Dicembre 2022 La rivista dei Soci di
La rivista dei Soci di Banca d’Alba Anno IX – n. 29 – Dicembre 2022
Direttore responsabile Roberto Fiori
Comitato editoriale: Cristina Borgogno, Riccardo Corino, Elisa Farinetti, Elena Ferrero, Daniela Scavino, Paolo Taricco
Hanno collaborato: Bruno Gambarotta, Sergio Miravalle
Direzione, redazione, segreteria: Banca d’Alba
Via Cavour, 4 – 12051 Alba (CN) Tel. 0173 659.3030 Fax 0173 659.333 centotorri@bancadalba.bcc.it
Registrazione presso: la Cancelleria del Tribunale di Alba n° 3/97 del 6 marzo 1997 Registro Periodici
Immagini di: Edoardo Pistone, iStockphoto, Adobe Stock,
Realizzazione grafica, Dtp e Stampa: “l’artigiana” – Azienda Grafica
La rivista viene stampata in 61.000 copie e inviata in omaggio a tutti i Soci di Banca d’Alba
Cento Torri lascia agli Autori la responsabilità delle opinioni espresse negli articoli firmati
Questo numero è stato chiuso in redazione il 23 novembre 2022
In copertina:
l’immagine guida del progetto sulla biodiversità avviato da Banca d’Alba con Slow Food Italia
Buono, pulito e giusto C’
è poco da dire, lo slogan coniato con lungimiranza quasi vent’anni fa da Carlo Petrini rovesciando gli stereotipi sul cibo, l’ambiente, la natura e l’agricoltura, è sempre più attuale.
Oggi siamo quasi tutti convinti che ciò che arriva a tavola debba essere “Buono, pulito e giusto”, ovvero piacevole, accessibile, prodotto con criteri di sostenibilità, nel rispetto dei diritti di chi lo produce, di chi ne fruisce e della biodiversità agroalimentare e gastronomica.
Una consapevolezza che si è fatta strada anche nelle cucine di osterie e ristoranti, dove cuochi e chef si impegnano per ridurre l’impatto ambientale del proprio lavoro e per evitare lo spreco alimentare, valorizzando i saperi e le produzioni territoriali.
È a questi locali di Soci appassionati e dal genuino spirito green che abbiamo deciso di dedicare la copertina e alcune pagine di approfondimento del nostro Cento Torri, con l’idea che in un territorio ad alta vocazione enogastronomica come quello di Piemonte e Liguria concetti come sostenibilità e tutela debbano passare anche attraverso il settore strategico della ristorazione. Ma non solo: il tema della salvaguardia del nostro ecosistema è al centro anche di un percorso avviato da Banca d’Alba e da Slow Food Italia con l’incontro dal titolo “Non mangiamoci il clima. Le scelte che fai a tavola ogni giorno contano” e con una serie di approfondimenti e laboratori alla scoperta della biodiversità di alcune filiere alimentari, imparando a mettere il cibo al centro di un nuovo progetto di vita.
Perché se è vero che “mangiare è un atto agricolo”, come sostiene il poeta-agricoltore e ambientalista americano Wendell Berry, non c’è niente di meglio che imparare gustando.
Buona lettura.
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Natale nel segno della fiducia di Tino Cornaglia
Soci&Territorio
Il mondo di Viola insegna a rispettare l’ambiente
di Banca
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Ecuador
Cultura
Marta Mascarello professionista del pallone
La sostenibilità è servita
A teatro per imparare la finanza sostenibile
Fondazione Banca d’Alba
Ecco la Beatrice piemontese del “Dante” di Avati Intervista a Carlotta Gamba
Il gran teatro della ristorazione di Bruno Gambarotta
Viktoria Jordanovska, Manifesto per Città del Vino 2023
Natale nel segno della fiducia
Carissimi Soci, sono felice di raggiungervi in questo periodo così importante dell’anno per porgere a tutti voi e alle vostre famiglie i più sinceri auguri di buone feste a nome di tutti gli organi sociali della Banca. L’avvicinarsi di un nuovo inizio porta con sè anche le riflessioni sull’anno appena trascorso, che ha visto il rapporto tra voi Soci e la Banca consolidarsi e rafforzarsi nel segno della fiducia. Lo dicono i numeri, con migliaia di nuove entrate nella compagine sociale, per la maggior parte giovani con meno di 30 anni di età. Lo dice anche la vostra partecipazione agli eventi organizzati per voi nei mesi scorsi, dai viaggi ai convegni, dalle giornate di prevenzione alle cure fisioterapiche nei nostri centri medici; ma lo dice soprattutto la vostra presenza al momento di massima democrazia finanziaria, l’Assemblea tenutasi ad aprile che ha registrato un’affluenza di oltre 13mila Soci da ogni parte del Piemonte e della Liguria. Dopo anni di restrizioni e distanziamenti forzati, una nuova socialità ha permesso di rinsaldare il patto tra voi e la Banca, basato sulla relazione personale, sull’ascolto e sul dialogo. In un periodo storico che vede la razionalizzazione degli sportelli, Banca d’Alba è andata
controtendenza ma in modo coerente con la propria mission che vede la persona al centro, soprattutto il Socio a cui dedica la maggior parte delle attenzioni sia in campo bancario, sostenendo i progetti delle famiglie e delle piccole e medie imprese, sia in campo extra bancario continuando il percorso a supporto della sfera sociale e sanitaria che il territorio necessita. Questo è stato possibile grazie ai risultati dell’esercizio che sta volgendo al termine, che ha visto una crescita equilibrata di tutti gli indicatori, consentendo una solidità e una patrimonialità mai registrati prima. Sono certo che questi risultati inorgogliscano anche voi Soci, perché è una condizione essenziale per poter sostenere i vostri sogni e le vostre esigenze, soprattutto in momenti difficili come quello che il mondo sta vivendo.
Da quando iniziò la pandemia abbiamo sempre detto “Noi ci siamo” ed è un impegno che vogliamo mantenere ogni giorno, nei limiti delle nostre possibilità, per consentire oggi una
di Tino Cornaglia Presidente del Consiglio di Amministrazione
ripartenza verso una nuova normalità sociale, economica e anche sostenibile.
Natale è sempre un nuovo inizio, foriero di novità che mi auguro siano piene di soddisfazione per tutti voi.
Tengo a ringraziarvi per la vostra fiducia e per il vostro grande attaccamento alla Banca, che ci impegneremo a meritare anche il prossimo anno con ciò che da sempre ci viene meglio: lavorare con dedizione ogni giorno al vostro servizio.
Auguri di cuore
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L’INTERVISTA
Marta Mascarello professionista del pallone
LA GIOVANE CALCIATRICE DI MONTICELLO È APPRODATA AL MILAN E GIOCA
NELLA SERIE A IN UN MOMENTO STORICO PER IL FOOTBALL FEMMINILE ITALIANO
Marta Mascarello considera la conclusione dell’iter legislativo che quest’estate ha portato il calcio femminile della Serie A al professionismo come un passaggio “epocale”, decisivo per il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici sportive. A ventisei anni appena compiuti, di cui venti già dedicati alla disciplina e con la ferma decisione di far divenire il football il proprio percorso di vita, contro gli stereotipi un po’ vetusti dello sport “maschio” nazionale, l’atleta può finalmente vedere riconosciuti i propri diritti di lavoratrice. Giovane socia Banca d’Alba, di Monticello, oggi vive e lavora come calciatrice professionista a Milano, “in zona Forum, tra San Siro e Milano Ovest”, studiando nel frattempo Psicologia, dopo essersi immatricolata all’Università di Firenze durante i tre anni di carriera con la serie A cittadina. Come è arrivata “la chiamata” al pallone?
Il calcio è sempre stato lo sport di famiglia. Mio padre Luca non è mai stato un professionista, ma sempre sportivo, giocatore di calcio e pallapugno, e allenatore, oggi della Cheraschese. Mio fratello Andrea, che ha solo un anno più di me, fin dalle elementari ha iniziato a giocare con l’Albese e mi è sembrato normale unirmi a lui, fin da quando avevo sei anni. Nell’Albese ho giocato passando alle squadre miste dei Pulcini, Esordienti e infine Giovanissimi, fino ai 14 anni quando sono arrivata alla squadra femminile dell’Alba, serie B, dove sono rimasta tre anni.
Come è stata accolta in famiglia la sua decisione di progredire nella disciplina?
In modo assolutamente libero e positivo, non solo dai due “calciatori” di famiglia, mio padre e mio fratello, ma anche da mia madre, amante dello sport e senza alcuna limitazione nel pensarmi calciatrice. Non si è mai scontrata con gli stereotipi dello sport macho per eccellenza?
Da bambina e ragazzina, nelle squadre miste, a volte la mia presenza sollevava stupore o ironia, ma non tanto, come ci si aspetterebbe, negli avversari, quanto nei loro genitori. La vedo come una questione generazionale: in Italia il calcio è per tanti versi una “religione” e la presenza del calcio femminile a qualcuno sembra sottrarre qualcosa alla sua “sacralità”. Ma sono sport diversi e negli ultimi due anni tante cose sono cambiate nel campionato femminile.
In questo senso il riconoscimento del professionismo femminile, quest’anno, è stato epocale. Cosa significa per lei?
Il mio ingresso nella serie A è giunto con il Cuneo nel campionato 2016/17. Ero entrata in squadra l’anno prima, mentre terminavo il liceo linguistico ad Alba, quando il Cuneo era ancora in B. Dopo ne sono arrivati due nel Tavagnacco, in provincia di Udine, e i tre anni nella Fiorentina. Viaggiando durante il campionato o quando mi ritrovo alle nazionali femminili, e incontrando calciatrici italiane o straniere, mi sono resa conto che quello che per noi è diventato un diritto solo
da quest’estate, in Europa lo è da decenni, e che calciatrici più anziane di me hanno sempre avuto contratti dilettantistici, senza versamento dei contributi pensionistici o diritti, per esempio in merito alla maternità. Finalmente si respira l’aria di questo cambiamento. Com’è la sua giornata da calciatrice di Serie A? Dopo l’ingresso nel Milan a settembre, vivo con due compagne di squadra, ci alleniamo tutti i giorni, ogni mattina fino alle 12,30 e a volte anche in gruppi più piccoli nel pomeriggio, dopo il pranzo nella mensa della società. Sabato e domenica pomeriggio si disputano le partite. Nel tempo libero studio, quand’ero a Firenze mi sono iscritta a Scienze Psicologiche.
Sotto: Marta Mascarello 26 anni
STORIE DI SOCI
Un libro contro le leucemie
Ha più volte detto che scrivere gli ha salvato la vita. Ma la sua scrittura sta contribuendo a salvare anche quella degli altri. Sono passati due anni da quando il Socio albese Giorgio Ruatasio ha dovuto fare i conti con il Covid prima e, subito dopo, una leucemia mieloide acuta che lo ha aggredito proprio quando si stava riprendendo dal virus. Un’esperienza dolorosa, vissuta con lucidità, tanto da decidere durante i lunghi ricoveri di raccontare la sua storia – che include anche un trapianto di midollo fatto a maggio 2021 grazie alla compatibilità con il fratello Dado -, nel libro “La sala d’attesa”, i cui proventi sono stati destinati all’Ail (Associazione italiana contro le
leucemie-linfomi e mieloma).
“Ho sempre creduto nella ricerca, ancora di più dopo quanto ho vissuto sulla mia pelle – racconta Giorgio –. Ho scelto di finanziare gli studi sulla terapia con cellule Cart-T, che fanno crescere le prospettive di vita dal 20 al 50%“. Dopo la prima stampa del libro, accompagnato dalla moglie Monica, Giorgio ha consegnato all’Humanitas di Milano, dove è stato in cura, un assegno di 24.609 euro. “È come se lo avessero firmato tutti quelli che hanno acquistato il libro, che sarà ristampato e spero possa ancora contribuire alla causa. Oggi sto bene, anche se bisogna avere pazienza e non è sempre facile riappropriarsi della vita di prima”. E la scrittura?
Beatrice, nata sulle punte
Ha imparato a camminare attaccata alla sbarra della scuola di danza della mamma. Tanto che, a chiederle da quanto tempo balla, risponde sicura: “Da quando ho memoria” Figlia d’arte (mamma Carla Manera è maestra e coreografa e papà Fabrizio musicista e docente), la giovanissima Socia albese Beatrice Ceste, 20 anni e un diploma al liceo Classico Internazionale Massimo D’Azeglio di Torino, oggi studia Scienze archeologiche all’Università Sapienza di Roma e porta avanti il suo impegno nella danza classica, moderna e contemporanea ad altissimi livelli, lavorando per alcune delle compagnie più importanti d’Italia.
“Ho iniziato danza classica molto piccola e ho sempre studiato, con continuità, prendendo anche lezioni private dal maestro Giulio Cantello – racconta Beatrice –. In quarta superiore mi sono trasferita a studiare a Torino per poter frequentare tutti i giorni l’accademia Eko Dance. Sono poi andata a Roma per l’Università, ma quest’anno ho avuto l’opportunità di lavorare a Torino per la compagnia di Pompea Santoro e quindi seguo i corsi online e vado in facoltà per sostenere gli esami in presenza”. Disciplina, autocontrollo, organizzazione e fino a 5 ore di allenamento al giorno.
Così Beatrice è riuscita a conciliare la scuola e la danza,
”È stata un’esigenza di quel preciso momento. Ogni tanto prendo qualche appunto, ma è difficile avere l’emotività giusta. Piuttosto, vorrei tornare in bicicletta a Santiago di Compostela. L’idea è di farlo per i due anni dal trapianto”
che nel 2021 l’ha portata anche in Vaticano, a ballare davanti a Papa Francesco. “Un bravo insegnante può aiutarti a valorizzare e coltivare il tuo talento, ma gli obiettivi si raggiungono solo con impegno e fatica. Cosa sogno di fare da grande? Sarà forse scontato, ma sicuramente ballare. Nei teatri, però, a contatto con il pubblico.
