Leggere:tutti




5
Editoriale “Tacete o maschi”, donne in rivolta con perle di poesia
Patrizia D’Attanasio 6
Madri della cultura
Il femminile in editoria e letteratura
Irma Loredana Galgano
8
Le dimenticate
Gianna Manzini, la scrittura assoluta Gianni Zagato
10
Le irriducibili
Alfonsina Storni, una poetessa in lotta
Rosaria Russo
12
Icone
Frida Kahlo attraverso l’obiettivo di Nickolas
Muray
Maria Rosaria Grifone
14
Riscoperte al femminile
Tacete, o maschi! Gianni Zagato
16
Donne scomode
Immagina Yoko Ono
Gaetano Menna
18
Tracce d’autore “Una poeta”, un’amicizia. Due grandi artiste
Anna Rita Guaitoli
20
Donne e valori
La lotta delle donne siloniane
Gianni Maritati
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Storie dell’altro mondo Non più “tre obbedienze e quattro virtù”
Carlo Marino
23
Dark Women
Il femminile nell’Ombra: amore e vampiri tra letteratura e cinema
Nico Parente
Leggere:tutti
Mensile del libro e della lettura
Anno 21 - n. 184
Marzo 2025
Direzione e redazione Via Nomentana 257 - 00161 Roma tel. 0644254205 - fax 0644254239 www.leggeretutti.eu - info@leggeretutti.it
Direttore responsabile Patrizia D’Attanasio
Pubblicità
Filippo Di Girolamo filippo.digirolamo@leggeretutti.it
Librerie in vetrina
Libri, come semi di melograno
Loredana Simonetti
La biblioteca del mese
Nel nome di Alda Merini
Silvia Scapinelli
Il mestiere dell’editore
Quando Roma chiama, MMC
risponde
Gisella Blanco
Libro del mese
Disobbedire e ascoltare sé stesse
Maria Rosaria Grifone
Vetrina narrativa
Dove osano i narratori
Edoardo Monti
Vetrina saggi
La forza nascosta della scrittura
Gianni Maritati
Vetrina Food
Cosa c’è sotto il piatto
Carlo Ottaviano
Legami di-versi
Con lo sguardo bagnato di stupore
Gisella Blanco
Iniziative per leggere
Diamoci appuntamento al bookclub
Antonia Storace
L’intervista
Chiamami con i miei nomi
Anna Garbagna
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Stampa Ex Press srls stabilimento di Via Oreste Ranelletti, 8 Roma
In copertina AI Midjourney
Copertina Leggere:tutti Junior Bruno de Almeida per Bologna Children’s Book Fair 2025
Responsabile promozione Fiorella Cappelli
Distributore per l’Italia ME.PE Distribuzione
Hanno collaborato a questo numero Sergio Auricchio, Gisella Blanco, Rita Bompadre, Chiara Campanella, Valentina Capogna, Fiorella Cappelli, Manuel Carri, Andrea Coco, Elena D’Alessandri, Riccarda Dalbuoni, Claudio Deplano, Gildo De Stefano, Filippo Di Girolamo, Francesca Fiorani, Anna Garbagna, Francesca Ghezzani, Alessandra Graziani, Maria Rosaria Grifone, Anna Rita Guaitoli, Carla Iannacone, Niccolò Lucarelli, Giovanni Graziano Manca, Carlo Marino, Gianni Maritati, Gaetano Menna, Edoardo Monti, Laura Musso, Carlo Ottaviano, Francesco Roat, Rosaria Russo, Silvia Scapinelli, Loredana Simonetti, Alessandra Sofisti, Massimo Tassistro, Girolamo Terracini, Simona Vassetti, Pasquale Veltri, Marzio Vincenzi.
Registrazione Tribunale di Roma n.156 del 22 aprile 2005. Iscrizione Roc n. 36166
Editore: Coop Leggere:tutti
Via Nomentana 257 - 00161 Roma
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Prezzo a copia: euro 3,00. La rivista è inoltre inviata
agli abbonati e ai soci del Club Leggere:tutti.
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HarperCollins Italia, 2025
Essere una bambina, e poi una donna, vuol dire imparare fin da subito cosa si può fare e cosa non si può fare, vuol dire imparare che certe qualità, come il coraggio, l’audacia e l’indipendenza, non sono prettamente femminili, e che reprimere i propri desideri è normale, e consigliabile. Meglio restare ai margini e attendere passivamente un salvatore o, nella più sfortunata delle ipotesi, la provvidenza. E se molti libri non fanno che confermare la certezza che soltanto gli uomini possono compiere gesta intrepide e che alle donne spetta il compito di accogliere gli eroi di ritorno dalle loro mirabolanti avventure, Carolina Capria ci conduce in un viaggio illuminante nella più grande letteratura femminile di tutte le epoche e ci mostra che un’altra strada è effettivamente percorribile. Perché di maestre nei libri ce ne sono moltissime, grandi scrittrici come Jane austen e Toni Morrison, e grandi eroine come Jane Eyre, che ci insegna che una donna può salvarsi da sola, o Scarlett o’Hara che ci dimostra che una donna può mettersi al comando. o ancora Modesta, la protagonista dell’arte della gioia di Goliarda Sapienza, che ci ricorda quanto sia importante mettere se stesse al primo posto e non illudersi di trovare la felicità dove viene richiesto solo il sacrificio. Dei propri desideri, delle aspirazioni, dei sogni.
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Il mese di marzo, segna l’inizio della primavera ed è anche un momento dell’anno, che grazie alla ricorrenza offre la possibilità di richiamare alla memoria le conquiste sociali, economiche e politiche ottenute nel tempo e di rivolgere l’attenzione su questioni cruciali come la parità di genere, le discriminazioni e la violenza contro le donne. È un’occasione per riflettere sulle conquiste, sollecitare ulteriori cambiamenti e onorare il coraggio e la determinazione di tutte le donne, che hanno lasciato una loro indelebile impronta nella storia. Marzo è considerato inoltre il mese della poesia, genere letterario inclusivo di molteplici stili, forme e tematiche, a cui dedichiamo questo numero, con proposte di lettura di diverse personalità femminili. Patrizia Cavalli, destinata ad essere poeta, vive la poesia nell’amore per la bellezza degli oggetti e la concretizza nella bellezza delle parole. Alfonsina Storni, “colei che è pronta a tutto”, individua nella lotta il senso della propria esistenza di donna e di intellettuale, non convenzionale e trasgressiva. Yoko Ono, artista che si cimenta in sperimentazioni dal cinema alla musica, dalla performance all’arte concettuale, ricercando forme espressive, caratterizzate dalla provocazione e dall’impegno sociale. Un focus poi è riservato alla mostra fotografica dedicata a Frida Kahlo, esibita nella Capitale, che rappresenta un’interessante opportunità per introdursi nel mondo affascinante e multiforme di una delle artiste più note del Novecento, icona della cultura messicana e simbolo di autodeterminazione.
Attraverso la scrittura e la parola poetica di Daniela Attanasio, scopriamo la carica di quel segreto che “oltre l’ingombro della siepe” illumina tutte le circostanze della vita, non trascurando di affrontare il tema della violenza di genere, uno dei mali più dolorosi che affliggono la nostra società. In un mondo tormentato da aggressività e conflittualità c’è la necessità impellente e improcrastinabile di affrontare ragionamenti sulla differenza di genere e sul rispetto della donna ed infondere convincimenti di pace e di speranza. Osservando il panorama internazionale si analizza anche il concetto di femminilità in Cina, composito e in
continua evoluzione, permeato da valori culturali tradizionali, contesti del passato ed influenze del presente. Non dimentichiamo che le donne in vari campi e settori della letteratura e dell’editoria contribuiscono in modo significativo alla crescita della cultura, nonostante non abbiano ancora ottenuto un equo riconoscimento in ruoli di responsabilità. Un fenomeno interessante analizzato è quello dei bookclub, nati con l’obiettivo di condividere libri, storie, voci, critiche e persone per incontrare sé stessi e gli altri. Un esempio originale è la libreria Ubik di Napoli, punto viola di DONNEXSTRADA, che ospita Dust, gruppo di lettura che oltre a realizzare podcast, dedica particolare cura e restituisce una seconda vita, ai libri dimenticati. E tra i libri che aprono orizzonti inaspettati, lasciati nell’indifferenza c’è “Tacete o maschi”, che puntualizza su una questione irrisolta da oltre sei secoli: una letteratura italiana “al femminile” viva sin dal Trecento, è stata rimossa e negata. L’eliminazione delle donne nei manuali di letteratura, nelle antologie scolastiche, nelle storie letterarie è un evidente “femminicidio culturale”. La figura femminile nell’Italia, che ha costruito la propria narrazione nel quadro storico e politico europeo non esiste se non come ideale estetico, angelica rappresentazione di un poeta maschio, l’io femminile della scrittura è omesso. Le poetesse marchigiane, che compongono sonetti e corrispondono con Petrarca, creano il primo gruppo femminile della nostra letteratura, basando il discorso poetico sull’emancipazione femminile. Un mio pensiero, infine, va a Carla Gatto, artista e scrittrice, scomparsa per un improvviso malore lo scorso febbraio, nonna paterna di Giulia Cecchettin, vittima di femminicidio. Nel suo libro Emma è una ragazza del Sud, la protagonista vive in una società patriarcale, dove i maschi dominano le donne. La giovane si oppone alla violenza del patrigno e con lo zaino in spalla fugge al Nord per realizzare i suoi sogni. Un presagio purtroppo fatale avveratosi per Giulia, nipote amatissima di Carla, diventata simbolo tragico di questa ribellione. Vogliamo comunque immaginare che Carla e Giulia continuino a vivere con un libro.
Se volete scrivermi: patrizia.dattanasio@leggeretutti.it
Il trend occupazionale femminile nel settore dell’editoria è in continua crescita. Ci sono donne che hanno fatto la storia dell’editoria italiana e altre che questa storia la stanno facendo. La loro non è solo la voce della femminilità in letteratura ma, soprattutto, dell’editoria al femminile
Si può individuare negli anni
Settanta una vera e propria svolta culturale, un momento a partire dal quale alle rivendicazioni politiche e civili si affiancarono una presa di coscienza del valore del lavoro e della riflessione intellettuale e la richiesta e la conquista, seppur parziale, di una centralità su questo piano da parte delle donne. È allora che irrompe sulla scena un folto numero di donne impiegate a vario titolo nel settore dell’editoria libraria e periodica, mentre cambia l’ottica con cui si guarda alla funzione della lettura e della scrittura. A quel punto, la necessità e l’urgenza della conoscenza e del riconoscimento del lavoro creativo delle donne inaugura una stagione di scoperte e riscoperte letterarie e saggistiche, di valorizzazione e/o risignificazione dell’autorialità femminile, e di un inedito protagonismo delle intellettuali. Inge Feltrinelli, al riguardo, parlava di esplosione di energie da anni soffocate, e di porte chiuse che ora le donne hanno finalmente forzato.
Numerose imprese “generaliste”, sia case editrici librarie – da Feltrinelli a Einaudi, da Editori Riuniti a Bompiani, da Savelli a Guaraldi – sia testate giornalistiche – dal «la Stampa» a «Il Corriere della Sera», da «l’Unità» a «il Manifesto» – sono fondamentali per promuovere le opere delle scrittrici, per riproporre le cosiddette “madri” della letteratura femminile, per tradurre e diffondere quelli che sarebbero diventati i classici del pensiero femminista.
Intanto alcune autrici raggiungono traguardi di tirature, al di fuori dei consueti recinti del romanzo sentimentale, e una notorietà eccezionali, come Elsa
Morante con La Storia, Camilla Cederna con le sue inchieste, Oriana Fallaci con i suoi reportage e le opere autobiografiche.
Se alcune sigle preferiscono rimanere fedeli a un lavoro “interno” e a una scelta categoricamente separatista –come gli Scritti di Rivolta femminile – altre – come le Edizioni delle donne, Dalla parte delle bambine, a ancor di più La Tartaruga edizioni – in dialogo e in sintonia con affini esperienze internazionali, finiscono per stabilire una connessione tra discorso femminista e discorso culturale tout court, oltre che tra progetto culturale e mercato, e dunque per costituire un altro forte impulso alla valorizzazione della saggistica e della letteratura delle donne.
Gli anni Settanta sono costellati anche di “non femministe” che si guadagnano la ribalta del discorso pubblico e della vita culturale. Natalia Ginzburg è una di queste. La sua figura è emblematica sotto molti aspetti: per la sua condizione di marginalità nella compagine tutta al maschile della Einaudi, nonostante l’autorevolezza del suo contributo, oltre che il talento di “scopritrice” di scrittori e scrittrici di valore; per la perentorietà della sua voce dalle tribune di stampa, radio e televisione; per la sua complessa, a tratti contraddittoria, posizione sulla questione femminista. Per molte di queste donne in editoria la conquista di una mansione significa la conquista di uno spazio creativo e di una visibilità anche in campi editoriali da sempre dominati da firme maschili, come il fumetto: è il caso di Grazia Nidasio, protagonista di un suo radicale rinnovamento stilistico e tematico oltre che in prima linea nella fondazione dell’Associazione Illustratori e del Sindacato dei lavoratori del fumetto.
.. MADRI DELLA CULTURA
soprattutto, per portare avanti idee e ideali. Una costellazione di “punti fermi” editoriali i quali, a volte, per non perdersi si uniscono creando reti, collaborazioni, associazioni, cooperative. R-esistenze è un progetto corale di nove case editrici: 8tto edizioni, Astarte Edizioni, Asterisco Edizioni, Capovolte, Edizioni Le Assassine, Le Commari edizioni, le plurali editrice, Oso Melero Edizioni e Settenove. Un progetto nato dall’idea di mettersi in rete per valorizzare percorsi condivisi, per evidenziare la presenza come imprenditrici nel mondo culturale. Alla costituzione sono state previste due fasi: la prima, svoltasi tra settembre e novembre 2024, la seconda che si svolgerà tra marzo e maggio 2025. Partendo dal tema dell’identità, tutte le case editrici aderenti hanno proposto e proporranno un titolo del proprio catalogo, per esplorarlo da diversi punti di vista, con diverse modalità di scrittura, narrazione, sguardi e possibilità.
4 LUGLIO 1957; ELSA MORANTE, PRIMA DONNA A VINCERE IL PREMIO STREGA CON L’ISOLA DI ARTURO. FOTO: ARCHIVIO RICCARDI @CARLORICCARDIRICCARDI
L’IDENTITÀ NoN È UN DaTo
INNaTo E STaTICo, Ma QUaLCoSa
SEMPrE IN DIVENIrE. È IL MoDo
L’identità non è un dato innato e statico, ma qualcosa sempre in divenire, fatto di processi cognitivi e affettivi allo stesso tempo. È il modo in cui l’individuo considera e costruisce se stesso come membro di una comunità.
IN CUI L’INDIVIDUo CoNSIDEra E CoSTrUISCE SE STESSo CoME
MEMBro DI UNa CoMUNITÀ.
Quando si pensa all’editoria al femminile in Italia, oltre a Inge Feltrinelli, si pensa subito a Elvira Sellerio ed Emilia Lodigiani. Più di recente a Marina Berlusconi ed Elisabetta Sgarbi. Ma esiste tutto un universo di piccole e medie realtà editoriali che quotidianamente lavorano per crescere ma,
Trovare la propria identità, a volte, significa rifiutare il concetto stesso di identità, attuando una serrata critica anti-identitaria. È il caso di Judith Butler, eclettica intellettuale americana per la quale fare filosofia significa farlo in modo civilmente e politicamente impegnato. A lei si deve la teoria della “performatività del genere”, secondo la quale il genere che “marchia i corpi” diviene tale solo grazie alle ripetizione continua, quasi rituale, di atti che finiscono per ingenerare una conformità di comportamento. In altre parole, non si nasce “donne” o “uomini” ma lo si diventa, a seconda delle pressioni che il contesto sociale esercita su ciascuno di noi e delle norme alle quali ciascuno di noi deve adeguarsi.
La differenziazione sessuale da sempre è stata un fondamentale criterio di
organizzazione dello spazio e delle relazioni fra gli esseri umani. La prospettiva del genere è frequente negli studi sulla condizione delle donne, negli studi cioè dove si è tentato di tracciare il profilo di un attore sociale svalutato e poco conosciuto. Il sex-gender system è l’insieme dei processi, delle modalità di comportamento e dei rapporti attraverso i quali ogni società trasforma la sessualità biologica in prodotto dell’attività umana e pianifica la divisione dei compiti tra gli uomini e le donne, differenziandoli l’uno dall’altro.
C’è chi ha voluto opporsi con tutte le proprie forze a questi “ingabbiamenti” i quali, unitamente a quelli razziali ed economici, sono stati per secoli la giustificazione per tanti. María Galindo ha utilizzato la sua “scrittura bastarda” per passare in rassegna le questioni fondamentali del femminismo analizzate da una prospettiva anarchica e decoloniale.
FONTI:
Schoenthal Feltrinelli, Energie esplose, in «La Stampa» -Tuttolibri, 3 settembre 1977; E. Rasy, La lingua della nutrice. Percorsi e tracce dell’espressione femminile con una introduzione di Julia Kristeva, Edizioni delle donne, Roma,1978; R. Cesana, I. Piazzoni, (a cura di) Libri e rose: le donne nell’editoria italiana degli anni Settanta, Milano University Press, Milano, 2024; M.G. Bernardini, Judith Butler, Carocci, Roma, 2025; G. Rubin, The Traffic in Women, 1975; M. Galindo, Femminismo bastardo, Mimesis, Sesto San Giovanni –Milano, 2024.
Diceva di cercare nell’arte “ciò che alla vita manca per essere vera.
Un’arte da plasmare, parola dopo parola, per trovare il vero senso dell’esistenza, perché c’è sempre una vita dietro la vita”
Forse nessun’altra, come Gianna Manzini, ha fatto della scrittura un severo esercizio di ininterrotta riflessione durata l’intera vita. La sua prosa è pura alchimia della parola, aperta al frammentismo narrativo, allo sperimentalismo delle forme letterarie, sottesa verso uno stile lirico intessuto di metafore, dal lessico immaginifico, sovente ermetico. Una prosa che corrisponde in pieno al suo tratto di intellettuale raffinata, dalla scrittura “complicata e un po’ abbagliante”, come subito intravvide il grande Emilio Cecchi, dimostrando di apprezzare la nostra autrice sin dagli esordi. Avvenuti negli anni Venti del Novecento, con una serie di racconti pubblicati su «La Nazione», fino a Tempo innamorato, il primo romanzo, del 1928, imbastito di sogni e dolenti solitudini, che le valse l’elogio di André Gide. Il timbro stilistico, elegante, rifinito, è inconfondibile già da quelle prime prove, tanto da apparire come qualcosa in lei di innato. In realtà, esso è piuttosto un duro lavorìo attorno e dentro la parola, di assillante rilettura, poi di meticolosa revisione, e spesso di ri-scrittura, talché ogni suo romanzo diviene “un’opera in movimento”. Ad osservarlo sarà Umberto Eco, mutuando la definizione da quelle forme stilistiche musicali novecentesche che faranno dello sperimentalismo il modello di riferimento.
La critica la porta in auge, ma il grande pubblico fatica ad immedesimarsi in quella ricercata scrittura. Il successo arriverà soltanto nell’ora del tramonto della vita, con le ultime, incantevoli opere autobiografiche, Ritratto in piedi
e Sulla soglia, fluite come dall’urgenza, non più rinviabile, di riconciliazione con le due figure, quella paterna e materna, della sua lacerata infanzia, di ferite mai chiuse. Dell’estenuante cura che quel suo particolarissimo modo di scrivere richiedeva Gianna Manzini è sempre stata consapevole: “la semplicità non è affar mio”, scriverà senza mezzi termini al suo editore. Quella ricercatezza, tuttavia, non aveva alcunché di snobistico o di eccentrico; rispondeva piuttosto ad un supremo bisogno morale di rappresentare la vita nella sua intima essenza, come il frutto mai acerbo di una interiorità complessa, il riflesso di una formazione culturale di assoluto rilievo europeo. Basti pensare alla assidua collaborazione a Solaria e al sodalizio con quella pattuglia di intellettuali delle “Giubbe Rosse” come Montale, Gadda, Ungaretti, Vittorini, così diversi negli esiti delle loro opere, eppure accomunati dalla costante ricerca di innovazione delle forme espressive. Il meglio della letteratura italiana tra gli anni Venta e Trenta lo si troverà lì, in quel caffè di Firenze, e non per caso Manzini figurerà, nel 1930, unica donna, nell’antologia di Falqui e Vittorini Scrittori nuovi.
Woolf. Intitolerà proprio così, La lezione della Woolf, il saggio sulla scrittrice britannica, mossa da “un atto di umiltà, un rendimento di grazie” per quella grande autrice che nel suo esercizio narrativo segue il ritmo, non la trama, penetrando la vita “come la lama di un coltello, e al tempo stesso restandone al di fuori, spettatrice”.
La scrittura è dedizione assoluta, l’intera giornata al tavolo da lavoro, sempre impeccabile nel vestire, i colori intonati, la pettinatura in perfetto ordine, anche se il più delle volte non deve incontrare nessuno e se ne sta rintanata in casa intenta solamente a scrivere, con l’unica appagante compagnia dei suoi numerosi gatti. Aveva la capacità, riconosce Vittorini, di parlare di libri come fossero persone.
CoN LEI La SCrITTUra aL
Con lei la scrittura al femminile compie il difficile passaggio dalla letteratura ottocentesca a quella del Novecento, chiudendo i conti con quel “peccato d’origine” da cui proveniva di “scrivere male”, come non mancava di rimarcare la critica ufficiale. Uno di quegli autorevoli critici, Giansiro Ferrata, dirà di lei che è la donna “più intelligente e sensibile che mai abbia preso la penna”. Una penna mossa dalla permanente inquietudine dello stile, prima da scolpire, poi da levigare, infine da far decantare, il tempo giusto, poiché “la pagina fresca d’inchiostro, e non riposata, è pericolosissima”. La sua scrittura risponde a un metodo e scaturisce da una riflessione teorica, che riguarda lei come poche altre autrici di quel periodo, ognuna delle quali a suo modo debitrice della magistrale lezione di Virginia
FEMMINILE CoMPIE IL DIFFICILE
PaSSaGGIo DaLLa LETTEraTUra
oTToCENTESCa a QUELLa DEL NoVECENTo, CHIUDENDo I CoNTI
CoN QUEL “PECCaTo D’orIGINE”
Da CUI ProVENIVa
Una congenita malattia polmonare la induce a soggiornare a lungo nei posti di mare o nella rarefatta quiete della campagna senese, al riparo dalla grande città, fosse l’amata Firenze, dove si trasferisce con la madre lasciando Lucca, o la Roma dei salotti, così dispersiva per quella sua ispirazione che necessita di “fecondi vagabondaggi” Filtrerà attraverso la scrittura la convivenza con la malattia, dando un nome a quei ritmati colpi di tosse convulsiva, e nascerà (nel 1956) La Sparviera. Un capolavoro, ammetterà la critica, pagine tra le più belle della letteratura del Novecento, un’opera “per cui vale la pena di non dormire”, per Laudomia Bonanni, un’altra delle nostre “dimenticate”.
