Anno XVI - n. 64 - Mensile Ottobre 2017
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copertina > Venti anni di Bibenda: la festa per la ventesima edizione, la serata di gala per i 5 Grappoli, la storia della Guida progettata e realizzata su misura per il mondo degli appassionati, pensata e fatta dai Sommelier per i Sommelier, aneddoti e leggende sulla guida più imitata del settore, la favola (vera) della guida che non c’era.
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Il mondo ha diritto a pace e serenità / di Franco M. Ricci Plagio e concorrenza sleale / di Paola Simonetti RomaTre e Fondazione Italiana Sommelier / di Paolo Lauciani Che fine ha fatto il Galestro / di Daniele Maestri L’olio della Catalogna / di Antonella Anselmo Una scelta Biologica / di Daniele Maestri Santarcangelo di Romagna / di Dario Risi La favola del vino. La Birra: angelo o demone? / di Stefano Milioni Abbinando / di Daniela Scrobogna Ristotour. Antica Corona Reale / di Stella G. de Baciis Cambiamenti / di Angelo Gaja Jermann, una fiaba del Collio / di Alessia Borrelli Rosa, color Provenza / di Maria Antonietta Pioppo Montefalco: tra Benozzo, Sagrantino e Francesco / di Luca Liberatoscioli La Sacerdotessa nelle Langhe / di Salvatore Marsillo Studenti, pop e Moscatel / di Daniele Maestri Pregio o virtù / di Raffaele Fischetti Il vigneto Lazio e i suoi grandi rossi / di Claudio Bonifazi Ius Soli per lo Chardonnay! / di Antonella Pompei Informazioni da Fondazione Da Leggere
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IL MONDO HA DIRITTO A PACE E SERENITÀ
Il mondo ha diritto a pace e serenità Questa tanta voglia d’Italia di cui ci nutriamo da sempre, al compimento dei nostri primi vent’anni aumenta, portandoci dritti dritti a considerare ancor di più che le passioni non fanno mai calcoli sbagliati, ma arrivano direttamente al cuore. Vent’anni di passioni, venti anni di cuore. Una passione, quella da noi rappresentata, da molti anni si inserisce a pieno titolo, come sempre abbiamo affermato, nell’universo della cultura italiana, insieme alla Filosofia, alla Poesia, all’Architettura, alla Musica, alla Pittura. Come tante costellazioni nel cielo della cultura contribuiscono sicuramente a unire le idee di donne e uomini del nostro Paese e di tutto il Mondo in un obiettivo di pace e serenità. E se il mondo sembra non darci risposte concrete alla voglia di serenità, la sapienza del vino contribuisce invece notevolmente, come una panacea, ad alleviare gli orrori e la tristezza di questi anni. Il racconto del vino fatto dalla GUIDA BIBENDA 2018, insieme alle sue altre 19 sorelle, non solo ha contribuito in maniera importante ad aggregare le predette Culture ma ha soprattutto dato vita ad un’emancipazione spirituale come soltanto il “Canto della Terra verso il Cielo” sa dare. BIBENDA ha parlato a milioni di persone delle differenze, delle tradizioni, delle diversità naturali, dei colori, delle mutazioni, delle tecniche, dal blend delle uve al blend dei vini di Giacomo Tachis, ha raccontato la storia infinita del vino perfetto che non esiste. Mentre crescevamo a Nutella e figurine Panini, la voglia matta altro non era se non quella di cercare di costituire una Squadra Italia del Vino, per farne una grande e unica risorsa culturale. Dettagli. Sono rimasti dettagli. Perché non poteva dipendere da noi, Cultori del Vino, Sommelier, Giornalisti, Scrittori, Insegnanti, l’emancipazione di quella atavica e radicata non cultura, che portava ciascun Produttore a pensare che il suo Vino fosse sicuramente meglio di quello di un altro Vignaiolo. Diventa dunque un’assurda utopia lavorare ancora per questa unificazione, quando sono proprio loro, i Produttori, che da 100 anni non la vogliono, sebbene siano gli unici a 1
IL MONDO HA DIRITTO A PACE E SERENITÀ
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poter giocare questa partita ma al tempo stesso non hanno mai pensato di volerla giocare. La Cultura fine a sé stessa della quale siamo gli unici interpreti, avendone fatto unico scopo della nostra vita, perché soltanto di quello ci occupiamo, a volte, quest’anno ci ha fatto vivere momenti di scoraggiamento, quasi di impotenza. Sarà per il modo becero che sposano molti parolai del vino, sarà per il cibo che entra di prepotenza in televisione, presentandosi troppo solo, con l’assenza totale del compagno vino. Sarà per il Governo del Paese che proclamava il 2018 Anno del Cibo. Da solo, senza menzionare per niente la ricchezza culturale del Vino, le sue tradizioni, le sue diversità. Sarà che per i 50 anni della Doc Franciacorta gli organizzatori di un Convegno hanno pensato bene di invitare filosofi, giornalai, critici gastronomici (sic!), senza l’ombra di un Sommelier. Quei Sommelier che per 50 anni hanno fatto studiare e insegnato a milioni di persone cosa fosse la Franciacorta. L’abbiamo trovato di cattivo gusto e irrispettoso. Come altrettanto di cattivo gusto e irrispettosa è l’assenza dei Sommelier nei convegni dei tecnici del vino, nel loro congresso. Noi Sommelier, che abbiamo presentato i loro vini e siamo stati arbitri delle loro valutazioni per 53 anni. Per fortuna il nostro entusiasmo ci porta avanti, grazie anche ai nostri obiettivi: il Vino a Scuola, i nostri meravigliosi Corsi per Sommelier, la possibilità per più di 700.000 persone di possedere una Guida BIBENDA. Quindi, tra novità, aggiornamenti, filosofie di vinificazione, ristoranti meravigliosi che segnaliamo alla grande, in barba alla guida francese - la più stitica del mondo nei confronti del lavoro italiano – gli oli fantastici di raccolti unici, le grappe dell’intelligenza italiana. Auguriamo buona lettura ai nostri amici che in migliaia ci leggono nella versione OnLine e nell’Applicazione. Sorridiamo pure a queste ingenuità di non voler ancora considerare il vino come un prestigioso vanto del nostro Paese. E proviamo a perdonare questa cecità, questa violenza delle false interpretazioni culturali, confidando che “Tanta Voglia d’Italia” non possa venire soltanto con la Ferrari e il vestito firmato. Perdoniamoli oggi, anche perché, come dice Albano, “nel perdono è la forza di un Re!” Buon divertimento, grazie e auguri per aver passato Vent’anni con noi! Franco M. Ricci 3
tutti i premi
Vino, Olio, Ristoranti, Grappe www.bibenda.it
In Uscita:
BIBENDA 2018 / con tanta voglia d’Italia Bibenda 2018, tutti i premi: Vino, Olio, Ristoranti, Grappe Nuova Edizione della storica Guida BIBENDA, da venti edizioni il testo di riferimento per il mondo del Vino e della Ristorazione, dai professionisti ai semplici appassionati. Questa ventesima opera, la terza online, realizzata anche come Applicazione, supererà le settecentomila copie, regalando alla storia un nuovo grande progetto del vino con oltre 2.100 aziende, 27.000 vini, 2.000 Ristoranti di qualità , 200 aziende di Olio, 50 Produttori di Grappa.
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con tanta voglia d’Italia.
Disponibile su
DISPONIBILE SU
LE VALUTAZIONI DI BIBENDA 2018 La guida descrive il panorama vitivinicolo italiano e la geografia dei luoghi di produzione. BIBENDA si pone come tramite tra il produttore e il consumatore e per questo si riferisce esclusivamente alle etichette di qualità. BIBENDA 2018 racconta tutti i territori regionali, descrive il metodo di degustazione, elenca le Denominazioni di Origine dei vini e dei prodotti alimentari. Ogni Azienda del Vino viene presentata e descritta nei dettagli. Le informazioni inserite negli spazi dedicati alle Aziende Vitivinicole rappresentano indicazioni e suggerimenti anche per il lettore turista del vino, aiutato nel suo “duro mestiere” dalla geolocalizzazione. Per evidenziare la qualità, dedotta dall’analisi sensoriale, effettuata con Metodo e Scuola di Fondazione Italiana Sommelier e per sottolineare quanto il prodotto della terra sia stato rispettato nella lavorazione, abbiamo usato dei simboli. Grappoli verdi, rosa e rossi per i vini, Grappoli blu per le grappe, Gocce verdi per gli oli, Baci rossi per i Ristoranti. La Ventesima Edizione della Guida BIBENDA sarà disponibile a fine ottobre.
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Plagio e concorrenza sleale
PLAGIO E CONCORRENZA SLEALE P
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Bibenda denuncia, il giudice conferma: plagio e concorrenza sleale.
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Plagio e concorrenza sleale
Paola Simonetti è stata il Curatore di tutte le edizioni delle 20 Guide, ha collaborato con centinaia di giornalisti del vino ed ha portato al successo la Guida che oggi è la più venduta al mondo. Durante questo percorso, alcuni hanno preferito fare per loro conto ed abbiamo subìto lo scopiazzamento, il plagio e la concorrenza sleale dai nostri stessi vecchi collaboratori, 5 persone che ancora ci provano. ORA, A ROMA, TRE GIUDICI LI HANNO CONDANNATI PER PLAGIO.
LA STORIA Alla fine degli anni ’80 il Vino e il mondo che gli sta attorno diventano di tendenza. La richiesta di saperne di più cresce tangibilmente ogni giorno di più. Sommelier, scrittori, comunicatori, insegnanti di vino hanno bisogno di disporre di dati e notizie in relazione ai vini, alle aziende, alle bottiglie. È difficile reperirli, salvo andarli a recuperare, certosinamente, caso per caso. Un lavorone, molto oneroso e poco efficace. All’epoca, internet non dà ancora un supporto valido: siamo nell’era del francobollo, per intenderci. Ed è così che decidiamo: ce la facciamo da soli, ce la costruiamo su misura la guida che vogliamo e che ancora non c’è. È il 1998, partiamo con un progetto misurato, limitato alla regione Lazio, sarà il nostro banco di prova. Nel 1999 ci sentiamo pronti per un prodotto nazionale. Parte il progetto, analizziamo le nostre necessità (cosa vorremmo trovare in una guida?) e cominciamo a costruire, mattone dopo mattone, dato dopo dato, il progetto editoriale. Dopo qualche mese il via, la pubblicazione della prima edizione a fine ’99 avrà per titolo DUEMILAVINI, per sottolineare l’uscita in coincidenza con il nuovo millennio. Da allora ne uscirà una nuova edizione ogni anno (lasceremo il titolo Duemilavini per adottare Bibenda) fino ad oggi, ormai alla Ventesima Edizione, ogni anno una limatura, un arricchimento, una correzione di tiro, un’aggiunta. L’ais l’acquista per anni da Bibenda, per darla ai propri soci. Ma, a cominciare dall’edizione 2015, l’ais dà alle stampe una “sua” guida, copiata integralmente da Bibenda. Nello stesso anno - 2015 - Bibenda presenta denuncia per plagio. 8
ALCUNI STRALCI DELLA SENTENZA
diretta, visite all’azienda, pezzo introduttivo, nome vino,
settembre 2017
tipologia, uve, gradazione alcolica, prezzo, bottiglie prodotte,
(…) l’esame della guida pubblicata dalla convenuta (ais) evidenzia
degustazione, vinificazione e abbinamento.
significative somiglianze con la guida Bibenda in relazione alle
È comune, inoltre, la valutazione dei prodotti con simboli
dimensioni del volume, al materiale utilizzato per la copertina,
posizionati sul lato destro delle pagine.
alla rilegatura e ai caratteri di stampa adoperati e al formato.
Come già rilevato le due guide presentano forti elementi di
Ulteriori rilevanti somiglianze si colgono nelle schede descrittive
assonanza nella sequenza degli argomenti (…)
delle aziende, in entrambe le guide si rinvengono, con la stessa
Il collegio dei giudici ritiene che la ripetizione dei tratti
sequenza e all’interno di un identico contesto strutturale e
caratteristici del prodotto editoriale pubblicato da Bibenda
secondo una comune presentazione grafica, i dati relativi a
e presente sul mercato da diversi anni, (…) costituisce una
nome azienda, indirizzo, sito internet, indirizzo mail, anno di
condotta imitativa idonea ad assumere rilevanza quale atto
fondazione, proprietà, bottiglie prodotte, ettari vitati, vendita
di concorrenza sleale sia per le sue potenzialità confusorie,
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Plagio e concorrenza sleale
sia per il suo contrasto con i principi della correttezza professionale, in relazione all’obbligo di astenersi da condotte parassitarie e di non sfruttare sistematicamente il lavoro e la creatività altrui e di sviare a proprio vantaggio i valori aziendali dell’impresa concorrente. Una siffatta valutazione appare trovare conferma nelle dichiarazioni rese dal Presidente dell’associazione convenuta Antonello Maietta, in occasione di un convegno tenutosi agli inizi del 2015, da cui emerge la sua intenzione di realizzare una guida che si ponesse in linea di continuità con quella “Bibenda”, riprendendone il formato e le modalità contenutistiche. (…) trovano ingresso le questioni della tutelabilità quale opera dell’ingegno della guida “Bibenda” (…) L’accertamento dell’atto di concorrenza sleale della convenuta (ais) conduce all’accoglimento della domanda inibitoria proposta dall’attrice (Bibenda). (…) Non può negarsi la sussistenza del danno cagionato, quanto meno in relazione all’indebito vantaggio - in termini di risparmio costi per l’ideazione della guida – ottenuto dal concorrente. IL TRIBUNALE COSÌ PROVVEDE: a) accoglie le domande proposte da Bibenda Editore e inibisce all’Associazione Italiana Sommelier di pubblicare per le annualità future la guida Vitae, salvo adeguamenti idonei a differenziarla in maniera sostanziale dalla guida Bibenda. b) condanna l’Associazione Italiana Sommelier al risarcimento dei danni in favore di Bibenda Editore.
