BlogMagazine Settembre 2009

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N.6 Settembre 2009

Ho deciso di sperimentare su di me gli effetti dell’ incredibile farmaco chiamato Ritalin. Ecco i 5 giorni piÚ lunghi della mia vita...

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Visita http://www.meemi.com


SOMMARIO 20

BlogMagazine N.6 Settembre 2009 10 Alla scoperta di MEEMI

Io, suicida in cinque giorni

14 Ottenere il Proprio PC al Massimo a Costo Zero!

18 La creatività ci salverà 28 Una particolare forma di Dirito d’autore: I DRM

40 iPhone: una Gaming Console portatile a tutti gli effetti

45 Disney acquista Marvel

In un colpo d’occhio

10 Alla scoperta di MEEMI

18 La creatività ci salverà

40 iPhone: una Gaming Console portatile

In Evidenza

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Le nuove Professioni 2.0

L’evoluzione del “lavoro” inteso come attività produttiva esplicata con l’esercizio di un mestiere, una professione e simili

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Creare un Business con la propria voce!

Quanti di voi, magari dopo aver assistito ad una performance particolarmente coinvolgente, hanno pensato di fare il deejay?

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OSanna Google!

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Android: Ecco tutte le novità

Google, o come molti ormai dicono San Google, ha allargato le sue divine braccia su qualsiasi cosa.

Sono trascorsi circa 365 giorni dalla presentazione del primo telefono cellulare, basato sulla piattaforma Open Source, sviluppato in collaborazione con Google


www.isayblog.com


EDITORIALE DIRETTORE EDITORIALE Giuliano Ambrosio

PROGETTO GRAFICO Giuliano Ambrosio

AUTORI DI QUESTO NUMERO

Giuliano Ambrosio aka Julius Blog: http://www.juliusdesign.net

Una marcia in più Eccoci al sesto numero di BlogMagazine, tornati dalle vacanze con la solita grinta ed entusiasmo. Come al solito troverete nuovi Blogger di talento che hanno contribuito al numero di settembre con grande professionalità. Il progetto sta mutando, ci sono numerose idee in circolazione e siamo sempre lieti di ricevere consigli o critiche via email. Siamo anche alla ricerca di nuovi Partner per aumentare la visibilità di BlogMagazine al fine di concretizzare alcuni obiettivi che ci siamo preposti.

Rudy Bandiera Le nuove Professioni 2.0

Pasquale Castaldo Una particolare forma di Dirito d’autore: I DRM

StartUpItalia Alla scoperta di MEEMI

Claudia Baglioni iPhone 3G S: il più potente di sempre

Nicola Tesone Ottenere il Proprio PC al Massimo a Costo Zero!

Francesco Lotta Creare un Business con la propria voce!

Renato Rossi La creatività ci salverà

Giovanni Taormina Android – Ecco tutte le novità

Riccardo Mares OSanna Google!

Giovanna Gallo Disnay acquista Marvel

Daniele Aprile Il Blogger: Un mestiere davvero pericoloso

Vi ricordo infine che è possibile seguire il progetto su diversi Social Network come Twitter e il gruppo ufficiale su Facebook. BlogMagazine è qui, vi auguro buona lettura.

Direttore Editoriale

Giuliano Ambrosio

Contatti Redazione: redazione@blogmagazine.net Direttore Editoriale: info@blogmagazine.net

Legal & Disclaimer In questa fase sperimentale BlogMagazine non rappresenterà una testata giornalistica in quanto i contenuti e la rivista verrà aggiornata senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62/2001

Il Progetto BlogMagazine è un’idea di Giuliano Ambrosio, un progetto di editoria virtuale, una rivista elettronica gratuita scritta da soli Blogger fruibile in modalità sfogliabile Flash e in formato PDF. Gli articoli pubblicati nella rivista elettronica sono unici e originali, rilasciati con Licenza Cretive Commons, scritti principalmente da Blogger conosciuti nella Blogosfera, selezionati con cura a seconda della rubrica da gestire. L’idea è anche di far uscire dalla rete dei contenuti per farli vivere sotto forme diverse, al fine di raggiungere persone che normalmente non leggerebbero un blog e trovare questo materiale interessante ed incominciare a leggerlo. BlogMagazine da spazio a tutti, non solo a Blogger conosciuti nella blogosfera, ma crede nel talento di tutte quelle persone appassionate di Blogging capaci di scrivere con dedizione e competenza sulle tematiche da gestire.

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Internet A cura di: Rudy Bandiera

Le nuove Professioni 2.0 Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Rudy Bandiera Blog: http://www.rudybandiera.com

Autore del blog RudyBandiera.com, si occupa di gestire e promuovere diversi progetti Internet, tra i quali Blogolandia.it, il più grande network di urban blog del Paese. Co proprietario e content manager del quotidiano tecnologico hwGadget.com collabora con il quotidiano online Estense.com per la stesura di articoli su Internet e la tecnologia

Ben venuti nel futuro, il mondo del Web nel quale è possibile fare sesso a distanza, arricchirsi stando nella propria cameretta e diventare dei divi facendo semplicemente per primi una cosa che non era venuta in mente a nessuno, seppur terribilmente banale. Si signori, questo è il Web 2.0, un mondo in cui tutto sembra possibile. Ma è davvero così facile? L’evoluzione del “lavoro” inteso come attività produttiva esplicata con l’esercizio di un mestiere, una professione e simili e ha come scopo la soddisfazione dei bisogni individuali e collettivi, si è profondamente modificata nel tempo, evolvendosi e mutando con gli anni, come si addice ad ogni cosa che ci circonda. Il lavoro è iniziato come forma di scambio e cioè io ti offro la mia forza muscolare e tu in cambio mi offri del cibo”. Quid pro quo, equilibrio che si conclude con l’aumentare delle calorie immesse nel corpo in base a quelle che sono uscite dallo stesso con il lavoro. Poi le cose sono cambiate e oltre alla forza muscolare,

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che rimane un nobile e straordinario motore economico (ve lo dice uno che ha fatto anni di fonderia) si è aggiunta una forza propulsiva nuova, e cioè il guadagno non più intrinseco nel lavoro stesso: in pratica se un tempo si veniva pagati in base a quello che si faceva, oggi si viene pagati in base a quello che si fa guadagnare. Ecco il perché i calciatori guadagnano più dei professori universitari, i quali guadagnano più dei ricercatori scientifici i quali guadagnano, a volte, più degli operai. Ora, visto che siamo partiti dalle Internet per passare alle origini del lavoro andando a ritroso, starete aspettando che quest’articolo vi dia qualche informazione utile prima o poi, oppure state pensando che chi scrive è completamente fuori di testa. Visto che siamo partiti dal Web e dalle nuove mansioni era d’uopo fare una breve digressione su cosa sia il lavoro e come si sia arrivati ai mestieri 2.0, agli “artigiani del Web” per cercare di capire come reinventarsi od evolversi. Partendo da quello che si è detto ad inizio articolo sembra semplicissimo riuscire a diventare famosi o ricchi grazie alle enormi opportunità ed all’enorme


bacino di utenza che il Web fornisce, ma in realtà non è così semplice visto che ci sono certi dettagli che, anche nel mondo della Rete, sono di fondamentale importanza. La reputazione per esempio, è una di quelle caratteristiche che, nel Web paradossalmente più che nella vita reale, gioca un ruolo straordinario nella facilità di veicolare le informazioni. Nella vita reale infatti, se un cliente è un “cattivo pagatore” prima o poi tutti i fornitori lo sapranno e ne staranno lontani: nel mondo della Rete, dove tutto si muove ad una velocità enorme e dove le informazioni sono fluide come l’acqua e permeano qualunque ambiente, chi millanta capacità che non possiede, chi “non la racconta giusta”, viene intercettato subito e rimosso dal circuito delle possibilità. Quindi prima di tutto, se volete intraprendere una delle mansioni che stanno cambiando il modo di vivere e comunicare, pensate a costruirvi reputazione stabile e sicura, dalla quale poter comunicare con trasparenza e senza aver nulla da nascondere. Detto questo, passiamo in rassegna alcune delle mansioni che stanno nascendo in questi anni, come il community manager, il web advertiser, l’infobroker, il content manager o il buzz ambassador.

Community manager Tra i nuovi specialisti un posto di primo piano spetta a una figura creata dal boom dei social network come Facebook, il community manager. Dietro al successo di questi siti c’é l’animatore di una piazza virtuale, ideale discendente delle migliaia di ragazzi che animano le serate dei villaggi turistici in tutto il mondo.

Attraverso le forme moderne di comunicazione (chat, e-mail, forum) il community manager si interessa degli internauti e ne asseconda umori, gusti e predisposizioni.

Web advertiser Di pari passo con la maggiore importanza della pubblicità online, è cresciuta negli ultimi anni anche la figura del web advertiser, cioé il responsabile delle campagne

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Internet A cura di: Rudy Bandiera

pubblicitarie via Internet. Nell’attuale momento di crisi, questa figura è ancora più ricercata dalle aziende, sia dalle società di consulenza per la comunicazione multimediale sia dalle concessionarie pubblicitarie.

L’infobroker Nella ricerca di mercato si muove invece una delle professionalità del web più gettonate negli ultimi tempi, l’infobroker, cioé la persona che mette a disposizione delle aziende la sua capacità di trovare in Rete e analizzare dati perlopiù economici.

Utilissimo alle società che vogliono trovare nuovi mercati con il commercio elettronico, l’infobroker ha una preparazione umanistica o economica, è un “mago” dei motori di ricerca e sa analizzare le informazioni economiche.

Buzz ambassador Il passaparola, il Buzz Marketing, può diventare una forma comunicativa virale ed un veicolo straordinario per poter far conoscere news, mobilitare informazioni e “fare brand”.

Ma come funziona precisamente il Buzz Marketing e qual’è la mansione del “Buzz Ambassador” ovvero di

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colui che accende i dibattiti? In base alle esigenze del cliente, al target di riferimento del prodotto/servizio di cui si vuole far parlare il web, si individua il “territorio di conversazione“, i forum, i siti, le community, nel quale far interagire i Buzz Ambassador con lo scopo di stimolare le conversazioni attorno al marchio e di intercettare gli utenti più attivi (e quindi potenzialmente più idonei di diffondere il messaggio a loro volta)

Content manager Con il termine content management (in italiano: gestione dei contenuti) si indica una serie di processi e tecnologie a supporto del ciclo di vita evolutivo dell’informazione digitale (content o digital content). Il content manager è di conseguenza colui che tiene monitorate tutte le fasi di produzione, pubblicazione e recupero eventuali, di dati sul Web. Tra le varie mansioni che abbiamo indicato, forse questa è la più delicata, in quanto il content manager è di fatto il responsabile e l’ideatore dei contenuti editoriali del sito, ne definisce le strategie di impostazione e garantisce il loro continuo aggiornamento. Pianifica il contenuto dei servizi e la loro pubblicazione: le figure direttamente impegnate nella scrittura di testi per il web si rapportano con questa figura. Benissimo, fatto un piccolo elenco di quelli che possono essere alcuni tra i mestieri di domani (e sempre più di oggi) teniamo sempre presente una cosa fondamentale e per nulla banale, specie in un ambiente come Internet: prima di tutto costruiamo una solida reputazione che ci porterà la credibilità personale necessaria per entrare in uno qualunque di questi mestieri e ricordiamo che costruire una reputazione è lungo e faticoso, distruggerla è un attimo. Per concludere, possiamo sperare di guadagnare con questi lavori? Possiamo, come si dice con un motto popolare, mettere la minestra a tavola tutte le sere facendo il buzz ambassador o cose simili? Beh, se lo si fa per una sola azienda forse no, se lo si fa in maniera dozzinale forse no, ma riuscendo a fare sistema e cioè essendo capaci di far capire che la cosa funziona e che i nuovi mestieri hanno una utilità oggettiva (e portano blasone e guadagno), allora si, possono essere dei veri e propri lavori a tempo pieno.


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Start-Up A cura di: StartUpItalia

Alla scoperta di MEEMI Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

StartUpItalia

Start up Italia e’ un progetto nato con l’obiettivo di dare il giusto spazio alle giovani iniziative imprenditoriali italiane ad alto tasso di creativita’. Lancio previsto per il 1 gennaio 2010.

Blog: http://www.startupitalia.net

Meemi è un social network, un microblogging tutto italiano nato con lo scopo di condividere testi, citazioni, immagini, link preferiti, organizzare eventi con familiari ed amici, collezionare video, conoscere nuovi amici e seguire la loro presenza nel “rumore di fondo” di ogni giorno attraverso la condivisione delle loro emozioni.