Ma il suo lavoro più profondo e sofferto non poteva che arrivare verso la fine, quando la parabola della vita ci mette sul punto di fare i conti, non più rimandabili, con noi stessi. Ripercorre il tempo a ritroso, come fosse tornata a Pistoia, nella famiglia più che benestante, dov’era nata sul finire dell’Ottocento, bimba che in disparte soffre la rottura tra i genitori, quell’insanabile contrasto tra il perbenismo conservatore della madre e l’anarchismo militante del padre, allontanato da casa e qualche anno dopo, nel 1926, ucciso
in un agguato fascista. Torna a porsi la domanda: il padre, quel padre, chi era? Solo ora con la magia creativa della scrittura può finalmente dare la risposta vera. E vederlo come per la prima volta: un cavaliere antico sospinto dal vento della passione per la giustizia e la fratellanza, la nobiltà morale dell’animo, la semplicità quasi francescana della vita umile.
Con Ritratto in piedi, del 1974, rivive intera la propria esistenza, al cospetto della grandezza di quella figura ritrovata. E dove ritrovata, se non sulla strada della poesia, del rimpianto che solo con la scrittura può espiare? “È un libro che mi ha dissanguato, è il ritratto di mio padre, un personaggio che ho ritrovato per virtù della penna, attraverso una disperata confessione: proprio come se l’avessi fatta a uno psicanalista… Non sapevo, scrivendolo, che sarei incappata in tanto dolore”
Gianna Manzini morirà appena tre anni dopo, sola, nella sua casa romana, in una sera di fine agosto, lasciando uno sterminato archivio di carte, arnesi di un’officina dove si crea scrittura. E non le varrà essere definita la più grande scrittrice del secolo a trarla dall’oblio che ancor oggi sconta. Ai lettori che hanno provato il gusto della sua raffinata prosa ha lasciato in dono il sortilegio della parola che dà senso alla vita: “Io cerco nell’arte ciò che alla vita manca per essere vera. Cos’è l’arte, per me, se non uno strumento per cercare la vita dietro la vita? E ho imparato che è vivo il silenzio esigente, pressante, che precede ogni nascita, com’è vivo al di là, alle spalle della morte”.
Se nel nome vi è il presagio del proprio destino, il nomen omen latino, Alfonsina, “colei che è pronta a tutto”, trovò nella lotta la cifra della propria esistenza sia di donna che di intellettuale.
Storni visse in maniera non convenzionale, fuori dal coro come lei stessa ebbe a dire in una poesia, perché sin dai primi anni la sua fu un’esistenza di continui cambiamenti e trasgressioni. Nacque nel Canton Ticino nel 1892 ed a quattro anni con la famiglia emigrò in Argentina. Dall’infanzia scrisse poesie e dopo brevi esperienze come modista, attrice teatrale e maestra rurale, approdò a vent’anni nella ruggente e rutilante Buenos Aires di inizio secolo.
Ma Alfonsina è sola, nubile, incinta e povera. Riesce tuttavia ad autodeterminarsi, lavora, sfama il figlio e scrive. Nel giro di pochi anni pubblica varie raccolte di poesie, che le danno un immediato successo. La sua è una voce che non innova stilemi e che lavora con gli espedienti poetici che conosce, ma il repertorio tematico è del tutto nuovo e con esso si conquisterà un ruolo di rilievo, durevole nel mondo letterario latino-americano. Ne L’inquietudine del roseto Alfonsina rivendica la sua eccentricità rispetto alla morale e ai costumi correnti: “Io sono una lupa – dice fieramente – me ne vado sola e rido del branco. Mi guadagno il cibo ed è mio dovunque sia, poiché ho una mano che sa lavorare e un cervello sano. Chi mi può seguire venga con me, ma io me ne sto dritta, di fronte al nemico, la vita, e non temo il suo impeto fatale perché ho sempre un pugnale pronto in mano”. Indipendenza, autonomia, amore sensuale, vissuto come seduttrice e non subito, ricerca del successo e di espressione di sé nel mondo intellettuale prevalentemente maschile: tutti i suoi temi sono pionieristici per l’epoca. Alfonsina Storni cerca, rivendicandolo anche per le altre donne, uno spazio in cui agire, vivere professionalmente ed emotivamente, senza subire il destino sociale riservato alle donne. Anche di fronte alla malattia che la colpì ancora giovane, un inguaribile cancro al seno, Alfonsina non si tirò indietro e uscì di scena con la stessa determinazione e fierezza con la quale aveva vissuto.
“Chi mi può seguire venga con me, ma io me ne sto dritta, di fronte al nemico, la vita, e non temo il suo impeto fatale perché ho sempre un pugnale pronto in mano”
roSarIa rUSSo
Nel 1938 si gettò da una scogliera a Mar del Plata e nella sua ultima lirica, Voy a dormir, inviata il giorno prima della morte al giornale «La », si congedò dal mondo con struggenti e tenere parole.
Nel 1969 la cantante Mercedes Sosa rese omaggio alla poetessa con Alfonsina y el mar una zamba, tipico ritmo folclorico argentino, composta da Ariel , noto autore della Misa Criolla, e Felix Luna, divenuta popolare in tutto il mondo di lingua spagnola ed interpretata da cantanti famosi.
Voy a dormir
Dientes de flores, cofia de rocío, manos de hierbas, tú, nodriza fina, tenme prestas las sábanas terrosas y el edredón de musgos escardados. Voy a dormir, nodriza mía, acuéstame. Ponme una lámpara a la cabecera; una constelación, la que te guste; todas son buenas, bájala un poquito. Déjame sola: oyes romper los brotes... te acuna un pie celeste desde arriba y un pájaro te traza unos compases para que olvides... Gracias... Ah, un encargo: si él llama nuevamente por teléfono le dices que no insista, que he salido.
Un’interessante opportunità per immergersi nel mondo affascinante e complesso di una delle artiste più note del Novecento, icona della cultura messicana e simbolo di autodeterminazione. La curatrice, Vittoria Mainoldi, ci presenta la mostra in anteprima
Il Museo Storico della Fanteria di Roma ospita dal 15 marzo al 20 luglio prossimi la mostra “Frida Kahlo through the lens of Nickolas Muray”, un’occasione imperdibile per esplorare la vita e l’opera dell’artista attraverso gli scatti del fotografo che fu non solo un suo confidente, ma anche amante e amico di lunga data.
Curata da Vittoria Mainoldi, l’esposizione presenta oltre sessanta fotografie, sia in bianco e nero che a colori, che documentano il profondo legame dal 1937 al 1946 tra Frida Kahlo e il famoso fotografo ungherese, naturalizzato statunitense, Nickolas Muray offrendo anche uno sguardo intimo sulla vita quotidiana della pittrice, sulle sue relazioni e sul forte legame con il mondo culturale messicano. L’incontro tra i due era avvenuto nel 1923, quasi per caso, tramite l’artista Miguel Covarrubias, studente di Diego Rivera, il marito di Frida. Il magnetismo della pittrice aveva conquistato Nickolas dando avvio a una storia d’amore che sarebbe andata avanti, tra alti e bassi, per i successivi dieci anni lasciando il posto a un’amicizia protrattasi fino alla morte di Frida, avvenuta nel 1954.
“La mostra è stata pensata in collaborazione con l’archivio di Nickolas Muray, il celebre fotografo che ha immortalato tanti grandi personaggi. Frida Kahlo è stato uno di questi. Muray è stato pioniere della fotografia a colori e ha sviluppato importanti tecnologie in questo campo. Non ha mai immortalato qualcuno tante volte come Frida Kahlo, con cui ha avuto una relazione sentimentale molto importante. Per
raccontare la figura di Frida nella mostra abbiamo cercato le foto più vicine a quello che l’artista stessa voleva dire di sé. Secondo me Muray l’ha ritratta nel modo più vero e forse nel modo in cui lei desiderava essere immortalata, anche se Frida si confrontava spesso con la sua immagine attraverso la vasta produzione di autoritratti” spiega la curatrice Vittoria Mainoldi.
I lavori in mostra rivelano al tempo stesso le qualità di Muray come ritrattista e come maestro della fotografia a colori, campo in quegli anni pionieristico. “Frida è stata ritratta da moltissimi fotografi, tutti grandi nomi. L’Occidente guardava con una certa curiosità questa artista che indossava abiti tradizionali messicani nella New York degli anni Trenta e Quaranta. Alcuni di loro, avendo avuto una relazione intima e personale con lei, hanno potuto mostrare però qualcosa di più dell’immagine della moglie del grande artista muralista Diego Rivera. Frida Kahlo è vissuta infatti per lunga parte della sua carriera all’ombra della figura del marito. Quando è riuscita a emanciparsi, è venuta fuori la sua immagine vera e più intima. Muray ha avuto uno sguardo privilegiato su Frida anche perché poteva andare a casa sua non semplicemente come fotografo blasonato: l’ha fotografata con gli occhi dell’amore e nei suoi scatti si vede una Frida che si fa amare. La loro relazione è iniziata dopo il primo divorzio dell’artista da Diego Rivera ed è andata avanti anche attraverso lunghi carteggi, che in parte sono esposti nella mostra, perché Frida viveva prevalentemente in Messico mentre Muray era negli Stati Uniti. È stata una relazione salutare per Frida che finalmente si è scoperta come una donna che piaceva, che si faceva amare da un uomo, che in quel momento era all’apice del suo successo professionale, appassionato delle donne e della vita. Dalle foto di Muray viene fuori dunque una Frida che si emancipa dalla figura ancillare nei confronti del marito, che della messicanità faceva una bandiera anche politica. Era lei con la sua arte che comin-
La SUa STESSa FIGUra È
DIVENTaTa UN’ICoNa. PoICHÉ
FrIDa METTEVa TaNTo DI SÉ
NELLa SUa oPEra, SI Fa FaTICa a METTErE UN CoNFINE Tra
L’arTISTa E La SUa ProDUzIoNE
ciava a esporre autonomamente anche con il supporto economico di Nickolas Muray, che l’ha aiutata a realizzare le prime mostre. Una Frida autentica e libera, prosegue Vittoria Mainoldi. Le immagini, nate dal rapporto professionale e personale tra i due, sono diventate un’icona. L’obiettivo del grande fotografo entra nell’animo della pittrice agganciando il meglio di Frida per svelarlo al mondo, mettendo in luce il profondo interesse della donna per la vita e per la sua eredità messicana, l’affetto per le persone più care e con le quali amava condividere il suo tempo. La presenza delle lettere originali scambiate tra Frida e Nick arricchisce ulteriormente la narrazione della loro relazione proponendo uno spaccato autentico non solo della vita di Frida, ma anche dei sentimenti e delle emozioni, che hanno caratterizzato il loro legame fino alla morte dell’artista. La mostra è completata da una selezione di rari video che catturano momenti condivisi tra Frida, Nick e altri amici rendendo l’esperienza ancora più immersiva. Negli spazi del Museo Storico della Fanteria di Roma non mancano, inoltre, elementi che celebrano l’estetica distintiva di Frida, come otto abiti tradizionali messicani, accuratamente selezionati, insieme a gioielli e accessori artigianali. Sono oggetti che non solo riflettono il suo amore per il patrimonio culturale messicano, ma diventano anche simboli tangibili dell’identità dell’artista, spesso celebrata nei famosi autoritratti. La mostra include una collezione di francobolli emessi in suo onore da diverse nazioni, sottolineando l’impatto universale di Frida attraverso la sua arte e la sua personalità unica. “Frida, che si è fatta fotografare molto, a differenza di altri artisti ha subito un fenomeno di iconizzazione. Le sue opere sono famosissime e hanno avviato una sorta di surrealismo sui generis. La sua stessa figura è diventata un’icona. È raro che questo accada per un artista. Nel caso di Frida Kahlo la sua immagine trascende forse anche la sua produzione artistica. Poiché Frida metteva tanto di
sé nella sua opera, si fa fatica a mettere un confine tra l’artista e la sua produzione. In questo senso è senz’altro un unicum” commenta la curatrice dell’esposizione. Non si può comprendere l’opera di Frida Kahlo senza conoscerne la vita, anche se i suoi dipinti non sono solo il riflesso della sua tragica vicenda biografica, segnata da dolori fisici e psichici, in particolare a causa di un grave incidente avuto all’età di diciassette anni. La sua produzione artistica, intrisa di simbolismo e forti riferimenti all’arte precolombiana, è un potente strumento di dialogo con la storia e con lo spirito del suo tempo. L’artista ha saputo attingere alle tradizioni e al passato indigeno del Messico, integrando questi elementi in un linguaggio visivo, che riflette l’identità culturale del suo Paese.
Il legame tumultuoso con il marito Diego Rivera è un altro aspetto centrale della sua vita e della sua attività. Il loro rapporto, caratterizzato da una passione ardente ma anche da conflitti, ha influenzato profondamente sia l’esistenza che la produzione artistica della pittrice, dando vita a una storia d’amore e di arte che ha superato le consuetudini di un legame sentimentale. Frida Kahlo incarna anche l’avanguardia artistica e l’esuberanza culturale del suo tempo. Lo studio della sua opera permette di comprendere l’intreccio delle traiettorie di molti movimenti culturali che hanno attraversato il Messico in quel periodo, dal Pauperismo rivoluzionario all’Estridentismo, dal Surrealismo a quello che, decenni più tardi, sarà definito Realismo magico.
Escono libri che dischiudono orizzonti inaspettati, e però passano veloci nell’indifferenza. Ti aspetteresti una discussione, ti ritrovi un silenzio. Tacete, o maschi è uno di questi. Il libro è uscito ormai da cinque anni (lo curano Andrea Franzoni e Fabio Orecchini, con le figure di Simone Pellegrini, Argolibri Editore), e per il rigore filologico della ricerca, la consistenza delle fonti, dovrebbe far dire a chi segue e ama la letteratura italiana: finalmente! Finalmente si riesce a mettere un punto fermo, comprovato, su una questione che si trascina irrisolta da sei secoli e più: una letteratura italiana “al femminile” è esistita, sin dalle origini, sin dal Trecento; ed è stata però rimossa, e negata. Inutile cercarla nei manuali di letteratura, nelle antologie scolastiche, nelle storie letterarie su cui generazioni di giovani hanno formato la loro cultura umanistica. Ancora a ridosso dell’Unità d’Italia, quando il tema di una lingua nazionale unitaria si pone come tratto fondante della nuova identità del Paese, proprio la letteratura acquista un valore decisivo.
La Storia della letteratura italiana del De Sanctis esce nel 1871 e in quelle pagine su cui siamo stati chini l’abolizione delle donne è eclatante, talché qualche inascoltato critico azzarda una definizione, che risulta vera: femminicidio culturale. Perché l’Italia si forgia, si dà una lingua, costruisce il proprio racconto nel contesto europeo, e però manca la figura femminile. Non quella dell’ideale estetico, la donna angelicata messa in poesia dal maschio, bensì quella che alla pari del maschio scrive; insomma, manca l’io femminile della scrittura. Non così, questo è l’altro punto sorprendente, in Francia, in Germania, in Inghilterra, nelle cui letterature, e nei testi di formazione, quell’io è rappresentato nella sua autonoma specificità. Potrebbe, e dovrebbe, muovere da qui una accurata analisi circa il provincialismo italiano rispetto all’Europa in epoca moderna. Ecco allora l’importanza di Tacete, o maschi, e il rischio di perdere un’altra occasione, per rimettere storicamente le cose al loro posto. Quelle poetesse marchigiane di cui nel libro si parla, che compongono sonetti, corrispondono con Petrarca, intrattengono tra
La scrittura delle donne, rimossa, negata, silenziata. Un silenzio imposto, che a lungo ha annebbiato una fetta di cultura: testi dimenticati, assenza dalle antologie, dai ruoli culturali e dal sistema intellettuale. Quando “dimenticare” non vuol dire solo non avere memoria di qualcosa, ma anche e soprattutto metterla da parte
di loro relazioni di sorellanza, si confrontano sul piano stilistico, trattano il predominio maschile con l’arma dell’ironia, costituiscono il primo gruppo femminile della nostra storia letteraria. Di più, il loro discorso poetico è improntato a quella che oggi diremmo l’emancipazione femminile.
La fierezza della loro soggettività è già programmaticamente esposta in quel sonetto di Leonora della Genga da cui il libro desume il titolo: “Tacete, o maschi, a dir che la Natura / A fare il maschio solamente intenda / E per for-
mar la femmina non prenda, / Se non contra sua voglia alcuna cura”. Ma il pregio del libro è anche un altro: porre idealmente in dialogo quelle poetesse trecentesche con tre autrici di oggi del calibro di Antonella Anedda, Franca Mancinelli e Mariangela Gualtieri. Che così si rivolge proprio a Leonora della Genga: “Cara Leonora, / ecco, ti scrivo 600 anni dopo. Ti sento vicina. / Il grande sacrificio femminile / di questo femminile dell’umano / non è terminato e nella più parte del pianeta / procede – come e peggio di allora”.
Yoko oh no!, la tela dell’artista lituano Tadas Sokolovas, è un’esplosione di colori e simboli che cattura l’essenza di Yoko Ono, un’artista che ha fatto della provocazione e dell’impegno sociale i tratti distintivi della sua carriera. Il ritratto in stile pop art, ricco di riferimenti alla persona, alla vita e all’arte di Yoko, è un ponte ideale per introdurre il suo universo creativo in cui diverse influenze si mescolano e si sovrappongono.
Dal quadro traspare come Yoko Ono sia molto più di una figura legata al mondo della musica o al suo matrimonio con John Lennon. La sua produzione artistica, che spazia dalla musica al cinema, dalla performance all’arte concettuale, è un’esplorazione continua di nuove forme espressive, spesso provocatorie e anticonvenzionali.
A ristabilire la verità su una figura complessa, scomoda e spesso fraintesa è ora il libro di Dario Salvatori, La figlia dell’oceano (Il Saggiatore).
“Questo libro – scrive Salvatori – è il prodotto di un corpo a corpo di quasi mezzo secolo con un’artista, musicista e intellettuale senza eguali, troppo a lungo considerata solo come ‘spalla’ di John Lennon, come ‘quella che ha fatto finire i Beatles’, come ‘una matta che urla’. Spero che questa lettura cambi il modo di vederla, così come l’incontro con la sua storia ha cambiato il mio”.
Quella realizzata da Salvatori è una biografia completa e appassionante che ripercorre le tappe fondamentali della sua vita, dalla nascita in Giappone all’incontro con Lennon, dalla carriera artistica all’impegno sociale, un “oceano” di esperienze. Il testo è nato da una cartella di appunti e ritagli di giornale in cui l’autore aveva archiviato decenni di ricerche ma smarrita e che poi il caso (il fato) gli ha fatto ritrovare in epoca di pandemia. Il titolo del volume sottolinea le origini giapponesi di Yoko, ma anche come sia un’artista poliedrica, una pioniera che ha sfidato le convenzioni e i pregiudizi.
Dario Salvatori, profondo conoscitore della scena musicale, ha avuto la fortuna di incontrare l’artista in diverse occasioni, sia privatamente che in contesti pubblici come concerti e mostre. Incontri che hanno arricchito il suo lavoro di ricerca e che gli hanno
Basta con i luoghi comuni: Yoko ono non è un’opportunista, né solo la moglie di John Lennon, né tantomeno la causa dello scioglimento dei Beatles. a ristabilire la verità su una figura complessa e spesso fraintesa è il nuovo libro di Dario Salvatori
GaETaNo MENNa
permesso di svelare gli aspetti più intimi e meno conosciuti della sua vita.
L’impegno sociale e femminista è un tema centrale nell’arte di Yoko. Tra le sue opere più celebri e discusse, ricordiamo “Cut Piece” (1964), una performance in cui permetteva al pubblico di tagliare i suoi vestiti fino a lasciarla quasi nuda, per denunciare la mercificazione del corpo femminile. “Wish Tree” (1996) – l’installazione interattiva che invitava i visitatori a scrivere i propri desideri su bigliettini e ad appenderli a un albero – è invece un’opera di trent’anni fa che testimonia il suo
impegno per la pace e la speranza. Eppure, a ben riflettere, queste sue opere come tante altre, ancora oggi sono di viva attualità e toccano temi quali il rispetto della donna, la violenza di genere, il bisogno di pace e di speranza in un mondo travagliato da conflitti. Nel suo quadro Sokolovas raffigura Yoko con una rana ballerina che balla sul palmo della mano. La rana è simbolo di rigenerazione, di libertà artistica e di trasformazione; è Yoko la rana, la donna e l’artista che non ha paura di osare, di sperimentare, di abbracciare l’inaspettato.
“So’ pigra”. Questa affermazione rende immediatamente l’atteggiamento di provocazione, unito a leggerezza, che ha costituito lo stile di vita di Patrizia Cavalli. “Una poeta”, stigmatizzò Elsa Morante quando, dopo due anni di amicizia fatta di condivisione per la poesia e per i gatti, Patrizia trovò il coraggio di farle leggere le sue composizioni che presero corpo in un libro dal titolo – uno dei suoi versi – scelto dalla Morante: “Le mie poesie non cambieranno il mondo”. Era il 1974: fino alla sua morte scriverà solo dodici libri. Tanti i perché: perché è pigra davvero, lei che vive in un tempo dilatato (“un tempo che sembra tutto mio”); perché impegnata a vivere sopra le righe, compreso l’eccesso nel gioco e nel fumo. Soprattutto, perché lei la vive la poesia: la vive nell’amore per la bellezza degli oggetti; la concretizza nella bellezza delle parole la cui particolare musicalità tanto incantava chi ha avuto la fortuna di assistere nell’Auditorium di Roma (sempre pieno: quasi lei un mito pop) alla sua lettura. Si viveva con l’autrice in una partecipazione emotiva e direi sensoriale, che quelle parole apparentemente semplici trasmettevano grazie a ritmi dissonanti inseguiti dalla voce profonda. Parole del quotidiano, sì, ma inserite in una complessa costruzione stilistica e metrica capace di penetrare la realtà: proprio come avveniva nell’arte dell’amica Elsa che a un lessico familiare univa ardita organizzazione sintattica.
Anche nelle grafie si fa loro comune l’instabilità del tracciato che disegna instabilità di umori, variabile autostima, sensibilità esasperata, travolgente emotività.
Il tratto che costruisce la grafia dolce della Morante (piccola, curva, allargata) è ora troppo sottile ora troppo sovraccarico: testimonia una “pelle” incapace di proteggere da quel dolore del mondo in lei ben presente nella perdurante dimensione etico-politica; sarà però la vibrazione del ritmo grafico a ricordare la vitalità sotterranea che freme in Elsa, sempre (fig.1).
Vitale, sempre, anche il tracciato della Cavalli: la sua grafia presenta multiformi aspetti, disuguaglianze che trasmettono dolcezze e rigidità in continua lotta (fig.2).
Un tracciato che procede in modo
Patrizia Cavalli nasce a Todi nel 1947, in una famiglia di intellettuali. ragazzina difficile, poi giovane insoddisfatta, andrà a roma per studiare filosofia. E lì si definirà il destino della sua vita: essere poeta. a sancirlo sarà una grande scrittrice quale Elsa Morante da cui, dirà Cavalli, si sente “accolta”
aNNa rITa GUaIToLI
accidentato, aspro. Come è aspro il carattere della “poeta” – autoironica, sarcastica quasi dissacrante, spesso in-
transigente – capace di stimolare interrogativi esistenziali: “C’è nell’amore volontà di amare?”.