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la cena. 18 Novembre 2017 / Hotel Rome Cavalieri
Segnalo in agenda
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RomaTre e Fondazione Italiana Sommelier
RomaTre e P
Fondazione Italiana Sommelier
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Il nostro sogno si avvera, l’insegnamento del vino entra nell’Università 12
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RomaTre e Fondazione Italiana Sommelier
Saper riconoscere e assaporare una buona bottiglia è un segno di civiltà e cultura, come saper apprezzare un buon libro o una bella statua. (Pierre Poupon, Nouvelles pensées d’un degustateur, 1975)
Quante volte abbiamo convintamente sostenuto il concetto espresso da questo bel pensiero di Pierre Poupon! A tutti i nostri allievi e a tutti coloro che abbiamo spinto a diventarlo abbiamo costantemente ripetuto: “Il vino è cultura”. Sempre, però, seguivano le nostre amare riflessioni su uno stato incapace di valorizzare il nostro “petrolio”, ovvero le nostre incomparabili bellezze enogastronomiche, su istituzioni sorde o – nella migliore delle ipotesi – pigre nei confronti di un volano capace come nessun altro di creare turismo e ricchezza. E abbiamo sognato una scuola pubblica che insegnasse ai nostri giovani a capire e a valorizzare tutto questo… Oggi, finalmente, possiamo celebrare una vittoria significativa, possiamo credere che a volte i sogni si avverano. L’Università degli Studi di RomaTre – prima tra le università statali italiane – ha avviato due anni or sono un corso di laurea in Scienze e Culture Enogastronomiche, 14
un corso di studio multidisciplinare “del sapere e del saper fare”, rivolto ai diplomati in ogni tipologia di Scuola Secondaria Superiore. In questo contesto, entra nell’università dalla porta principale anche l’insegnamento del Vino. Grazie alla convenzione stipulata tra Università degli Studi RomaTre, I.P.S.E.O.A. Tor Carbone e Fondazione Italiana Sommelier, il prossimo 11 ottobre prenderà il via un corso di analisi sensoriale e cultura del vino, che permetterà agli studenti del suddetto corso di laurea di perfezionare il loro curriculum didattico, consentendo inoltre a coloro che supereranno il test di verifica di accedere al II livello del corso per Sommelier della Fondazione. Il vino diventa materia di insegnamento in una università statale italiana. Un grande attestato di stima per la nostra Fondazione, un auspicato successo per la divulgazione della Cultura del Vino nel Bel Paese. 15
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Che fine ha fatto il Galestro
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Breve storia del primo bianco cult per i gourmet degli anni ‘80, oggi dimenticato.
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Che fine ha fatto il Galestro
Un celebre giornalista americano scriveva, una quarantina d’anni fa, che a fronte di un’elevato livello qualitativo dei rossi italiani, i bianchi lasciavano ancora molto a desiderare. Non a caso, le varietà bianche di casa nostra erano celebrate soprattutto per i Marsala, e i Moscati liquorosi che ne derivavano. Bisognerà aspettare gli anni Ottanta per la comparsa dei primi bianchi moderni, spesso frizzantini, esangui nel colore, definito come “bianco carta”. Primo gradino della scala cromatica nell’analisi organolettica dei vini, il bianco carta precedeva verdolino e paglierino, caratteristico e apprezzatissimo di un particolare periodo della nostra storia del gusto: gli anni Ottanta-Novanta, gli stessi che nei superalcolici vedono diffondersi la parola d’ordine “colore chiaro, gusto pulito”, pronunciata dall’intenditore Michele, alle prese con un noto single malt in uno spot televisivo che ha fatto epoca. Alla fine degli anni Settanta il passaggio alla viticoltura specializzata è oramai un fatto compiuto, e quasi ovunque sono entrate in funzione nuove attrezzature di cantina (presse orizzontali, tini in acciaio, temperatura controllata, automazione dei processi, utilizzo di lieviti e colture selezionati), in grado di dare prodotti radicalmente innovativi, privi di quella ineluttabile tendenza all’ossidazione che tradizionalmente, specie al CentroSud, intaccava il colore dei nostri vini bianchi, pregiudicandone nel giro di pochi mesi fragranza e finezza. Il bianco carta, detto anche “bianco acqua”, oggi non a caso scomparso dalle tabelle dei descrittori visivi, corrispondeva a una estremizzazione di tali procedure hi-tech, enfatizzate da chiarifiche e filtrazioni spinte. Il risultato era un bianco mai visto prima, molto più “nordico” nei suoi connotati sensoriali, rarefatto ma di sicuro appeal nel pigmento brillante (e appunto su questo primo connotato in molti calcavano la mano), come pure nel delicato bouquet fruttato e floreale, dal palato coerente, beverino come non mai, grazie allo stimolante nerbo acido conseguente alla vendemmia anticipata. Non immenso, certo. In compenso, però, spigliato e versatile, duttile passe-partout sia su un carpaccio che sul minimalismo culinario imposto dalla Nouvelle Cuisine, come già quarant’anni fa insegnavano i portoghesi Mateus e Lancers, apripista dei nostri Pinot Grigio Santa Margherita, Turà Lamberti, Maschio bianco e Rosato e così via, tutti vini moderni, espressione di una moda che ambiva a farsi cultura. Bianco carta per eccellenza era il Galestro, che nasce, studiato a tavolino, negli stessi anni, su presupposti però totalmente diversi, legati all’evoluzione dei grandi vini di Toscana. Ebbene, che fine ha fatto quel Galestro così denominato dagli scisti argillosi peculiari di tanti suoli chiantigiani, primo bianco di culto per i gourmet “born in the sixties”, a suo modo espressione di uno stilnovo dei consumi 18
enologici? L’alto prestigio dei vini odierni non deve far dimenticare che, fino alle soglie degli anni Novanta, la vitivinicoltura toscana si trascinava dietro la zavorra di una struttura fondiaria di tipo medievale, protrattasi con la mezzadria, che alla vite e all’olivo affiancava zootecnia e crealicoltura. In tali aziende agricole miste, un buon terzo della produzione non arrivava nemmeno al mercato, in quanto destinato all’autoconsumo. Non vi era perciò alcun interesse a migliorarne la qualità. Seguendo la formulazione tradizionale, una cospicua quota di uve bianche entrava nell’uvaggio del Chianti, allo scopo di conferire freschezza e immediata bevibilità, senza ricorrere al “governo” o a onerose immobilizzazioni in cantina, e poco importavano le “zampe gialle”, ovverosia la caduta del colore e la deriva ossidativa che regolarmente si manifestavano nel vino dopo appena un paio d’anni. L’inversione di tendenza presupponeva innanzitutto un riassetto produttivo: l’età fisiologica dei vigneti era per un buon terzo oltre i 30 anni, e delle 75.000 aziende operanti, solo 13.000 possedevano più di un ettaro.
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Che fine ha fatto il Galestro
La spinta definitiva arriva a cavallo fra gli anni Settanta e gli
ampio spazio alle selezioni policlonali), sia miscelato con va-
Ottanta, con la nascita dei Supertuscan e dei cosiddetti “pre-
rietà internazionali. Accanto ad essi, giocarono un ruolo chia-
dicati”, basati su varietà d’Oltralpe. Il debutto del Tignanel-
ve personalità come Giacomo Tachis e produttori di altissimo
lo è del 1970, ma solo nel 1975 si
profilo, come i Di Napoli Rampol-
decide di eliminare le uve bianche:
la o i Mazzei, considerato il ruolo
col progredire delle tecniche di vi-
fondamentale che il patriarca Lapo
nificazione, ci si accorge del grande
Mazzei, per vent’anni alla guida del
potenziale del Sangiovese di Tosca-
Consorzio del Chianti Classico, ri-
na. I quattro maggiori produttori
vestiva nei rapporti con gli istituti
regionali, Antinori, Frescobaldi, Ri-
di credito che finanziavano le varie
casoli e Ruffino decidono di consor-
fasi dell’operazione.
ziarsi, e di concordare strategie per
L’ambizioso progetto, sostenuto dalla
un completo rinnovamento della
Regione Toscana, si chiamò Chianti
base ampelografica regionale, previa
2000. Entro la fatidica data, intere
zonazione vinicola, ricerca e pie-
colline coltivate a Trebbiano e Mal-
na valorizzazione (anche attraverso
vasia andavano riconvertite a nuove
l’uso accorto della barrique) sia del
varietà. Già, ma cosa fare, nel frat-
Sangiovese in purezza (riservando
tempo, di quelle eccedenze bianche?
Nel 1980 viene prodotto il primo Galestro, che prende nome dal terreno a scisti argillosi particolarmente abbondante nel Chianti. A tutti gli effetti vino moderno, tra il bianco carta e il verdolino, intrigava con toni agrumati e blanda mineralità, non privi di un tocco di eleganza nel caso del Galestro Capsula Viola (oggi semplicemente Capsula Viola) di Antinori, che alle uve tradizionali aggiungeva un pizzico di Chardonnay. Il fenomeno Galestro, a suo modo un piccolo, grande cult finché è durato, si è andato esaurendo con gli anni Novanta, di pari passo con l’ascesa qualitativa del Chianti Classico e dei grandi rossi di Toscana. Era, un paio di generazioni fa, il vino degli yuppies e degli Ottanta da bere, piccolo principe di ogni wine bar. Oggi sopravvive a stento nella gamma di produttori minori, surclassato, un po’ in tutte le regioni, dalla affermazione di bianchi di ben altra caratura.
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L’Olio della Catalogna
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L’Olio della
CATALOGNA A
Tra
n t o n e l l a
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falesie, dirupi e strapiombi, in uno dei posti più spettacolari di
improvvisamente appaiono gli uliveti.
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Spagna,
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L’Olio della Catalogna
La passione per l’Olio può rivelarsi inaspettatamente una carta in più, specie nel Priorat, cuore vitale della comunità autonoma di Catalogna, che in questi giorni è nel pieno fermento di spinte indipendentiste. I noti e battuti sentieri del vino si snodano tra foreste di pini, tornanti e terrazzamenti, dove le radici della vite penetrano in modo eroico tra i crepacci della licorella, gli strati variopinti di ardesia che caratterizzano questi suoli. In questi percorsi la ricerca dell’ulivo svela scenari inimmaginabili. Nel cuore di questa regione vinicola scorre il Riu Siurana che in estati siccitose, come quella appena trascorsa, è quasi privo di acqua. Risalendo il corso del fiume, superato il borgo di Cornudella de Montsant vi è una grande piana creatasi grazie alla grande diga. Qui si estendono gli uliveti. Le fitte piante sembrano mani aperte cariche di perle dal colore verde lucente. La strada si fa gradualmente più impervia fino a portare il viaggiatore ignaro in uno dei posti più spettacolari di Spagna. Improvvisamente appaiono imponenti falesie, dirupi e strapiombi che farebbero svilire orribili racconti di maghi e streghe. La roccia granitica e calcarea è gialla, nera, per lunghi tratti rossissima, come una ferita dolorante e ancora aperta nella carne. Siurana è un antichissimo castello sopra il dirupo, affiancato da un grazioso e curato borgo medievale dove troneggia la Chiesa romanica di Santa Maria. Questi luoghi sono resi celebri dai quadri di Jean Mirò, che rimase stregato dai sentieri e dai dirupi. Siurana è anche un famoso sito da
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arrampicata che offre più di mille vie verticali di diverse difficoltà. Per i golosi dei prodotti di qualità Siurana è una Dop che si differenzia da altri prodotti spagnoli, per lo più tesi alla quantità e al circuito della grande distribuzione. La cultivar che predomina nel blend è l’Arbequina. Questa cultivar è molto resistente, precoce e si adatta a diverse condizioni pedoclimatiche, tanto da essere la più diffusa negli impianti superintensivi, soprattutto fuori dalla Catalogna . Questa ampia versatilità spiega la grande estensione della Dop Siurana che include un territorio molto vasto che si estende dalla montagna fino alla costa e che copre oltre il Priorat, anche Terragona e la parte sud di Penedés.
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Jean Mirò Siurana, il sentiero, 1917
Le raccolte manuali, la secolare tradizione contadina abbinate alle migliorie tecnologie introdotte nei frantoi contribuiscono a creare un prodotto di alto pregio, delicato, dalle note dolci e suadenti, estremamente fine.
