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professionali: dietro i dati, alcune buone notizie ma c’è ancora molto da fare
di Giulia Zennaro
Secondo i dati Inail, le denunce di malattie professionali sono in aumento rispetto al 2010: ciò è dovuto, però, a una maggiore consapevolezza e all’azione preventiva. Vediamo l’andamento dei dati nell’ultimo decennio e come ha influito la pandemia.
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I dati del 2022
Nel 2022 gli infortuni sul lavoro sono stati 484.561 (+38,7% rispetto al 2021), di cui 677 con esito mortale. I settori più colpiti dalle malattie professionali sono gli stessi nei quali si verificano più di frequente anche gli infortuni. Secondo gli ultimissimi dati Inail, da gennaio a ottobre 2022 sono state fatte 50.013 denunce, con un incremento del 10,2% rispetto al 2021. A settembre 2022 il settore capofila per le malattie professionali era l’industria (43.933 denunce, +8,6%), seguita dall’agricoltura (6723, + 9,6%) e Conto Stato (345, -1,7%). Le malattie più diffuse sono le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio, seguite dai tumori e dalle patologie del sistema respiratorio.
Le denunce arrivano principalmente dal Sud Italia (+11,5%), seguito dal Nord Ovest (+11,3%),
Secondo Inail, l’aumento delle denunce di malattie professionali è dovuto all’attività di sensibilizzazione e prevenzione, oltre che ad alcune novità legislative
Centro (+8,8%), Isole (+3,8%) e Nord Est (+2,5%). Risultano più colpiti i lavoratori rispetto alle lavoratrici: nel 2022 a denunciare sono stati 29.087 uomini rispetto a 10.280 donne. I lavoratori colpiti da malattie professionali sono per la gran parte italiani (36.365), seguiti da extracomunitari (2011) e comunitari (991).
Malattie professionali: dove sono le buone notizie? A guardare i freddi numeri, sembra che non ci sia spazio per l’ottimismo: se si osservano i dati relativi alle denunce dal 2018 al 2021, si osserva però una riduzione progressiva, da 59.457 a 55.205. In mezzo c’è stata la pandemia, che nel 2020 ha fatto calare del 26% le denunce, portandole a quota 44.948 e abbassando la media. Allargando il focus agli anni 2010, si evidenzia come le denunce siano invece progressivamente aumentate, passando da 42.397 nel 2010 a 43.933 nei primi nove mesi del 2022, con un picco di 61.198 casi raggiunto nel 2019.
Quindi, dove sarebbero le buone notizie? Secondo Inail, l’aumento delle denunce di malattie professionali è dovuto all’attività di sensibilizzazione e prevenzione, oltre che ad alcune novità legislative. Proprio questa attività di informazione avrebbe portato all’emersione di molte malattie “perdute”, che in caso contrario sarebbero rima- ste sommerse, come avveniva a inizio decennio. Osservando le statistiche, nel periodo 20182021 si riscontra inoltre un calo nell’insorgenza di tumori (da 2683 a 1808), disturbi psichici (da 507 a 399) e di malattie respiratorie (da 2818 a 1755). Anche per quanto riguarda i decessi da malattia professionale i dati sul periodo 2018-2021 sono cautamente incoraggianti. Si è passati da un totale di 1466 nel 2018 a 820 nel 2021. E, se parlando di infortuni sul lavoro, il fattore pandemia poteva aver pesato, di certo non si può imputare al Covid la diminuzione dei casi di alcune malattie professionali e dei decessi a esse correlati.
Non si può tuttavia essere soddisfatti di statistiche in cui continuano a comparire numeri così alti correlati a incidenti sul lavoro e malattie professionali. Ciò su cui occorre insistere, come sottolinea nella nostra intervista il presidente di Medicina Democratica Marco Caldiroli, è la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, la formazione e la democratizzazione dei diritti dei lavoratori.
Step by step: come si dimostra la malattia professionale “Oltre a una incontestabile individuazione della malattia che ha causato il decesso mediante la storia sanitaria della persona e/o agli accertamenti autoptici, occorre un referto medico che certifichi l’origine sospetta o certa della malattia”, chiarisce Caldiroli. Il riconoscimento della causa lavorativa avviene da parte dell’Inail in base al decreto del 2008 che classifica e distingue le malattie professionali. Se a un lavoratore viene diagnosticata una delle malattie “tabellate” avrà un riconoscimento piuttosto veloce. Se la malattia rientra tra quelle “tabellate” ma l’attività del lavoratore non è tra quelle indicate dal decreto è l’interessato a dover dimostrare la correlazione tra lavoro e malattia.
“Questo naturalmente allunga i tempi di riconoscimento e presenta altre criticità. Inail può dichiarare le diverse esposizioni ad agenti patogeni come non esistenti o minori rispetto al reale. C’è inoltre la necessità di aggiornare le tabelle per tenere conto di malattie non considerate in precedenza. Non sono ancora “tabellate” malattie come la Sindrome da Sensibilità Chimica Multipla, la Sindrome da Elettrosensibilità, patologie di tipo psichico e psicosomatico, tumori da agenti cancerogeni riconosciuti dall’Agenzia Internazionale della Ricerca sul Cancro ma non ancora dall’Unione Europea”.
Quali sono i nodi da sciogliere I progressi sono dovuti essenzialmente all’attività di sensibilizzazione dei medici competenti, che denunciano di più, come sottolinea Caldiroli: “Si segnalano più malattie musco-scheletriche, un tempo poco considerate e asbesto-correlate, il che ci segnala che siamo ancora nella zona di picco di queste malattie a lunga latenza, nonostante il divieto all’amianto risalga al 1992”.