BIANCHI, UNA BICICLETTA SOLA AL COMANDO
Bianchi uguale bicicletta Bianchi uguale bicicletta, uguale ciclismo. Basta sentir pronunciare il nome e scatta il riflesso condizionato. Pochi altri marchi identificano un oggetto o una pratica con tanta sicurezza, così come succede con il cognome del scior Edoardo che nel lontano 1885, in via Nirone n. 7 a Milano, comincia a costruire quei mezzi che a distanza di oltre 120 anni ancora circolano per il mondo con il suo emblema. Ford per le auto, Kodak per le macchine fotografiche, Singer per quelle da cucire, Olivetti per quelle da scrivere, Liebig per il dado da brodo, BaEdoardo Bianchi, il fondatore dell’azienda, nato a Milano nel 1865.
rilla per la pasta, Panini per le figurine… Bianchi è appunto, per definizione, la bicicletta e il ciclismo, sebbene la sua produzione si sia cimentata nel tempo anche con moto, auto, camion, barche, motori marini… Il fondatore ha saputo far divenire il suo nome un simbolo che – come rammenta la rivista aziendale “Bianco Celeste” pubblicata dalla fine del 1958 al 1963 – “è ripetuto mille e mille volte da tutte le bocche, che si legge sui mille e mille veicoli che affollano le strade, che è scritto mille e mille volte su tutti i giornali”. Esistono, certo, marchi più antichi: Humber (1870), Gritzner (1872), Adler (1880) in Germania; Columbia (1878) negli Stati Uniti; Singer (1875) e Rudge (1878) in Inghilterra; Turri e Porro (1873), Menon (1880) in Italia. In certi momenti l’inglese Raleigh (1887) è stato indubbiamente produttore
tidiane di spostamento. La Bianchi resta un “clas-
ed esportatore di biciclette di maggior rilevanza;
sico” e in quanto tale è garanzia di qualità, di sicu-
mentre Francia e Inghilterra condividono il merito
rezza, di durata, di eleganza. Il fascino legato al
di aver dato i natali alla bicicletta moderna. Cio-
suo nome proviene dalla sua storia, ormai ultra-
nonostante nessuna fabbrica, come la Bianchi,
centenaria, dal suo far parte delle trasformazioni
continua ad esercitare un’immutata attrazione tra
del nostro mondo a cavallo di tre secoli, dai cam-
quanti utilizzano la due ruote non solo per fare
pioni che ne hanno segnato con i loro successi la
sport, ma per semplice svago o per necessità quo-
diffusione commerciale.
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BIANCHI UGUALE BICICLETTA
Corso Vittorio Emanuele, a Milano, intorno al 1900. Le biciclette sono ormai numerose tra le carrozze tirate dai cavalli e gli omnibus elettrici. Tra poco cominceranno a circolare anche le automobili.
La bicicletta si rivela molto presto efficace mezzo di mobilità personale e strumento di lavoro. Il disegno d’epoca mostra un garzone impegnato nelle consegne.
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BIANCHI, UNA BICICLETTA SOLA AL COMANDO
La rivoluzione a due ruote
Edoardo Bianchi, giovane, con la divisa dei Martinitt tra i quali viene accolto a quattro anni d’età in quanto orfano di padre. Nell’istituto milanese imparerà il mestiere di fabbro e acquisirà quella dimestichezza con l’arte meccanica che gli consentirà di dedicarsi molto presto alla costruzione dei bicicli.