Amo il teatro più ogni altra cosa. Alla fine di ogni saggio o esibizione, quando si spengono le luci, mi piace salire sul palco e rimanere lì, sola qualche minuto, a sentire il profumo e il rumore del legno sotto i piedi”
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ALBA ALBA
Sopra: Giorgio Ruatasio e la moglie Monica Sotto: Beatrice Ceste
ALBA
La botte da guinness e il vino per la ricerca
Cinque metri di altezza e 4,7 di diametro, 60 quintali di legno di rovere di Slavonia (Croazia), per 478 litri di capienza. È nelle Langhe la botte più grande del mondo. Esattamente a Neviglie, 357 abitanti quasi al confine tra la provincia di Cuneo e quella di Asti, dove la cantina Roberto Sarotto, Socia di Banca d’Alba, ha accolto lo scorso 2 luglio il giudice Pravin Patel, in arrivo da Londra, per la certificazione ufficiale del Guinness World Records. “Sapevamo da tempo che la botte, realizzata da una ditta altamente specializzata di Conegliano Veneto e già in uso da circa un anno nella nostra azienda, era la più grande al mondo – spiega Sarotto –. Ma dovevamo aspettare la certificazione ufficiale, che è
arrivata quest’estate, per l’occasione abbiamo inaugurato anche il nuovo reparto di affinamento”
Da anni all’avanguardia nell’utilizzo di tecnologie per l’efficienza ambientale e la sicurezza dei processi di vinificazione, la storica azienda agricola Sarotto in cui sono impegnati, oltre a Roberto, anche la moglie Aurora e i figli Enrico ed Elena è una delle realtà più innovative sul fronte della viticoltura e della vinificazione 4.0. Ma quale pregiato vino di Langa ospita la più grande botte del mondo? “L’abbiamo riempita qualche settimana fa con il Barbaresco, mentre il primo affinamento è stato quello del Barolo Riserva 2016, le cui bottiglie andranno vendute anche per beneficienza”. Parte dei proventi del vino andranno infatti a sostenere la
ricerca scientifica dell’Istituto IRCCS di Candiolo, dove da anni è impegnata in prima linea nella lotta contro il cancro la sorella di Roberto, Ivana Sarotto.
I tartufai albesi incontrano il Presidente Mattarella
Rispettivamente nel ruolo di presidente e segretario, dedicano tempo e passione all’Associazione Tartufai di Alba, il gruppo di cercatori di tartufi che hanno contribuito a far conoscere in tutto il mondo il prezioso tuber di Langhe e Roero e a salvaguardare l’habitat naturale e le zone a vocazione tartufigena. Per questo i Soci Giuseppe Marengo e Carlo Olivero, insieme con gli altri componenti del Consiglio direttivo ATA, lo scorso 7 ottobre hanno potuto stringere la mano al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha presenziato all’inaugurazione della 92ª Fiera internazionale del Tartufo Bianco d’Alba. “L’arrivo del Presidente ha dato ulteriore prestigio a questo momento importante per la nostra comunità e ha evidenziato
ancora una volta quanto grande sia nel mondo il richiamo del tartufo” racconta il Socio Giuseppe. Terza generazione di trifolau e cercatore da 36 anni, Marengo di Gallo Grinzane guida l’Associazione dallo scorso maggio in qualità di presidente. “Ma da oltre un secolo in famiglia condividiamo questa passione – aggiunge –.
La cerca dei tartufi mi ha permesso di scoprire ancora di più le nostre colline, scorgendo nuovi e sorprendenti dettagli della natura. Ho scelto di specializzarmi come Guida Naturalistica, per contribuire a far conoscere la nostra magnifica terra”
Oltre a occuparsi di salvaguardia e promozione, l’Associazione supporta i trifolau nelle pratiche burocratiche, dalle richieste di contributo regionale per le piante al conseguimento del patentino per la raccolta.
”Confidiamo di reclutare nuovi soci – concludono Giuseppe e Carlo –Ogni nuovo tesserato rappresenta per noi linfa vitale e la possibilità di continuare a portare avanti l’attività”.
Sopra: Roberto Sarotto con la botte dei record Sotto:
I sette membri componenti del Consiglio direttivo ATA davanti a Palazzo Banca d’Alba
STORIE DI SOCI LANGHE & ROERO
NEVIGLIE
GRINZANE CAVOUR
Così gli arredi rinascono creativi
Un po’ bottega del restauro, un po’ spazio creativo. Si chiama “Creo Labo” ed è nato da un’idea della Socia Sara Bertinetti che a Canove di Govone, tra le colline del Roero, ha fondato un paio d’anni fa, insieme con il compagno Federico, un laboratorio artigianale di restyling creativo per donare una vita tutta nuova a mobili, arredi e oggetti. “Dopo aver lavorato per quasi vent’anni nella ristorazione, ho deciso di cambiare strada e far diventare un mestiere la passione che ho sempre avuto fin da quando ero bambina – racconta Sara -. È stato mio padre a trasmettermi l’amore per i vecchi mobili e il vintage. Ed io ho sempre avuto una sensibilità profonda verso i componenti d’epoca e la fattura straordinaria di oggetti
CANALE
e arredi antichi. Così, a 35 anni, dopo aver fatto tutt’altro nella vita, ho deciso di rimettermi in gioco e iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti di Cuneo per studiare e specializzarmi in questo settore”. Conseguita la laurea, Sara e Federico hanno abbandonato entrambi il loro lavoro in cucina per aprire l’attività. “Abbiamo acquistato una cascina in campagna ed è qui che ridiamo vita nuova ai mobili. Il nostro non è un restauro conservativo, ma creativo. Lavoriamo per lo più su commissione, ma acquistiamo anche pezzi per stravolgerli con il colore e la creatività e rimetterli in vendita. Con i materiali che non riusciamo a recuperare, invece, creiamo nuovi oggetti. Spesso partecipiamo a mercatini e da qualche mese a questa parte siamo stati contattati da una
La scrittura che fa rinascere
Chi si è trovato a scrivere, anche solo una volta nella vita, sa quanto timore possa incutere una pagina bianca. Ma anche quanta soddisfazione ed energia possa dare saperla riempire.
Per la Socia Maria Morello di Canale, 78 anni, “Un viaggio infinito” pubblicato lo scorso agosto con Europa Edizioni è il terzo libro di una carriera da scrittrice iniziata dopo aver lavorato come segretaria amministrativa nelle scuole Medie, prima a Torino, poi a Canale. “Mi è sempre piaciuto leggere e scrivere, ma ho cominciato a farlo un po’ più seriamente quando sono andata in pensione – racconta –. Così sono nati i miei primi due libri. Dico sempre che la scrittura mi ha
aiutata a liberarmi, a tirare fuori quanto tenevo dentro. Una medicina che consiglio a tutti: prendere in mano la penna e scrivere”. Nel vero senso della parola, visto che la Socia Maria scrive completamente a mano i suoi lunghi romanzi. “Mi sento più a mio agio – spiega –, e così posso scrivere in qualsiasi momento della giornata. Anche di notte, se mi sveglio e mi viene in mente un’idea da mettere nero su bianco. Soltanto dopo aver terminato tutto il lavoro ricopio al computer”. “Un viaggio infinito” nasce dopo un po’ di anni di riposo da parte dell’autrice Maria Morello, “quando i nipoti sono cresciuti e gli impegni da nonna sono diminuiti”. “La mia famiglia mi sostiene ed è orgogliosa di me – conclude –.
lavori in piccole gallerie d’arte. Non ci sentiamo artisti, ma sicuramente artigiani orgogliosi e felici del nostro lavoro”.
Riuscire a pubblicare tre libri è stato per me una grande soddisfazione, un piccolo sogno realizzato e che continua. Sto scrivendo di nuovo, ma per ora non posso anticipare nulla. Sono soltanto al decimo capitolo”.
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Sopra: Sara Bertinetti con il compagno Federico Sotto: Maria Morello
GOVONE
SAN DAMIANO D’ASTI
La campionessa che ora insegna ai bambini
Campionessa assoluta ai Nazionali del 2016 e più volte medaglia d’oro nei campionati di categoria giovanili, per un totale di 13 titoli italiani.
Finalista continentale agli Europei juniores e under 23 di Tallinn nel 2011 e Tampere nel 2013, bronzo ai Mediterranei under 23 di Aubagne nel 2014. Una carriera agonistica iniziata sui campi d’atletica come martellista quando ancora era una ragazzina e portata avanti senza interruzioni, in parte come atleta professionista nelle Fiamme Oro della Polizia, per 15 anni. “Ho fatto l’ultima gara l’anno scorso ai Campionati Italiani a Rovereto. È stata una bella esperienza, ho portato a casa un po’ di risultati e poi ho deciso di dire basta. Ora continuo a impegnarmi e divertirmi nello sport, ma senza
troppi pensieri”. E ci riesce benissimo Francesca Massobrio, Socia di San Damiano d’Asti, che ha vestito la maglia della Nazionale azzurra, a soli 16 anni partecipava ai Giochi olimpici giovanili a Singapore e ha scelto lo sport anche per il suo percorso di studi, laureandosi in Scienze Motorie. Oggi, infatti, oltre al lavoro in Questura ad Asti, Francesca ha fondato insieme con il suo allenatore una società di atletica leggera nella sua San Damiano che conta una settantina di giovanissimi tesserati, la Asd Hammer Team. “Lo sport da sempre fa parte della mia vita e sono cresciuta in una famiglia di sportivi – racconta –. Mia mamma aveva una palestra, mio papà ha giocato a pallavolo ad alti livelli. Da bambina ho provato prima la danza classica,
poi la pallavolo, ma erano sport che non mi appartenevano.
Ci siamo detti “proviamo con l’atletica”. Avrei voluto fare salto in lungo, ma mi hanno vista strutturata e mi hanno messa alla prova con i lanci. Così sono approdata al martello. È una disciplina che forse dà meno visibilità, ma da cui ho avuto grandi soddisfazioni”. Come si affronta una carriera da atleta professionista? “Con impegno, sacrificio e il supporto della famiglia. Sono stati anni di studio e allenamenti intensi, ma con le persone giuste al fianco si può fare tutto. E poi bisogna crederci. Lo dico sempre ai miei ragazzi: se vuoi farlo, puoi”
L’Astigiano in un libro-intervista ai 118 sindaci
Da Agliano Terme a Vinchio, i 118 sindaci dell’Astigiano si raccontano in un libro.
A realizzare l’impresa di intervistare tutti i primi cittadini della provincia è stato il Socio Bruno Solaro di Govone, informatico in pensione dopo una lunga carriera in Ferrero e autore del volume “Sindaci di Collina” edito da La Fabbrica delle Illusioni. “Il libro nasce durante la mia esperienza al quotidiano online AtNews, che ha pubblicato le 118 interviste che ho realizzato tra il 2018 e il 2019 – spiega il Socio Bruno Solaro –. Avevo iniziato prendendo contatti con le piccole comunità e le pro loco per il giornale, e quando ho cominciato a conoscere i sindaci, affascinato dal numero 118
e con il sostegno di Marco Gabusi, già sindaco di Canelli e presidente della Provincia di Asti (oggi è assessore regionale), ho pensato di provare a intervistarli tutti. In un anno ci sono riuscito, appena in tempo per le elezioni di maggio. Poi è arrivata la pandemia. Nel periodo del lockdown ho riletto le interviste, ho cominciato a catalogarle e, anche grazie alla consulenza del professor Piercarlo Grimaldi, è nato il libro”. Quindici le domande poste ai protagonisti, tutte uguali, a partire da “Aveva mai immaginato da bambino di diventare sindaco?”.
Tante e diverse le risposte, riportate nel volume in ordine alfabetico per paese, in un interessante e completo spaccato
dell’operosa e dinamica provincia astigiana. Tra una presentazione e l’altra, per il Socio Solaro, appassionato di sport e autore di altri tre scritti tra cui il racconto autobiografico “Scarpette e cioccolato”, è già tempo di una revisione dei “Sindaci di Collina”. “Sto aggiornando il libro con i 46 nuovi eletti nel 2019. Durante questo viaggio tra i 118 borghi astigiani ho imparato tanto e mi sono reso conto di quanto sia delicato e difficile il ruolo degli amministratori pubblici, impegnati ogni giorno per il bene della comunità”.
STORIE DI SOCI ASTI & ALESSANDRIA
Sopra: Francesca
ASTI
Una spiaggia per cambiare vita
Appendere al chiodo la giacca e la cravatta per indossare sette mesi all’anno t-shirt, costume e infradito. Quanti di noi hanno sognato di farlo almeno una volta nella vita? Il coraggio l’ha avuto Andrea Marchisio, 41 anni, Socio di Torino, che tre anni fa ha abbandonato la sua carriera di responsabile vendite nel settore automotive per rilevare uno stabilimento balneare a Laigueglia, perla del Ponente ligure. “Negli ultimi anni mi ero trovato a viaggiare tanto per lavoro, ero sempre fuori e lontano da casa – racconta il Socio Andrea –. Avevo da tempo in testa un’idea: un cambio di stile di vita e qualcosa che fosse tutto mio. È lì che ho cominciato a pensare alla possibilità di un
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rifugio in montagna o uno stabilimento al mare” Un cambio di vita neppure influenzato dalla pandemia e dal lockdown, come successo invece a tanti negli ultimi mesi. “Era il 2019 quando ho iniziato a ragionare seriamente sulla possibilità di rilevare qualcosa, prima con un amico, poi da solo. Tra un annuncio e l’altro, in primavera ho trovato il posto giusto e nel giro di tre settimane mi sono licenziato. A giugno ho firmato e ho passato l’estate a fare affiancamento con l’ex titolare. Nell’inverno ho preso il brevetto da bagnino e, nonostante le restrizioni per il Covid, siamo ripartiti con questa nuova avventura in cui, nei fine settimana, mi affianca mia moglie Cristina”.
