la Repubblica VENERDÌ 7 OTTOBRE 2011
MOSTRE
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DI REPUBBLICA
Al Complesso del Vittoriano di Roma una grande retrospettiva dedicata al pittore olandese È il racconto attraverso 70 olii e disegni della sua evoluzione dal figurativo all’astratto
DIVENTARE
MONDRIAN
COSÌ IL MONDO SI TRASFORMÒ IN LINEE RETTE E TRE COLORI LEA MATTARELLA
ROMA TAVOLE A destra, ome si diventa Piet Mondrian? In che modo si arriva a ela“Tableau n. 4 borare immagini che, nella loro semplicità, hanno avuto la forza di diventare icone del XX secolo, tanto da es- Composizione n. VIII sere riprodotte, riutilizzate, rielaborate in tutti gli ambiComposizione ti del moderno, dalla pubblicità al design alla moda? 3” e La mostra Mondrian. L’armonia perfetta, curata da Benno Tem“Composipel, promossa da “Comunicare Organizzando” e aperta al Comzione n. 12 plesso del Vittoriano da domani al 29 gennaio, è esemplare nell’incon blu” dicare la strada, i momenti di passaggio, tutti i punti di quella linea che ha portato l’artista olandese a elaborare la sua celeberrima astrazione geometrica: linee Il percorso divide la sua verticali e orizzontali, pochi co- produzione in vari momenti: lori, anzi soltanto tre, i primari: giallo, rosso e blu, più il bianco e dal realismo dell’inizio, il nero. Visitarla, trovarsi di fron- quando dipinge paesaggi, te a queste 70 opere del pittore all’essenzialità finale olandese e alle 40 di artisti con cui ha avuto scambi nel corso della sua carriera, significa capi- tenza formale. Tra queste sale cali e orizzontali. Lo si vede dalre in maniera impeccabile come commuove vedere l’artista che la scelta dei formati e dei soggetle grandi rivoluzioni della pittu- si cerca. E si trova. Attraverso ca- ti: fari che si innalzano, oppure ra moderna siano nate da pas- polavori che scandiscono le sue dune che si distendono. E poi, saggi che per gli artisti non sono tappe, il suo tempo dentro quel- ecco le case coloniche di Achsoltanto stilistici, ma esistenzia- la che lo studioso Michel terhoek dipinte tra il 1894 e il Seuphor ha definito «una pittu- 1896. Più le guardi e più ti accorli. gi che lì, acquattata, c’è già tutta Ed è davvero emozionante ra che è quasi una religione». L’artista olandese cammina la divisione in linee, rettangoli e scoprire che quella griglia così rigorosa, quel porto inossidabi- su un sentiero chiaro e ricono- quadrati che lo governerà sucle, sicuro e assoluto a cui appro- scibile che questa esposizione cessivamente. Mondrian conda Mondrian, si può già ricono- rende leggibile come un raccon- tiene Mondrian. Il percorso del pittore non è scere fin dai suoi esordi. Era lì to. Se si guardano i primi dipinche covava, veniva nutrito. E ti, quelli ancora influenzati dal- solo formale, è anche filosofico. aspettava solo di attraversare di- la Scuola dell’Aja, scuri, densi, si O meglio iniziatico. La mostra è versi stadi, tutte le sue vite, per può già riconoscere la sua osses- allestita in ordine cronologico e presentarsi nel pieno della po- sione nel tenere insieme verti- divide la sua produzione in di-
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TRASFORMAZIONI Sopra, “Tableau con giallo, nero, blu, rosso e grigio” (1923). In alto, “Faro a Westkapelle con nuvole” (1908) e, nella foto grande, “Boschetto di salici vicino all’acqua” (1902-1904)