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L’Olio della Catalogna
CLOS FIGUERAS Carrer de la Font, 38, 43737 GRATALLOPS (Priorat) ➜ Aceite Arbequina Clos Figueras
Virgen Extra L’EVO di Clos Figueres è un monocultivar in purezza con 100% di Arbequina. Ha un colore giallo dorato, è denso e limpido. Olfatto pulito, sprigiona note ben riconoscibili di erba selvatica, carciofo, pomodoro verde e mandorla fresca. Al palato è fresco, delineato su toni di foglia di rucola, frutto maturo, erbe aromatiche, pinolo. Discreta la progressione gustativa che mostra complessivamente un quadro armonico. La buona persistenza e la grande versatilità ne consigliano l’abbinamento con tapas o piatti di pesce della cucina mediterranea.
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si accendono le luci 10 Marzo 2018 | Hotel Rome Cavalieri
Quest’Anno il Giudice Lo fai Tu! Prenota il Tuo posto alla serata su www.bibenda.it
Miglior Vino Dolce y Passito di Pantelleria Ben Ryè 2015 • Donnafugata y A. A. Moscato Giallo Passito Baronesse Baron Salvadori 2014 • Nals Margreid y Moscato d’Asti Biancospino 2017 • La Spinetta
Miglior Vino Spumante y Trento Brut Perlé Nero 2009 • Ferrari y Franciacorta Dosage Zéro Noir Vintage Collection 2007 Ca’ del Bosco y Franciacorta Brut Teatro alla Scala 2010 • Bellavista
Miglior Vino del Miglior Produttore y Sagrantino di Montefalco 25 Anni 2013 • Arnaldo Caprai y Cepparello 2014 • Isole e Olena y Vintage Tunina 2015 • Jermann
Miglior Vino Bianco y Fiano di Avellino 2016 • Colli di Lapio y Venezia Giulia Ribolla Gialla 2011 • Radikon y Langhe Riesling Hérzu 2014 • Ettore Germano
Miglior Vino con il Miglior Rapporto Valore/Convenienza y Cabernet Sauvignon 2010 • Calispone y Frascati Superiore Epos Riserva 2016 • Poggio Le Volpi y Vermentino di Toscana Belvento 2016 • Petra
Miglior Vino Rosato y Etna Rosato Arcuria 2016 • Calcagno y Rosalto 2016 • Chioccioli Altadonna y Rosato Campos 2016 • Cantina Gallura
Miglior Vino Emergente y A. A. Schiava Hexenbichler 2015 • Cantina Tramin y Viognier Ars Magna 2014 • Ômina Romana y Brunello di Montalcino Paesaggio Inatteso 2012 • Camigliano
Miglior Vino Rosso y Aglianico del Vulture Titolo 2014 • Elena Fucci y Amarone della Valpolicella Classico Ca’ Florian Riserva 2010 Tommasi y Albareda Sforzato di Valtellina 2015 • Mamete Prevostini
Premio Speciale della Giuria y Cervaro della Sala 2011 • Antinori y Masseto 2014 • Ornellaia e Masseto y Bolgheri Sassicaia 2014 • Tenuta San Guido y Brunello di Montalcino Riserva 2011 • Biondi Santi
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Una scelta biologica
UNA SCELTA
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Biologica
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Camminare
tra i filari e comprendere che si è immersi in un organismo agricolo
con boschi, orto, animali e api bio.
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Una scelta biologica
Metti di avere mille anni di storia come castello in uno dei posti più belli e suggestivi della Toscana, aggiungi settecento ettari suddivisi tra vigneti, uliveti e boschi con all’interno un orto, arnie per l’apicoltura, galline, cavalli e chianine ed ecco a voi un ecosistema naturale che rende le viti felici e non stressate, in ottima salute, capaci di produrre uve straordinarie per vini eleganti e sani. Il Borro è una tenuta storica situata nel bacino del Valdarno Superiore che serba intatti il borgo medioevale con la chiesetta, la villa centrale e le monumentali cantine, acquistata nel 1993 da Ferruccio Ferragamo. Insieme all’aiuto del figlio Salvatore, avvia un ampio progetto di ripristino e restauro di tutta la tenuta dando nuovo fasto a mura testimoni della storia toscana. Il nobile savoir-faire, abbinato alla rigorosità creativa è sempre stata la firma Ferragamo che ha introdotto in ogni centimetro della proprietà, non tralasciando nulla al caso. Il Borro è un posto che suscita emozioni, dove si condividono sogni e si delizia lo sguardo.
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DALLE VITI ALL’ORTO PASSANDO PER API, GALLINE
seguita subito dopo da quella della produzione dell’olio extra
E CHIANINE
vergine di oliva. Più recentemente è stato creato un orto di
Oggi il Borro è un’azienda agricola biologica ed ecosostenibile e
un ettaro dove vengono coltivati solo ortaggi di stagione che
il cuore pulsante è proprio la viticoltura che, forte di un terroir
arrivano direttamente in cucina. Per intensificare l’ecosistema
altamente vocato per la coltivazione
naturale della tenuta, il Borro ha destinato
dei vigneti, ha dalla sua parte anche
180 ettari a foraggi e seminativi, ha inserito
l’ausilio
agronomo
le api, collocando 30 arnie per permettere
Stefano Chioccioli. Nel 2012 è stato lui
una produzione interamente biologica del
che ha dato l’impulso per la conversione
miele. Ha inoltre introdotto 200 galline
dei vigneti all’agricoltura biologica
da allevamento a terra per la produzione di
con inserimento di alcune procedure
uova biologiche e le mucche chianine per la
biodinamiche.
produzione del letame, concime utilissimo
dell’enologo
L’inizio
e
dell’attività
vitivinicola de Il Borro risale al 1995,
per tutta l’agricoltura.
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Una scelta biologica
RELAIS & CHÂTEAUX, IL LUSSO DELLA NATURALITÀ Il Borro è un Relais & Châteaux immerso nel suggestivo paesaggio toscano con ville di lusso, suite prestigiose e cinque casali adibiti ad agriturismo. Non mancano piscine, una Spa e due punti per la ristorazione: il Vin Cafè e l’Osteria del Borro dove al piano terra ospita il Tuscan Bistro e al piano superiore il Ristorante Gourmet, sotto sempre l’attenta visione dello Chef Andrea Campani. La sfida nella tenuta de Il Borro è la stessa dell’alta moda italiana, capace di conquistare il mondo mantenendo un legame ombelicale con l’artigianato locale, unico e irripetibile che fa grande il Made in Italy. Così nel vino, che proviene da un terroir d’eccezione, nutrito anche da un ecosistema perfetto minuziosamente creato per offrire un prodotto originale che si distingua con stile. Nell’azienda Il Borro c’è un esercizio estetico e sensoriale nella vigna e nel vino che connette il bello con il buono, il paesaggio incantevole con vini altrettanto incantevoli. VINI BIO Con l’annata 2015 sono entrati in produzione i vini biologici. Borrigiano è il primo biologico de Il Borro, a cui ha fatto seguito Petruna, vinificato in anfora. Borrigiano 2015 è un blend di Merlot 40%, Syrah 35%, Sangiovese 25% di bel rubino intenso con profumi delicati di fumo lento, cenere, violetta e ciliegia su ricordi di panpepato. Sorso elegante che si dispiega in una progressione di grande corrispondenza e persistenza. Con Petruna c’è la riscoperta di un antico contenitore del vino, utilizzato sia per la fermentazione sia per l’elevazione, il tutto per circa un anno. Infatti dopo la vinificazione in anfora, il vino viene chiuso con un coperchio di acciaio dentro l’anfora stessa, dove rimarrà a contatto con le bucce per almeno 12 mesi. Ottenuto da uve 100% Sangiovese, il Petruna 2015 ha un’anima raffinata e un taglio sartoriale. Come un bel vestito è cucito in modo impeccabile già dal manto tra il rubino cangiante a granato, penetrabile. Delizia l’olfatto con valenze aromatiche di frutta rossa matura, viola con lieve sottobosco e spezie. Avvolgente e suadente l’ingresso continua armonioso in tutte le sue componenti. L’eleganza è di casa e si ritrova in tutti i vini aziendali ma non è stato facile “staccarsi” dalle bollicine rosa del Metodo Classico Bolle di Borro 2011 che sembrano creare una vera e propria dipendenza dopo il primo assaggio. Sangiovese in purezza, affascinante ed emozionale dalla tonalità oro-rosa luminosissimo con 48 mesi sur lie. I suoi profumi ricordano il chicco di melagrana, la tosatura di un pane cotto a legna, ribes rosso, confetto e rosolio. Soffi minerali di roccia e gesso. In bocca è fresco, morbido, strutturato, maturo e svela lo spessore e la sostanza che un Sangiovese di razza sostiene con un finale in crescendo. Sapidità in riga e una bolla molto fine, lavorata affinché sia presente ma sottostante al vino senza imporsi. 32
n
IL BORRO S.R.L LocalitĂ Borro,1 - 52024 S.Giustino Valdarno (AR) Tel +39 055 977053 www.ilborro.it winetour@ilborro.it
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Santarcangelo di Romagna
SANTARCANGELO DI ROMAGNA D
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a r i o
R
i s i
Nella città natale di Tonino Guerra, ospitalità e antiche tradizioni all’ombra dei Malatesta.
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Santarcangelo di Romagna
Nell’entroterra di Rimini Santarcangelo di Romagna non passa
nobiliari anche Palazzo Astolfi, con il suo bellissimo parco.
di certo inosservata. In posizione strategica lungo la Via Emilia
Qui la vista si allarga a 360 gradi su tutta la provincia di Rimini
questa cittadina fortificata di impianto medievale adagiata sopra
spaziando dal Lidi ravennati fino a Riccione mentre, guardando
un colle affascina per i suoi nobili palazzi, le antiche contrade,
verso l’interno e il Montefeltro, possiamo ammirare la Rocca
le botteghe artigiane. Tanti i luoghi
Malatestiana di Verucchio, il Monte
e i monumenti da visitare, come la
Titano con San Marino, la Rocca
Rocca Malatestiana, e numerose
di guardia di Torriana, il Monte
le fiere di antica tradizione che
Carpegna (al confine tra Marche ed
richiamano
Umbria), Il Castello di Ribano.
ogni
anno
migliaia
di turisti. Qui è nato Tonino
Oggi in questo Palazzo, già ristrut-
Guerra. Un piccolo Museo ricorda
turato ed adibito a residenza di
l’arte e l’attività del noto poeta e
campagna alla fine del XVIII se-
sceneggiatore. La sua presenza si
colo, possiamo ancora apprezzare
avverte un po’ ovunque: nei vicoli più
gli ampi saloni con soffitti a volta
remoti del centro storico così come
affrescati e arredati con mobili d’e-
nelle antiche osterie. Si passeggia su
poca. Da vedere anche il vecchio
strade lastricate tra vecchie dimore e
forno e le cantine, con un antico
stamperie d’epoca gustando una piadina e sorseggiando un buon
frantoio del quale sono rimaste alcune vecchie macine in pietra.
bicchiere di Sangiovese.
La famiglia Pesaresi, proprietaria dell’azienda, accoglie amabil-
Un paesaggio che dal mare si protende verso l’interno tra vigneti,
mente gli ospiti nello splendido parco con piscina dove, nella
antiche rocche e borghi fortificati. Basta salire a Poggio Berni,
bella stagione, si organizzano eventi e ricevimenti. All’interno
pochi chilometri da Santarcangelo, nel comune di Poggio
del parco e della tenuta due vecchie case coloniche ristrutturate
Torriana, per ammirare nella sua interezza questo ricco e variegato
di recente dispongono di alcune bellissime camere arredate in
territorio. Domina il colle il suggestivo Palazzo Marcosanti,
stile rustico. Molto panoramica la sala utilizzata per la cola-
antica fortezza Malatestiana del XIII secolo. Tra i tanti palazzi
zione: ci si ristora ammirando, sotto l’ampia vetrata, la tenuta
n
A sinistra Poggio Berni,
aziendale e, in lontananza, il mare di Rimini. Oltre 20 gli ettari tra frutteti, oliveti e
Palazzo Astolfi, la Rocca
vigneti. Prodotti aziendali che in gran parte ritroviamo nella ricca e “succulenta� co-
Malatestiana e al centro
lazione. Una tavola imbandita con il meglio della tradizione gastronomica di queste
del testo una veduta di
parti. Nell’accattivante buffet troviamo cosÏ il pane fatto in casa con cereali, curcuma e
Santarcangelo di Romagna.
mirtilli rossi, anche in versione integrale. E poi a seguire gustosi salumi di Mora Roma-
In alto la tenuta e il parco
gnola e una vasta scelta di formaggi come lo squacquerone, da spalmare sulla piadina
di Palazzo Astolfi, in alto a
ancora calda, il formaggio di fossa di Sogliano al Rubicone, il parmigiano, il pecorino
destra le vie medioevali di
maturato nelle vinacce e tanti altri. Tra i dolci lo strudel romagnolo (impasto della
Santarcangelo di Romagna
ciambella e frutta cotta) e tanti tipi di crostate che nonna Evelina prepara con la marmellata (senza conservanti) della frutta proveniente dagli alberi della tenuta (pesche, 37
Bibenda 64 duemiladiciassette
Titolino di giro
albicocche, ciliegie, susine e fichi). Yogurt a volontà e, nella stagione calda, un ottimo gelato artigianale. Tra i prodotti dell’azienda anche un interessante olio extravergine di oliva, imbottigliato senza filtrazione, da cultivar Leccino e Frantoio. Per tutti gli ospiti che soggiornano nelle accoglienti camere dell’agriturismo il gentile omaggio di una bottiglia di Sangiovese. Questo per ricordare che Palazzo Astolfi è anche vino. Circa 16 gli ettari di vigneto coltivati a Sangiovese, Biancame, Chardonnay, Cabernet Sauvignon e Rebola. Gran parte delle uve vengono conferite ad importanti cantine della zona. Scelta diversa per il Sangiovese che si è deciso di vinificare in azienda e imbottigliare con una propria linea. È nato così il progetto “Silvano” per ricordare il padre di Roberto, fondatore della Tenuta. Da viti di 25 anni, su vigneti esposti con orientamento nord – sud e suoli argillo-limosi con elevato tenore di calcare, vengono prodotti Il Sangiovese di Romagna Superiore Silvano (circa 7000/8000 bottiglie) e il Sangiovese Superiore di Romagna Silvano Riserva (soltanto 666 bottiglie numerate). La vendemmia è manuale con attenta selezione delle uve sulla pianta. Per la Riserva, dopo la fermentazione malolattica, il vino viene posto in tonneau di rovere francese a media tostatura, a doghe miste, della capienza di 500 litri, dove sosta per circa 10-12 mesi. Segue, prima della messa in commercio, un affinamento in bottiglia di 6/8 mesi.
n
In alto gli uliveti, i vigneti
e la cantina di Palazzo Astolfi. Di lato alcuni prodotti dell’Agriturismo.