Babyla Beach oggi è un elegante stabilimento sulla spiaggia di sabbia fine e sul mare cristallino di Laigueglia che offre 60 ombrelloni, un bar e una serie di servizi per trascorrere una vacanza all’insegna del relax e del divertimento, grazie anche a uno staff giovane e dinamico. Oggi Andrea rifarebbe la stessa scelta? Sono felice e soddisfatto. È un lavoro impegnativo, che da aprile a ottobre non concede soste. Ma vuoi mettere la bellezza di trascorrere più di metà dell’anno al mare in ciabatte e costume?”.
La latinista che difende i classici
Salita giovanissima in cattedra all’Università del Piemonte orientale a Vercelli, la sua missione estremamente affascinante e tutt’altro che banale è difendere le Lettere classiche. A 38 anni, la Socia Alice Borgna, torinese di adozione, ma fieramente langhetta di nascita, docente associato di Lingua e Letteratura latina ed esperta di Digital Humanities (ovvero il trattamento dei testi antichi attraverso i mezzi digitali), ha messo le sue competenze al servizio della comunità internazionale che si occupa di salvaguardare i classici dalla cosiddetta cancel culture, che soprattutto negli Stati Uniti sta mettendo nel mirino studi come il greco e il latino perché considerati “capisaldi
di una cultura patriarcale e razzista”. “Mi dicevano tutti che avrei dovuto scegliere Medicina o Giurisprudenza, ma io volevo studiare Lettere classiche – racconta – . Ho sempre pensato che avrei girato il mondo ed è successo che proprio questi studi mi hanno aperto strade inaspettate. Ho seguito il dottorato di ricerca tra la Germania e Parigi, ho lavorato in Inghilterra, poi a lungo negli Usa, a Princeton, a New York. Sono tutt’oggi convinta che non si possano studiare la letteratura, la storia, la filosofia senza le basi culturali classiche. Sarebbe come aprire un libro a tre quarti». E proprio un libro, da poco pubblicato con Laterza, è l’ultimo contributo in materia della professoressa Borgna.
“Tutte storie di bianchi maschi morti...” per far riflettere su molti di questi concetti e sulla democratizzazione dei classici, sul rapporto con questo tipo di studi, sull’importanza dell’istruzione pubblica come quella italiana. “ che oggi intraprende gli studi classici si sta vaccinando contro la superbia dell’uomo contemporaneo che vorrebbe essere il primo a fare tutte le cose. Perché scegliere la cultura classica? Perché nel sistema di istruzione pubblica sono discipline libere e democratiche, perché il latino è il padre dell’italiano”
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Sopra: Andrea Marchisio Sotto: Alice Borgna
BOSCONERO
Trattori da museo nel Canavese
Trattori d’epoca, locomobili a vapore e storiche macchine agricole, per un totale di circa 30 pezzi, alcuni rarissimi, fatti arrivare addirittura da Oltreoceano, migliaia di chilometri di distanza dal Canavese, unici in Italia. È una collezione davvero originale quella di Renato Ferro, Socio di Bosconero, che in oltre quarant’anni di ricerca ha messo insieme una vera esposizione da Museo delle macchine agricole. “Sono figlio di contadini e quella per i trattori è stata da sempre una grande passione – racconta il Socio Renato –. Ricordo bene quando per lavorare nei campi avevamo ancora i buoi e i cavalli e quando finalmente siamo riusciti ad avverare il sogno del primo trattore acquistato in famiglia. Negli anni, ne sono poi arrivati altri
e altri ancora, fino a farne una vera raccolta”. Ex cantoniere in paese, Renato Ferro (75 anni) oggi è impegnato nell’amministrazione comunale di Bosconero come assessore all’Agricoltura e ai Lavori pubblici e, aiutato anche dalla figlia, è disponibile ad aprire le porte del suo capannone per mostrare la collezione di trattori al pubblico, in particolare agli alunni delle scuole che spesso gli fanno visita. “Continuo a lavorare la terra di mio padre coltivando mais e grano e nel frattempo coltivo anche questa passione, cercando in giro per il mondo pezzi storici che poi metto a posto – aggiunge il Socio Renato –.
Il preferito della mia collezione? Quello a cui sono più affezionato in questo momento è un trattore a vapore che arriva dallo Stato
L’uomo dietro la magia dei fuochi d’artificio
Ogni anno, a fine agosto, migliaia di persone si danno appuntamento a Omegna per assistere a uno dei più affascinanti spettacoli pirotecnici a ritmo di musica in Italia. Ma non tutti sanno, forse, che dietro ai fuochi d’artificio che si riflettono sulle acque del Lago d’Orta durante i festeggiamenti di San Vito c’è il Socio Fabio Graziani, 32 anni, che con la sua società Gfg Pyro ha trasformato una passione nata quando era un bambino in un’originale professione che porta gioia e stupore a piccoli e grandi. “I fuochi d’artificio a Omegna sono una tradizione e i miei genitori mi raccontano di quando, avrò avuto 7 o 8 anni, mi facevo portare fuori
dall’azienda che allora si occupava dello spettacolo per assistere alla preparazione”. “Un giorno – spiega Fabio -, il titolare mi chiese: “Aspetti qualcuno?”. Quando gli dissi che ero lì per vedere come si facevano i fuochi d’artificio mi fece entrare e, compiuti 18 anni, cominciai a lavorare per loro”. Nel 2011 arriva la scelta di mettersi in proprio. “Questo di solito è un mestiere che si tramanda di padre in figlio, con i segreti custoditi in famiglia –prosegue il Socio Fabio, affiancato oggi dalla moglie Marta, anche lei titolare di una società di eventi –.
Io invece, grazie anche al supporto dei miei genitori, sono partito da zero e ho sempre cercato di adattare il lavoro al momento. L’azienda oggi è specializzata non solo in fuochi d’artificio, ma in eventi di ogni
genere e ogni situazione, dagli spettacoli su acqua e in alta quota alle piazze fino ai piccoli spazi. Da quest’anno avremo anche tutto un settore dedicato al Natale. Per i fuochi d’artificio amo soprattutto lavorare con la musica e creare progetti originali, armoniosi ed eleganti, che regalino emozioni. È faticoso, ma alla fine di ogni spettacolo, il pensiero è sempre lo stesso: non vorrei fare nessun altro mestiere al mondo”
STORIE DI SOCI CANAVESE & VCO
Sotto: Fabio Graziani
OMEGNA
La cucina ligure servita nel “piattino”
In genovese “tondin” significa piattino, un piccolo piatto – che invece si dice “tondo” – in cui servire e assaggiare la cucina tradizionale ligure. Ed è proprio con la voglia di portare in tavola i piatti più tipici della terra e dei carrugi di Genova che, dopo anni alle dipendenze di una catena di ristoranti, la giovane Socia Alice Zunino, 31 anni, ha aperto lo scorso maggio “Il Tondin”, un delizioso e caratteristico locale immerso nel centro storico della città, in piazzetta dell’Amico numero 2, all’ombra della cattedrale di San Lorenzo e a due passi da via di Canneto il Lungo. “La ristorazione è arrivata per caso nella mia vita, studiavo Architettura quando ho cominciato a lavorare in
PIEVE LIGURE
questo settore – racconta Alice – . Sono originaria di Acqui Terme e mi sono trasferita a Genova per frequentare l’Università. Ma quando ho iniziato il lavoro mi sono profondamente appassionata di questo mondo e ho deciso di mettermi in gioco”. Una passione condivisa con il compagno Klajdi, cuoco di esperienza e oggi ai fornelli de “Il Tondin”, con cui Alice ha realizzato il sogno di un locale tutto suo tra i palazzi storici della città che oggi propone un interessante connubio tra innovazione e antiche ricette, oltre ad aperitivi, cocktail e vini. “Siamo nati con l’idea di essere un ristorante nuovo che torna alla tradizione ligure, ai piatti che si assaggiavano una volta in trattoria o a casa della nonna
la domenica – prosegue la Socia Alice –. Abitiamo nel centro storico di Genova e ci è sempre piaciuto, quando possibile, andare a mangiare fuori e scovare posti che propongono cucina locale. “Il Tondin” ha aperto dopo mesi di studio e ricerca, con l’intento di offrire qualcosa che ancora non c’era”. Assolutamente da non perdere a “Il Tondin”? Sicuramente il cappon magro con le salse genovesi, la frittura di paranza come quella di una volta, con triglie e signorine, e i corsetti con la tipica salsa di pinoli. Buon appetito.
Scoprire le frodi da immagini e documenti digitali
Un progetto che mette insieme competenze assicurative, legali e ingegneristiche in un unico team altamente specializzato. È la storia di Metakol srl, la prima azienda italiana che si occupa di analisi digitale dei documenti in campo assicurativo, e del suo fondatore, il Socio Andrea Mungo di Pieve Ligure, già ceo di Octocam del Gruppo Octotelematics e ideatore nel 2004 del brevetto V.E.D.R. di Kolimat, la “scatola nera con video” per le automobili, ovvero una sorta di testimone elettronico pensato per testare la veridicità di un sinistro e utilizzato in particolare dai taxi e i mezzi destinati al trasporto pubblico. Il nuovo progetto di Mungo oggi
rappresenta un ulteriore passo avanti nell’eterna lotta alle frodi assicurative.
“Metakol lavora attraverso una piattaforma di intelligenza artificiale nell’individuazione delle manomissioni di qualsiasi tipo di documenti – spiega il Socio –. Non siamo sceriffi, ma abbiamo messo a punto un valido sistema anti-frode per le compagnie assicurative capace di analizzare un documento digitale ed evidenziare se lo stesso sia stato utilizzato per un altro sinistro, se l’immagine sia stata scattato prima dell’evento oggetto della richiesta di risarcimento e soprattutto se la fotografia abbia subito delle manipolazioni della targa o del danno stesso” Un sistema unico al mondo
quello di Metakol, nato con la collaborazione del dipartimento di Ingegneria dell’Università di Genova e già in uso nel settore assicurativo con risultati eccellenti. “Abbiamo puntato su collaboratori giovani e specializzati sull’intelligenza artificiale aggiunge Andrea Mungo –. Oggi siamo in grado di elaborare 150 mila file al giorno, nel rispetto di una lunga serie di certificazioni di prodotto. Al momento lavoriamo maggiormente con compagnie estere, ma puntiamo a sottoscrivere nuovi accordi e di passare presto al consumer”
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GENOVA
Sopra: Alice Zunino con il compagno Klajdi Sotto: Andrea Mungo
La sostenibilità
LA TUTELA DELL’AMBIENTE È UN TRAGUARDO POSSIBILE ANCHE AL RISTORANTE SE SI LAVORA CON INGREDIENTI LOCALI E CON PIÙ ATTENZIONE ALLE RISORSE
Uso di ingredienti locali e stagionali; qualità dei prodotti, compresa l’origine biologica, biodinamica ed etica; basso impatto energetico nell’uso delle risorse; smaltimento, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti; formazione e collaborazione con le comunità locali. Se fino a qualche anno fa sedersi a tavola era principalmente sinonimo di piacere e benessere, oggi c’è la consapevolezza diffusa che un Pianeta più sostenibile passa anche attraverso le cucine di osterie e ristoranti, oltre ovviamente a quelle di casa. Perché una cosa è certa: non producono gas serra soltanto le attività industriali, i trasporti, la produzione di energia da fonti fossili, le attività agricole e zootecniche. Anche preparare pasti produce emissioni e contribuisce a causare l’effetto serra. Dunque, è arrivata l’ora di “cambiare clima” anche in cucina, di tentare di ridurre l’impatto della propria attività anche da parte di chi gestisce attività di ristorazione. Cuochi e chef possono avere storie, locali e profili anche molto differenti fra loro, ma sempre più spesso si pongono domande, sviluppano sensibilità, condividono l’impegno per la tutela della biodiversità agroalimentare, per la salvaguardia dei saperi gastronomici e delle culture locali, per la riduzione dell’impatto ambientale del proprio lavoro e dello spreco alimentare. Si tratta di temi ben presenti in un movimento come Slow Food Italia, che fin dal 2009 ha lanciato l’Alleanza dei cuochi: un patto
fra chi sta ai fornelli e i piccoli produttori per promuovere i cibi buoni, giusti e puliti del territorio e per tutelare la biodiversità. Oggi i cuochi che fanno parte del progetto sono 1189, sparsi in tutto il mondo. Tra questi, c’è anche l’osteria del Tempo Stretto di Albenga della Socia Cinzia Chiappori, dove tradizione, creatività e valorizzazione delle produzioni locali sono gli elementi principali al servizio della cucina ligure.