Ignazio Silone appare sempre più come un gigante della letteratura italiana ed europea del Novecento. Ci ha lasciato un’intensa attività saggistica e una serie di capolavori letterari che hanno anche ispirato film e serie tv di largo successo come Fontamara (il suo primo e più celebre romanzo), Il seme sotto la neve, Il segreto di Luca, La volpe e le camelie, Vino e pane, Una manciata di more, Severina. Amò anche il teatro: Ed Egli si nascose (adattamento per le scene di Vino e pane) e L’avventura d’un povero cristiano Si chiamava Secondino Tranquilli, ma scelse il nome d’arte di Ignazio Silone per esprimere la sua doppia identità: cristiana (Sant’Ignazio di Loyola) e popolare (il comandante Quinto Poppedio Silone nel primo secolo avanti Cristo guidò la rivolta dei popoli italici contro le mire espansionistiche di Roma). Sciolto, solitario, deluso dalle ideologie e dalle strutture di potere, Silone affidava alla letteratura il compito di essere memoria degli ultimi e testimonianza della loro lotta di giustizia e di libertà contro una società oppressiva che favoriva solo i pochi, privilegiati e ricchi. In questo senso rivalutò i “cafoni”, i contadini abruzzesi, nel modo in cui Pasolini avrebbe guardato al sottoproletariato urbano come ad una risorsa ancora limpida e incorrotta della società moderna, deturpata dal consumismo capitalistico.
Spicca il ruolo importante che ha sempre dato alle figure femminili dei suoi romanzi. Non comparse, ma vere e proprie comprimarie che condividono con il loro uomo, o con il personaggio positivo della storia, lo stesso orizzonte di valori, per il riscatto dei poveri e degli emarginati. In Silone l’amore privato, interpersonale, si salda con una visione morale e collettiva che punta ad affrancare gli oppressi da catene secolari. Anche a costo di sacrifici, lotte, rinunce. La salvezza dell’umanità sarebbe passata attraverso non una rivoluzione politica ma un profondo rinnovamento etico.
La donna, poi, è doppiamente vittima perché deve agire e reagire in un mondo dominato dagli uomini per difendere e promuovere la sua dignità e la sua parità. Basta rileggere in questa prospettiva spirituale ed etica le eroine siloniane: Elvira di Fontamara, Cristina di Vino e pane, Faustina de Il seme
125 anni fa nasceva uno dei più grandi scrittori italiani del Novecento: Ignazio Silone. Si definiva “un cristiano senza Chiesa e un socialista senza partito”. Nei suoi romanzi la donna è un’eroina che lotta contro superstizioni e pregiudizi pur di dare il suo contributo alla causa ideale perseguita, come un richiamo che non può essere fermato
sotto la neve, Stella di Una manciata di more, Ortensia de Il segreto di Luca, Silvia de La volpe e le camelie e Concetta de L’avventura d’un povero cristiano. Ma anche la stessa suor Severina del romanzo pubblicato postumo dalla moglie Darina Laracy che ne curò anche la stesura definitiva.
Tutte queste caratteristiche hanno acceso il “caso Silone”, l’eccezionalità di un percorso umano e artistico propenso all’essenzialità dei fatti e delle parole, non al “bello stile”. Le sue origini abruzzesi lo hanno trasformato in un “personaggio” tormentato ma alla
costante ricerca del bene comune, della carità fraterna, della giustizia sociale.
Morì a Ginevra nel 1978. La sua Pescina promuove continuamente il ricordo e l’attualità del suo grande scrittore che qui è anche sepolto. Lo fa in ogni realtà a lui dedicata: la Casa-Museo, il Premio internazionale, il Parco letterario, il Sentiero. Per non parlare del film Il giovane Silone, realizzato da Gabriele e Saria Cipollitti, che scava nella verde età dello scrittore scoprendo le radici profonde del suo grande sogno rivoluzionario.
La femminilità in Cina è un concetto complesso e in continua evoluzione, plasmato da valori culturali tradizionali, contesti storici e influenze moderne. Nel corso dei secoli la letteratura cinese ha espresso numerose scrittrici e poetesse, che hanno dovuto fare i conti con l’influenza confuciana che ha fortemente permeato la società cinese tradizionale. Il confucianesimo enfatizzava le relazioni gerarchiche e prescriveva ruoli specifici per le donne. Ci si aspettava che le donne fossero obbedienti, attente e devote alle loro famiglie. Le “tre obbedienze e quattro virtù” (三从四德 Sāncóng sìdé) delineavano i doveri delle donne: obbedienza al padre, al marito e al figlio, e le quattro virtù: moralità, linguaggio appropriato, aspetto modesto e lavoro diligente.
Le donne erano spesso idealizzate come gentili, aggraziate e altruiste. Il concetto di “moglie virtuosa e buona madre” (贤妻良母 Xián qīliáng mǔ) era centrale nella femminilità tradizionale. Il XX secolo ha portato mutamenti significativi nei ruoli delle donne in Cina. Dopo il 1º ottobre 1949, allorché Mao Zedong proclamò la fondazione della Repubblica Popolare di Cina, il Partito Comunista promosse l’uguaglianza di genere, incoraggiando le donne a partecipare alla forza lavoro e alla vita pubblica. Lo slogan “Le donne sorreggono metà del cielo” (妇女能顶 半边天 Fùnǚ néng dǐng bànbiāntiān) divenne emblematico di tale cambiamento. Nella superpotenza economica cinese di oggi molte sono le donne che devono affrontare pressioni per bilanciare le aspirazioni di carriera con le aspettative sociali di matrimonio e maternità. Il fenomeno delle cosiddette “donne avanzi (come gli avanzi di un pranzo)” (剩女 shèngnǚ) evidenzia lo stigma a cui vanno incontro le donne nubili oltre una certa età.
Uno dei libri più famosi sulla femminilità in Cina, purtroppo non tradotto in italiano ma reperibile in inglese, è The Good Women of China: Hidden Voices di Xue Xinrán, giornalista e scrittrice, nata a Pechino nel 1958 e che dal 1997 vive a Londra. Questo libro è una raccolta di storie vere su donne cinesi di vari ceti sociali, compilate dall’autrice. Attraverso il suo programma radiofonico, Xinrán ha
Subordinate prima al padre, poi al marito e, una volta vedove, ai loro figli maschi, le donne dell’antica Cina erano costrette a una vita di sottomissione e silenzi. Ma, in una società dominata da norme filosofiche e religiose create dall’uomo a beneficio dell’uomo, pian piano sono riuscite a “sorreggere metà del cielo”
CarLo MarINo
raccolto resoconti personali di donne che hanno condiviso le loro lotte, speranze ed esperienze in una società cinese in rapido cambiamento. Il libro fa luce sulle complessità della femminilità, sui ruoli di genere e sulle sfide affrontate dalle donne in Cina, offrendo uno sguardo toccante e spesso straziante sulle loro vite.
Xue Xinrán ha pubblicato numerosi libri, fra cui, in versione italiana: il bestseller La metà dimenticata (Sperling & Kupfer, 2002) e Le figlie perdute della Cina (Longanesi, 2011). Per aiutare i bambini cinesi che vivono in condizioni di disagio ha fondato l’associazione benefica “The Mothers’ Bridge of Love”.
La figura di Dracula, il leggendario vampiro, affonda le sue radici nell’immagine inquietante di Vlad l’Impalatore, il principe della Valacchia la cui crudeltà in battaglia e nelle torture ha marchiato a fuoco il suo nome nella storia. Eppure, quel volto spaventoso e sanguinario è diventato il simbolo di uno dei personaggi più iconici della letteratura e del cinema, il cui fascino oscuro continua a sedurre e terrorizzare ancora oggi.
Un mito, quello di Dracula, che affonda le radici nel romanzo di Bram Stoker, pubblicato nel 1897, e che ha ispirato innumerevoli adattamenti, dalle pellicole storiche ai remake più recenti. L’arrivo nelle sale all’alba del nuovo anno del Nosferatu di Robert Eggers offre l’occasione per riflettere sul legame profondo tra il romanzo originale, le sue trasposizioni cinematografiche e la centralità della donna. Partendo dal capolavoro di Stoker, possiamo cogliere le sottili sfumature poetiche di una trama che ha sempre posto al centro il desiderio, l’amore puro, quell’intenso e totale senso di appartenenza a una donna, il tutto immerso in un’atmosfera di orrore gotico e malinconia, talmente potente da sfidare persino la morte. E se davvero volessimo individuare il protagonista assoluto di questo romanzo gotico per eccellenza, non dovremmo guardare al volto terrificante del vampiro, ma a quello angelico e innocente, simbolo di purezza per la sua verginità, della donna da lui amata. È lei il cuore pulsante della storia, il nodo simbolo di sensualità, desiderio, amore e passione – una passione che scorre nelle vene, scarlatta e incontrollabile. Nel romanzo di Stoker, Dracula è un principe antico che giunge in Inghilterra per sedurre, distruggere e trasformare le sue vittime. Ma la storia che ne consegue, pur attraversando dolore e violenza, è quella di un amore che sfida le tenebre.
Se Dracula è la più grande storia d’amore mai raccontata, la sua forza risiede nella centralità delle donne: figure quali Mina Harker, Lucy Westenra e Wilhelmina Murray, non sono solo oggetti di desiderio e morte, ma anche di straordinaria resistenza, lottando contro il destino imposto dal vampiro.
E proprio la centralità della donna è stata esplorata e reinterpretata dal cinema, dalle versioni di Murnau e Coppola fino alla recente rivisitazione di Eggers.
“Ma non ero mai stata così felice. Come in quel momento, quando tenevo per mano la Morte. Questo preannuncia qualcosa di orrendo, per noi. Non devi partire, ti amo. Ti amo troppo”
(Ellen in Nosferatu, robert Eggers)
La figura di Mina, in particolare, assume un ruolo fondamentale: non più solo vittima, ma una donna capace di resistere e redimere Dracula, trasformando l’amore in riscatto e rinascita. Anche altre interpretazioni cinematografiche, come quella di Werner Herzog nel 1979, Dracula 3D di Dario Argento (2012) e il già citato remake di Eggers, hanno esplorato e continuano a esplorare il legame tra desiderio, morte e la figura femminile, mantenendo viva la tensione romantica e poetica che da Stoker arriva fino ai giorni nostri.
In tutte queste trame, è la donna il vero cuore pulsante, non quello del vampiro da impalare. Una tragica storia d’amore che, nonostante la sua spietatezza, resta una delle più affascinanti e poetiche della letteratura e del cinema. Perché “l’amore non muore mai”. Segnalazione letteraria: Shin Nosferatu (Edizioni BD) di Roberto Recchioni esplora ancora una volta il legame tra desiderio, morte e la figura femminile, mantenendo viva quella tensione oscura e romantica che attraversa il mito di Dracula.
La storica libreria il Melograno nasce alla fine degli anni 60 su corso Vittorio Emanuele, uno dei corsi più importanti della città di Torino. Ha una storia lunga, non ci sono eredità familiari e i due precedenti proprietari l’hanno portata avanti fino alla pensione. Nel 2007 Monica Lavopa rileva la libreria con un atto di grande generosità. Monica, qual è la storia che ti lega a Il Melograno?
Avevo una mia libreria nel 2002 più piccina, che non era molto distante da questa. La mia iniziativa di aprire era stata un po’ azzardata, ma con la mia inesperienza aprii lo stesso; in realtà lavoravamo entrambe senza pestarci i piedi. Torino è la città del Salone del Libro, non dimentichiamolo, tanti clienti approfittano del Salone, fanno le foto dei libri che interessano e poi tornano in libreria per acquistarli. Poi è arrivato un giorno in cui il proprietario precedente de Il Melograno, che si chiamava Tullo, per sollevare la libreria che stava attraversando un momento di difficoltà, mi ha chiesto di unire le forze pur di tenere in vita la storica libreria. Ho preso tutto il mio magazzino e l’ho portato dall’altra parte e, insieme, ce l’abbiamo fatta, anche se con inevitabili difficoltà iniziali… Un passaggio di testimone accolto con grandi sacrifici. E avete fatto modifiche alla libreria in questa occasione? No, non abbiamo toccato niente. Tutti gli scaffali partono da terra e arrivano fino al soffitto. Negli anni precedenti c’era una scala che scorreva su un binario, proprio come quelle delle grandi biblioteche. Nel tempo è stata fatta una modifica, per poter usufruire della parte espositiva alta, perché non era pensabile che i clienti potessero usare la scala scorrevole. Oggi ci sono due balconcini con due scale per accedere comodamente ad un corridoio scaffalato e sopraelevato. Il Melograno è come un frutto di buone cose e di buon auspicio, nell’antica Grecia era simbolo della fertilità: crescere attraverso i libri è augurio di una buona vita. Oggi Tullo, con c’è più per colpa del Covid, ma ho ancora il suo cane, Zoe, che continua a vivere qui, da 14 anni. Che tipologia di utenza si affaccia a Il Melograno?
Decisamente molto varia, perché la libreria si trova tra Corso Francia, con
Per Monica Lavopa, responsabile della libreria Il Melograno di Torino, i libri sono tutte le risposte alle sue domande e ai personaggi che va a cercare, i quali, diventando amici inseparabili, accrescono la sua innata passione per la lettura
LorEDaNa SIMoNETTI
una clientela della Torino liberty, e borgo san Paolo, che nasce come quartiere operaio. C’è veramente di tutto e i libri devono essere appetibili per parecchie categorie.
Una storia particolare da raccontare? Ogni anno per la festa della donna, viene un signore, solo quel giorno. Gira all’interno della libreria, sceglie un paio di libri, me li fa impacchettare, me li paga e mi dice di consegnarli a due donne, lasciandomi la scelta a chi donarli in quella giornata. Una volta gli ho chiesto “da parte di chi sono questi regali?”, lui ha chinato la testa,
facendo un cenno con la mano, ed è uscito.
Questo regalo “sospeso” ha, comunque, un sapore antico…
Sì, perché quello del libraio è un lavoro che si fa con l’anima. C’è un libro della Laterza molto bello dal titolo Vendere l’anima, ovvero il mestiere del libraio (nrd. Romano Montroni, Laterza 2010). La proviamo tutti questa sensazione, ma bisogna prepararsi a lavorare tanto, sapendo che la proporzione di quello che si dà a questo lavoro non è, purtroppo, quello che verrà riconosciuto in termini economici.
Alda Merini è una figura iconica legata alla poesia e alla letteratura italiana, e la sua vita e le sue opere sono spesso celebrate, specialmente in occasioni come la festa della donna. La poetessa ha affrontato temi di amore, sofferenza e resilienza, e la sua esperienza con la malattia mentale ha influenzato profondamente la sua scrittura, rendendola una voce potente e autentica per molte donne. A Robecchetto con Induno nel 2018 le è stata intitolata la biblioteca civica. Il motivo ce lo racconta Sandra Meneghin, Coordinatrice della Biblioteca dal 1992: “Nel 1998 abbiamo ospitato per una presentazione del suo nuovo libro la Poetessa dei Navigli Alda Merini alla quale è stata dedicata la Biblioteca nel novembre 2018. In quella serata, di cui ho un ricordo vivido, abbiamo presentato Fiore di poesia di Alda Merini a cura di Maria Corti (Einaudi, 1998). La poetessa era stata contattata per noi da Giuliano Grittini, noto fotografo, suo amico e curatore di numerosi suoi libri d’artista; quella sera, poco prima della presentazione, Grittini mi telefonò preoccupato: “Alda si è incupita, non è più convinta di venire” mi disse. Ricordo il tremore alle ginocchia, non solo perché la serata rischiava di essere un gran disastro, ma soprattutto perché stavo rischiando di perdere un’occasione importantissima, professionalmente e personalmente. Invece Alda Merini arrivò, brontolando, fumò per tutta la durata della presentazione e fu indimenticabile e indimenticata come solo lei sapeva essere”.
La biblioteca comunale esiste dal 1992 ma solo nel 2018 è stata inaugurata la nuova sede: una ex filanda trasformata in una biblioteca che punta a essere uno spazio culturale polivalente immerso in un parco. La biblioteca funge anche da centro educativo che, pur mantenendo il focus sui servizi bibliotecari, vuole essere un luogo di socialità culturale coadiuvato dalla scuola di musica adiacente. La biblioteca si articola in un grande open space distribuito su due piani. Al piano terra vi sono i servizi bibliotecari veri e propri, con le aree tematiche, le riviste, la narrativa e la saggistica, e molteplici spazi di relax e di socializzazione, con poltrone, un pianoforte e tavolini da bistrot. È presente anche un “laborato-
Una biblioteca che ricorda la donna e la poetessa, l’esistenza e l’arte. Come non parlarne nel mese che celebra la femminilità e l’arte poetica? Ecco a voi la biblioteca alda Merini di robecchetto con Induno, in provincia di Milano
SILVIa SCaPINELLI
rio di creatività digitale” per i giovani, attrezzato con workstation, un’area per bambini piccolissimi con uno scaffale gioco, un’area dedicata a “Nati per Leggere”, passaggi segreti, un baule dei travestimenti e una parete lavagna. Al piano primo vi è uno spazio polivalente e varie salette per lo studio, percorsi di formazione e per il tempo libero.
La coordinatrice Sandra ci informa che “la biblioteca fa parte della Fondazione Per leggere – Biblioteche sud ovest Milano e dal alcuni anni svolgiamo numerose attività molto apprezzate dall’utenza quali ad esempio Esponia-
moci ad Alda Merini: un artista e tre opere per quattro settimane è la sintesi del Progetto per dare la possibilità ad artisti emergenti di esporre la propria creatività e farsi notare da una vasta utenza. Tra i partecipanti ci sono stati anche artisti di chiara fama quali ad esempio Giancarlo Colli e il pittore pubblicitario Daniele Oppi. Altri eventi apprezzati sono i Corsi di lingua italiana per stranieri e le Colazioni all’Alda Merini dove il terzo sabato di ogni mese la Biblioteca offre una colazione abbinata a presentazione di libri, testi poetici o albi illustrati”.
Roma è al centro dei pensieri di MMC Edizioni. “Lavoriamo per far conoscere una Roma alternativa”, spiega Maria Cristina Martini, direttrice editoriale di MMC EDIZIONI che fonda nel 2001, dopo una esperienza durata oltre un decennio come giornalista radiofonica e come editrice nonché direttrice responsabile del primo mensile telematico nato in Italia, “ChiDoveQuando…”, riguardante tutte le novità culturali del mese a Roma e distribuito prima attraverso BBS, e poi, verso la fine degli anni ’80, direttamente attraverso internet.
MMC è una casa editrice con una linea editoriale ben delineata che, attraverso un lavoro serio e continuativo di ricerca sul territorio, si è specializzata sulla saggistica inerente alla Capitale, ma anche sulla musica mediterranea, sui temi interculturali, sull’antropologia, sull’arte e sull’attualità. Dopo essersi inizialmente dedicata a generi vari, adesso offre numerose collane di libri su Roma.
Le collane principali sono tre e fanno il focus su dettagli o tematiche particolari della città.
“A spasso con la storia” contiene libri in formato A4, ricchi di informazioni e fotografie realizzate ad hoc, che puntano l’attenzione sui dettagli artistici e architettonici meno noti. Veri e propri censimenti sul territorio riguardanti elementi di arredo urbano che caratterizzano la storia e il costume della città. Tra i vari titoli, Fontanelle romane (le fontanelle da cui si può bere, non le fontane di cui parlano tutti!), Gli orologi di Roma, Le facciate parlanti (sulle iscrizioni e i motti sugli edifici, divisi per rioni e quartieri), Madonnelle (sulle edicole sacre), A testa alta (sugli itinerari che seguono le targhe apposte sui muri) e il recentissimo Roma Pittata (libro sui graffiti, sugli affreschi, sulle facciate istoriate a partire dal 1400 fino ad arrivare ai murales contemporanei).
“Approfondimenti”, invece, è una collana dedicata principalmente - ma non solo - alla città di Roma e a tematiche particolari, con libri come Roma Enigmistica (sui giochi di parole utilizzati a livello criptato o esplicitamente satirico lungo i secoli), i due volumi sui Modi di dire romaneschi che creano con le parole un ritratto di luoghi, vicende,
MMC Edizioni è una piccola casa editrice romana, specializzata in Saggistica, che produce principalmente libri su roma.
Ma fra le pubblicazioni trovano spazio anche altri temi che coinvolgono la natura umana, le sue creazioni ed emozioni: musica, culture mediterranee, antropologia, arte e attualità
GISELLa BLaNCo
tradizioni e curiosità della città eterna per comprendere la natura dei suoi abitanti. In una città come Roma non potevano mancare libri dedicati a chiese o cattedrali, descritte però in un’ottica alternativa.
“Roma misteriosa” è una collana rivolta agli aspetti più oscuri della Capitale e tratta di fantasmi, luoghi inquietanti, diavoli, profezie e tanto altro. Sono libri destinati a un pubblico più giovane rispetto a quello delle altre collane, scritti con un linguaggio immediato che spazia da storie della
tradizione a questioni di attualità. “Lavoriamo per far conoscere una Roma alternativa”, spiega Martini. “L’editoria purtroppo sta attraversando momenti molto difficili (aumentano i costi, diminuiscono i lettori e i guadagni si stanno ormai quasi azzerando). Noi piccoli editori stiamo sempre più combattendo contro dei mulini a vento, come Don Chisciotte, ma ci sostiene ancora una naturale passione e la consapevolezza che si tratta di un lavoro affascinante e, come disse anni fa un mio collega, terribilmente intrigante”.
In un mondo in cui la letteratura ha spesso relegato le figure femminili a ruoli secondari, nel suo nuovo libro “Maestre” Carolina Capria si propone di smontare l’idea radicata che le donne debbano limitarsi a essere spettatrici delle gesta eroiche degli uomini. Attraverso l’analisi di Persuasione di Jane Austen, Jane Eyre di Charlotte Brontë, Via col vento di Margaret Mitchell, Amatissima di Toni Morrison e L’arte della gioia di Goliarda Sapienza, l’autrice ci invita a riscoprire storie che celebrano l’audacia e la forza al femminile. La sua prosa riesce a coniugare l’analisi letteraria con una narrazione che incoraggia le donne a mettere sé stesse al centro della propria vita e a perseguire i propri desideri senza remore.
Perché ha scelto il titolo Maestre per il suo libro?
Perché mentre siamo abituati a sentir parlare di sommi maestri, quindi di uomini capaci di ispirare con la loro opera e il loro ingegno intere generazioni, difficilmente utilizziamo il termine maestre con la medesima accezione. È il vocabolario a ricordarci che “maestra” è colei che insegna alle scuole elementari, mentre il termine “maestro” ha anche un altro significato e indica chi eccelle in un’arte. La storia invece è piena di somme maestre, e dobbiamo cominciare a dare loro il ruolo a cui hanno diritto.
Qual è l’aspetto principale che accomuna le figure femminili al centro del suo nuovo saggio?
