cinelli
BICI ITALIANE DA CORSA
Cinelli Firenze-Milano, solo andata La storia del marchio Cinelli inizia quando il fondatore è Cinelli è un marchio di Gruppo Srl Produzione telai, manubri, attacchi, reggisella e accessori. Fondata nel 1948 da Cino Cinelli. Sede sociale: Via G. Di Vittorio 21, 20090 Caleppio di Settala (MI) Tel. +39 02 95244.1 Fax +39 02 95244.239 www.cinelli.it
ancora in sella. Cino Cinelli, fiorentino da Montespertoli, è un buon corridore professionista, classe 1916. Pedala da quando aveva tredici anni. All’inizio è solo per andare a scuola assieme al fratello, poi ci prende gusto e si scopre pure bravo. Tanto che quando passa professionista è considerato ben più di una speranza per la sua regione, la Toscana. Passa professionista come individuale, poi corre per la Frejus e arriva a vestire anche la maglia Bianchi. Con la bici bianco-celeste vince la Milano-Sanremo nel 1943. Da corridore riesce a evitare il fronte, almeno quello più pericoloso, ma nel 1944 decide comunque di ritirarsi dalle corse. Ha delle idee per il suo futuro, ci sono progetti da mettere in pratica sulla bicicletta. Per cominciare, si trasferisce a
Ragionare sulla bicicletta
Milano dove apre il suo primo negozio. Cinelli come mar-
Della bicicletta Cino Cinelli vuole migliorare la rigidità.
chio di componenti e telai per bicicletta nascerà nel 1948:
Quand’era in sella era un forte sprinter e sa cosa vuol dire
da Cinelli Firenze il marchio diventa Cinelli Milano.
avere un mezzo che sa rispondere alle violente sollecitazioni delle masse muscolari di un velocista. Iniziò subito ad elaborare un primo manubrio in lega di alluminio, novità assoluta considerato il periodo, ma la sua attenzione si orientò anche verso il telaio della bici-
L’officina meccanica Cinelli apre a Milano nel 1948. Nei decenni a seguire il marchio si affermerà come uno dei più originali e creativi produttori di biciclette. In alto, a destra, cinghietti di chiusura dei pedali, qui in versione da pista. Nella pagina a fianco, una conversazione tra Cino Cinelli e Fausto Coppi.
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cletta e la forcella. Arrivò persino a disegnare una bicicletta per Fausto Coppi, nel 1947, seguendo gli standard di comodità e rigidità che aveva sviluppato partendo dalla sua esperienza. Già nel dopoguerra la ricerca verso il design iniziava ad essere una via interessante per la bicicletta e anche Cinelli si cimentò in alcune proposte. Elaborò un reggisella con 55
cinelli
BICI ITALIANE DA CORSA
L’affaire Spinaci
Ironica campagna di comunicazione contro il divieto di utilizzo degli “Spinaci” in gare ufficiali stabilito dall’UCI.
Cinelli punta tutto sui manubri e gli attacchi, presentando una vasta gamma di prodotti innovativi; d’altra parte Colombo (e la Gruppo, che nascerà nel 1997) evita di mettersi in concorrenza con i clienti stessi del marchio Columbus. Questo non impedisce, comunque, l’elaborazione di parecchie idee interessanti per quanto riguarda il design delle nuove biciclette. Antonio Colombo, appassionato d’arte (e gallerista egli stesso), crede molto nelle potenzialità del marchio e unisce sapientemente la ricerca tecnologica al design. Una storia a parte è quella degli “Spinaci”, dal nome curioso con cui furono battezzate le speciali appendici per manubrio messe in commercio negli anni Novanta. Innovazione tecnica estremamente importante, queste appendici riprendono il concetto delle protesi aerodinamiche ma, senza costringere il ciclista a spostarsi in avanti, di fatto offrono possibilità di appoggio in più, tant’è che si rivelano utili anche per tirare il manubrio in salita quando si pedala seduti sulla sella. Il prodotto, dopo le prime ritrosie da parte dell’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) viene ammesso all’utilizzo nelle competizioni e, anche a seguito di una campagna pubblicitaria e di sponsorizzazioni piuttosto massiccia, ha una diffusione enor-
Una versione light degli Spinaci. Ne sono stati prodotti di diversi tipi e colori.