Nel 1885 Edoardo Bianchi ha vent’anni. È nato
ne contraddistinguono il settore ciclistico che da
infatti il 17 luglio 1865 a Milano da una famiglia in
poco si è inserito nell’avviato processo di industria-
cui il padre vende generi alimen-
lizzazione del paese. Velocipedi, bicicli, mozzi, cu-
tari in corso di Porta Romana. Ma
scinetti a sfere, campanelli elettrici, macchine di
le fortune del negozio cominciano
precisione, istrumenti di chirurgia, ecc., si legge nel-
a declinare dopo che il capofami-
le vetrinette del negozio. E quell’“eccetera” lascia
glia torna mutilato di una gamba
immaginare molto altro. Non è il caso del giovane
dalla terza guerra d’indipendenza
Bianchi ma c’è chi fabbrica e vende anche pesi, mi-
(1866). Nel 1869, a soli 4 anni,
sure, stufe, armi, macchine per maglieria, per scri-
Edoardo rimane orfano e viene ac-
vere e per cucire.
colto nell’istituto detto dei Marti-
Velocipede/biciclo: parrebbe trattarsi, dunque,
nitt. Giustamente famoso perché
ancora dell’attrezzo che i francesi chiamano giusta-
di lì, insieme a tanti bambini rima-
mente grand bi. L’antenato della bicicletta, eccitan-
sti soli in quell’Italia postunitaria,
te ancorché inquietante e poco pratico, dalla enor-
passano diversi protagonisti della
me ruota anteriore, con i pedali fissati direttamen-
storia economica e sociale non
te alla ruota come oggi i tricicli per bambini, e la
soltanto milanese: i futuri editori
scaletta per salirvi acrobaticamente in cima salda-
Mondadori e Rizzoli, per esempio,
ta lungo il tubo che funge da telaio puntando verso
o l’imprenditore elettrico Marelli,
l’alto. In verità l’evoluzione della tecnica è giunta
o Felice Scotti che inventa in Italia
ormai a una svolta importante. In Francia da qual-
la stampa industriale dei tessuti. Alla scoperta del mondo si avventura – mentre sta
ne a catena e applicate le sfere sia nei mozzi delle
imparando il mestiere di fabbro ferraio – a otto an-
ruote, sia in quello della pedaliera. In Inghilterra,
ni, l’età minima per il lavoro dei minori in un’Italia
nel 1884-85, la Rover lancia sul mercato un model-
che sotto i governi della Destra storica ancora non
lo con le ruote ormai quasi uguali. Al di qua e al di
conosce forme di legislazione e tutela sociale (bam-
là della Manica qualcuno già adotta i raggi tangen-
bini, donne, orari, infortuni, ecc.), e si impiega come apprendista presso varie officine meccaniche come quelle di Gerosa e di Rosati. Finché, nel corso del 1885, inizia in proprio l’attività in due piccoli locali presi in affitto in via Nirone, poco lontano da Sant’Ambrogio. Nella nuova bottega, sormontata dall’insegna Officina Meccanica, il giovane Bianchi pro-
La prima bicicletta con le ruote di uguale dimensione, prodotta da Bianchi nel 1886.
che anno (1868-69) è stata inventata la trasmissio-
duce e vende un po’ di tutto come spesso accade in anni in cui l’eterogeneità e la scarsa specializzazio16
LA RIVOLUZIONE A DUE RUOTE
La squadra professionistica Bianchi in visita agli stabilimenti di Taliedo nel 1958. In primo piano il primo velocipede costruito da Edoardo Bianchi nel 1885.
ti al mozzo. Sta per iniziare l’epoca del bicicletto (ogni volta che si afferma una novità importante va affrontata e risolta la questione del suo genere, maschile o femminile: il kodak, la film, lo automobile, si dice all’inizio) moderno: con le due ruote di ugual diametro, il telaio a croce, la trasmissione del movimento tramite catena dalla pedaliera, col-
e appassionate. Costa 130 lire, contro le 180 del-
locata in posizione centrale, al mozzo della ruota
l’inglese Raleigh. Subito dopo arriva il tipo con le
posteriore motrice.
