B&G N°20

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale 45% - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB BERGAMO - COBALTO SRL In caso di mancato recapito inviare al CMP/CPO di BERGAMO per la restituzione al mittente che si impegna al pagamento dei resi. www.businessgentlemen.it anno IV - numero 20 | dicembre 2011 - febbraio 2012 | â‚Ź 5,00

Comunicazione

Un business in crescita nei tempi della crisi

Manager

Cosa pensano i dirigenti italiani del futuro

Oscar di Bilancio

Le eccellenze premiate per trasparenza e investimenti

Cinquant’anni in pole position Alberto Bombassei racconta in esclusiva a B&G i retroscena dei primi cinque decenni di storia della Brembo. Come quella volta con il Drake... Protagonisti

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Editoriale di Mauro Milesi Crescita o sviluppo? Legenda delle icone di lettura Business & Gentlemen ha studiato dei richiami grafici per aiutare la “navigazione” dei servizi e offrire informazioni aggiuntive. Innanzitutto ogni articolo presenta un’icona che ne identifica la tipologia di contenuto: Giornalistico: servizi, approfondimenti, interviste realizzate dai nostri giornalisti e dai collaboratori B&G. Tecnico-scientifico: studi e ricerche che hanno una connotazione tecnicoscientifica e che sono realizzati da esperti, docenti o studiosi. Divulgativo: notizie, curiosità, anteprime, focus di carattere divulgativo sui temi d’interesse generale: dalla moda ai motori, dall’arte al design. Inoltre la lettura può riservare informazioni aggiuntive con le seguenti icone Immagini: didascalie e spiegazione del materiale iconografico Url: la segnalazione di siti e portali sul tema trattato Argomenti correlati: segnalazione di servizi B&G che trattano argomenti simili Citazione: un ipse dixit che impreziosisce il discorso trattato Bibliografia: la segnalazione bibliografica collegata all’argomento

Solo un anno fa ci aspettavamo un futuro completamente diverso. Guardavamo al 2011 con una certa fiducia, nella consapevolezza che la strada era comunque difficile e in salita. Adesso, a distanza di 12 mesi, ci ritroviamo nuovamente a guardare l’orizzonte, ma la prospettiva ci appare decisamente cambiata. Il giro di boa non c’è stato e la nostra percezione per il 2012 è sicuramente più pessimista. Troppe cose sono successe e troppe non sono accadute. L’Italia vive un momento di profonda difficoltà con tanti nuovi sacrifici richiesti a imprese e famiglie, senza tuttavia avere un vero piano per lo sviluppo. Un piano che manca non solo per il nostro Paese, ma che non c’è nemmeno per l’Europa e, più in generale per il nostro modello universale di business (almeno in Occidente). La crisi ci ha insegnato tante cose. Abbiamo imparato a capire meglio i nostri errori, a rimboccarci le maniche, a studiare nuove forme di business, a lottare per la competitività e a tirare la cinghia. Ma così, a nostro avviso, non può bastare. Il primo è un problema di politica interna. Mentre le aziende hanno lavorato sodo per cambiare, migliorando le proprie performance e le organizzazioni interne, la politica non è stata in grado di fare lo stesso salto di qualità. In tempi difficili il capitano della nave deve saper navigare in acque avverse e la nostra classe politica non si è dimostrata all’altezza. C’è ancora troppa melma, ancora troppa casta, ancora troppi parvenu. Il secondo è un problema di politica internazionale. L’Europa c’è solo sulla carta e l’euro ((con tutto qquello che comporta) ne

sta pagando tutte le conseguenze. Oggi si tenta di correre ai ripari, ma è il classico meccanismo della politica miope che non sa programmare. La moneta unica ha bisogno di regole uniche, di una politica unica e di un sistema economico-finanziario unico (a cominciare da una banca centrale con veri poteri). Ma sarà dura trovare un accordo. Come è duro far digerire il principio di sussidiarietà sovranazionale. In molti paesi, Italia compresa, le regioni ricche sostengono, spesso loro malgrado, quelle più in difficoltà. In Europa, pur avendo una moneta condivisa, questo non avviene. I Paesi meno in difficoltà non hanno alcuna intenzione di aiutare quelli più in difficoltà, se non dinnanzi a condizioni eccessivamente a loro favore. Attenzione la sussidiarietà incondizionata non è un bene, ma nemmeno chiedere un dazio troppo alto. In un sistema globalizzato, bisogna capire che siamo sulla stessa barca. E non sta certo navigando col vento in poppa. Il terzo problema è macro-economico. C’è una differenza sostanziale tra crescita e sviluppo. Ma spesso vengono considerati sinonimi. Dalla crisi non abbiamo capito che il nostro modello di crescita infinita in un mondo finito non potrà continuare per molto. Questo meccanismo è proiettato verso il collasso. Dobbiamo produrre sempre di più, quindi dobbiamo consumare sempre di più e via discorrendo fino a che punto? Dobbiamo cambiare prospettiva e puntare allo sviluppo, che non è necessariamente una crescita quantitativa, ma qualitativa. Questa è la vera ecosostenibilità, il resto è praticamente fuffa.

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Sommario numero 20 | dicembre 2011 - febbraio 2012

6.

Editoriale

42.

La differenza tra crescita e sviluppo

10.

Abstract

Rubrica Libri

48.

Speciale comunicazione

52.

Manager, una ricerca

56.

Oscar di bilancio

60.

Internazionalizzazione 1

62.

Internazionalizzazione 2

66. 68.

Internazionalizzazione 3

38.

Imprese familiari

100. Turismo a cinque stelle

Innovazione

Un viaggio alla scoperta dello Sri Lanka e delle Maldive

104. Fiere

Gli intangibili Il passaggio di valore dagli asset concreti a quelli intangibili

72.

Immigrati di lusso in Cina aumentano le tasse

Consigli per gli acquisti I preziosi oggetti dedicati al fumo lento di Zino e Zino Platinum

Come costruire un vantaggio competitivo sostenibile

Pregi e difetti di una fi liale italiana all’estero

36.

98.

Groupon

Alta orologeria Il PanoMaticCounter XL di Glashütte Original

L’azienda che ha rivoluzionato lo shopping online

L’annuario del commercio estero, in collaborazione con Promos

34.

94.

MBWA

L’ufficio diventa “mobile” Con le nuove tecnologie emerge un nuovo modo di lavorare

Come funziona il Management By Wandering Around

Raccontati dalla presidente nazionale di Ferpi

30.

90.

Clerici Sacco

Strategia Oceano Blu Alla riscoperta di una delle più interessanti teorie di marketing

Tutto il gusto del Made in Italy nel settore alimentare

Per capire gli orientamenti e le opinioni rispetto al futuro

26.

88.

Società 2.0

Tendenze horeca Gli operatori del settore alla scoperta della “100 vini” di Meregalli

Alla scoperta dell’Information foraging. Le informazioni nel 2012

Il mercato delle agenzie e i nuovi sviluppi

20.

84.

Vortice

Eurobica Corporate Evoluzione all’insegna della consulenza per un’azienda leader nella logistica

Aria di successo per un brand leader nazionale del settore

Angolo dedicato a volumi sul mondo delle imprese

14.

80.

Racconta in esclusiva a B&G i primi cinquant’anni di Brembo

Pillole di B&G dedicate al pubblico estero

12.

Alberto Bombassei

Tutti gli appuntamenti più importanti dei prossimi mesi

Experteer La nuova frontiera dell’head hunting viaggia online

76.

Le più colpite, ma anche le più reattive in tempi di crisi

Pettini Janeke Dal 1830 continua una tradizione di qualità e valore

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dicembre 2011 - febbraio 2012

Nuggets of B&G

We dedicate the English abstracts of some of the most interesting articles published on this issue to the foreign business public happening to leaf through B&G

Alberto Bombassei of Brembo recounts fift y years of success Fift y years of entrepreneurial history for one of the most famous Italian brands in the world. Brembo, a world leader in braking systems, celebrates this important milestone with the capacity to combine tradition with the innovative spirit that has always characterised the company. In an exclusive interview given to Business&Gentlemen, the CEO Alberto Bombassei tells us about the salient features of this history, putting together a mosaic of many extraordinary pieces. From its beginning in the province of Bergamo to a meeting with Enzo Ferrari, from the Formula 1 races to the project for the “Parco Scientifico Kilometro Rosso”: these are only some of the highlights of Brembo’s journey focusing on innovation and the ability to constantly stay ahead of the competition.

English version

Communication becomes a “business” with the crisis Communicate, communicate, communicate. In recent years, this activity has become a necessity for companies, which can no longer be put on the backburner. The financial crisis that has swept across the world economy since 2008 combined with complete market saturation has led companies in Italy and the world to commit themselves to stand out from the crowd, and an effective communication strategy is fundamental in this situation. For this reason, many companies are increasingly turning to professionals, to specialised agencies who have made communication their business. We look at the situation in Lombardy, the region symbolising the Italian economy and representative of an evolving communication sector. 10


Abstracts

Transparency and belief in the future. This is the Italy that emerged from the Oscar di Bilancio 2011 Trust and transparency are the key words of the Oscar di Bilancio 2011. The event rewards Italian companies that have distinguished themselves during the year for the quality of their annual reports. This year’s Oscars told the story of a country that believes in the future, that is not afraid to move forward and that views transparency as a key element in preventing speculation and misunderstandings, especially in a period where there are few certainties. We interviewed Patrizia Rutigliano, president of the Italian Federation of Public Relations, the organisation that promotes the Oscar di Bilancio. A strong personality with extensive experience in the field of communication and public relations, Rutigliano talked to us about the recent awards and more generally of the Federation and the role of public relations in the country’s dynamics.

Managers divided on the future. Slow or inexistent growth? Many believed that the global financial crisis would end in 2011, and were inevitably disappointed. The particular economic crisis that affected the entire financial world has yet to end. And the outlook for next year is even more fragmented. Not all Italian businessmen agree on the recovery trend: for some it is

slow but constant, for others, it is negative. However, the majority of managers agree on the fact that the market will no longer be the same, players will change and sectors of the greatest interest will no longer be the same. These were the findings of the Osservatorio Ceccarelli, a privileged window on business trends.