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2013
2012
2012 Riserva
Il Sangiovese di Romagna Superiore Silvano 2013, vinificato a temperatura controllata e affinato in contenitori di acciaio inox, appare di un bel rubino intenso e luminoso. All’olfatto è abbastanza intenso e persistente. Naso espressivo ricco di sfumature balsamiche e speziate dove si distinguono prugne e visciole su note di humus e sottobosco. In bocca un tannino spesso e appena ruvido lascia lentamente spazio a note di frutti rossi. Una sottile vena minerale accompagna il palato. Finale asciutto per un vino giovane che appaga il palato.
Il Sangiovese di Romagna Superiore Silvano 2012 è di color rubino carico e profondo con lieve unghia granata. Rispetto al campione precedente questa annata mostra un profilo olfattivo più complesso e profondo. Sentori intriganti e avvolgenti di sottobosco e confetture di prugne si accompagnano a note di ginepro, china, rabarbaro e chiodi di garofano. In bocca è caldo con tannini perfettamente integrati e un frutto decisamente maturo e carnoso. Di piacevolissima beva ha la giusta consistenza e una buona progressione gustativa. Convincente il finale asciutto e minerale su ricordi di caffè e cacao amaro. Vino elegante ed equilibrato.
Il Sangiovese di Romagna Superiore Silvano Riserva 2012 appare più austero e con profumi meno ampi e variegati rispetto alla versione base della medesima annata. Le note balsamiche e speziate apprezzate nelle versioni precedenti qui sembrano quasi oscurate da note evolute che rimandano nettamente alle confetture di amarene e prugne. In bocca è pieno e decisamente morbido con una alcolicità sostenuta e ricordi di amarene sotto spirito. Discreta la persistenza. Vino robusto ed opulento ma decisamente meno espressivo e caratterizzato della versione base.
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Titolino di giro
La Favola del Vino
L a Birra: A D ? ngelo o
S
t e f a n o
M
emone
i l i o n i
Dal nostro corrispondente ad Aruba un altro interessante spunto su cui riflettere.
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Un diavolo in sembianze di angelo tentatore si aggira intorno
per vendemmiare, pigiare, fermentare, svinare, travasare,
ai più puri estimatori del buon vino e cerca di carpirgli l’anima.
imbottigliare.
Il suo nome, suadente ed emblematico al tempo stesso, è “birra
E mi si gela il sangue per motivi tecnici: la birra si fa quando
artigianale”.
si vuole e dove si vuole, si assemblano gli ingredienti facendoli
Mi si gela il sangue quando vedo gente che di vino ne capisce
arrivare anche da ogni angolo del mondo ed il suo profilo
- e non per aver partecipato ad un corso frettoloso, ma per
gustativo (sapore, profumo, corposità, effervescenza) lo si
lunga militanza di assaggi ed esperienze – sciogliersi in brodo
decide dove la si elabora.
di giuggiole solo davanti alla prospettiva di un assaggio di
Chi ne sa di vino predica – e a ragione – che il vino “si fa nel
“birra artigianale”. Mi si gela il sangue per motivi storici: vi
vigneto” e rifugge (o contesta) tutti i vini, anche se di grande
siete mai chiesti perché il vino è argomento affrontato da molte
qualità, in odore di essere “fatti in cantina”.
religioni (il Cristianesimo lo ha addirittura eletto a perno di
Insomma, chi ama il vino realizzato dal vignaiolo “sapiente”,
uno dei suoi sacramenti, l’Eucarestia) e la birra non compare
quello che non ha paura di combattere con le forze della natura e
in nessun testo sacro, nemmeno di striscio? La ragione è molto
che se le inventa tutte per piegarla ai suoi obiettivi, non dovrebbe
semplice: per ottenere del buon vino bisogna fare i conti con
così facilmente emozionarsi davanti ad un prodotto come la birra
le forze della natura, le gelate, la siccità, la pioggia, il caldo
(se pur “artigianale”) frutto dell’abilità di un “alchimista” che si fa
eccessivo, i parassiti, le condizioni pedoclimatiche, le rese ecc.
chiamare “mastro birraio”.
ecc. Ovvero tutto ciò che all’alba dei tempi si identificava con
Bisogna decidersi: o dalla parte dei “vini naturali” o da quella
la “volontà di Dio”. E poi, ci sono tempi stretti e mai prefissati
delle “birre artigianali”. Tertium non datur. 41
Abbinando D
a n i e l a
S
c r o b o g n a
Riprendiamo, dopo la pausa estiva, questa rubrica sull’abbinamento che ci consente di parlare di cibo e vino.
Per
questa
puntata
Gianfranco Vissani
abbiamo
aiuto
che ci propone un piatto
ricco di moltissime sfumature.
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chiesto
al
Maestro
“semplice�,
ma
Abbinando
<< Chef Gianfranco Vissani
RISOTTO ALLE NOCCIOLE CON CRUDO DI BRANZINO MARINATO ALL’ANANAS, CAVIALE IN DOPPIA PANNA, WAFER DI NOCCIOLE Ingredienti per 4 persone: 150g di riso Carnaroli 30cl di brodo vegetale Olio E.V.O. sale e pepe q.b. 15g di pasta di nocciole neutra 50g di parmigiano reggiano grattugiato 20g di burro 100g di branzino 20g di ananas tagliato sottilmente 200g di panna 2 g di agar agar 1 foglio di wafer alle nocciole *L’agar agar proviene dalla lavorazione delle alghe rosse e viene utilizzato come gelificante vegetale principalmente nelle preparazioni come aspic, budini e dessert. È un polisaccaride che non altera in nessun modo il sapore delle pietanze in cui viene utilizzato, è completamente vegetale e viene ottenuto grazie ad un trattamento abbastanza complesso di lavorazione ed essiccamento di alcuni generi di alga rossa. Può essere utilizzato per gelificare anche prodotti che non si solidificano con la classica “colla di pesce” come per esempio cibi in cui sia presente l’ananas.
L’ABBINAMENTO
Condite il branzino con ananas olio e pepe, lasciatelo marinare per 12 ore, tagliatelo quindi a dadini da 2 mm ed unitelo all’ananas della marinatura,, regolate di sale e pepe. Per il caviale fate bollire la panna fino a quasi metà del suo volume e unite poi l’agar agar* , lasciando bollire per un minuto; versate il composto in una siringa e fate cadere tante gocce in olio di semi freddissimo in modo da formare tante piccole sfere. Tostate il riso in olio extravergine d’oliva con un pizzico di sale e pepe , bagnate col brodo caldo che aggiungerete man mano, a metà cottura versate la pasta di nocciole e parte del formaggio e regolate di sapore; nel frattempo tagliate il wafer in piccoli rettangoli e farcitelo con 2 strati di branzino,quando il riso sarà cotto mantecate lontano dal fuoco col burro ed il parmigiano facendo risultare il risotto all’onda. Servite il risotto con vicino una striscia di caviale di doppia panna ed il wafer di branzino all’ananas.
Il piatto ha una spiccata tendenza dolce ma anche una certa complessità data dalla presenza delle nocciole, ananas e branzino. Da non trascurare la palatabilità giocata su parti morbide e croccanti. Tutti caratteri che vanno esaltati cercando nel vino, rigorosamente bianco, la loro sublimazione. Il vino che ho scelto è Aurora dell’Etna 2016 di Salvo Foti. Enologo e forse uno dei più grandi conoscitori delle diverse potenzialità dell’Etna, da sempre chiamato a vinificare sia Carricante che Nerello Mascalese anche per altri produttori, è riuscito oggi a raggiungere l’obiettivo di produrre i suoi vini da vigne di oltre 100 anni, con rese che si aggirano sui 30 quintali. Vini essenziali, diretti, puri. Vini senza tempo, appunto vini umani. Aurora dell’Etna 2016 - Tipologia: Bianco Vdt | Uve: Carricante 90%, Minnella 10% | Gr. 12,5% | € 20 | Bottiglie: 5.000 Antica lavorazione che si effettua rigorosamente in palmento, trascorre 6 mesi solo in acciaio da 2500/5000l. Come a richiamare il nome brilla di luce solare, giallo oro. Profumi che ricordano le erbe aromatiche e la macchia mediterranea, tra le quali spiccano menta e lentisco, segue poi un succulente agrume e tanta salsedine. Bocca pacata, scivola lentamente esprimendo morbidezza e salinità in un connubio esemplare. Persiste nelle note saline. 43
r u o t S
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t e l l a
G .
d e
B
a c i i s
Il
nostro
“risto-tour”
in giro per l’Italia questo mese arriva in
indirizzo ultracentenario dove lo chef
Piemonte,
in un
Gian Piero Vivalda, “figlio d’arte”,
sa
intelligentemente perpetuare e interpretare la tradizione guardando al futuro ma rispettando il passato e le proprie radici.
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ANTICA CORONA REALE Correva l’anno 1855 quando il primo membro della famiglia Vivalda, Alessandro, firmava l’atto di acquisto della licenza del locale, la cui storia però risaliva addirittura al 1815. Oggi Gian Piero - ultima generazione di questa illuminata stirpe di ristoratori - continua a custodire nel migliore dei modi questo capolavoro di ospitalità, classe e buon gusto. Lo trovate sulla statale che da Bra porta a Fossano, nel cuore delle Langhe, a meno di un’ora d’auto da Torino. E se andate di sera potreste rischiare anche di non fermarvi perché solo una piccola luce rischiara l’ingresso e la minuscola insegna di questa dimora di campagna. Del resto questo è lo stile della casa, misurato nell’immagine ma grandioso nella sostanza. Perché qui, cari signori, va in scena una cucina di territorio con la T maiuscola, fatta di tecnica solida ed eccellenti materie prime, a partire dal porro di Cervere, gloria del paese, insieme al meglio del meglio, cercato e portato a casa anche a costo di percorrere molti chilometri. Non solo nocciole
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ANTICA CORONA REALE Cervere (CN) Via Fossano, 13 - tel. 0172 474132 www.anticacoronareale.com chiuso martedì sera e mercoledì; a ottobre e novembre chiuso solo mercoledì prezzo 95 euro
di Cortemilia, capretto di Roccaverano, tartufo d’Alba (solo per fare qualche esempio), ma anche fragole e funghi porcini della Valle Pesio, carni del Cuneese e perfino gli straordinari gamberi di Sanremo. Ora siamo in autunno, dunque in carta troverete la splendida terrina di fegato d’anatra, la sua scaloppa agli agrumi e pan brioche (da bis!); la golosissima trippa di vitello (lavata a mano!) accompagnata dai fagioli di Centallo; i tajarin ai 35 tuorli d’uovo con il nobile tartufo bianco; i gobbi ai tre arrosti serviti al tovagliolo; le ghiotte lumache di Cherasco ai porri, mele renette e marmellata di rosa canina; la sontuosa finanziera (piatto a base di frattaglie, una vera delizia), che da sola vale il viaggio. Si resta estasiati dai profumi, dai sapori, dalla pulizia e precisione assoluta delle preparazioni e delle cotture. E poi, i grissini maison che uno tira l’altro, i fantastici formaggi, la scelta di caffè, la cantina ricca e profonda… Ma non sveliamo proprio tutto, altrimenti toglieremmo il piacere della sorpresa.
solerte e attento a ogni minima sfumatura, pur mantenendo una
A chiudere il cerchio, un ambiente di avvolgente atmosfera ed
gradita discrezione. Se invece volete approfittare dell’ameno
eleganza classica, con volte in mattoni a vista, camino e bei
giardino, vi toccherà tornare in un altro momento dell’anno,
tavoli tondi rivestiti da candidi tovagliati; un servizio presente,
ma siamo sicuri che non sarà di certo un sacrificio… 47
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Cambiamenti
Cambiamenti A
n g e l o
G
a j a
Riflessioni di Angelo Gaja sugli importanti cambiamenti avvenuti nel mondo del vino negli ultimi decenni.