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me. A metà degli anni Novanta una bicicletta da corsa completa prevede sempre più spesso queste prolunghe, anche di altri marchi che nel frattempo si sono lanciati in scia. Claudio Chiappucci è uno dei principali protagonisti dell’utilizzo degli Spinaci, la sua posizione in bici, con il busto piuttosto alto trova un appoggio naturale con le braccia in avanti. Nel 1997 la diffusione degli Spinaci arriva al massimo. Ma il vento sta per cambiare. Al Tour de France, nel mese di luglio, ci sono tantissime cadute nelle prime tappe. Gli arrivi su strade con strettoie improvvise provocano sbandamenti nel gruppo che vedono molti corridori finire a terra. La colpa, più che alle strade, viene attribuita agli Spinaci, per cui l’UCI inizia un’indagine per stabilirne l’eventuale pericolosità. La contesa legale dura diversi mesi ma alla fine Cinelli ne esce perdente (nonostante le tante dimostrazioni, anche scientifiche, dell’insensatezza del provvedimento). Le prolunghe spariscono dalle bici dei professionisti e, curioso, anche da quelle degli amatori che non sono certo soggetti alla normativa UCI.
Il telaio Super Corsa è un modello storico di grande successo: ancora oggi è tra i prodotti di punta del catalogo Cinelli.
appoggio arretrato, ma, soprattutto, un’idea che si rivelò
involontario tentativo di cambio di nome; il fornitore di
importantissima nella costruzione delle forcelle: la testa con
etichette stamperà erroneamente alcune etichette con la
le spalle inclinate. Il nuovo disegno permetteva di ridurre la
scritta “Speciale Corsa” al posto di “Super Corsa” e fece-
lunghezza dei foderi-forcella aumentando il comportamen-
ro in tempo a uscire alcuni telai con questa variazione, ma
to attivo della testa a tutto vantaggio della rigidità. Cinelli
poi si ritornò al nome originale.
era convinto che ne avrebbe guadagnato anche la comodi-
Intanto Cinelli segue i corridori. Per studiare nuove solu-
tà, poiché una forcella così fatta era in grado di rispondere
zioni, ma anche curandone gli interessi. Nel 1946 fonda
meglio alle sollecitazioni del fondo stradale.
l’associazione dei ciclisti professionisti della quale sarà pre-
Siamo alle origini del telaio Super Corsa, quello che tutt’og-
sidente per ventiquattro anni.
gi è nel catalogo Cinelli e che lo stesso Cino si darà da fare
Pedali a sgancio rapido, sella e manubrio in alluminio. Nel-
ad aggiornare per i successivi trent’anni. Ci sarà anche un
la sua ricerca continua Cinelli si dedica anche ai pedali. Nel
Un nastro manubrio: Cinelli è stato tra i primi marchi a proporre nastri con percentuali di sughero nella mescola per rendere confortevole l’appoggio.
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cinelli
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Il pedale a sgancio rapido, precursore dei sistemi moderni. A destra, le pagine di un catalogo Cinelli.
Chi non ha avuto un manubrio Cinelli o il famoso attacco 1R con vite a scomparsa sulla propria bicicletta? I ciclisti degli anni Ottanta e Novanta ricordano sicuramente questi prodotti facilmente riconoscibili sulle biciclette.
In casa Cinelli la ricerca tecnologica va di pari passo con il design e l’attenzione alla comunicazione. Qui sopra, Antonio Colombo, il titolare di Gruppo Srl, in una posa curiosa con un manubrio e una sella Unicanitor. A fianco, particolari finiture su telai modello Smile Vigorelli.
