LE SFIDE “
Lo si aspettava all’ultimo chilometro: «se vedremo spuntare laggiù una certa maglia…» e qualcosa l’annuncia, un movimento di gente giù alla curva, uno stormire di voci che si approssima un clamore un boato, è incredibile è lui è solo s’è rialzato ha staccato le mani ce l’ha fatta…
”
Vittorio Sereni da La poesia è una passione? (Gli strumenti umani, 1965)
Scritte sui muri del dopoguerra: il duello Coppi-Bartali si impara fin da piccoli. A p. 42, Marco Pantani all’attacco sulla salita delle cascate del Torce, nella 19a tappa dell’edizione 2003: il gruppo lo riprenderà poco dopo. È l’ultimo scatto del Pirata al Giro.
G
anna contro Galetti; Girardengo
contro l’avversario che scatta, la strada che
nell’immaginario collettivo, alla convinzione
contro Binda, e poi Binda contro Guerra;
sale, il tempo che scorre, le forze che
nelle infinite e progressive capacità
Bartali contro Coppi, con Magni terzo
vengono meno. Il corridore ciclista fin dalle
dell’uomo, in grado di affrontare,
incomodo; e ancora Gimondi contro
origini di questa disciplina sportiva è
conquistare e piegare al suo volere la realtà
Merckx, Moser contro Saronni, Bugno
chiamato alla sfida: contro gli avversari,
che lo circonda. A questa mentalità di
contro Chiappucci, Pantani contro tutti e
contro la natura ostile – le montagne, il
fondo si uniscono però, come capita spesso
contro se stesso… Il ciclismo, e quindi il
maltempo… –, contro se stesso. È il
nelle ibridazioni dal basso della cultura,
Giro, non può fare a meno delle sfide, e in
retaggio di una certa cultura positivistica
istanze filosoficamente di segno contrario:
particolar modo nella forma della contesa
che, se come modello filosofico-
l’irrazionalismo volontaristico, il
testa a testa, del duello. È probabilmente la
interpretativo può dirsi ormai in crisi a
superomismo, lo slancio vitale che celebra il
sua natura epica a richiederlo. Nonostante
inizio ’900, continua ancora ad alimentare i
mito misticheggiante dell’eroe.
tutti i possibili e necessari giochi di squadra,
valori della cultura popolare, come quello
I pionieri del ciclismo, i primi avventurosi
il campione in bicicletta al momento
dell’attività sportiva: l’impresa individuale, il
corridori del Giro d’Italia, incarnano queste
cruciale della corsa rimane da solo a lottare
grande gesto atletico corrispondono,
figure e raccolgono, appunto, la sfida:
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pedalano per più di dieci ore a tappa lungo
anno da professionista ma straccia tutti,
vincitore di due Giri (1936 e 1937) e
strade che sembrano percorsi di guerra;
compreso il “Campionissimo”. Due anni
soprattutto del Tour del 1938; il “giovane”
sono costretti a ripararsi da soli la bicicletta
dopo, nel 1925, Binda è scritturato per la
è un suo gregario esordiente, il ventenne
in caso d’incidente meccanico; ad
Legnano e si presenta al via al Giro d’Italia:
piemontese Fausto Coppi, da Castellania,
alimentarsi in corsa tra mille difficoltà; a
lo vince con quasi 5’ di vantaggio su
piccolo villaggio sui colli tortonesi. È il
districarsi tra segnaletiche ancora incerte e
Girardengo, che continua però a riscuotere
primo atto di una rivalità storica che divide
lo stupore, quando non l’ostilità della gente
un grande seguito di tifosi. Negli anni a
l’Italia in due schieramenti contrapposti e
che, magari per la prima volta, vede un
seguire è sfida aperta, con Binda che si
che si colora di significati che vanno molto
uomo, anzi un manipolo di uomini in
aggiudica ancora il Giro per tre anni
al di là della passione sportiva. Quell’anno il
bicicletta. Con l’affermarsi delle prime
consecutivi, dal 1927 al 1929, e poi ancora
gregario batte a sorpresa il capitano, ma dal
spiccate individualità le sfide si trasformano
nel 1933, quando l’anziano rivale si è ormai
1941 ancora una volta la guerra apre una
in duelli. Il primo grande dualismo è quello
ritirato dalle competizioni su strada, per
forzosa parentesi. Il duello riprende col
tra Costante Girardengo e Alfredo Binda: i
dedicarsi esclusivamente alle kermesse su
Giro del 1946, con la rivincita di Bartali su
due hanno nove anni di differenza e il loro
pista. A Girardengo succederà in parte
Coppi, passato nel frattempo a guidare la
è quindi anche uno scontro generazionale.
nell’antagonismo con Binda il mantovano
squadra avversaria della Bianchi.