due ruote uguali, il telaio a croce e lo sterzo a due
Benché gli annunci della vetrina di via Nirone
punte. Siamo ormai alla bicicletta moderna. Le
sembrino guardare al passato, il suo giovane tito-
mancano soltanto le gomme pneumatiche (ci pen-
lare dai folti baffi e dalle sopracciglia cespugliose
serà lo scozzese John Boyd Dunlop nel 1888) e
strizza ben presto l’occhio al futuro. In quello stes-
smontabili, il telaio chiuso in forma di trapezio
so 1885 vende un modello, tutto in ferro, che è an-
(brevettato da Starley & Sutton a Coventry nel
cora il biciclo con la ruota anteriore altissima. Ma
1885, che Edoardo definisce “disposizione armoni-
già l’anno seguente lancia un bicicletto con la ruo-
ca e razionale come un teorema di Euclide”) e lo
ta davanti più piccola e la catena di trasmissione. È
sterzo tubolare, che arrivano subito dopo. Parecchi
frutto di giorni e notti di sperimentazioni ostinate
anni più tardi (1937, in pieno fascismo, il che spie17
La bottega di via Nirone, a Milano, dove il ventenne Edoardo Bianchi inizia nel 1885 la propria attività. Come usa all’epoca, produce e vende un po’ di tutto, non solo velocipedi.
BIANCHI, UNA BICICLETTA SOLA AL COMANDO
I contendenti di una famosa sfida ciclistica del 1893. A Milano, sulla nuovissima pista in legno allestita all’Arena dalla società Pro Patria, Romolo Buni (il primo a sinistra nella parte alta della curva), detto il “piccolo diavolo nero” per il colore della tuta che indossa quando gareggia, sconfigge il francese Paul Médinger e acquista notorietà internazionale. Il suo nome diventa un grido d’incitamento (“Molla Buni!”) e la sua fama è all’origine di un confronto uomo contro cavallo, che poco più tardi lo opporrà nientemeno che a Buffallo Bill, in giro per l’Europa con il suo circo, sul terreno del
ga molte cose in fatto di enfasi patriottica), Bianchi
Dunque si può ben dire che la storia della Bian-
rivendicherà in proposito una sorta di primogeni-
chi coincida con lo sforzo condotto per divulgare “il
tura nazionale (e personale) scrivendo che “il tipo
nuovo metodo” di pedalare (sono sempre parole
definitivo di bicicletta, a telaio squadrato ed a ruo-
del fondatore) e con la nascita del ciclismo moder-
te di diametro uguale, pressappoco come l’attuale,
no. Alla cui affermazione è necessaria la lotta im-
è nata in Italia nel 1886, quando ancora all’estero,
pegnata specialmente dagli sportmen più intelligen-
sedici anni dopo l’invenzione dei pedali per opera
ti, da molti fabbricanti inglesi e francesi e da alcu-
del fabbro Michaux, si continuava con ruote di dia-
ne case produttrici italiane tra cui la Bianchi rien-
metro differente”. Ma si tratta di una forzatura, vi-
tra a buon diritto. Di questa storia non è casuale il
sto che negli stessi anni 1885-86 anche le inglesi
quando e il dove. Milano, infatti, è uno dei centri
Rover e Pionier intervengono a modificare la gran-
propulsori dello sviluppo italiano (un vertice del
dezza delle ruote. Merito di Bianchi resta senz’altro
futuro “triangolo industriale”) che i governi della
quello di aver saputo sfidare tra i primi le diffiden-
Sinistra storica si impegnano a promuovere pro-
ze, anche il dileggio e le ostilità di quanti – moltis-
prio a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento.
simi – considerano strampalata l’idea di abbando-
Quasi scontato, perciò, che Milano (insieme a To-
nare il velocipede tradizionale.
rino) si affermi da subito come il maggior centro
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LA RIVOLUZIONE A DUE RUOTE
della produzione nostrana del ciclo (Greco, Ciocca,
Fattorini ciclisti (detti “fattorin express” dalla popolazione) in piazza del Duomo a Milano intorno a1 1900.