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1951 realizza il il cinturino fermapiedi in pelle. Vent’an-
Con il Comitato Olimpico Nazionale Italiano Cinelli aveva
si smentisce e porta avanti bene il nome Cinelli anche
ni più tardi arriverà a elaborare il primo pedale a sgancio
lavorato già nel 1960, ma nel 1968 ne diviene fornitore
dal punto di vista tecnologico. Tiene d’occhio l’evoluzio-
Il riscatto
rapido. Un sistema interessante per il 1971, ma sul mer-
ufficiale tanto che arriva a sospendere la produzione nor-
ne della bicicletta ed è il primo a proporre in Italia una
Dopo la vicenda legale relativa alla messa al bando degli
cato questa tipologia di pedali si diffonderà solo a partire
male per un anno per seguire le Olimpiadi.
mountain bike su larga scala. La Cinelli Rampichino rimane
“Spinaci” (vedi box a pag. 56) l'azienda subisce un brutto
dal 1984 quando li proporrà la francese Look. Nel 1961
Le bici Cinelli diventano ricercate e anche rare proprio
nella storia dell’azienda e il suo nome diventerà un sinoni-
colpo, ma Colombo non si perde d’animo. Con il manubrio
Cinelli elabora dei mozzi speciali “bivalenti” che permet-
per questo motivo.
mo di mountain bike o, addirittura, della terza moltiplica.
Ram, nel 2001, rilancia con decisione il marchio. La strut-
La bravura di Colombo sta nel cogliere le potenzialità di
tura interamente in composito comprende attacco e curva
tono di scambiare la ruota anteriore con la posteriore con un sistema che lascia la ruota libera fissata al telaio. Un
Il passaggio a Colombo: in the mood
un fenomeno che di lì a breve esploderà con forza in Italia.
manubrio in un appoggio altamente ergonomico. Intanto il
anno dopo è la volta della prima sella in materiale plastico,
Cinelli si ritira dal lavoro nel 1978 quando cede il suo mar-
Attento osservatore delle mode, con la sua competenza
mercato ha visto l’attacco manubrio Alter e diverse forme
la Unicanitor, e un manubrio in alluminio di nuova conce-
chio alla AL Colombo di Antonio Colombo in cui riconosce
ciclistica azzecca molte scelte, come quella, anni più tar-
che rendono inconfondibile una bicicletta che adotta pro-
zione. È il 1963 e quel manubrio con il suo rinforzo nella
la sua stessa passione per la bicicletta.
di, di seguire il filone dello stile bike messenger nella serie
dotti Cinelli. Colombo rilancia e pesca sapientemente nel
parte centrale, farà storia.
Colombo, già proprietario del marchio Columbus non
Bootleg dedicata al ciclista metropolitano.
passato, andando a proporre anche la nuova sella Unicanitor. 59
cinelli
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Laser Nel 1983 Cinelli produce un telaio avveniristico: il Laser. Vedendolo oggi non appare diverso da alcuni modelli in fibra di carbonio, ma nel 1983 si lavora con l’acciaio. Il ciclismo sta per conoscere le innovazioni aerodinamiche e la possibilità di modificare l’incidenza dei profili dei tubi per migliorare la penetrazione dell’aria. I tubi affusolati e gli ampi fazzoletti di rinforzo sono realizzati tutti in acciaio con un lavoro maniacale di forgiatura del metallo ed esecuzione delle saldature. La forma avveniristica di questo telaio, poi sviluppato anche in versione da cronometro, arriva a conquistare il prestigioso premio di disegno industriale Compasso d’Oro (nel 1991) e un posto nel Museo di Arte Contemporanea di Chicago.
La chiusura del reggisella si trova direttamente sui pendenti posteriori.
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Anche gli steli della forcella sono realizzati con profilo aerodinamico.
Non ci sono solo i fazzoletti di rinforzo a rendere aerodinamico il telaio. Anche i tubi sono appositamente sagomati.
I fazzoletti di rinforzo sono realizzati in acciaio e inseriti e saldati a mano.
Colnago
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Colnago
Colnago di Ernesto Colnago & C. Biciclette da corsa e da pista, mountain bike. Fondata da Ernesto Colnago nel 1954. Sede sociale: viale Brianza 9, 20040 Cambiago (MI) www.colnago.com
Ernesto Colnago, seduto in alto, sull’ammiraglia della Leo-Chlorodont guidata da Fiorenzo Magni che, lasciata l’attività agonistica, nel 1957 diventa direttore sportivo della squadra che porterà Gastone Nencini al Giro d’Italia.