I deato da due ragazzi di Aversa,marito e moglie di 31 e 25 anni, il piccolo microblogging annovera ormai circa cinquemila utenti, di cui la metà stranieri, registrando una crescita media intorno al 60-70%.

D: Buongiorno Enrico... o preferisci esser chiamato Capobecchino?

R: Enrico e Carla, siamo in due. Anche se a dire il vero siamo soprattutto un’unica cosa.

R: Enrico va benissimo, Capobecchino è nel virtuale. Quindi, buongiorno Roberto!

Siamo felicemente sposati ed insieme abbiamo creato e lanciato Meemi.

D: A proposito, come mai questo nick così inusuale?

D: Felicitazioni, dunque. Con le debite proporzioni, possiamo definire Meemi un figlio italiano di papà Facebook e mamma Twitter?

R: Conseguenze di uno scherzo ad un’amica, durante un campo scuola (per saperne di più: http://meemi.com/ capobecchino/178882). Comunque non è “inusuale”, è “simpatico” D: Sintesi: Enrico Scognamillo, fondatore di Meemi. com, un brand che si sta gradualmente diffondendo sulla rete italiana grazie al suo servizio di social networking. Ho riassunto bene?

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Vogliamo saperne di più, ecco l’intervista rilasciata dalla nostra redazione.

R: In verità direi Papà Twitter da cui abbiamo preso socialità e cuore, e mamma Tumblr, da cui abbiamo preso la varietà di emozioni che puoi condividere. Facebook non era mai stato preso in considerazione e neanche ora lo è: abbiamo mission diverse e, a mio parere, Facebook ancora non conosce la sua.


D: Abbiamo citato due progenitori importanti. Non temi che un progetto come il vostro finisca per essere sepolto dai big del settore? R: Ci abbiamo pensato, e crediamo che la cosa non sia possibile. Il nostro progetto ha preso da Twitter e Tumblr il “cuore” e lo ha ampliato osservando ciò che gli utenti avevano chiesto ai due. Poi abbiamo implementato il tutto, mirando a divenire un punto di riferimento italiano. Gli utenti arriveranno, anche perché fin’ora chi ci ha provato non ci ha più abbandonato. Twitter e Tumblr, per impensierirci (a parità di soldi investiti ovviamente), dovrebbero allearsi, ed allo stato attuale la vedo l’unica via percorribile per entrambi. I 140 caratteri di Twitter e la poca socialità di Tumblr fanno si che produzioni tipo Meemi possano avere il sopravvento e scalare i mercati. D: Parliamo di numeri. Quanti utenti può vantare Meemi? R: Ad oggi sono oltre 6.000. Siamo in continua crescita, sebbene - sfortunatamente - non come vorremmo. Purtroppo non siamo ancora molto conosciuti, viviamo di passaparola e soprattutto… purtroppo siamo italiani. D: Cosa intendi con questa tua ultima affermazione? R: Che probabilmente l’utenza italiana ha paura di essere pioniera. Altrimenti non si capisce perché tutti ci dicano “Bella piattaforma, avrà futuro”. Ma perché non ci vieni, allora? D: Già, perché non ci vengono, allora?

R: Alcuni dicono “non ci sono gli stessi amici degli altri social”, anche se questa risposta, a ben vedere, non regge. Secondo me invece è più imputabile al sentirsi in qualche modo “etichettato”, il sentirsi conforme agli altri che seguono la moda. È bello dire “sono su Facebook”, o “ho un account Twitter”. Ma quanti li usano per i motivi per i quali sono stati creati? D: Facciamo un balzo indietro nel tempo, al giorno in cui hai avuto l’idea... R: E’ facile! Al tempo eravamo due fidanzatini che preparavano il loro futuro. Una sera abbiamo iniziato ad analizzare cosa poteva essere utile e divertente allo stesso tempo. Dalle nostre parti si “inciucia” (chiacchiera) molto quello che volgarmente chiamiamo “gossip”. Da qui l’idea di creare un contenitore che raccogliesse questo rumore e lo rendesse servibile: problemi, critiche, divertimenti, link, notizie e altro, proprio come nella vita reale. D: E quindi si è giunti a Meemi. Che vuol dire? R: Meemi è la traduzione in suomi del termine Meme. Volevamo partire con i due domini .it e .com ma meme. it e meme.com erano occupati, mentre meemi.it e meemi.com erano liberi. Sai cosa significa Meme? D: Si, perché me lo hai detto la prima volta che ci siamo incontrati. Però magari i lettori di Blog Magazine sono curiosi.

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Start-Up A cura di: StartUpItalia

R: Un meme è una piccola informazione che può essere trasferita tra diversi tipi di supporto, dove come supporto possiamo tener conto di tutto: un foglio di carta, la mente, il nostro archivio... (per approfondire http://it.wikipedia.org/wiki/Meme) D: Che modello di business avete deciso di attuare? O, in altri termini, come pensate di diventare ricchi attraverso Meemi? R: Ehm! Domanda di riserva? Scherzo! Ti dirò solo quello che abbiamo fin’ora reso pubblico mentre il resto - per ora - lo stiamo ancora pianificando. Abbiamo principalmente due modelli: uno è relativo alla vendita della piattaforma come “White label”; l’altro è quello di guadagnare direttamente dall’uso della piattaforma, coinvolgendo nei guadagni anche gli utilizzatori. Più usi Meemi più guadagni. Questo è tutto ciò che per ora possiamo dirti. D: E in attesa dei lauti guadagni, chi spinge la carretta finanziaria di Meemi? R: Noi. Io che faccio il programmatore, e Carla che fa il grafico pubblicitario, per questo cerchiamo investitori o sponsor.

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D: E’ un appello? R: L’abbiamo già lanciato quando ci ha intervistato l’Ansa… però se c’è qualcuno all’ascolto, noi siamo qui! D: Ci è parso di comprendere, dalle tue parole, che la difficoltà nel reperire adeguati finanziamenti sia l’ostacolo principale per la realizzazione delle proprie idee imprenditoriali, considerato che inventiva e capacità non mancano. Ma cosa si potrebbe fare secondo te sotto questo aspetto? R: Da quel poco che posso capire, gli investimenti italiani languono, anche se le startup non chiedono certamente tantissimo. Manca la fiducia, il credere nelle persone. In Italia se la tua azienda non ha già ricavi non ricevi finanziamenti... Eppure un minimo investimento iniziale permetterebbe ad una piccola azienda di recente formazione di avere più tempo da dedicare al progetto, limare e correggere il proprio modello imprenditoriale. D: Ed ecco che molti tentano la strada dei Business Angel. Voi no? R: Il Business Angel è una strada che vogliamo percorrere. Stiamo anche cercando di accedere ad un fondo seed


della Regione Lombardia. Ci stiamo attivando, ormai Meemi è nostro “figlio” e faremo di tutto per farlo crescere! D: Meemi è vostro figlio, e fin qui non ci piove. Ma se un giorno dovesse arrivare una buona offerta per rilevare il progetto, che fareste? R: Su questo ti posso rispondere subito: abbiamo già rinunciato! Mi avevano offerto un nuovo lavoro (grossa azienda), ma nessuna certezza per Meemi. Noi invece vogliamo far crescere il progetto… Perché svendere una bella avventura? Grazie a Meemi stiamo facendo conoscenze in ogni ambito, amicizie, esperienze di problem solving. Credo che occorra innovare sistemi di messaggistica come Twitter, o la vetusta e-mail... e Meemi è un perfetto candidato. D: Insisto: ti do un milione di euro, che fai? R: Meemi continua il suo sviluppo senza problemi? D: Non posso garantirlo. R: Allora non accetto e ti faccio una nuova proposta. A noi servono 150.000 Euro: perché non ci finanzi in cambio del 10%? D: Vuoi forse dire che valuti Meemi intorno al milione e mezzo di euro?

R: Per ora si, anche se le potenzialità son tante. Ed i piani di crescita anche! Ti dice niente “Wave”? Noi, come il prodotto di Google, abbiamo intenzione di diventare una piattaforma di messaggistica sincrona (chat) e asincrona (microblog). D: Evviva l’ambizione. Chiudiamo questa intervista con un gioco: chiudi gli occhi e immagina te stesso e Meemi tra cinque anni. R: Ok. Meemi è diventata una piattaforma che gestisce le comunicazioni tra web e mobile in totale libertà… puoi condividere un video, commentare una foto, fare videochiamate, acquistare un film e trasmettere in diretta eventi che potranno esser visti dal web, mobile o qualunque altra cosa tu possa connettere alla rete. La condivisione pura delle emozioni. Così immagino Meemi. D: Lo spazio a nostra disposizione sta finendo. Come vuoi salutare i lettori di Blog Magazine? R: Usate Meemi e tenete alta la nostra conoscenza italiana. Non abbiamo niente da invidiare agli altri, e possiamo dimostrarlo. I sogni – d’altronde - son quelle cose che spingono le nostre conoscenze ai limiti, e ci fanno vivere felici e senza rimpianti ;)

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Computer A cura di: Nicola Tesone

Ottenere il Proprio PC al Massimo a Costo Zero! Nicola Tesone aka nuZz Blog: http://www.nuzz.it

Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Laureato in Informatica presso la Federico 2° di Napoli, da sempre appassionato del web e delle nuove tecnologie. Ama la conoscenza e la condivisione della stessa in tutte le sue forme. Blogger per passione e divulgatore informatico, coordina e sviluppa le nuove idee per nuZz.it.

Il trade-off tra qualità e risparmio è un punto cruciale per l’analisi e la valutazione di un qualsiasi applicativo software. La frase “Il risparmio non è guadagno” rende bene l’idea di quanto sia difficile trovare prodotti software a basso costo o completamente gratuiti risultanti ottimi sostituti dei servizi a pagamento. In questo contesto mostreremo con delle semplici valutazioni come è facile smentire il detto citato pocanzi. In effetti il web è stracolmo di servizi e programmi gratuiti ma come spesso accade alcuni tra i migliori software gratuiti sono difficili da reperire per l’utente medio-informatico e questo è dovuto in primo luogo alla gratuità con cui vengono offerti tali servizi. Il fatto che tali applicativi siano gratuiti fa venire meno il concetto classico di business e dunque questo significa, meno pubblicità, meno concorrenza e meno fondi per il supporto del progetto. Così molti progetti software di notevole importanza vengono abbandonati per mancanza di fondi e disponibilità. Inoltre, molti internauti non sanno che bastano poche semplici interazioni quotidiane con il proprio PC-Desktop o con il proprio Notebook, per ottenere “Il Proprio PC al Massimo a Costo Zero!” Tanto per cominciare bisognerebbe iniziare ad utilizzare prodotti di qualità ma che siano gratuiti. Quindi il nostro primo passo

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consisterà nella ricerca di prodotti che non richiedano licenze e che siano valide alterative ai prodotti a pagamento.

Esiste un Sistema Operativo che non Necessita di Licenza a Pagamento? La maggior parte degli utenti che usano il computer per lavoro o per intrattenimento è convinta che esista solo una possibilità: “Utilizzare Windows”. Esistono tantissimi progetti detti Open, che riguardano lo sviluppo di sistemi operativi basati su kernel Linux, gratuiti veloci e funzionali. Uno tra tutti che mi preme indicare è il famosissimo Ubuntu. Arrivato alla versione 9.04, questo potentissimo sistema Linux presenta tantissime caratteristiche User-Friendly che lo rendono adatto all’utilizzo sia personale che professionale. Purtroppo, Linux è ritenuto un ambiente ancora un po ostico, dunque spesso si preferisce utilizzare ambienti Windows, che meglio conciliano con l’utente medio. Un primo passo per azzerare le nostre spese potrebbe essere quello di prendere in considerazione l’utilizzo di un sistema operativo alternativo, gratuito e con buone prestazioni, come Ubuntu.

Quali Software Sono Indispensabili e Dove Posso Reperirli Gratuitamente?


E’ difficile dire in poche parole quali software siano indispensabili e di quali invece se ne potrebbe fare a meno. Questo dipende in larga misura, da una valutazione soggettiva. In ogni caso possiamo stilare una lista di programmi fondamentali per un corretto utilizzo del PC, elencandoli in ordine di priorità.