Forbes magazine called it “the fastest growing company – ever”. We are talking about Groupon-CityDeal, the portal that invented a new way of using the internet. The site is based on a concept that is as simple as it is brilliant: a different deal every day of the year, which offers local discounts on products and services. Two benefits therefore: for companies who see their visibility increase exponentially with the site and for customers who, thanks to the Groupon discounts, can gain a new perspective of their city by discovering new places at reduced prices. We interviewed the co-founder and CEO of Groupon Italy, Spain and Portugal who talked to us about Groupon and what makes it such a huge success. 11

English version

Groupon. The last frontier of e-commerce


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dicembre 2011 - febbraio 2012

“Costruire” un

negozio online

di successo? Ecco come fare

In tempi in cui la tecnologia è sempre più presente e la crisi economica ha spinto le aziende a trovare nuovi modi per far crescere il proprio business l’ecommerce acquista giorno dopo giorno maggiore importanza. Daniele Vietri e Giovanni Cappellotto, personalità da anni attive nel web, scrivono a quattro mani un guida per vendere in rete Nonostante l’ultimo decennio sia stato faticosissimo e al perenne inseguimento delle novità; nonostante l’incapacità di scansare le crisi finanziarie internazionali, i disastri idrogeologici e gli sconvolgimenti degli scenari geo-politici che si davano ormai per assodati, la tecnologia mantiene tutt’oggi un ruolo primario. Anzi è proprio la crisi a spingere le persone a ricercare nuovi e più efficienti modelli economici: i momenti di innovazione dirompente arrivano quando tecnologia, economia e società esprimono esigenze simili e tendenze convergenti. La crisi inevitabilmente ci ha portato a cercare modi più efficienti di produrre e vendere da una parte e acquistare dall’altra. Il web, che oggi può essere considerato sempre più un’estensione delle proprie attività, risulta essere il modo più efficace per risparmiare. Il vero business del commercio elettronico, in Italia, sta cominciando ora e ogni punto vendita può estendere le proprie attività in rete. Daniele Vietri e Giovanni Cappellotto, autori del libro “e-Commerce. Progettare e realizzare un negozio online di successo”, partono da questo nuovo scenario internazionale per lo sviluppo di questo libro. Un vero manuale il cui scopo è duplice: far conoscere i passaggi obbligati

La crisi inevitabilmente ci ha portato a cercare modi più efficienti di produrre e vendere

RUBRICA - Consigli di lettura business

da una parte e acquistare dall’altra. Il web, che oggi può essere considerato sempre più un’estensione delle proprie attività, risulta essere il modo più efficace per risparmiare per chi desidera aprire un negozio online e limitare le problematiche evitabili attraverso la condivisione di diverse esperienze professionali. Gli argomenti trattati all’interno del testo seguono infatti il percorso logico-temporale di un progetto e-commerce dal punto di vista del merchant. I quindici capitoli di cui è composto il libro sono organizzati in cinque macro sezioni. La prima parte “Progettare” è una guida al processo più 12

“E-Commerce. Progettare e realizzare un negozio on line di successo” Daniele Vetri e Giovanni Cappellotto 417 pagine Editore Hoepli Collana: Hoepli informatica Gli Autori Daniele Vietri, e-Commerce Specialist e Web Project Manager, è conosciuto online per il progetto dBlog CMS open Source e la gestione di diverse community a tema e-Commerce e formazione. Ha una lunga esperienza della rete che parte dal 1996 con collaborazioni con Apple come localizzatore e con Ca.Ri.P.lo. Negli anni ha progettato piattaforme di e-Learning e tenuto corsi per realizzare, gestire e ottimizzare siti web. Giovanni Cappellotto lavora come consulente per progetti e-Commerce con l’obiettivo di definire tutti i fattori chiave del successo nella presenza online. Forte di una trentennale esperienza nel campo del commercio e delle vendite ha vissuto con attenzione e interesse il passaggio dalla classica concezione di punto vendita a quella più moderna di negozio online. Grazie al know how maturato attualmente lavora come free lance per società che intendono migliorare la loro rappresentazione in internet e organizza corsi di formazione dedicati all’e-Commerce aziendale.

importante legato al commercio online ovvero la scelta del come/ cosa in base al perché. Si parte dalla creazione dell’infrastruttura, per arrivare a capire l’iter di un acquisto fino alle criticità che si possono incontrare. “Realizzare”, la seconda parte del manuale, dà qualche consiglio e indicazione pratica per destreggiarsi tra le varie offerte e possibilità: piattaforme e soft ware, risorse, tempi e costi; il contratto e la legislazione. La terza parte dal titolo “Migliorare” descrive le principali strategie e i suggerimenti per massimizzare le vendite di punti vendita già attivi in rete. Finita la parte teorica gli autori passano alla pratica attraverso due brevi sezioni di approfondimento. La prima è dedicata alla

presentazione di una serie di case history, con analisi di alcuni shop e un interessante e utile elenco dei 200+1 errori evitabili nella costruzione e gestione del proprio negozio online. L’ultima sezione “Approfondire” riguarda le fonti utili (siti, blog, shop, libri e ispirazioni) per accumulare, aggiornare e confrontare l’esperienza. Molti sono i punti di forza che rendono questo libro un’interessante guida sia nella fase di progettazione di un sito sia nella successiva fase di gestione. Un manuale dedicato ad aspiranti imprenditori e commercianti che hanno capito la forza di internet. | www.dblog.it www.giovannicappellotto.it www.hoepli.it



Business&Gentlemen

dicembre 2011 - febbraio 2012

Con la crisi la

comunicazione diventa un “affare�

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Business communication

Parlare di comunicazione è ormai all’ordine del giorno. Questo perchĂŠ in tempi di recessione economica e di saturazione di mercato le aziende per sopravvivere devono trovare il modo di differenziarsi. In un simile contesto comunicare risulta essere un business in crescita. Media tradizionali ma anche blog, social network e new media, il panorama è davvero vasto e in evoluzione continua. Vediamo come si stanno muovendo le imprese per stare al passo con i tempi testi di Daniela Lussana 15


Business&Gentlemen

dicembre 2011 - febbraio 2012

Mind Marketing, le nuove sfide Immaginate due prodotti assolutamente identici per qualità ma di brand diversi e due servizi, due aziende che off rono uguali prestazioni magari allo stesso prezzo. In teoria dovrebbero avere la stessa quota di mercato, essere venduti in egual misura. Razionalmente dovrebbe essere così ma in pratica non lo è. Spesso un marchio, sia esso di prodotto o di servizio, del tutto simile ai suoi competitor riesce a conquistare una quota di mercato di molto superiore agli altri. Il perché di questa differenza sta nella modalità con cui le persone scelgono e cioè in modo emotivo e irrazionale. Ora immaginate il flusso continuo di input che ogni giorno, ogni minuto, ogni secondo circola nei diversi mezzi di comunicazione. I brand non sono più due ma milioni e con caratteristiche diverse. Come si può spingere il cliente a scegliere la nostra azienda piuttosto che quella dei nostri concorrenti? Come è possibile per un’azienda fare marketing in modo efficace? La risposta può arrivare dal mind marketing, il management scientifico degli automatismi mentali. Sull’argomento abbiamo intervistato Gianandrea Abbate, esperto di mind marketing e trainer e partner della Scuola di Palo Alto a Milano, centro che opera nel campo della consulenza e della formazione manageriale. Professor Abbate, in cosa consiste praticamente il mind marketing? È una nuova scienza basata sullo studio della psiche del consumatore. Il compito di chi studia mind marketing è quello di capire in che modo le persone decidono cosa acquistare, perché preferiscono un brand piuttosto che un altro. Nel momento in cui ognuno di noi deve fare una scelta vengono attivati automaticamente dei meccanismi sensoriali mentali. Il modo in cui prenderemo una certa decisione è già scritto nel nostro DNA, è una questione legata al nostro inconscio. Questa disciplina si occupa di scoprire e interpretare questi meccanismi emozionali e di raccogliere

Comunicare, comunicare, comunicare. Negli ultimi anni questa attività si è trasformata per le aziende in una esigenza che non è più possibile mettere in secondo piano. Il particolare momento finanziario che dal 2008 ha travolto l’economia mondiale unito ad una completa saturazione del mercato ha portato le imprese del nostro Paese e non solo a doversi impegnare a fondo per differenziarsi rispetto ai competitor e una comunicazione efficace in questo frangente è fondamentale. Per questo molte società si rivolgono in maniera sempre crescente a professionisti, ad agenzie specializzate che hanno fatto della comunicazione il loro business. La consapevolezza dell’importanza che questo settore ha assunto per le imprese va ad aggiungersi al cambiamento che è avvenuto nel modo in cui le persone reperiscono le informazioni. Una svolta epocale quella provocata da internet prima e dai new media poi, legata non solo alle modalità di fruizione delle informazioni ma anche all’aumento esponenziale del flusso delle stesse. Una comunicazione inefficace, basata su una strategia sbagliata o in alcuni casi realizzata in modo casuale e senza metodo non solo sarebbe una perdita di tempo e denaro per l’impresa ma in certe situazioni un elemento distruttivo dell’immagine della stessa. In questo contesto un esempio di come la comunicazione in tutte le sue forme stia diventando un vero e proprio business può venire dalla Lombardia 16

che è una delle regioni simbolo dell’economia italiana e che nel settore comunicazione ben rappresenta una realtà in evoluzione. In tutta Italia la quantità di agenzie del settore risulta essere alta ma questa regione si dimostra leader con il maggior numero di unità. Sono oltre 7.350 le imprese attive tra pubblicità, uffici stampa e di pubbliche relazioni sparse sul territorio. A seguire vengono il Lazio e Emilia Romagna con rispettivamente 3.782 e 2.595. Nella sola provincia di Milano si registrano 4.482 sedi di impresa attive pari al 61% del totale regionale mentre tra Brescia, Monza e Brianza e Bergamo le agenzie di comunicazione raggiungono le 1.511 unità. Parlando di questi dati, emersi da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su


Business communication

quanto scoperto in una banca dati. Un colore diverso, una vocale piuttosto che un’altra possono influire in modo determinante sulla scelta d’acquisto di un soggetto tanto da decretare il successo o il fallimento di un nuovo prodotto o servizio. Il mind marketing misura statisticamente questi fattori. del prodotto Li misura in che modo? Attraverso un’analisi che definirei fisica. Lo studio dell’inconscio passa attraverso dei focus group, delle sessioni collettive nel corso delle quali i soggetti vengono sottoposti a diversi input e le differenti reazioni vengono registrate per essere poi elaborate. A questi si aggiungono delle interviste individuali, una serie di test che permettono di accedere all’inconscio e di capire come funziona l’impulso d’acquisto. Tutti questi risultati vengono raccolti in un database che viene poi gestito da un programma specifico, diciamo un “soft ware delle emozioni”. Secondo lei quale può essere per le aziende l’utilità del mind marketing? Ci troviamo in un periodo di saturazione del mercato. La aziende devono trovare il modo di emergere nell’enorme fiume di informazioni che ogni giorno investe i consumatori. Non è più possibile andare per tentativi nel momento in cui si lancia un nuovo prodotto sul mercato. Il mind marketing permette di limitare il rischio. Analizzando quello che la gente pensa, conoscendo il modo in cui opera una scelta piuttosto che un’altra è possibile per le aziende trovare il modo migliore attraverso il nome, il packaging, la pubblicità per stimolare l’impulso d’acquisto. |

dati del registro delle imprese al 2010 e al primo trimestre 2011 Pier Andrea Chevallard, segretario generale della Camera di commercio di Milano ha dichiarato: “La comunicazione costituisce un fattore significativo di competitività per le imprese. In una realtà moderna e internazionale come è quella attuale le imprese milanesi mostrano di essere attente agli strumenti di comunicazione offerti dalle nuove tecnologie e in continua evoluzione che possono offrire occasioni di valorizzazione delle risorse e opportunità d’affari”. In più, a dimostrazione di questa capacità delle imprese del capoluogo lombardo non solo di capire l’importanza della comunicazione ma anche delle sue nuove

forme la Camera di Commercio di Milano ha creato “You Impresa” una nuova business tv dedicata al mondo delle piccole e medie imprese. E’ un progetto Web 2.0 con un profilo interattivo che permetterà alle aziende di facilitare la comunicazione fra imprese e Camera di commercio, e fra imprese stesse. Tornando alle aziende attive nel settore, in generale si dividono in pubblicitarie, di stampa e di pubbliche relazioni. Le prime sono quelle più diffuse a livello nazionale. In Lombardia se ne possono trovare oltre 6.000, circa l’88% del totale italiano mentre per quanto riguarda le altre in regione sono quasi 800, oltre una su cinque di quelle attive in Italia. Il panorama è estremamente varie-

Il particolare momento finanziario unito ad una completa saturazione del mercato ha portato le imprese a doversi impegnare a fondo per differenziarsi e una comunicazione efficace in questo frangente è fondamentale. Per questo molte società si rivolgono a professionisti, ad agenzie specializzate che hanno fatto della comunicazione il loro business 17