La scrivania dell’Ernesto
a trovare potrebbe incalzarvi subito, tanto per mettere le
tà. Perché va bene la tradizione, ma è innovando che si può
Nel 1954 Colnago trova un nuovo locale, è qualche numero
La scrivania di Ernesto Colnago è diversa da tutte le altre
cose in chiaro. «Guarda qui - potrebbe dirvi, tirando fuori
restare sulla cresta dell’onda per tanti anni come ha fatto lui.
civico più in là, sulla stessa via ma decisamente più grande:
scrivanie che potrete trovare nell’ufficio di un direttore d’a-
una forma scura dal cassetto enorme - è un telaio in fibra
zienda, qualunque essa sia. È grande e non serve solo ad
di carbonio monoscocca, uno stampato che risale agli anni
Meglio da solo
è proprio nel 1954 che Colnago scrive per la prima volta il
appoggiarvi le cose sopra. Quando Colnago racconta di sé
settanta quando già facevamo esperimenti sul composito».
Colnago gioca d’anticipo. Anche quando inizia a lavorare
suo nome su una bici da lui prodotta. Dilettanti della zona,
si infervora facilmente: ha fatto tanto per il ciclismo e le
Ernesto Colnago è così, la sua carica, la voglia di coinvolge-
per la Cicli Gloria, a Milano, dovrebbe a norma di legge ave-
suoi clienti abituali, iniziano a portare alle gare le biciclette
prove, spesso, le ha proprio nella scrivania. E se lo andate
re e di ricercare cose nuove e il suo occhio attento alle novi-
re almeno quattordici anni: ma ne ha solo tredici. Corregge
Colnago. Il 1954 è pure l’anno in cui Ernesto Colnago incon-
allora a mano la data di nascita sul libretto di lavoro e inizia
tra Fiorenzo Magni. Anche Magni è uno che guarda avanti:
la sua avventura come aiuto saldatore. Il giovane Ernesto ha
proprio in quell’anno ha portato nel ciclismo gli sponsor
molta voglia di imparare e ben presto passa al reparto mon-
extra settore facendo affiliare la Nivea come squadra cicli-
taggio. Intanto inizia anche a correre in bicicletta dove non
stica. La simpatia che nasce subito tra i due si trasforma in
va affatto male. Ma spesso nella vita le occasioni si presen-
collaborazione quando proprio il “terzo uomo” (così era
tano sotto forme inaspettate ed è una caduta, dalla quale
soprannominato Magni nel ciclismo dominato da Bartali
Colnago esce piuttosto malconcio, a fargli capire che l’atti-
e Coppi), riconoscente per la risoluzione di un problema
vità di meccanico in proprio può essere più redditizia.
tecnico alla sua bici, manda a chiamare Ernesto Colnago a
Costretto al riposo per la convalescenza non si perde d’a-
lavorare nella sua squadra. Diventa vice-meccanico di Falie-
nimo e si fa recapitare direttamente a casa le ruote da
ro Masi: uno dei telaisti più stimati del giro. Dal “sarto” –
montare. Il risultato è incoraggiante: nei giorni di lavoro
così è soprannominato Masi – Ernesto imparerà tantissimo.
sono duecento metri quadrati, un sogno che si avvera. Ed
casalingo guadagna più del doppio di quanto non sarebbe stato recandosi in officina. E allora prende la decisione:
La prima bicicletta su misura
lavorerà in proprio. E la carriera vera e propria di Ernesto
Colnago è ormai lanciato nel mondo delle corse e dei cam-
Colnago ha inizio.
pioni. Nel 1957 è al servizio della Chlorodont di Gastone Nencini. Colnago diventa sempre più ricercato come mec-
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La bottega e le corse
canico (lo stesso Coppi si trova a chiedere il suo aiuto anche
Il primo negozio è davvero piccolo. Ernesto l’ha trovato con
se non lo ha in squadra: per Colnago è un onore, per Cop-
l’aiuto del padre. Però è in un punto strategico di Cam-
pi la soluzione di un problema). Tuttavia per Ernesto quel
biago, il paese dei Colnago, tra la Brianza e l’Adda. Viale
Giro d’Italia fu ancora più importante del primo, che vinse
Garibaldi è zona di passaggio, il lavoro aumenta sempre
nel ’55 sull’ammiraglia di Magni. Nencini, al Giro del 1957
più e ben presto si sente la necessità di allargarsi.