Girardengo, piccolo, agile e dallo scatto
Learco Guerra, soprannominato la
Nessun altro dualismo negli anni a seguire
bruciante, è nato a Novi Ligure nel 1893 e,
“Locomotiva umana”. Tanto Binda è
avrebbe potuto avvicinare il senso assoluto
giovanissimo, ha già vinto molto prima che
composto nello stile e freddo calcolatore
della sfida tra Coppi e Bartali, e tra coppiani e
la Grande Guerra arresti ogni attività
nelle strategie di corsa, quanto Guerra è
bartaliani. Soltanto verso la fine degli anni ’60
sportiva: si consacra vincendo il Giro del
impulsivo e generoso, capace di grandi
una contesa assunse i colori del patriottismo
1919, successo che gli varrà il cambio di
imprese e di terribili débacles, discontinuità
quando vide contrapposto l’italiano Felice
soprannome: da “Omino di Novi” a
che gli impedisce di raccogliere i successi
Gimondi al belga Eddy Merckx, forse il più
“Campionissimo”. Tornerà a conquistare
che avrebbe meritato, ma che tuttavia gli
forte ciclista di tutti i tempi, capace di
un’altra volta il Giro nel 1923, anche se la
vale il caloroso affetto dei tifosi di tutta
aggiudicarsi cinque Giri in sette anni (dal
sua corsa per eccellenza è stata la Milano-
Italia. Al Giro del 1940 ecco riproporsi il
1968 al 1974). Gimondi di vittorie ne ottenne
Sanremo, che lo vide trionfare per sei volte.
dualismo tra il vecchio e il giovane. Il
tre (1967, 1969 e 1976), ma salì sul podio per
Le strade di Girardengo e Binda
“vecchio” è il ventiseienne toscano Gino
altre sei volte, due delle quali proprio alle
s’incrociano per la prima volta in Francia,
Bartali, capitano della Legnano, già
spalle del “Cannibale”.
nel 1923, in una corsa in salita: Binda, che fino a poco tempo prima faceva lo stuccatore a Nizza, dove era emigrato qualche anno prima dal paese natale di Cittiglio, in provincia di Varese, è al primo
Vincitori più anziani Fiorenzo Magni 1955, 34 anni e 5 mesi Tony Rominger 1995, 34 anni e 2 mesi Francesco Moser 1984, 33 anni e 11 mesi Felice Gimondi 1976, 33 anni e 8 mesi Fausto Coppi 1953, 33 anni e 8 mesi
Vincitori più giovani Fausto Coppi 1940, 20 anni e 8 mesi Luigi Marchisio 1930, 21 anni e 1 mese Giuseppe Saronni 1979, 21 anni e 8 mesi Gino Bartali 1936, 21 anni e 10 mesi Franco Balmamion 1962, 22 anni e 4 mesi
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Le 100 tappe di Girardengo, Binda e Guerra Dalla fine della Prima guerra mondiale fino alla metà degli anni ’30 tre corridori dominarono la scena con lo stesso piglio dittatoriale che caratterizzava in quegli anni il regime fascista. Costante Girardengo, Alfredo Binda e Learco Guerra, dal 1919 al 1937, anno dell’ultima partecipazione di Guerra al Giro, vinsero 8 delle 19 edizioni disputate: cinque Binda, due Girardengo e una Guerra. Ma il dato statisticamente sorprendente è che la somma delle loro vittorie di tappa arriva alla cifra tonda di 100 successi (102 se si contano le vittorie di Girardengo nel 1913 e nel 1914) su un totale di 263 tappe: il 38%. Ancora oggi i tre campioni sono secondi solo a Mario Cipollini (42) nella classifica dei vincitori di tappe al Giro: Binda 41, Guerra, 31, Girardengo 30.
Passerella finale del Giro del 1933 sulla pista dell’Arena di Milano: il vincitore, Binda, è sulla destra, mentre al centro, col mazzo di fiori è il belga Jef Demuysère, arrivato secondo.