Sono tutte autrici che hanno raccontato le mille sfaccettature dell’esperienza femminile e si sono fatte carico della formazione di ragazze e donne, indicando loro delle strade alternative rispetto a quelle che la società invitava a percorrere. Le “personagge” a cui hanno dato vita fanno parte dell’immaginario con cui molte ragazze sono cresciute e ancora oggi sono in grado di ispirare, divertire, e porre l’attenzione su questioni che continuano a essere cruciali per le donne: l’autodeterminazione, l’indipendenza, il rapporto con l’altra, la costruzione della propria identità. Ma sono anche donne che hanno dato valore alla propria voce e hanno creduto nel proprio talento quando nessuno lo faceva, sfidando la società e le convenzioni pur di prendere lo spazio a cui avevano diritto.
Con Maestre, Carolina Capria ci guida in un viaggio illuminante, scrivendo non solo di autrici celebri come Jane austen e Toni Morrison, ma anche di eroine come Jane Eyre e Scarlett o’Hara. La scrittrice milanese si è affermata come una voce importante nella letteratura contemporanea per il suo impegno contro i pregiudizi di genere
MarIa roSarIa GrIFoNE
Lei dal 2018 gestisce il progetto social “L’ha scritto una femmina”, un’iniziativa che promuove la letteratura femminile e si oppone ai pregiudizi di genere. L’anno seguente ha fondato un bookclub che si è rapidamente trasformato in un’iniziativa diffusa a livello nazionale, offrendo a lettori e lettrici l’opportunità di condividere e approfondire la loro passione letteraria. Ci può parlare del suo nuovo progetto legato all’uscita di Maestre?
Quest’anno il bookclub che porto avanti da molti anni nella città in cui vivo, Milano, ha preso vita in tantis-
sime librerie e biblioteche sparse per l’Italia (e non solo) che hanno deciso di accettare il mio invito e adottare il programma di lettura che proponevo, e quindi leggere i cinque classici di cui parlo in Maestre. I gruppi di lettura sono un’occasione preziosa di confronto e condivisione, e quelli nati da questa iniziativa andranno avanti per tutto il 2025, offrendo a chiunque vorrà partecipare la possibilità di uno spazio sicuro nel quale discutere di grandi scrittrici e delle loro opere. Scoprendo o riscoprendo non solo dei magnifici libri, ma soprattutto il piacere di chiacchierare e creare una comunità.
Essere una bambina, e poi una donna, vuol dire imparare fin da subito cosa si può fare e cosa non si può fare, vuol dire imparare che certe qualità, come il coraggio, l’audacia e l’indipendenza, non sono prettamente femminili, e che reprimere i propri desideri è normale, e consigliabile. Meglio restare ai margini e attendere passivamente un salvatore o, nella più sfortunata delle ipotesi, la provvidenza. E se molti libri non fanno che confermare la certezza che soltanto gli uomini possono compiere gesta intrepide e che alle donne spetta il compito di accogliere gli eroi di ritorno dalle loro mirabolanti avventure, Carolina Capria ci conduce in un viaggio illuminante nella più grande letteratura femminile di tutte le epoche e ci mostra che un’altra strada è effettivamente percorribile. Perché di maestre nei libri ce ne sono moltissime, grandi scrittrici come Jane Austen e Toni Morrison, e grandi eroine come Jane Eyre, che ci insegna che una donna può salvarsi da sola, o Scarlett O’Hara che ci dimostra che una donna può mettersi al comando. O ancora Modesta, la protagonista dell’Arte della gioia di Goliarda Sapienza, che ci ricorda quanto sia importante mettere se stesse al primo posto e non illudersi di trovare la felicità dove viene richiesto solo il sacrificio. Dei propri desideri, delle aspirazioni, dei sogni.
CAROLINA CAPRIA
Maestre
Disobbedire e ascoltare se stesse grazie a cinque scrittrici
HarperCollins Italia, 2025 pp. 240, euro 18,00
LIA LEVI
E se non partissi anch’io
Edizioni E/O, 2024
pp. 210, euro 18,00
Un libro nuovo, originale in contenuti e nella storia: Lia Levi questa volta ci propone la vita familiare di una giovane famiglia ebrea alle soglie del 1900, poco prima del secolo che tragicamente coinvolgerà il mondo intero con guerre fratricide. La storia narra di tre amici, pacifisti e non appartenenti alla stessa religione, che si confrontano in una società in tumulto, in cui politica e tradizioni si scontrano apertamente. Sono tre attivi spettatori di quanto accadrà da lì a poco.
“La guerra è lo strumento dei capitalisti per conquistare nuovi mercati! Possibile che la gente non lo capisca?”. Le loro vite tra studio e famiglia portano a considerazioni inappuntabili. “Gli ebrei nei secoli sono stati sempre perseguitati. […] Potevano convertirsi, diventare come gli altri, non l’hanno fatto. Senza forse rendersene conto sono diventati il simbolo dei diritti del diverso. Un diverso che non ha fatto niente di male”.
Partire per ritrovare se stessi, anche se puoi non piacere agli altri: questo è il significato potente del libro di Lia Levi.
(Loredana Simonetti)
SELENA CRAVOTTO
La grande corsa
Affiori, 2025
pp. 114, euro 16,00
Una storia che parte da Torino e arriva fino al Monte Bianco, attraversando la Francia. È una riflessione sull’ambizione e sui sogni attraverso gli occhi di Sveva – una giovane donna che un tempo odiava correre – e su ciò che la separa dal compiere un’impresa quasi impossibile: partecipare all’iconica gara Mont Blanc Sky Run, centocinquanta chilometri e ottomila metri di dislivello, tutto a piedi, senza mai fermarsi, nemmeno di notte. Nel mezzo si svolge la sua trasformazione fisica, mentale e personale, un percorso che si sviluppa chilometro dopo chilometro, come in un mémoire. Ma questo viaggio non è solo una sfida sportiva, è anche l’inaspettata ricostruzione del rapporto con il padre, che forse, senza rendersene conto, la stava allenando per sfidare il suo stesso divieto di partecipare a una gara tanto estrema. Quando un grave incidente mette in discussione il senso dell’intera impresa, Sveva dovrà confrontarsi con le sue motivazioni più profonde. Prefazione di Maurizio Amendola.
(Francesca Ghezzani)
CHIara CaMPaNELLa
Il Premio “Racconti nella Rete” è, dal 2002, uno dei principali concorsi nazionali che offre agli scrittori di tutte le età (compresi gli autori emergenti) la possibilità di partecipare presentando racconti brevi, favole per bambini e soggetti per cortometraggi. La premiazione dei vincitori si svolge nell’ambito del “Festival Luccautori”: un evento culturale di rilievo finalizzato alla celebrazione della scrittura creativa. L’antologia del 2024, abilmente curata da Demetrio Brandi, che raccoglie i 25 racconti vincitori della trentesima edizione dell’omonimo premio letterario, evidenzia la profondità di temi universali come il dolore, la morte e la vecchiaia. Un testo molto apprezzato è indubbiamente L’ospite è come il pesce che, proponendo la storia di una creatura primordiale dall’alito disgustoso e dal respiro affannoso alla quale restano poche ore di vita, si è distinto per la sua ironia e capacità intrattenitiva, ricevendo il Premio Buduar come miglior racconto umoristico. Tra gli altri testi selezionati, tutti caratterizzati da uno stile narrativo unico e coinvolgente, spicca di certo una trilogia di racconti che affronta il delicato tema della morte, riuscendo a regalare ai lettori intimi spunti di riflessione ma anche piacevoli occasioni per sorridere. Nel primo racconto, “Niente di più divertente”, si narra la storia del figlio di un “cassamortaro” che a scuola viene additato per il mestiere del padre e, perciò, evitato, salvo poi seguire le orme del genitore perchè, tutto sommato quel lavoro ha un suo lato umanitario, oltre che fruttuoso. Il secondo racconto, ”Camera (ardente) con svista”, si svolge, invece, nel bel mezzo di un funerale dove, dalle rispettive bare, i due protagonisti, stuzzicati dalla curiosità di sapere chi è andato a dare loro l’ultimo saluto, controllano la platea, biasimando gli assenti. Nel terzo racconto, “Il primo giorno”, infine, la protagonista sente il suo corpo leggero e fissa nella bara lei stessa, che, da morta, può guardare la fragilità dei suoi parenti ed amici desiderando abbracciarli, consolarli e dire loro quanto li ha amati e che gli resterà sempre accanto.
AA. VV.
(A CURA DI DEMETRIO BRANDI) Racconti nella rete® 2024 Luccautori
Castelvecchi, 2024 pp. 110, euro 12,00
ELENa D’aLESSaNDrI
Viviane è una bella donna di 42 anni, con una figlia di pochi mesi e un forte senso di smarrimento: suo marito l’ha lasciata per un’altra, da un giorno all’altro. In una stanza vuota e piena di scatoloni ammassati, frutto di un recente trasloco, la protagonista culla sua figlia in cerca di risposte. Il suo psicoanalista è morto, ucciso a coltellate. È stata lei a ucciderlo? Viviane ha la sensazione di aver commesso qualcosa di terribile, ma i suoi ricordi appaiono sfocati e inafferrabili. Al contempo, una voce narrante descrive la scena utilizzando, dapprima, la seconda persona, successivamente la prima quindi la terza, senza una specifica ragione se non quella di creare smarrimento nel lettore. La polizia, dal canto suo, che indaga sulla morte dello psicanalista, convoca Viviane in Commissariato, come ex pazienze, perché forse è in grado di fornire informazioni utili alle indagini. Ma Viviane sa di non dover destare sospetti e durante l’interrogatorio si finge tranquilla, risponde alle domande degli agenti, li invita a chiedere conferma a sua madre… morta da oltre un decennio. Ma chi è davvero la protagonista? Una donna fino a poche settimane prima inappuntabile, con un ufficio sugli Champs-Élysées, una vita ordinata, borghese, finanche ordinaria. E ora cosa resta di lei, se non il suo nome altisonante: Viviane Élizabeth Fauville, al contempo “regale e fragile, relitto di un’esistenza inappuntabile, della scrupolosa obbedienza alle leggi dell’abitudine e della necessità”. Quello della scrittrice francese Julia Deck è un noir psicoanalitico breve, originale, e dalla scrittura intensa. La narrazione si contraddistingue per un costante senso di urgenza e di angoscia, come se all’improvviso dovesse accadere qualcosa di incombente… Mentre Viviane decide di condurre, a sua volta, un’indagine parallela a quella della polizia sulla morte del suo psicanalista, non è chiaro se per depistare le accuse che potrebbero pesare sulla sua testa o per far luce sull’accaduto. Il tutto in una Parigi tetra e sconosciuta in cui la protagonista sprofonda in una cupa solitudine fino ad un epilogo sorprendente e inimmaginabile.
JULIA DECK
Viviane Élizabeth Fauville
Adelphi, 2024
pp. 129, euro 12,00
LUCA VIOZZI
Profluvio
Giaconi, 2024
pp. 128, euro 13,00
Luca Viozzi presenta
Profluvio, un thriller ad alto tasso di tensione e suspense, in cui seguiamo l’oscura avventura della giovane Elena durante un devastante diluvio. Elena sta cercando di raggiungere la casa paterna con la sua automobile ma la pioggia è così violenta da impedirle di proseguire; l’unico luogo in cui riesce a trovare rifugio è una chiesa, dove incontra tre persone: il giovane parroco, che sembra profondamente irritato, un uomo sulla quarantina che la mette subito a disagio e un’anziana signora preda di delirio. Come se non bastassero già quelle persone a inquietare Elena, ci si mette anche l’atmosfera opprimente e malsana che si respira in chiesa, che dovrebbe invece essere un simbolo di pace e accoglienza. L’autore ci spiega ben presto il motivo per cui quel luogo susciti tanto malessere nella protagonista: un efferato crimine è avvenuto lì, e dovrà essere proprio Elena a scoprire chi dei tre sconosciuti sia un mostro, evitando allo stesso tempo di finire tra le sue fauci.
(Manuel Carri)
RICCARDO PRINI
La vittoria di Icaro Self Publishing, 2024 pp. 360, euro 16,00 La Vittoria di Icaro di Riccardo Prini è un noir scientifico ambientato in un futuro non troppo lontano in una base situata nel cuore della Lapponia svedese. L’autore intreccia il mito con il progresso tecnologico, riflettendo sui limiti umani e sull’eterna sfida dell’essere umano alle leggi naturali: così come Icaro volò troppo vicino al sole, convinto di poter dominare gli elementi, anche gli scienziati protagonisti dell’opera tenteranno di oltrepassare dei confini invalicabili, mettendo a rischio la sopravvivenza della loro razza. In questo romanzo ricco di riferimenti scientifici e di citazioni filosofiche, si parla dell’ambizione allo stato puro e dell’alto costo della sete di conoscenza; Riccardo Prini ci fa viaggiare verso terre ignote, e palesa la possibilità di un destino alternativo in cui Icaro possa trionfare: sarebbe però un bene o un male? Esiste una soglia oltre la quale l’essere umano non dovrebbe spingersi, per non perdere ciò che ha di più prezioso: l’umanità stessa?
(Marzio Vincenzi)
Il filo segreto della storie Land, 2024 pp. 360, euro 16,00 Il filo segreto delle storie di Francesca Cani è un romanzo ambientato a Lungomonte, in Toscana, in due distinte epoche storiche: il 1943 e il 2003. Siamo alle ultime battute del secondo conflitto mondiale: il partigiano Francesco è a capo di un gruppo di ribelli quando un giorno incontra la dolce Sophie, una ragazza appassionata delle storie narrate nei libri; i due si innamorano ma la guerra li tiene lontani per molto tempo, prima di poter coronare il loro sogno di stare insieme. Sessant’anni dopo un’anziana Sophie riceve la visita di sua nipote Emma, che ora vive a Dublino dove svolge la professione di reporter. Emma è tornata in Italia perché ha bisogno che Sophie le racconti cosa successe al nonno Francesco durante un rastrellamento ad opera dei nazifascisti, perché ciò che accadde potrebbe essere di grande importanza per un’inchiesta che sta seguendo. Sarà l’occasione per Sophie di fare pace col suo difficile passato, e per ricordare quel momento storico che influì sul destino di molti.
(Manuel Carri)
FRANCIS GODWIN
L’uomo sulla luna
La Vita Felice, 2024 pp. 164, euro 13,00 Il viaggio sulla Luna è un topos letterario d’eccezione, che ha solleticato l’inventiva di scrittori e poeti sin dall’antichità. Chi ha amato le pagine di Ariosto sulle imprese di Astolfo per recuperare il senno di Orlando, si immergerà con piacere anche in questa avventura lunare, pubblicata nel 1638 dal vescovo inglese Francis Godwin.
Il protagonista è uno spagnolo, Domingo Gonsales, costretto a lasciare il proprio paese a causa di un duello finito male. Dopo diverse peregrinazioni giunge all’isola di Sant’Elena, dove riesce a creare una bizzarra macchina volante condotta da una particolare razza di cigni selvatici. Proprio grazie a questi rari volatili Gonsales raggiungerà la Luna, un mondo utopico abitato da esseri intelligenti, dove non si commettono crimini e “tutti muoiono senza soffrire”.
Al di là poi delle innegabili suggestioni fantascientifiche, il testo si rivela uno specchio dell’intenso dibattito sulla natura dell’universo che caratterizzò il XVII secolo, testimoniando l’interesse dei contemporanei per i misteri del cosmo.
(Francesca Fiorani)
MarIa roSarIa GrIFoNE
Due di me di Rosario Sorrentino è un’opera che affronta il complesso tema del disturbo bipolare combinando la competenza medica dell’autore con una narrazione intimista. Sorrentino, neurologo e divulgatore di chiara fama, riesce a trasmettere al lettore non solo l’aspetto clinico della malattia, ma anche il peso emotivo e le sfide quotidiane che deve affrontare chi ne è affetto. Sin dall’inizio il lettore si trova immerso nella realtà della protagonista, Francesca, che lotta contro la propria condizione. La negazione della malattia diventa un meccanismo di difesa contro una diagnosi che lei rifiuta con tutte le sue forze. La sua esistenza è scandita da due facce che si alternano: la “Francesca A”, euforica e spavalda, e la “Francesca B”, vittima di un’oscurità opprimente. Questa dualità rappresenta non solo il disturbo, ma anche la complessità dell’essere umano che Rosario Sorrentino riesce a rappresentare con autenticità e rispetto. La narrazione si sviluppa attraverso un percorso di ricerca e scoperta in cui Francesca esplora diverse strade per trovare una cura. È interessante notare come l’autore non si limiti a descrivere le esperienze della protagonista ma inviti il lettore a riflettere sullo stigma sociale e sui pregiudizi che circondano le malattie mentali. L’inserimento nel racconto di una psicoanalista freudiana, che rinforza le resistenze di Francesca, offre un ulteriore spunto di riflessione sui diverse approcci terapeutici e sull’importanza di una cura adeguata e tempestiva. La scrittura di Rosario Sorrentino riesce a trasmettere un messaggio potente: con il giusto supporto e una dose adeguata di determinazione è possibile affrontare e superare anche gli ostacoli più insormontabili. Alla fine Francesca comprende che, sebbene la sofferenza possa essere atroce, c’è sempre una via d’uscita. Con Due di me Rosario Sorrentino dimostra dunque che la letteratura può essere un potente strumento di divulgazione e sensibilizzazione, capace di abbattere barriere e pregiudizi.
ROSARIO SORRENTINO Due di me
Romanzo bipolare
Compagnia Editoriale Aliberti, 2024 pp. 192, euro 8,99
GILDo DE STEFaNo
Avrei voluto leggerne qualche pagina in più di quest’ultimo romanzo dello spagnolo Luis Landero (vincitore nel 2022 del Premio Nacional de las Letras Españolas) per come è sapientemente ben strutturato e coinvolgente, praticamente accattivante come tutti i suoi libri. Il tessuto dialogico è quasi monocorde poiché i personaggi essenziali si riducono a due ma le loro storie si intrecciano in maniera impeccabile, riuscendo a far mantenere al lettore una soglia di attenzione molto alta. Atmosfere affascinanti, ben scritto e, quel che più conta, storia interessante e ricca di continue riflessioni sull’esistenza umana e le sue fragilità, spesso ridicole.
Bella la trama e buono lo stile narrativo, come pure l’uniformità del ritmo: quindi, poco da dire. Semplicemente uno dei libri più belli che abbia letto. Vorrei azzerare la memoria per rileggerlo da capo, quasi un capolavoro descrittivo sulla profondità e l’ironia del personaggio di Marcial. Una storia coinvolgente, scritta con grande maestria e acume, che crea un’atmosfera magica e preziosa di segreti da svelare fatti di umiliazioni e solitudine, che il protagonista ripropone continuamente nel presente, sotto forma di insicurezze in una continua ricerca di addomesticamento esercitando l’arte del controllo finché c’è l’incontro fatale con Pepita, l’essere umano opposto al suo, a tutto ciò che Marcial non è, gettandosi in un volo pindarico di folle corteggiamento, tra speranza e dolore fino all’approdo agognato.
Un Landero d’annata, in un affresco letterario in bilico tra bianco e nero, in cui la strategia dell’innamoramento è palpabile, quasi si tocca. Due protagonisti straordinari, una trama formidabile, uno scrittore capace e profondamente fagocitato delle sue creazioni, com’è giusto che sia se l’opera è veramente valida. L’aspetto più bello? Il titolo, ovviamente. Traduzione a cura di Giulia Zavagna.
LUIS
LANDERO
Una storia ridicola
Fazi, 2025
pp. 213, euro 18,50
ANDREA SANNINO
Prima di Abbracciame
Mea, 2024
pp. 151, euro 15,00 Il cantante di Ercolano, che ci ha fatto compagnia durante il lockdown con la canzone Abbracciame, si racconta con genuina autenticità in questo romanzo autobiografico, curato da Stefano Vannini. È il viaggio nell’anima di un giovane che ha trasformato il sogno di diventare cantante in realtà, grazie a una forza interiore incrollabile.
Sannino si fa testimone –non a caso, ama presentare il libro nelle scuole – della propria vita prima del successo. Si parte dal vicolo Santa Rosa di Ercolano, dove è nato, presentandoci le figure familiari che lo hanno ispirato e incoraggiato, gli amici di sempre del quartiere, l’amore della sua vita, Marinella, musa ispiratrice che ha creduto in lui e Napoli, la città pulsante che lo ha accolto, regalandogli i primi successi. Andrea Sannino ci racconta dei sacrifici che ha dovuto superare, ma la lezione è quella di non arrendersi, se si ha un sogno.
La lettura scivola velocemente per lo stile fluido, semplice e sincero: parole che sono dettate dal cuore.
(Simona Vassetti)
ANCCO
Ragazze cattive Canicola, 2024
pp. 184, euro 25,00
A distanza di sei anni dalla prima edizione, dopo aver vinto il “Premio rivelazione al Festival di Angoulême”, torna in una versione cartonata, Ragazze Cattive, dell’autrice coreana Ancco. L’autrice si fa portavoce della situazione di disagio della gioventù coreana, scrivendo una storia di abusi in un paese nel pieno di una crisi economica e morale. La storia, in parte autobiografica, racconta della protagonista Jin-joo che rompe le convenzioni e tenta la fuga dalla sua famiglia, insieme alla giovane Jung-ae, durante la crisi economica in Corea del Sud degli anni Novanta, dove la violenza rappresenta la più naturale forma di contatto umano. Ancco fa della propria esperienza una testimonianza di coraggio e di ribellione, dopo aver subito delle ingiustizie della vita. Il fumetto in bianco e nero, è una moderna rivisitazione di Piccole donne di Louisa Alcott, nella quale le ragazze crescendo, sono diventate “cattive”, diventano guerriere consapevoli per affrontare la dura quotidianità.
(Simona Vassetti)
MaUro DESTrIErI
Nunzio Festa, dopo Il crepuscolo degli idioti e Frutta, verdura ed anime bollite, editi da Besa, torna al genere con Io devo andare, io devo restare. Il nuovo romanzo breve di Festa è arrivato nello stesso anno del suo nuovo saggio narrativo, Ai piedi del mondo. Lunigiana e Basilicata sulle corde degli Appennini (Tarka Edizioni) e della sua ultima silloge poetica, Semplificazioni dai transiti sotto la coda di Trieste (Bertoni Editore). Il ritrovamento di resti umani in un bosco accende la scena in Lunigiana, nella parte ligure. Una vicenda gialla che racconta il narcotraffico sudamericano sul territorio, ma anche l’alluvione in Val di Magra e Val di Vara del 2011, la cementificazione, l’estrazione del marmo di Carrara. E la lingua? “Un istinto naturale per il suono, l’allitterazione, l’accostamento vertiginoso delle parole. Un desiderio palese per la prova, la sperimentazione, il continuo tentativo di trovare una dimensione nuova”, risponde la stessa Eliselle. “Non c’è modo di imbrigliare la prosa di Nunzio Festa – aggiunge –, che sa essere poetica anche quando parla di omicidi e ammazzamenti, di viaggi e spostamenti, di sesso e sentimenti. Un romanzo insolito, qualcosa che forse non avete mai letto prima, ma non mi viene bene come a Nunzio, che è anche poeta, oltre che scrittore e giornalista. E in questo libro mischia il giallo alla cronaca nera, il saggio critico al romanzo intimista, la letteratura del paesaggio e quella di viaggio in un mix di colto intrico verbale che racconta di un luogo magico con occhi diversi”. Sempre nella dimensione del viaggio, che “si percepisce in molti scritti di Festa, non solo in questo, e non solo nei suoi romanzi, ma anche nelle prose poetiche, nella poesia, nei saggi. Nunzio è un autore di spostamenti, di scoperte, di osservazioni: nato a Matera, ha vissuto in Lucania, a Pomarico, poi in Lunigiana e Liguria, adesso è in transito in Romagna. Non lo si imbriglia, non lo si può fermare, e l’unica cosa che si può fare è cercare di conoscerlo attraverso le storie e le parole che sceglie con cura e ostinazione”. Con un racconto inedito in appendice.