utilizzò con una bicicletta realizzata su misura proprio da
Un telaio molto innovativo negli anni ‘80: il Master; in questa foto, è nella particolare versione fatta per Saronni con congiunzioni lavorate, già di serie sul telaio Arabesque.
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Colnago
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Dancelli, la Sanremo e l’asso di fiori
La bicicletta dell’Ora di Merckx
Colnago costruisce la bicicletta con cui Michele Dancelli trionfa, nel 1970, alla Milano Sanremo, la Classicissima che da sedici anni sfuggiva alla vittoria di un’italiano. È in questa occasione che nasce il logo Colnago, l’asso di fiori. L’idea, a dire il vero, l’ha suggerita a Colnago Bruno Raschi, giornalista e amico che parlò di quella vittoria come di “una bici in fiore”, soffiando così nell’orecchio l’idea a Ernesto.
molecole dell’acciaio sarebbero rimaste intatte e la forcella avrebbe avuto un rendimento migliore. Da Gianni Motta a Eddy Merckx Lavorare con i corridori più forti, permette a Colnago di osservarli nel modo di pedalare per indovinare le geometrie più azzeccate dei telai, ma anche di capirne le potenzialità. Nella sua storia Ernesto ne scopre tanti di campioni, a partire da Gianni Motta al quale, nel 1962, fornisce la prima bici facendosi pagare a rate. Un debito mai saldato completamente perché tramutatoso in uno strettissimo
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Colnago. Ernesto aveva notato la potenza del corridore
rapporto di fiducia.
toscano e la sua bravura in discesa e capì che una biciclet-
Intanto Colnago diventa meccanico della nazionale italiana
ta più stabile sarebbe potuta diventare un bel vantaggio. Si
di ciclismo; avrebbe potuto salire anche sull’ammiraglia del
Milano-Sanremo – delle sette che conquisterà in carriera -
può ben dire che, alla fine del Giro, la maglia rosa di Nen-
Belgio, visto che Eddy Merckx insiste per averlo al suo servi-
Colnago mette a punto una bicicletta di sette chili e otto-
cini porta anche la firma di Colnago.
zio, conoscendone le qualità per averle toccate con mano
cento grammi. Un record per l’epoca, ma ancora meglio
alla Molteni, squadra con cui Colnago lavora dal 1971.
avrebbe fatto di lì a pochi mesi per la bicicletta del Record
Ernesto e Paolo: il tandem Colnago
Quando Colnago realizza la prima bicicletta per Eddy Merckx
dell’Ora del Belga.
La necessità di seguire le corse porta Ernesto Colnago lon-
è ormai un costruttore a tutti gli effetti. Tuttavia è proprio
tano dalla sua officina e a dargli aiuto resta Paolo, il fratel-
con il “Cannibale” che ha modo di affinare le sue capacità
Il nome Colnago
lo minore. Su di lui Ernesto sa di poter contare e spesso gli
di telaista. «Merckx era convinto che per ogni gara ci voles-
Costruttore sì, ma di fatto Colnago era ancora il meccanico
è stato di supporto sostenendo le sue idee innovative che
se una bicicletta diversa – spiega Colnago – e stargli die-
della Molteni. Ancora una volta Colnago sceglie di fare in
non sempre venivano accettate al primo colpo.
tro era difficile, ma anche molto stimolante». Per Colnago
proprio e di mettere in bella vista il proprio marchio: l’oc-
«Quando pensai di piegare a freddo le forcelle fu solo Paolo
il binomio con Merckx è la consacrazione. Eddy rimaneva
casione gli arriva da un giovane emergente, Giovanbattista
ad essere d’accordo con me – ricorderà poi Colnago – Ne
spesso in officina ad osservare le sue bici che nascevano.