Potrete leggere la sua storia nelle prossime pagine, insieme a quella di altri ristoratori che hanno sviluppato un genuino spirito “green” al di là di mode e facili tendenze. C’è il ristorante stellato e la gastronomia di paese, il locale dove si intrecciano culture culinarie distanti migliaia di chilometri e l’antica cascina di Langa sapientemente ristrutturata o il progetto innovativo curato in ogni dettaglio. D’altra parte, anche la guida più autorevole al mondo in fatto di ristorazione, quella redatta dalla Michelin, da ormai tre anni ha introdotto tra i suoi riconoscimenti la Stella Verde, premiando così i ristoranti all’avanguardia nel campo
della sostenibilità, che lavorano con produttori e fornitori selezionati per evitare sprechi e ridurre, o meglio ancora azzerare, la plastica, nonché altri materiali non riciclabili dalla loro filiera, preoccupandosi di diminuire l’impatto sull’ambiente della propria attività. L’impegno di questi ristoranti per una gastronomia sostenibile si traduce – per molti di essi –nell’utilizzo di pascoli naturali, coltivazione di piante ed allevamento diretto di animali, impiego di metodi rigenerativi come gli orti no-dig, fino alla rotazione delle colture intercalari. Qualsiasi ristorante presente nella Guida Michelin può ricevere la Stella Verde, indipendentemente da altri riconoscimenti ricevuti. Ne è una dimostrazione il ristorante Piazza Duomo di Alba, dove lo chef tristellato Enrico Crippa ha ottenuto il premio nell’edizione 2023 appena uscita. “Da anni la nostra filosofia punta a indagare il mondo del vegetale a tutto tondo – ha commentato Crippa –. Siamo riusciti a ritagliare uno spazio di quasi 4 ettari nelle proprietà della famiglia Ceretto, dedicandolo all’orto biodinamico, alle piante selvatiche, alla serra dove regna la domotica e dove coltiviamo gli ingredienti necessari per i nostri piatti, a partire dall’ormai celebre insalata. In cucina, gli scarti delle verdure vengono recuperati e riportati nell’orto per creare un ciclo di compostaggio e seguiamo un programma per risparmiare fino al 40% dell’elettricità”. Crippa ha aderito anche all’innovativo progetto ORTOgrafia, avviato da Alba come Città Creativa Unesco con l’obiettivo di formare bambini delle scuole primarie sull’importanza della protezione della biodiversità attraverso esperienze pratiche direttamente nell’orto.
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ANCHE GLI CHEF POSSONO DARE UN CONTRIBUTO ALLA SALVAGUARDIA DELLA BIODIVERSITÀ E ALLA RIDUZIONE DELLO SPRECO ALIMENTARE
è servita
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“PIATTI CHIARI” E AMICIZIA LUNGA
Principi ben saldi, mossi da un’approfondita formazione sui temi di un’alimentazione salutare, ma con la creatività di chi si permette di sperimentare e andare incontro alle richieste del pubblico che vuole mettere in tavola il piatto sano che non ha avuto tempo di preparare, senza cedere al fast food. Sono questi i “Piatti Chiari” di Chiara Chinca, Socia che a Sommariva Perno tre anni fa ha aperto questa gastronomia rilevando un’attività di ristorazione pura e trasformandola in un ibrido nuovo, dove accanto ai piatti pronti mette a disposizione una saletta e un dehor per i pranzi e un’attività di formazione, una piccola scuola che trasmette quelle stesse basi di cucina naturale con cui Chiara si è formata. Le radici sono quelle della Sana Gola, accademia macrobiotica
di Milano, e della Joia Academy di Pietro Leeman, nata per divulgare i valori della cultura vegetariana.
“Mi sono formata su una cucina salutare ed equilibrata, che insegna l’utilizzo di cereali integrali, legumi e verdure, e su quegli stessi principi l’offerta si è ampliata, includendo piatti della tradizione piemontese, senza escludere completamente carne e pesce, ma sempre con un’attenzione alla salute e alla leggerezza”, spiega Chiara Chinca, che a sua volta ora insegna lo stesso approccio alimentare in scuole, enti e associazioni. Il primo punto a favore della sostenibilità di “Piatti Chiari” è nell’origine delle materie prime.
“I prodotti sono tutti biologici, attraverso le filiere di Naturasì e del Baule Volante o di produttori locali – spiega Chinca,–il pane è di un panificatore di Castino che impiega lunghe lievitazioni a pasta madre, permettendo al prodotto di durare molti giorni, carne e pesce arrivano
da aziende locali” Anche i contenitori e le modalità applicate all’asporto sono in linea con la medesima idea di cura, con l’uso di stoviglie e contenitori quanto più biodegradabili, una produzione non massiva, fatta al bisogno, e l’utilizzo degli strumenti come la neonata app “Too good to go” messi a disposizione piatti invenduti a un prezzo che è un terzo di quello iniziale. Un’offerta varia, da una pasta artigianale fatta completamente a mano, con ripieni di verdure che cambiano con le stagioni, alle proposte a base di legumi come hummus e farinate.
UN BORGO FUORI DAL TEMPO, ALLE PORTE DI ALBA
Lontano da facili etichette, il motore di pensieri e azioni di Casa Scaparone è nell’energia dei giovani che in questo progetto definito “comunitario” si collocano fuori da molte definizioni di cui si fregia la cucina contemporanea e il suo mito delle personalità uniche. Ma è bene percorrere un po’ delle “belle storie” che vengono scritte nella dichiarazione di autenticità di questa azienda agricola in frazione Scaparone ad Alba, dove alla policoltura di cereali antichi, nocciole, uva e vegetali orticoli, è affiancata l’attività di ristorazione oggi seguita dai figli di Alessandra Biglino, Socia di Alba, e da una squadra di giovani collaboratori. I principi della sostenibilità sono insiti fin dalla realizzazione di quella che oggi è la struttura ricettiva,
una tradizionale masseria di Langa il cui recupero è iniziato vent’anni fa da parte di Alessandra e del marito Battista Cornaglia, scomparso sei anni fa. “Gli edifici originali sono stati rispettati nella loro fattura originale, per alcune parti antica di secoli, riprendendo quelle calci, malte antiche e terre, quegli stessi colori.
Il progetto iniziale non era l’attività ricettiva, ma visti i grandi spazi a disposizione, è seguita a ruota”, spiega Biglino. Esattamente come l’edificio, dove la totalità dei materiali, degli infissi e degli arredi è stata recuperata o realizzata nella piccola falegnameria in sede, anche la cucina è “ontologicamente” a chilometro zero, per rispettare la stessa ricerca di autenticità e riuso. “Belle storie, poche balle”, Casa Scaparone non ha bisogno di vestirsi di definizioni artefatte.
“Non c’è la carta, ma un menù che
propone i prodotti più freschi, proprio per evitare sprechi. I prodotti sono quelli dell’orto, cucinati nella stagione in cui crescono e danno i sapori più intensi in accordo con il sole e la terra, e la loro elaborazione in cucina è minimale. I piatti della “tradizione” piemontese sono proposti senza maschere ed eccessi. L’approccio a una cucina vegetale, non esclusivo, viene dalla storiadella alimentazione contadina locale”, spiega con approccio antropologico Carolina Cornaglia, figlia di Alessandra e anima pensante della Casa. Il tutto, con un gesto gentile, di rispetto per intolleranze, allergie e scelte alimentari, in merito alle quali Casa Scaparone chiede di essere informata all’atto della prenotazione.
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SAPORI CONDIVISI TRA LANGA E COREA
Cosa nasce dal legame tra la cucina coreana e un orto di Langa? Uri – Sapori condivisi, rappresenta un possibile scenario di questa unione, grazie a quella, anche affettiva, tra i suoi due proprietari, Federica Vaira e Seul Ki Kim, che dopo essersi conosciuti tra altri fornelli, hanno avviato un progetto di vita e cucina insieme, iniziando a Roddino una formula gastronomica finora inedita sulle colline di Langa. Uri in coreano significa “Noi”, per questo la proposta fonde due personalità e due mondi senza che l’uno scavalchi l’altro. Il locale è nato nel 2018, dopo alcune esperienze con gli chef stellati Massimo Camia, Antonino Canavacciuolo e Davide Palluda e in cucine in giro per il mondo, tra Spagna e Stati Uniti.
L’approccio sostenibile è arrivato in maniera spontanea, partendo dall’orto accanto al ristorante. “L’orto è il cuore di Uri perché unisce le nostre tradizioni e passioni, è da lui che nascono le idee, i nuovi piatti e la stagionalità dei menu, è nel suo compost che tornano gli scarti ed è il luogo dove si fondono al meglio le nostre culture, grazie alle diverse conoscenze – spiega la Socia Federica Vaira–. Spesso, della stessa pianta, usiamo parti diverse. Un esempio? Il cavolo di Bruxelles. Noi conosciamo il frutto e mangiamo quello, mentre in Corea utilizzano molto i fiori della stessa pianta. La cucina di Uri nasce dai prodotti della nostra terra che Kim interpreta con le sue radici”. È così che l’hottok, frittella tipica coreana, viene proposta con un ripieno di nocciola Igp di Langa e che i ravioli al plin sono serviti con ragù coreano e rape marinate.
Sono nati tre menù che Federica descrive come “i piatti che ormai
sono i “classici” di Uri, il percorso più sperimentale dei “nuovi sapori” e una proposta completamente vegetariana, “mat-uri”” che il “cavolfiore alla brace, laccato alla salsa coreana” diventa un secondo piatto gradito anche agli onnivori. La scelta di tre proposte fisse serve proprio a evitare gli sprechi, ma anche se alcuni piatti sono ormai “un marchio di fabbrica”, è la stagione a decidere i dettagli di ciò che arriverà nel piatto. Così, i famosi “ravioli al blu di mucca” possono essere serviti con crema di albicocche o susine, a seconda delle disponibilità dei frutteti di famiglia a Vergne e Monforte.
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LA RICCHEZZA DELLA CUCINA POVERA CONTADINA
Sostenibilità è anche dar dignità a quelle parti dell’animale o della pianta che un tempo venivano scartate perché meno “nobili”. È ciò che fa il ristorante Radici all’interno della tenuta Mura Mura, a Costigliole d’Asti, nato dall’idea di Guido Martinetti e dello chef e Socio Marco Massaia, che racconta così il piatto di rognoncini di coniglio, “buoni in modo impensabile, anche se meno usati dei fegatini, teneri, dai sapori profondi, cotti nel loro grasso, poi passati alla brace e conditi con aglio di Caraglio, precedentemente cotto sotto sale per un’ora per toglierne ogni aggressività”. Una ricetta che è una storia, e che nel piatto arriva servita con un fungo dal nome musicale, grifola frondosa, e un fondo bruno dalle ossa dello stesso coniglio, del quale nulla va sprecato. E foglie di timo, dall’aromatario ad uso del ristorante.
“Chiamando il locale “Radici”, l’obiettivo è proprio di usare questo nome evocativo per raccontare il territorio, portandolo ad un pubblico sempre più preparato, per offrirgli i prodotti di questa terra generosa – spiega Massaia –. È un circolo virtuoso, che cattura gli ingredienti del Monferrato senza snaturarli troppo”. Massaia, classe 1987, una laurea in legge ma “predestinato all’arte culinaria”, considera il cibo un elemento culturale, forte ed aggregante. Radici non ha ancora un anno di età – è stato aperto a Pasqua 2022– ma, nomen omen, cresce sul posto e rispetta ciò che lo circonda. “Ci affidiamo ai produttori locali, sia per avere una materia prima fresca e tipica, che per abbattere il trasporto su gomma. Energeticamente privilegiamo l’induzione al gas, cerchiamo accorgimenti per limitare l’impatto dei consumi, gestiamo i rifiuti
differenziandoli accuratamente” continua Massaia. L’aromatario, il piccolo orto delle erbe aromatiche accanto al ristorante, regala profumi freschi ai menù. Con Massaia, due giovani collaboratori coinvolti nel progetto di una nuova cucina monferrina: il Ferro, con il culto della panificazione e delle lievitazioni naturali ed esperienza in un’azienda agricola biologica incentrata sull’autosostentamento, e il maître Luca Azzolina, che porta a Radici il desiderio di trasmettere la passione attraverso la sperimentazione di abbinamenti che variano in base alla stagionalità e alla curiosità di vivere nuove sensazioni.
UNA STELLA VERDE NEL CUORE DI CALUSO
ilene, ortica, rumex acetosa, oxalis, salvia selvatica, raponzolo montano, crescione di sorgente, levistico di montagna, luppolo, girardina silvestre, bistorta, barba di carpa, asparago di bosco, tarassaco, il catalogo è questo. O meglio, una parte. Mariangela Susigan, Socia di Caluso dal 1977 alla guida del Ristorante Gardenia, da anni studia e lavora per cercare l’equilibrio dei propri menù con l’ambiente circostante e le stagioni. Decine di erbe selvatiche dell’anfiteatro morenico rientrano quindi nelle sue creazioni, apponendo una firma “verde” ai piatti che durante l’anno variano la proposta di questa bella casa ottocentesca nel cuore di Caluso. Un percorso lungo 45 anni, che ha portato Gardenia a trasformarsi
dalla trattoria avviata da una intraprendente diciannovenne, focalizzata sulla tradizione piemontese, al ristorante stellato che è ora, dove si mescolano radici territoriali e sperimentazione culinaria. E non solo. Nel 2000 la chef è stata insignita della stella Michelin e due anni fa è arrivata anche la nuova “Stella Verde”, che premia i ristoranti all’avanguardia nel campo della sostenibilità. Approccio che per Susigan avviene in molti modi: il rispetto della stagionalità, la ricerca di prodotti locali, dai fagioli di Cortereggio ai formaggi della Valchiusella, l’uso senza sprechi, l’orto. “Coltiviamo specie vegetali non facili da trovare. Può trattarsi di erbe e insalate, dalla pimpinella al crescione, dall’insalata di Santa Barbara alla lattuga dei minatori, fino ai frutti di bosco – spiega –. L’orto è uno spazio piacevole, dove gli ospiti
possono passeggiare, e dove finiscono anche gli scarti delle produzioni per rientrare nel ciclo naturale attraverso il compostaggio”. Mariangela sa come usare bucce, foglie esterne e radici più dure per creare fermentazioni, fondi vegetali, brodi e liofilizzati. Insomma, minimizzare gli sprechi, come nella cultura contadina e nella valorizzazione totale dell’offerta naturale. Il menù, con molte proposte vegetariane vede una stagione delle erbe spontanee, con suggerimenti primaverili di zuppa di ajucche e bistorta, ravioli di ortiche e borragine o spaghettini aglio ursino e calamari, per declinarsi nell’autunno in zuppe francigene di legumi e cereali antichi e “ramen” canavesi con tajarin di canapa, ortaggi, funghi, uova di quaglia, fondo di bucce.