Antivirus La scelta di un buon sistema antivirus è cruciale per la prestazione della propria macchina. Di servizi gratuiti ne esistono tanti e molti di questi adottano una particolare forma di business. Essi rilasciano gratuitamente una versione base del programma antivirus, detto Free, per poi pubblicizzare (spesso in maniera leggermente invasiva), la versione completa, a pagamento che comprende delle funzionalità aggiuntive. Tra tutti i sistemi antivirus provati, quello adottato da parte mia da almeno 4 anni è stato il sistema Avira Antivir il cui sito ufficiale è raggiungibile al seguente link: http://www.free-av.com. Di questo software apprezzo un po tutte le sue peculiarità. Tanto per cominciare è facile da usare. Presenta una interfaccia semplicissima comprendente le funzioni

fondamentali. E’ facile da aggiornare. Se viene rilevato un aggiornamento presente sui server, invia una comunicazione in stile screen-splash in basso a destra del monitor e lascia comunque all’utente la facoltà di aggiornare. E’ efficiente. Ho personalmente effettuato vari test per valutare in che modo Antivir rileva i virus, con risultati sempre ottimali. Tra le varie opzioni c’è la possibilità di settare come possibili minacce anche altri tipi di virus, come i Trojan, le Backdoor, i Dialer ecc. Altri sistemi antivirus sono altrettanto efficienti, come ad esempio AVG Free. Questo presenta una formula simile a quella di Avira Antivir, offrendo un servizio Free ed un servizio “completo” a pagamento. Il sito ufficiale è presente al seguente link: http://free.avg.com/. L’ interfaccia di AVG è di facile comprensione e mette in evidenza, così come Antivir, le funzionalità principali, quali scansione, aggiornamento. Un altro importantissimo servizio antivirus gratuito è Avast Antivirus il cui sito ufficiale è il seguente: http://www.avast.com/index_ ita.html . Ho preferito indicare i 3 antivirus citati in ordine di priorità: Antivir come prima scelta perché oltre ad essere prestazionale, garantisce anche una

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Computer A cura di: Nicola Tesone

bassa occupazione delle risorse hardware, dunque, in proporzione rispetto ad altri sistemi, garantisce velocità di elaborazione alla propria macchina. Avast come terza scelta, perché presenta una interfaccia poco interattiva e di difficile comprensione iniziale. Dunque tra i 3 antivirus presentati, consiglio Antivir che occupa meno risorse, è intuitivo ed è poco invasivo,

ma alternativa a prodotti quali Windows Media Player perché non rallentano la propria macchina garantendo ancora una volta velocità di elaborazione. Il sito ufficiale è il seguente: http://www.videolan.org/vlc/

garantendo nonostante questo, una protezione totale contro attacchi esterni.

multimediale, rappresenta un altro punto importante, anche se non fondamentale, per avere un PC completo. Il famosissimo programma per masterizzare, Nero, con tutta la caterba di plugin e applicazioni di cui è costituito, è diventato troppo pensate e molto spesso le applicazioni contenute nel pacchetto non vengono utilizzate. Di conseguenza abbiamo un prodotto costoso, che appesantisce il nostro amato PC. Dunque vi propongo una validissima alternativa a Nero, BurnAware. La fonte ufficiale è sempre la migliore strada per prelevare il prodotto a cui siamo interessati: http://www.burnaware.com/downloads. html. Come possiamo notare, sono presenti 3 versioni di cui la prima completamente Free. Supporta tutti i formati, compresi i blu-ray disc. Supporta la creazione di CD/DVD/BR di dati, CD musicali, DVD video, CD/ DVD/BR con MP3, CD/DVD bootabili, dischi riscrivibili e la creazione/masterizzazione di immagini ISO. L’unica pecca è che la versione Free di BurnAware richiede di installare la toolbar di Ask, che funge da sponsor. Volendo questa opzione può essere disabilitata semplicemente spuntando le caselle opportune nella fase di installazione. Esistono, tantissimi prodotti per la masterizzazione, ma consiglio BurnAware perché è leggerissimo, presenta una impostazione grafica altamente pratica ed è semplicissimo da usare. La macchina ne gioverà.

Office Una componente software indispensabile per la sua utilità in tutti gli ambienti lavorativi è senza dubbio il pacchetto Office. Il famosissimo pacchetto di Microsoft, denominato, Office 2007 è prossimo alla versione 2010. Presenta delle caratteristiche di notevole impiego pratico. Ma è davvero fondamentale comprare Office o è possibile trovare un pacchetto gratuito con una buona performance? La risposta è chiaramente affermativa. Il candidato sostituto di Microsoft Office è la suite di prodotti per l’ufficio denominata OpenOffice disponibile al link: http://it.openoffice.org/. Giunta alla versione 3.1.1, OpenOffice è una suite per ufficio completa, rilasciata con una licenza libera Open Source che ne consente la distribuzione gratuita. Legge e scrive file nei formati utilizzati dai prodotti più diffusi sul mercato, come doc, docx, pdf, xls, xlsx ecc. Dunque a parità di servizi offerti, conviene utilizzare OpenOffice e il risparmio è consistente.

Multimedia Per quanto riguarda la riproduzione di contenuto multimediale, quali film in formato avi, mpeg, mp4 o file musicali quali mp3 o mp4, ci sono tantissime possibilità, tantissimi prodotti a cui si può accedere in maniera completamente gratuita. Tra le varie scelte che potrei proporre mi preme indicare un leggerissimo applicativo denominato VLC VideoLan MediaPlayer. Questo lettore multimediale è adatto alla riproduzione di tutti i tipi di file audio-video e comprende anche un supporto per i formati DVD e VideoCD. VLC presenta una interfaccia davvero minimalista, con una impostazione semplice e interattiva. Presenta le caratteristiche strettamente necessarie e impiega poche risorse per compiere queste operazioni. Dunque riteniamo che sia una validissi-

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Masterizzazione Disporre di software per la riproduzione di contenuto

Cosa Devo Impostare per Velocizzare in modo semplice il PC?

Accensione Con poche semplici interazioni possiamo ottenere un PC, veloce, funzionale e soprattutto privo di virus. Innanzitutto valutiamo i programmi in avvio automatico. La prima cosa da fare è ridurre al minimo i


programmi che si avviano in automatico all’accensione del pc, disabilitando quelli di uso sporadico e abilitando quelli fondamentali. Per impostare questo controllo, basta cliccare su Start -> Esegui e digitare nel form il comando msconfig. Cliccando su Invio o su Ok, lanceremo il comando. Si aprirà la finestra “Utilità Configurazione di Sistema” L’utilizzo di queste funzioni sono consigliate agli utenti esperti, dunque attenetevi solo alle indicazioni riportate in questo contesto senza modificare gli altri settaggi. Tra le varie schede, dobbiamo cliccare su Avvio. Ora possiamo disabilitare i programmi in avvio automatico. Togliete la spunta ai vari programmi quali Messenger, Emule, Real, Adobe e lasciate solo i comandi relativi al vostro Antivirus, il comando ctfmon e i comandi relativi ai driver. Appena terminato, cliccando su Ok, il sistema chiede di Riavviare la macchina. Al termine della procedura di Riavvio, il sistema di configurazione di avvio automatico, precedentemente settato, mostra uno screen-splash, con un lungo messaggio terminante con la frase: “Non visualizzare questo messaggio o avvia l’Utilità di Configurazione di Sistema all’avvio”. Bisogna spuntare la casella indicata e cliccare su Ok, per completare la procedura. Con questo semplice accorgimento dovrebbe già essere migliorata la fase di Avvio della propria macchina.

Manutenzione Per la fase di manutenzione voglio proporre un’altra importantissima utility: CCleaner. Questo programma è una suite completa per la pulizia e manutenzione del nostro PC. Può eseguire diversi tipi di scansione. CCleaner è un programma freeware, dunque gratuito, per ottimizzare il sistema, garantendo la riservatezza dei dati e la pulizia degli strumenti. Rimuove i file non utilizzati dal sistema - permettendo a Windows di funzionare più velocemente e liberando spazio prezioso sul disco rigido. Può essere effettuata anche una scansione per pulire le tracce delle attività online come ad esempio la cronologia del browser. Inoltre, contiene un tool completo per la pulizia del registro di sistema. La caratteristica migliore è che è veloce (normalmente meno di un secondo per l’esecuzione). Il sito ufficiale è il seguente: http://www.ccleaner.com In conclusione mi preme osservare che non basta avere un computer super potente per avere sempre la garanzia di velocità ma molto spesso bisogna effettuare le scelte opportune per l’installazione dei programmi che si vuole utilizzare. Il prodotto giusto deve offrirmi efficienza e velocità. Questo rapporto rappresenta un punto di notevole importanza per avere sempre un PC funzionale e pratico.

Le altre vignette le trovi su http://www.serpbastarda.com BlogMagazine

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Games A cura di: Renato Rossi

La crisi del videogame su La creatività ci salverà Se l’attuale, settima generazione di console ha un merito, è quello di aver mischiato le carte in tavola. Fra ritorni inattesi e clamorose débâcle la guerra, combattuta a forza di alta definizione, downloadable content, wi-fi, multiplayer online, motion sensing, bluray e quant’altro ha però trovato la sua vittima sacrificale e predestinata nel videogioco su PC, che sta attraversando una crisi profonda. Le scarse vendite, nonostante il prezzo sensibilmente più basso delle versioni per personal computer, sono ormai all’ordine del giorno e col senno di poi è facile intravedere una certa ineluttabilità in questo calo. I problemi storici della piattaforma in questione sono diventati infatti dei macigni: la pirateria, forte di una diffusione ormai capillare dei software di condivisione e aiutata da maldestri sistemi di protezione dei prodotti originali, è florida come forse mai prima d’ora, mentre la corsa all’harware più aggiornato e performante ha ormai sfiancato anche il geek più integerrimo. Il quadro è ancora peggiore se poi lo si confronta con l’altra metà del cielo, ovvero l’ambito console: la pirateria è al minimo storico grazie a supporti proprietari e controlli online efficaci e trasparenti, e la maggior redditività che ne consegue le ha fatte diventare l’hardware di riferimento per i giochi in sviluppo, rendendo i PC da gioco inutilmente sovrapotenziati per qualunque titolo multi-piattaforma. La situazione è ormai talmente compromessa che anche generi tipici del videogame su PC, come FPS e RTS, stanno traslocando sempre più velocemente

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e ormai c’è una vera e propria gara a chi rilascerà il primo MMORPG su console, unica vera mossa in grado di impensierire Blizzard ed il dominio assoluto del suo World of Warcraft. L’ultimo chiodo su questa bara mezza chiusa infine l’hanno piantato i negozi online, di cui ormai ogni console sul mercato si è fornita, nel dichiarato tentativo di penetrare quella nicchia di giochi piccoli e a basso prezzo per i quali fino a pochi anni fa il computer era l’unica alternativa possibile. Fatto il punto sulle evidenti difficoltà in cui impreversa, non bisogna però commettere l’errore di dare il PC per spacciato. Il computer conserva infatti la sua unica e peculiare capacità di dare vita all’immaginazione di chiunque abbia a sua disposizione un’idea, una tastiera ed un mouse. Innanzi tutto bisogna ricordare che a prescindere da tutto, il videogioco nasce sempre e comunque su personal computer, dove vengono programmati anche i titoli per console; una puntualizzazione forse scontata, ma che definisce un rapporto di discendenza e dipendenza univoco e impossibile da sciogliere, che pone due universi apparentemente in lotta su due piani in realtà molto differenti. In secondo luogo, nonostante le seducenti possibilità di guadagno, il PC resterà la vetrina privilegiata della scena indipendente, per la sua incomparabile diffusione e per la semplicità con cui chiunque può non solo mostrare al mondo il proprio lavoro, magari anche in modo gratuito,


PC: Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Renato Rossi Blog: http://www.insidethegame.it

Ha una pessima memoria per quasi tutto, escludendo i videogiochi. Scrive le sue opinioni su Inside the Game, ha fatto parte dello staff e collabora a tutt’oggi con OldGamesItalia, co-fondato NeverGameOver.it, raccoglie con il dovuto ritardo quanto scrive in rete nel suo blog-archivio.

ma anche condividere esperienze, problemi, soluzioni. Infine bisogna considerare che le console, per loro stessa natura, si rivolgono tendenzialmente ad un pubblico “passivo”, privo cioè di quel guizzo che caratterizza invece una certa parte della utenza PC, che pur senza volersi addentrare nei meandri della programmazione non disdegna di dare libero sfogo alla propria creatività modificando, espandendo, personalizzando e prolungando la vita dei giochi che acquista, come prova la sterminata schiera di mods e di comunità ad essi dedicate presenti in rete per praticamente ogni titolo in commercio.

Giochi come Crayon Physics Deluxe e Spore ci mostrano la portata di questa piccola rivoluzione, importante ed impegnativa perchè richiede di modificare pesantemente l’impostazione mentale tanto dei game designer quanto dei giocatori. Impostazione che si è già rivelata molto più ardua da cambiare su console (vedi gli insuccessi dei pur ottimi LittleBIGPlanet e Banjo-Kazooie: Viti & Bulloni) e che vedrà nel pur scomodo e poco accogliente PC il suo alfiere, ancora una volta grazie alla sua capacità unica di assecondare la creatività a tutti i livelli.