Prinetti e Stucchi…) in quanto fornita di tre essenziali requisiti: 1) risulta un importante centro commerciale che permette la facile disponibilità dei pezzi di importazione necessari a un’attività che è all’inizio soprattutto di assemblaggio; 2) dispone di un’estesa rete di laboratori e officine meccaniche da cui emergono facilmente i nuovi costruttori; 3) costituisce un vasto mercato per il nuovo prodotto. Nel capoluogo lombardo, del resto, la bicicletta ha fatto la sua prima ufficiale comparsa all’Esposizione industriale del 1881, che – come scriverà Gian Giacomo Roseo rievocando 31 anni più tardi quell’epoca nella sua tesi di laurea – costituisce “un primo riconoscimento della nuova produzione, se non come industria già costituita, almeno come
ditta espone i propri modelli e stipula i contratti di
raccolta di tentativi, di prove, di brevetti, nucleo
vendita con i commercianti.
primo e potenziale della futura industria”.
La società milanese, insomma, è ben disposta
Nel 1886 è il Veloce Club milanese a organizzare
nei confronti del nuovo che avanza sul fronte cicli-
la prima Mostra nazionale ciclistica, mentre già
stico. Di lì a non molto Filippo Tommaso Marinet-
l’anno seguente la famosa società ginnastica Forza
ti la descriverà con i “suoi sentimenti-pensieri
e Coraggio allestisce l’Esposizione internazionale
meccanizzati e le sue macchine pensanti… per tut-
di ginnastica, scherma, tiro a segno e velocipedi.
ti gli italiani la centrale… degli ottimismi d’Italia”.
Nel maggio 1893, sempre per iniziativa dell’attivis-
Ma già nel 1881 (l’anno dell’Esposizione industria-
simo Veloce Club, si svolge il primo Congresso dei
le) il ballo Excelsior aveva chiarito le propensioni
velocipedisti italiani che comprende una sfilata
della città meneghina. Al Teatro alla Scala il coreo-
per le vie del centro di 450 ciclisti. Arrivano all’Are-
grafo Luigi Manzotti, con musiche di Romualdo
na dove ha luogo la sfida tra Romolo Buni e il fran-
Marenco, aveva messo in scena la vittoria del pro-
cese Paul Médinger che originerà il celebre grido
gresso e della civiltà sull’arretratezza e l’oscuranti-
d’incitamento: “Molla Buni!”. Nel 1895 tocca anco-
smo attraverso la rappresentazione di invenzioni
ra al Veloce Club occuparsi della prima Esposizio-
ed eventi come il telegrafo senza fili, l’elettricità, la
ne internazionale del ciclo, durante la quale ogni
navigazione a vapore, l’apertura di trafori transal19
BIANCHI, UNA BICICLETTA SOLA AL COMANDO
biamento sempre in direzione del nuovo e del meglio. “La bicicletta – scrive sul finire del secolo Alfredo Oriani – è la prima grande misericordia della meccanica verso di noi”. È facile per la bicicletta incarnare la parte di macchina per antonomasia, in anni di industrializzazione avviata e prima dell’avvento
Cataloghi commerciali Bianchi.
dell’automobile. Ma anche dopo, a dire il vero, se un catalogo del 1925 che celebra i primi quarant’anni della ditta proclama che la “materia di cui la macpini e di canali transoceanici, l’allestimento di ga-
china Bianchi si compone sembra tramutarsi nella
re sportive. Lo spettacolo, in epoca di trionfante
specie più bella e rara, e la macchina stessa elevar-
positivismo, venne ripreso con enorme successo
si alla classe più eletta, quella che non ha rivali”. E
innumerevoli volte in Italia e all’estero (fin negli
se come tale la registra ancora nel 1942 la settima
Stati Uniti) e consacrò un modello a lungo vincen-
edizione del Dizionario moderno di Alfredo Panzini.
te di spettacolo popolare. Al punto che gli stessi
Ma la strada non è tutta in discesa. All’inizio del-
Manzotti-Marenco nel 1897 replicheranno, sempre
la sua storia gli elevati prezzi di vendita fanno della
alla Scala trasformata in un’enorme palestra, con il
due ruote un bene riservato a una ristretta fascia
ballo Sport. Questa volta si trattava della celebra-
sociale, composta di aristocratici e altoborghesi. In
zione della pratica sportiva come conquista e pa-
un bellissimo catalogo (grafica art nouveau) del 1902
trimonio di tutti i popoli civili e segno di progres-
– dunque non più all’inizio della sua vicenda – la
so, realizzata attraverso una successione di otto
Bianchi offre modelli che costano dalle 290 lire del
fantasmagorici quadri che impegnavano quasi 600
“bicicletto speciale costruito per ragazzi dell’età da-
persone: ballerini, pattinatori, ginnasti, cavalleriz-
gli 8 ai 12 anni”, alle 390 del modello “uomo popo-
zi, bandisti, mimi e, naturalmente, ciclisti.
lare”, fino alle 600 del tipo “lusso extra da viaggio”.
