano qualche disagio.

A proposito di errori…

Pjanic? Certo ho sbagliato. Ma le sembra nor male che da quel giorno i miei figli abbiano vissuto per mesi sotto la protezione dei Cara binieri?

È vero che dà del lei ai calciatori?

Sì, perché credo che sia giusto così. Ma non im pedisco loro di darmi del tu. Francesco Totti mi fece sorridere: ‘Orsa’ che stai ‘fa, me dai del lei?

Fuori dal campo com’è?

Certamente meno burbero (un aggettivo che per la verità sono altri ad attribuirmi): sono un compagnone allegro. La sera in cui l’Italia vinse l’Europeo, le assicuro che quel signore felice fra birra e hamburger davanti al maxischermo par rocchiale non assomigliava molto all’arbitro Or sato. Eppure era la stessa persona.

Ora è l’arbitro… più vecchio del mondo

Evidentemente l’usato sicuro non è passato di moda. Spero di mettere la mia esperienza a di sposizione dei ragazzi che avranno i miei stessi sogni. E di aiutarli a realizzarli. F

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