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Cambiamenti
Sono almeno tre i cambiamenti significativi avvenuti nel mondo del vino negli ultimi decenni. 1. PERDITA DELLA FUNZIONE ALIMENTARE. Ovunque nei paesi produttori il vino da bene alimentare che era, ha assunto la funzione di bene di lusso, indipendentemente dal prezzo, perché non indispensabile, non di prima necessità. Il paese più preparato ad affrontare la transizione fu la Francia che al vino bevanda di lusso aveva sempre riservato una minuscola nicchia. Mentre per l’Italia, il passaggio è stato culturalmente più faticoso da affrontare per le molte strutture, regolamenti e resistenze che traevano ispirazione dalla funzione alimentare. I beni di lusso richiedono tecniche di vendita diverse: occorre mettere in atto azioni di marketing appropriate, aggressive e continue nel tempo anziché accontentarsi della vecchia strategia rinunciataria e perdente del prezzo basso. A cosa serve il marketing? a fare sì che un bene venga preferito ad un altro non tanto per il rapporto qualità/prezzo, quanto per altri valori apprezzati dal consumatore: aver conosciuto il produttore, condividerne i progetti, riconoscerne la dedizione alla qualità, riporre fiducia nella denominazione e nel marchio, popolarità, notorietà, novità, rarità, storia, prestigio,… che in parte possono anche essere costruiti artificiosamente, ma è sviante diffidare sistematicamente della parola marketing; perché quando è sano e corretto consente di consolidare il legame con i consumatori, dare più visibilità ai marchi aziendali e recuperare valore aggiunto. 2. IL CAMBIAMENTO CLIMATICO. È divenuto un tema di grande attualità ed i rimedi per contrastarne gli effetti sono stati ampiamente dibattuti. Non mi appello al “mal comune, mezzo gaudio”, però ad oggi è possibile osservare che altri paesi stiano peggio dell’Italia. Giacomo Tachis, il padre dei consulenti vinicoli italiani, usava dire che “il vino ama il respiro del mare”. Il nostro paese, con 8.000 chilometri di fascia costiera, è molto più favorito della Francia e della Spagna; gode di una orografia che lo rende ricco di acqua (ne vendiamo anche miliardi di litri in bottiglia). La conformazione collinare consente di elevarsi di quota, alla ricerca di climi più freschi (cosa che non può fare Bordeaux). L’Italia annovera un ampio numero di varietà di maturazione tardiva, che il cambiamento climatico penalizza meno di quelle precoci delle quali la Francia è ricca. L’annata 2017 insegna, per chi vuole imparare, le misure di contrasto da adottare. 50
3. I VINI VARIETALI.
internazionale. Questi vini godono sui mercati extraeuropei
Diversi paesi extra-europei, da potenziali importatori di vino
di crescenti vantaggi: portano nomi varietali, pochi e facili
che erano, si attrezzarono per diventare produttori. L’avvio lo
da memorizzare; a farne crescere la domanda contribuiscono
diedero gli Stati Uniti che si ispirarono alla Francia. Presero ad
congiuntamente tutti assieme i paesi del nuovo mondo;
impiantare vigneti delle varietà Cabernet, Merlot, Chardonnay e
costruiscono assuefazione al gusto specie tra i nuovi consumatori;
poche altre. L’esempio degli Stati Uniti fu ben presto seguito da
sono sostenuti da un marketing aggressivo e differenziato; le
Cile, Argentina, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Israele, …
cantine che li producono non godono di sostegno pubblico,
(sulla stessa strada si sta avviando la Cina), i quali fecero crescere la
così la selezione degli imprenditori capaci di stare sul mercato
produzione con l’obiettivo dapprima di consolidare la domanda
è più efficace. L’Italia invece si trova nella condizione di essere
sui rispettivi mercati interni e poi diventare anch’essi paesi
l’unica nazione a produrre e costruire domanda su vini derivanti
esportatori. Tutti a produrre vini dalle poche identiche varietà
da alcune centinaia di varietà storiche, coltivate esclusivamente
francesi, quelli che con malcelato disprezzo definiamo di gusto
nel nostro paese, che danno origine ad oltre 520 denominazioni. 51
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Cambiamenti
Si avvertono così oggi segnali di inquietudine a causa di un mercato estero divenuto più competitivo. I cambiamenti ai quali ho accennato creano difficoltà e problematiche nuove per affrontare le quali occorrono apertura mentale, capacità di osservazione, disponibilità ad assumere il rischio di impresa, applicazione di nuove strategie, investimenti. Anche i produttori medio - piccoli (gli aggettivi fanno riferimento alla dimensione aziendale) ne hanno consapevolezza e molti tra essi sono in grado di accogliere la sfida. Il sostegno che essi sono in grado di offrire al successo del vino italiano viene spesso sottovalutato: l’idea che i produttori medio piccoli costituiscano una palla al piede per il vino italiano n
Angelo Gaja
è profondamente sbagliata. Essi sono spesso capaci di pensare diverso, di esplorare strade nuove, e lo fanno con capitali propri ed a proprio rischio senza succhiare denaro pubblico; se avranno successo forniranno utili esempi. Lo fecero in passato Ferruccio Biondi Santi, Mario Incisa della Rocchetta, Edoardo Valentini, ... Numerosi quelli che lo stanno facendo ora. Per questa ragione svolgono una azione sinergica e complementare a quella dei produttori di grandi volumi. Furono principalmente i produttori mediopiccoli, nei decenni sessanta, settanta ed ottanta, con la loro dedizione alla qualità, a contrastare la dilagante frode commerciale, gli scandali, l’immagine di assoluta modestia che sui mercati esteri veniva attribuita al vino italiano. Dopo di allora però la burocrazia crebbe a dismisura, si accanì, e sono i produttori medio - piccoli a soffrirla maggiormente, proprio quelli che andrebbero sostenuti, recuperati. Per favorire la crescita del vino italiano è indispensabile allentare l’abbraccio soffocante della burocrazia e rimuovere le molte ruggini accumulate nel tempo. Affinché non svaniscano gli effetti delle misure introdotte recentemente dal Testo Unico occorre accelerare l’approvazione dei decreti attuativi; ad ostacolarne il percorso sono però le associazioni di categoria che difendono accanitamente i propri interessi e preferiscono lo stallo a soluzioni che non le favoriscano. I produttori medio - piccoli potrebbero farne le spese. Cinquant’anni fa’ si decise che il settore vitivinicolo dovesse essere sostenuto con forti iniezioni di denaro pubblico: per tutelare la funzione alimentare del vino e sottrarre i viticoltori dalle grinfie dei commercianti che dominavano il mercato dell’uva. I cambiamenti sopraggiunti sono stati profondi. L’assistenzialismo ad oltranza non è più una esigenza come allora, crea distorsioni al mercato ed alimenta interferenze politiche. Per questo motivo occorre fare appello al principio della trasparenza. A quanto ammonta annualmente il sostegno pubblico al comparto viti-vinicolo italiano? a quali settori ed in quali misure viene assegnato? Chi sono le cantine che utilizzeranno mosto concentrato o zucchero d’uva nell’annata 2017? quando ovunque in Italia la pratica di correzione dei mosti non è necessaria. Dovremmo imparare ad indignarci nel 2018 allorché verremo ad apprendere di cantine che venderanno all’ingrosso, agli imbottigliatori, volumi di vino italiano dell’annata 2017 a meno di un euro al litro, quando il calo di produzione nazionale
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potrebbe superare il 30% (i loro vigneti stanno sotto un altro cielo?). Che interesse ha l’Italia a gareggiare per il primato della quantità annuale di produzione di vino, confortati come è vero che sia anche di buona qualità, e poi apprendere che all’export viene venduto ad un prezzo medio al litro che è uno dei più bassi al mondo?
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Jermann, una fiaba del Collio
JERMANN, una fiaba del Collio A
l e ss i a
B
o r r e l l i
La visita alla storica azienda del Collio Friulano: unâ&#x20AC;&#x2122;esperienza travolgente.
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Jermann, una fiaba del Collio
C’
era una volta in Collio un castello dove affinavano dei vini da favola… una fiaba moderna dalle origini antiche è la storia dell’azienda Jermann e raccontarla significa risalire all’albero genealogico di famiglia e svelare le antiche origini di una di-
nastia il cui cognome, ad esempio, fu modificato per novant’anni in Ierman, fino a quando Silvio Jermann, attuale guida dell’azienda, ne rivendicò le radici slovene. Silvio, grande personalità eclettica e uomo di una cultura di confine, cerca sin da ragazzo l’affermazione di un sogno rivolto al sostegno dei Paesi dell’Est Europa e alla speranza di una riunificazione del territorio italiano e sloveno nella denominazione geografica di un’unica collina, il Collio-Brda. Infatti, proprio sul versante opposto di questa terra di confine, si era inizialmente stabilito Antonio di Stefano Jermann, il padre fondatore della cantina, originario di Bigliana (oggi Slovenia) anche se il cognome sembra risalire alle terre del Burgenland. Il bisnonno di Silvio aveva deciso di traferirsi definitivamente nel 1881 a Villanova di Farra, iniziando così il percorso
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degli Jermann in terra friulana. Varcando oggi la soglia della tenuta di Ruttars, in località Dolegna del Collio, tappa fondamentale della Strada del Vino del Collio, si respira l’atmosfera di un mondo fiabesco, un castello-cantina, dove l’eleganza e il rigore si fondono in un gioiello unico, un luogo dove ogni singolo dettaglio è espressione di gusto e armonia. Basti pensare che la struttura della moderna cantina è stata perfettamente integrata nel disegno di una classica weingut austriaca, dove la natura circostante è la protagonista assoluta che incornicia il paesaggio con vigneti coltivati come fossero dei giardini all’italiana di fine ‘700. Tutto è così precisamente allineato che il sole sembra essere al servizio di questo mondo incantato, nei vigneti accarezza i filari tirati a giro poggio intorno alle dolci colline, in cantina riflette la sua energica trasparenza, regalando giochi di luci e colori studiati appositamente per materializzarsi quando i raggi solari, filtrando le acque della fontana posta nel cortile d’ingresso, attraverso un vetro che si trova alla base della sorgente, si riflettono in un locale sotterraneo, dove si apre un oblò, al centro di una volta che è il
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Jermann, una fiaba del Collio
soffitto della cantina di affinamento delle botti di quercia. Tre
Tunina, un vino divenuto sin dalle prime vendemmie l’icona
piccole campane situate sulle mura perimetrali dell’azienda,
di uno stile, definito dallo stesso Luigi Veronelli nel 1976 “il
scandiscono, ogni quarto d’ora, il suono del tempo che passa,
Mennea dei vini italiani”. La ricetta del vino è stata un rifles-
con una melodia soave che riporta indietro alla tradizione po-
so del pensiero di integrazione di Silvio, che ha puntato sul
polare delle campagne in cui i rintocchi del campanile della
connubio tra vitigni stranieri come lo Chardonnay e il Sauvi-
chiesa avvisavano i contadini del passare delle ore di lavo-
gnon, insieme alle tradizionali uve di Ribolla Gialla, Malvasia
ro nei campi. A partire dagli
Istriana e Picolit. Un capola-
anni ’70, Silvio ha delineato
voro, capace di appassionare e
un nuovo stile di fare vino,
scaldare mente e cuore di chi
molto diverso dalla moda di
lo assaggiava, regalando gran-
quegli anni, in cui i vini bian-
di emozioni proprio come le
chi erano molto sbilanciati,
vittorie sportive di campioni
caratterizzati da una struttura
della stoffa di Mennea. Accan-
alcolica elevata e da una pati-
to a questo successo, nasce un
nosa forza gustativa. Lui alla
altro grande vino da uve Char-
costante ricerca dell’elegan-
donnay affinate in barrique, il
za, rincorreva la territorialità
“W…Dreams” in cui Silvio dà
dei profumi fini e profonda-
libero sfogo alla sua vena arti-
mente minerali, le vellutate nuance salmastre, le espressio-
stica, lasciandosi ispirare per la sua “ricetta”, dall’ascolto della
ni balsamiche che nel lungo periodo potessero rivelare la
canzone degli U2 “Where the streets have no name” dall’album
piacevole persistenza e l’infinita godibilità dei suoi nettari.
Joshua Tree, immaginando di creare un nettare da sogno che
Eccolo allora realizzare la prima etichetta storica, il Vintage
nel significato del suo nome esprimesse la speranza infinita dei
n
Jermann Loc. Trussio 11, Fraz. di Ruttars 34070 Dolegna del Collio GO Tel. 0481 888080 info@jermann.it www.jermann.it
desideri “Where Dreams have no end”. A conclusione di questo excursus storico, citiamo il Capo Martino, il vino nato per celebrare i 110 anni di storia enologica della famiglia Jermann, composto dalle uve locali di Friulano, Malvasia, Ribolla Gialla e Picolit. Un vino della tradizione che porta con sé le radici ma anche l’innovazione. Ogni vino in questa realtà oltre ad avere la sua personalissima storia d’origine, assume una simbologia più profonda, legata alla passione infinita per questo territorio, al religioso rispetto delle regole e delle tradizioni di famiglia, alla verità d’animo di chi li ha pensati, ad uno stile di famiglia unico e fiabesco che non può prescindere, nel passaggio tra la vigna e la cantina, dalla cura di ogni singolo grappolo coltivato, alla stretta di mano con ogni collaboratore e all’affabile ospitalità riservata a chi li visita. 59
Bibenda 64 duemiladiciassette
Rosa, color Provenza
ROSA, COLOR PROVENZA M
a r i a
A
n t o n i e t t a
P
i o pp o
Un bel viaggio alla ricerca dei rosati, in tutte le sfumature possibili.