NUNZIO FESTA
Io devo andare, io devo restare
Booktribu, 2024 pp. 110, euro 12,00
SIMoNa VaSSETTI
Lo scrittore islandese, che da anni si occupa di divulgazione scientifica e temi legati alla difesa dell’ambiente, ne La pietra del gigante ci regala otto racconti, tradotti direttamente – elemento non trascurabile –dall’islandese da Silvia Cosimini, che risultano coinvolgenti e profondi, che toccano le corde dell’animo umano. Gli otto racconti, apparentemente scarni, descrivono l’Islanda contemporanea: in sette di questi, l’autore usa la prima persona, e lo fa con lo scopo di indagare nelle esistenze dei suoi personaggi, e nelle scelte che compiono. Nell’unico racconto in terza persona, Wild Boys, lo stile cambia bruscamente: perché riferendosi, non a caso, all’omonimo brano dei Duran Duran, lo scrittore islandese riprende la critica al consumismo, trasformandola in una satira pungente, schierandosi contro la corsa al possesso e al successo. Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, Magnasson gioca con il tempo: è interessante, infatti, che la narrazione segua binari differenti, tra presente e passato, ma soprattutto che il tempo appaia come materia duttile. Mentre la traiettoria della pietra si compie, vengono spiegate le ragioni che hanno spinto il protagonista a scagliare il sasso, tornando di fatto indietro nel tempo. Il lancio, dunque, raccoglie tutta la tensione emotiva e il disagio accumulati dal protagonista, a fronte di un divario sempre più drammatico tra ricchi e poveri. Con tono poetico, e uno stile scarno ed evocativo insieme, Magnasson, scava nell’interiorità umana, conducendo il lettore a confrontarsi con la frustrazione e la rabbia verso una società capitalista, che insegue la ricchezza a tutti i costi, anche prevaricando gli altri. Questa nuova raccolta di racconti del poeta islandese risulta preziosa, non solo per viaggiare in Islanda, ma per scoprire che quella terra lontana è, in realtà, il nostro mondo, un posto dove ci sentiamo spesso soli e alla ricerca di un senso alla vita.
ANDRI SNÆR MAGNASSON
La pietra del gigante
Iperborea, 2024 pp. 158, euro 17,00
MY MOVIES (A CURA DI)
Le città del cinema
I luoghi dei film cult girati in Italia
Morellini, 2024 pp. 160, euro 24,00
La creatività ha un vincolo straordinario con l’immagine filmica e le nostre città sono i principali palcoscenici dove si realizzano i film.
Morellini Editore, sempre all’avanguardia con le sue proposte editoriali, ripercorre numerose città, all’interno delle quali sono stati realizzati film indimenticabili. Di ogni città, cita e illustra i film predisponendo un QR code, attraverso il quale si possono vedere numerosi trailer.
Anche dell’uso del QR code
Morellini nei suoi libri è stato un vero pioniere. Docenti, giornalisti e critici cinematografici hanno contribuito alla realizzazione di questo libro, che permette, tra l’altro, la visione di tutti i film citati in streaming su Mymovies ONE, a condizioni molto vantaggiose.
Fotografie, locandine, luoghi da visitare, ma anche cast, registi e immagini delle città; un libro, insomma, che permette una meravigliosa passeggiata tra storia, cultura e cinema. Non vuole essere un’enciclopedia esaustiva, ma un piacevole viaggio nei luoghi iconici del cinema.
(Loredana Simonetti)
MASSIMO TIBERIO RUFO
A est ed ovest di Greenwich passando per Caput Mundi
Progetto Cultura, 2024 pp. 234, euro 15,00 Ottimo romanzo di evasione questo di Massimo Tiberio Rufo. A una prima parte scandita da un ritmo lento e dettagliato, centrato sulle figure dei protagonisti –Robert e Deborah – e sul loro innamoramento reciproco tra cene, feste e partite a golf, fa seguito una seconda parte ricca di azione e di suspense con continui capovolgimenti di fronte: Robert diventa vittima (inconsapevole) di una sorta di “raggiro” ordito da Deborah che però, scaltra come è, riesce a volgere a suo favore l’intricata vicenda in cui si è cacciata. Assistiamo così a una serie di avvincenti intrecci fra contrabbando di armi e traffici di droga con milioni di euro in ballo. Ottimi i flash che si susseguono nei diversi luoghi in cui si consumano i molteplici filoni della storia, che giustificano il titolo: Kabul, Sharm el-Sheikh, Roma, Città del Guatemala, Gioia Tauro, Il Cairo, L’Havana...
I personaggi sulla scena si moltiplicano e la trama si fa avvincente. Le cose sembrano prendere una piega sfavorevole per l’affascinante quanto spregiudicata Deborah fino al colpo di scena conclusivo. (Girolamo Terracini)
aLESSaNDra SoFISTI
Consapevoli che il sistema politico, normativo ed economico sono ancora oggi impostati profondamente al maschile nelle regole e nelle prassi, fino a risalire alle radici delle parole, le autrici, con chiarezza e massima precisione nei dati, ci aiutano a riflettere sul fatto inequivocabile che in qualità di lavoratrici, disoccupate, madri, figlie, mogli, compagne, contribuenti, consumatrici e risparmiatrici, proprietarie, investitrici, imprenditrici abbiamo un ruolo importante nell’economia, ma rimaniamo nascoste nello sguardo degli uomini. Prima di tutto occorre restituire il giusto valore all’impegno femminile nell’economia familiare della cura gratuita, necessaria e fondamentale per perseguire il benessere comune. Matrimonio e patrimonio, etimologicamente il compito della madre e il compito del padre, hanno alla radice due stereotipi di genere che definiscono un uso dei soldi con finalità opposte. Le linee guida di una famiglia che persegue il benessere di chi vive sono quelle della solidarietà e della relazione, mentre il patrimonio che agisce in una dimensione pubblica esterna ha come obiettivo il profitto, il reperimento delle risorse. La regola base è la competitività, chi è più forte vince, chi è più debole perde. Una divisione dei ruoli così rigida ha resistito immutata a lungo nella storia, e gradualmente ha cominciato a cambiare solo negli ultimi trecento anni. Il patriarcato che etimologicamente significa “la legge del padre” si può definire come un sistema sociale di dominio maschile sulle donne. Oggi questa organizzazione totalitaria e pervasiva è cambiata, ma non allo stesso modo e non da tutte le parti. Per le autrici la parola lavoro dell’articolo 1 della nostra Costituzione va letta etimologicamente: l’Italia è una Repubblica democratica fondata sulla fatica. Inoltre non si può immaginare una buona economia senza solide infrastrutture sociali che comprendano istruzione, assistenza, sanità per un sistema economico inclusivo, equo e che produca benessere.
GIOVANNA BADALASSI, FEDERICA GENTILE
Signora economia: guida femminista al capitale delle donne
Le plurali, 2024 pp. 159, euro 12,00
GIoVaNNI MaNCa
Difficile immaginare un libro dedicato a una icona della musica pop (quale Mina indubitabilmente è) che sia più ben scritto, completo e ben documentato di quello che abbiamo tra le mani. Allo scopo di metterne in evidenza carisma e fascino, in prefazione Ivano Fossati osserva come la “tigre di Cremona” (in realtà Mina è nata a Busto Arsizio, nel 1940) stia nell’ombra a muovere i fili delle sue maschere e montare il proprio teatro, salendo in scena quando e come vuole lasciando al “cannibale” solo la voce. Il personaggio di Mina senza dubbio suscita grande interesse e l’alto livello e rilievo accademico dei numerosi saggi scritti da autori ricercatori universitari esperti nelle più eterogenee discipline contenuti nelle quasi 500 pagine del volume (dense anche di materiale iconografico d’epoca) sta lì a dimostrarlo. Ogni aspetto della vita artistica della cantante affiora man mano che si procede nella lettura: il libro prende le mosse dagli esordi dell’artista nel 1958 (è l’anno in cui escono i primi due 45 giri di Mina, uno a nome di Mina, appunto, intitolato Malatia/ Non partir, l’altro sotto lo pseudonimo di Baby Gate, “When/Be Bop a Lula”) e si conclude con un breve saggio di Francesca Cantore che esamina l’ingresso di Mina nel mondo dell’editoria nel Marzo del 1998, anno in cui l’artista inizia una intensa collaborazione con diversi quotidiani e pubblicazioni periodiche. Nel mezzo il saggio di Roberto Favaro, dove si osserva come buon merito delle canzoni della straordinaria interprete sia dovuto anche ai testi e alle parole di cui sono fornite, oltre che alla bontà delle musiche, quello di Maria Teresa D’Amelio, che prende in considerazione Mina come madre moderna e su come la costruzione della celebrità di Mina influenzi l’idea dello scandalo che travolge l’artista stessa quando conferma la sua gravidanza frutto di una relazione extraconiugale, quella con l’attore Corrado Pani, il saggio di Gabriele Rigola sull’ultima apparizione della cantante, e molti altri.
GIULIA MUGGEO, GABRIELE RIGOLA, JACOPO TOMATIS (A CURA DI)
Mina. La voce del silenzio Presenza e assenza di un’icona pop
Il Saggiatore, 2024 pp. 480, euro 29,00
ALESSANDRO MEZZENA LONA, ROMEO TOFFANETTI
Nero è il colore delle note
Ronzani, 2024 pp. 297, euro 25,00 Una sfida singolare e decisamente riuscita, quella che il disegnatore di Nathan Never, Romeo Toffanetti, ha lanciato all’autore, Alessandro Mezzena Lona: costruire una storia sulla base di una trentina di tavole disconnesse l’una dall’altra. Il risultato è un romanzo affascinante e sorprendente, di ambientazione dark, che rende omaggio allo scrittore americano Cornell Woolrich, di cui il protagonista del libro porta il nome: un aspirante scrittore incline al bicchiere, che ama spiare le donne e che, quando riesce a liberarsi dall’invadenza della madre, va a vivere in un palazzo abitato da strane presenze, tra cui una violoncellista che gli ricorda Jacqueline Du Prè, morta 30 anni prima. Un romanzo distopico, ambientato in una città “dove soffia un vento rabbioso” e dove la Brain Utopia intende trasferire l’essenza stessa di un essere umano nella memoria di un computer. Una trama articolata, che invita anche a riflettere sulle crescenti manipolazioni operate sul corpo e sul cervello umano. (Elena D’Alessandri)
DANIELE PRATESI
Ancora un minuto Efesto, 2024
pp. 256, euro 15,00 Una storia d’amore con tante distrazioni, troppe. Troppi aperitivi, troppe ore trascorse in ufficio a rincorrere una carriera estenuante, troppo poco tempo a fermarsi a riflettere su quello che si è veramente e che cosa si desidera dal futuro. Qualche flash illumina le incertezze del protagonista, Giuseppe, e cerca di riportarlo ad una visione più attenta della vita che conduce. La sua dirigente, Nora, avrà un ruolo importante nella vita di Giuseppe.
“Tutti con una mano in tasca e con un bicchiere nell’altra. Coglioni ovunque, aveva ragione Nora. Eravamo circondati”.
Noemi, la storica fidanzata, lo lascia vivere le sue inquietudini, senza mai allontanare il pensiero da lui, seguendo a distanza i passi faticosi che Giuseppe fa per trovare se stesso. Riusciranno insieme, tra mille difficoltà, a trovare il loro equilibrio, accettando quel disordine in cui temevano di perdersi. Il libro è scorrevole, ma andrebbe sfrondato dagli eccessivi aperitivi a cui il protagonista partecipa, per dare più spazio alla vicenda tra Giuseppe e Noemi, a tratti offuscata dai fumi dell’alcool.
(Loredana Simonetti)
GaETaNo MENNa
Il libro Quel ragazzo della curva B. Nino D’Angelo Movie (Edizioni Il Foglio) è un’opera che si presenta come un doppio omaggio a Nino D’Angelo, emblema della cultura napoletana e italiana. Il volume è suddiviso in due parti, offrendo al lettore una prospettiva completa sulla sua carriera artistica.
Nella prima parte, Quel ragazzo della curva B, Fabio Izzo ripercorre la vita di Nino D’Angelo, dalla sua infanzia nel quartiere di San Pietro a Patierno fino al successo nazionale. Il racconto di Izzo è arricchito da aneddoti e testimonianze che svelano il lato umano e professionale di D’Angelo, un artista che ha saputo conquistare il pubblico con la sua autenticità e il suo talento. Leggendo queste pagine, si scoprirà come Nino D’Angelo sia riuscito a trasformare le sue esperienze personali in un patrimonio collettivo, influenzando intere generazioni di artisti e lasciando un’impronta indelebile nella storia della musica.
La seconda parte del libro, Nino D’Angelo Movie, curata da Gordiano Lupi, è un’analisi dettagliata della filmografia di Nino D’Angelo. Lupi esplora le pellicole che lo hanno visto protagonista, da Celebrità del 1981 a Falchi del 2017, offrendo al lettore una panoramica completa della sua evoluzione come attore. Il libro non si limita a celebrare la carriera di Nino D’Angelo, ma offre anche uno spaccato interessante sulla cultura napoletana e sulla sua influenza nella musica e nel cinema italiano. D’Angelo, infatti, è un artista che ha saputo interpretare lo spirito della sua città, portando sullo schermo e sul palco le storie e le emozioni della gente comune. È un saggio che va oltre la semplice celebrazione di un artista. È un’opera che, attraverso la storia di Nino D’Angelo, racconta un pezzo di storia italiana, una storia fatta di passioni, di sogni e di riscatto sociale. Un libro che, come sottolinea Lupi, rende omaggio a una figura iconica e underrated del nostro paese; un artista che nonostante tutto ha saputo, con la sua arte, toccare il cuore delle persone.
FABIO IZZO, GORDIANO LUPI
Quel ragazzo della curva B Nino D’Angelo Movie
Il Foglio, 2024 pp. 242, euro 14,00
ELENa D’aLESSaNDrI
Quasi cento i ritratti che compongono un volume che non ha pretese di saggistica ma che ha come obiettivo solo quello di divertire. Da Londra a Parigi passando per Hollywood, Francis Dorléans traccia affreschi divertenti fatti di aneddoti scandalosi che legano tra loro diverse figure, rivelando una verità ineluttabile: la società snob, amante del potere e dei soldi, è caratterizzata da arroganza e cattiva educazione. Con vivace ironia e indiscussa perseveranza, Francis Dorléans nel suo libro, sugli scaffali in Italia dallo scorso novembre - la prima pubblicazione dell’edizione francese Flammarion risale al 2009 -, presenta una carrellata di snob, raccontando storie di persone realmente vissute. Persone però ricordate per lo più come personaggi. Il risultato non è certo un trattato sociologico sullo snobismo quanto, piuttosto, un’antologia di snob: teste coronate, scrittori, registi, attori, attrici, fotografi, stilisti, ma anche politici, uomini d’affari e artisti talentuosi: il jet set internazionale del secolo scorso. Personaggi accomunati dalle loro vite “scandalose”: dalla principessa Natalya Paleya, avviata alla droga da Cocteau, a Marilyn Monroe, mancata principessa di Monaco, al posto di Grace Kelly, perché troppo volgare, seppure “appetitosa”, ad Aristotele Onassis, ai duchi di Windsor, solo per citarne alcuni. Da Londra a Parigi, da New York a Hollywood, passando per Monaco e la Grecia. La dissacrazione senza sconti di un mondo in cui i locali notturni hanno soppiantato i salotti settecenteschi, in cui a primeggiare è l’arroganza, la ricchezza, il potere e, soprattutto, la cattiva educazione. D’altronde: la classe non si compra. Quello di Dorléans, per quindici anni uno dei cronisti di punta di Vogue, scomparso nel 2022, è un affresco di un modo di vivere che tutti vorrebbero ma che, in verità, pochi possono permettersi. Con una penna vivace, Snob Society è un capolavoro in cui ciascun ritratto è cesellato ad arte.
FRANCIS DORLÉANS
Snob Society
Neri Pozza, 2024 pp. 527, euro 30,00
EVELYN WAUGH
Un turista in Africa
Adelphi, 2024
pp. 196, euro 14,00 Sul finire degli anni Cinquanta, alla vigilia dell’indipendenza delle colonie britanniche in Africa, Evelyn Waugh compie un viaggio fra Kenya, Rhodesia e Tanzania, scoprendo amaramente come la bellezza primigenia del Continente Nero venga mano a mano sempre più occidentalizzata e sfregiata. I primi esempi di turismo commerciale, ben diverso dal concetto di viaggio, sono l’oggetto di caustiche riflessioni dell’autore, che però ha ancora la fortuna di poter ammirare paesaggi ancora incontaminati e una natura non ridotta a stereotipi da cartolina. Gli ultimi bagliori di un’Africa che di lì a poco, nel bene e nel male, sarebbe cambiata per sempre. Riproponendo questo interessante libro, a metà fra diario di viaggio e caustico romanzo storico-sociale su un periodo fondamentale della storia africana recente, Adelphi offre al lettore un utilissimo strumento per meglio comprendere l’Africa contemporanea, i cui molti irrisolti problemi nacquero proprio al momento della mal gestita transizione verso l’indipendenza.
(Niccolò Lucarelli)
Lava
Arkadia, 2024
pp. 260, euro 17,00
Il libro rafforza la spinta analitica ed esplorativa nel contesto investigativo del commissario Di Giannantonio, dipana le trame conturbanti di un passato, sempre vivo, attraverso il richiamo evocativo dell’imperscrutabile animo umano. Dalla singolare circostanza di una lettera, dall’imprevista eredità concessa al commissario da un misterioso benefattore, l’autore affida la narrazione alla dinamica psicologica e riflessiva, a colpi di scena inaspettati e avventurosi nel palcoscenico deformato da intricati interrogativi in attesa di risposte, affronta l’opportunità indagatrice per avvicinare l’elemento intuitivo del sospetto, la facoltà di cogliere indizi, esaminare le testimonianze, combinare la composizione del racconto. Nissirio mantiene il filo rosso della suspence, l’approfondimento inquietante, riconosce nella coinvolgente ricerca della verità il fascino dell’osservazione, mescola prospettive labirintiche nei dettagli cruciali, nei residui della memoria. Lava erompe nella materia letteraria, libera la superficie incandescente della storia, consolida la magmatica direzione del cratere emotivo.
(Rita Bompadre)
LaUra MUSSo
La Puglia, ad oggi è una delle più belle regioni italiane: ricca di reperti che risalgono a tempi remoti e testimoniano la presenza dell’uomo sin da questi. Tuttavia il primo popolo al quale è stato attribuito un nome è quello degli Iapigi. stanziato nel territorio tra il Gargano e Leuca, dalla fine dell’Età del Bronzo all’inizio di quella del Ferro. Un popolo che ha dato origine a tre culture: i Dauni, i Peuceti e i Messapi. In seguito alla conquista del Salento da parte di Roma – conclusasi pressappoco nel 260 a.C. – la civiltà iapigia scompare, quasi come se fosse stata annullata nel mondo romano. Così Valerio Casalini – nel Prologo del suo studio – ci presenta in modo sintetico, ma efficace, gli Iapigi. Il saggio di Casalini è una interessante e puntuale analisi della storia degli Iapigi, facendo riferimento e citando le teorie e dei commenti di vari studiosi e storici riguardo a questo popolo. Il linguaggio del Nostro autore è scorrevole, le pagine sono arricchite da materiale fotografico, rappresentazioni grafiche, tabelle; tante le citazioni tratte dalle opere dei più noti filosofi e storici, che ci guidano alla scoperta degli Iapigi, chiariscono e descrivono uno spaccato della società, della cultura e dell’arte di quelle remote epoche storiche.
Il volume è completato da un Epilogo dedicato all’arte, alla struttura sociale e ai flussi preistorici nel Mediterraneo; segue una Appendice che contiene “Brevi cenni storici (estratti da Gli Iapigi – Storia e civiltà della Puglia preromana, Ettore De Juliis)”. Esaustive le pagine dell’Appendice dedicate alla Ceramica vascolare in Puglia, corredata da un glossario che illustra le varie tipologie di vasi e il loro utilizzo. Il saggio di Casalini non è rivolto solo agli studiosi e agli appassionati di Storia Antica, bensì, grazie alla sua struttura e allo stile, il lettore si sente coinvolto e parte della storia. Ricordiamoci che il nostro presente e il nostro futuro, affondano salde radici nel nostro passato remoto.
VALERIO CASALINI
Gli Iapigi
Prima della conquista di Roma
Milella, 2024 pp. 183, euro 17,10
FraNCESCo roaT
Se c’è un termine obsoleto, quello è castità. E non solo: tale parola è sinonimo di mortificazione dei sensi, frustrazione, inibizione sessuale o, peggio, di una vera e propria castrazione. Ha dunque senso, oggi, scrivere sulla castità? Parrebbe di no, eppure Erik Varden lo ha fatto offrendo ai lettori un contributo sincero e mai moraleggiante, che, attraverso riferimenti alle Sacre Scritture, alla letteratura e all’arte propone indizi inaspettati per guardare con occhi nuovi alla castità, mostrandocela come un modo di porsi salutare e tutto da riscoprire.
Tenuto conto che siamo pronipoti di Freud, nel terzo millennio sembra assodato che, per un perseguimento di sé equilibrato, la fruizione di una sessualità libera e consapevole sembra essere il prerequisito essenziale. Ma, sostiene Varden: “In realtà, il processo funziona al contrario; che non ha senso esperienziale attribuire autonomia orientativa all’istinto sessuale, come se fosse una forza naturalmente ordinatrice destinata ad allineare a sé altri aspetti del proprio essere in un disegno armonioso”.
Oggi il fare sesso è attività praticata in età sempre più precoce e quasi – mi si conceda il termine – animalesca più che umana. E se fosse invece che coltivare da giovani la castità, non vista come mera repressione ma come equilibrata gestione istintuale, potesse permettere una successiva sessualità adulta più soddisfacente, ricca, feconda?
Certo l’espressione più alta della castità si ritrova nel voler (e non dover) restare vergini. Ma ancora una volta occorre chiarire l’aspetto non psicopatologico di una tale forma di rinuncia ad una certa modalità, – che non è l’esclusiva – di esprimere l’amore. “La verginità, per essere feconda, deve essere scelta come opzione vibrante di vita”. Astenersi dal soddisfare un appetito, nota Varden: “Può essere un modo per imparare ad amare in modo ordinato e fruttuoso”. Per esempio progredendo dalla promiscuità alla fedeltà nei nostri rapporti.