L’evoluzione di quest’ultimo concetto è forse il risvolto più interessante dell’intera questione, in quanto ci concede uno sguardo su uno dei molti futuri possibili del videogame. Fondando il gameplay sulla possibilità di creare e modificare, grazie all’implementazione di tools ed editor in-game, è nata infatti una nuova tipologia di giochi che dona all’utente un ruolo finalmente attivo e creativo, delegandogli nel contempo il compito di generare da sè il proprio divertimento.

Banjo-Kazooie

LittleBIGPlanet

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Salute A cura di: Daniele Aprile

Io, suicida in cinque giorni! Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Daniele Aprile aka DanieleMD

Medico Chirurgo, Counselor Master e specialista in formazione in Psicoterapia Psicodinamica. Cura il blog www.psichesoma.com, primo blog in Italia nella categoria Salute.

Blog: http://www.psichesoma.com

Avviso: non potrò rileggere questo pezzo e quindi potreste trovare degli errori di battitura ma sono sicuro che quando saprete il motivo sarete clementi nei miei confronti. Cosa è successo esattamente? Niente di tanto importante a parte il fatto che fra pochi minuti sarò morto. Facciamo un passo indietro per capire di cosa sto parlando, torniamo a lunedì scorso ovvero esattamente a cinque giorni fa. Ho deciso di sperimentare su di me gli effetti dell’ (squillino le trombe) incredibile (squillino le trombe) farmaco (squillino ancora le trombe) chiamato (pausa…) Ritalin. L’ho preso per vedere di nascosto l’effetto che fa (vengo anch’io? No tu no.) sul mio cervello questo farmaco misteriosissimo e documenterò il tutto giorno per giorno. Cosa mi succederà? Diventerò figo quanto uno scrittore di Wired.com? Scopriamolo insieme!

PRIMO GIORNO <<NESSUN RISULTATO. IL CANE PISCIA ANCORA SUL TAPPETO! >>

Ho preso la prima compressa di Ritalin alle 9 di mattina dopo colazione. Aspetto ansioso i primi effetti. Niente! Cavolo avrei voluto diventare supersmart per poter dire al cane di evitare di pisciare sul tappeto per ripicca ché tanto prima delle 9 non l’avrei mai portato fuori. Niente! Sto scemo non mi capisce mica! Fa nulla tanto prima o poi lo abbandono a casa di mia

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suocera e capirà, eccome che capirà. Alle 8 di sera avverto una piccola palpitazione! Forse sta entrando adesso in circolo e di sicuro domattina sarò più sveglio che mai.

SECONDO GIORNO <<MI INTERVISTANO A TELEBARI, FACCIO UNA FIGURA DI M.>>

Secondo giorno di Ritalin: forse inizia ad accadere qualcosa o forse no. Non lo so. So solo che alle 16 mi chiamano da Tele Bari per parlare della Nuova Influenza Suina e faccio una figuraccia. Perché? Che ne so! Pensavo di essere lucido e forse lo ero ma mi batteva forte il cuore e ogni tanto mi “saltava” qualche battito, avevo la nausea e le pupille dilatate. Per farla breve mi hanno di sicuro scambiato per un tossico. Porca pupazza! Ma io sono molto educato e mai avrei gridato: “Aiuto ho preso il Ritalin, scusate!”

TERZO GIORNO

Il terzo giorno di assunzione del farmaco il cane continua a farla dappertutto, ho un po’ di tachicardia a ore alterne e ho la fronte piena di brufoli.

QUARTO GIORNO <<ALTRA FIGURA DI M.>>

Oltre alle pupille dilatate, la tachicardia, i brufoli sulla fronte si aggiunge anche un forte mal di pancia. Altro che genio! Mi devo concentrare moltissimo anche per le cose più semplici (tipo portare il cane a fare la sua passeggiata) e scrivo sul mio blog cose senza senso (scusatemi cari lettori, adesso sapete il motivo!). Risultato? Ricevo commenti offensivi sul blog e il cane continua a farla sul tappeto.

QUINTO GIORNO E’ oggi. L’esperimento si chiuderà fra poche ore! In questo momento sto scrivendo questo articolo per il prossimo numero di Blog Magazine ma forse non potrò mai scaricarlo.

I miei sintomi sono: pupille dilatate, tachicardia, brufoli sulla fronte, mal di pancia, un’eccessiva sudorazione e sento il bisogno di rimpinzarmi di Ritalin!

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Salute A cura di: Daniele Aprile

Il petto mi fa troppo male non ce la faccio! Non lo sopporto! Datemi un coltello cazzo! Datemelo! Preferisco morire. Ma no, dai. Cari lettori di BM non vi agitate! Mica sono così stupido da testare sulla mia pelle un farmaco con tutti questi effetti collaterali, per non parlare dei casi di morte improvvisa da attribuirsi all’assunzione di Ritalin (un recente “warning” della Food and Drug Administration ha indicato come potenziali effetti collaterali per l’assunzione a normale dosaggio terapeutico di questo psicofarmaco il rischio di ictus, l’insorgenza di crisi maniaco-depressive, la morte improvvisa per arresto cardiaco). Senza aver fatto una visita medica per accertare il mio stato di salute sarei stato proprio un folle! E infine senza la prescrizione del medico non avrei saputo dove procurarmelo… Per questo non credo mica al fatto che Gianluca Morozzi abbia fatto questo stesso mio esperimento! Di cosa sto parlando? Del fatto che sulla copertina del numero di Settembre 2009 di Wired Italia c’è la foto di Morozzi, con in mano una scatola di Ritalin, con su scritto “Io, genio in sette giorni” e “Gianluca Morozzi, scrittore, ha provato la pillola della genialità... risultato? Stupefacente” (ma che bel gioco di parole!). Insomma per farla breve hanno fatto prendere a Morozzi il Ritalin per un’intera settimana e ne è uscito un articolo che sembra sponsorizzato da una casa farmaceutica. Ma no, non può essere mica vero! Lo scrittore mi sembra molto intelligente e quelli della redazione di Wired Italia sembrano molto preparati quindi non ci credo che abbiano fatto questo esperimento senza una supervisione di un medico e senza parlare minimamente

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dei possibili effetti collaterali! E come se lo sarebbero procurato il farmaco? Illegalmente? No, mi rifiuto di crederci! In rete se ne è già parlato soprattutto grazie alle opportune critiche mosse da Roberto Dadda e alle riflessioni giornalistiche di Mantellini (potete leggerle cliccando sui loro nomi). Dato l’enorme numero di lettori di Wired ho ritenuto parlarne anche qua con questo mio contro esperimento che non è vero ma è verosimile.Verosimile perché tutti gli effetti collaterali da me citati sono i veri effetti collaterali del Ritalin. Un nota finale. Pensare che si può dire quello che si vuole, perché il lettore non è un fesso e capisce da solo cosa è giusto o no, è sbagliato e ve lo dimostro con un esempio che potrebbe sembrare esagerato: esiste il reato di istigazione al suicidio motivo per cui, come avrete notato, i mass media raramente riportano casi di suicidio proprio per evitare una possibile emulazione da parte di lettori non certo “fessi” ma che potrebbero attraversare un momento difficile della loro vita e quindi dire:”se uno ha letto il mio articolo sul suicidio e si ammazza è cretino e sono fatti suoi ”, non sarebbe certo una scusante davanti al giudice. Esagerato? Non credo proprio. Se avessi dovuto affrontare l’esame di Farmacologia fra meno di un mese non so quanto peso avrebbe potuto avere questo articolo sulla mia stanca mente e avendo, per motivi di famiglia, la possibilità di procurarmi la ricetta forse avrei provato io stesso questo farmaco miracoloso con tutti i rischi che ne conseguono.


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Web 2.0 A cura di: Riccardo Mares

OSanna Google! Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Riccardo Mares aka Merlinox

Lavora presso una azienda software nazionale e si occupa dello sviluppo di un nuovo progetto di gestione contenuti (e siti web), in ambiente Microsoft. La passione per la blogosfera però non si è mai frenata. Decine e decine di progetti sono iniziati, alcuni hanno continuato a vivere, altri sono morti e defunti.

Blog: http://blog.merlinox.com

Google dio nel regno del web: OSanna! Ma forse non basta. Google, o come molti ormai dicono San Google, ha allargato le sue divine braccia su qualsiasi cosa non alimentata a ossigeno che interagisce con l’uomo. E da Dio si trasforma in un fanciullo, che gioca alle figurine con i suoi amichetti. Sfortunatamente per loro si trovano in una situazione ambigua: sono i competitor. Che il gioco abbia inizio: Email (ce l’ho), Browser (ce l’ho), Video (ce l’ho), Community (ce l’ho), Social Network (ce l’ho), News Reader (ce l’ho), … Operating System1… OS… OS (ce l’ho… quasi!). Google Chrome OS, questo è il nome del nuovo sistema operativo che vedrà la luce nella seconda metà 2010, annunciato nel Official Google Blog (IT) il 7 luglio.

Cosa dobbiamo aspettarci La comunicazione ufficiale parla piuttosto chiaro su quelle che saranno le aspettative del nuovo sistema operativo di Mountain View, anche se di informazioni certe ce ne sono davvero molto poche. Qualche video, qualche screenshot ma di versioni alpha o beta2 noi umani non abbiamo diritto d’averne. La base dell’OS è un cuore Linux. E come Linux anche Chrome OS sarà open source.

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Se però cercate di entrare nel sistema di controllo versione, quello che permette di condividere i file tra gli sviluppatori in tutto il mondo, scordatevelo subito: alla pagina FAQ rispondono con un bel “mandaci il tuo curriculum”. L’obiettivo è preciso: il mondo dei NetBook. Da poco più di un anno il mercato mondiale dei PC è stato invaso da piccoli mostriciattoli che vanno dai 7 a 12 pollici. Macchine leggere, che consumano poca energia e permettono durata della batteria fino a 10 ore. Non sono portatili come un telefonino ma sicuramente molto più performanti. Il sistema operativo? Finora quelli accessibili (che per me significa sotto i 300 €) hanno scelto di utilizzare versioni light di Linux, o Ubuntu oppure Windows XP. Quelli di gamma più alta arrivano a gestire Vista. Ma mr. G vuole di più, vuole diventare leader di questo nuovo mercato, dove l’hardware ha esordito improvvisamente senza tenere conto del sistema operativo. Ed è per questo che nasce Google Chrome OS: tutta l’esperienza delle web application tradotta in applicazione di basso livello: sistema operativo. Parole d’ordine: leggerezza, semplicità, rete. Per assicurarsi la fetta di mercato migliore scendono in campo ad un


anno dal lancio le prime partnership commerciali. I nomi sono di lusso: Acer, Adobe, ASUS, Freescale, HewlettPackard, Lenovo, Qualcomm, Texas Instruments e Toshiba. Ed è su questi protagonisti della NetBook mania che Google fa affidamento per raggiungere un ambito traguardo chiamato OEM: Original Equipment Manufacturer, ovvero il mondo del software preinstallato dai costruttori, già attratto da un sistema operativo facile, potente e a costo zero (ricordate vero che è open source!). Ma Google Chrome OS non è solo questo. In base a quanto ufficialmente annunciato non è un figlio né una versione potenziata di Android, il sistema operativo per smartphone. Chrome OS ha come target i NetBook ma vuole poter essere utilizzabile in qualsiasi PC. La filosofia è: sempre connessi, (sempre) subito. Email e navigazione devono essere istantanei, i file non devono avere un luogo fisico: virtualizzazione. Non preoccuparti di dove fisicamente sono i file, di fare i backup o delle prestazioni di elaborazione: a quello ci pensano server e sistemisti di Google. Senza contare che, in base a quanto dichiarato, le applicazioni di Chrome OS potranno essere usati con qualsiasi altro sistema operativo: chi ha qualche XP nel mondo della

programmazione capirà le seguenti keyword: plugin, wave, silverlight, air, flash, what? E la privacy? Beh.. bisogna fidarsi. Più che altro noi italiani dovremo preoccuparci che, se il mondo sta correndo verso questa direzione, dobbiamo renderci conto che rappresentiamo il terzo mondo dell’interconnettività e della distribuzione di banda!

I competitor Il resto del mondo della programmazione di sistemi operativi, con coraggio, non resta a guardare e si affacciano a questo già caldo 2010 mostrando denti e screenshot. Il mondo dei NetBook è sempre più invitante. Secondo una ricerca fatta dalla DisplaySearch nel secondo trimestre del 2009, i “piccoli portatili” si sono conquistati più del 22% del mercato portabile. Cifra che era di poco meno del 6% un anno fa e del 18 nel primo trimestre 2009!