60
Un viaggio dalle sfumature rosa. Non un colore, tanti pigmenti, proprio come un mix di sensazioni che scaturiscono dall’assaggio di un buon vino. Si tratta di un racconto che rappresenta solo l’inizio di un percorso alla scoperta dei rosati di Provenza. Ebbene sì, anche stavolta i protagonisti sono i francesi e non perché noi italiani siamo da meno ma molto più semplicemente perché anche in questo caso i nostri “amati” cugini sono riusciti a promuovere e valorizzare un territorio. La prima cantina si chiama Domaine Tempier, Appelation Bandol, una delle aree più importanti. Il proprietario si chiama Daniel Ravier e il suo benvenuto è un rosato, Bandol 2016, prodotto con il 50% di Mourvèdre, uva autoctona, Grenache, Cinsault e una piccolissima percentuale di Carignan. All’analisi visiva il colore è un rosa ramato con sfumature color salmone. All’olfatto sentori di fiori e frutta si esprimono in maniera netta ed elegante e si alternano a soffi minerali. L’ingresso al palato è fresco-sapido con un ritorno piacevole delle note di fiori e frutta. È avvolgente e di buona persistenza. L’assaggio prosegue con i rossi, sempre Appelation Bandol e una piccola verticale dal 2015 al 2010 e poi ancora annate strepitose come la 2001 e la 1992 che mostrano una grande capacità di evoluzione di questi vini prodotti sempre con le medesime tipologie di uve. Stessa Appelation, produttore diverso, ecco un altro esemplare, Les Lecques 2016 de La Chrétienne, un piccolo domaine a Saint-Cyr-sur-Mer di proprietà del vigneron Thierry Simon. Stesso uvaggio con una percentuale leggermente superiore di Mourvèdre. Il colore vira più verso il ramato. All’olfatto sono immediatamente riconoscibili sentori di ciliegia e frutti di bosco. Al palato è fresco e sapido ma ha anche una buona morbidezza e una leggera astringenza data dai tannini. Da Bandol il viaggio continua verso un’altra Appelation, Côtes de Provence e l’incontro di un produttore un po’ sui generis, Henry Milan, titolare dell’omonima cantina a Saint Rémy-de-Provence. Le uve utilizzate sono Grenache Noir, Mourvedre e Syrah. Colore leggermente più carico, fresco al palato e con un’astringenza un po’ più marcata. Dopo oltre sessanta chilometri, la destinazione è Seguret in Côtes du Rhone, passando tra i girasoli tanto cari a Van Gogh e tanti altri scorci di Provenza meravigliosi. E proprio in questi luoghi si trova Domaine Jean David, con il suo Le Rosé de Janot, da uve Grenache, Syrah e Tempranillo, che chiude in bellezza questa interessante batteria di rosati. Il colore è un rosa tra il chiaretto e il cerasuolo. All’olfatto è un trionfo di frutti rossi con sentori riconoscibili di fragola selvatica, lampone e mirtillo. Attacco gustativo intenso con un fruttato che torna piacevolmente al palato e un perfetto equilibrio tra freschezza e morbidezza. E così, tra cinque sfumature di rosa, si conclude questo primo viaggio in Provenza. 61
Bibenda 64 duemiladiciassette
Montefalco: tra Benozzo, Sagrantino e Francesco
Montefalco: tra Benozzo, Sagrantino e Francesco
L
Una
u c a
L
i b e r a t o s c i o l i
no la chiesa di San Francesco; fu proprio
città bipolare: da un lato le
opere d’arte e la spiritualità del
Montefalco, Benozzo pinse a fresco
grazie a loro che venne chiamato da Fi-
luogo, dall’altro il vino che incarna
giovenilmente in te le belle mura
renze un pittore che qui avrebbe affresca-
che di amor per ogni creatura
to uno dei cicli pittorici più importanti
aspetti più terreni.
Circondato dalle colline umbre, con i
viva, fratello al sol come Francesco.
loro dolci pendii ricoperti da un man-
62
del Rinascimento: Benozzo Gozzoli. Visitare questo paese, godendo del suo
to verde che sembra velluto e da filari
Dolce come sul poggio il melo e il pesco,
incantevole paesaggio e degustando il
di vite a perdita d’occhio, il paese di
chiara come il Clitunno alla pianura,
suo vino, è davvero esemplare dell’e-
Montefalco sorge a sud est di Perugia,
di fiori ed acqua era la sua puntura,
norme bellezza che è possibile trova-
a una manciata di chilometri da Foli-
beata del sorriso di Francesco.
re in Italia, anche quando si esce dal
gno e a una trentina da Assisi.
circuito delle grandi città d’arte per
I versi presi in prestito dal sonetto dan-
esplorare i nostri meravigliosi borghi.
nunziano ci introducono le sue peculiarità e preannunciano l’espe-
Il frutto dell’interazione storica tra il territorio e i suoi abitanti
rienza di viaggio: la presenza della comunità francescana è profon-
è evidente: qui è possibile ammirare uno dei più grandi artisti
damente radicata e, come in molte parti nella regione, identifica
rinascimentali ed è possibile deliziarsi con uno dei vini rossi
Montefalco. Già nel XIII secolo i frati erano presenti ed edificaro-
italiani di maggior personalità e notorietà.
Benozzo Gozzoli, Incontro a Roma tra San Francesco e San Domenico, affresco, Complesso Museale di San Francesco, Montefalco.
spazio, l’uso della prospettiva, una minuziosa indagine del reale, il tutto avvolto da una luce carica di spiritualità, retaggio della collaborazione con Beato Angelico. È un passaggio ideale, una volta terminato di ammirare quest’opera, dedicarsi a un altro tipo di piacere lasciandosi avvolgere dal caldo abbraccio del Sagrantino. La sua storia è antica e poche sono le certezze se non che fosse già noto nel Cinquecento, ma non è chiara la sua origine anche se generalmente viene considerata l’uva autoctona di questo territorio. Tra le varie ipotesi che quest’uva fosse una diretta parente dell’Itriola, tipica della vicina Bevagna e descritta da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Quel che è certo è che il Sagrantino era noto, nella sua versione dolce, da diversi secoli e probabilmente il nome deriva proprio da “Sacramenti”, che testimonierebbe il suo utilizzo da parte dei francescani anche per scopi liturgici. Quando si arriva a Montefalco infatti non si può prescindere
La versione “secca” del Sagrantino è abbastanza recente e risale
da questa bipolarità; se da una parte gli affreschi di Benozzo
più o meno agli anni Settanta quando alcuni produttori ebbero
cristallizzano la spiritualità del luogo e dei suoi abitanti, negli
la lungimiranza di intuire le potenzialità di questo vino e di
echi di Francesco, dall’altra il suo vino ne incarna gli aspetti
puntare su una produzione di qualità. Da quel momento in
più terreni: l’impegno, il lavoro, la fatica ma anche la passione,
poi la considerazione per questo vino crebbe, fino ad arrivare
l’amore, la qualità, la tipicità. Tra realtà e leggenda, la presenza
all’istituzione della DOCG nel 1992. La sua zona di produzione è
francescana è l’humus comune su cui si sviluppano le storie
costituita oltre che da Montefalco, dai territori di altri 4 comuni:
dell’eccellenza artistica ed enologica di questo luogo.
Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano nell’Umbria.
Benozzo arrivò nel 1450 e tenne fede alla sua fama decorando la
Questo uno di quei posti dove si torna sempre volentieri, per le
chiesa di San Francesco, trasformata oggi in un ottimo complesso
sue peculiarità che travalicano la percezione del tempo: idee di
museale, dove affrescò gli episodi della vita del santo, circa cento-
rinascimento, di umanesimo, idee di spiritualità e fratellanza. E
cinquanta anni dopo l’intervento di Giotto nella vicina Assisi.
un bicchiere di vino sarà sempre di aiuto nel porre nella giusta
In tutto rimane due anni, il tempo di lasciare un’importante te-
ottica le cose davvero importanti nella vita. E se D’Annunzio
stimonianza della sua arte, amalgamando sapientemente il carat-
avesse scritto il suo sonetto ai giorni nostri, certamente avrebbe
tere tipicamente fiorentino e rinascimentale della sua pittura con
ritratto insieme al lavoro di Benozzo anche l’altro straordinario
la tradizione pittorica locale: un nuovo modo di rappresentare lo
protagonista di Montefalco: il Sagrantino. 63
La Sacerdotessa nelle Langhe
Bibenda 64 duemiladiciassette
LA SACERDOTESSA S
a l v a t o r e
M
a r s i l l o
Marina AbramoviÄ&#x2021; ad Alba per una due giorni dedicata agli amanti dellâ&#x20AC;&#x2122;arte e non solo. 64
nelle Langhe 65
Bibenda 64 duemiladiciassette
Titolino di giro
Andando a zonzo per le Langhe, dalle parti di La Morra, è facile imbattersi in un puntino colorato che spicca tra le colline verdeggianti e ancor di più quanto il panorama è avvolto dalla foschia autunnale o dal candore della neve. Si tratta della Cappella di SS. Madonna delle Grazie, costruita nel 1914 come riparo dagli acquazzoni per i vignaioli ma mai consacrata. Nel 1970 venne acquistata dalla famiglia Ceretto insieme a 6 ettari del rinomato vigneto di Brunate; l’edificio era ormai ridotto a un rudere ma grazie all’intervento degli artisti Sol LeWitt e David Tremlett è stato trasformato in una delle immagini più riconoscibili e fotografate nel territorio langarolo. Da sempre sensibili all’arte contemporanea, i Ceretto negli anni hanno dato sfogo a questa passione coinvolgendo artisti di spicco nei progetti più disparati. Nomi del calibro di Francesco Clemente, esponente della Transavanguardia, che ha affrescato il ristorante di famiglia “Piazza Duomo” ad Alba o Valerio Berruti che nel 2012 ha realizzato un cancello/scultura per delimitare i terreni del cru Bricco Rocche, cuore della produzione dei Barolo della casa. La quarta generazione dei
In occasione della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco, i Ceretto già da diversi
Ceretto, da sinistra: Federico,
anni chiamano grandi artisti internazionali a realizzare progetti o eventi nel
Lisa, Alessandro e Roberta.
comune di Alba. Quest’anno è stata la volta di Marina Abramović, pioniera, di
Sotto Marina Abramović alla
più… sacerdotessa, dell’art performance. Attiva e seguitissima già dai primi Anni
Biennale di Venezia la perfor-
70, contesa dai principali musei del mondo, nel 1997 ha portato alla Biennale di
mance “Balkan Baroque”.
Venezia la performance “Balkan Baroque” per denunciare la guerra nell’ex Jugoslavia.
A destra alcuni vigneti Ceretto
L’esibizione, che le ha valso il Leone d’oro come miglior artista, è durata quattro
e la Cappella delle Brunate.
giorni e ha avuto come palcoscenico uno scantinato buio con tre installazioni video,
n
tre sculture in rame contenenti acqua (a simboleggiare la purificazione spirituale) e la stessa Abramović seduta 6 ore al giorno intenta a raschiare 1500 ossa di bovino. E ancora. Nel 2010 l’artista si è esibita al MOMA di New York restando per 700 ore su una sedia con lo sguardo fisso di fronte a sé. Viste le premesse si capisce che non è cosa di tutti i giorni poterla incontrare; l’idea stessa più che al mondo delle possibilità concrete appartiene a quello ovattato dei sogni, eppure la famiglia Ceretto è riuscita a portare questa iconica artista nelle Langhe, coinvolgendola in ben due occasioni. Il primo appuntamento si è tenuto lo scorso 28 settembre nel Coro della Maddalena ad Alba, dove Marina Abramović ha presentato la video-installazione «Holding the Milk» estrapolata da un progetto più ampio intitolato «The Kitchen, Homage to Saint Therese». Nel video appare immobile e ieratica, vestita di nero, in una cucina abbandonata mentre sorregge una tazza colma di latte; illuminanti del parole della stessa artista per capire il senso 66
dell’opera: “La cucina di mia nonna è stato il fulcro del mio mondo: tutte le storie
n
Ceretto
venivano raccontate in cucina, ogni consiglio sulla mia vita veniva dato in cucina; il
Strada Provinciale Alba/
futuro, contenuto nelle tazze di caffè nero, veniva letto e annunciato solo in cucina;
Barolo Località San Cassiano,
quindi è stata davvero il centro del mio universo, e tutti i miei ricordi più belli
34 12051 Alba (Cn)
nascono lì.”.Il giorno dopo lecture al Teatro Sociale di Alba dove la Abramović ha
Tel. 0173.282582
svelato l’essenza del proprio lavoro - “la performing art non è teatro: nella performing
Fax 0173.282383
art il sangue è sangue, mentre a teatro il sangue è ketchup. Il corpo dell’artista
ceretto@ceretto.com
interagisce con il corpo del pubblico e l’energia che scaturisce ti protegge” - e ha
www.ceretto.com
risposto alle domande del pubblico. 67
Bibenda 64 duemiladiciassette
D 68
a n i e l e
M
Studenti, Pop e Moscatel
a e s t r i
Studenti, Pop e Moscatel La bevanda preferita dagli studenti portoghesi? Moscatel con birra alla spina.