versi momenti: c’è il realismo dell’inizio, quando Mondrian, che nasce a Amesfoort nel 1872 e muore a New York nel 1944, dipinge soprattutto il paesaggio. Ma poi c’è il luminismo e il simbolismo, la fase cubisteggiante e infine il momento in cui arriva alla purezza dell’astrattismo, prende parte al gruppo legato alla rivista De Stijl con Theo Van Doesburg, George Vantongerloo, Bart Van der Leck, Vilmos Huszár, Gerrit Rietveld tutti qui esposti, e teorizza il Neoplasticismo. Un’arte diversa per un mondo migliore. È l’utopia del
Modernismo, ma non solo. Mondrian è un pittore spirituale e qui si vede bene. Come Kandinsky, come Kupka è attratto dalla Teosofia, dalle teorie di Rudolph Steiner e di Helena Blavatsky. Non si è ancora scritta bene la storia dell’influenza dei circoli spiritualistici sulla rivoluzione astratta d’inizio ’900, ma è un fatto: i traghettatori della pittura dal realismo retinico ad una realtà più profonda e vera, che svela la trama segreta del mondo fatta di “punti, linee e superfici”, sono tutti legati a queste dottrine. E per Mondrian
Informazioni utili
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“Mondrian. L’armonia perfetta” dall’8 ottobre 2011 al 29 gennaio 2012 al Complesso del Vittoriano di Roma. Realizzata da Comunicare Organizzando di Alessandro Nicosia, a cura di Benno Tempel. Orari: dal lunedi al giovedi: 9.30-19.30; venerdi e sabato: 9.30-23.30; domenica: 9.30-20.30. La biglietteria chiude un’ora prima. Biglietti: intero 12 euro; ridotto 8,50. Per informazioni: tel. 06-6780664
PER SAPERNE DI PIÙ www.comunicareorganizzando.it www.pietmondrian.org
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L’analisi
La cultura spiritualista, la svolta astratta, le metropoli moderne
IL LUNGO VIAGGIO DALLA TEOSOFIA A NEW YORK ACHILLE BONITO OLIVA l viaggio di Piet Mondrian verso l’astrazione è un lungo percorso che passa attraverso il realismo, il simbolismo, il luminismo ed infine il cubismo. Ma è la teosofia che impregna l’opera del grande maestro olandese e la porta verso una dimensione che supera ogni empito narrativo. La radicalità di Mondrian è frutto anche di una mentalità puritana che depura il linguaggio dell’arte di ogni piacere figurativo. Come si evince dall’intero corpo della sua opera, l’immagine tende sempre più a perdere il puro ricalco delle cose a spostarsi dal mondo esterno verso una interiorizzazione dello sguardo che porta prima l’artista olandese verso l’esito simbolista per poi arrivare alla purezza dell’astrazione. Qui prevale uno sguardo limpido, inizialmente influenzato dall’arte giapponese, ma
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La musica
LA COLONNA SONORA CHE ACCOMPAGNA I QUADRI CLAUDIO STRINATI A MOSTRA di Mondrian ha uno sfondo musicale che riflette il creatore innovativo e il teorico impegnato. Così ho scelto la colonna sonora. Due mondi: America e Europa. La pittura attiva l’intelligenza e la gioia di vivere, ed ecco il jazz di Duke Ellington e il woogie-boogie di Glenn Miller degli anni Trenta. Ma c’è anche l’America degli inizi del Novecento con Charles Ives che mescola classicità e ragtime; c’è George Antheil quando negli anni Venti porta negli Stati Uniti il Futurismo e l’arte delle macchine; c’è il parigino naturalizzato americano Edgard Varèse con Ionisation per percussioni, del 1930-’31; finendo con Conlon Nancarrow adoratore degli strumenti meccanici negli anni quaranta. A fronte gli europei, visti da Mondrian con sospetto: l’austriaco Anton Webern, maestro della pura astrazione degli anni Dieci; il tedesco Max Reger esponente negli stessi anni del mito della Metafisica; il boemo Bouslav Martinu in sintonia con la svolta di Mondrian negli anni Venti, il francese Olivier Messiaen con un pezzo degli anni Sessanta, emblema di quella ardua conciliazione tra teoria e risultato che tormentò Mondrian fino all’ultimo.