Baronchelli, È il momento di lasciare Eddy Merckx e la Mol-
dovetti buttare via un bel po’ prima di capire bene come
Colnago scoprì che aveva più potenza nella gamba sinistra
teni di Giorgio Albani. Il trampolino di lancio di Baronchelli
fare, ma il suo supporto è stato fondamentale per anda-
e che, nel disegno del telaio, occorreva tenerne conto per
(che correrà con Colnago anche alla Del Tongo, anni più
Le vittorie di Enrico Paolini in ben tre campionati italiani su
re avanti».
assecondare al meglio la sua spinta.
tardi) porta Colnago ad un ruolo sempre più importante
bici Colnago rendono sempre più prestigioso il marchio,
Paolo Colnago aveva capito che con quel procedimento le
Nella primavera del 1972 per fargli vincere la sua quinta
nel professionismo.
poi sarà la volta di Bitossi e di Battaglin, per arrivare negli
Mentre Merckx si prepara scientificamente per il Record dellOra che avrebbe dovuto sfidare in autunno a Città del Messico, Colnago lavora febbrilmente sulla bicicletta. Oggi diremmo che ha “ottimizzato i materiali”, scegliendo i migliori e togliendo tutto ciò che poteva essere in eccesso. «Preziosissima fu la collaborazione con Campagnolo che ci fornì componenti ultraleggeri» conferma Colnago, ma fondamentale fu anche quella di Columbus, che realizzò tubi in acciaio con spessori fino a 0,4 millimetri, di Regina, che fornì una catena forata, e di Clément, la ditta francese che aveva approntato tubolari da 80 grammi. Per saldare l’attacco manubrio, costruito in titanio, Colnago dovette rivolgersi a degli esperti di Detroit, mentre si riservò personalmente il compito di praticare dei fori nel manubrio. Alla fine il peso complessivo della bicicletta fu da record già di per sé: 5,750 kg. Su quel mezzo, il 25 ottobre 1972, Merckx vola: percorrendo 49,431 chilometri polverizza il precedente Record dell’Ora di Ole Ritter, incrementandolo di quasi 800 metri.
Le misure del telaio di una bicicletta da cronometro ordinata a Colnago da Eddy Merckx, nel marzo del 1971, poche settimane prima dell’inizio del Giro del Belgio: di quell’edizione il “Cannibale” vincerà tre delle cinque tappe, di cui la prima a cronometro, e la classifica finale.
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Colnago
BICI ITALIANE DA CORSA
Saronni purosangue Colnago Tra i tanti campioni che hanno corso su bici Colnago un discorso a parte merita Giuseppe Saronni. Quando si presenta da Colnago per correre è poco più di un ragazzino. Ha bisogno di una bicicletta da pista e Colnago ne segue subito le prime pedalate con molta attenzione, intuendone la stoffa. Ne segue il passaggio al professionismo che avviene a poco più di 19 anni. Per il giovane corridore di Parabiago è una scommessa che viene subito ripagata a suon di vittorie: a soli ventun anni Saronni vince il Giro d’Italia. Colnago capisce di aver visto giusto e lo vuole subito nella sua squadra. Tanti successi con Saronni, compresa quella favolosa maglia iridata al mondiale di Goowood, frutto di una volata prepotente e rabbiosa che lo portò a vincere praticamente per distacco (cinque secondi su Lemond, medaglia d’argento). Nel 1982, insieme a Saronni, al culmine del dualismo sportivo con Francesco Moser, che appassiona anche i tifosi più tiepidi, Colnago inizia il sodalizio con i fratelli Del Tongo.
La bicicletta con la quale Franco Ballerini vinse nel 1998 la sua seconda Parigi-Roubaix: Ernesto Colnago la conserva gelosamente come una reliquia, ancora incrostata del fango del terribile “Inferno del Nord”.