Business&Gentlemen

dicembre 2011 - febbraio 2012

Il marketing diventa “strabico” La realtà che ci circonda sta cambiando profondamente, ce ne stiamo accorgendo tutti. Quali sono le cause di questo cambiamento e cosa esso comporta non sono però sempre così evidenti. I fattori determinanti di questa trasformazione sono molti e uno dei più significativi è senza dubbio l’innovazione tecnologica e con essa l’arrivo di internet e dei new media. Questi nuovi mezzi di comunicazione hanno influenzato profondamente la società e tutti senza esclusione ne siamo stati più o meno coinvolti. Il tempo e soprattutto lo spazio non sono più quelli di una volta, la staticità si è trasformata in mobilità, cessano di esistere i confini e si ridefiniscono gli schemi di interazione dei soggetti con l’ambiente. Il concetto che sta alla base di questo cambiamento è la fluidità. È finito il tempo della cosiddetta “Sofà Tv” in cui l’immobilità era predominante. Ora “tutto scorre”, c’è una relazione continua che non può essere ridotta all’unilateralità. Una delle massime concretizzazioni di questo fenomeno sono i social network, non solo uno strumento relazionale tra individui ma un vero e proprio mezzo di comunicazione ambientale. Ci ritroviamo quindi a vivere e interagire con un ambiente del tutto nuovo e le aziende devono necessariamente tenerne conto soprattutto per quello che riguarda il marketing e la comunicazione. Molte sono quelle che dichiarano di aver percepito questo cambiamento e la necessità di adeguarvisi ma sono ancora poche quelle che lo fanno, ancora meno quelle che lo fanno nel modo corretto. “Nelle società italiane c’è una chiara consapevolezza delle trasformazioni in atto – ha dichiarato Andrea Boaretto, responsabile dei progetti di Marketing del MIP presentando i dati di un sondaggio relativo alla situazione dei programmi di marketing delle imprese italiane - e della necessità di adeguare il media mix a questo rinnovato contesto fatto di nuove tecnologie e di comunicazione bilaterale. Però sono ancora tante le barriere che frenano il cambiamento, prima tra tutte la mancanza di risorse e competenze tecniche”. Diverse imprese possono ritrovarsi nel modello appena presentato. La consapevolezza che qualcosa è cambiato e sta continuando a cambiare c’è, ma manca la fiducia in questi nuovi mezzi di comunicazione. Le aziende hanno difficoltà ad abbandonare i media tradizionali come carta stampata e televisione, i cosiddetti paid media che hanno caratterizzato il modo di fare pubblicità fino ad ora e che sono legati in modo imprescindibile all’unilateralità. Timidi tentativi di innovazione ci sono ma per il momento restano marginali. La tecnologia ha messo a disposizione nuove forme di comunicazione che di fatto rispondono ad un’esigenza insita nell’essere umano ovvero la relazione. Il momento di impiegarle è arrivato perché la società negli ultimi anni si è spostata verso i new media e le aziende non hanno ancora fatto lo stesso. Siamo in un contesto multitasking con interazioni continue e la comunicazione, per essere efficace si deve indirizzare verso uno “spazio di interazione multicanale” e il media mix deve adeguarsi. Per ora appare chiaro che sì le aziende stanno cambiano il loro modo di fare marketing e comunicazione, ma anche che la velocità con cui lo fanno non tiene il passo con quella del cambiamento sociale. | 18

Una svolta epocale quella provocata da internet prima e dai new media poi, legata non solo alle modalità di fruizione delle informazioni ma anche all’aumento esponenziale del flusso delle stesse. Una comunicazione inefficace non solo sarebbe una perdita di tempo e denaro per l’impresa ma in certe situazioni un elemento distruttivo dell’immagine della stessa gato e cambia continuamente. Come abbiamo anticipato, negli ultimi anni abbiamo assistito ad un evoluzione importante del modo di fare comunicazione che ha coinvolto la società nel suo complesso e la Lombardia, con Milano in testa, sta dimostrando di capirne l’enorme potenziale. | www.youimpresa.it www.mi.camcom.it


Business communication

Imprese italiane operanti nei settori della comunicazione per regione Pubblicità

Attività delle agenzie di stampa

Pubbliche relazioni

Totale 2011

Abruzzo

487

4

90

Basilicata

130

0

26

Calabria

448

14

Campania

1.657

Emilia Romagna Friuli-Venezia Giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Molise

Peso

Totale 2010

Var % 2011/2010

581

1,9%

568

2,29%

156

0,5%

149

4,70%

99

561

1,8%

530

5,85%

47

272

1.976

6,5%

1.912

3,35%

2.302

21

272

2.595

8,5%

2.588

0,27%

486

5

73

564

1,9%

559

0,89%

3.255

168

359

3.782

12,4%

3.756

0,69%

616

9

139

764

2,5%

767

-0,39%

6.465

101

788

7.354

24,2%

7.060

4,16%

711

9

80

800

2,6%

789

1,39%

83

0

23

106

0,3%

103

2,91%

Piemonte

2.125

18

308

2.451

8,1%

2.518

-2,66%

Puglia

1.240

13

156

1.409

4,6%

1.340

5,15%

461

4

68

533

1,8%

536

-0,56% -0,66%

Sardegna Sicilia

1.225

22

259

1.506

4,9%

1.516

Toscana

1.655

20

189

1.864

6,1%

1.832

1,75%

Trentino - Alto Adige

423

1

95

519

1,7%

501

3,59%

Umbria

346

8

58

412

1,4%

396

4,04%

41

2

6

49

0,2%

55

-10,91%

2.230

19

202

2.451

8,1%

2.469

-0,73%

100,0%

29.944

1,63%

Valle D’aosta Veneto Tot Italia 2011

26.386

485

3.562

30.433

Peso%

86,7%

1,6%

11,7%

100,0%

Tot. Italia 2010

25.914

504

3.526

Var % 2011/2010

1,8%

-3,8%

1,0% 19


Business&Gentlemen

I

20

dicembre 2011 - febbraio 2012

Incognita 2012 italiani

manager sono divisi


Economy

Lo scenario economico del 2012 risulta frammentato. Non tutti i dirigenti sono concordi sull’andamento della ripresa: per alcuni sarà lento ma costante per altri sarà negativo ma per tutti il mercato non sarà più quello di prima. È quanto è emerso dall’ultima indagine promossa dall’Osservatorio Ceccarelli, una fi nestra privilegiata sulla direzione d’impresa

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Business&Gentlemen

dicembre 2011 - febbraio 2012

“Ripresa economica? Forse ma non per tutti”. Chi credeva che già nel 2011 saremmo usciti dalla crisi finanziaria globale, e non erano pochi, è rimasto inevitabilmente deluso. Quando finirà è una domanda che negli ultimi anni si sono posti in molti e che progressivamente ha avuto risposte diverse. Basti pensare che solo un anno fa il 50 % dei manager italiani rispondeva in modo ottimista dichiarandosi convinto che entro l’anno l’economia mondiale si sarebbe ripresa, lentamente ma comunque ripresa. È chiaro a molti che questa previsione è risultata del tutto sbagliata. L’Osservatorio promosso da Ceccarelli direzione d’impresa, società che da anni collabora con presidenti, amministratori delegati e top manager ha messo in luce che è vero che c’è stato qualche segnale positivo, ma solo marginalmente. Un punto di vista privilegiato sulla classe dirigente quello del Ceccarelli, su coloro che con fatica giorno dopo giorno guidano le nostre aziende e da cui emerge che solo qualche tempo fa, sulla base di alcuni fattori che facevano ben sperare, i manager credevano che la crisi sarebbe presto terminata. Ora la situazione è cambiata, l’ottimismo ha lasciato spazio ad un

generale pessimismo. I dati raccolti nel corso dell’indagine registrano che per i manager c’è stata una leggera crescita, ma solo a partire da quest’anno, crescita che sempre secondo i dati continuerà per il 2012 ma su cui non tutti sono d’accordo. Parlando del futuro il management italiano risulta estremamente frammentato. Sono in pochi, per la precisione il 5% quelli che vedono in positivo l’andamento della ripresa in Italia. Entriamo ora nel dettaglio dei numeri. Raggiungono quasi la maggioranza coloro che dichiarano di chiudere il 2011 in modo, se pur lievemente, positivo. Il 40% dei manager italiani lo scorso anno ha registrato un aumento del 10% dei ricavi mentre sono il 51% quelli che hanno visto migliorata la loro redditività. Scende sotto la metà, invece, il numero di coloro il cui flusso di cassa risulta migliorato. Nonostante questi risultati la maggioranza ritiene che se nel 2012 la crisi economica si arresterà la crescita sarà comunque minima o addirittura stabile. In più arrivano dati preoccupanti per quanto riguarda gli investimenti. Più del 60% dei manager italiani dichiara infatti che questo fattore sarà quello a maggiore criticità per la sua

Chi credeva che già nel 2011 saremmo usciti dalla crisi finanziaria globale, e non erano pochi, è rimasto inevitabilmente deluso. Basti pensare che solo un anno fa il 50 % dei manager italiani rispondeva in modo ottimista dichiarandosi convinto che entro l’anno l’economia mondiale si sarebbe ripresa

Il punto di vista accademico

Fabio Sdogati, docente di Economia internazionale al Politecnico di Milano

Quella che è stata definita la “Grande recessione” non accenna a finire. Molte le cause che hanno portato a questa situazione e molte le conseguenze che ne sono derivate in tutto il mondo. Una crisi che affonda le sue radici ben prima del 2008, legata a politiche economiche del tutto inadeguate, alla mancanza di investimenti e ad una redistribuzione del reddito che ha favorito solo “pochi”. In questo contesto quale può essere il ruolo dell’Unione Europea e quali gli sviluppi che il neoeletto Governo Monti porterà nel 2012? Ne abbiamo parlato con uno specialista in materia, il professor Fabio Sdogati, docente di Economia internazionale al Politecnico di Milano. Confindustria ha lanciato l’allarme rosso: le esportazioni calano, i consumi delle famiglie sono fermi, gli investimenti stagnanti, il mercato del lavoro rimane imballato. Le stime di crescita sono state aggiornate al ribasso: il Pil (Prodotto interno lordo) si attesterà a +0,7% nel 2011 e a +0,2% nel 2012 (contro il +0,9% e il +1,1% indicati a giugno). L’Italia non si muove … Quale può essere secondo lei la giusta ricetta anticrisi al momento? I quattro indicatori da lei utilizzati sono, per l’appunto, indicatori. E certo essi puntano univocamente nella stessa direzione: grande difficoltà per la nostra economia

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Economy

Quali tra i cambiamenti indicati avranno maggiore impatto sulla sua azienda nel 2012? 64% Materie prime e energia 42% Sviluppo di nuovi paesi emergenti 39% Nuovi comportamenti dei consumatori 31% Saturazione dei mercati 25% Modernizzazione delle nuove economie 25% Globalizzazione 11% Esternalizzazione/delocalizzazione 8% Minaccia alla sicurezza 3% Salvaguardia del pianeta indagine Osservatorio Ceccarelli

e per il Paese nel suo complesso. Nel cercare una risposta al quesito è anzitutto importante individuare le cause profonde che stanno a fondamento di questa situazione. Innanzitutto la dinamica negativa della produttività da almeno un decennio. Questo è il risultato della mancanza di investimenti da parte delle imprese le quali non investivano quando l’economia nazionale e quella mondiale crescevano, cioè fino al 2007, né hanno investito dall’inizio della Grande Recessione. Se nel secondo periodo questa scelta può essere giustificata, nel primo certamente non lo era. In secondo luogo la caduta della competitività internazionale delle nostre imprese. Ci si è voluti cullare nell’illusione che ‘piccolo fosse bello’ proprio nei due decenni in cui la globalizzazione si affermava impetuosa, e la crescita delle imprese avrebbe dovuto essere la priorità assoluta per poter guadagnare quote di mercato in un mercato mondiale in espansione. In terza istanza lo squilibrio crescente nella distribuzione del reddito e della ricchezza. Negli ultimi 20 anni si è assistito in Europa a un processo di redistribuzione dei redditi e della ricchezza che ha favorito i redditi molto alti e i patrimoni molto consistenti. La classe media si è venuta assottigliando, con alcuni che sono ‘migrati’ verso classi di reddito più elevato e altri, la gran parte, che hanno perso reddito e potere di acquisto, il che li ha fatti ‘migrare’ verso quelle che un tempo venivano chiamate ‘le classi meno abbienti’. E i consumi sono caduti di conseguenza, e il mercato interno ristagna. Per ultima l’assenza della politica economica. Dal 1988, da quando il nostro ingresso nell’area euro ci consentì di uscire da un periodo di alta inflazione assai pericoloso per la stabilità del Paese, non abbiamo visto politiche economiche mirate alla crescita e all’occupazione. Oggi poi, da due anni a questa parte, l’ossessione della classe dirigente europea per i bilanci in pareggio serve a ‘distrarre’ dai problemi veri, che sono i due che ho appena menzionato. Alla luce degli scenari abbastanza oscuri in cui l’economia mondiale

azienda. Percentuali importanti che dimostrano come le aspettative per il futuro non siano ancora rosee. Un Paese che non investe è un Paese che difficilmente riuscirà a crescere. E gli investimenti non sono l’unica nota dolente per le nostre aziende, seguono il PIL e il clima si sfiducia delle imprese prima e delle famiglie poi. Quanto emerge in relazione all’occupazione poi più che preoccupante pare allarmante. Il lavoro è senza dubbio un elemento centrale nelle dinamiche di sviluppo di una nazione e in Italia come nel resto del mondo in periodi come questi è una delle prime voci di bilancio che viene tagliata. Le rilevazioni purtroppo confermano quanto appena affermato con il 46% dei manager che nel 2011 ha ridotto il personale in azienda. Lo scenario non appare quindi positivo e nemmeno unitario ne nelle valutazioni della situazione ne tantomeno per quanto riguarda le possibili soluzioni. Il management nazionale è diviso anche sulle strade da percorrere per uscire dalla crisi economica.