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Bibenda 64 duemiladiciassette
Studenti, Pop e Moscatel
Settembre. In Europa riaprono le porte le scuole di tutti i livelli. Suona la campana, i bambini corrono sovreccitati e impazienti di raccontare le vacanze appena trascorse, far vedere i nuovi giochi portati da paesi esotici o meno, toccare con la mano quelli degli amici che diventano all’istante oggetto del desiderio. Gli universitari faticano a riprendere il ritmo, svegliarsi presto dopo mesi di totale relax e notti brave non è una passeggiata. E anche il tempo della famosa ottobrata romana invoglia a continuare a godersi le lunghe serate di tepore che, sul tardi, lascia spazio ai brividi dei corpi esposti alle prime frescure autunnali notturne. Ci si ritira nei locali. Lunghe conversazioni filosofiche sul cambio delle stagioni, sull’assurdità della vita (vi riconoscete?) e sulle stranezze dei professori continuano a scorrere davanti ad un bicchiere… di cosa? “La nostra bevanda preferita, di studenti portoghesi, è il Moscatel con la birra alla spina”, - racconta, in un inglese pressoché perfetto, una ragazza portoghese, guida in alta stagione nelle cantine della strepitosa Quinta Portal nella Valle del Douro. Ma come? Quinta Portal fu realizzata da Alvaro Siza Vieira, uno dei più noti e stimati architetti dell’epoca moderna, un portoghese di Porto. All’interno, la cantina dispone delle più moderne tecniche di produzione vinicola in pieno regime di sostenibilità e di cura dell’ambiente. Le botti costituiscono artefatti scenografici e magnifici e veniamo a sapere che dentro, in alcune di esse, riposa il Moscatel e Moscatel Reserva. “Quello appena imbottigliato, viene da questa botte, vintage 2004. Ma solo poche bottiglie, un assaggino per il mercato, il resto rimarrà in botte per altri anni ancora, più anni possibile”. Qualcosa non quadra. Architettura, vintage, decenni di maturazione… Da miscelare con la birra? “Ma no”, -ride la nostra studentessa e ci illumina. Moscatel è un vino fortificato portoghese, esattamente come il Porto con la differenza che
70
l’ultimo si fa con un blend di diversi vini e vitigni, mentre Moscatel con il solo vino (o vini), ottenuto dall’uva dolce e profumata di Moscatel (Moscato). Due sono le zone storiche di produzione: Favaios (Douro) e Setúbal (a sud di Lisbona). La maggior parte di Moscatel è un vino economico, prodotto con una miscela di vini di diverse annate, fortificata fino ai 17-18° di alcol e affinata nelle grosse botti di legno per massimo tre o quattro anni. Ne viene fuori un vino non impegnativo, venduto nei supermercati a pochi euro bottiglia. Ma c’è anche Moscatel Riserva. In questo caso si tratta di un Vintage con il minimo di 7 anni (e molto oltre) di permanenza in botte sulle bucce. Ne esce un nettare color caramello dorato, con sfumature di arancia rossa e dattero di Gerusalemme. Il Moscatel di Douro (utilizzato anche per rendere più aromatici i porti bianchi) è in grado di creare vini particolarmente complessi e equilibrati in acidità, aromi floreali e agrumati, sapori di scorza d’arancia o di mandarino, albicocche e tanta più frutta secca quanto più a lungo rimangono in legno. Poi ci sono delle varianti di produzione. Qualche produttore fa il Moscatel da aperitivo, dividendo dopo la fermentazione il vino in due parti e facendo maturare una parte in botti di rovere e l’altra in vasche di acciaio, per poi unirle prima dell’imbottigliamento. Il risultato è un vino deliziosamente morbido che mantiene vibranti note citriche e freschezza che strizzano l’occhio alla leggerezza. “Non è un vino da vecchi, lo consumiamo freddo come aperitivo, oppure come digestivo o vino da dessert, altrimenti come un drink a se stante o come base per il cocktail con la birra, il preferito tra noi studenti. Ci si balla bene, senza sballarsi. Se poi il Moscatel lo mixi con dell’acqua tonica e un po’ di menta fresca, crei momenti molto romantici… Provateci!” - ammicca la nostra giovane oste.
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Bibenda 64 duemiladiciassette
Pregio o virtù?
PREGIO O VIRTÙ? R
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a ff a e l e
F
i s c h e t t i
Come l’esperienza possa mettere al riparo il degustatore da valutazioni frettolose e del tutto sbagliate.
A volte capita, degustando un vino, di avvertire il cosiddetto bouquet di “riduzione”, ossia il fenomeno contrario all’ossidazione che non rappresenta di per sé necessariamente un sintomo di cattiva qualità. Lo si riconosce facilmente al naso, visto che esprime sentori che si avvicinano al metallo, all’acciaio, altre note riconducibili ad animali (stalla) o addirittura al salame. Sono note passeggere nella maggior parte dei casi e si presentano nel vino in determinati momenti della sua vita in bottiglia (quando in genere dopo essere stato imbottigliato viene a mancare l’ossigeno). Ci sono anche, secondo la mia modesta esperienza, alcuni vitigni più sensibili di altri a questo fenomeno, penso al Syrah e in alcuni casi al Negroamaro ma non escludo altre tipologie a priori che possano presentare a volte problemi del genere. Non bisogna di certo preoccuparsi di aver investito male i propri soldi in una bottiglia difettata ma basta semplicemente attuare dei piccoli accorgimenti per salvare la nostra degustazione. Infatti, la riduzione non è altro che un piccolo difetto temporaneo al quale si può rimediare travasando il vino, se soggiorna ancora in botte, lasciandolo decantare, se si tratta di una bottiglia appena aperta e non abbiamo molto tempo, oppure “spallandola” se si ha maggior tempo (ovvero versare parte del contenuto della bottiglia in un calice per facilitare l’ossigenazione nella bottiglia). Con questi piccoli accorgimenti il vino ricomincia a respirare e assorbe le quantità di ossigeno sufficienti per smaltire tutti i cattivi odori e sprigionare tutte le sue reali qualità olfattive. Mi è capitato di recente, durante un evento al qualei ho partecipato, di avere in degustazione delle magnum di vino ottenuto da uno di questi vitigni facilmente portati alla riduzione, in più anche di annate abbastanza “vecchie”, per questo, di comune accordo con i sommelier di servizio, abbiamo deciso di aprire le bottiglie la mattina per la sera, con circa 12 ore di anticipo dall’inizio della manifestazione. Questa intuizione, unita alla nostra esperienza, ci ha dato ragione. All’apertura la riduzione era evidente, il vino appariva chiuso in tutte le sue durezze, ma dopo 4 ore dalla spallatura le note negative erano già quasi sparite e dopo 8 ore tutto il vino era pura meraviglia. Dietro le quinte abbiamo passato interi minuti ad affondare il naso nei calici, ad apprezzarne gli aromi nella complessità delle note terziarie. L’ossigeno aveva restituito nobiltà al frutto della vite, nel pieno del suo splendore. Quello che all’inizio sembrava un brutto anatroccolo, un adolescente goffo e capriccioso, dopo dieci ore si era trasformato, come per magia, in uno splendido cigno. Il vino non finirà mai di stupirmi. 73
Bibenda 64 duemiladiciassette
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Il vigneto Lazio e i suoi grandi rossi
IL VIGNETO LAZIO E I SUOI GRANDI ROSSI C
l a u d i o
Cresce l’attenzione
B
o n i f a z i
per i vitigni internazionali della regione, con risultati
sorprendenti e belle novità.
Il Lazio gode di una scelta ampelografica autoctona piuttosto limitata dove il Cesanese e la Malvasia del Lazio rappresentano solo due tra i cépage più noti; proprio per questo è stato un territorio dove i vitigni internazionali hanno trovato il giusto spazio. Già nel XIX le vigne che circondavano la capitale furono impiantate a Cabernet Sauvignon e Merlot, su decisione papale; poi lentamente Cabernet Franc, Petit Verdot, Grenache e infine il Pinot Nero hanno trovato le loro zone di elezione, con risultati che oggi hanno raggiunto livelli qualitativi degni di nota. 75
Il Cabernet Sauvignon si è adeguato alle condizioni pedoclimatiche del basso Lazio, tanto da ottenere anche la DOC Cabernet di Atina, dove con timbri lievemente vegetali ma tannini rotondi e levigati esprime un vino di medio corpo. Il Satur 2013 di Cominium è di un rubino scuro e impenetrabile, con un olfatto che espone inizialmente frutta matura, per continuare poi su nuance vegetali di foglia di pomodoro e radice. In bocca il vino è corposo, mostra un buon equilibrio e ha dei tannini lievi ed integrati, anche se il finale non è esageratamente lungo. Sotto i monti del frascatano, su via di Pietra Porzia, quest’anno si è affacciata sul mercato enologico laziale una nuova realtà produttiva: Cantina Imperatori. Il Cabernet nell’annata 2015 è un calice ricco e corposo che sfodera completamente i sentori tipici varietali, a partire da frutti scuri per passare poi humus e tabacco; finale lungo e persistente chiude il tutto a dovere. Il Cabernet Franc ha ritrovato il suo spazio, arrivando a dare esemplari in purezza capaci di accontentare anche i degustatori più severi. Il Cabernet Franc 2013 di Ômina Romana, azienda sita ai piedi di Velletri, è ammirevole ed elegante: non presenta quel tocco vegetale e verde che sovente questo vitigno manifesta; spezie e croccantezza si allungano sul finale, decisamente durevole.
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San Giovenale, realtà situata invece nel viterbese, con l’Habemus Etichetta Rossa 2013, ne ha tirato fuori un campione più caldo e mediterraneo, che trapela una velata alcolicità, senza perdere in eleganza. Sempre di San Giovenale è forse l’esemplare migliore di Grenache prodotta nell’intera regione, l’Etichetta Bianca; la 2013 assieme Syrah e al Carignan con cui è blendato, tira fuori un calice che apre con note mature di prugna per sfoderare poi in successione, liquirizia, spezie dolci e un chiusura di viole, il tutto con un palato equilibrato, tannico e vellutato. Il Pinot Nero con il Notturno dei Calanchi, di Paolo e Nomeia d’Amico, ormai è diventato punto di riferimento, con un’espressione varietale calda e sudista. Ai sentori tipici si aggiunge una componente alcolica non trascurabile né in bocca né al naso. Persistenza fruttata e speziata durano all’infinito. Infine il Petit Verdot: Muscari Tomajoli, nuova realtà situata in provincia di Tarquina, produce Pantaleone che mostra le potenzialità di questo vitigno in purezza, il naso ha un tocco zuccherino e dolce, ricca invece la struttura, che manifesta corpo, freschezza e una complessiva dolcezza, contrastata da un piacevolissimo tannino.
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Ius Soli per lo Chardonnay!
Bibenda 64 duemiladiciassette
IUS SOLI per lo Chardonnay! A
78
n t o n e l l a
P
o m p e i
Alcune riflessioni sul vitigno più apolide del mondo.
Vitigno a bacca bianca per antonomasia, lo Chardonnay si
risultato quantomeno accettabile ovunque venga piantato. In
coltiva in tutto il mondo, ad ogni latitudine, con ogni clima, su
alcuni terreni ed in alcuni climi diventa addirittura eccellente,
ogni terreno, e garantisce sempre buoni risultati, grazie alla sua
basti citare nomi come Champagne, Chablis e Borgogna, ma
capacità di adattamento. Sulle sue origini non v’è certezza, ma
non solo. È dunque la sua adattabilità ambientale una delle
è quasi sicura la sua provenienza dalla Borgogna, da dove si è
caratteristiche che più lo contraddistinguono, adattabilità che,
diffuso progressivamente in tutto il mondo. Ricerche genetiche
lungi dal renderlo omogeneo e scontato, ne fa un vitigno capace di
hanno dimostrato che è il risultato di un incrocio spontaneo
esprimersi in modi e livelli qualitativi diversi. Questo è il segreto,
tra Pinot Nero e Gouais Blanc, un
ormai noto, di questo fantastico
vitigno di origine slava di grande
vitigno, ed è questo, probabilmente,
vigoria. A lungo è stato confuso con
il motivo alla base del fatto che
il Pinot Bianco e solo nel 1903, per la
esso rientri, oggi, nel gruppo dei
prima volta, viene separato da questo
cosiddetti vitigni internazionali, dei
vitigno nell’Ampélographie – Traité
quali è sicuramente il primo della
général de viticulture di Pierre Viala
lista. Ma lo Chardonnay possiede
e Victor Vermorel. In Italia soltanto
un’altra importante qualità: una
a partire dal 1978 viene considerato
grande duttilità tecnica.
un vitigno a sé, tanto che ancora fino
dalla quale si possono ottenere tutte
agli anni ‘80 esisteva sul mercato un
le tipologie di vini: dallo spumante
vino chiamato Pinot Chardonnay.