EyeOS EyeOS è un sistema operativo open source, sotto licenza GNU /GPL. La prima versione fu piuttosto basilare con alcune applicazioni disponibili nel core del sistema (editor di testo, calcolatrice, lettore feed) ed il resto

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Web 2.0 A cura di: Riccardo Mares

affidato allo sviluppo della community, grazie alle API messe a disposizione. La versione 2 sembra puntare in alto, tanto da accreditarsi il playoff di cloud computing os, ovvero di sistema operativo rivolto alla operatività distribuita. Secondo il comunicato stampa ufficiale le principali potenzialità saranno: possibilità di editing dei documenti simultaneamente in più utenti, notifiche in tempo reale tramite l’integrazione di un sistema di instant messaging e di un nuovo sistema in grado di sincronizzare le applicazioni con il mondo Windows, Mac e Linux. E poi ancora grafica rivista e molti altri tecnicismi che gli utenti non vedono, ma che dovrebbero permettere maggiori performance e stabilità. Uscita prevista il primo novembre: poco più di un mese.

Microsoft Windows 7 A quanto pare in casa Redmond hanno deciso di giocare sul tempo e sulla qualità. Secondo le comunicazioni ufficiali, riportate dalla stampa internazionale, Microsoft ha deciso di attaccare il mondo dei NetBook direttamente con Windows 7: già più performante di Vista, secondo i primi test pare essere ideale anche per i piccoli da 10”.

con quello che potrebbe rappresentare Google Chrome OS: robustezza e usabilità garantite da Linux e Google, prezzo zero garantito dal open source.

Aspettando il 2010 Sono “seriamente” nel mondo IT dal 1999, ormai un decennio. Non mi era mai capitato di constatare tanta riservatezza nei confronti di un software. Solitamente alpha, beta, copie illegali, screenshot di buona qualità, insomma qualcosa di palpabile in giro si trovava. Con Google Chrome OS nulla, il nulla. Le uniche comunicazioni sono quelle ufficiali: se provate a leggere articoli in giro, soprattutto in inglese, noterete una “clone” viralità delle solite tre affermazioni, che ho raccolto per voi in questo articolo. Il resto sono supposizioni, calcoli statistici e visionarie previsioni di esperti e meno esperti. Non ci resta che attendere ancora 9 mesi… insomma una gestazione, per poi gridare: “OSanna, Google Chrome OS”!

NOTE 1. OS: Operating System. E l’acronimo di Sistema Operativo, ovvero il software che gestisce l’interazione base con i componenti hardware, la gestione file, i protocolli di comunicazione, … Sono sistemi operativi Windows XP, Windows Vista, Ubuntu,

Apple OS X

Mac OS X.

Non è scontato mettere la Macs tra i competitor, però è interessante la chiave di lettura data da Enterprise It Planet. Secondo loro Apple è essenzialmente una casa produttrice di hardware e puntano il dito sul valore del

2. Nel mondo del software si definiscono con alpha e beta le

loro sistema operativo OS X: la sua usabilità, bellezza e robustezza appaiono di poco conto se confrontate

invece cerca di coinvolgere un pubblico più ampio per racco-

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versioni non ufficialmente distribuite. L’alpha solitamente è la prima versione pronta per i test, dedicata a una stretta cerca di personale, spesso coinvolto nel progetto software. La beta gliere feedback più “sinceri” dagli utilizzatori comuni.


http://www.liquida.it


Diritto A cura di: Pasquale Castaldo

Una particolare forma di Dirito d’autore: I DRM Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

Pasquale Castaldo

Laureato in Giurisprudenza all’Università di Torino, lavora a Roma presso una società che si occupa di prevenzione del rischio sul credito e servizi Antifrode, appassionato di Informatica, delle sue tematiche connesse al diritto e più in generale di telefonia, computer e software.

Blog: http://orwell1975.blogspot.com

Nel mese di luglio il sito Amazon.com ha eliminato, con una decisione autonoma e senza preavviso, dai lettori Kindle due libri di G. Orwell, 1984, e La fattoria degli animali. La spiegazione data dall’azienda americana è che i libri sono stati inseriti nei Kindle Stores da terzi che non ne possedevano i diritti. Secondo i vertici di Amazon, dunque, i due libri sarebbero delle copie illegali e quindi sarebbe legittima la loro decisione di eliminarli dai lettori elettronici e di conseguenza dal catalogo online. Il colosso di Seattle ha fatto sapere, inoltre, che tutti gli utenti che hanno scaricato le copie elettroniche dei libri sarebbero stati rimborsati delle spese sostenute. Le reazioni degli utenti di Amazon non si sono fatte attendere: proteste e disapprovazione su centinaia di forum e blog per la decisione di Amazon, fino ad arrivare a prendere in considerazione di proporre una class action. L’azienda americana, è corsa subito ai ripari e Jeff Bezos in persona, CEO di Amazon, con una mail indirizzata ai possessori di Kindle, si è assunto tutte

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le responsabilità della vicenda definendo la soluzione adottata dalla sua azienda “stupida avventata, e dolorosamente estranea ai nostri principi”. Per un attimo mettiamoci nei panni di quei possessori di E-book, immaginiamo di avere anche noi un lettore di libri elettronico, di acquistare la nostra bella copia dell’ultimo romanzo di Faletti, da un catalogo on line, di pagarla, scaricarla da internet, da usb, salvo poi scoprire che non c’è più! Non c’è più perché l’azienda proprietaria del book reader ha deciso di cancellarla, brevi manu, perché ritiene la copia del libro illegale, pirata, o magari per altre ragioni. Credevamo che il libro fosse nostro, ma così non è. È come se il libraio sotto casa nostra, dopo averci venduto un libro, pretendesse la restituzione, o, peggio, venisse a casa nostra a riprendersi il libro con la forza. È come se, dopo aver comprato un disco in un negozio, il negoziante lo rivoglia indietro e senza farsi troppi problemi lo prende dalle nostre mani. Lo strumento utilizzato da Amazon per cancellare, senza


preavviso, i libri di Orwell dallo scaffale elettronico dei clienti Kindle si chiama DRM . DRM, è l’acronimo di Digital Rights Management che letteralmente significa gestione dei diritti digitali. Con la gestione dei diritti digitali si intendono i sistemi tecnologici con i quali i titolari di diritto d’autore possono esercitare ed amministrare tali diritti nell’ambiente digitale, mediante la protezione, identificazione e tracciabilità delle opere di cui sono autori. Tecnicamente i DRM funzionano aggiungendo ai file audio o video che si vuole proteggere delle informazioni nascoste che regolamentano il loro utilizzo: i file vengono codificati e criptati con lo scopo di impedire un uso illimitato delle opere, o al contrario permettere un uso predefinito (con un scadenza per esempio). Alla base del funzionamento dei DRM c’è, dunque, la crittografia e cioè la possibilità di rendere leggibile il contenuto protetto solo essendo a conoscenza della chiave di cifratura di cui si è in possesso se si è i legittimi proprietari del contenuto. Tra gli scopi dei

DRM c’è la certificazione della proprietà attraverso l’identificazione della copia originale e quindi delle eventuali copie pirata dei file; il controllo delle copie illegali risalendo all’iniziale possessore dei file originali, e verificando eventuali violazioni del diritto d’autore. Inventato per proteggere i DVD, uno dei primi sistemi di DRM è il CSS, Content Scrambling System. Si utilizza la crittografia dei supporti con una chiave segreta rilasciata ai produttori hardware e software di lettura che devono accettare determinate condizioni di licenza, (per esempio il divieto di fornire audio digitale di alta qualità). I Dvd che hanno questo sistema di protezione non potranno essere copiati e/o masterizzati, se non con programmi specifici (ad esempio AnyDvd) e utilizzabili solo negli Stati in cui è permesso il loro uso. Un’altra tecnologia per la protezione dei file è il cosiddetto Watermark, sistema che permette di inserire delle informazioni specifiche in un file e può essere visibile o nascosto (in questo caso attraverso la steganografia). Tale sistema permette, inoltre, di

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Diritto A cura di: Pasquale Castaldo

identificate la singola copia, l’autore, o il prodotto. Tale sistema attualmente non è utilizzato perché andrebbe a violare i diritti di privacy di moltissimi Stati. I DRM sono stati introdotti nelle legislazioni di vari Stati nel mondo: negli Stati Uniti attraverso il DMCA (Digital Millenium Copyrigth Act), in Europa attraverso una direttiva del 2001 sul copyright che impone agli Stati UE di utilizzare tutte le protezioni legali per i supporti tecnologici. In Italia, la disciplina dei DRM è contenuta nella legge 22 aprile 1941, n. 633, sul Diritto d’Autore, la quale consente ai titolari di diritti d’autore e diritti connessi di apporre sulle opere d’ingegno misure tecnologiche di protezione efficaci. La violazione di tali misure di protezione comporta delle sanzioni anche penali, oltre a quelle civili. In particolare ai sensi dell’art. 171 bis chiunque, per trarne profitto, importa, distribuisce, vende, detiene, noleggia a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi o qualunque mezzo inteso a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione di sistemi di protezione di un software, viene punito con multa e reclusione. L’art. 171 ter l. 633/41 punisce con reclusione e multa chiunque, per uso non personale e fini di lucro, fabbrica, distribuisce, importa, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo, pubblicizza per la vendita o noleggio, o detiene per scopi commerciali, attrezzature, prodotti

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o componenti, o presta servizi che hanno la prevalente finalità o l’uso commerciale di eludere le misure tecnologiche di protezione. L’art. 174 ter punisce con la sanzione amministrativa di 154 euro (oltre confisca e pubblicazione del provvedimento) chiunque acquista o noleggia attrezzature prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche. Riepilogando i sistemi di Digital Rights Management (DRM), in linea generale, consentono ai titolari di diritti d’autore di distribuire contenuti digitali in maniera sicura mediante tecnologie informatiche che impediscono utilizzi illegittimi. Tuttavia la presenza dei sistemi DRM, secondo la legge, non può impedire al legittimo possessore di un’opera dell’ingegno di effettuarne una copia privata (anche solo analogica) per uso personale. Dunque, i titolari di diritto d’autore devono permettere che ciò sia possibile, (art. 71-sexies, c. 4, l. 633/41). Per “indennizzare” i titolari dei diritti d’autore dall’esercizio di tale facoltà, la legge prevede il c.d. “equo compenso”. Consiste in una somma in aggiunta al prezzo di apparecchiature idonee a registrare contenuti audio o video (masterizzatori, videoregistratori, periferiche di memorizzazione come schede di memoria, ecc.) e sui relativi supporti vergini. Questo compenso viene “riscosso” dalla S.I.A.E., che poi lo distribuisce ai titolari dei diritti d’autore. Nel


caso del software, la legge stabilisce che il legittimo utilizzatore di un programma può effettuarne una copia di riserva, qualora tale copia sia necessaria per l’uso (art. 64-ter, c. 2, l. 633/41). Questo sistema appare, ictu oculi, discriminatorio e squilibrato, poiché è assurdo che chiunque utilizzi, per esempio, un lettore Dvd debba indennizzare altre persone! Si arriva al paradosso che si paga a terzi una somma relativa ai propri diritti d’autore. In conclusione, come da molti giuristi sostenuto, la nostra legge sul diritto d’autore andrebbe rivista e corretta poiché tende a tutelare in massima parte i titolari di diritti d’autore sacrificando i diritti dei legittimi possessori. Proprio mentre scrivo, una sentenza del Tribunale di Milano, riportata dall’edizione cartacea del Sole24ore e, su internet, da Punto Informatico, conferma ancora una volta, purtroppo, come il diritto dei consumatori sia sacrificato sull’altare degli interessi delle Major. Il Tribunale di Milano si è pronunciato su un ricorso di tre cittadini iniziato qualche anno fa: avevano citato a giudizio Sony Pictures, Buena Vista, e Universal Pictures. Le tre multinazionali secondo l’accusa hanno violato la legge italiana poiché impedivano ai loro utenti di godere del diritto alla copia privata così come sancito dall’art. 71 sexies l. 633/41. Il tribunale non è dello stesso avviso: conferma che la copia privata è un diritto dell’utente tutelato dalla legge italiana, che il

cittadino può creare una copia di backup dei prodotti che acquista regolarmente. Ma stabilisce che non è un diritto che si può tutelare sempre e comunque: tale diritto viene meno se impedire qualsiasi tipo di riproduzione è l’unica arma di difesa dell’industria dei contenuti. Come dire a mali estremi estremi rimedi. L’autorità giudiziaria stabilisce che la violazione da parte delle Major non sussiste poiché il diritto alla copia privata costituisce “eccezione al diritto esclusivo di riproduzione che costituisce uno dei profili più significativi ed economicamente rilevanti dei diritti di utilizzazione economica delle opere protette”. Il diritto alla copia privata sarebbe quindi legittimamente scavalcato dal diritto esclusivo di riproduzione detenuto da Universal Pictures, diritto esclusivo che Universal ha tutelato a mezzo sistemi anticopia. Non è ravvisabile violazione di legge né di diritti dell’utente, spiega il Tribunale di Milano, perché l’industria dei contenuti si è trovata di fronte alla scelta fra proteggere i propri contenuti dalla riproduzione illegale e consentire la copia privata rinunciando però a contenere le riproduzioni illecite. È stata “l’inesistenza di misure tecniche di protezione atte a consentire le riproduzione di una sola copia” a spingere il Tribunale a stabilire che Universal Pictures e le altre major non abbiano violato la legge italiana.