e italiana vivono, dell’insediamento del nuovo governo tecnico guidato da Monti, come si prevede comincerà il 2012? Sostenevo già nel 2008 che la crisi che stavamo vivendo non sarebbe stata né di breve durata né leggera. Alla fine del 2010, quando il Fondo Monetario Internazionale prevedeva per l’Italia un tasso di crescita 2011 dell’1-1,5%, dissentivo, e prevedevo una crescita prossima allo zero, anche se positiva. Oggi, purtroppo, la mia stima si rivela quella corretta, confermata dalla pubblicazione dei dati OCSE. Il 2012 sarà un anno duro, tanto per le imprese quanto per le famiglie. Dal lato delle imprese, processi di riorganizzazione e di ristrutturazione per il rilancio della competitività internazionale che avrebbero dovuto iniziare a partire quantomeno dall’estate 2008 sono appena stati avviati o, nella gran parte dei casi, debbono ancora esserlo. Sembra esservi tra le imprese una scarsa comprensione del fatto che questa crisi, che non a caso abbiamo chiamato ‘la Grande Recessione’, sarà un fenomeno di lunga durata, che sta cambiando la geografia dello sviluppo e della crescita, e che richiede quindi ripensamenti radicali del proprio modo di stare sul mercato e, addirittura, dei mercati sui quali stare. Dal lato delle famiglie il 2012 sarà duro perché la disoccupazione continua ad essere alta e ad aumentare, con quella giovanile e femminile che sembra voler andare oltre il 30% della forza di lavoro attiva. Ciò farà necessariamente cadere la domanda di beni di consumo, in particolare di quelli prodotti da imprese localizzate sul territorio nazionale, e tenderà invece a favorire le importazioni da paesi le cui imprese sono capaci di produrre a costi di produzione unitari più bassi. Quali saranno le principali criticità che le nostre imprese si troveranno ad affrontare? Soprattutto le aziende medio-piccole? Quelle di sempre, alcune delle quali già menzionate sopra: in particolare la dimensione microscopica, che impedisce di raggiungere quella 23


Il punto di vista accademico

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dicembre 2011 - febbraio 2012

soglia oltre la quale si può cominciare a competere sul mercato mondiale; la loro ‘non-managerializzazione’, cioè il loro essere centrate attorno all’imprenditore (e spesso alla sua famiglia) che non ha, né potrebbe avere, le competenze manageriali per affermarsi profittevolmente sul mercato; l’assenza di una politica economica che le indirizzi verso settori ritenuti strategici e sui quali un governo dovrebbe impegnarsi in maniera chiara, come avviene quando esso sostiene le attività di ricerca e sviluppo in settori ritenuti, per l’appunto, strategici. E via ricordando. La riforma del mercato del lavoro sarà al centro dell’agenda del nuovo governo. Quali sono le priorità? Io non credo nella riforma del mercato del lavoro, almeno non se si vuol andare nella direzione di ulteriori ‘liberalizzazioni’. In primo luogo, il nostro è un mercato di lavoro già oltremodo flessibile, nel quale le parti possono scegliere tra decine di forme contrattuali che, non a caso, sono state chiamate ‘atipiche’. In secondo luogo, non ha alcun senso parlare di ‘flessibilità’ quando la disoccupazione è forte e crescente! C’è abbondanza di forza lavoro disponibile a lavorare ai salari correnti, e anzi sta crescendo il numero dei lavoratori scoraggiati, quelli che hanno smesso di cercare lavoro. In queste condizioni la ‘flessibilità’ serve solo a quelle imprese che intendono chiudere e, quindi, licenziare. Ma quel che serve è proprio il contrario, e cioè incentivarle ad assumere! Su quali campi sono chiamate a muoversi le imprese (internazionalizzazione, delocalizzazione, nuovi mercati ecc)? Quello di ‘delocalizzazione’ è un concetto che non mi piace e, ci si creda o meno, la delocalizzazione non è un fenomeno che ha interessato il nostro paese in maniera misurabile. Quante imprese conosciamo che hanno chiuso gli impianti in Italia per aprirne di simili altrove? Usare i concetti sbagliati non aiuta a capire la realtà e ad identificare strategie vincenti. Il fenomeno rilevante, che noi al Politecnico di Milano abbiamo cominciato a studiare nei primi anni novanta, è quello della frammentazione internazionale dei processi produttivi. In altre parole, segmenti di processo produttivo vengono allocati in paesi dove esistono le risorse migliori nella realizzazione di quel segmento, così che il costo complessivo del prodotto finito sia più basso (a parità di qualità) o di qualità superiore (a parità di costo). Si guardi alla Germania, Paese che agli italiani piace molto prendere ad esempio: nel 2008 oltre il 45% delle esportazioni (idem per importazioni) tedesche consisteva di semilavorati e prodotti intermedi, non di prodotti finiti! Ne consegue che il ‘made in’ è un concetto sempre meno rilevante per spiegare il successo delle imprese di qualunque paese. Ma noi insistiamo sul ‘Made in Italy’. 24

Lo scenario non appare quindi positivo e nemmeno unitario ne nelle valutazioni della situazione ne tantomeno per quanto riguarda le possibili soluzioni. Il management nazionale è diviso anche sulle strade da percorrere per uscire dalla crisi economica

Quali dei seguenti fattori dell’economia saranno più critici per la sua azienda? 60% Investimenti 34% Pil 34% Consumi 31% Clima di fiducia delle imprese 23% Tasso d’inflazione 23% Clima di fiducia delle famiglie 23% Produzione industriale 20% Esportazioni 11% Difficoltà di ricorrere al credito 9% Importazioni 0% Tasso di disoccupazione indagine Osservatorio Ceccarelli

C’è chi vede nello sviluppo dei paesi emergenti l’unica possibilità per riprendersi. Cina, Giappone e Sudamerica sono solo alcuni dei paesi su cui le imprese dovrebbero puntare perché a maggiore crescita, sia dal punto di vista demografico che economico. Sono player importanti che comparsi da poco sulla scena economica mondiale si stanno imponendo in maniera sempre più significativa. Altri trovano nel “nuovo consumatore”, più sensibile all’ecosostenibilità la strada migliore. Le tematiche green negli ultimi anni sono diventate un argomento che interessa un numero di persone sempre maggiore ed è ragionevole pensare che più si andrà avanti più la protezione dell’ambiente diventerà un elemento alla base di qualsiasi operazione. Un panorama quindi che si dimostra molto cambiato rispetto al 2007, in cui altri saranno i Paesi trainanti e altri i mercati in cui investire, un panorama cui i manager, italiani come stranieri, dovranno necessariamente adeguarsi. |


Occupazione Redditività

Indebitamento

Investimenti

Facciamo un breve consuntivo dell’anno: la sua azienda come prevede di chiudere il 2011?

Il fenomeno rilevante è

40% Ricavi aumentati lievemente (meno del 10%)

produttivi. In altre parole,

26% Ricavi aumentati significativamente (oltre 10%)

vengono allocati in paesi dove

20% Ricavi diminuiti lievemente (meno del 10%)

realizzazione di quel segmento

9% Ricavi come anno precedente 6% Ricavi diminuiti significativamente (oltre 10%) 51% Investimenti come anno precedente 29% Investimenti aumentati 20% Investimenti diminuiti 49% Indebitamento (debito/ patrimonio netto) come anno precedente 23% Indebitamento (debito/ patrimonio netto) peggiorato 26% Indebitamento (debito/ patrimonio netto) migliorato 26% Redditività (Ebitda) come anno precedente 51% Redditività (Ebitda) aumentata 20% Redditività (Ebitda) diminuita 29% Occupazione come anno precedente 20% Occupazione aumentata 46% Occupazione diminuita

indagine Osservatorio Ceccarelli

Il denaro non è l’idea, ma compera i padroni dell’idea Emilio De Marchi www.ceccarelli.it

quello della frammentazione internazionale dei processi segmenti di processo produttivo esistono le risorse migliori nella

Quali le principali fragilità e colpe dell’Europa in questa crisi? Questa è facile: le ‘colpe dell’Europa’ sono in realtà le colpe dei governi nazionali membri dell’Unione. Quando, nel 1999, entrò in funzione la Banca Centrale Europea e venne introdotto l’euro, noi sapevamo molto bene che ciò rappresentava il compimento di metà del lavoro da fare. L’altra metà consisteva nel costruire progressivamente un ‘governo europeo’ che gradualmente assorbisse le funzioni del governi nazionali. Ma questi sono stati troppo gelosi dei propri poteri, ad esempio del potere di tassare chi e quanto vogliono, di governare (o non) le pensioni, di decidere come spendere e su che cosa. Abbiamo lasciato passare gli anni e, ovviamente, il capitale finanziario ha infine capito che questo modello istituzionale non poteva reggere, così com’era, ad un attacco concentrato su uno dei componenti dell’Unione. E allora il 22 ottobre 2009 si è scelto il più piccolo, si è abbassata la valutazione del debito emesso dal suo governo, e da lì abbiamo cominciato a soffrire. Che ruolo dovrà avere l’Europa nella fase di fuoriuscita dalla crisi? Il vertice di Bruxelles sì è appena concluso, e non vediamo ancora con chiarezza il significato di ciò che vi è stato deciso. Ma a me sembra che una cosa possiamo già dirla: non vi è più fiducia generalizzata nella capacità dell’Unione di porsi come co-protagonista della crescita e del suo governo a livello mondiale. Quando si registra accordo unanime sulla proposizione secondo cui il governo italiano debba essere osservato con attenzione particolare da parte della comunità internazionale, il segnale è evidente: a quello che era praticamente il solo livello di comando sui governi dei paesi membri, l’Unione europea, rimane solo il ruolo operativo di controllore, mentre quello di decisore sembra essere passato G20 Ciò mi induce a ritenere che il ruolo che l’Europa avrà nella fuoriuscita dalla crisi sarà quello che le verrà assegnato, e non quello che sarà capace di scegliersi. | www.scenarieconomici.com

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Il punto di vista accademico

Ricavi

Economy


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dicembre 2011 - febbraio 2012