al vino fermo al passito, quindi che
Un’uva
si presta a tutte le vinificazioni, per Predilige i climi temperati-caldi, i terreni collinari, argillosi e
vini adatti dall’aperitivo al dolce. Anche il Verdicchio, splendido
calcarei, gli ambienti ventilati e freschi, anche perché ha una
vitigno marchigiano a bacca bianca, possiede questa duttilità
buccia sottile che lo espone al pericolo di muffe. Possiede una
tecnica, anche con esso, infatti, si fanno ottimi spumanti, vini
grande varietà di componenti aromatiche, che si esprimono in
fermi e passiti. Ma il Verdicchio non ha adattabilità ambientale,
modo diverso secondo il terreno ed il clima in cui viene coltivato.
viene bene solo nel suo territorio, le colline marchigiane, e
Ed è, questa, la prima delle sue peculiarità: lo Chardonnay è,
nemmeno tutte. Infatti, la sua diffusione sul territorio nazionale e
come si dice in gergo, un vitigno che “legge” molto il terreno,
pressoché limitata ai territori dei Castelli di Jesi e di Matelica. Lo
così come il clima. Nel mondo del vino si sente dire che lo
Chardonnay, al contrario, si trova praticamente in tutte le regioni
Chardonnay è una garanzia: un vitigno capace di dare un
d’Italia, con alcune zone di elezione, da solo o accompagnato da 79
Bibenda 64 duemiladiciassette
Ius Soli per lo Chardonnay!
altre uve in blend. Pensiamo alla zona del Trento Doc, dove è spumantizzato in purezza, o alla Franciacorta, dove è in uvaggio col Pinot Nero, al Piemonte, dove trova impiego sia in vini fermi che in bollicine come l’Alta Langa, oppure ai più dorati ed opulenti Chardonnay del Sud, come quelli siciliani, per esempio. Altra caratteristica di non poco interesse è che, anche a rese relativamente alte, riesce a produrre vini di buona qualità, a rese basse può regalare vini di alto pregio mentre se si superano gli 80 ql./ha, si ha un notevole calo qualitativo. Naturalmente è molto diffuso in Francia, da dove provengono gli Chardonnay più apprezzati al mondo: in purezza in Borgogna, compresa l’enclave di Chablis e, in uvaggio con Pinot Nero e Pinot Meunier, in Champagne. Lo troviamo, diffusissimo, in California, in Cile, in Australia ed in Sud Africa. Ma vediamo le altre caratteristiche tecniche: ha una buona capacità di accumulo degli zuccheri, quindi dà la possibilità di ottenere vini con importanti gradazioni alcoliche, cosa che può essere anche
PASSPORT
un punto debole se non si decide con attenzione quando vendemmiare. Ha alti livelli alti di acidità tartarica e buona capacità di controllo su questa, inoltre possiede buona tolleranza alla siccità ma teme le gelate primaverili ed ha una vigoria elevata e costante. Predilige i sistemi di allevamento a spalliera come guyot e cordone speronato perché, essendo sensibile alle muffe, questi sistemi lo difendono meglio consentendo un miglior arieggiamento dei grappoli. Inoltre, ha una grande variabilità intravarietale: tanti cloni, che danno vini diversi, specie nel carattere aromatico; due genotipi principali, a seconda del livello dei terpeni e del carattere moscato più o meno accentuato; tre genotipi in base al contenuto di linaiolo: neutro, mediamente aromatico e aromatico. Il vino Chardonnay ha un colore giallo paglierino non particolarmente pieno, presenta profumi delicati di frutta tropicale come ananas e mango, poi di acacia, mela, pera, agrumi e pesca, che possono evolversi in aromi di fico, melone, miele, burro, biscotti, talvolta di yogurt (nei climi temperati) e di evidenti sentori minerali come la pietra focaia e il gesso; se fatto invecchiare assume voluttuose note di frutta secca, di mandorle e nocciole tostate, cosa che ci ricorda un’altra importante attitudine, quella di essere adatto all’affinamento in barrique. Di sapore elegante ed armonico, ha un’acidità ed una struttura che possono renderlo molto longevo. Tanti vini tra i più amati ed apprezzati al mondo sono fatti con lo Chardonnay. Vini ricchi, profumati, eleganti e suadenti, di incredibile freschezza eppure di grande morbidezza e voluttuosità. Vengono in mente stupendi Chablis, burrosi Mersault, Borgogna e Champagne leggendari, oppure, per restare in Italia, vini come il Ferrari Riserva del Fondatore, il Ca’ del Bosco Anna Maria Clementi, lo splendido Gaia & Rey Chardonnay Langhe di Angelo Gaja oppure il Tasca d’Almerita Contea di Sclafani Chardonnay, vini che hanno saputo regalare infinite emozioni. Dovendo scegliere una parola per lo Chardonnay, si può proporre eleganza. Concordate?
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Informazioni da Fondazione
Questa rubrica riassume tutte le novitĂ , gli eventi, le attivitĂ , le notizie, i momenti che hanno vista impegnata la in lungo e in largo nel
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Paese.
Fondazione Italiana Sommelier
Informazioni da Fondazione
conti fatti, sono stati degustati e raccontati oltre cinquemila LA PROVA DEL CUOCO
vini. Ricordiamo un po’ di nomi dei nostri Sommelier che si
E LA FONDAZIONE SOMMELIER
sono alternati in trasmissione fin dall’inizio. Claudia Chiarot-
Mentre Bibenda gono
compie vent’anni, i nostri
Sommelier
spen-
18 candeline con Antonella Clerici.
ti, Lorenzo Cairola, Adua Villa, Alessandro Scorsone, Roberta Begossi e tanti tanti altri fino ai Sommelier di oggi Manuela Scatena, Daniela Scrobogna, Luciano Mallozzi, Paolo Lauciani accanto al nostro nutrito gruppo di amici, da Anna Moroni a Carlo Cambi, a Fede&Tinto. Come tradizione di ogni anno, i nostri Sommelier erano presenti in gruppo per inaugurare la prima puntata della nuova stagione.
VERTICALE STORICA DI CERVARO DELLA SALA Prestigiosa cornice e grande successo a Genova. Dal 2 Ottobre 2000 i Sommelier della Fondazione Italiana
Nell’incantevole cornice di Palazzo Spinola, splendido edificio
Sommelier collaborano con Antonella Clerici alla Prova del
del cinquecento recentemente restaurato, oggi sede del CAT di
Cuoco, il primo programma a fare della cucina uno show, segui-
Genova - Circolo Artistico Tunnel - si è svolta una verticale storica
to poi da tantissime altre trasmissioni che hanno avuto successo
di Cervaro della Sala. Organizzazione e realizzazione a cura della
seguendo gli stessi sentieri. Possiamo senza dubbio affermare che
Fondazione Italiana Sommelier Liguria, degustazione guidata
La Prova del Cuoco ha influito sui palinsesti di tutte le reti, or-
da Daniela Scrobogna con la presenza di Renzo Cotarella,
mai a qualunque ora e in qualunque canale è ben rappresentato
“creatore” del Cervaro.
lo spazio cibo, cucina, ricette. Ma va riconosciuto alla Prova del Cuoco, ai suoi autori e ad Antonella Clerici in primis di aver dato un ruolo e uno spazio importante al vino. Riconoscendo l’importanza di poter effettuare un corretto abbinamento, senza approssimazioni, ma grazie ad una preparazione professionale, come quella del Sommelier. Nel corso degli anni, ad ogni trasmissione i nostri Sommelier hanno presentato un vino e malgrado l’impossibilità di mostrare l’etichetta (nostro grande crucccio) ne hanno descritte le caratteristiche organolettiche, percorrendo l’Italia in tutte le direzioni, senza trascurare nemmeno una tipologia, nell’ottica di una comunicazione trasparente e obiettiva. A 83
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produzioni di eccellenza della nostra penisola, con un mercato degli artigiani, momenti di cooking show tenuti da chef di fama ROMAGOLOSA
nazionale, cocktail preparati da esperti bartender e talk show di
Il prossimo 2 dicembre sbarcherà per la prima volta nella Capi-
approfondimento, per un evento dedicato a professionisti del
tale “RomaGolosa” la manifestazione ideata e diretta dal Gastro-
settore e appassionati. Appuntamento, quindi, dal 2 al 4 dicem-
nauta, il giornalista e scrittore Davide Paolini. Dopo il grande
bre al Guido Reni District per la prima edizione di “RomaGo-
successo registrato a Milano, dove si è giunti ormai alla sesta
losa” vi aspettiamo! Per aggiornamenti sul programma, l’elenco
edizione, l’evento di tre giorni che punta a valorizzare e far co-
degli espositori presenti e le modalità di accesso potete visitare il
noscere le eccellenze del nostro territorio farà tappa al Guido
sito www.romagolosa.it
Reni District, una location suggestiva dal carattere post industriale, frutto della riqualificazione dell’ex caserma. Un viaggio nel cibo di qualità, in cui perdersi tra sapori locali, spesso inediti e indimenticabili selezionati direttamente da uno dei massimi esperti di food. Non sarà poi solo la gastronomia protagonista dell’iniziativa, ma anche il vino, da qui la partnership con la Fondazione Italiana Sommelier e la presenza di quelle aziende che sanno, ad ogni annata, raccontare con i loro prodotti vitivinicoli il nostro territorio. Il Made in Italy narrato attraverso
UN BUON CONSIGLIO Tutto esaurito per tante attività ed eventi della Fondazione Italiana Sommelier. Spesso registriamo il Tutto Esaurito. Ci dispiace non poter soddisfare tutte le richieste dei nostri iscritti, perché i numeri prefissati per consentire la migliore organizzazione e il comfort nei nostri incontri, non ci permettono l’ingresso di un numero di partecipanti superiore a quello previsto. Perciò, occhio ai grappolini che lampeggiano e... Prenotate per tempo!
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❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO 2017 ❖ ❖ A PARTIRE DAL MAGGIODAL 2017 ❖ 12 A PARTIRE 12 ❖ MAGGIO
ALL’HOTEL ROME CAVALIERI ALL’HOTEL ROMEAC LLAVALIERI ’HOTEL ROME CAVAL IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO IL 17° CORSO PER OMMELIER ’O LIO IL S17° CORSO DELL PER S OMMELIER D ◆❖◆ ◆❖◆
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INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA.IT INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA .IT INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA. PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941 PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941 PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941
❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO ❖ Fondazione Italiana2017 Sommelier
Fondazione ItalianaFondazione Sommelier Italiana Somm
CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO E DELL’OLIO con il INTERNAZIONALE Riconoscimento Giuridico della Repubblica CENTRO PER LA CULTURA DEL VINO EItaliana DELL’OLIO CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO
ALL’HOTEL ROME CAVALIERI IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO
con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica
Da Leggere
È AUTENTICO CIOCCOLATO
ROSSANA BETTINI
Linea Edizioni 124 pagine Euro 20 Quanto conosciamo del cioccolato? Alimento amato e odiato, ricco di storia e leggende? Il nuovo libro “È autentico cioccolato” di Rossana Bettini, giornalista, scrive di cibo e vino, docente di Educazione del Gusto, mette nero su bianco la verità sul cioccolato che troviamo e compriamo sugli scaffali dei supermercati, ma che non è sempre del tutto autentico. Si tratta di un libro che porta alla scoperta del cioccolato, della sua vera storia, passando attraverso la narrazione di miti e leggende, degli abbinamenti con il vino e sulle modalità per distinguere un buon prodotto già dell’etichetta. Per l’autrice, infatti, è importante informarsi e sapere, così da poter decidere con consapevolezza cosa acquistare e mangiare. La sezione Abbinamenti con il Vino è stata curata dalla Fondazione Italiana Sommelier.
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Giornalista, scrive di cibo e vino, insegnante di Educazione del Gusto
www.bibenda.it bibenda@bibenda.it direttore
Hanno collaborato a questo numero
Franco M. RICCI
Antonella ANSELMO, Claudio BONIFAZI,
Caporedattore centrale
Alessia BORRELLI, Raffaele FISCHETTI,
Paola SIMONETTI
Stella G. DE BACIIS, Angelo GAJA, Paolo LAUCIANI, Luca LIBERATOSCIOLI, Daniele MAESTRI, Salvatore MARSILLO, Stefano MILIONI, Maria Antonietta PIOPPO, Antonella POMPEI, Dario RISI, Daniela SCROBOGNA,
Grafica e Impaginazione
Fabiana DEL CURATOLO
Foto © shutterstock.com
Consulenti dell’Editore Sergio BIANCONCINI Architettura
BIBENDA 2018
Michele FEDERICO Medicina Stefano MILIONI Edizioni
IL LIBRO GUIDA AI MIGLIORI VINI, RISTORANTI, OLI E GRAPPE
Franco PATINI Internet Attilio SCIENZA Viticoltura
Esce in Prima Nazionale Sabato 18 Novembre 2017 con la grande festa del Vino Cena di Gala dei 5 Grappoli al Rome Cavalieri
BIBENDA per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino
Gianfranco VISSANI Cucina
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Anno XVI
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n. 64
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Ottobre 2017
> Direzione, Redazione e Amministrazione 00136 Roma - Via A. Cadlolo, 101 - Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556 >
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2017, Bibenda Editore Srl - Roma tutti i diritti sono riservati / Registrazione del Tribunale Civile di Roma al n° 574 del 20 Dicembre 2001
> Iscrizione al Registro Operatori della Comunicazione al n° 9.631 L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. In questo numero di Bibenda vi presentiamo 196 etichette. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA il Libro Guida online ai Migliori Vini, Ristoranti, Oli e Grappe | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino.
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