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Musica A cura di: Francesco Lotta

Creare un Business con la propria voce! Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Veejay, speaker, deejay, podcaster e videopodcaster ha realizzato le prime dirette interattive tra Webradio e Televisione in Italia. Autore e produttore di Ego (Vlog) e Radiopodcastlive. Francesco Lotta aka Dj Frank Blog: http://www.radiopodcastlive.net

“Voglio fare il digei!” Quanti di voi, magari dopo aver ascoltato un divertente programma radiofonico, o aver assistito ad una performance particolarmente coinvolgente, hanno pronunciato questa frase? Poi però, quando ci si siede davanti ad un monitor e si naviga alla ricerca di informazioni, scuole professionali o corsi si inizia a comprendere che il percorso non è così semplice e che spesso, con la parola “deejay”, si generalizza un mondo, ma soprattutto si intende accorpare due (principali) ruoli professionali: disc jockey e speaker radiofonico. Mentre per il primo si hanno notizie a sufficienza per comprendere la definizione del ruolo, più complesso è delineare i parametri che caratterizzano la figura dello speaker. Come si può argomentare ad esempio, nel duemiladieci, di questa professione, senza citare minimamente le

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nuove trasformazioni che questo genere di lavoro ha partorito? Quella del podcasting, ad esempio, è una realtà poco conosciuta in Italia ma che vanta diversi seguaci e che permette a chiunque voglia cimentarsi con il mondo dello “speakeraggio”, relativamente amatoriale, di mettersi alla prova per testare le proprie capacità, il tutto in maniera semplice, immediata ed anche economica. Purtroppo i tempi non sono ancora maturi per poter considerare la figura del podcaster un lavoro a tutti gli effetti, ma i punti di contatto con la professione dello speaker sono diversi. In questa intervista a Marco De Domenico si traggono interessante conclusioni applicabili ai ruoli citati: chiunque intenda avvicinarsi a queste “divertenti” impieghi, ha necessità di farlo con estrema dedizione e serietà. Ed è proprio questo che emerge dalle sue parole: una vita dedicata alla formazione ed una spiccata propensione naturale, oltre che, ovviamente, alla solita buona razione di fortuna.


Marco De Domenico - Speaker Radiofonico

“Considero la comunicazione l’elemento chiave della mia stessa esistenza“ Quando hai scoperto la tua passione? Ero bambino. A cinque anni mio padre mi regalò una radio Brionvega, il modello “Cubo” che negli anni ‘70 era considera un bell’oggetto ed espressione moderna di design. A Milano erano appena partite le prime radio private, io non potei fare a meno di ruotare all’infinito la manopolina della sintonia. Da pre adolescente mio nonno che durante la Seconda Guerra Mondiale era stato marconista in Marina mi fece da mentore. Mi spalancò la porta che accede al mondo della radiantistica e della radiotecnica. Ero già allora interessato alla duplice valenza del mio lavoro di speaker/doppiatore pubblicitario e tecnico del suono. Sull’onda della stessa spinta emotiva, mio nonno mi accompagnò nell’ascolto ragionato e attento della musica classica. Sono ricordi

indimenticabili. Quando avevo dodici anni mi sono fatto regalare un CB. Forse gli adolescenti di oggi non sanno nemmeno che cos’è. Ad ogni modo si tratta di una radio ricetrasmittente. Ho ottenuto alla svelta il permesso ministeriale per poterlo adoperare, e per molti anni non me ne sono mai separato. Dunque fin da piccolissimo in me risiedevano stabilmente la passione per la musica, per le telecomunicazioni e per la tecnica del suono. Assicuro che si tratta di una vera e propria inclinazione naturale, per me non si è neppure trattato di scegliere che fare da grande. Era tutto già scritto.

Il primo tuo ingaggio? Se possiamo parlare di “ingaggio” il mio primo lavoro in questo ambito fu per una minuscola radio di Busto Arsizio che si chiama Radio Studio 5. Insieme a un amico

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Musica A cura di: Francesco Lotta

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di mio fratello avevamo messo in piedi un programma radiofonico di due ore in onda il mercoledì pomeriggio. Era l’autunno del 1994, avevo 19 anni. Prima di allora avevo tentato di accedere a Radio Reporter, una radio molto ascoltata in Lombardia, Piemonte e Liguria. Il mio provino comunque non andò bene e presero un altro. Ricordo l’esperienza a Radio Studio 5 come se fosse oggi. Ero emozionato e felice. Non prendevo una lira anzi spendevo di tasca mia in benzina e autostrada per andare fino agli studi di Busto, ma era comunque l’Eldorado.

L’ingaggio di cui vai più fiero? Mediaset. Nel settembre del 2000 sono stato ingaggiato da RTI, una delle Società esercite da Mediaset. Per circa un anno ho introdotto i programmi del mattino di Italia Uno. Facevo “in voce” quel che Gabriella Golia faceva in TV. In pratica insieme ad altri quattro colleghi annunciavamo i programmi di Italia Uno. La cosa bella è che eravamo in diretta, come alla radio ma in TV. L’esperienza durò un anno, e per quel motivo e molti altri che qui non spiegherei, è stato in assoluto l’anno più bello della mia vita. Ricordo l’esperienza a Italia Uno come pura esaltazione. Mi sentivo arrivato, ero nel centro del mondo artistico a cui avevo sempre aspirato. Mi faceva effetto essere negli stessi studi dove si registrava La sai l’ultima, il Milionario di Jerry Scotti, La ruota della fortuna allora condotto da Mike Buongiorno. Eravamo tutti lì, ero fra i big, mi sentivo l’eletto.

Cosa hai Speaker?

studiato

per

diventare

Dopo una brillante maturità scientifica ottenuta in 6 anni e al costo di sforzi che definirei disumani, mi sono iscritto a Scienze Politiche. Era il 1995. Avrei desiderato fare Pubbliche Relazioni alla Iulm ma in graduatoria, complice il 36 appena intascato, arrivai penultimo su circa settecento pretendenti. Un risultato di assoluto rilievo del quale vado ancora oggi ironicamente fiero. Nel dicembre di quell’anno subii l’amputazione della gamba destra in seguito a un catastrofico incidente in motocicletta. Sebbene quell’evento fosse stato ovviamente devastante per

il mio corpo e soprattutto per la mia psiche, ebbe il pregio di strapparmi da quella condizione di studente che non mi piaceva. Abbandonai subito e mi dedicai al mio “lavoro” di conduttore radiofonico. A quel tempo lavoravo per Radio Delta di Nerviano, Milano. Nel 1998 ho frequentato il Corso di Dizione del CTA di Milano. Il CTA (Centro Teatro Attivo) è stata la scuola che più di tutte mi ha dato nell’ambito della mia professione. L’anno successivo ho frequentato il corso di predoppiaggio, l’anno dopo il corso di doppiaggio e il successivo il corso di Recitazione a Microfono. Questo quadrienno è stato il mio percorso formativo verso la carriera di speaker e doppiatore pubblicitario. Oltre al CTA, nel 2000 e nel 2001 ho pagato un importante studio di registrazione di Milano affinchè mi affittassero la sala per due ore alla settimana. Nel prezzo era compreso anche un tecnico del suono e un direttore del doppiaggio. Ho imparato più in quei due anni che nel resto della mia vita. Era dura perchè dovevo sborsare di tasca mia del danaro per imparare a fare una cosa che molto probabilmente non mi avrebbe portato da nessuna parte. Ma l’ostinazione, l’estremo desiderio, un certo spirito di abnegazione e il culo (elemento imprescindibile) mi hanno portato nell’Olimpo dei big del doppiaggio pubblicitario. Comunque si è speaker prevalentemente per inclinazione naturale e per passione. E’ raro che sia una scelta ragionata ed è praticamente impossibile diventarlo per altri motivi. Non ci si può improvvisare speaker così come non ci si può improvvisare pittori o pianisti o atleti. Come per ogni altra disciplina, questa richiede studio, dedizione e applicazione continua. Non ci sono altre strade né penso ce ne saranno mai.

Quali sono gli step per una persona che vuole diventare Speaker? Come accennato poco sopra, io penso che si è un po’ speaker nell’anima. Ci deve essere una specie di piccolo fuoco dentro, magari nascosto da qualche parte, ma è indispensabile. Si deve avere un amore sconfinato verso il mondo dei suoni. Si deve essere “uditivi” piuttosto che visivi. Io posso dimenticare una faccia nel tempo che impiego a mangiare un tramezzino ma non credo di poter mai dimenticare una voce o un suono. Lo speaker è tale anzitutto nelle orecchie, perchè ama ascoltare e prova

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Musica A cura di: Francesco Lotta

a ripetere. Da bambino mi divertivo a imitare le voci, anche nel canto. Sapevo emozionarmi per una canzone, catalogavo mentalmente i suoni e li facevo del tutto miei. Presa coscienza di una naturale inclinazione, il candidato speaker dovrebbe frequentare anzitutto un corso di dizione per pronunciare le parole della lingua italiana in perfetto italiano. Nessuno di noi parla italiano perfettamente, tutti tendiamo a pronunciare i fonemi della nostra lingua come esito di un retroterra culturale e regionale non divisibile dall’italiano stesso. Un lombardo pronuncerà sempre male la vocale “e”, un toscano pronuncerà la consonante “t” sempre più come “thi” in u suono che sempre più “fi” che “ti”. Un calabrese infilerà una sequenza infinita di “h” fra le parole, un sardo dirà sempre male le “o” e raddoppierà inconsciamente gran parte delle consonanti. Un romano non saprà mai pronunciare bene il gruppo “gl”. Il corso di dizione ti mette di fronte ai tuoi limiti, ti da l’opportunità di scoprire dove sbagli, ti obbliga a studiare con precisione chirurgica la pronuncia corretta della nostra lingua. Il corso di dizione è l’abc del mestiere. Chi volesse approfondire, può frequentare anche dei corsi di doppiaggio e di recitazione. La recitazione risulta più utile del doppiaggio perchè è più completa, il doppiaggio è paragonabile ad una branca della recitazione. Il doppiaggio pubblicitario è una specializzazione del doppiaggio. Se tutti noi ascoltassimo bene le voci degli spot alla radio e alla tv, scopriremmo che quel modo di appoggiare le parole non è molto naturale! E’ una tecnica studiata, frutto dell’esercizio costante, che porta noi speaker a parlare in modo deciso e preciso, ci spinge verso un universo di suoni vagamente innaturali ma indubbiamente belli e convincenti. E’ un’alchimia riservata a pochi, per fortuna.

La pratica sul campo è l’ultimo elemento chiave della filiera. Nessun pretendente speaker potrà esimersi dall’esercizio al microfono, anche se già introdotto nell’ambiente. Io stesso, che faccio lo speaker da 15 anni e ho 34 anni, quando torno dalle vacanze estive sono un po’ impedito. I primi lavori al microfono non sono belli come gli ultimi prima di andare via. La voce è mal calibrata, non riesco mai a trovare quell’affinità con le orecchie che invece di norma cerco a facilmente

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ottengo. L’esercizio deve essere costante e prolungato, come per i musicisti di professione. Mai smettere, pena una ripartenza piuttosto sofferta.