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TRADIZIONE, PRESÌDI E CREATIVITÀ A KM 0
Fiori eduli che non solo sono gradevoli alla vista e all’olfatto ma si trasformano, nelle mani di Cinzia Chiappori, Socia di Albenga, in sughetto di nasturzi, maionese di begonie da lei battezzata “begoniette”, fiori in tempura o ripieni per ravioli. L’Osteria del Tempo Stretto di Albenga è tra le nove osterie liguri dell’Alleanza Slow Food dei cuochi e ospita nei propri menù, oltre ai fiori del giardino di Cinzia, prodotti tutelati dai presidi come l’aglio di Vessalico, il cece di Nucetto o l’asparago violetto tradizionale di Albenga.
“A seconda delle stagioni proponiamo questi prodotti, non solo in accordo con il periodo migliore della produzione, ma anche perché le loro caratteristiche esaltano i sapori del piatto.
L’asparago viola autoctono, per esempio, a differenza del classico asparago,
possiede ben 40 cromosomi, e per tale motivo non può incrociarsi con altre varietà, cioè non può “imbastardirsi”, ed ha caratteristiche di burrosità che lo rendono unico. Così preferiamo l’aglio di Vessalico della vicina valle Arroscia come protagonista della nostra bagna cauda di questi giorni, sia per il suo aroma delicato che per l’estrema digeribilità, sua caratteristica dettata dai composti aromatici propri”, spiega Chiappori con una competenza gastronomica e tecnica che le deriva dalla passione, dall’interesse alla valorizzazione delle produzioni locali e dallo studio. “Mi sono diplomata alla scuola alberghiera non proprio giovanissima, per la passione che ho sempre avuto per la cucina. La disponibilità dei locali e la voglia di mettermi in gioco hanno fatto il resto e una ventina di anni fa è arrivata l’osteria – spiega Chiappori, che oggi organizza serate a tema declinando in modo
originale e sostenibile i piatti della cucina ligure –. C’è contaminazione e creatività, ma non stravolgimento. Per esempio ho inserito l’hummus, nei miei menù, perché valorizza il cece di Nucetto” Con la figlia Miranda Moroni, sommelier Ais e delegata Slow Food per il Ponente ligure, crea combinazioni nella proposta di salotti del vino. Dal chinotto di Savona ai carciofi di Albenga, i protagonisti della cucina dell’Osteria del Tempo Stretto sono i prodotti della terra ligure e dell’orto di Cinzia, che firma i suoi piatti con “i profumi e gli aromi delle foglie fresche di timo, maggiorana, salvia o origano, raccolte in giardino un minuto prima di appoggiarle sul piatto”.
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Il Mondo di Viola insegna a rispettare l’ambiente
BANCA D’ALBA SUPPORTA “LA SOSTENIBILITÀ A PICCOLI PASSI”
PROMOSSA NELLE SCUOLE ALBESI
La sostenibilità nelle scuole albesi ora ha il volto di Viola. Banca d’Alba è tra i sostenitori del progetto editoriale promosso dall’Associazione Commercianti Albesi per sensibilizzare i più piccoli sui temi ambientali. Nelle scorse settimane è stato infatti distribuito in 8 mila copie a tutte le scuole primarie di Alba, Langhe e Roero il libretto dal titolo “Il mondo di Viola – La sostenibilità a piccoli passi”: un opuscolo agile e colorato che, attraverso gli occhi vispi di una bimba, suggerisce ai suoi coetanei alcune piccole accortezze e consigli pratici per rispettare un po’ di più l’ambiente. Dal risparmio di acqua ed energia ai modi per produrre meno rifiuti, fino alla lotta allo spreco di cibo e l’importanza di una mobilità sostenibile, “Il mondo di Viola”
Da sinistra: Elena Giachino e Annalisa Mirabello (Aca), il presidente di Banca d’Alba Tino Cornaglia, Manuela Sciutto, Emanuela Rosio e Marija Markovic (Coop. Erica), il presidente Aca Giuliano Viglione, l’assessore all’Istruzione di Alba Elisa Boschiazzo, l’Ad di Erica Roberto Cavallo
essere una piccola guida illustrata per aiutare gli alunni a crescere cittadini consapevoli. Realizzato in collaborazione con la cooperativa Erica di Alba che ne ha curato il progetto editoriale, i testi e le illustrazioni grazie a una équipe composta da un ingegnere ambientale, un esperto comunicativo e uno educativo, un insegnante e un grafico illustratore, il libretto è stato consegnato anche ai dirigenti scolastici, agli insegnanti e al personale ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario). All’interno del testo, i lettori si possono
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Non mangiamoci il clima
UN PERCORSO CON SLOW FOOD ITALIA PER CAPIRE CHE LE NOSTRE SCELTE
A TAVOLA SONO IMPORTANTI PER LA SALVAGUARDIA DELL’ECOSISTEMA
Se tutte le scelte che facciamo ogni giorno, anche nei nostri più piccoli gesti quotidiani, sono importanti per il pianeta, allora quelle che facciamo a tavola possono davvero contribuire a fare la differenza. Con “Non mangiamoci il clima” Banca d’Alba e Slow Food Italia hanno stretto una collaborazione all’insegna della sensibilizzazione e formazione sulle possibili scelte climate friendly da adottare nella routine alimentare. Il progetto è partito con un primo incontro nel mese di novembre a Palazzo Banca d’Alba che ha registrato il tutto esaurito. La presidente del movimento della chiocciola Italia, Barbara Nappini,
si rivolge ai giovani “nati in un’epoca che li ha costretti a confrontarsi fin da bambini con un orizzonte temporale incerto e mutevole”.
“Per questo – aggiunge -, insieme con Banca d’Alba abbiamo costruito un percorso che narra i nostri contenuti: tutela della biodiversità, sistemi locali del cibo e scelte consapevoli, proposte concrete e resilienti che rispondono alle sfide che siamo tenuti ad affrontare”. A portare la loro testimonianza all’incontro sono stati Ottavia Pieretto, gastronoma e rappresentante di SFYN Italia, il biologo Gabriele Volpato, collaboratore dell’Unisg di Pollenzo, e Juri Chiotti, appassionato cuoco del ristorante Reis, cibo libero di montagna a Chiot Martin, che ha raccontato la sua filosofia in cucina: ovvero, “dimostrare
che è possibile un modello basato sulla totale autosufficienza, a impatto zero, bio, dove si mangia solo ciò che viene autoprodotto”. “Non mangiamoci il clima” è proseguito tra novembre e dicembre con i Laboratori del Gusto sui temi della biodiversità vitivinicola, vegetale e delle forme del latte. “Per rivolgerci ai nostri giovani su un tema così attuale e delicato – dice Tino Cornaglia, Presidente Banca d’Alba –avevamo bisogno di un partner autorevole e di eccellenza come Slow Food Italia, che ha fatto dell’attenzione per l’alimentazione il suo scopo principale. Questi appuntamenti si inseriscono tra le molteplici attività proposte nel corso dell’anno in favore dei nostri giovani Soci, a cui vogliamo offrire momenti di riflessione su tematiche di attualità per diventare cittadini consapevoli”.
Lezioni di diritto alimentare
DI POLLENZO LA PRIMA EDIZIONE DELLA SUMMER SCHOOL
i è svolta dal 24 al 31 luglio la prima edizione della Summer School on Food Law, progetto che nasce da una partnership tra l’Università degli Studi di Torino e l’Università di Scienze Gastronomiche. Grazie anche a Banca d’Alba, tra i partner che hanno sostenuto l’iniziativa, nell’Ateneo di Pollenzo sono arrivati 50 studenti del network internazionale di ELSA (the European Law Students’ Association), provenienti da 4 diversi continenti. Associazione non governativa, indipendente e senza scopo di lucro, dal 1981 Elsa opera in più di 40 Paesi nel mondo e, con
oltre 50 mila soci all’attivo, si occupa di promuovere la tutela dei diritti umani e di completare la formazione dei giovani studenti universitari attraverso l’organizzazione di seminari, conferenze, programmi didattici e tirocini. E non a caso in Piemonte, ELSA Torino ha scelto di occuparsi di Food Law, diritto alimentare, non solo per via dell’estremo interesse che può suscitare la materia in sé, ma anche per avere l’opportunità di promuovere il territorio in uno dei settori in cui trova la sua massima espressione. È nato così il programma formativo e multidisciplinare di 30 ore della prima Summer School on Food Law, interamente in lingua
inglese e arricchito da esperienze pratiche e visite istituzionali alla scoperta delle eccellenze italiane e piemontesi del settore food&beverage tra cui Lavazza Group, Eataly e Fontanafredda, con l’obiettivo non solo di approfondire i profili giuridicinormativi, ma di esplorare temi che saranno decisivi per il nostro futuro, quali la sostenibilità nella filiera agroalimentare e l’economia circolare.
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ON FOOD LAW CON 50 STUDENTI DEL NETWORK ELSA DA TUTTO IL MONDO
ALL’UNIVERSITÀ
A teatro per imparare la finanza sostenibile
Attenti e sensibili ai temi ambientali, hanno cominciato tre anni fa la loro battaglia per un pianeta migliore anche attraverso i “Fridays for Future”, il movimento internazionale creato da Greta Thumberg. Ed è per loro, studenti delle scuole superiori oggi e cittadini di domani, che Banca d’Alba ha scelto di scendere in campo organizzando una serie di incontri dedicati alla Finanza Sostenibile. Mentre il mondo si sta necessariamente spostando verso un’economia a basse emissioni di carbonio e più rispettosa del clima, tanti e diversi sono infatti i modelli di business che
potranno offrire nuove opportunità di investimento, alla ricerca di una valida soluzione per fermare la drammatica deriva verso cui sta precipitando il nostro pianeta.
Banca d’Alba vuole essere una guida per i giovani della generazione Z che studiano e crescono con una rinnovata e più consapevole coscienza ecologica.
Dopo il primo appuntamento andato in scena a giugno al Teatro Sociale di Alba, gli incontri proseguiranno anche in questo anno scolastico nei diversi territori di riferimento della Banca. Ad accompagnare gli studenti in questo viaggio nel mondo della Finanza Sostenibile ci saranno gli
ALLA CONQUISTA DEL RE DI PIETRA
Dalla macchinetta del caffè alla vetta del Monviso. È nata così l’impresa di tre colleghi della sede operativa di Banca d’Alba, a Vezza d’Alba, saliti lo scorso 8 settembre sulla cima del Re di Pietra. A Federico Trucco, Moreno Defilippi e Andrea Perona è bastata una chiacchierata veloce nei corridoi degli uffici per condividere la passione per la montagna, tra camminate in famiglia e uscite in solitaria, e pensare di affrontare insieme la cima che con i suoi 3.841 metri è la più alta delle Alpi Cozie.
“L’idea di affrontare il Monviso in gruppo è venuta con grande naturalezza e senza neanche rifletterci troppo – raccontano –. Per tutti, appassionati di montagna, era la prima volta. Abbiamo deciso di fare le cose per bene, con la massima prudenza
e organizzazione, e così per prima cosa abbiamo cercato una guida. Fissata la data, abbiamo fatto qualche uscita per conoscerci meglio in cammino e fare un po’ di allenamento insieme”. Passata qualche settimana, Federico, Moreno e Andrea sono andati prima alla conquista della Regina delle Alpi Marittime, l’Argentera, poi il trio ha trovato la giornata perfetta per l’impresa. “Sveglia alle 4, partenza alle 5, abbiamo indossato scarponi, lampada frontale, imbragatura, caschetto e siamo partiti dal rifugio Quintino Sella dietro alla guida Marco Curti – spiegano –. Il clima era perfetto, qualche ora prima era scesa la neve, abbiamo tenuto un buon passo e in quattro ore siamo stati in cima, circondati dal cielo blu, con le nuvole sotto di noi. È stato faticoso, ma l’emozione e la soddisfazione che si provano in cima è qualcosa di indescrivibile”
Per Moreno di Santa Vittoria d’Alba, il più giovane del gruppo che ora sogna il Monte Bianco, c’è la gratificazione di aver compiuto “una vera impresa sportiva” Federico da Sant’Albano Stura, che ama camminare con i figli e ogni anno affronta oltre 70 chilometri di pellegrinaggio verso Sant’Anna di Vinadio, dice di essere “stregato dalla montagna”. Con un po’ più di esperienza di salite rispetto ai compagni, Andrea Perona di Montà d’Alba in cima al Monviso si è sentito “emozionato davanti a tanta magnificenza della natura”. “La nostra guida ci ha detto che, una volta scesi, avremmo potuto guardare il Re di Pietra con altri occhi –concludono i tre colleghi –. Ed è proprio così: adesso, quando volgiamo lo sguardo da lontano, verso la punta della montagna, possiamo dire di essere stati lassù”
BANCA&TERRITORIO
esperti di Banca d’Alba in materia, per spiegare ai ragazzi come coniugare l’impiego e il futuro del proprio risparmio al rispetto dell’ambiente.