ERIK VARDEN Castità
La riconciliazione dei sensi
Edizioni San Paolo, 2024 pp. 207, euro 20,00
BARBARA ROSSI
Marcello Mastroianni
Il divo gentile
Gremese, 2024 pp. 189, euro 16,00
Barbara Rossi, con il suo stile narrativo avvincente, ci regala un ritratto intimo e appassionato di Marcello Mastroianni. L’autrice ci guida attraverso le diverse fasi della vita dell’attore, dalla sua infanzia alle vette del successo internazionale. Azzeccata la scelta di adottare uno stile romanzato, che rende la lettura scorrevole e coinvolgente, e permette di immedesimarsi profondamente nella vita di Marcello, scoprendo un uomo complesso e sfaccettato, lontano dall’immagine del divo. Due le relazioni sentimentali significative dell’attore: con Faye Dunaway e Catherine Deneuve. L’autrice riesce a delineare con delicatezza questi legami, mostrando come abbiano influenzato la sua vita e la sua carriera. La struttura narrativa del libro, che segue una linea temporale precisa, permette di comprendere l’evoluzione artistica di Mastroianni ed apprezzare il suo talento versatile. Il rapporto con Federico Fellini, analizzato in modo approfondito, evidenzia l’importanza di questa collaborazione e amicizia per entrambi gli artisti. È un’opera che rende omaggio a uno dei più grandi attori italiani offrendo al lettore un ritratto vivido e appassionante. (Massimo Tassistro)
BARBARA MINUTOLI
Viaggiare sognare vivere
La Feluca, 2024 pp. 94, euro 14,00
“Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Li miei compagni fec’io sì aguti, […] e dei remi facemmo ali al folle volo”. Con queste parole Ulisse esorta i compagni a proseguire l’avventuroso viaggio, alla scoperta di nuove terre e popoli. Barbara Minutoli, è la giovane autrice di Viaggiare Sognare Vivere, un diario di viaggio interiore. Barbara ha venti anni, viaggiare, è conoscenza, sogni, speranze, desideri che si realizzano; è percepire suoni, colori e profumi, sensazioni ed emozioni che arricchiscono il nostro io più profondo.
Monaco di Baviera, Firenze, Cracovia, Matera, Spagna, Milano, infine l’America: un viaggio compiuto tra il 2012 e il 2016. Perché queste città? Quale fil rouge le unisce? Cosa cerca Barbara? Quale valore ci ha trasmesso? Le risposte le troviamo tra le righe del suo diario, ma il lettore attento capirà anche quale ma è affrontato in modo delicato, in punta dei piedi e mai chiamato con il suo nome.
(Laura
Musso)
LUCA GONZATTO
Chi si ferma si ritrova Il metodo semplice e divertente per meditare dai 3 ai 13 minuti al giorno e non diventare un guru Bur Rizzoli, 2024 pp. 384, euro 15,00 Chi si ferma si ritrova è la nuova opera dello studioso di temi legati alla crescita interiore e alla meditazione Luca Gonzatto, in cui si viene guidati in un percorso semplice e progressivo per imparare a meditare anche se si ha poco tempo a disposizione e una vita particolarmente stressante. Questo manuale è quindi dedicato a tutti coloro che desiderano ritrovare il proprio centro e concedersi anche solo pochi minuti al giorno per focalizzarsi su sé stessi, sul proprio respiro e sulla propria consapevolezza, lasciando fuori il caotico mondo con la sua richiesta incessante di essere iper-performanti. In questo testo si insegna invece a rallentare, perché chi si ferma non è perduto ma si ritrova; l’autore presenta il metodo da lui ideato e organizzato in ventotto giorni, in cui si mediterà tre minuti nella prima settimana, cinque minuti nella seconda, otto minuti nella terza e tredici minuti nella quarta. È giunto il momento di fare qualcosa per il nostro benessere; è tempo di fermarsi e respirare.
(Marzio Vincenzi)
MARCO DE MONTIS
Dal lampo rosso ai bagliori di guerra Logisma, 2024 pp. 204, euro 26,50
Tra il 1926 e il 1933 la Regia Aeronautica sviluppa quella competenza acquisita durante il Primo conflitto mondiale. Nel 1934
Francesco Agello ai comandi di un velivolo eccezionale, soprannominato “lampo rosso”, conquista il record di velocità, l’ultimo bagliore di una stagione irripetibile, chiusa nel 1935 con la Guerra d’Etiopia. A partire da quella data l’Italia e la sua industria perdono quella posizione di preminenza sul mercato internazionale. Le ragioni sono molteplici e attribuibili ad alcune scelte errate dal punto di vista tecnico-operativo, come l’insistenza sulla formula del biplano da caccia, e dottrinale, con l’assenza di bombardieri a lungo raggio, nonché una modesta produzione industriale. Eppure, anche gli Inglesi avevano i loro problemi, che, tuttavia, riescono a superare concentrandosi sull’efficienza operativa e le prestazioni dei velivoli. Un libro consigliato per chi vuole capire i motivi che hanno portato la Regia Aeronautica a perdere la Seconda Guerra mondiale. (Andrea Coco)
CarLa
IaNNaCoNE
Cos’è la Musicarpia? Cosa significa? Musicarpia è il risultato di due sostantivi femminili, musica e arpia, che danno voce a loro volta ad un altro sostantivo femminile. La coniazione del nome non è casuale, non è un gioco di parole né una formula apotropaica. È una necessità. Una ribellione. Una denuncia. Nel panorama musicale le donne sono in minor numero rispetto agli uomini. Non ci facciamo caso perché l’orecchio è assuefatto da ciò che viene propinato dalle radio, dalla televisione, dai social, da schemi precostituiti che si configurano come modello standard per chi fa la musica, per chi la produce e per chi ne usufruisce. Questi “cattivi” modelli insistono in ogni ambito sociale, e si riflettono non solo nei rapporti interpersonali ma soprattutto in ambito lavorativo e artistico. La lotta per l’affermazione di pari diritti delle donne comincia anche dalla musica, un campo dove non si registra una grande presenza delle figure femminili. Le artiste sono nettamente inferiori rispetto agli artisti, e se le grandi cantanti del passato continuano a tener testa agli uomini e ad avere il loro successo gran parte del risultato lo si deve alla tenacia e alle battaglie che hanno dovuto affrontare per affermare il loro talento. Sorte a dir poco infelice capita alle artiste che calcano per la prima volta il palcoscenico e che fanno sempre più fatica ad emergere. Una guerra silenziosa che continua a trascinarsi nell’indifferenza e nello spregio di una mentalità patriarcale che corrompe anche il mercato musicale.
Musicarpia è un testo che esamina tutte le criticità connesse al fenomeno musicale femminile, dove le discriminazioni sessuali sono tanto più evidenti che in qualsiasi altro contesto (si pensi alle cantanti criticate per la scelta di mettere in mostra il proprio corpo, per il genere di musica praticato o ancora per il contenuto dei testi). È un’analisi che mira a dare consapevolezza a chi fa musica ma più ancora a chi non la fa, perché è il fruitore a determinare un cambio di rotta e a influenzare il mercato musicale con i suoi gusti e le sue preferenze.
FEDERICA PEZZONI
Musicarpia
Guida femminista per una musica sovversiva e collettiva
Le Plurali, 2024 pp. 160, euro 12,00
Una scrittura lucida, quella di Daniela Attanasio, carica di quel segreto che “oltre l’ingombro della siepe” illumina tutte le faccende della vita, anche quelle più complesse, proprio attraverso la parola poetica. Nella silloge Vivi al mondo (Vallecchi, 2023), opera giunta alla cinquina finalista al Premio Strega Poesia 2024, con un andamento tendente alla prosa, paratattico e privo di punteggiatura come un flusso di coscienza, tra le molte tematiche non tralascia quella relativa a uno dei mali più gravi che affliggono la società: la violenza di genere.
“Con lo sguardo bagnato di stupore/ una sola coltellata l’ha fatta morire/ quella alla giugulare”: che ruolo può avere oggi la poesia nella lotta contro la violenza sulle donne?
Non credo che la poesia sia uno strumento di lotta per combattere la violenza di genere. La lotta dovrebbero farla gli uomini, poeti e non ma questo non accade. I miei versi su un caso di femminicidio nascono dalla lettura di una notizia giornalistica che riportava la cronaca del crimine vigliacco. Nella mia poesia viene evidenziato il silenzio della donna che subisce la violenza, lo stesso silenzio che gli uomini, tutti, mantengono sull’ estremo gesto di sopraffazione del femminicidio. Sembra che il problema non li tocchi. Chiediamoci perché.
La tua vittoria del Premio Strega Giovani Poesia 2024 ha confermato quanto i tuoi versi siano capaci di parlare ai ragazzi. Che ne pensi?
Sono sempre contenta quando le mie poesie vengono apprezzate dai ragazzi. Io non ho avuto figli per una mia precisa scelta ed è stato un bene, perché non sarei stata una madre presente. Su questo argomento mi trovavo d’accordo con Amelia Rosselli: “Una donna che scrive non può avere figli”, ma questa sua asserzione è contraddetta da tante scrittrici. I bambini e le bambine mi sono sempre piaciuti, soprattutto per quel tipo di stupore che illumina i loro occhi mentre scoprono il mondo, lo stesso stupore dei poeti. Finita l’università ho iniziato a insegnare. L’insegnamento, però, ben presto mi è risultato insopportabile, non per gli studenti ma per i colleghi e per la struttura verticistica della scuola. Con i miei studenti invece ho sempre
Un’autrice estranea alle mode, ma contemporanea, che illumina le sue composizioni con una luce che arriva di taglio, così da rivelare la pulviscolare presenza in ogni dimensione, regalando vita allo spazio e voce alle donne
GISELLa BLaNCo
avuto un bel rapporto. Una volta, in una serata a casa di amici, sono stata avvicinata da una mia ex studentessa diventata giornalista che voleva ringraziarmi, perché le avevo fatto capire cosa è la cultura e l’eleganza! Sono rimasta colpita soprattutto per “l’eleganza”, qualcosa che ha a che vedere con la cultura.
Ad Amelia Rosselli e alla sua casa romana di Via del Corallo dedichi la parte finale del libro. Che rapporto hai con la sua poetica, dopo la sua morte?
Amelia è stata la persona più intelligente e colta che abbia conosciuto e
anche la più originale. Naturalmente gli aggettivi “intelligente e colta” vanno letti in stretta consonanza con originale. La sua intelligenza era originale, su ogni argomento trovava connessioni culturali mai scontate. Ho letto negli anni praticamente tutta la produzione poetica di Amelia e penso, nei primi tempi della nostra conoscenza, di avere subìto la sua influenza nella mia scrittura soprattutto per le figure retoriche come allitterazioni e ripetizioni. Ma è stata un’influenza che si è arrestata molto presto senza lasciare orme.
Leggere è strategia di consolazione. È scienza di conforto e ci si può affidare. Parafrasando la prosa dannunziana, il libro non teme né fluttua. Il libro sta, ingrossa le pance come il vento con le coperte tese, ci apre come rami quando la luce esonda.
Chiunque ami leggere ha una pila di storie e un comodino su cui poggiano. E quando le storie sono tante è felice condividerle. Il fenomeno dei bookclub nasce così: per obiettivo di comunione e di moltiplicazione. Librerie, biblioteche, scuole e università li promuovono da anni, lungo tutto il territorio nazionale, dividendoli per genere, per tema e qualche volta per età.
A questo proposito, Giancarlo Piacci – direttore della Ubik in via Benedetto Croce, nel cuore del centro storico di Napoli, e autore per Salani Editore – ci racconta: “Nel 2019 nasce il gruppo di lettura dedicato alla Narrativa. Ogni mese proponiamo cinque novità che vengono votate qui, in libreria, o sui nostri canali social, a distanza di qualche giorno. Non lasciamo che la votazione avvenga subito dopo l’incontro, perché parlarne prima online offre l’opportunità a cinque libri di essere notati. Quasi sempre inseriamo titoli pubblicati da case editrici più piccole per garantire una preziosa dimensione di bibliodiversità. Accade spesso che il lettore arrivi con un’idea precisa e poi incontri qualcuno che, leggendo da una pietra angolare completamente diversa, consegna una prospettiva altra. Stabilire relazioni è alla base di tutto. Contestualmente al gruppo di Narrativa sono nati due spin off: Femminili Plurali – sulle tematiche transfemministe intersezionali – e il Club del Giallo, per la letteratura di genere, che noi chiamiamo Nìro, nero in napoletano”.
La Ubik di Napoli, punto viola di DONNEXSTRADA, accoglie anche Dust – il primo gruppo di lettura che si fa podcast, originato dal desiderio di dedicare una seconda attenzione, una seconda vita, ai libri dimenticati e curato da Maria Vastola – e Purple Square, associazione e movimento di diffusione dell’opera di Michela Murgia che, ogni mese, istruisce un incontro a lei destinato.
Impossibile non citare i bookclub de La Feltrinelli, dislocati in tutta Italia; il Circolo dei lettori di Torino, centro
Il fenomeno dei bookclub nasce per obiettivo di condivisione: libri, storie, voci critiche e persone allo scopo di incontrare se stessi e l’altro
aNToNIa SToraCE
culturale nato nel 2006 e ubicato nella prestigiosa sede di Palazzo Graneri della Roccia, con affaccio sulla Mole Antonelliana; i Circoli di Lettura di Biblioteche di Roma, piccole comunità aperte in cui la lettura condivisa e il dibattimento che ne deriva conferiscono forma e spessore a un luogo fisico e ideale all’interno del quale ciascuno impara se stesso mentre incontra l’altro. Più di settanta circoli, alcuni dei quali rivolti specificatamente ai giova-
ni lettori, altri attivi nei Bibliopoint e presso le carceri romane.
Un tessuto reticolare quindi, un piano di confluenza sopra il quale muovono e si muovono storie, vedute, voci critiche e persone che rendono vivo e reale ciò che scriveva Kafka a proposito dei libri e del ghiaccio: “Un libro deve essere un’ascia per rompere il mare di ghiaccio che è dentro di noi”. Specie quando il mare è profondo e il ghiaccio minaccioso.
“Per vivere con onore bisogna struggersi, turbarsi, battersi, sbagliare, ricominciare da capo e buttare via tutto, e di nuovo ricominciare e lottare e perdere eternamente.
La calma è la vigliaccheria dell’anima” (Lev Tolstoj)
Immaginate d’iniziare a leggere un racconto e di scoprire, fin dalle prime righe, che esso si apre con la morte del protagonista. Sembra strano, non è vero? Eppure, c’è un capolavoro della narrativa mondiale nel quale le cose procedono proprio così: sto parlando de La morte di Ivan , di Lev Tolstoj. Gran parte della storia ripercorre, in modo retrospettivo, le sensazioni e i sentimenti d’un uomo in procinto di morire... Un’operazione più che temeraria! La morte infatti, per dirla con l’Amleto, è pur sempre “quel paese ignoto dal cui confine nessun viaggiatore torna” – e perciò nessuno la potrebbe descrivere senza averla prima affrontata. Ma Tolstoj – conscio di possedere uno spirito che lo rendeva capace di tentare l’impossibile – rischiò tutto e lo fece, e chiuse il racconto con queste parole: “Cercò la sua solita paura della morte e non la trovò. Dov’era? Ma quale morte? Non c’era nessuna paura, perché non c’era neanche la morte. [...] Per i presenti la sua agonia durò ancora due ore. Qualcosa gorgogliava nel suo petto [...]. Poi il gorgoglio e il rantolo si fecero sempre più radi. ‘È finita,’ disse qualcuno su di lui. Egli sentì quelle parole e le ripeté nel suo animo. ‘È finita la morte,’ disse a se stesso. ‘Non c’è più’. Aspirò l’aria, a metà del respiro si fermò, si distese e morì”.
È in questo po’ po’ di territori che i romanzieri osano addentrarsi. Finanche in quelle esperienze che da sempre terrorizzano gli uomini. La morte, ad esempio, è il topic che pervade anche il romanzo Il cremulatore, di Saša Filipenko. Nell’URSS staliniana, incontriamo un uomo che ogni giorno ha a che fare con i decessi, dal momento che lavora in un crematorio. La vicenda, narrata con un umorismo sinistro, non rappresenta solo l’avventura d’un individuo, ma anche un compendio – dai risvolti molto attuali – della storia dell’Unione Sovietica. Come scriveva Anton ne L’uomo nella fodera, ci sono persone, nel mondo, la cui presenza è così ingombrante, molesta, priva di leggerezza, che il giorno in cui spariscono si prova un inconfessato senso di sollievo (anche se è un sentimento poco edificante). A tutto ciò mi ha fatto pensare L’estate
che ho ucciso mio nonno, romanzo della scrittrice Giulia Lombezzi. Una storia familiare ove non c’è spazio per la retorica, e in cui ogni singola sensazione viene chiamata col suo vero nome, anche se crudele e sconveniente.
Una volta, la rockstar Ozzy Osbourne rievocò la sua prima esperienza alcolica tra i tavoli di un bar, sostenendo di non essersi mai sentito “così felice”, dopo, al momento di tornare verso casa. Ho ricordato tale aneddoto leggendo alcune pagine del libro Glass girl, di Kathleen Glasgow. Il racconto della malìa che l’alcol può esercitare sulla mente ancora incerta degli adolescenti, promettendogli una via di fuga “a buon mercato”.
La letteratura di viaggio ha molte sfaccettature. Perciò, quando a cimentarvisi è un romanziere di talento, il nitore della realtà e il dono dello stile si armonizzano, diventando una cosa sola. Björn Larsson, in Filosofia minima del pendolare, eleva la condizione di chi si sposta frequentemente di città in città a status esistenziale. Il pendolarismo, infatti, mette le anime creative in una posizione privilegiata da cui osservare il caos del mondo. E questo libro – come un documentario sull’homo sapiens 2.0 – rende conto di tutti i linguaggi del nostro tempo.
Di un altro viaggio – compiuto nel tempo – ci parla Ritanna Armeni nel libro A Roma non ci sono le montagne. Via Veneto, Piazza Barberini con la fontana... In queste pagine ci sembra di rivederle, quasi deserte, nel silenzio che precede un atto di guerra passato alla Storia: l’attentato di via Rasella contro un reparto delle forze naziste. Il racconto d’una gioventù – vissuta in mezzo alla guerra – che decise di sfidare gli invasori.
Per finire, salutiamo una nuova opera firmata dall’autore di bestseller Joël Dicker. La catastrofica visita allo zoo è un romanzo popolato da personaggi in apparenza “semplici”, e al contempo caratterizzato da una diegesi incalzante, che fa sì che il lettore non abbassi la guardia. Dicker è un romanziere che non smette di sorprendere: capace non soltanto d’inventare nuove trame, ma anche d’intrecciare con puntualità gli eventi narrati.
SAŠA FILIPENKO
Il cremulatore. Storia banale e perciò straordinaria di Pëtr
Nesterenko
Guanda, 2025 pp. 256, euro 20,00
Siamo in Unione Sovietica, nel periodo dello stalinismo. In un crematorio, presso il quale lavora, un uomo vede passare i cadaveri di tutta l’URSS (fra cui, di sicuro, c’è anche qualche dissidente). Tutto ciò pare non riguardarlo. O forse...
KATHLEEN GLASGOW
Glass girl
Rizzoli, 2025 pp. 464, euro 18,00
Quando sei giovane, e tuttavia ogni cosa ti sembra difficile. La scuola, la vita familiare, i rapporti umani... Ecco che arriva, un giorno, un’apparente soluzione: qualcosa che t’inebria e ti dà sicurezza. E che ti avvelena.
RITANNA ARMENI
A Roma non ci sono le montagne. Il romanzo di via Rasella: lotta, amore e libertà
Ponte alle Grazie, 2025 pp. 240, euro 18,00
La storia di uno dei più noti attentati partigiani in Europa, compiuto a Roma durante il periodo dell’occupazione nazista. Il retroterra umano, le speranze d’una generazione...
GIULIA LOMBEZZI
L’estate che ho ucciso mio nonno
Bollati Boringhieri, 2025 pp. 320, euro 17,00
La vita di una adolescente, con le sue ovvie difficoltà. Poi l’arrivo, in casa, di un nonno dispotico – di cui la madre della ragazza è del tutto succube. Una rabbia che cresce dentro. Ogni giorno, ogni minuto...
BJÖRN LARSSON
Filosofia minima del pendolare
Iperborea, 2025 pp. 224, euro 18,00
Da uno scrittore svedese di grande successo, un libro di viaggio che è un’immersione totale nel mondo d’oggi – con i suoi miti effimeri, i suoi linguaggi e le sue ossessioni.
JOËL DICKER
La catastrofica visita allo zoo
La nave di Teseo, 2025 pp. 256, euro 19,00
Una vicenda, incentrata su genitori e ragazzi, in cui aleggia l’inquietudine dei misteri irrisolti. Quel sentimento indefinibile che spinge le persone a mormorare, a interrogarsi – con l’illusione di scacciare la paura.
“Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere” (Ennio Flaiano)
La Divina Commedia spiegata agevolmente a tutti. È l’obiettivo di Giuseppe Patota, linguista di lungo corso, nel saggio A tu per tu con la Commedia. L’opera più celebre di Dante diventa altamente accessibile e comprensibile, perché l’autore si è speso in un itinerario di grandissima divulgazione, capace di avvicinare il lettore di oggi al complesso “mondo” dantesco, ricco di riferimenti umani e poetici, storici e teologici. Con il professor Patota, che è stato allievo dell’indimenticabile Luca Serianni, la Divina Commedia diventa un’avventura fuori dal comune, l’incontro con un uomo del Trecento ancora straordinariamente attuale.
Con Stefania Brucini ci accostiamo invece ad un libro che nel titolo contiene il suo programma: La forza nascosta dei piccoli cambiamenti. L’autrice attinge alla propria esperienza umana e professionale per aiutarci a trasformare in realtà la lista dei nostri buoni propositi o il desiderio di una svolta sempre procrastinata ma molto importante per la nostra vita. Brevi tappe, un passo al giorno, allenamento della costanza. Sono i “piccoli” cambiamenti quelli che permettono i “grandi” cambiamenti, individuali e di gruppo.
Cambiamo argomento parlando del Grand Tour, che fra Seicento e prima metà dell’Ottocento portò in Italia i rampolli delle famiglie aristocratiche e alto-borghesi a completare la propria educazione artistica e letteraria. Attilio Brilli, fra i massimi esperti di letteratura di viaggio, ne allarga le prospettive scrivendo il saggio Le vie del Grand Tour. Riscopriamo i protagonisti di questi viaggi di cultura, che hanno seminato l’idea di un’Europa unita e dato vita a un sistema condiviso di valori
e di esperienze già nei Paesi transalpini e in quelli mediterranei.
Stefano Redaelli, laureato in Fisica e in Letteratura, s’interessa dei rapporti fra scienza, follia, spiritualità e letteratura. Con Esercizi di squilibrio ci invita a diventare padroni dello “squilibrio dinamico”. In un mondo precario, con pochi punti di riferimento, non dobbiamo cercare un luogo di stabilità, una comfort zone, ma imparare ad essere degli “squilibristi”, animati da una inquietudine interiore che ci renda capaci di ritrovare noi stessi nell’aprirci agli altri e ascoltando con attenzione il mondo che ci circonda.