LE SFIDE Costante Girardengo con la maglia tricolore di campione italiano, titolo di cui vanta il record con nove vittorie, dal 1913 al 1925, di fatto consecutive, tenendo conto dell’interruzione delle gare dal 1915 al 1918.
Vincitori con più tappe vinte 12 Alfredo Binda 10 Learco Guerra 8 Costante Girardengo 8 Alfredo Binda 7 Costante Girardengo
1927 1934 1923 1929 1919
A destra, una caricatura di Learco Guerra, detto la “Locomotiva umana”, disegnata dal giornalista Carlin Bergoglio. Sotto, Guerra e Binda in posa su un’auto del seguito al Giro del 1929.
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Gino e Fausto: il duello A mezzo secolo di distanza dalla sua messinscena, quello tra Gino Bartali e Fausto Coppi rimane il duello per eccellenza, il luogo comune cui si ricorre ancora oggi per evocare una fiera rivalità che, anche al di fuori del contesto sportivo, divide in due mondi contrapposti i rispettivi sostenitori. Si fronteggiarono in dieci edizioni del Giro: dalla prima, quella del 1940, quando Coppi, esordiente gregario di Bartali alla Legnano, battè a sorpresa il proprio capitano; fino al 1954, anno del ritiro di Gino. Bartali, che aveva già vinto due Giri (1936 e 1937) e 12 tappe prima della guerra, durante il “duello” con Coppi vinse ancora la classifica generale nel 1946 e conquistò altri 5 successi di giornata. L’ultimo fu il tappone dolomitico della Vicenza-Bolzano nel 1950, proprio nel giorno della rovinosa caduta di Coppi alle Scale di Primolano. Coppi, oltre ai 5 Giri (1940, 1947, 1949, 1952 e 1953), vinse 22 tappe, ma una soltanto dopo il ritiro di Bartali: la Trento-San Pellegrino Terme del 1955, suo “canto del cigno” al Giro. 48
LE SFIDE Nella pagina precedente, un passaggio di Gino Bartali sul Ghisallo, all’ombra del santuario della Madonna patrona dei ciclisti italiani. Qui a fianco, Coppi in maglia rosa sul passo del Pordoi: è la Venezia-Bolzano del Giro del 1952.
La rivista “Pirelli” dedica la copertina del maggio 1949 ai campioni, fotografati da Federico Patellani.
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IL GIRO D’ITALIA Carlin Bergoglio immagina così la contesa tra Coppi e Bartali alla vigilia del Giro del 1948. Accadde però che tra i due litiganti, godette il terzo: Fiorenzo Magni.
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Le maglie storiche dei due rivali. Bartali corse con la maglia verde-rossa della Legnano dal 1936 al 1948; l’anno seguente e fino al suo ritiro dalle corse, vestì la maglia giallo-blu della squadra che portava il suo nome, la Bartali. Coppi, dopo l’esordio nel 1940 con la Legnano, restò legato alla Bianchi dal 1945 fino al 1955, cui ritornò nel 1958 dopo la parentesi alla Carpano. L’abbinamento con la Ursus figurava sulle maglie delle stagioni 1949 e 1950.
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Magni, il terzo uomo Nel 1949 era uscito nelle sale cinematografiche un film noir inglese, Il terzo uomo, con Joseph Cotten, Alida Valli e Orson Welles. Nell’infinito duello tra Bartali e Coppi, Fiorenzo Magni fu appunto il “terzo uomo”. Vinse tre Giri d’Italia, l’ultimo nel 1955, a quasi 34 anni e mezzo, record imbattuto di longevità in rosa. Costruì i suoi successi sulla grande forza e resistenza fisica e sul coraggio con cui si sapeva gettare nelle discese.
Una cartolina autografata ritrae Magni al Giro del 1956, l’ultimo da lui disputato. Corse oltre metà gara con una clavicola fratturata, conseguenza di una caduta. Nella cronoscalata del Santuario di San Luca, a Bologna, per aiutarsi nel movimento di trazione e di spinta in salita, legò al manubrio un tubolare tenendone l’altra estremità fra i denti.
La maglia rosa indossata da Magni durante il Giro vinto nel 1951. A destra in alto, una pubblicità della “Gazzetta” in cui Luigi Ganna, titolare dell’industria ciclistica che dà il nome alla squadra, nonché primo vincitore del Giro nel 1909, ringrazia Fiorenzo Magni per il successo ottenuto. A destra in basso, un paio di scarpette usate dal campione toscano.
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