Circonomia 2022
L’ECONOMIA
D’ALBA
CIRCOLARE
HA TROVATO CASA A PALAZZO BANCA
PER PARLARE DI TRANSIZIONE ECOLOGICA E COOPERAZIONE
Quattro mesi di eventi, 28 appuntamenti organizzati, 145 relatori, 1.500 partecipanti in presenza e oltre 280 mila persone raggiunte online. Sono i numeri della settima edizione di Circonomìa, il festival dell’economia circolare e della transizione ecologica che da anni ha trovato “casa” a Palazzo Banca d’Alba. Partner principale dell’ultima edizione andata in scena da maggio a settembre, la Banca ha ospitato nella sede di via Cavour la maggior parte degli eventi nel fitto programma promosso da Cooperativa Erica, Aica, Greening Marketing Italia ed Eprcomunicazione
con la direzione artistica di Roberto Cavallo e Roberto Della Seta. Al centro dei vari appuntamenti, un’economia circolare che si declina nell’agricoltura, nell’arte, nello sport, nel cibo, nella musica, nei libri e nella comunicazione, affrontati da Circonomìa con puntualità, spirito critico e tanti ospiti tra cui Roberto Cingolani durante l’incarico di Ministro all’Ambiente e alla Transizione ecologica, Francesco Profumo, Alessandro Gassman, Giovanna Melandri, Lucrezia Reichlin, Giorgio Calabrese, Stefano Ciafani, Ermete Realacci, Agostino Re Rebaudengo, Nicola Lanzetta. Tra i temi affrontati, anche la finanza sostenibile e la cooperazione come strumento per una vera transizione ecologica nell’incontro
del 21 settembre con Riccardo Moro, Professore dell’Università di Milano, Giorgio Arienti direttore generale di Erion Weee, il presidente di Confcooperative Cuneo Alessandro Durando, Alessandra Brogliatto, coordinatrice commissione dirigenti cooperatrici Piemonte, e Marta Bonucci, giornalista di Fasi.Eu. “Nel corso degli anni – dice il co-direttore artistico Cavallo -, Circonomìa è diventata la casa dell’economia circolare in cui incontrarsi, condividere idee e conoscere nuove iniziative sul paradigma economico che ormai è sempre più la via per l’economia del futuro. Ma è soprattutto un grande lavoro di squadra che si concretizza grazie a uno staff motivato, i partner che credono nel progetto e il territorio”.
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LA TERRA CHE VERRÀ? “DIPENDE DA NOI”
BANCA D’ALBA PROTAGONISTA A JESI AL XII FORUM NAZIONALE DEI GIOVANI SOCI E SOCIE DEL CREDITO COOPERATIVO TENUTOSI A INIZIO SETTEMBRE
“L
a Terra che verrà –dipende da noi”.
È questo il titolo – che suona come un avvertimento e contemporaneamente un impegno – che ha accompagnato il XII Forum nazionale dei giovani Soci e Socie del Credito Cooperativo italiano, andato in scena dal 9 all’11 settembre scorsi a Jesi, provincia di Ancona, tristemente nota per i recenti cataclismi naturali. Tre intense giornate di incontri e confronti per ribadire l’attenzione che i giovani Soci nutrono nei confronti dei propri luoghi di vita e di lavoro. In rappresentanza di Banca d’Alba, erano presenti al Forum l’amministratrice Federica Rosa e la giovane Socia albese Giulia Pittatore. “È stata un’esperienza coinvolgente – racconta Giulia – in cui abbiamo avuto modo di testimoniare la volontà di essere i protagonisti del vero cambiamento e dell’inversione di rotta oggi necessari per migliorare il nostro pianeta, a partire dai gesti quotidiani”
Tra i momenti principali del Forum, ci sono stati i tavoli di lavoro a cui hanno partecipato oltre 250 giovani Soci provenienti da tutta Italia, accomunati dai valori cooperativi e dalla voglia di mettersi in gioco, chiamati a proporre idee innovative per combattere l’inquinamento ambientale immaginando un futuro più sostenibile all’insegna della mutualità energetica, della finanza climatica, delle responsabilità delle BCC e dei prodotti di filiera biologica. Da qui, tante le proposte concrete
avanzate: dalla tutela delle api alla salvaguardia della biodiversità, l’educazione finanziaria e la formazione sulle energie rinnovabili, fino al pensiero di un Forum sempre più green. Progetti che andranno a integrare e costruire il nuovo piano strategico dei giovani Soci BCC, ovvero le linee guida da perseguire nei prossimi anni che si svilupperanno lungo quattro direttrici: mutualità, territorio, generazioni e innovazione. Oltre alle occasioni di confronto, per i giovani Soci sono stati proposti momenti di formazione con relatori di alto profilo, tra cui Roberto Mancini, docente di Filosofia teoretica all’Università di Macerata, il direttore di BCC Energia, Daniele Ziveri, il presidente del Consorzio Marche Biologiche, Francesco Torriani, il direttore generale di Federcasse Sergio Gatti e il presidente Augusto
dell’Erba. “L’esperienza del Forum è stata un’occasione di crescita: di particolare interesse è stato l’intervento del dottor Mancini che ha ricordato a noi giovani di essere curiosi e cercare alternative al modello economico attuale che rischia di distruggere il pianeta poiché “siamo in trappola”, come dice il professore. Ma questa non è una cosa negativa, anzi ci impone una trasformazione per entrare in armonia tra noi e con la natura”. Inoltre, non sono mancati i momenti di svago come il concerto del trio Peppe Servillo, Javier Girotto e Natalio Mangalavite in onore di Lucio Dalla dal titolo “L’anno che verrà”, organizzato dal festival solidale, inclusivo e a bassissimo impatto ambientale RisorgiMarche, ideato da Neri Marcorè, che ogni anno attira migliaia di curiosi e appassionati nei luoghi colpiti dal terribile sisma del 2016 con l’obiettivo di far rinascere la comunità locale.
VITA DI BANCA
Il Parlamento Europeo Giovani, per imparare a essere cittadini attivi
In comune hanno la voglia di mettersi in gioco per costruire un’Europa più unita, solida e partecipata, nel rispetto della diversità, della reciprocità e delle singole culture. E, magari, condividono anche il sogno di un futuro in politica. Gli studenti delle scuole superiori piemontesi, e non solo, che fanno parte del Parlamento Europeo Giovani si sono riuniti la scorsa primavera a Torino in occasione della sessione regionale dell’Associazione. All’evento – che ha visto protagonisti oltre ai ragazzi uno staff internazionale composto da giovani provenienti da molti Paesi, tra cui Olanda, Grecia, Portogallo e Spagna – ha partecipato anche Banca d’Alba, tra i partner dell’iniziativa, rappresentata dalla consigliera Federica Rosa, 32 anni, da nove nel Cda ed esperta di progettazione europea. “La mia presenza ha rappresentato innanzitutto la testimonianza dell’attenzione che Banca d’Alba riserva ai giovani, in tanti progetti che nascono per affiancare le nuove generazioni nella crescita come cittadini attivi e consapevoli. La soddisfazione più grande è stata poter vedere tante persone estremamente giovani, tra i 15 e i 20 anni, che hanno il desiderio di impegnarsi in un percorso di formazione in politiche europee e partecipazione attiva alla vita pubblica”. L’Associazione Parlamento Europeo Giovani, costituita nel 1994 a Milano, promuove la dimensione e l’identità europea nelle università
e nelle scuole secondarie superiori italiane. È uno dei 40 comitati nazionali, attivi in altrettanti Paesi europei, che compongono il network internazionale European Youth Parliament (EYP) fondato nel 1987. EYP ogni anno coinvolge oltre 30 mila giovani cittadini europei in quasi 500 eventi in ogni angolo d’Europa, organizzati da circa 3 mila giovani volontari, rappresentando la più grande associazione europea di educazione non formale alla cittadinanza attiva. Gli eventi sono simulazioni in lingua inglese del processo decisionale di un’assemblea parlamentare organizzate secondo la suddivisione in commissioni del
Parlamento europeo. “Gli studenti si sono cimentati in diversi temi di discussione, tra cui la violenza di genere, la disoccupazione giovanile, la neutralità climatica dell’Unione Europea e l’uso dell’intelligenza artificiale e i suoi rischi – spiega Federica Rosa –. Le attività di gruppo vengono pensate proprio per sviluppare idee e progetti condivisi, in un approccio partecipativo ai lavori che è molto stimolante. Una grande occasione per i ragazzi per imparare a esercitare la cittadinanza attiva. Poterli vedere all’opera è stata per me un’esperienza arricchente e gratificante, e non posso che augurare loro di tenere vivo l’entusiasmo che ho potuto vedere e sentire a Torino”
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Fisioterapia all’avanguardia
NEI
CENTRI
MEDICI DELLA
Competenza e tecnologia al servizio del percorso fisioterapico.
Sono questi gli assi su cui si muovono i centri medici gestiti dalla Cooperativa Sociale Cento Torri nei territori di riferimento di Banca d’Alba – a Grinzane Cavour, Vezza d’Alba, Albenga, Asti e Torino – , per offrire servizi e assistenza sanitaria ai Soci. Nel corso del 2022 sono circa 6 mila le visite e oltre 50 mila i trattamenti fisioterapici erogati, con particolare riferimento ad alcune patologie su cui il personale dei centri medici si è specializzato grazie anche agli investimenti fatti negli anni dalla Banca d’Alba su nuovi dispositivi per la diagnostica e la medicina, utili per promuovere visite e terapie all’avanguardia. Tra questi, l’ecografo di ultima generazione utilizzato oggi per valutare e trattare, con ancora più precisione, patologie frequenti come l’artrosi d’anca (coxartrosi).
Ne abbiamo parlato al centro medico di Gallo Grinzane con la Dottoressa Elisa Lioce, direttore tecnico del centro medico di Asti e responsabile medico di tutti i centri della Cooperativa Cento Torri.
Chi sono i pazienti colpiti da coxartrosi?
“L’artrosi dell’anca colpisce molte persone dai 50 anni in su. Si tratta del progressivo deterioramento della cartilagine articolare che avviene con l’avanzare dell’età, ma si può verificare anche più precocemente per una serie di motivi diversi, sia per problematiche congenite che per cause lavorative o sforzi ripetuti. Inoltre, anche il peso corporeo può influire particolarmente”
COOPERATIVA
CENTO TORRI TRATTAMENTI E TERAPIE STRUMENTALI PER CURARE L’ARTROSI DELL’ANCA
Come intervenite?
“Per combattere la coxartrosi esistono diverse terapie e soluzioni da valutare a seconda delle caratteristiche del paziente e dello stadio di avanzamento della patologia.
Oggi, nei nostri centri, abbiamo a disposizione diversi trattamenti da offrire prima di arrivare all’intervento chirurgico, che è riservato ai casi più gravi qualora non si tenga più sotto controllo il dolore e non si riesca a garantire un’adeguata funzionalità e autonomia nel movimento”.
Quali sono i trattamenti?
“Possono comprendere le terapie strumentali – magnetoterapia, ultrasuoni, tecar e laser – utili a ridurre il dolore e l’infiammazione.
Inoltre, grazie a strumentazione all’avanguardia come il nostro nuovo ecografo di ultima generazione recentemente acquistato dalla Fondazione, possiamo riuscire a fare la differenza sia a livello di diagnosi che di trattamento. Insieme con il dottor Luca Servetto, abbiamo inserito all’interno dei centri medici un nuovo ambulatorio di Fisiatria interventistica per infiltrazioni ecoguidate: per molti pazienti affetti da coxartrosi è possibile, infatti, ricorrere a questo tipo di terapie infiltrative con acido ialuronico, ottenendo ottimi risultati a livello di controllo e miglioramento della funzionalità.
È importante sottolineare tuttavia che la fisioterapia deve essere sempre il fulcro di tutto il
trattamento e resta la componente centrale del percorso riabilitativo del paziente, con l’obiettivo di ridurre i sintomi, migliorare la funzionalità articolare ed educare il paziente alla gestione della propria patologia. Lavorando in team, con le nostre competenze e tecnologie, possiamo quindi ottenere ottimi risultati, anche ritardando il momento dell’impianto della protesi”. Come si svolge una seduta di fisioterapia nei centri medici?
“I pazienti vengono trattati singolarmente. I risultati migliori si ottengono seguendo passo dopo passo i movimenti e gli esercizi, sotto il controllo e monitoraggio del fisioterapista. Il movimento e il rinforzo muscolare risultano fondamentali per il miglioramento del quadro clinico”.
COOPERATIVA CENTOTORRI
La Dottoressa Elisa Lioce
Costruire un solido capitale sociale e rafforzare il legame di comunità
È L’OBIETTIVO DELLA FONDAZIONE BANCA D’ALBA, CHE HA AMPLIATO
IL SUO IMPEGNO NEI SETTORI SOCIO SANITARIO E DELLA CULTURA
Il concetto di responsabilità è una parte fondante del sistema di credito cooperativo a cui fa capo Banca d’Alba. Fare banca in modo differente significa unire le forze, costruire capitale sociale, contribuire al miglioramento non solo economico, ma anche culturale delle persone, delle comunità e dei loro territori, instaurare relazioni basate sulla reciprocità e ponendo attenzione anche alla salute dei propri soci e dei loro famigliari. È ciò che da molti anni Banca d’Alba fa grazie alla Fondazione Banca d’Alba, un esempio concreto di mutualità e supporto al benessere della popolazione e soprattutto dei Soci, attraverso progetti promossi direttamente e in partenariato con soggetti del territorio, nei settori dell’educazione, del welfare, dell’arte e della cultura, dello sviluppo locale, della salute pubblica, della ricerca scientifica e dell’attività sportiva. Nata già nel 1994, la Fondazione Banca d’Alba ha recentemente rinnovato e ampliato il suo Consiglio di Amministrazione, inserendo figure autorevoli e competenti in rappresentanza di tutti i territori in cui la Banca opera. “Due sono i settori principali in cui la Fondazione è impegnata, quello sanitario e culturale” spiega il presidente Tino Cornaglia. “Se il rapporto con il territorio è per una banca di credito cooperativo la sua ragion d’essere, contribuire a migliorare la condizione socio sanitaria e culturale di chi vi abita è una delle strade più virtuose attraverso le quali si può rafforzare questo legame di comunità”. La Fondazione Banca d’Alba percorre questa via grazie a cinque centri medici
che offrono servizi e assistenza di carattere fisioterapico e diagnostico a Vezza d’Alba, Gallo Grinzane, Asti, Torino e Albenga, ma anche grazie a una intensa attività di sensibilizzazione e prevenzione che prevede screening gratuiti su varie patologie, la partecipazione a incontri, convegni e corsi come quello recentemente organizzato a Palazzo Banca d’Alba e dedicato al Covid19 e alla riabilitazione del paziente con sintomi da Long Covid. Sul fronte delle attività culturali, la Fondazione ha intensificato il suo impegno anche grazie alla collaborazione con la Fondazione Ferrero, in occasione dell’esposizione albese dedicata ad Alberto Burri, uno dei grandi protagonisti dell’arte del Novecento, o come la Fondazione
Sandretto Re Rebaudengo e la Fondazione Bottari Lattes. In occasione del centenario della nascita di Beppe Fenoglio, il Palazzo Banca d’Alba ha ospitato la mostra “Una maniera di metter fuori le parole” per approfondire la scrittura dello scrittore partigiano, mentre si è da poco conclusa la mostra “Immersioni nella pittura”, una selezione di opere di Marco Gastini, maestro dell’arte povera e nome storico della pittura italiana. Tra le iniziative più recenti, la Fondazione Banca d’Alba ha elargito un contributo all’Avis di Alba per l’acquisto di un impianto di climatizzazione per lo stoccaggio del sangue e alla Protezione Civile del Roero per l’acquisto di un’idrovora.