“Il nostro

Paese

Trasparente e che crede nel futuro. Questa è l’Italia raccontata agli Oscar di Bilancio 2011, la manifestazione che Ferpi ha promosso come ogni anno. Il suo presidente, Patrizia Rutigliano ci parla dei trend emersi dalle premiazioni e del ruolo suo e della Federazione in questo particolare momento economico mondiale

ce la può fare”

testi di Daniela Lussana Fiducia e trasparenza sono le parole chiave degli Oscar di Bilancio 2011. La manifestazione che premia le aziende italiane che nel corso dell’anno si sono distinte per la qualità del loro bilancio ha raccontato un Paese che crede nel proprio futuro, che non ha paura di andare avanti e che vede nella chiarezza un elemento fondamentale per evitare speculazioni e fraintendimenti, soprattutto in un periodo in cui di certezze ce ne sono poche. L’evento anche quest’anno è stato promosso da Ferpi, la Federazione relazioni pubbliche italiana. Il bilancio, primo e più importante mezzo di comunicazione che le imprese hanno a disposizione assume in un periodo come quello attuale di recessione economica e di crisi finanziaria globale un valore ancora più alto. Quelli presentati quest’anno agli Oscar sono la testimonianza di quanto le singole aziende italiane si stiano impegnando per crescere e migliorarsi e che pur in un contesto difficile si stiano dimostrando fiduciose, andando avanti giorno dopo giorno producendo, dando lavoro e avendo ben chiara la direzione verso la quale si stanno incamminando. Il presidente di Ferpi, Patrizia Rutigliano, personalità con una lunga esperienza maturata nel settore comunicazione e pubbliche relazioni ci parla di quanto è emerso dalle premiazioni appena passate e più in generale della Federazione e del ruolo delle pubbliche relazioni nelle dinamiche del Paese. Grazie alla sua posizione e alla profonda conoscenza del settore il presidente di Ferpi ha approfondito anche i cambiamenti che sono avvenuti nella Federazione e nel suo ruolo. Un ruolo che parte dalla creazione dei sistemi di relazione tra i professionisti e che va molto oltre, comprendendo la formazione, sia universitaria che di aggiornamento continuo dei suoi associati. 26

Partiamo con gli Oscar di Bilancio 2011. Possiamo dire che rappresentano una sorta di fotografia del panorama imprenditoriale italiano. Cosa è emerso dalla manifestazione di quest’anno? E’ evidente che questo non sia stato un anno facile e che le complessità che sta affrontando il nostro Paese in questo 2011 abbiano finito con l’influenzare il giudizio sui bilanci 2010. Abbiamo privilegiato l’industria, per valorizzare l’economia e le imprese italiane; e in parte abbiamo operato in una logica di sistema, per dare fiducia a quei gruppi che devono contribuire alla crescita del Paese. Accanto a un settore in forte evoluzione come quello delle organizzazioni non profit, che ha registrato un altissimo numero di partecipanti, segno che il terzo settore sta approfondendo sempre più il ruolo che il bilancio riveste nelle relazioni con i propri referenti, rileviamo che è ancora alquanto incompleta la comunicazione economico-finanziaria fornita da alcune piccole e medie imprese. Su questo, molto ancora possiamo e dobbiamo fare ed è anche in una logica di formazione che Ferpi vuole operare. La trasparenza alla base della comunicazione. Perché sembra essere più importante in questo periodo rispetto ad altri? La trasparenza non è un elemento distintivo rispetto ai competitor né possiamo permetterci di essere trasparenti a intermittenza, e comunicare solo quando siamo tenuti o ci interessa farlo, per poi fare un passo indietro quando dobbiamo dar seguito agli annunci fatti. In tempi come questi, dove le certezze messe in discussione sono molte, una comunicazione corretta ed esaustiva contribuisce a prevenire quegli effetti indesiderati che la speculazione, la confusione di giudizi o le grida incontrollate possono provocare in un mondo spesso dipendente da logiche sincopate. Stabilisce relazioni, crea fiducia, allarga il consenso. In poche parole, rende credibili. Dal 1980, anno dal quale l’Oscar di Bilancio è stato organizzato dalla Ferpi molto è cambiato. La crisi economico finanziaria iniziata nel 2008 ha influito in modo determinante su tutto il mondo imprenditoriale e della comunicazione. Cosa può dirmi in proposito? La lunga crisi economico-finanziaria sta mostrando a tutti il vero significato del concetto di responsabilità sociale d’impresa. E anche di sviluppo sostenibile. Oggi nelle aziende il processo di sostenibilità è sempre più integrato con il processo di business ma la strada davanti è ancora lunga. Integrazione dei processi significa che, sulla base di esigenze interne e di sollecitazioni esterne, gli obiettivi di sostenibilità devono essere coerenti e allineati con la “capacità” di business, e che i rispettivi progetti devono essere inseriti nei periodi di piano. Un meccanismo che, oltre a riflettersi all’esterno, può svolgere un ruolo cardine anche all’interno delle realtà aziendali, per sensibilizzare ulteriormente l’implementazione delle iniziative di miglioramento. E la sempre maggiore importanza rivestita dagli indici etici è un’attestazione di come la business community, e non solo quella, apprezzi e valorizzi tali sforzi.


Grandi eventi

Patrizia Rutigliano presidente nazionale di Ferpi

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Business&Gentlemen

dicembre 2011 - febbraio 2012

un’immagine della borsa di milano, location dove ogni anno si svolgono gli oscar di bilancio

Patrizia Rutigliano, presidente Ferpi fino al 2013 Patrizia Rutigliano, da poco più di sei mesi presidente della Federazione italiana relazioni pubbliche è una giornalista professionista, laureata in Lingue e letterature straniere. Si è specializzata in Comunicazioni sociali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove ha frequentato anche il Master in International Management. Approda a questa carica dopo una lunga collaborazione con Ferpi che è iniziata nel 2006. Semplice associata fino al 2009 entra poi nel Consiglio direttivo nazionale per restarci fino al 2011, anno della sua elezione a presidente. Attualmente è direttore delle relazioni istituzionali e della Comunicazione di Snam Rete Gas e questa è solo l’ultima di una serie di esperienze professionali che la Rutigliano ha avuto con aziende del calibro di Autogrill e di e.Biscom/ Fastweb, tutte ricoprendo posizioni direttive nel settore comunicazione e pubbliche relazioni.

Dagli Oscar di Bilancio di quest’anno emerge una profonda fiducia nel futuro. Da cosa deriva secondo lei? Chi partecipa all’Oscar fa parte di per sé di una comunità virtuosa, ossia di quell’insieme di organizzazioni e imprese che credono in una comunicazione trasparente, accurata ed esaustiva; accettano il confronto e il dibattito. Queste organizzazioni condividono la consapevolezza del loro ruolo sociale, consce del contributo che la loro azione apporta alle comunità. Questo senso di responsabilità, che si traduce in azioni concrete verso i propri clienti, fornitori, associazioni, collaboratori, istituzioni, rende le imprese fiduciose nelle capacità di realizzazione dei propri piani e nella conseguente riconoscibilità. Credo sia questa una delle chiavi di successo dell’Oscar. Qual è il ruolo di Ferpi in questa manifestazione? Da molti anni Ferpi promuove, gestisce e organizza il premio alla rendicontazione economico-finanziaria, un laboratorio permanente frutto della collaborazione e del continuo confronto con le associazioni e i professionisti fin dagli inizi impegnati in questo lavoro di analisi. E’ Ferpi a coordinare tutta la complessa macchina organizzativa. Gherarda Guastalla Lucchini, a cui da oltre dieci anni il Consiglio Nazionale Ferpi ha affidato la delega per l’Oscar di Bilancio, coordina il coinvolgimento delle 15 associazioni professionali che, con quasi 200 professionisti, valutano e selezionano i bilanci pervenuti. E’ questa rete di 28

contatti e relazioni che rende l’Oscar un premio unico per autorevolezza e trasparenza. Secondo lei, rispetto al 1970, anno della fondazione della Federazione, cosa è cambiato in Ferpi? E nelle pubbliche relazioni? Oltre al networking, occuparsi di relazioni pubbliche è stato a lungo interpretato da molti, operatori compresi, come un mestiere da imparare sul campo. Una tecnicità frutto di esperienza e operatività. La nostra professione oggi richiede invece un approccio sempre più razionale e controllabile e organizzazioni sempre più efficaci da punto di vista delle strategie di azione. Servono competenze manageriali e approcci professionali condivisi. Credo che Ferpi stia dando un contributo significativo a questo passaggio culturale, dal punto di vista dell’autorevolezza e della rappresentatività. Comunicare è diventata per le aziende un’esigenza sempre più importante. Quali sono le motivazioni secondo lei? In questo senso in che modo Ferpi può dare il suo contributo? La motivazione fondamentale sta nella stessa definizione di azienda. Oggi non si parla più di azienda come di un tutto autosufficiente, ma di un’organizzazione comunicativa. E’ nell’intreccio delle sue relazioni che l’azienda trova la forza per crescere ed espandersi. I fenomeni della globalizzazione o della network society hanno ratificato un processo


Grandi eventi già in atto. Oltre l’80% del valore di un’azienda dipende dal valore del brand, della reputazione, dell’esperienza dei suoi collaboratori, oltre che dai suoi asset materiali e finanziari. In questo contesto la comunicazione assume un ruolo fondamentale, di stimolo e amplificazione oltre che di coordinamento di tutte le funzioni 69li di volta in volta preposte. E uno dei compiti di Ferpi è proprio quello di aiutare le imprese a cogliere le opportunità offerte da questo contesto. Attuale direttore relazioni istituzionali e comunicazione di Snam; Autogrill e e.Biscom/Fastweb le aziende con cui ha lavorato prima, sempre in posizioni di responsabilità. Un curriculum davvero impressionante. Quale l’esperienza più significativa? Devo dirle la verità…sono tutte egualmente impresse nella mia mente, sia pur per ragioni diverse. Ognuna, ma anche quelle precedenti, in Comune a Milano e in ambito giornalistico, hanno costituito un pezzo importante della mia formazione professionale e personale. E’ importante rendersi conto di come poi tutto torni. L’esperienza in Comune a Milano mi è servita subito dopo, quando mi sono occupata dei cablaggi delle città e mi serve adesso che mi occupo della realizzazioni di importanti infrastrutture sul territorio. Le fasi all’estero, in tempi di studio o di prime occupazioni, sono state la base di partenza per le operazioni di M&A seguite quando ero in Autogrill. E il giornalismo mi è servito per riuscire ad immergermi ogni volta in settori sempre diversi. Come Presidente di Ferpi, quali sono i suoi compiti principali? Direi che in questa difficile fase è fondamentale dettare la linea sulla nostra professione e avviare una profonda riflessione sul nostro modello associativo. Come dicevo prima, la nostra professione è profondamente cambiata, direi in meglio, anche se il ruolo è diventato decisamente più impegnativo. Le competenze e gli ambiti di azione si sono allargati. E’ tempo di adeguare Ferpi alle nuove esigenze e alle mutate condizioni. Eletta da meno di un anno. Che valore aggiunto crede di aver dato alla Federazione in questo seppur limitato periodo di tempo? Sto insistendo molto su alcune tematiche che ritengo fondamentali nel periodo storico che stiamo vivendo. La trasparenza sicuramente, la formazione e le competenze, l’esigenza di ampliare la rappresentanza della stessa Federazione. E devo dire che lo spirito di squadra all’interno del gruppo dirigente è molto forte in tal senso. Siamo uniti e crediamo molto nei valori della nostra professione. Una carica che è solo all’inizio. Come crede che sarà Ferpi nel 2013, allo scadere della sua presidenza? Accidenti, come guarda in avanti! E’ importante avere visione e strategia, altrimenti si procede solo