Ripercorre la parabola esistenziale ed estetica di una delle più grandi scrittrici la prof.sa Elena Porciani, docente universitaria di letteratura italiana e autrice del volume Elsa Morante, la vita nella scrittura. Il ritratto di una donna che scrive e testimonia i sogni e le tragedie del suo tempo, non una tradizionale “letterata”, separata dalla vita con i suoi tumulti e le sue amarezze. Come testimoniano i suoi romanzi e le sue poesie, che nascono da una forte ispirazione morale e da un continuo desiderio di sperimentare generi e registri.
Scrittrice e biografa britannica, Lucy Worsley ha scritto La vita segreta di Agatha Christie, per fare luce sulla sua misteriosa ed enigmatica scomparsa: la mattina del 4 dicembre 1926, la celebre madre letteraria di Hercule Poirot e Miss Marple sparisce nel nulla. Un episodio passato alla storia su cui lei non ha mai fatto chiarezza. L’autrice fa un ritratto vivido e appassionante della regina del giallo, rievocando la sua eccezionale esistenza e sfondando quella parete di “tranquilla signora inglese” che lei si era cucita addosso.
GIUSEPPE PATOTA
A tu per tu con la Commedia Laterza, 2025 pp. 348, euro 20,00
Chi ha detto che leggere la Divina Commedia sia un’impresa per pochi?
L’autore ha trovato il modo di rendere accessibile quest’opera magnifica e complessa perché possa essere capita e apprezzata anche da chi non la conosce, da chi la conosce poco e da chi l’ha conosciuta, ma non se la ricorda.
ATTILIO BRILLI
Le vie del Grand Tour il Mulino, 2025 pp. 253, euro 16,00
La trama culturale intessuta dal Grand Tour ha collegato per oltre due secoli i paesi del continente dando vita a un’idea germinale di Europa. Dalle vie di terra alle rotte marittime, ecco il ritratto inedito di un fenomeno tanto celebrato ma poco conosciuto nella sua completa dimensione continentale, non solo italiana e greca.
ELENA PORCIANI
Elsa Morante, la vita nella scrittura
Carocci, 2024 pp. 349, euro 34,00
Dalle poesie infantili alle grandi opere della maturità, il libro ricostruisce le occasioni di una scrittura che non si è mai sottratta al confronto con la vita. Si ripercorrono i segreti familiari, gli amori impossibili, i drammi esistenziali, ma anche il culto della poesia nutrito di impegno morale, la fiducia critica nella cultura umanistica, il rovello di un’ispirazione magmatica e sempre all’erta.
.. VETRINA SAGGI
STEFANIA BRUCINI
La forza nascosta dei piccoli cambiamenti. Progetta la tua felicità passo dopo passo
Sonzogno, 2025 pp. 253, euro 17,00
Qualunque sogno tu abbia nel cassetto, è tempo di farlo diventare realtà grazie all’esperta di produttività e podcaster Stefania Brucini. In questo libro offre un piano concreto ed efficace, strutturato in brevi tappe da raggiungere un passo al giorno. Il segreto sta nel rivalutare la forza dei piccoli cambiamenti.
STEFANO REDAELLI
Esercizi di squilibrio. Per imparare a prendersi cura di sé e dell’altro
Città Nuova, 2024 pp. 109, euro 13,90
Tredici esercizi per raggiungere uno stato di squilibrio dinamico, una condizione di inquietudine interiore che consenta di andare oltre il semplice concetto di “mantenersi in forma” (in senso psicologico e spirituale), per accogliere quello di ridefinire sé stessi a partire dal rapporto con gli altri.
LUCY WORSLEY
La vita segreta di Agatha
Christie Salani, 2024 pp. 518, euro 19,90 Il 4 dicembre 1926 Agatha Christie scompare nel nulla: verrà ritrovata diversi giorni dopo, in stato di amnesia: un’idea pubblicitaria? Su questo celebre episodio la Worsley cerca di gettare nuova luce con l’appassionato ritratto che fa della regina del mistero, restituendoci tutte le sfaccettature di una donna dalla vita eccezionale.
La narrazione del fantastico mondo del cibo spesso nasconde realtà indicibili. Conoscerle e interrogarci sul futuro dell’alimentazione serve a migliorare il pianeta e anche il nostro palato. altri viaggi nei vini e vitigni nel Cinquecento, nella cucina delle nonne e tra le eccellenze nostrane
La poesia della campagna ordinata, il gusto dei piatti dei grandi chef, il piacere della convivialità: questo e altro è il cibo. Nell’altro c’è anche il raccapricciante racconto fotografico che George Steinmetz (ben tre volte World Press Photo) ci lascia in Nutrire il pianeta. Viaggio fotografico nel cibo del mondo. Michael Pollan (autore del best seller Il dilemma dell’onnivoro) firma la prefazione: “In questo libro scopriremo che quel gambero nelle vaschette dei supermercati ha trascorso la sua breve vita in una laguna artificiale vicino al Golfo del Bengala, prima di essere sgusciato da una giovane donna indiana che guadagna 8 dollari al giorno. Ma la storia di quel gambero si spinge ancora più lontano nel mondo, poiché la catena alimentare che lo ha nutrito contiene pellet di farina di pesce ricavati da acciughe pescate al largo delle coste del Perù e mescolati con soia brasiliana coltivata su una terra che era una brulicante giungla amazzonica prima che i nostri appetiti la trasformassero in una coltivazione di soia senza alberi. Le storie raccontate in questo libro ci vedono tutti coinvolti”. Ci invita a riflettete su Quello che mangiamo, anche il documentatissimo nuovo volume di Cose spiegate bene del Post. Scopriremo falsità e verità sul mondo del cibo, dalle calorie alle consuetudini, dagli interessi dei grandi gruppi, al particolare del piccolissimo contadino che vive “in culo al mondo”, dalle credenze popolari alla scienza. Altra interessante riflessione arriva dal filosofo e giornalista inglese Julian Baggini con Pensa come mangi. Una filosofia globale del cibo. Il testo ci dimostra che “se da un lato il commercio globale ha arricchito le nostre diete di prodotti e sapori mai incontrati prima, dall’altro ha fornito il pretesto per scatenare veri e propri scontri identitari intorno alla sacralità dei cosiddetti piatti tradizionali. Il cibo può essere scarso o sovrabbondante, ultraprocessato o biologico, oppure una forma d’arte, un simbolo comunitario, una rivendicazione di appartenenza. Ma oggi può essere soprattutto una scelta cosciente, non una semplice abitudine”.
Più leggero, ma che ci spinge ugualmente a riflettere, è Non c’è più gusto. Il tentato suicidio della cucina italiana del giornalista bolognese Mauro Bassini. Con esempi e senza reticenza, denuncia l’ossessione per la cucina d’autore e la spettacolarizzazione mediatica del cucinare. Leggiamo: “No, l’agnello crudo con le ostriche no, proprio no. Scorro il menù di un cuoco giovane, apprezzato, talentuoso, ovviamente creativo, e mi imbatto in quell’improponibile piatto. Mi scatta qualcosa dentro. Ma come diavolo siamo arrivati a un delirio di questa portata?”.
A farci riappacificare col mondo del food&wine, ci pensa la stessa casa editrice Minerva recuperando antiche ricette in Bologna a tavola con le nonne, un omaggio all’autenticità e alla tradizione della cucina casalinga, curato da Giancarlo Roversi e Roberto Corinaldesi. Il libro, nato dalla raccolta di ricette delle anziane ospiti della casa di cura Santa Marta, è una celebrazione della cultura gastronomica di Bologna e dei piatti che hanno accompagnato generazioni. Dichiaratamente amante della cucina delle nonne è anche Giancarlo Saran, dentista veneto, che firma Peccatori di gola, un viaggio in lungo e largo per l’Italia assieme a chi ha scritto del Buonpaese, talvolta trasformando i racconti di cucina in letteratura: Mario Soldati e Gianni Brera, Tonino Guerra, Orio Vergani e molti altri. Non un’antologia, ma anche di più: tutta da gustare. Altra deliziosa – seppure diversa – lettura, il trattato Sulla natura dei diversi tipi di vino, opera assolutamente unica nel panorama letterario del Cinquecento italiano. L’autore è il medico-filosofo siciliano Giacomo Profetto, archiatra pontificio di Paolo III. Tra le sue pagine è possibile trovare non solo una geografia dei vini allora conosciuti, con l’elencazione delle loro qualità e proprietà salienti, ma anche una “scienza del vino” che affonda le sue radici nella filosofia, nella medicina, nell’astronomia, nella mitologia, nella morale. “Tutto il libro - fa notare Lucio Coco, autorevole curatore di importanti edizioni di testi dei Padri della Chiesa - è una fonte unica di notizie bizzarre”.
GEORGE STEINMETZ
Nutrire il pianeta
Apogeo, 2024
pp. 256, euro 49,00
“Un’eroica opera di giornalismo investigativo. … George Steinmetz è stato incarcerato nella contea di Finney dove stava fotografando un immenso allevamento di bovini. Chi avrebbe mai pensato che mostrare da dove provengono gli hamburger potesse richiedere un atto di disobbedienza civile?” (dalla prefazione di Michael Pollan)
JULIAN BAGGINI
Pensa come mangi
Touring Club Italiano, 2024 pp. 496, euro 19,00
“Nel dibattito sui sistemi alimentari c’è una cosa su cui quasi tutti sono d’accordo: sono guasti e necessitano di riparazioni urgenti. … Al centro del problema c’è un paradosso: se la sfida perenne dell’umanità è stata fornire cibo sufficiente per sfamare adeguatamente il mondo, molte delle difficoltà attuali sono conseguenza della sovrapproduzione”.
GIANCARLO SARAN
Peccatori di gola
Bolis Edizioni, 2024 pp. 272, euro18,00
“C’è chi si siede a tavola per pura necessità di sopravvivenza calorica e chi invece vede, attraverso la cucina e i suoi prodotti, un mondo tutto da scoprire, ricco di storie e tradizioni. Qui il racconto di personaggi che hanno passato gran parte della loro vita in cucina, ma anche di chi la cucina l’ha raccontata, di chi le ha dato spessore culturale”.
AA.VV.
Quello che mangiamo
Post – Iperborea, 2024 pp. 272, euro 19,00
“…non saprei dire se la mozzarella si faccia solo in Italia, e chissà perché noi teniamo il burro nel frigo e nel nord Europa no, neanche in estate. Non so un sacco di cose: c’entra certo con una mia personale ed estesa ignoranza, ma un po’ anche col fatto che intorno a noi si parla tanto di cucina e però si spiegano poco le cose che mangiamo”. (Luca Sofri)
MAURO BASSINI
Non c’è più gusto Minerva, 2024 pp. 160, euro 16,90
“Questo libro è la storia di una sbornia collettiva, nata su una spiaggetta catalana, … che ha prodotto qualche grande chef e una marea di modesti e velleitari imitatori. Ha gonfiato l’ego di tanti cuochi, trasformandoli in maestri di pensiero e di vita, in filosofi, in predicatori, in personaggi carismatici, in star televisive, in signori dell’audience”.
GIACOMO PROFETTO
Sulla natura dei diversi tipi di vino
Leo S. Olschki, 2024 pp. 112, euro 15,00
“A Thasos due tipi di vino producono esiti diversi. Si racconta infatti che «uno fa dormire e l’altro rende insonni». ... In Arcadia «c’è un vino che rende feconde le donne e agli uomini trasmette la rabbia», mentre «in Acaia, vicino Corinto, c’è un vino che fa abortire, non però l’uva, a patto che le donne gravide ne assaggino soltanto un grappolo».
Kader Abdolah, scrittore iranianoolandese, è il protagonista della 31a edizione di Dedica, la rassegna monografica organizzata dall’Associazione Culturale Thesis, in programma a Pordenone dal 15 al 22 marzo. Abdolah, settant’anni, noto per il suo impegno a favore della libertà di espressione, ha alle spalle una vita segnata dall’esilio e dall’impossibilità di tornare nel suo Paese. È stato perseguitato sia sotto il regime dello scià sia durante il governo degli ayatollah ha ottenuto nel 1988 lo status di rifugiato nei Paesi Bassi, dove è diventato uno degli scrittori più apprezzati in Olanda e a livello internazionale. Dedica prende il via sabato 15 marzo nel Teatro Giuseppe Verdi di Pordenone. L’apertura del festival è affidata al critico letterario e saggista Alessandro Zaccuri che condurrà il pubblico nell’universo narrativo del protagonista. Zaccuri è anche autore dell’intervista inserita nella monografia Dedica a Kader Abdolah, realizzata da Thesis. Per il programma completo www.dedicafestival.it
HarperCollins Publishers annuncia la pubblicazione di Una voce per chi non ha voce. Oltre settant’anni di lotta per la mia terra e il mio popolo, il racconto personale delle lotte del Dalai Lama per i diritti umani, la libertà e la dignità del popolo tibetano e la sua visione per un futuro di pace: in Italia uscirà il 25 marzo. Una voce per chi non ha voce, che sarà lanciato in occasione del 75° anniversario dell’occupazione cinese del Tibet e la Giornata della rivolta tibetana avvenuta il 10 marzo 1959, offre una rara e intima prospettiva sull’irrisolta lotta per la libertà del Tibet e sullo straordinario percorso di vita del Dalai Lama. Questo libro ripercorre lo straordinario viaggio del Dalai Lama, dalla perdita della propria casa a causa di un invasore ostile alla difficile costruzione di una vita in esilio, nel tentativo di affrontare la crisi esistenziale di una nazione, del suo popolo, della sua cultura e della sua religione e immaginare una via da percorrere in futuro. www.harpercollins.it
Dal 24 gennaio al 5 maggio, il Palazzo Madama di Torino ospiterà per la prima volta un’intera mostra dedicata a Primo Levi e alle sue epistole. “Giro di posta” racconta la vasta rete di carteggi che Primo Levi intrattenne per più di vent’anni con i suoi interlocutori tedeschi: lettori e lettrici di Se questo è un uomo, amici, intellettuali e anche qualcuno che in Auschwitz stava “dall’altra parte”. Le corrispondenze esposte attraversano quasi mezzo secolo di storia europea e riflettono sulla memoria dello sterminio, ma anche sull’Europa e la Germania divise in due. Vi si intrecciano le quattro lingue – italiano, francese, inglese e tedesco – usate da Levi. Immagini inedite, mappe, disegni e molto altro accompagnano il visitatore. Promossa dal Centro Internazionale di Studi Primo Levi e a cura di Domenico Scarpa, Giro di posta anticipa e rilancia i risultati del progetto LeviNeT, finanziato dall’European Research Council e coordinato da Martina Mengoni dell’Università di Ferrara, che per la prima volta pubblica i carteggi tedeschi di Levi sul sito www.levinet.eu
«Articoli Liberi» è una rivista cartacea e digitale internazionale, interamente sostenuta dai lettori. È nata dall’esigenza di offrire agli italiani sparsi nel mondo testi letterari di qualità. Pubblica racconti, poesie, interviste e articoli di approfondimento. Ha ospitato nuove voci italiane e straniere, tra le più interessanti nel panorama letterario europeo e internazionale, scoperte da ottimi editori, oltre a firme già affermate.
Da quest’anno, Articoli Liberi pubblicherà anche romanzi e raccolte. Nel costruire il proprio catalogo terrà presenti due criteri fondamentali: la bellezza e la necessarietà di ogni testo. Oltre a un progetto grafico originale e riconoscibile, simile a quello della rivista, che questo mese compie tre anni. Tra i primi libri che saranno pubblicati nel 2025, c’è una raccolta di un’autrice scozzese ancora inedita in Italia, le poesie di una poetessa spagnola, anche questa inedita, e altri romanzi e racconti di voci italiane di tutto rispetto.
La linea sarà la stessa della Rivista, caratterizzata dallo stesso gusto per la semplicità e dalla stessa schiettezza e trasparenza. L’obiettivo è raggiungere gli italiani in Italia e nel mondo, anche coloro che si sono allontanati dalla lettura, non per disaffezione ma per motivi economici. Infatti, il prezzo di copertina dei libri pubblicati da Articoli Liberi sarà molto basso rispetto alla media.
A tal proposito, il direttore Franco Malanima scrive in un post sui canali social della casa editrice: “Pubblicheremo libri curati nei minimi dettagli, ma non ha senso continuare a proporre formati e materiali ricercati, o edizioni di alto pregio tipografico (malgrado anche a me piacerebbe) perché a causa dei rincari della carta e degli altri servizi legati alla filiera, il costo di un libro nuovo ormai si aggira intorno ai 20 euro e la maggior parte delle famiglie italiane non può permetterselo. Solo se troviamo un equilibrio tra estetica e contenuti potremo salvare il bello intorno a noi, e portarlo al più alto numero di lettori possibile”. contact@articoliliberi.com
Fondata e diretta da Patrizia Baglione, la casa editrice nero_latte è specializzata nella pubblicazione di opere di poesia e albi illustrati. Il progetto editoriale è mosso da una grande passione per le parole. Senza dimenticare la carta, i colori, la texture delle pagine, l’odore. La bambina raffigurata nel logo è a cura dell’illustratrice Alessia Iuliano. Questa vecchia bozza, da lei realizzata, è stata fortemente voluta e adottata così come si vede: con tutte le sue linee guida sul volto. Autenticità e bellezza sono i valori più apprezzati. Così come onestà e ascolto. Verso il mondo di Pier Francesco Latte è il primo titolo della casa editrice, uscito il 25 febbraio. Altri due, sempre della collana Poesia, sono programmati per questo mese di marzo. Per gli Albi illustrati bisognerà, invece, attendere la metà di aprile. Ad aprire questa seconda collana un bellissimo albo, scritto e illustrato da Alessandra D’Amico, dal titolo La bottega di Bepo il sarto. www.nerolatteedizioni.com
La democrazia come modello di convivenza pacifica si confronta, oggi, con la minaccia della sopravvivenza stessa dell’umanità. Dai conflitti armati al riscaldamento globale, dalla minaccia nucleare al crescere delle tensioni sociali, dalle migrazioni economiche, climatiche, politiche fino a quelle di chi scappa alla ricerca della pace: vivere sul nostro pianeta è sempre più difficile. È da queste considerazioni che si sviluppa la IX edizione di Biennale Democrazia, manifestazione culturale della Città di Torino, ideata e presieduta da Gustavo Zagrebelsky. L’appuntamento torna a Torino da mercoledì 26 a domenica 30 marzo con “Guerre e Paci”, titolo dell’edizione di quest’anno. L’idea è di riflettere con il pubblico sul complesso rapporto tra conflitto e democrazia, in un mondo dominato da guerre dove la pace, plurale, deve essere la via. La manifestazione accoglierà oltre 100 incontri, eventi e spettacoli, con più di 120 ospiti italiani e internazionali. La IX edizione di Biennale Democrazia esplorerà il ruolo della democrazia e dei diritti fondamentali della persona nella prevenzione degli abusi di potere e nella gestione dei conflitti, facendo luce sulle dinamiche politiche e sociali dei nostri giorni. Il focus sarà esplorare i diversi tipi di conflitti e le molteplici possibilità di pacificazione attraverso quattro percorsi tematici.
Tra gli ospiti internazionali: Fariba Adelkhah, antropologa francese di origine iraniana, arrestata e detenuta in Iran; Atef Abu Saif, ex Ministro della Cultura palestinese; Mats Berdal, esperto in conflitti internazionali e professore al King’s College di Londra; Vincent Bevins, giornalista e autore americano; Asmae Dachan, giornalista, fotografa, poeta e scrittrice italo-siriana; tra i tanti ospiti italiani, Edoardo Albinati, Alessandro Barbero, Raffaella Baritono, Annalena Benini, Daria Bignardi, Annalisa Camilli, Franco Cardini, Gad Lerner, Paolo Nori, Matteo Nucci, Laura Pepe, Giulia Siviero, Benedetta Tobagi, Nathalie Tocci, Alessandro Vanoli. www.biennaledemocrazia.it
Il Treviso Comic Book Festival, appuntamento internazionale dedicato al fumetto e all’illustrazione, ha annunciato le date della sua 22ª edizione: dal 26 al 28 settembre 2025 Treviso vedrà tre giorni intensi di mostre esclusive, anteprime internazionali, workshop, talk, eventi off e, ovviamente, l’immancabile Mostra Mercato, un’occasione imperdibile per appassionati e collezionisti. “Il TCBF continua a crescere e affermarsi come uno dei principali festival del fumetto in Italia, attirando artisti di fama mondiale e promuovendo nuovi talenti. Il nostro intento è quello di mantenere salde le nostre radici nel territorio ma al contempo aprirsi sempre più a nuove tendenze e linguaggi del fumetto e dell’illustrazione contemporanea internazionale – dichiarano il presidente del TCBF Stefano Cendron e i direttori Sara Chissalè, Nicola Ferrarese e Alberto Polita. Quest’anno siamo determinati a offrire una rassegna sempre più ricca di contenuti e di opportunità per il pubblico di tutte le età e di trasformare ancora una volta Treviso in un epicentro vibrante di creatività e passione per il fumetto”. www.tcbf.it
Lo scorso 11 febbraio è stata annunciata alla stampa a Palazzo Firenze l’edizione 2025 del Premio letterario “Città di Castello”. Nato nel 2007, il Premio letterario “Città di Castello” è oggi un punto di riferimento nel panorama dei concorsi letterari italiani, sia per il prestigio della giuria che per la crescente qualità del progetto. È l’unico, tra i concorsi letterari italiani, ad avere istituito una sezione permanente dedicata ai reclusi e alle recluse degli istituti carcerari del nostro Paese: Destinazione Altrove – La scrittura come esplorazione di mondi senza tempo intende contribuire alla crescita culturale delle persone recluse per accompagnarle nel percorso di autoconsapevolezza e agevolarne il rientro nella società al termine del periodo di detenzione.
Il Premio, oltre alle sezioni ordinarie su Narrativa, Poesia e Saggistica, prevede altre due sezioni speciali: Mondi e culture sulle sponde del Mediterraneo, ideata per favorire la conoscenza e l’interazione tra la cultura italiana e la cultura dei paesi del Mediterraneo, e Riprendiamoci il futuro, dedicata agli studenti degli istituti secondari superiori e delle università. Le iscrizioni si chiuderanno il 30 giugno 2025, momento dal quale comincerà il lavoro di valutazione degli elaborati suddivisi nelle tre sezioni di riferimento che porteranno poi la giuria a individuare le migliori 10 opere di ciascuna sezione.
Durante l’incontro, moderato da Antonio Vella, Presidente dell’Associazione culturale “Tracciati Virtuali”, sono intervenuti diversi membri della Giuria del Premio.
Da quest’anno, alla guida della giuria del premio ci sarà il prof. Alessandro Masi, Segretario generale della Società Dante Alighieri Alessandro Masi, che ha sottolineato come il Premio, divenuto oramai un riferimento sul panorama nazionale, “ha il merito di dare a tanti autori la possibilità di entrare per la prima volta nell’universo letterario italiano, anche grazie alla capacità di rinnovarsi nel tempo con nuove sezioni e di rivolgersi a pubblici sempre nuovi”. www.premioletterariocdc.it
Nuovo, entusiasmante appuntamento con la Bologna Children’s Book Fair, sempre più ricca ed interessante. La comunità internazionale del libro da 62 edizioni si ritrova qui. Estonia il Paese ospite d’onore per il 2025
Il nuovo appuntamento con la Bologna Children’s Book Fair (BCBF) è per il 31 marzo nei padiglioni di BolognaFiere dove si svolgerà per 4 giorni in contemporanea con le sue due brand extensions Bologna Licensing Trade Fair/Kids (BLTF/K), per i marchi del settore ragazzi, e BolognaBookPlus (BBPlus), organizzata in collaborazione con AIE (Associazione Italiana Editori) e dedicata all’editoria generalista.