Il progetto del Cretto di Burri esposto a Palazzo Banca d’Alba
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Microfinanza campesina in Ecuador
COMPIE 20 ANNI IL PROGETTO SOSTENUTO DA BANCA D’ALBA
PER CONTRIBUIRE ALLO SVILUPPO DELLE AREE MARGINALI SULLE ANDE
Ricorre quest’anno il ventennale del progetto “Microfinanza campesina” del Credito Cooperativo italiano in Ecuador. Un’iniziativa importante e di successo, riconosciuta a livello internazionale come un caso di scuola, cui Banca d’Alba ha aderito sin dal principio per agevolare un nuovo modello di cooperazione e combattere la povertà nei Paesi in via di sviluppo attraverso parole chiave come reciprocità, partecipazione, formazione ed economia circolare. Per celebrare la ricorrenza, a metà novembre una delegazione di rappresentanti delle Bcc sostenitrici del progetto ha fatto visita al Paese Andino, per verificare il lavoro svolto, incontrare alcune banche cooperative e conoscere imprese e comunità finanziate o sostenute anche dall’Italia. “È stato un viaggio molto istruttivo” racconta il presidente di Banca d’Alba,
Tino Cornaglia, che ha fatto parte della delegazione. “Eravamo già stati in missione in Ecuador nel 2019 e posso dire con soddisfazione che molti degli obiettivi prefissati sono stati raggiunti e che vent’anni di progetto sono serviti a sostenere lo sviluppo delle aree marginali in cui abitano i campesinos con le loro attività di agricoltura, allevamento e trasformazione dei prodotti alimentari”
Momento centrale è stato la partecipazione al congresso delle Banche di Credito Cooperativo dell’Ecuador, tenutosi nella capitale Quito, “ma abbiamo avuto anche la possibilità di visitare le comunità dove in questi anni abbiamo indirizzato parte del nostro sostegno, in particolare per l’ampliamento e l’ammodernamento di una scuola dell’infanzia sulle Ande, a quasi 4mila metri di altezza”. Altro appuntamento rilevante è stato l’Incontro Ecuador-Italia intitolato “Finanzas con esencia humana,
fraterna, ambiental”, seminario di approfondimento con il doppio sguardo della finanza mutualistica e popolare. Avviato nel 2002, il progetto “Microfinanza campesina” è basato sulla collaborazione tra il Credito Cooperativo italiano e Codesarrollo, la banca di secondo livello del sistema delle banche villaggio sparse principalmente sulle Ande ecuadoriane. Una collaborazione sancita da un accordo di cooperazione culturale e finanziaria siglato nella capitale dell’Ecuador tra Federcasse e Codesarrollo vent’anni fa, rinnovato nel 2012 e ora nuovamente confermato. Altro partner fondamentale è il FEPP-Fondo Ecuatoriano Populorum Progressio, una fondazione privata senza scopo di lucro nata negli anni ’70 su iniziativa della Conferenza Episcopale Ecuadoriana, per dare risposta alla esortazione di Papa Paolo VI che, nell’enciclica “Populorum Progressio” sollecitava la creazione di fondi comuni per assistere le fasce deboli delle popolazioni, nella prospettiva di uno sviluppo solidale ed inclusivo.
SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE
TaccuinoViaggio di
IL MARE CRISTALLINO DELLA SARDEGNA
Si sa, la Sardegna è una bella Regione, ma credo che il soggiorno in Sardegna sulla costa Rei sia stata una bellissima vacanza. Inizierei con il constatare che l’aereo della ITA è partito ed arrivato sempre in perfetto orario sia all’andata che al ritorno. Cosa strana… di questi tempi! Il Villaggio che ci ospitava, sebbene molto grande, in grado di ospitare fino a 1200 persone, non ci ha creato alcun problema in termini di code per il self-service che per la convivenza quotidiana. Cibo abbondante, molto buono veramente una gioia per il palato. Che dire poi del Villaggio, bellissimo, con camere spaziose, forse anche meglio di un quattro stelle. Consentiva belle passeggiate, in quanto tutte le strutture sono costruite a livello del mare. Infine, l’acqua del mare trasparente e piacevolmente invitante alle immersioni. Che dire… speriamo di ripetere un’altra
ALLA SCOPERTA DEL CIELO D’IRLANDA
Dove andiamo quest’anno in ferie? Questa è la domanda che ci siamo posti mia moglie Mariella ed io, come tutti gli anni d’altronde… Quest’anno finalmente con nostra grande soddisfazione abbiamo constatato che, salvo inconvenienti, avremmo finalmente potuto gustarci un viaggio in Irlanda senza preoccuparci di nulla, grazie all’efficienza che l’Ufficio Soci ha dimostrato di avere nel corso degli anni, e di cui tanto si sente parlare con giudizi estremamente positivi. Avuta conferma del viaggio grazie al numero discreto di adesioni, ci siamo subito resi conto di che tipo di Tour si sarebbe trattato: tranquillamente a piedi con i nostri trolley fino al punto di ritrovo (cinquecento metri da casa nostra…), viaggio in pullman fino a Linate, una guida presente fin dalla partenza e un’altra in aggiunta dall’aeroporto di Dublino (residente in Irlanda da anni ma originaria dell’Astigiano), pranzi in locali tipici convenzionati in ogni luogo visitato, luoghi stupendi raggiunti e fotografati all’infinito, clima fresco con temperature raramente superiori ai venti gradi nonostante l’estate torrida che soffocava letteralmente il nostro Paese…
In buona sostanza, l’Irlanda (quella propriamente detta e quella del Nord, parte del Regno Unito) l’abbiamo girata
e birrerie storiche e coinvolgenti, il tutto condito dalle meticolose narrazioni di usi, costumi musicae cultura per cui le guide facevano a gara nel soddisfare ogni nostra curiosità. E il ritorno, previsto con rientro a Caselle anziché Linate a causa dei noti blocchi dei voli internazionali per i numerosi scioperi e la carenza di personale causa Covid, come l’avremmo affrontato senza il pullman partito da Alba come da programma?
Ci saremmo dovuti far venire a prendere, o avremmo dovuto utilizzare qualche mezzo pubblico con tutte le incombenze del caso. E infine l’inconveniente (sempre conseguenza dei disservizi aeroportuali estivi) prontamente risolto a Torino dalla nostra instancabile accompagnatrice: quasi tutti i bagagli erano rimasti a Francoforte! Senza perdersi d’animo l’accompagnatrice ci ha condotti all’ufficio preposto, presso cui abbiamo lasciato i nostri recapiti con la descrizione dettagliata dei colli smarriti: stento ancora a credere che dopo appena tre giorni gli stessi ci sono stati recapitati direttamente al nostro domicilio di Alba. Non vediamo l’ora di replicare, magari in Canada, chissà: prima o poi ci piacerebbe immensamente farci un giro da quelle parti…
e Mariella, Soci di Alba
I REPORTAGE DEI NOSTRI SOCI
Roberto
Due parole con...
Intervista di: Sergio Miravalle, giornalista professionista, per oltre 30 anni a La Stampa. È stato presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Piemonte. Ora dirige Astigiani, rivista di storia e storie.
Ecco la Beatrice piemontese del “Dante” di Pupi Avati
L’ATTRICE CARLOTTA GAMBA, ASTIGIANA, 25 ANNI, È STATA SCELTA DAL REGISTA BOLOGNESE PER IL FILM SUL SOMMO POETA
Primavera 2021, Roma, interno giorno. La giovane attrice entra nello studio del famoso regista. È stata convocata poche ore prima con una telefonata del suo agente. Alle pareti le locandine dei più famosi film girati da uno dei più importanti maestri del cinema italiano. Il cuore le batte forte. Ha fatto il provino qualche settimana prima a Cinecittà. Uno dei tanti, per chi, come lei, ha deciso e tenta di vivere di cinema. Provini che si concludono con l’immancabile “Le faremo sapere” Eccola Carlotta Gamba, 25 anni, di fronte a Pupi Avati. Il regista bolognese è affabile e gentile. Sa che sta per dare a quella giovane attrice una bella notizia. “Abbiamo deciso di affidarti la parte di Beatrice nel film su Dante che stiamo per girare. Sul set ci saranno Sergio Castellitto, Alessandro Haber, Milena Vukotic e altri giovani attori come te. Accetti?” Carlotta sorride. Non ha parole. È emozionata. Si rende conto della grande occasione. Dante lo aveva fino ad allora, come tutti, studiato a scuola. Dovrà dare vita e sguardi al grande amore invano agognato dal futuro sommo poeta. “Dopo quell’incontro con Pupi Avati mi mancava il fiato – ricorda ancora – Quando sono uscita ho mandato messaggini ai miei genitori, al mio compagno, agli amici più cari”. Pochi mesi dopo ecco Carlotta sul set del bellissimo film “Dante” girato tra
UNA STORIA DI TENACIA E PASSIONE DAL LICEO SCENOGRAFICO ALL’ACCADEMIA D’ARTE DRAMMATICA
“SONO TIMIDA E RECITARE MI FA STAR BENE”
l’Umbria e le Marche, uscito nelle sale nell’ottobre scorso, che ha conquistato la critica e svelato al grande pubblico il volto e il nome di Carlotta Gamba.
Ecco chi è questa astigiana che con tenacia e determinazione voleva fare l’attrice ci è riuscita, partendo dalla provincia, senza altri aiuti se non la volontà di emergere. Com’è andata che i suoi sogni sono diventati realtà? Sono stata una bambina timida, ma con le idee molto chiare. Alle medie ho incontrato un giovane regista astigiano Alessio Bertoli che mi ha fatto scoprire il teatro. Recitare mi fa star bene è la mia dimensione. Mi piacciono anche il canto, la musica. Facevo corsi di violino ed ero nel coro delle voci bianche del Conservatorio Verdi di Asti. Da piccola ho sempre cantato. La famiglia ha assecondato questa sua passione?
Appartengo ad una famiglia di astigiani doc, poi ci siano trasferiti a Torino e poi
di nuovo ad Asti. Quando ho saputo che c’era il liceo scenografico teatrale “Erba” a Torino è iniziato un periodo da pendolare. Ricordo quei viaggi in auto con mia madre, che lavorava a Torino: al mattino e al ritorno al pomeriggio con la colonna sonora delle canzoni di Giorgia, i Modà, Tiziano Ferro, Francesco Renga. Ripensandoci erano momenti speciali. Mi sono diplomata con 77, mi hanno detto che nella cabala sono le gambe delle donne. Visto il mio cognome mi sembra un segno del destino. E dopo il liceo?
La scelta non è stata facile. Ho provato ad entrare all’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico” a Roma. Ho passato le prime due prove, ma non ho superato la terza. Ero ad un bivio. I miei mi hanno incoraggiato. Ho passato un anno a Roma, da sola a studiare per prepararmi ad una nuova selezione e questa volta ce l’ho fatta e sono entrata in Accademia. Tre anni di studio intenso e incontri straordinari con registi e grandi attori. Ricordo tra le tante le lezioni con Laura Morante. Da Asti a Roma è un bel salto.
Asti è il mio nido, dove ho le mie radici. Ambientarsi a Roma nell’ambiente artistico non è stato facile. Io non faccio vita mondana, frequento amici del mondo del teatro. Non ho neppure l’auto e mi vesto andando nei mercatini del vintage. Sono sui social, ma con parsimonia. Amo la fotografia e ogni tanto posto qualche foto di viaggi o altro che scatto io. Quando dico che sono piemontese, i romani se ne
accorgono nonostante i corsi di dizione, mi fanno notare che per loro sono un po’ troppo sabauda.
Non hanno tutti i torti: nella scheda biografica dell’Accademia oltre al curriculum professionale, alla voce lingue ha indicato inglese e piemontese.
Bisognava scrivere se si conosceva qualche dialetto e a me è venuto naturale indicare la mia lingua madre, anzi direi lingua nonna vista che le mie di nonne Anna e Irma parlavano abitualmente in piemontese.
A dir la verità lo capisco, ma non lo parlo, anche se qualche volta mi tornano in mente certi intercalari. Nonna Irma, grande cuciniera, per sapere come stavo mi diceva “cumela?”
A proposito di cucina, come se la cava ai fornelli?
Niente di speciale, a Roma sopravvivo, ma quando torno in Piemonte mi rifaccio. Mio padre è un appassionato mi porta in giro sulle colline a scoprire ristoranti e farmi assaggiare vini. Per me la cucina è condivisione. Ricordo certi pranzi di famiglia. Da piccola c’era la serata della bagna cauda, che per noi bambini era una cosa misteriosa e un po’ magica.
Torniamo al suo lavoro di attrice. Ha dei modelli di riferimento?
Ce ne sono tanti.
Da Monica Vitti a Gena Rowlands, l’attrice americana che ha vissuto lo straordinario sodalizio con Cassavetes.