In questo orizzonte di attesa è facile per la bici-
Sono cifre esagerate rispetto al salario medio di un
cletta esprimere e soddisfare l’esigenza primaria
operaio che tocca le 2,48 lire giornaliere nel 1901,
della mobilità, intercettare la percezione del cam-
essendo più o meno il doppio di quanto guadagna
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LA RIVOLUZIONE A DUE RUOTE
Figurina Liebig con una scena del gran ballo Excelsior che si svolge al teatro alla Scala nel 1881. Lo sport è uno dei protagonisti della modernità avanzante, messa in scena dallo spettacolo.
un bracciante delle campagne. Per la maggioranza degli italiani comprarsi una bicicletta significa sacrificare buona parte o quasi tutto il reddito di un anno di lavoro! Impensabile, tenendo conto che è stato calcolato che quasi il 90% di quanto guadagna una famiglia operaia a fine secolo se ne va per il cibo, il vestiario e la pigione: cioè per il soddisfacimento dei bisogni primari senza possibilità di destinare risorse ad altri consumi. Ma questa situazione è in movimento. Tra il 1896 e il 1914 crescono i salari reali, accelera lo sviluppo dell’industria, migliora il tenore di vita delle classi medio-basse so-
tegorie di lavoratori interessati dalla riduzione del-
prattutto nell’Italia centrosettentrionale, urbana e
l’orario di lavoro. All’osteria, alla festa paesana, al
in via di modernizzazione, aumenta la disponibilità
ballo, al sesso, si viene aggiungendo la gita fuori
di tempo libero.
porta compiuta in sella al nuovo mezzo di traspor-
Nel bilancio di una famiglia operaia e, ancor più,
to come inedita forma di divertimento. Mentre si
piccolo-borghese possono aprirsi spazi in cui met-
moltiplicano le associazioni velocipedistiche col fi-
tere in conto l’acquisto di qualche bene durevole
ne di offrire riferimenti organizzativi stabili e strut-
di consumo, come per esempio una bicicletta. Ma-
turati a quanti intendono dedicarsi alla nuova atti-
gari usata. Magari a rate. Magari assemblando per-
vità. Così come nascono parecchi giornali specia-
sonalmente le parti “staccate” comprate in giro per
lizzati per soddisfare il crescente interesse del pub-
le numerose, piccole officine. Magari non una
blico verso il fenomeno del velocipedismo: “Il Ci-
Bianchi, ma una sottomarca di minor pregio e si-
clo”, “Il Ciclista”, “L’Illustrazione ciclistica”, “La Bi-
curamente più a buon mercato. La bicicletta di-
cicletta”, “La Rivista velocipedistica”, “Il Ciclista e
venta popolare perché si rivela mezzo pratico come
la Tripletta”.
niente altro fino a quel momento, nuovo strumen-
Del resto, nel 1894 s’è costituito il Touring Club
to di trasporto e di lavoro che non pone seri pro-
Ciclistico Italiano, proprio a Milano, in una sala
blemi di manutenzione e non richiede esagerate
dell’Albergo degli Angioli, poco lontano da piazza
spese di gestione.
Duomo, dove si sono dati appuntamento 57 cicli-
Ma la bicicletta si rivela anche prezioso strumen-
sti illustri, fra i quali alcuni dei nomi più in vista
to di piacere e di svago per sempre più ampie ca-
dell’imprenditoria milanese: Federico Johnson, 21
Inserzione pubblicitaria Bianchi sulla rivista del TCI nel febbraio 1908.