Chi partecipa all’Oscar fa parte di per sé di una comunità virtuosa, ossia di quell’insieme di organizzazioni e imprese che credono in una comunicazione trasparente, accurata ed esaustiva; accettano il confronto e il dibattito. Queste organizzazioni condividono la consapevolezza del loro ruolo sociale, consce del contributo che la loro azione apporta alle comunità da sinistra: Patrizia Rutigliano, Lamberto Cardia, Presidente Ferrovie dello Stato Italiane, Mauro Moretti, AD Ferrovie dello Stato Italiane, Roberto Colaninno, Presidente e AD Piaggio&C., Michele Colaninno Amministratore Piaggio&C. e Carlo Gabbi, Presidente Fondazione Cariparma

I vincitori Gli Oscar di Bilancio 2011 appena conclusi hanno visto premiate diverse aziende che testimoniano il meglio del nostro Paese e che rivelano la grande ricchezza culturale, imprenditoriale e valoriale delle imprese profit e non profit italiane. Per il primo anno sono due le aziende che hanno ricevuto l’Oscar di Bilancio Fondazioni di Origine Bancaria, Fondazioni d’Impresa, Organizzazioni Erogative Non profit. Entrambe con bilanci eccellenti e troppo diverse per essere paragonate sono state premiate Fondazione Cariparma e Fondazione Vodafone. Nel settore bancario sono state Monte dei Paschi di Siena Spa e Emil Banca - Credito Cooperativo - Società Cooperativa le imprese che hanno presentato il bilancio migliore rispettivamente come Maggiore e Grande e Media e Piccola Impresa. Vince invece l’Oscar di Bilancio Medie e Piccole imprese Monnalisa spa mentre quello Organizzazioni Non Erogative Nonprofit va a CESVI Fondazione Onlus. Concludono l’elenco dei bilanci premiati Ferrovie dello Stato Italiane Spa come Società e Grandi Imprese Non Quotate e Piaggio Spa per la sezione Società e Grandi Imprese Quotate. Gruppo Telecom Italia conquista il Premio Speciale per la Governance Societaria.

per scelte tattiche di breve efficacia, ma sono abituata a procedere per piccoli passi. Noi tutti componenti del gruppo dirigente siamo consapevoli di avere davanti un lavoro importante da svolgere per la nostra Federazione. Crediamo davvero che questa professione possa, per quanto di sua competenza, dare un contributo allo sviluppo e alla crescita del Paese…ma qualche correzione in corsa si rende necessaria. In tempi in cui si parla molto di quote rosa, crede che l’essere donna l’abbia favorita o limitata nella sua carriera? Devo essere sincera: non credo mi sia mai posta il problema. E penso non lo abbiano fatto neppure le organizzazioni con cui ho lavorato. Le quote rosa servono per rompere le barriere all’ingresso, ma le competenze fortunatamente non sono di genere. Detto questo, dedico molto tempo alla valorizzazione delle risorse con cui lavoro. E quanto ai colleghi… se qualcuno insiste con la maggiore sicurezza delle scarpe basse sui luoghi di lavoro di certo non rinuncio per questo ai tacchi. | Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre. Oriana Fallaci www.ferpi.it

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Cresce l’export del Made in Italy

nel mondo. I risultati dell’Annuario statistico 2011 Più 15 per cento delle esportazioni italiane all’estero. I paesi europei si confermano i primi importatori ma nuovi attori stanno arrivando sulle scena in collaborazione con Promos – Internazionalizzazione e marketing territoriale

Secondo l’edizione 2011 dell’Annuario statistico le esportazioni italiane sono cresciute nel 2010 del 15,8%. Nei primi cinque mesi del 2011 l’export è invece cresciuto del 18%. L’Annuario, frutto della collaborazione fra ministero dello Sviluppo economico e Istat, fornisce informazioni che consentono di valutare il posizionamento competitivo delle imprese italiane sui mercati internazionali nel 2010, anno di forte ripresa del commercio mondiale in uno scenario caratterizzato da opportunità, ma anche da persistente incertezza. Il settore dei macchinari rappresenta la prima voce all’estero. Germania e Francia restano i principali paesi di sbocco del made in Italy, ma tassi di crescita record si sono registrati nei confronti dei nuovi attori dell’economia globale: • Brasile (+44%) • Turchia (+42%) • Cina (+30%) • Russia (+23%). Nel 2010, il commercio mondiale di beni ha raggiunto il valore di 15.238 miliardi di dollari (+21,7% sul 2009 ma -5,4% rispetto ai livelli del 2008), trainato dalla crescita dei volumi (+14,5% sul 2009) e, in misura più contenuta, dei valori medi unitari (+6,3%). Sempre nel 2010, gli scambi mondiali di servizi sono stati pari a 3.664 miliardi di dollari (+8,3% sul 2009 e -4,6% rispetto al 2008), gli investimenti diretti esteri si sono attestati a 1.122 miliardi di dollari 30

(-1,7% rispetto al 2009). La Cina, paese con la quota più elevata sulle esportazioni mondiali di merci (10,6% nel 2010), registra il maggiore incremento (+0,8 punti percentuali) rispetto al 2009. Seguono, in termini di quote sul commercio mondiale, gli Stati Uniti (8,6%), la Germania (8,5%), il Giappone (5,2%) e la Francia (3,5%). L’Italia si conferma ottavo paese esportatore (la quota di mercato dell’Italia passa dal 3,3% del 2009 al 3% del 2010). Le quote di mercato dell’Italia sono in aumento nel Regno Unito (quota pari al 4,3%) e in Francia (8,3%), mentre sono in calo in Giappone (0,9%), Germania (5,6%), Stati Uniti (1,5%), India (1,4%), Cina (0,9%), Brasile (2,7%) e Russia (5%). In relazione ai primi dieci gruppi di prodotti per cui l’Italia detiene le più elevate quote di mercato sul commercio mondiale, si segnalano aumenti per cisterne, serbatoi, radiatori e contenitori in metallo (quota pari al 13,8%) e prodotti della fusione della ghisa e dell’acciaio (9,6%). Risultano in contrazione le quote di mercato dell’Italia per i materiali da costruzione in terracotta (26,8%), le pietre tagliate, modellate e finite (15,2%), i prodotti da forno e farinacei (14,6%), cuoio, borse e pelletteria (13,2%), calzature (10%), macchine per la formatura dei metalli e altre macchine utensili (9,2%). Nel 2010, l’interscambio commerciale dell’Italia si contraddistingue per un consistente aumento delle esportazioni

(+15,8% sul 2009), che risulta tuttavia meno sostenuto rispetto alle importazioni (+23,4%). Rispetto ai livelli di interscambio del 2008, misurati a prezzi correnti, si registra nel 2010 un gap dell’8,5% per le vendite all’estero e del 3,9% per gli acquisti sui mercati internazionali. In termini di volumi scambiati, il gap rispetto al 2008 è pari al 12% per le esportazioni e al 3,5% per le importazioni. La bilancia commerciale dell’Italia registra nel 2010 un disavanzo di 29,3 miliardi di euro, in peggioramento rispetto agli anni precedenti (nel 2009 era di 5,9 miliardi). Al netto dei prodotti energetici, l’avanzo commerciale è stato di 23,6 miliardi di euro, in deterioramento rispetto al 2009 (35,9 miliardi di euro) e al 2008 (46,5 miliardi di euro). I saldi attivi più ampi a livello nazionale si rilevano per macchinari e apparecchi (37.666 milioni di euro), prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (11.460 milioni), prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (9.529 milioni), prodotti delle altre attività manifatturiere (8.317 milioni), coke e prodotti petroliferi raffinati (6.154 milioni) e apparecchi elettrici (6.115 milioni). I saldi negativi più consistenti si registrano per: prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere (-58.131 milioni di euro), computer, apparecchi elettronici e ottici (-21.019 milioni), sostanze e prodotti chimici (-9.521 milioni), prodotti dell’agri-


Made in Italy nel mondo

coltura, della silvicoltura e della pesca (-5.509 milioni), articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (-3.360 milioni) e mezzi di trasporto (-3.321 milioni). Nella manifattura il grado di penetrazione delle importazioni aumenta di 3,3 punti percentuali rispetto al 2009 (+2,4 punti percentuali rispetto al 2008) raggiungendo il 33,3%. I settori con i maggiori incrementi dell’import penetration sono il cuoio e prodotti in cuoio (+9 punti percentuali rispetto al 2008), le macchine elettriche ed elettroniche (+7,4), la gomma e materie plastiche (+4,7), i prodotti chimici e fibre sintetiche (+3,5), e gli altri prodotti (tra cui mobili, preziosi, articoli sportivi) (+3 punti percentuali rispetto al 2008). Le principali tipologie di merci esportate sono i prodotti petroliferi raffinati e i medicinali e preparati farmaceutici che registrano nel 2010 un aumento, rispettivamente, del 58,1 e del 15,5%. Per quanto riguarda le importazioni, le principali tipologie di merci movimentate sono il petrolio greggio e gli autoveicoli, con aumenti, rispettivamente, del 44,4 e dell’1,1%. Si segnala il forte aumento di importazioni di componenti elettronici, pari al +211,2%, dovuto in larga misura agli effetti prodotti dagli incentivi energetici sulle importazioni di pannelli solari. Il maggiore contributo negativo al saldo complessivo è dovuto, per quanto riguarda le aree geografiche, all’Asia orientale (-19.686 milioni di euro) e all’Africa settentrionale (-11.153 milioni). Seguono i paesi dell’Unione europea (-7.877 milioni) e il Medio Oriente (-4.853 milioni). A ridimensionare il disavanzo commerciale complessivo contribuiscono i saldi positivi nei 31


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confronti di America settentrionale (+10.075 milioni di euro), Oceania e altri territori (+3.507 milioni di euro) e Paesi europei non appartenenti all’Ue (+3.076 milioni di euro). Germania e Francia rappresentano i principali mercati di sbocco delle esportazioni nazionali con quote pari, rispettivamente, al 13 e all’11,6%; gli Stati Uniti sono il terzo paese partner con una quota pari al 6%, di poco superiore a quella della Spagna (5,8%). Rispetto al 2009, si registrano incrementi delle esportazioni verso tutti i maggiori partner commerciali (ad eccezione degli Emirati Arabi Uniti con -1,9%). Le maggiori variazioni riguardano Brasile (+44,1%), Turchia (+42,1%), Hong Kong (+33,6%), Cina (+29,9%), Russia (+23%) e Romania (+22,7%). Considerando, invece, la provenienza territoriale delle merci il 39,9% delle esportazioni nazionali ha avuto origine dalle regioni nord-occidentali, il 31,3% da quelle nord-orientali, il 15,8% dalle regioni centrali, il 7,2% dal meridione, il 4,3% dalle isole. Considerando la destinazione territoriale delle merci acquistate dall’estero, il 41,8% è diretto verso le regioni nord-occidentali dell’Italia, il 21,2% verso quelle nord-orientali, il 15,9% verso le regioni centrali; mentre il meridione e le isole ne assorbono, rispettivamente, il 7,4 e il 6,7%, il restante 7% è attribuito a regioni diverse e non specificate. Gli operatori economici che hanno realizzato vendite all’estero nel corso del 2010 risultano, sulla base di dati ancora provvisori, pari a 205.974 unità. Considerando la distribuzione per classi di fatturato di tali operatori si evidenzia un’elevata numerosità (129.144 operatori) nella classe inferiore di fatturato all’export (fi no a 75 mila euro), con un modesto contributo al valore complessivo delle esportazioni, pari allo 0,6%. Al netto dei micro-esportatori (con vendite all’estero inferiori a 75 mila euro), si rilevano 76.820 operatori: nonostante l’aumento del 3,8% registrato sul 2009, il loro numero è ancora inferiore del 4,8% rispetto a quello del 2008. Il 44,7% degli operatori esporta merci verso un unico mercato e il 14,6% opera su oltre dieci mercati. Risulta comunque diff usa la presenza di operatori nelle principali aree di scambio internazionale. Le attività industriali a controllo italiano sono maggiormente presenti in Romania (1.657 imprese e 116mila addetti), Brasile (306 imprese 75mila addetti) e Cina (544 imprese e 66mila), mentre i servizi si concentrano negli Stati Uniti (1.354 imprese e 106mila addetti) e in Germania (950 imprese e 66mila addetti). |

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Rispetto al 2009, si registrano incrementi delle esportazioni verso tutti i maggiori partner commerciali (ad eccezione degli Emirati Arabi Uniti con -1,9%)


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Post

Bribery Act. Vizi e virtù del gestire la filiale italiana di una multinazionale

Non solo la corruzione ma anche la sua mancata prevenzione. Dal primo luglio 2011 per la legge inglese la responsabilità penale è dell’impresa. Vediamo quali sono le conseguenze per la gestione delle fi liali italiane testo di Marco Levi, amministratore delegato di Reed Business Information Entrato in vigore il 1° luglio 2011, il Bribery Act introduce per la prima volta nell’ordinamento inglese non solo la responsabilità penale dell’impresa per i reati di corruzione 34

commessi da soggetti che operano in nome e per conto della stessa, ma anche per il solo reato di mancata prevenzione della corruzione. Si tratta della più stringente iniziativa

legislativa inglese nella lotta alla corruzione con ripercussioni sul territorio domestico, ma anche su tutte le sedi, consociate e filiali, dislocate sul territorio internazionale.