Ho letto dal tuo blog che hai costruito un tuo personale studio di registrazione, ce ne parli? Il mio studio di incisione è la mia tana. Sebbene mi consideri una persona piena di cose da dire, ragionevole e coerente, felice della compagnia degli altri, la sensazione che provo quando sono da solo nel mio studio è impagabile, e allo stato attuale non la scambierei con niente. All’età di 25 anni ho acquistato i primi materiali e li ho impiantati nella mansarda della villetta dove vivevo coi miei genitori. Il suono non era granchè, la mansarda era un buon ambiente per registrare ma rimaneva troppo riverberante. Un vero studio di registrazione non deve essere solo silenzioso. Deve essere soprattutto perfettamente anecoico. La parola “anecoico” significa “privo di eco”. L’eco e il riverbero sono effetti psicoacustici dovuti al rifrangersi incontrollato delle onde sonore contro le pareti e gli oggetti della stanza. Dopo la mansarda, spostai il tutto in taverna. Lì feci ricavare dal falegname di famiglia un microambiente isolato nel sottoscala. Pensate che per circa 20 anni quel sottoscala era stato adibito a scarpiera, immaginerete l’odore che mi ha accompagnato nei primi mesi! Comunque il sottoscala, seppure fosse più piccolo di un ascensore monopersona, era praticamente perfetto. Totalmente anecoico e parzialmente isolato acusticamente. Nel 2005 ho acquistato casa, sono andato a vivere da solo. Lì ho messo a frutto le esperienze raccolte prima con la mansarda e poi con la taverna, e ho fatto creare un vero piccolo studio di registrazione. Non ho mai lesinato sugli acquisti delle apparecchiature, anzi ho sempre speso una valanga di denaro. L’anno scorso ho acquistato una villa in provincia di Milano, e qui ho dato davvero il massimo. Ho fatto progettare il mio nuovo studio da una Società che si chiama S-M di Pino Stillitano specializzata nella


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Musica A cura di: Francesco Lotta

progettazione e realizzazione di studi di registrazione e studi radiofonici. Ho scelto il meglio, perchè S-M ha progettato e realizzato gli studi di Radio Deejay, di Radio 101, di Radio 105 e moltissimi altri.

separano la sala di regia dalla sala di ripresa. La sala di ripresa è l’ambiente più importante dei tre perchè ospita il microfono. Il vero fulcro dello studio è tutto lì.

Grazie alla professionalità degli ingegneri del suono e di chi fisicamente ha realizzato lo studio, credo di poter dire di essere l’unico speaker in Italia a possedere uno studio personale così elegante e performante. Il mio studio è attualmente composto da tre stanze. La prima è adibita esclusivamente a “sala macchine”.

La sala di ripresa microfonica è TOTALMENTE isolata dal mondo esterno attraverso degli artifici tecnici che l’hanno resa veramente un mondo a se. E’ stata costruita seguendo fedelmente il concetto di “box in the box”.

Lì sono riposti tre computer Apple, un PC e un server. Poi c’è la sala di regia, dove regna un’immensa scrivania a forma di elle sulla quale troviamo due monitor, due casse acustiche Genelec (lo stato dell’arte dei diffusori professionali per studi di registrazione) un mixer digitale Digidesign 003 Factory e una colonna attrezzata zeppa di apparecchiature per correggere e migliorare il suono. Questa stanza che io chiamo “regia” è stata totalmente isolata dal mondo esterno con controserramenti insonorizzanti, pannelli speciali alle pareti, pavimento rialzato e sospeso e in ultimo ogni parete è foderata di una specie di stoffa tesa come un tamburo sotto la quale c’è lana e svariati fogli di materiale fonoassorbente. In terra ci sono delle “bass trap” ossia delle “trappole per bassi”. Sono delle specie di grossi spugnoni che servono a catturare le frequenze più basse dello spettro sonoro e ad evitare che queste si rifraggano incautamente contro le pareti della stanza. La moquette è così come le

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ovunque cornici

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ed è delle

blu elettrico vetrate che

In pratica la stanza che si vede non è altro che una scatola leggermente più piccola della stanza che la ospita, ed è letteralmente svincolata dalla vera stanza in muratura. Immaginate una scatola da scarpe grande che ospita in sospensione dentro di se una scatola da scarpe più piccola. Ecco la mia sala di ripresa. Lì c’è una grande scrivania, una staffa microfonica profesisonale, un microfono Neumann che da solo vale circa 3000 euro. A chiudere c’è un pianoforte digitale, un monitor, un distributore audio al quale sono attaccate due coppie di cuffie (la mia cassetta degli attrezzi uditivi) e altri due diffusori Genelec. In pratica un vero studio è isolato acusticamente dal mondo esterno ed è anecoico. Quanto alla parte tecnica e di apparecchiature, il discorso è talmente vasto ed articolato che affrontarlo qui è quantomeno scoraggiante. Ma se qualcuno desiderasse approfondire.. insomma io ci sono e sono sempre disponibile a parlare di queste cose. Qui posso limitarmi a dire che oggi, grazie all’uso sistematico dei computer (nel mio caso esclusivamente Mac) le apparecchiature hanno perso di importanza.


Si può impiantare un piccolo studio anche con un computer portatile, una minuscola scheda audio e un microfono decente, anche da 300 euro. Sotto questa cifra non si può parlare di microfoni professionali. Chiudo questa risposta parlando brevemente del mio studio mobile. Da questa estate ho attrezzato la mia automobile a studio di registrazione professionale. Sembra assurdo e la cosa può far sorridere, ma vi prego di credermi. Sfruttando appieno le nuove tecnologie, ho dotato la mia auto delle ultime apparecchiature professionali per la presa microfonica di qualità. L’automobile è un ambiente per sua natura quasi perfettamente anecoico. Se si riesce a trovare un posto relativamente tranquillo, si può incidere. Io vado sempre in vacanza in Toscana. Al mattino presto vado in pineta, mi siedo dietro, accendo il Macbook, accendo il preamplificatore microfonico, mi metto le cuffie, scarico la posta da internet in HSDPA e incido i testi. Poi li edito e li invio ai rispettivi clienti. In un paio d’ore me la cavo, poi vado in spiaggia. E’ futuro, è magia, è la mia vita!!!

Quali sono i fattori chiave che deve avere un buon Speaker? Per comodità, li sintetizzo in singole parole o brevi frasi:

1) 2) 3) 4) 5)

Dote naturale Inclinazione naturale Orecchio attento e critico Nessun difetto di pronuncia, nemmeno piccolissimo Dizione ottimale (si ottiene solo studiando)

6) Denaro proprio. Per la partenza occorrono anni e non si guadagna un soldo 7) Sensibilità estrema al mondo della comunicazione e al tessuto sociale nel quale siamo immersi e parte integrante 8) Disponibilità al sacrificio ed eventualmente alla delusione 9) Molta fortuna Se pensate che sia esagerato, vi chiedo scusa Probabilmente sono stato eccessivamente selettivo e scoraggiante. Ma se pensate di avere queste qualità e siete ancora giovani... fatevi avanti! Un giorno potreste ritrovarvi con me in sala di registrazione per il prossimo spot!!!

Dove ti possiamo ascoltare attualmente? La lista è lunga, per fortuna. Mi ascoltate ogni sabato pomeriggio su Sette Gold nel programma “Manuel”. E’ un rotocalco sul mondo dei motori con un taglio giornalistico molto fashion che io conduco alla maniera di Nonsolomoda. Mi ascoltate ogni giorno su Mya, canale del Digitale Terrestre di Mediaset Premium. Io sono la voce del programma “Mya Mag” che conduco insieme a Claudia Cassani, voce ufficiale di Radio Deejay. Mi ascoltate come voce dei video dei siti che offrono contenuti multimediali, basta digitare il mio cognome in Google e viene fuori il mondo! Mi ascoltate come voce di un’infinità di spot alla radio e alla televisione. Se mi chiamate sul mio numero privato, potete anche ascoltarmi al telefono! :)

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Mobile A cura di: Claudia Baglioni

iPhone: una Gaming Console

Claudia Baglioni

Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Studia Giornalismo presso l’università “La Sapienza” di Roma ed ama tutto ciò che è tecnologia, con un occhio di riguardo al mondo Apple. Dal 2008 è amministratrice di iSpazio.net, il sito italiano dedicato all’iPhone e all’iPod Touch.

Blog: http://www.ispazio.net

Durante l’ultimo keynote organizzato da Apple Inc., che si è tenuto a San Francisco soltanto pochi giorni fa, Steve Jobs, CEO della società californiana, oltre ai nuovi prodotti, ha parlato ampiamente dell’iPhone e dell’iPod Touch come console di gioco. I due dispositivi, infatti, sono in grado di competere, senza particolari difficoltà, con PSP e Nintendo DS, anche se la maggior parte dei gamers non sarà d’accordo con quanto appena affermato. Gli aspetti da tenere in considerazione per poter provare la validità di un tale paragone sono molteplici e di seguito trovate i relativi approfondimenti. E’ difficile ammettere che l’iPhone sia un apparecchio completo, capace di intrattenere chi lo possiede grazie alle tante funzioni che offre come è difficile capire per quale motivo il fatto di essere un telefono elegante, un ottimo lettore mp3 ed un accurato navigatore satellitare escluda, a priori, l’eventualità che il melafonino possa interpretare egregiamente anche il ruolo di console. Associare il sostantivo smartphone al mondo dei videogiochi non vuol dire necessariamente fallimento. Non ci troviamo, infatti, di fronte all’nGage, il telefono prodotto da Nokia che, nonostante i buoni propositi e l’originalità del progetto, non riuscì ad ottenere

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il successo sperato a causa di alcune scelte sbagliate relative al mercato ed alla tecnologia impiegata. Nel caso dell’iPhone, Apple ha saputo sapientemente integrare più apparecchi in un unico dispositivo dotato, oltretutto, di un aspetto terribilmente accattivante e della tecnologia più avanzata del mondo. Da un punto di vista prettamente economico, quello a cui ha dato vita l’iPhone è un business senza precedenti. Basti pensare che attualmente nell’App Store sono disponibili oltre 21.180 giochi contro i 3.680 del Nintendo DS e i 607 della Sony PSP. Il costo medio dei titoli sviluppati per le ultime due console citate si aggira tra i $25 e i $40; il prezzo dei giochi per iPhone parte da 0,99€ ed arriva, nei casi di titoli importanti, a 7,99€. Un aspetto da non sottovalutare è rappresentato anche dalla possibilità che viene data agli utenti di provare i vari titoli prima di acquistarli: nell’App Store, infatti, sono disponibili innumerevoli versioni gratuite dei giochi che permettono al cliente di testare il prodotto prima di procedere con l’acquisto della versione completa. Da un punto di vista più tecnico, sviluppare un gioco per PSP o Nintendo DS comporta, spesso e volentieri, l’acquisto di particolari kit di sviluppo il cui prezzo si


portatile a tutti gli effetti

aggira attorno alle decine di migliaia di euro e che, il più delle volte, offrono pochi software di supporto per chi decide di utilizzarli. Al contrario, sviluppare un gioco compatibile con lo smartphone californiano comporta spese davvero irrisorie. Il developer, dopo essersi registrato sul sito Apple, può aderire ad uno dei due programmi disponibili: quello Standard, che costa $99, o quello Enterprise che

costa, invece, $299. Il primo programma è dedicato agli sviluppatori singoli o a piccole società mentre il secondo è rivolto alle software house che vantano 500 o più dipendenti e che vogliono ottimizzare i giochi di loro proprietà per l’iPhone e per l’iPod Touch. Tutto quello di cui necessita un developer è l’SDK, ovvero un pratico kit per lo sviluppo, che gira solamente sui Mac e che Apple distribuisce gratuitamente, grazie

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Mobile A cura di: Claudia Baglioni

al quale sarà possibile creare e testare, attraverso l’iPhone Simulator, giochi ed applicazioni di ogni genere in maniera guidata. Una volta terminato lo sviluppo del gioco, il produttore può distribuire la propria applicazione attraverso l’App Store che, a differenza delle altre piattaforme, opera online e si rivolge al mercato mondiale. Il ricavato di ogni singola vendita verrà così ripartito: il 70% allo sviluppatore e il restante 30% alla Apple. Questo sistema di programmazione e distribuzione, che permette a chiunque di dar vita ad un business proprio senza dover passare attraverso noiose e lunghe pratiche burocratiche, ha catturato l’interesse delle grandi software house, come Gameloft, Electronic Arts, Taito e ngmoco:), che, considerate le potenzialità - dovute all’introduzione del supporto all’OpenGL|ES 2.0 - e la popolarità dell’iPhone, hanno iniziato ad effettuare il porting di giochi già esistenti o a sviluppare nuovi titoli che offrono grafica ed effetti eccezionali. Da un punto di vista pratico, i possessori di iPhone e iPod Touch lamentano l’assenza di tasti fisici che consentano loro di giocare comodamente. Questa mancanza, che

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rappresenta la vera motivazione per la quale l’iPhone non viene considerato una vera e propria console di gioco, verrà sicuramente colmata dal mercato degli accessori che, in forte espansione, metterà a disposizione dei consumatori una serie di dispositivi da col legare, attraverso il dock, all’iPhone e all’iPod Touch. In rete come nei negozi, sono già disponibili alcuni accessori in grado di estendere le funzionalità del telefono tuttofare: troviamo volanti, ottimi aiuti per controllare la propria auto in giochi come Real Racing, o joypad esterni che, come vere e proprie custodie, vestiranno l’iPhone e ci permetteranno di giocare al nostro titolo preferito senza incontrare le difficoltà che, a volte, non possono essere superate utilizzando semplicemente i comandi touchscreen e l’accelerometro integrato. Dunque, l’iPhone si sta rivelando un dispositivo completo, quasi onnicomprensivo. E chi lo ha acquistato, credendo di spendere una fortuna, si è reso conto che non si tratta di un semplice telefono con qualche funzione in più ma di una perfetta fusione di dispositivi - telefono, lettore mp3, navigatore satellitare, console, fotocamera, videocamera - ognuno dei quali è stato singolarmente progettato e sviluppato in maniera impeccabile.