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l’incontro è piuttosto precoce. Qui esposti ci sono quadri bellissimi come Devozione, una fanciulla con gli occhi rivolti verso un fiore, Passiflora e Metamorfosi di un crisantemo morente, dipinti con una pennellata fluida, che sono l’espressione iniziale dei suoi contatti con le teorie teosofiche. Mondrian si oppose all’interpretazione della prima di queste tele come rappresentazione di una donna in preghiera, affermando di voler rendere visivamente «il concetto stesso di devozione». Steiner affermava che questa potesse
svilupparsi con l’osservazione «positivamente mistica» di forme minerali, animali e vegetali. Come succede qui, in questi rarissimi esempi, in cui l’artista si cimenta a rappresentare una donna. Che contempla. Così come i fiori sono la riproduzione microcosmica del processo eterno di nascita, vita, morte e rigenerazione che per i teosofi è il principio del mondo. Se loro credono nella forza cosmica della luce, ecco che Mondrian circonda i suoi petali di irradiazioni luminose, di vere e proprie “aure”. E La luna rossa
del 1907 sorge sullo spirito del mondo. Mondrian conosce la luce: schiarisce anche i suoi paesaggi, ancora una volta dune, acque e poi fari, mulini e campanili, linee orizzontali e verticali. Come quelle con cui costruisce gli alberi. È l’ultima stazione della sua pittura “naturale” prima del passaggio all’astratto. Questi quadri sono testimonianze straordinarie di un passaggio. Via via tronchi e rami si sfaccettano sempre di più, si smaterializzano, si semplificano. Si riducono a segni essenziali: piccole
croci, linee perpendicolari danno forma alle forze che li abitano. La crescita e la gravità, l’elevazione e l’espansione, il cielo e la terra. È tutto un tenere insieme gli opposti, creare riconciliazioni. La verticalità e l’orizzontalità altro non sono che la griglia duale di forze che tiene insieme il mondo, l’incarnazione e lo spirito, il maschile e il femminile, lo yin e lo yang . Mondrian ormai è pronto a diventare il Mondrian che tutti conosciamo. Quello che ritroviamo in quei capolavori dipinti quando ormai è andato a Parigi, dove negli anni Venti il suo atelier è un luogo di culto, come la Composizione in ovale con piani di colore 2 del 1914. È così che il pittore paesaggista si trasforma in quello che non vorrà tornare in Olan-
da perché ci sono – dice – «Tutti quei prati! Tutti quei prati!». Si allontana dalla rappresentazione della realtà perché, vuole «eliminare il tragico dell’esistenza» e cerca nella semplicità della superficie un’essenza più vera. Evoca “le cinque strade per l’eliminazione del dolore” di matrice buddista. Ma lui di vie ne imbocca una sola. E la segue tutta con un rigore quasi sacerdotale, mistico. Le sue composizioni di rette, quadrati e colori primari sono il suo linguaggio eroico e, a questo punto, il solo possibile.
sostanzialmente invece teso verso l’affermazione della autonomia dell’arte, capace di arrivare ad una sintesi di tutte le arti. Così prende forma lo spiritualismo laico di cui Mondrian si fa sacerdote. Le teorie del colore di Goethe prima e Kandinsky poi trovano qui una loro completa applicazione ma nello stesso tempo acquistano una originalità, frutto di una impaginazione spaziale e cromatica assolutamente rigorosa, depurata da ogni edonismo figurativo. Mondrian è il grande artista superficialista che utilizza lo spazio pittorico senza allusive profondità e restituisce ai colori una nitida purezza. Etica ed estetica si intrecciano fra loro al servizio di una visione dell’arte che è anche una visione del mondo e che è fondata sulla composizione di linee e rettangoli e sull’uso di pochi colori primari (il bianco, il nero, i tre primari). Evidente è lo spirito costruttivo del linguaggio astratto di Mondrian, assolutamente diverso da quello di Kandinsky che tende verso una astrazione lirica confinante con la musica. L’architettura è invece il versante su cui si affaccia la superficie pittorica di Mondrian che sembra già profetizzare il landscape dei nuovi spazi urbani americani. Parigi, Londra e New York sono state le tappe del nomadismo biografico dell’artista. Dalla Francia ha carpito il senso del cubismo e dagli Stati Uniti quello di un neoplasticismo senza confini di genere. D'altronde il contesto culturale della sua provenienza è segnato dalla presenza di Theo van Doesburg e dal sodalizio con molti altri artisti riuniti intorno alla rivista De Stijl. Il risultato finale della sua ricerca trova le sue prove più mature nel suo soggiorno finale a New York dove anche il tessuto urbano, il ritmo di vita e la musica jazz sembrano costituire la colonna sonora e stereofonica della sua opera. Lo spazio ormai ha acquistato la massima esposizione di superficie. La tradizione olandese del suo puro-visibilismo trova qui la sua più radicale espressione: cuore sgombro e sguardo limpido. L’arte diventa un processo radicale che si fonda sul valore della semplicità, frutto di scomposizione e ricomposizione, e che evidenzia la cosa mentale della pittura.
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LA CASA “Piccola casa al sole” (1909) e, nella foto grande in alto a sinistra, “Composizione con grande piano rosso, giallo, nero, grigio e blu” (1921)
Via via tronchi e rami si sfaccettano sempre di più, si smaterializzano, si semplificano. Si riducono a segni essenziali