Diritto internazionale

Premesso ciò, se si considera che secondo la più credibile e accurata graduatoria sulla corruzione nella pubblica amministrazione, il Trasparency International Corruption Perceptions Index, il nostro Paese è al 67esimo posto a livello mondiale con 3,9 punti, dopo il Ruanda e immediatamente prima della Georgia, si può comprendere sotto quale tipo di riflettori siano le sedi italiane da parte delle holding. Cosa fare dunque? Il Bribery Act impone una serie di procedure la cui adozione, sebbene non obbligatoria, costituisce un onere, anche economico, e condizione necessaria - ma non sufficiente - per invocare l’applicazione dell’esenzione. La società quindi non sarà ritenuta responsabile per i reati commessi, soltanto nel caso in cui riesca a dimostrare di aver adottato, prima della commissione del reato, procedure adeguate finalizzate a prevenire la commissione di tali condotte da parte dei soggetti a essa associati. Quali debbano essere poi queste procedure, non viene dettagliato ulteriormente, tuttavia sono state pubblicate delle Linee Guida che definiscono alcuni principi generali. In particolare, è fondamentale conoscere e monitorare il rischio di commissione di fatti corruttivi nel settore e mercato di appartenenza; nelle relazioni commerciali, trasparenza ed etica devono essere le parole d’ordine per cui si devono attuare attività di due diligence per conoscere i propri partner commerciali e concludere con loro accordi per la lotta alla corruzione; il top management deve impegnarsi in prima persona nel promuovere e infondere una cultura aziendale di lotta alla corruzione indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda; le procedure e le politiche aziendali in materia devono essere chiare e accessibili a tutti: in particolare, bisogna presidiare le aree a rischio, soprattutto alle voci donazioni politiche, contributi, regali e spese promozionali e bisogna reagire

La società quindi non sarà ritenuta responsabile per i reati commessi, soltanto nel caso in cui riesca a dimostrare di aver adottato, prima della commissione del reato, procedure adeguate finalizzate a prevenire la commissione di tali condotte da parte dei soggetti a essa associati attivamente in caso di sospetti episodi di corruzione. A tutto ciò, bisogna affiancare l’integrazione, in concreto, di questi principi nei sistemi di controllo interni, nelle politiche di selezione del personale e di remunerazione, nelle comunicazioni esterne e interne e nella formazione del personale. E tutto il sistema, a sua volta, deve essere monitorato e revisionato attraverso attività di audit e verifiche, eventualmente anche esterne, con procedure trasparenti, che devono valutare la regolarità con cui procedere alla revisione delle procedure e policy interne. A livello legislativo, anche l’Italia dispone di una serie di strumenti che non sono assolutamente inferiori al Bribery Act o a quelli di altri Stati, come il decreto legislativo 231/01 sulla responsabilità d’impresa. Entrato in vigore in seguito agli scandali Parmalat e Cirio, il Decreto ha introdotto il concetto di responsabilità amministrativa delle imprese per i reati commessi da amministratori, manager o dipendenti. Responsabili per questo tipo di reati,

Bribery, what’s that? Il termine “bribery”, ossia “offerta di tangente” da intendersi sia come denaro che come altra utilità, distingue il reato di chi corrompe da quello del corrotto. Per corruttore, si intende colui che offre o promette, direttamente o indirettamente, una somma di denaro o altra utilità a un altro soggetto inducendolo ad agire impropriamente nell’esercizio di una funzione o attività, al fine di ottenerne un vantaggio. Per corrotto invece si intende colui che accetta o sollecita, direttamente o indirettamente, per sé o per altri, un indebito vantaggio (denaro o altra utilità) che sarà ricompensato con l’esercizio improprio della sua funzione o attività a vantaggio del corruttore.

dunque, non sono più solo le persone fisiche che hanno commesso l’illecito, ma anche e soprattutto le persone giuridiche, ad esempio le società per cui lavorano. Tra i principali reati previsti dal decreto, quelli verso le Pubbliche Amministrazioni, come ad esempio truffa, concussione, corruzione, indebita percezione di erogazioni pubbliche; e la maggior parte dei reati societari come falso in bilancio, false comunicazioni sociali, aggiotaggio, ecc. Vi sono inoltre reati legati a eversione e terrorismo, delitti contro la persona, falsificazione di monete e reati transnazionali. Sul fronte sanzioni, si spazia dalle sanzioni pecuniarie e di confisca che sono obbligatorie, cioè vengono sempre applicate in caso di condanna, a quelle interdittive (interdizione dall’esercizio di attività, sospensione o revoca di autorizzazioni, licenze e concessioni, divieto di contrarre con la P.A., esclusione/finanziamenti e contributi, divieto di pubblicizzare beni e servizi) e di pubblicazione della sentenza che vengono invece disposte dal giudice nei casi previsti dal decreto. Se dunque, l’impianto normativo è eccellente, perché la percezione che all’estero hanno di noi è quella di un Paese fortemente a rischio corruzione? Forse perché ad avere adottato un modello di controllo interno sono state solo le grandi aziende o le filiali di multinazionali appunto, mentre le piccole e medie, ovvero la stragrande maggioranza del tessuto economico del nostro Paese, si sono arenate di fonte ai costi e al forte impatto organizzativo che l’adozione di un modello del genere comporta. E forse anche perché se all’estero la sanzione è sempre certa in caso di reato, in Italia numquam... Un esempio pratico. In Reed Business Information abbiamo adottato un modello di controllo interno e un Comitato di controllo costituito da rappresentanti esterni alla società, revisori contabili e un avvocato penalista. Abbiamo inoltre creato una casella e-mail cui hanno accesso solo i componenti del Comitato e a cui tutti i dipendenti possono scrivere per denunciare comportamenti collusivi. L’obiettivo è quello di creare un ulteriore strumento di controllo sull’operato del management, anche dal basso. Se per un verso, dunque, l’aver adottato questo modello, ha comportato un notevole impegno in termini organizzativi ed economici, dall’altro ci permette di cautelare maggiormente i nostri portatori di interessi costituzionali (siano essi azionisti, clienti, dipendenti, etc) e di essere molto più sereni nella conduzione e gestione della nostra filiale. |

www.reedbusiness.it

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Quadri e italiani alla prese con

manager il fisco cinese

Quanto sia cambiato il mercato orientale da dieci anni a questa parte è sotto gli occhi di tutti. Ė arrivato il momento di un adeguamento del sistema fiscale e con la riforma entrata in vigore il 1 settembre per i lavoratori stranieri arrivano aumenti d’imposta testo di Paolo Valente, consulente Diacron Group a Shanghai

Dieci anni fa a Shanghai la comunità degli immigrati italiani era relativamente piccola e quella degli studi di commercialisti internazionali che aiutavano le nostre aziende a muovere i primi passi nel mercato cinese era ancora più piccola. La sera, tra italiani, ci si trovava alla birreria Paulaner; se si avevano ospiti, li si portava ad ascoltare l’orchestrina del Peace Hotel, per poi salire al roof bar a fare «quattro chiacchiere di 36

business». I pochi artisti italiani che mettevano il naso in città (la movida dell’arte contemporanea non era ancora iniziata) passavano i pomeriggi a prendere appunti sui loro moleskine al bar dello Shanghai Art Museum, un edificio molto evocativo (è l’ex sede dello Shanghai Race Club, che si occupava di corse di cavalli) ma che spesso rimaneva vuoto di visitatori. Erano proprio altri tempi. Molti professio-

nisti immigrati vivevano ancora in albergo. L’esigenza di avere appartamenti in affitto per i propri dipendenti si sarebbe fatta sentire da lì a breve. Per fare un altro esempio: l’ufficio di Diacron Group, lo studio di fiscalisti internazionali per cui lavoro, all’epoca aveva un dipendente italiano e due cinesi. Oggi ne ha più di trenta. Adesso, invece, si pensi a questo: attualmente una delle preoccupazioni maggiori


Fiscalità internazionale

“Cina. La tassazione per gli espatriati”: la guida alla nuova riforma fiscale cinese Questa guida aiuta a districarsi nei meandri della nuova normativa, descrivendo il concetto di residenza fiscale italiana e il world wide principle vigente nel sistema impositivo italiano. Secondo questo principio tutti i redditi ovunque prodotti dal contribuente con residenza fiscale in Italia sono ivi attratti a tassazione, laddove invece il contribuente sia fiscalmente non residente ci sarà imposizione solo per i redditi prodotti nel territorio dello Stato. L’ordinamento tri-

tra i professionisti immigrati (a Shanghai vivono oramai 4mila italiani) è relativa al carico fiscale che il governo cinese ha deciso di aumentare per tutti i lavoratori stranieri, con la riforma fiscale entrata in vigore dal 1 settembre scorso. È uno dei tanti segnali che bisogna saper cogliere: in una manciata di anni siamo passati dalla prima alla cosiddetta «seconda globalizzazione». Entriamo nel dettaglio, dal momento che la «Social Contribution» è uno dei migliori indicatori per capire dove sta andando, nel suo complesso, una nazione. Ad oggi esiste solo una legge quadro che ha introdotto l’argomento, ma restano diversi punti aperti. Una certezza, però, c’è: molto presto sarà obbligatorio il pagamento di contribuzioni sociali in Cina anche da parte dei lavoratori non cinesi. Le uniche esenzioni sono i Paesi che hanno già sottoscritto un accordo con la Cina, cioè ben pochi: Germania e Sud Corea. I contributi riguarderanno pensione, assistenza sanitaria, infortuni, disoccupazione e maternità. Nella pratica, i lavoratori immigrati sono equiparati ai cittadini cinesi. Non è un cambiamento da poco. Il sistema di pagamento, suddiviso tra lavoratore e datore, varia leggermente a seconda di dove abbia la sua sede la società per cui lavora l’immigrato. Per esempio a Shanghai, se verrà conferma-

Tra gli effetti più immediati di questa riforma: l’alleggerimento del carico fiscale per il personale locale, mentre le buste paga straniere sopra i 2mila euro al mese avvertiranno un sensibile prelievo to un massimale per il calcolo (come succede per i cinesi), la contribuzione sarà suddivisa così: il 37 per cento a carico dell’azienda (calcolato su un massimale di 11,688 RMB al mese) e l’11 per cento a carico del lavoratore (calcolato sullo stesso massimale). Tra gli effetti più immediati di questa riforma: l’alleggerimento del carico fiscale per il personale locale, mentre le buste paga straniere sopra i 2mila euro al mese avvertiranno un sensibile prelievo. Per dirla in termini sociali: lo straniero inizia a farsi carico del-

butario cinese prevede che i soggetti che non siano abitualmente residenti in Cina, ma che vi si trovino per motivi di lavoro siano sottoposti ad imposizione in funzione al periodo di residenza in Cina. Gli autori analizzano dettagliatamente tutti i casi che potrebbero verificarsi per un espatriato: spostamento della residenza fiscale in Cina, mantenimento della residenza fiscale in Italia, trasferta e missione, distacco presso imprese estere, trasferimento all’estero. |