Visita http://www.ispazio.net


Internet A cura di: Giovanni Taormina

Android : Ecco tutte le Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>> Giovanni Taormina aka max299

Studente presso la facoltà di Economia, il tempo libero lo trascorre scrivendo per AndroidUp.com, blog del network iSayBlog! Ha una grandissima passione per il mondo della telefonia mobile e per il web in generale.

Blog: http://www.androidup.com

Sono trascorsi circa 365 giorni dalla presentazione del primo telefono cellulare, basato sulla piattaforma Open Source, sviluppato in collaborazione con Google (23 Settembre 2008 – T-Mobile G1) e Android sembra aver conquistato una buona fetta del mercato Mobile e non solo. Dalla pubblicazione dell’ HTC Dream, conosciuto oltreoceano col nome T-Mobile G1, i maggiori produttori mondiali di telefoni cellulari (Nokia esclusa), si sono sempre più avvicinati ad OS, in un certo senso incuriositi dal progetto ma soprattutto perché alla base di tutto ciò, c’è Google, il motore di ricerca più utilizzato dagli utenti. L’ impostazione di Android, in un certo senso ricalca la strada intrapresa da Apple, affiancando ad una piattaforma stabile, basata sul kernel Linux, una serie di servizi completamente integrati su Google, come: GTalk, GMail, Google Maps, ecc. inoltre, per favorire la diffusione delle applicazioni, è stato aperto il cosiddettoAndroid Market, punto di incontro tra sviluppatori ed utenti. Dopo questo piccolo ritratto storico di Android, andiamo subito a vedere quelle che saranno le novità dei prossimi mesi. Iniziamo subito, parlando di Motorola, il colosso americano che proprio in queste giorni ha svelato al pubblico il suo primo smartphone basato sulla piattaforma Google Android. Proprio lo scorso 10 Settembre 2009, si è tenuto a San Francisco – California, l’ ultimo evento Motorola, in cui è stato presentato al pubblico il Motorola Dext (CLIQ per gli utenti americani). Si tratta di un terminale molto curato e con caratteristiche leggermente superiori

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rispetto agli attuali terminali Android in commercio. Il terminale è dotato di un display HVGA touchscreen da 3.1 pollici di diagonale, sensibilmente più piccoli degli attuali Android, con una risoluzione di 320 x 480 pixel. Sulla parte frontale, troviamo solo tre pulsanti, del tutto integrati con la scocca del terminale, si tratta del tasto Home, sulla parte centrale, indietro ed un tasto funzione ai due lati. Il telefono dispone inoltre di una comoda tastiera fisica QWERTY con apertura a scorrimento, oltre l’ormai classica tastiera virtuale. Sul retro troviamo una discreta fotocamera con sensore da 5 Megapixel con autofocus ma priva di flash, che ne limiterà l’ utilizzo in condizioni di scarda luminosità. Tra le novità più importanti di questo terminale, trova un posto di rilievo la nuovissima interfaccia grafica, completamente sviluppata da Motorola, si chiamerà BLUR è darà un tocco di originalità e di praticità al terminale. BLUR rivestirà completamente Android, mantenendo gli utenti in costante contatto con i propri amici, grazie all’ integrazione con i social network più utilizzati, come: Facebook, Twitter, MySpace, ecc. La seconda novità che merita di essere menzionata è sicuramente la batteria, uno dei punti deboli dei terminali di ultima generazione. Col nuovo Dext, Motorola ha deciso di introdurre le nuovissime batterie ai Polimeri di Litio, abbandonando definitivamente le vecchie agli Ioni. Il vantaggio di queste batterie non è indifferenze, esse infatti garantiscono una maggiore autonomia, mantenendo dimensioni piuttosto ridotte. Inoltre


novità

proprio per le proprietà chimiche dei polimeri, queste possono essere modellate ed adattate facilmente alle linee dei terminali. Il telefono dovrebbe iniziare ad essere commercializzato dagli operatori telefonici, a partire dal prossimo mese di Ottobre, il prezzo è ancora da definire.

grado di garantire un’ autonomia di ben 22 ore in riproduzione audio e 7 in riproduzione video. L’anima dell’ internet tablet, è costituita dalla piattaforma Open Source, Google Android, in grado di adattarsi con estrema facilità a tutti i dispositivi. Il gioiellino è disponibile sullo shop online di Archos in due versioni: da 32 GB a €299,99 e da 160 GB a €349,99.

Proprio in questi giorni, è stata anche ufficializzata la commercializzazione di uno dei più interessanti rivali dell’ iPod Touch, stiamo parlando dell’ Archos 5 Internet Tablet. Si tratta di un Tablet dalle dimensioni ridotte ma con caratteristiche tecniche che lasciano a bocca aperta. Dotato di un ampio display TFT

A scaldare ancora di più l’atmosfera, ci pensa LG Electronics, uno dei maggiori produttori mondiali di telefoni cellulari. Il produttore sud-coreano si è interessato fin da subito alla piattaforma Android ma, solo in questi giorni è stato svelato il primo

touchscreen da 4.8 pollici di diagonale a 16 milioni di colori ed una risoluzione di 800x480 pixel, consente una buona visione sia dei video che delle pagine web. La memoria interna va da 8 a 32 Gigabyte con possibilità di espansione tramite slot microSD. Sono tuttavia disponibile le versioni con Hard Drive con una memoria che va dai 160 ai 500 Gigabyte.

terminale nel corso dell’ IFA, tenutosi a Berlino dal 4 al 9 Settembre 2009. Si chiamerà LG GW620 Etna, si conosce molto poco su di esso, possiamo solo dire che, avrà una tastiera full QWERTY a 5 linee, col tastierino numerico in prima funzione, un display da 3 pollici ed una fotocamera di almeno 5 megapixel con autofocus, priva di flash.

L’ Archos 5 Internet Tablet consente di riprodurre video in alta definizione, supportando lo standard 720p. La connettività dati è garantita dal Wi-Fi 802.11 b/g/n in grado di raggiungere velocità fino a 125 Mbps, il sempreverde Bluetooth 2.0, oltre l’utilissimo trasmettitore / ricevitore FM con supporto RDS (Radio Data System).

La commercializzazione di quest’ ultimo dovrebbe essere prevista per il quarto trimestre del 2009. Con molta probabilità, riusciremo a vederlo negli scaffali, a partire dalla metà di Ottobre. Questi sono solo alcuni dei terminali Android che a breve affolleranno il mercato della telefonia mobile, tra la fine del 2009 e gli inizi del 2010, sarà in atto una entusiasmante rivoluzione tecnologia, grazie ai nuovi terminali dotati di potenti processori da 1GHz, non ci resta che aspettare!

Cos’ come il Motorola Dext, anche in questo terminale viene utilizzata una batteria ai Polimeri di Litio in

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Cinema A cura di: Giovanna Gallo

Giovanna Gallo

Bio >>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>>

aka Gioska

Lavora da un anno per Bianqo, un’ agenzia di comunicazione, come responsabile editoriale, blogger esperta di costume, cinema e tv, social-attivissima, ironica e attenta.

Blog: http://blogposh.com

E’ bastato una parola, acquisizione, perché tutti si immaginassero Spiderman con le orecchie di Topolino e Wolverine impegnato a inciuciare con la Sirenetta.

della Marvel Entertainment capitanata da Stan Lee, si portano a casa 30 dollari in contanti più 0,745 azioni Disney per ogni titolo detenuto.

Forse, per gli addetti ai lavori, l’acquisto della casa di produzione Marvel da parte della Disney significa azioni che si tramutano in soldi, ma per i comuni mortali che saggiano le potenzialità dei due colossi solo a prodotto finito dentro a un cinema, non è ben chiaro cosa accadrà da adesso in poi.

Dal canto suo, Disney si appropria dei diritti di alcuni dei personaggi più famosi della Marvel, tra cui Uomo Ragno e X-men.

La Disney ha il suo bel da fare per stare al passo con i tempi: sforna un giorno si e l’altro pure personaggi canterini che sono la gioia delle ragazzine (Hannah Montana, High School Musical, Camp Rock e adesso uno serial tutto dedicato ai Jonas Brothers), li piazza sul mercato, organizza musical, spettacoli, red carpet, pulisce a fondo l’immagine di questi poveri adolescenti condannati a rimanere sempre tali, asessuati e ingenui.

Stan Lee ha fatto capire in modo palese la sua soddisfazione: “Per me, diventare Disneyficato non è una brutta cosa. Voglio dire, guardate a film come Pirati dei Caraibi: la Disney sa come fare i film. Sanno come realizzare personaggi ricchi e penso che i fan, se ci penseranno, saranno molto felici.”

I ragazzini hanno ben poco da godersi, a parte le grazie di Vanessa Hudgens. In molti hanno voluto vedere, in questa transazione da ben 4 miliardi di dollari, una sorta di affannosa ricerca di stabilità ed equilibrio da parte della Disney, che, intanto, si accaparra ciò che più mancava alla sua scuderia: super-eroi. Per fare un discorso gretto e materialista, gli azionisti

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Scambio equo e tutti felici, almeno a quanto traspare dalle dichiarazioni a caldo dei protagonisti.

Anche Ike Perlmutter, amministratore delegato della Marvel, non lesina positive considerazioni sull’affair: “La Disney è la casa migliore che i nostri eroi potessero trovare”. E se lo dice lui, che manterrà ben saldo il suo posto all’interno della nuova squadra e che quindi godrà di tutti i benefici della nuova sistemazione, bisogna fidarsi. Corre voce che, all’interno della stessa Marvel, fossero davvero in pochi a sapere dell’acquisizione.


E fu cosi che Wolverine incontrò topolino Mark Millar, fumettista e sceneggiatore storico, ha affermato in un’intervista di non avere la minima idea di cosa stesse succedendo e, come lui, tanti altri hanno festeggiato con una doccia fredda il cambiamento di status. Far parte della scuderia Disney, con un gigante come Topolino alle spalle, peserebbe anche alle case di produzione più quotate: non resta che vedere cosa succedera sul piano pratico.

bene a un casa di produzione che sarà pure milionaria e leggendaria, ma che risente pur sempre del peso degli anni. Quelli più pratici invece, sostengono che i mezzi (limitati, in confronto a quelli della Disney) della Marvel, saranno rivalutati e limati. Un piano di marketing ben ragionato, insomma, e poco contano quei quattro miliardi dell’acquisto sganciati lo scorso 31 Agosto: l’importante è il dopo. E sono soprattutto i fan Marvel ad aspettare questo responso.Sceneggiatori, fumettisti e disegnatori non fanno altro che ripetere da giorni che lo spirito della casa di produzione e dei personaggi non sarà tradito in nome di questa o quella politica disneyana. Che pure si farà sentire, come in molti già pensano.

A monte, si cercano ancora le motivazioni: economi, fini intellettuali, esperti del settore o semplici fan, tutti lì a chiedersi perché Marvel e perché adesso. I più cattivelli insinuano che a guadagnarci sarà soprattutto la Disney, diversamente da come si potrebbe pensare: rilanciare la propria immagine non può che far

La Marvel esiste ancora? Sarà ancora la stessa società di un tempo, quella nata nel 1939 da un’idea dell’editore newyorkese Franc Torpey e poi creatrice di super-eroi senza età come Hulk e Capitan America? Domande che si associano ad altre più irriverenti: Topolino accoglierà volentieri quel ragazzaccio di Wolverine a casa sua? E gli altri, finiranno tutti a Topolinia, in fondo al mar, in una zucca o a far le trecce a Pocahontas?

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