BIANCHI, UNA BICICLETTA SOLA AL COMANDO Federico Johnson (in primo piano vestito di scuro) e Luigi Vittorio Bertarelli (dietro di lui), tra i fondatori del TCI nel 1894, guidano la passeggiata cicloturistica Milano-Roma organizzata dalla neonata associazione nel 1885.
Una pagina di “Sport Illustrato”, 1914.
Luigi Vittorio Bertarel-
dall’istituzione nel 1897 della tassa di circolazione
li, Alberto Riva, Giu-
di 10 lire (legge 22 luglio, n.318). Se lo stato decide
seppe Ricordi, Igna-
di colpire le biciclette, significa che il loro numero
zio Dell’Oro, Giusep-
è tale da giustificare l’attenzione del fisco.
pe Forlanini, Osvaldo
Il censimento delle biciclette, reso così possibile
Fioroni. Tipici rap-
dall’imposta del 1897 (ridotta a 6 lire nel 1910),
presentanti di quel-
certamente sottostima i dati per l’inevitabile feno-
la borghesia che
meno – anche allora – dell’evasione (i paganti so-
verso la fine del-
no certo molti meno dei pedalanti). Ma fornisce
l’Ottocento sancisce l’ege-
una dimensione quantitativa del fenomeno co-
monia della capitale lombarda nel mondo indu-
munque interessante. Ci dice, per esempio, che al-
striale italiano. Milano diventa in quegli anni
meno il 17% della popolazione italiana si serve del
“simbolo dell’Italia che produce, che crea ricchez-
velocipede nel 1909.
za e lavoro, in contrapposizione all’Italia del passato, retorica e oziosa”. Nel maggio dell’anno seguente Johnson e Bertarelli guideranno la famosa escursione ciclistica Milano-Roma a cavallo di due Bianchi nere, modello da viaggio. È anche grazie a simili manifestazioni che i soci del TCCI si moltiplicano rapidamente: 784 nel 1894, diventano quasi 21 mila nel 1900, e 83.603, cioè più che centuplicati, 10 anni più tardi. In questo contesto, l’importanza che la produzione e la diffusione dei velocipedi – come si continua a dire – vengono assumendo in Italia è confermata 22
Tab.1 – Biciclette circolanti in Italia alle date indicate Anno 1898 1899 1900 1901 1902 1903 1904 1905 1906 1907 1908 1909 1910
Biciclette
185.000 200.000 215.000 221.000 230.000 242.000 295.000 343.000 368.000 412.000 475.000 504.000 605.000
Fonte: G.G. Roseo, L’industria e il commercio dei velocipedi nel mondo. Appendice sull’industria dei pneumatici, Milano, Libreria editrice milanese, 1912, p.223.
LA RIVOLUZIONE A DUE RUOTE
Gita del Touring Club di Foligno al Tempio del Clitumno il 30 maggio 1903.
A Milano la situazione è quella fotografata dalla tabella seguente:
Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Germania dove l’industria ciclistica è nata con almeno 15 anni di anticipo) e prospettive di espansione an-
Tab.2 – Biciclette circolanti a Milano alle date indicate Anno 1898 1899 1900 1901 1902 1903 1904 1905 1906 1907 1908 1909 1910
Biciclette
che verso l’estero. 9.359 13.440 13.433 14.185 16.243 17.136 19.935 22.381 17.943 21.064 23.993 26.823 39.978
Fonte: Ibidem
Gian Giacomo Roseo, nel 1910, riferisce di aver “contato nel capoluogo lombardo più di 250 ditte commercianti in cicli”. Questo è il quadro nel quale si inserisce e si sviluppa dal 1885 l’attività Il primo numero della rivista settimanale “Il Ciclista”, stampata a Milano dal 1895.
del scior Edoardo. Il mercato si allarga, tendendo a farsi nazionale e offrendo ai più intraprendenti e capaci possibilità di sostituirsi in parte alle marche straniere di importazione (specie dagli 23