Joop Zoetemelk su una salita del Tour de France del 1986. Il campione olandese, vincitore l’anno precedente del Mondiale corso in Italia sul circuito trevigiano di Giavera del Montello, correva in quegli anni con una bicicletta Colnago assemblata partendo da un telaio Master con tubi a sezione stellare.
anni Ottanta ad Argentin con l’Ariostea e a Fondriest, e infine al sodalizio con la Lampre. Negli anni Novanta Colnago si associa alla “corazzata” Mapei. Bartoli, Bettini, Ballerini, Bortolami, Tafi, e poi Olano, Museeuw e soprattutto Rominger, autore nel 1994 di uno strepitoso Record dell’Ora (55,291 chilometri) e nel 1995 vincitore del Giro d’Italia, sono solo alcuni nomi che hanno indossato la “maglia a cubetti” del sodalizio Colnago-Mapei. Un ricordo speciale per Colnago sono le vittorie di Ballerini alla Roubaix in sella alla C40, di cui ancora conserva le due bici, ancora sporche del fango secco dell’”Inferno del Nord”. del Muro di Berlino è il primo a portare nel professionismo
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Gli affari
dei corridori russi realizzando il team Alfa Lum con Ugru-
A Colnago vengono riconosciute universalmente alcune
mov, Konishev e Tchmil. La scoperta di talenti continuerà
qualità: la capacità di vedere lontano, l’estro innovativo e
con Tonkov prima e Popovich poi.
le capacità manageriali. I rapporti con la Federazione Russa
Intanto Colnago va alla scoperta dell’Oriente. Nei primi anni
permettono a Colnago di scritturare campioni del calibro
Novanta, su invito di Yoshizo Shimano, scopre una realtà
di Soukoruchenkov prima e Abdujaparov poi. Alla caduta
che capisce subito che non può essere ignorata. Tanto che 67
Colnago
BICI ITALIANE DA CORSA
Fianco a fianco con Ferrari
Nel 1986 Colnago incontra Enzo Ferrari. È proprio il Drake, confiderà poi, che gli suggerisce di concentrarsi sulla fibra di carbonio. La collaborazione con Ferrari Engineering porta Colnago a sperimentare nuove soluzioni: dalle ruote a razze al cambio integrato nella guarnitura fino ai telai in fibra di carbonio ad altissima tecnologia. Dalla collaborazione con la casa automobilistica Colnago ha prodotto biciclette avveniristiche. La prima, chiamata Concept, ha visto la luce alla fine degli anni Ottanta. Ruote a razze in carbonio (come aveva suggerito Enzo Ferrari) e una soluzione rivoluzionaria per il cambio: sistema interamente interno alla guarnitura con meccanismo di derivazione automobilistica. Senza dimenticare i freni, azio-
nati da un sistema idraulico al posto del classico cavetto in acciaio. Tuttavia quella bici è rimasta un buon proposito visto che aveva un difetto importante: pesava tredici chili. Troppi per una bici da corsa, come ammise lo stesso Colnago. Ma il seme era piantato e continuò a germogliare. La C35 che uscì successivamente per celebrare il 35° anniversario del marchio Colnago aveva soluzioni in carbonio per il telaio e fece da apripista alla successiva Carbitubo della serie da corsa. Il progetto CF1 è invece la sublimazione della collaborazione Colnago-Ferrari. Nonostante il prezzo proibitivo (l’equivalente di 18 milioni di lire per Stati Uniti e Giappone, 13 milioni di lire in Italia) ci fu una corsa ad accaparrarsi la produzione limitatissima del modello.
nel 2005 Colnago entra a far parte dell’A-Team, l’associazione dei costruttori taiwanesi di cui fanno parte nomi del calibro di Giant, Merida, ma anche Trek, Specialized e Scott. È una rivoluzione culturale per Colnago che capisce che la costruzione di biciclette di fascia media non può reggere più il confronto. «Per i modelli di fascia media – si convince – la realizzazione avverrà in Oriente ma sempre su nostro progetto: l’alta gamma si continuerà a fare in Italia». Innovazione
ne biciclette destinate a corridori molto alti. Colnago ha
Innovazione. Per Ernesto Colnago è la parola d’ordine. L’ar-
pensato bene di lasciar svettare tubo di sterzo e piantone
tigiano di Cambiago è da sempre stato attentissimo all’evo-
al di sopra dell’orizzontale compattando il triangolo prin-
luzione tecnologica, ai materiali e alle possibili lavorazioni.