L’Estonia, il Paese Ospite d’Onore 2025, sarà presente sia in fiera sia in città con un ricco programma di incontri, una mostra dedicata agli illustratori sloveni e uno stand collettivo, per offrire il meglio del panorama editoriale al pubblico internazionale della fiera.
Bologna Children’s Book Fair è il principale appuntamento professionale al mondo dedicato all’editoria per bambini e ragazzi. Da 62 anni, per quattro giorni, la fiera accoglie oltre 1500 espositori e circa 32.000 visitatori da oltre 100 paesi e regioni del mondo: la comunità internazionale del libro, che a Bologna si riunisce per prendere parte a confronti, dibattiti, scambi tra culture e per dar vita a nuove idee e progetti.
BCBF non è però solo un punto di incontro, ma un attore in prima persona fondamentale nella creazione e nello sviluppo della migliore editoria per l’infanzia, in grado di intercettare i cambiamenti in atto e renderli realtà, favorire il riconoscimento di nuovi talenti e la nascita di nuove opportunità professionali, incentivare i mercati emergenti: questi gli obiettivi alla base della prima istituzione della fiera.
Traguardi perseguiti anche grazie a iniziative che, pur nel solco di una tradizione ormai consolidata, ogni anno
si rinnovano: dalle mostre di illustrazione che negli anni hanno contribuito a dare avvio alla carriera di giovani talenti e a coronare i percorsi di artisti già affermati; ai premi volti a mettere in risalto i migliori prodotti editoriali e gli editori più innovativi; alle conferenze sui temi più urgenti della contemporaneità dell’industria editoriale; dalle masterclass e corsi a sostegno dei nuovi talenti fino agli spazi dedicati ai mercati emergenti e ai professionisti di settori diversi legati al mondo dei contenuti per l’infanzia.
Tra le iniziative proposte quest’anno, da ricordare la 9° edizione del progetto “BCBF Visual Identity Workshop”, guidato dal gruppo di lavoro Chialab, ed i numerosi premi quali i Bologna Ragazzi Awards (BRAWs) - che nel 2025 festeggiano la loro 60ª edizione – declinati in Non Fiction, Fiction, Opera Prima, Comics, Toddler, per finire con New Horizon e, quest’anno, nella categoria speciale Sostenibilità, in linea con i 17 goals di sviluppo sostenibile promossi dalle Nazioni Unite. I BolognaRagazzi CrossMedia Award (BRCMA), premio internazionale rivolto all’eccellenza e all’innovazione nei progetti editoriali che espandono il proprio universo narrativo attraverso diversi media e il Bologna Prize for the Best Children’s Publishers of the Year - BOP, vòlto a offrire un riconoscimento alle migliori case editrici che si siano distinte per l’originalità e la qualità della proposta editoriale (tra cui quest’anno è stata inserita Fatatrac) completano il quadro degli eventi insieme alle mostre, personali o dedicate ai vari illustratori.
Ogni storia, del resto, è un viaggio. E ogni viaggio, corto o lungo, è una storia. Ce lo racconta Francesca Avanzini in Non lontano da qui (Lapis): Mino, il
protagonista che non accetta la perdita della nonna scomparsa in missione umanitaria, scopre la storia di Salvatore Principato, maestro e partigiano fucilato nel 1944 e impara che resistere oggi significa non voltarsi dall’altra parte. E tra dolore, scoperte e consapevolezza, Mino trova il suo modo di ricordare: riconoscere le ingiustizie, scegliere e trasformare.
Anche Flora, protagonista de La staffetta partigiana (Lapis) di Fulvia Degl’Innocenti e Sara Cimarosti, sceglie il “fare”: è poco più che una bambina quando le viene chiesto di correre nel bosco con i bigliettini tra i capelli. Veloce e coraggiosa, dovrà schivare i lupi veri e quelli in divisa, per spiegarci il suo significato di libertà.
narrazioni che non smettono di essere attuali e di celebrare la follia e la magia dei bambini.
Non vi è mai capitato di non trovare le parole giuste? Le parole per parlare (Einaudi) di Vanessa Roghi, è un saggio sorprendente sulle parole attraverso l’evoluzione del linguaggio per comprendere come i lemmi costruiscano la realtà. Una riflessione sul linguaggio e sull’utilizzo, a volte inconsapevole, che facciamo delle parole.
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L’INFaNzIa
È un romanzo sulla lotta al razzismo che ci parla del 25 maggio 2020, giorno in cui l’afroamericano George Floyd viene soffocato a morte da un poliziotto bianco, il libro di Paola Capriolo La testimone (Einaudi). A denunciarne l’atrocità al mondo, una ragazza che riprende l’accaduto con il suo smartphone. Un tema attualissimo come lo è Minerva di Igor De Amicis e Paola Luciani, il nuovo romanzo sulle baby gang che tocca un tema molto vicino ai ragazzi.
Non può mancare a Bologna un libro di Gianni Rodari: Strampalati, sgangherati, smemorati, tutti i bambini di Gianni Rodari (Edizioni EL) è un’antologia illustrata da Stefano Tambellini con filastrocche, racconti, storie e
Mariangela Gualtieri ci regala un gioiello. Poetessa, drammaturga, attrice lei è una figura luminosa nel mondo culturale e teatrale italiano che con Album. Per pensare e non pensare (Bompiani) accompagna semplici rime con disegni al tratto da colorare. Un libro che si legge, si ascolta, si ripete e poi si disegna e si colora. Da soli o insieme, a qualunque età, lasciandosi guidare dai versi e dai pensieri.
Lasciandosi andare come i bambini che fanno e poi rifanno. Come nel caso di Grande Riccio e Piccolo Riccio, la serie di avventure scritta e illustrata da Britta Teckentrup, che tornano in Ancora, ancora! (Bohem Press), sul desiderio dei bambini di fare e rifare tutto perché ogni istante è una scoperta.
Compie settant’anni la casa editrice Feltrinelli e lo fa con una serie di titoli dedicati ai ragazzi. Tra questi Bruciate questo libro. I ragazzi che salvarono il Dottor . Vale la pena rischiare la vita per pubblicare un libro? Boris Pasternak risponderebbe di sì, che le idee
non nascono per essere nascoste. E così fece anche il suo editore, Giangiacomo Feltrinelli, che fece stampare Il Dottor aggirando la censura. Lo narra Pierdomenico Baccalario, intrecciando realtà e immaginazione, e raccontandoci come in Russia nel secolo scorso un libro sia potuto diventare un oggetto dal potere enorme per il quale giocarsi anche la vita.
Attualità, sport e impegno sociale sono gli altri argomenti affrontati dai libri Feltrinelli. È il caso di Dimmi cos’è il fascismo. I ragazzi di ieri lo raccontano a quelli di oggi, a cura di Gad Lerner e Laura Gnocchi, di Tutto quello che brucia di Daniele Aristarco, ambientato durante il G8 di Genova e di Un pallone tra le stelle di Filippo Galli e Jacopo Cipriani.
Quanti lavoratori sono scomparsi durante la costruzione dei magnifici stadi che hanno ospitato i Mondiali del Qatar? Se lo chiede Francesco D’Adamo nel suo libro La maglia numero 7 (Giunti) che descrive un mondo di sfruttamento, abusi, mancanza di diritti, in cui gli uomini sono diventati fantasmi senza volto e senza nome che nessuna autorità aiuta e protegge.
Gribaudo propone Lezioni di Grammatica a cura di Simone Filippini aka Il Grammatico Antipatico, un libro per bambini per imparare le regole e risolvere i dubbi, e Appunti per giovani Druidi di Giovanni Avolio, un fantasy divertente e avventuroso con un protagonista che non lascerà indifferenti!
Una raccolta di poesie da narrare al pancione durante la gravidanza: questa la bellissima idea di Elisa Mazzoli e Silvia Pertile che con il loro Parlami in pancia (Il Leone verde) insegnano ad accogliere chi nascerà – ma è già in grado di sentire – creando da subito un ambiente sereno.
Otta è il primo volume di una serie amatissima con cui Juliette Lagrange arriva finalmente in Italia dopo essersi aggiudicata il premio “Coup de Pouce des Premières Lectures”. A proporlo in Italia è Babalibri che ci consegna una storia incoraggiante sulla crescita e la possibilità di esprimere e accudire il nostro potenziale, nonostante le avversità.
Inbar Heller Algazi torna con una nuova avventura dedicata all’orsetto Baldo, che avevamo conosciuto ne La scatola dei tesori e che qui ritrova il suo piccolissimo amico Bibù col quale condividerà una giornata non proprio faci-
le (Il picnic di Baldo e Bibù, Babalibri).
Largo, pista Tina in vista! Questo l’invito di Manica K.Musil che ha realizzato un libro tattile, realizzato con una straordinaria manualità che narra di passione e di un sogno che si realizza. E il mare è così vero che ci si può tuffare e Tina così morbida che la si può accarezzare (Beisler editore). Della stessa casa editrice Mule boy, l’eroe gentile creato da Øyvind Torseter in cui ancora una volta mito, avventura e critica sociale si fondono.
Erickson propone l’intera serie “Le Orme” e il primo libro della collana “Un cuscino a pois” dal titolo Cora nella città dritta, di Cannobbio e D’Agostino con il progetto di ebook personalizzabili per facilitare la lettura.
Con le mani nella carta di Antonella Ranieri è molto più di un manuale per creare libri: è un viaggio per scoprire e sperimentare il potere creativo di bambini e bambine invitandoli a costruire libri dando ampio spazio all’immaginazione (Erickson).
Lui sogna di diventare un astronauta ma si ritrova sommergibile. Lei sogna di diventare comandante di un sottomarino ma finisce in una navicella spaziale. Ed è così che entrambi imparano ad affrontare la solitudine e persino la paura di incontrare un mostro sottomarino o un alieno. Ma si faranno coraggio grazie al pensiero che si rivolgono senza neppure conoscersi. Il viaggio soprasotto di Ortolan e Brancato aiuta i più piccoli ad affrontare la solitudine, con grande delicatezza. È Una storia senza capo né coda quella narrata da Cosetta Zanotti, che narra del piacere di raccontare le storie che possono nascere sempre e in ogni momento (tutto Carthusia).
Realizzato con l’Associazione PFIC Italia Network, rivolto alle famiglie e ai bambini che soffrono di malattie generiche rare del fegato, Il drago ruba bellezza, albo illustrato scritto da Emanuela Nava, è un aiuto concreto contro la paura della malattia. Una fiaba per sconfiggere i momenti più tristi e trovare il coraggio di lottare. In collaborazione con la cooperativa di Cometa Il Manto nasce il silent book Natura è... di Sonia Maria Luce Possentini per raccontare in modo innovativo la relazione tra ape e fiore, frutto e nuova pianta per stimolare la curiosità in un viaggio visivo senza parole (tutto Carthusia). Per aiutare le famiglie in situazioni difficili e regalare loro un sorriso.
Un marzo ricco di proposte quello delle case editrici parte da Il Castello Editore. Clavis ripropone un classico con Dov’è Wally? Il diario segreto di Martin Handford. Anche questa volta Wally propone una sfida da occhio di falco. Nel viaggio che lo porta in mondi fantastici popolati da dinosauri, soldati, clown e tanti altri personaggi, Wally ha fatto cadere in ogni scena un foglio del suo diario. Non solo bisogna cercare centinaia di altri oggetti: ci sono anche un circo da montare e un esilarante gioco staccabile. Chi è la piccola spia che gode di una vista unica e privilegiata sulla casa, il giardino e l’atelier di
Claude Monet? Lo spiega Beatrice Fontanel in Tra le ninfee di Monet (edizioni Arka) un libro tra arte e colori. Dentro ognuno di noi – si sa – esiste un luogo nascosto, così intimo e riservato che spesso ci dimentichiamo della sua esistenza... Di questo e molto altro parla il nuovo toccante libro di Lidia Brankovic, acclamata autrice de Il Grand Hotel delle Emozioni che, per i tipi di La Margherita edizioni, regala ai bimbi un racconto che è una poesia. E, per finire, Evelina spolverina di Katerina Gorelik per conoscere gli abitanti del Bosco Antico e della Foresta Magica: un libro incantato per i più piccoli che aiuteranno Evelina a ritrovare chiavi perdute, calzini sporchi, uova di drago e tanti altri tesori nascosti.
Lei si chiamava Berthe Morisot, pronipote del pittore Fragonard, iniziata fin da piccola alla pittura, insieme alle sorelle: ma poiché le Accademie erano ancora precluse alle donne, nel 1865 i genitori realizzarono nel giardino di casa un atelier destinato alle figlie, assicurando loro lezioni private di pittura. Prima e unica donna del gruppo degli Impressionisti, nel 1874 a Parigi espone i suoi quadri nei locali messi a disposizione dal fotografo Nadar al fianco di Monet, Cezanne, Pissarro, Sisley, Degas, Renoir, il gruppo degli “amici pazzi”. Ovvero di coloro che osarono rompere gli schemi e le consuetudini ed i canoni riconosciuti della pittura accademica. A raccontare di questa bambina ribelle è Maria Cristina Bulgheri, giornalista e scrittrice, autrice di Berthe Morisot, pittrice a tutti i costi, pubblicato dalla Paesi Edizioni, arrivato sugli scaffali alla vigilia della mostra monografica che si è aperta negli appartamenti del Doge a Palazzo Ducale dal titolo “Impression, Morisot”. Una graphic novel che ripercorre l’infanzia, l’adolescenza, gli esordi e i passaggi chiave della vita dell’unica artista donna tra i fondatori e gli ispiratori dell’Impressionismo francese. E anche se sul mercato dell’arte Berthe Morisot riscontrò le stesse difficoltà che mediamente ebbero un po’ tutti gli artisti moderni, in certi periodi le sue tele raggiunsero addirittura quotazioni migliori dei colleghi. Secondo quanto disse di lei Paul Valery, la pittura di Morisot esprimeva “la volontà di ridurre tutte le cose ad un’allusione”; dipingeva preferibilmente ambienti con donne e bambini, che esprimono stati d’animo specifici e un’ottica propria. Eppure il suo punto di vista non appare mai ristretto; ma si potrebbe definire come meglio ravvicinato e permette una vera e propria partecipazione alle sensazioni dei personaggi. Così come fa l’autrice del suo libro, Maria Cristina Bulgheri, insegnante, giornalista e già autrice del libro “C@ro Babbo Natale” (Felici Edizioni), con il quale ha ottenuto diversi premi in concorsi letterari.
È da poco trascorso San Valentino, ma l’amore è sempre nell’aria. Se poi a parlarne è la mitica Mafalda, tutto ha ancora un altro sapore. Perché, in fondo, che cos’è l’amore? È una di quelle domande che l’umanità si pone dall’alba dei tempi. E chi meglio di Quino e della sua creatura, con il loro particolare mix di saggezza e umorismo, è in grado di rispondere meglio? L’amore secondo Mafalda (e quindi secondo Quino), edito da Salani, parla di amicizia, compassione, empatia e solidarietà, di amore verso il prossimo, di amor proprio e di amore per le piccole e grandi cose della vita. Ora che il mondo è immerso in una lunga lista di tensioni, scoprire cosa sono l’amore, la solidarietà, la tenerezza e l’amicizia attraverso una piccola filosofa come Mafalda è diventata quasi un’urgenza. “L’enfant terrible” più amata del fumetto mondiale torna così in un libro ricco d’amore, in una selezione di strisce che, nello stile inconfondibile di Mafalda, rappresentano la speranza in un mondo migliore, mai come in questo periodo necessaria per avere un futuro più roseo. Quino, il nome con cui è noto Joaquín Salvador Lavado Tejón, che ci ha lasciati nel 2020 a 88 anni, creò il personaggio di Mafalda per una campagna pubblicitaria di elettrodomestici. Come nelle più classiche delle storie, il fumetto viene inizialmente rifiutato dal committente e questo decretò la sua fortuna, avendo l’autore proposto il personaggio da solo come protagonista della striscia omonima che avrà ben presto un successo planetario. Mafalda è una bambina di 6 anni intelligente e acuta che si interessa dei problemi che affliggono il mondo; odia la minestra - che per Quino è una metafora di tutto ciò che si vuole imporre con la forza – e, oggi più che mai, è attuale e vivissima.
Come nasce l’idea di questo libro?
Non avrei mai inventato un mondo così sudamericano se non fossi così italiana. Fin da bambina quando parlavo del mio Paese, dicevo “quello a forma di stivale”. Adoravo l’idea di essere nata e cresciuta in uno scarpone e mi dispiaceva per gli altri Paesi che non avevano una forma così bella, o che non l’avevano affatto. Provavo a trovargliela io, ma non era facile. Ad esempio, l’Inghilterra potrebbe assomigliare a una teiera, ma si dovrebbe inclinare la Cornovaglia per farne il beccuccio e le mancherebbe comunque un manico. Quando, qualche anno fa, ho visto la cartina del Perù mi sono emozionata. Ho pensato: sembra un uccellino in volo. E subito dopo: o uno stivale capovolto. Fra le due immagini ho scelto la più romantica, ma è rimasta la connessione fra i nostri mondi. Abbiamo la stessa forma, le stesse colline verdi, le spiagge e le montagne, i mercatini dell’artigianato, il buon cibo e il bel tempo, le feste, la musica e le tradizioni. Ecco, possiamo dire che Ande Lande è un mondo immaginario ispirato al Perù, ma dentro c’è finita anche l’Italia. Ci sono finiti i miei sogni di avventura e i miei ricordi. E ci sono finita io, con tutte le scarpe. O gli stivali.
Quello dell’ingiustizia è un tema importante del libro. Come spiegare ai ragazzi che la stessa va combattuta, ma con onestà e correttezza?
Ho capito cos’è un’ingiustizia in quarta elementare. A scuola me la cavavo, ma un giorno, lo ammetto, ero impreparata. Io e l’altro ragazzino interrogato abbiamo fatto scena muta, ma io ho preso un bel voto e lui un’insufficienza. La maestra era convinta che fossi solo un po’ timida, e che in realtà ne sapessi parecchio sulle repubbliche marinare. È stato ingiusto, ma non ho detto niente. Capite, avevo preso un bel voto. Quel giorno mi è venuto un gran mal di pancia, per il senso di colpa, e un gran mal di testa, per una riflessione: non basta pensare “è sbagliato”, si deve dire a voce alta. Anche se è una cosa piccola, da bambini. Anche se non ci riguarda e possiamo voltarci. Perfino se il pregiudizio va a nostro vantaggio e ci fa sentire migliori. Che cosa simboleggiano i nomi in Ande Lande?
Nella mia città, come ad Ande Lande, i nomi contano. Si tramandano e si
Quattro chiacchiere con antonia Murgo, autrice di Miss Dicembre e il Clan di Luna (Premio Strega ragazze e ragazzi-opera Prima) e ora in libreria con Ande Lande (Bompiani)
ereditano, dai nonni paterni e materni al quadrato. Si moltiplicano e si dividono, con i cugini di primo e secondo grado. Risultato: nessuno ti chiama mai col tuo vero nome. Tutti usano un diminutivo, un soprannome o un nome nuovo. Va da sé che chi ha più nomi ha più amici, parenti, compagni di scuola e di calcetto. Io stessa sono Antonia al lavoro, Antonella a casa, Anto per gli amici e Nella in famiglia. Insomma, se le persone ti amano e ti apprezzano inventano un nome apposta per te.
Ad Ande Lande è tutto il contrario: non hai tanti nomi perché sei popolare, diventi popolare perché hai tanti
nomi. E non sono i tuoi cari a sceglierli per te, ma gli astri freddi e distanti, che comandano anche sul resto: dove andrai, cosa farai, chi incontrerai. I nomi simboleggiano le opportunità, e Chel, la protagonista della storia, è a caccia di entrambi.
Antonia, se oggi fosse una bambina, quali libri leggerebbe?
Sono cresciuta con Harry Potter e Una serie di sfortunati eventi. Oggi leggo e rileggo la saga di Nevermoor di Jessica Townsend, le avventure di Percy Jackson, i libri fantasy di Frances Hardinge, Diana Wynne Jones e Catherynne M. Valente. Dopotutto, i miei gusti non sono cambiati.
Pordenone 15–22 marzo'25
libri_incontri_cinema musica_teatro_mostre
sabato 15 marzo – ore 16.30
Pordenone – Teatro Giuseppe Verdi
DEDICA A KADER ABDOLAH
apertura del festival con Kader Abdolah conduce Alessandro Zaccuri
CONSEGNA DEL SIGILLO DELLA CITTÀ
A KADER ABDOLAH
domenica 16 marzo – ore 10.30
Pordenone – Biblioteca Civica
EYEWITNESS: IRAN
mostra fotografica di Manoocher Deghati presentazione di Angelo Bertani e Claudio Cattaruzza con la partecipazione di Manoocher Deghati e Kader Abdolah
lunedì 17 marzo – ore 20.45
Pordenone – Convento San Francesco
SCRITTURA CUNEIFORME mise en espace dall’omonimo libro di Kader Abdolah a cura di Gabriele Vacis con Lorenzo Tombesi allestimento di Roberto Tarasco
dedicafestival.it
martedì 18 marzo – ore 11.30
Venezia – Università Ca’ Foscari Venezia
CONVERSAZIONE CON KADER ABDOLAH conduce Flavio Gregori
martedì 18 marzo – ore 20.45
Pordenone – Cinemazero
GETTING OLDER IS WONDERFUL proiezione del documentario di Fabrizio Polpettini su Kader Abdolah commento e considerazioni di Riccardo Costantini, Fabrizio Polpettini e Kader Abdolah
mercoledì 19 marzo – ore 10.30
Udine – Università degli Studi di Udine
CONVERSAZIONE CON KADER ABDOLAH conduce Lucia Fiorella
mercoledì 19 marzo – ore 20.45
Pordenone – Convento San Francesco IL CORVO lettura teatrale dall’omonimo libro di Kader Abdolah con Giuseppe Cederna musiche dal vivo di Pino Cangialosi e Flavio Cangialosi
giovedì 20 marzo – ore 20.45
Pordenone – Convento San Francesco IL MESSAGGERO presentazione della nuova edizione italiana del romanzo di Kader Abdolah con Alessandra Iadicicco e Kader Abdolah
venerdì 21 marzo – ore 15.00
Pordenone – Convento San Francesco KADER ABDOLAH INCONTRA LA SCUOLA premiazione degli studenti vincitori del Concorso PAROLE E IMMAGINI PER KADER ABDOLAH e incontro con gli studenti del progetto LEGGERE CON DEDICA
venerdì 21 marzo – ore 20.45
Pordenone – Convento San Francesco L’ENIGMA PERSIANO.
L’IRAN E I CONFLITTI IN MEDIO ORIENTE conversazione con Francesco Strazzari conduce Cristiano Riva
sabato 22 marzo – ore 20.45
Pordenone – Teatro Giuseppe Verdi TRA ORIENTE E OCCIDENTE RAMIN BAHRAMI in concerto