Amo i ruoli drammatici anche se in Accademia abbiamo provato a cimentarci con tutti i ruoli, compreso il comico.
Nel mio lavoro sono molto concentrata, mi impegno al massino, voglio fare le cose per bene.
Dopo il personaggio di Beatrice che cosa è cambiato?
È migliorata certamente la mia visibilità artistica. Mi hanno chiamata a girare una serie Tv e sto lavorando a teatro con un gruppo di miei amici dell’Accademia per mettere in scena uno spettacolo
sulla nostra generazione e sulla crisi di identità dei giovani impegnati a diventare adulti.
Sono arrivati anche i primi guadagni. Che rapporto ha
Lui è romanista e per simpatia anch’io adesso tifo Roma, ma è l’unica concessione da capitolina, per il resto sono e resto
Carlotta Gamba
è nata il 16 aprile 1997, secondogenita di Roberto, ex dirigente industriale con un passato anche alla Ferrero e Cristiana Tovo che è la figlia di Guglielmo, a suo tempo presidente della Provincia di Asti. Con il fratello Pietro, di tre anni più grande, ha seguito la famiglia tra Asti e Torino prima di trasferirsi a Roma, dove ha frequentato l’Accademia d’Arte drammatica “Silvio D’Amico”. Fisico minuto (è alta 1,62) sguardo intenso, dimostra ancora meno anni dei suoi 25. L’esordio nel cinema è stato nel 2021 nel thriller “America latina” con Elio Germano protagonista e la regia di Damiano e Fabio D’Innocenzo, presentato con successo alla Mostra di Venezia. Numerose le partecipazioni a teatro. Con un gruppo di compagni dell’Accademia sta scrivendo un testo sulla crisi di identità dei giovani: “La nostra generazione è impegnata a non ripetere gli errori del passato”.
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LIBRI
LA MEMORIA DI VIOLA
È al sesto romanzo pubblicato la Socia di Corneliano d’Alba Francesca Gerbi. Dall’autobiografia al noir, passando per la poesia e i racconti legati al suo paese d’origine, l’autrice è approdata a un romanzo intenso e delicato che affronta il tema dell’Alzheimer. “La memoria di Viola” (La collina dei libri) accompagna il lettore nei ricordi sbiaditi di Viola, donna semplice e arguta che sta affrontando la terribile malattia. Scrive Francesca Gerbi nel prologo: “Se l’uomo è un animale sociale, quando gli si toglie la società, quella vera, perché un animale del genere non può impazzire? Non è invece la cosa più probabile? In queste condizioni è molto facile passare all’atto, come dicono gli psicoanalisti, cioè sopprimere il problema. Un male comune, che può arrivare all’eccesso. Ma proprio perché comune, non evitiamo di guardarlo e di rifugiarci in una comoda diagnosi da cui ci sentiamo immuni. La vita può essere un dramma oppure un bel viaggio, non serve crogiolarsi, piuttosto giocare di fantasia”.
ALLE RADICI DEL BAROLO
Una storia nobile, quella del Barolo, cominciata prima dell’Unità d’Italia e giunta fino ai nostri giorni con i fasti e gli onori che contraddistinguono questo grande vino. Il libro “Alle radici del Barolo” (Slow Food Editore) si muove dalle note storiche relative alla sua nascita, così come dalle sue prime attestazioni: una storia fatta di carte d’archivio, documenti e appunti, che si intreccia con le vicende politiche italiane del tempo. A dar voce a questa ricostruzione è Lorenzo Tablino, Socio di Alba, storico del vino e per anni enologo di Fontanafredda. Le suggestive fotografie di Clay McLachan e le parole di Armando Castagno, giornalista ed esperto di vino, accompagnano il lettore alla scoperta di dieci cantine in attività da prima del 1861 che ancora oggi producono Barolo: Fratelli Alessandria, Borgogno, Burlotto G.B., Cordero di Montezemolo, Fontanafredda, Umberto Fracassi, Marchesi di Barolo, Poderi Marcarini, Poderi Oddero, Rocche Costamagna.
“Canto le armi e l’uomo” in mostra i 100 anni di Beppe Fenoglio
La mostra dedicata allo scrittore Beppe Fenoglio nell’anno del centenario, inaugurata lo scorso 15 ottobre nelle sale espositive della Fondazione Ferrero di Alba, porta un titolo significativo, “Canto le armi e l’uomo”. L’eco virgiliana arriva da un’intuizione del curatore Luca Bufano e dalla lettura “epica” del narratore della Resistenza delle Langhe. “L’incipit dell’Eneide di Virgilio ci ha suggerito il titolo della mostra per il centenario della nascita di Beppe Fenoglio. Le parole di un antico poeta invitano il visitatore a immergersi nel tempo e nell’opera di un grande scrittore del Novecento, e lo fanno in modo appropriato: sia per la centralità dell’esperienza bellica, sia per il rilievo che quei versi conferiscono all’uomo che lotta per vivere per essere uomo, ovvero l’epos umano. Riassume molteplici aspetti dell’opera e della vita di Fenoglio, così come della stessa
mostra: l’influenza dell’epica classica nella sua formazione e nel suo stile; il periodo bellico che lo rivelò a se stesso determinando il suo destino di scrittore; la celebre nota del suo Diario: “Sempre sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano”, spiega Bufano, docente di letteratura italiana presso la sede fiorentina della Florida State University, che sui temi fenogliani collabora con la Fondazione Ferrero dal 1998. Il percorso si articola in otto sezioni tematiche, ognuna associata ad un personaggio del cosmo narrativo fenogliano, attraverso documenti autografi, immagini e audiovisivi, opere d’arte, libri e cimeli, dalla carabina del partigiano, alla sua Olivetti . L’esposizione multimediale è ancora accessibile fino a domenica 8 gennaio 2023, ad ingresso libero: giovedì e venerdì dalle 15 alle 19, sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 19. Chiuso lunedì, martedì e mercoledì e i giorni 24, 25, 31 dicembre 2022 e 1° gennaio 2023.
SOCI&CULTURA
ph Edoardo Pistone
A sinistra: La mostra su Fenoglio in Fondazione
Ferrero
A destra: Marco Gastini Senza titolo, 2018
“IMMERSIONI NELLA PITTURA” L’ARTE DI MARCO GASTINI
Si è da poco conclusa a Palazzo Banca d’Alba la mostra “Immersioni nella pittura”, una selezione di opere di Marco Gastini, maestro dell’arte povera e nome storico della pittura italiana. “Questa mostra di Gastini ad Alba è stata emblematica del suo respiro immaginativo, della ricchezza di modi espressivi e del suo amore per questi territori. Egli ha celebrato con forme, materie e colori l’essenza di un paesaggio non solo naturalistico ma di lavoro, pensiero e poesia – ha detto il curatore della mostra, Bruno Corà –. Non ci sono parole per descrivere Gastini, va compreso con gli occhi. La chiave della mostra era nel suo esordio linguistico, piuttosto che in quello artistico. È con le opere in cui il piombo, il plexiglas e i materiali inconsueti divennero protagonisti
che Gastini cominciò a crearsi la “sua lingua”, una lingua che ha creato una nuova spazialità” Gastini, nato a Torino nel 1938, ricevette la prima formazione nel laboratorio del padre marmista, acquisendo familiarità e dimestichezza con i materiali e le tecniche di lavorazione. La sua ricerca cominciò alla fine degli anni 60, sviluppandosi negli elementi essenziali dell’espressione pittorica: il segno, la presenza spaziale, l’azzeramento cromatico. Una crescita artistica frenetica lo portò dalle tele dipinte a spray, agli smalti e ai floccaggi su plexiglas, legno o vedril. “Siamo lieti di aver ospitato la mostra di Gastini, artista che ci accompagna dal 2011, quando realizzò alcune opere dando uno slancio di modernità alla nostra sede”, ha aggiunto in occasione dell’inaugurazione il presidente della Banca d’Alba Tino Cornaglia.
I MONDI DI PRIMO LEVI
Palazzo Banca d’Alba ospita fino al 29 gennaio “I mondi di Primo Levi. Una strenua chiarezza”, mostra dedicata alla straordinaria figura di chimico, scrittore, partigiano, uomo di pensiero e testimone di Auschwitz (Torino, 1919 - 1987). Organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Alba, curata da Fabio Levi e da Peppino Ortoleva, con allestimento di Gianfranco Cavaglià, l’esposizione mette insieme linguaggi diversi (opere artistiche e video, documenti e ancora parole, incluse quelle pronunciate dalla
sua stessa voce) per condurre il visitatore a incontrare i tanti mondi di Levi, legati insieme da una profonda coerenza: prima nell’infinitamente piccolo dell’atomo di carbonio, accompagnato da un’interpretazione personalissima d’artista, per poi precipitarlo nel viaggio agli inferi di Auschwitz, guidato dalle parole di Levi, ma anche da una ricca documentazione storica su di un tema centrale nella coscienza dell’umanità. Uno spazio importante è anche dedicato alla chimica: quella narrata, personale e fantastica del “Sistema periodico” e quella vissuta da Levi come professionista innamorato del suo lavoro.
Arte
VINO A TINTE POP
È Viktoria Jordanovska, ex studentessa del liceo artistico Pinot Gallizio di Alba, l’autrice di questo colorato pic-nic all’aperto, che vuole suggerire “la convivialità, le persone che degustano il vino, la conoscenza di nuovi territori in cui il vino nasce, un senso di pace e di serenità”. Con questa composizione dai colori pop si è aggiudicata il primo premio del concorso nazionale indetto dall’associazione Città del Vino per il manifesto 2023, sbaragliando la concorrenza di centinaia di disegni arrivati da oltre trenta scuole italiane. Jordanovska, diplomatasi lo scorso luglio e oggi allieva a Torino dell’Accademia Albertina, ha descritto l’opera nella cerimonia di premiazione, nella sala Giunta del Comune di Alba lo scorso 19 settembre: “Ho scelto per il mio soggetto un pic-nic molto colorato. Rappresenta la voglia di tornare a stare insieme dopo la pandemia, dopo due anni in cui trovarsi e stare insieme è stato difficile. Per questo il messaggio è di apertura, serenità, convivialità”. A premiare la giovane artista erano presenti Paolo Corbini, direttore nazionale delle Città del Vino, la vicesindaca della Città di Alba Carlotta Boffa, il consigliere comunale con delega all’Agricoltura, Mario Sandri, il dirigente scolastico Roberto Buongarzone, le professoresse Marta Adami e Giulia Dogliani e Maria Luisa Ascheri, sindaca di La Morra, paese di residenza di Jordanovska.
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di Bruno Gambarotta
Il gran teatro della ristorazione
Pedro Calderon de la Barca scrisse a metà del ‘600 l’opera teatrale “Il gran teatro del mondo”. Prendiamo esempio da lui e proviamo a ragionare sul “Gran teatro della ristorazione”. Il ristorante è il palcoscenico dove ogni giorno si recita uno spettacolo nel quale siamo tutti attori e spettatori. Lo provano il gran numero di programmi televisivi dedicati alla cucina: se il loro indice d’ascolto calasse verrebbero cancellati da un giorno all’altro. Secondo un’inchiesta la maggior parte degli intervistati di un locale ricorda più l’accoglienza che il menù. Un ristorante, di qualunque fascia, per avere successo deve offrire al cliente materiale sufficiente per raccontare agli amici la sua esperienza come se fosse la trama di un film o di uno spettacolo teatrale. Il desiderio di prendere parte attiva alla rappresentazione cresce se il ristorante si trova in una località remota, un piccolo comune privo di attrattive turistiche. Un esempio per l’Italia è il Ristorante Dal Pescatore della famiglia Santini a Canneto sull’Oglio e, per la Francia, il restaurant di Michel Bras a Laguiole, 1300 abitanti, 900 slm, sull’altipiano dell’Aubrac, nel massiccio centrale. Si prenota e poi si devono attendere mesi per avere un tavolo libero. Pensiero ingenuo: perché, avendo così tante richieste, non pensano di allargarsi? Risposta: se lo facessero
il loro fascino svanirebbe. Altro fattore di attrattiva è la singolarità delle proposte: dal citato Michel Bras: “Torta di fegati biondi di pollastra di Bresse in salsa di code di gambero”. All’estremo opposto per la locanda e per la trattoria di campagna valgono come elementi di narrazione la semplicità, la stagionalità, il radicamento nel “territorio”. Una parola magica, un mantra che funziona sempre.
in tanti, è finito. Se il maître gli dicesse la verità il ristorante troverebbe nel mancato cliente un nemico implacabile. Invece si china verso il suo orecchio e sussurra: “Se posso permettermi, glielo sconsiglio, purtroppo oggi i nostri ravioli non sono venuti all’altezza della loro fama.
Le proporrei i nostri gamberi croccanti con spuma di patate e zuppa di funghi prataioli. Sono fenomenali.”
Un complemento prezioso, per quei fortunati che ce l’hanno, è la nonna. Sta lì, seduta, la sua sola presenza garantisce il rispetto della tradizione. Infine, gli attori: il mio personale premio Oscar va al maître di un ristorante famoso per una sua specialità. Faccio un esempio, per spiegarmi: “Ravioli d’aragosta in salsa di burro chiaro di soia”. Si presenta un cliente, si siede al tavolo e non perde tempo a consultare il menù: è venuto lì solo per gustare i famosi ravioli che amici fidati gli hanno raccomandato.
Il cliente ringrazia commosso e la fama del locale (e dei ravioli) è salva. Per finire, una proposta, condivisa da Allan Bay: istituire, per tutti gli addetti alla ristorazione, una scuola di recitazione, un complemento prezioso della loro professionalità.
IL RISTORANTE È IL PALCOSCENICO
DOVE OGNI GIORNO SI RECITA UNO SPETTACOLO NEL QUALE SIAMO TUTTI ATTORI E SPETTATORI