cipale del telaio. Una soluzione azzeccata in tempi in cui
Tra i tantissimi modelli prodotti da Colnago uno dei telai più
la geometria sloping era di là da venire. Giganti in biciclet-
rivoluzionari è il Master, che per la prima volta abbandona
ta come Urs Freuler prima, e Van Hooydonck poi, ebbero
la sezione tonda delle tubazioni. Colnago elabora la cosid-
modo di sfruttare questa soluzione inventata a Cambiago.
La Colnago C59, una delle ultime proposte uscite dalle officine di Cambiago. Il tubo obliquo, in carbonio, riprende la sezione che già era stata adottata negli anni ‘80 dal telaio Master.
detta “sezione stellare” che prevede quattro profonde sca-
Ernesto Colnago a fianco di Michael Schumacher. La collaborazione con tra Colnago e Ferrari ha portato alla realizzazione di diversi modelli. Qui a destra vedete una speciale bicicletta che monta un gruppo Campagnolo C Record con finiture in oro.
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nalature nella zona centrale dei tubi del triangolo principale
Leggerezza ad oltranza
del telaio. Le nervature che ne risultano fuori conferiscono
Colnago lavora a nuovi progetti ma senza dimenticare il
al telaio una rigidità notevole. La bici viene fornita a Saron-
lavoro fatto. È il caso della nuova C59, l’ultima nata nelle
ni in una versione particolare: con le congiunzioni cromate
officine di Cambiago. Tutto carbonio, neanche a dirlo, ma
dell’elegante telaio Arabesque, dove alla congiunzione sem-
con un profilo dei tubi che riprende il disegno di quel Master
plice viene sostituita da quella arabescata (appunto) del tela-
in acciaio di parecchi anni prima. Il telaio pesa meno di un
io più elegante del catalogo Colnago. Sempre per Saronni
chilo, ma nel mercato del nuovo millennio non è un record.
Colnago prepara una bicicletta con ruote da ventisei pollici
«Meglio di un telaio leggero, c’è un telaio robusto – senten-
per affrontare meglio le salite del Giro d’Italia.
zia Colnago – Abbiamo già dimostrato che, se opportuna-
Grande fantasia e all’abilità telaistica hanno fatto precorrere
mente montato con componenti superleggeri e comunque
i tempi a Colnago su parecchie cose. È il caso, ad esempio,
di serie, un nostro telaio può realizzare una bici dal peso
della geometria compatta con cui vengono costruite alcu-
inferiore ai cinque chilogrammi». 69
BICI ITALIANE DA CORSA
C40 Colnago è uno sperimentatore. Facile dunque capire come le potenzialità che offrono i nuovi materiali costruttivi lo abbiano sempre stimolato. Il carbonio trova una sua utilizzazione nel Carbitubo che prevedeva lo sdoppiamento del tubo obliquo in due sezioni separate per aumentare la rigidità torsionale. Idea messa in pratica anche con il titanio nel 1991 con il progetto “Bititan”. Ma è con la fibra di carbonio che Colnago si esalta. Le soluzioni monoscocca permettono di realizzare telai interamente in composito ma non su misura: la necessità di avere uno stampo per tutto il telaio rende infatti impossibile personalizzare la taglia. Colnago elabora allora l’idea di un telaio interamente in carbonio ma da plasmare come se fosse in acciaio. Per realizzarlo, però, occorrono congiunzioni in carbonio resistentissime. Non è facile farle realizzare ma alla fine il risultato è vincente. Nasce la C40, una bicicletta interamente in fibra di carbonio e realizzabile su misura. La prima di una serie che si continua ad evolvere nel catalogo Colnago. 70
Forcella a steli dritti: Colnago ha creduto da subito in questa soluzione apprezzata da moltissimi corridori.
I tubi vengono incollati all’interno delle congiunzioni in fibra di carbonio.
Deragliatore a fascetta: una scelta audace su un tubo in carbonio, ma testimonia la solidità della fibra.
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