Le conseguenze delle Draft Measures Le Draft Measures avranno un impatto sia sulle società sia sui dipendenti interessati dal piano contributivo. La nuova legge equipara gli espatriati ai cittadini cinesi per cui dovranno contribuire per le seguenti aree del PRC Social Insurance: Basic Pension Fund; Basic Medical insurance; Work-related injury insurance; Unemployment insurance; Maternity insurance. Si prevede per gli espatriati che lascino la Cina prima di aver ottenuto i requisiti per il pensionamento la possibilità di scegliere se congelare la propria posizione contributiva in attesa di un altro lavoro sul territorio cinese, o se riscuotere i contributi versati da loro stessi in un’unica soluzione. In Cina l’età pensionabile è 60 anni per gli uomini, 55 per le donne e sono necessari 15 anni di contributi. I contributi versati dal datore di lavoro invece sono esclusi dalla possibilità di prelievo anticipato nell’attuale bozza, ed una modifica di tale aspetto è auspicabile per l’equità della norma.

la sicurezza sociale cinese. Il quadro politico-economico dove si inserisce questa riforma è quello varato qualche anno orsono dal governo cinese, che ha abolito agevolazioni fiscali e Tax Holiday, l’esenzione per i primi due anni di attività e il dimezzamento della tassazione per altri tre. Se le spese di vitto e alloggio, di lavanderia e le indennità di trasferimento continueranno a rimanere esclusi dalla Individual income tax, è vero che per il lavoratore straniero in Cina l’impatto con questo fisco inatteso, quasi «occidentale» nelle sue premesse, potrebbe essere una piccola sorpresa. Per dare un piccolo aiuto, la sezione editoriale di Diacron Group ha messo a punto una guida disponibile in ebook (su www.bookrepublic.it e in molte altre librerie on line): La tassazione per gli espatriati. Dieci anni fa sembrava molto lontano, per gli espatriati italiani in Cina, il momento in cui avrebbero avuto bisogno di un manuale di questo tipo, ma si sa, oggi le cose viaggiano davvero veloci. | www.bookrepublic.it www.diacron.eu

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Aziende familiari. In Italia le più colpite dalla crisi ma anche le prime In tempi di crisi le aziende familiari a italiane sono state tra le più colpite ma allo stesso tempo sono quelle che hanno risposto in maniera più positiva ai primi segnali della ripresa. Emerge dall’Osservatorio AUB di Università Bocconi arrivato ormai alla sua terza edizione in collaborazione con AIdAF, UniCredit e Camera di Commercio di Milano

reagire

Il valore della famiglia in Italia è sempre stato molto significativo. Non parliamo, come sarebbe automatico pensare di un valore affettivo ed emozionale ma di un valore puramente finanziario. In tre anni le imprese familiari del nostro Paese sono state quelle che più di altre hanno subito i colpi della crisi economica ma allo stesso tempo si sono dimostrate anche le più resistenti e le prime a dare segnali di ripresa. È quanto emerge dall’Osservatorio AUB di Università Bocconi realizzato da Guido Corbetta, Alessandro Minichilli e Fabio Quarato della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari della Bocconi in collaborazione con AIdAF (Associazione italiana delle aziende familiari), gruppo UniCredit e Camera di Commercio di Milano. L’Osservatorio analizza le aziende italiane con 38

un fatturato superiore ai 50 milioni di euro (che sono 6.816) e si sofferma sulle caratteristiche e le performance di quelle a controllo familiare. Trecentoventotto sono le imprese di dimensioni medio - grandi che nell’ultimo anno in tutta Italia sono state costrette a chiudere. Un dato importante che evidenzia quanto il particolare periodo economico finanziario ancora in corso abbia avuto pesanti conseguenze anche su questo tipo di aziende. Entrando nel dettaglio delle singole regioni italiane le flessioni maggiori si sono riscontrate in Toscana, Friuli Venezia Giulia e, soprattutto, Umbria e Abruzzo mentre in controtendenza rispetto al dato complessivo troviamo Lazio, Puglia, Sicilia e Trentino Alto Adige, che hanno visto aumentare il numero delle aziende familiari. Alla luce di queste considerazioni però risulta

Nell’ultimo anno il numero delle imprese familiari di mediograndi dimensioni si è ridotto ma nonostante ciò si sono dimostrate più resistenti di altre ad essere oggetto di operazioni straordinarie


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ancora più significativo il fatto che proprio le aziende familiari abbiano reagito positivamente alle operazioni straordinarie cui sono state sottoposte, che nel 58,5% dei casi riguardavano fusioni e acquisizioni.

pra. Il dato è però controbilanciato da due novità positive: l’incremento delle aziende con disponibilità liquide in eccedenza rispetto ai debiti finanziari e la riduzione delle aziende con Ebitda negativo.

“La sfida che le imprese familiari

Dai dati emersi nel corso della ricerca risulta che per il 2010, in particolare, le imprese familiari hanno registrato una crescita del 7%. Anche la redditività è tornata a crescere nello stesso anno, attestandosi però ancora a livelli inferiori a quelli pre-crisi. Il ROI è cresciuto dal 6% al 7,2%, ma nel 2007 era al 9,8%, mentre il ROE è cresciuto dal 4,3% al 6,7%, ma nel 2007 era al 10,7%. Rimane purtroppo critico l’indebitamento delle imprese, con oltre la metà di esse che denuncia un rapporto tra posizione finanziaria netta ed Ebitda superiore alla soglia d’allarme di 4, e una media che si attesta ben al di so-

Molti i commenti a questi dati a cominciare da Guido Corbetta, titolare della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari. “La sfida che le imprese familiari dovranno affrontare nei prossimi anni è quella della complessità - nota Corbetta -. Le imprese familiari tendono a mantenere strutture proprietarie e gestionali piuttosto semplici, forti dei buoni risultati che queste conseguono. Quando la strategia si fa più complessa, anche la struttura deve diventare più complessa rendendo necessari innesti manageriali dall’esterno, che tuttavia occorre imparare a saper gestire con equilibrio”. |

proprietarie e gestionali piuttosto

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dovranno affrontare nei prossimi anni è quella della complessità. Le imprese familiari tendono a mantenere strutture semplici, forti dei buoni risultati che queste conseguono”

Il legame che unisce la tua vera famiglia non è quello del sangue, ma quello del rispetto e della gioia per le reciproche vite. Di rado gli appartenenti ad una famiglia crescono sotto lo stesso tetto. Robert Bach

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L’intervista esclusiva ad Alberto Bombassei, presidente di Brembo, che festeggia il traguardo dei cinquant’anni di storia imprenditoriale. Dagli esordi in provincia di Bergamo al successo planetario di un marchio che ha fatto dell’eccellenza italiana un fattore vincente, non solo in Formula 1. Dalle parole di Bombassei tanti aneddoti e retroscena, come quella volta con Enzo Ferrari, ma anche idee chiare su come affrontare le sfide competitive del futuro testi di Mauro Milesi foto di Marco Riva e archivio Brembo

Alberto Bombassei ripreso all’interno del centro ricerche Brembo nel Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso. Il centro Brembo è stato progettato dal celebre architetto Jean Nouvel

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Storia di copertina

Cinquant’anni di storia per

Brembo

Sempre in corsa verso il Traguardi. Punti d’arrivo che diventano subito punti di partenza per nuovi orizzonti e nuove sfide. Come nella Formula 1, dove il pilota esulta davanti alla bandiera a scacchi, ma proietta subito i suoi sforzi verso l’impegno futuro. Perché non basta vincere una gara per essere campioni. Nello sport come nella vita, nella vita come nell’impresa. Cinquant’anni di storia imprenditoriale sono un traguardo. Sono un segno dentro al tempo di una strada che parte da lontano, ma che non ha ancora visto la sua bandiera a scacchi. Non è l’arrivo, è un nuovo punto di partenza. Lo sa bene Alberto Bombassei, che festeggia con la sua Brembo i primi cinque decenni di un’avventura simbolo dell’eccellenza italiana in tutto il mondo. Una storia in cui ci sono tutti gli ingredienti tipici dell’impresa di successo: il talento imprenditoriale, la capacità di cogliere l’occasione, la fiducia (ripagata) di clienti leader, la costante ricerca innovativa. Con un’intervista esclusiva a Business&Gentlemen,

futuro

il presidente di Brembo racconta i tratti salienti della sua vita imprenditoriale e traccia le linee dei progetti futuri. Perché come dice Bombassei: “non bisogna accontentarsi mai”. La prima domanda è praticamente obbligatoria: cinquant’anni d’impresa, che effetto le fa... Cinquant’anni di lavoro sono proprio tanti e se consideriamo che sono uno dei soci fondatori, il primo pensiero è ovviamente a tutto questo tempo che è passato. Se mi si consente la battuta potrei dire che, nonostante facciamo freni, abbiamo davvero fatto tanta strada. Quando sono partiti mio padre e 43


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alberto bombassei è è nato a vicenza il 5 ottobre 1940. e’ presidente di brembo, e da maggio 2004 è vice presidente di confindustria per le relazioni industriali, affari sociali e previdenza. è inoltre membro del consiglio di amministrazione di fiat industrial, italcementi, atlantia, pirelli & c., e ntv. da giugno 2001 a maggio 2004, ha ricoperto la carica di presidente di federmeccanica. nel 2004 è stato nominato cavaliere del lavoro. nel 2003 l’università degli studi di bergamo gli ha conferito una laurea honoris causa in ingegneria meccanica.

mio zio nel gennaio del 1961 eravamo una piccola realtà in provincia di Bergamo, mentre oggi siamo un’azienda votata all’internazionalizzazione con un marchio conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Come tutte le grandi storie, si comincia da un’occasione che fa scattare la scintilla. Un incidente fortunato ha cambiato le sorti della sua azienda... Nel 1964 siamo stati contattati dall’Alfa Romeo, che era già nostro cliente, per chiedere un nostro intervento di verifica su un carico di dischi freno proveniente dall’Inghilterra. Il camion che li trasportava si era rovesciato e volevano essere certi che fosse tutto a posto. All’epoca i dischi freno erano una novità, oggetti fuori dal comune che ci siamo ritrovati per le mani e che, per timore, trattavamo con la stessa attenzione che si può riservare a un’ogiva nucleare. In quel momento il nostro carattere di veneto-bergamaschi è venuto fuori e non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di studiare attentamente questi prodotti. Ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che, tutto sommato, potevamo farli anche 44

noi e che non c’era bisogno di farli arrivare dall’Inghilterra. Così ci siamo candidati come fornitori di Alfa Romeo e da li è cominciato tutto. Il tempo passa, la Brembo continua a crescere e nel 1975 arriva l’incontro con Enzo Ferrari... E’ un ricordo molto importante per me. Enzo Ferrari non era certo una persona facile, eppure la mia incoscienza giovanile ha probabilmente fatto breccia. Prima di allora noi eravamo una realtà come altre, ma grazie a lui e alla fiducia che ci ha dato siamo riusciti a fare un grande passo avanti. Noi sapevamo di poterci meritare questa occasione e ce l’abbiamo messa tutta per dimostrarlo. Essere un fornitore della Ferrari significa avere una medaglia di grande valore sul petto e ne abbiamo fatto un vanto che ci ha dato forza nel mercato. Col tempo il rapporto con la Ferrari si è via via consolidato: noi dobbiamo tanto alla Ferrari, ma abbiamo saputo ripagare con il massimo impegno questa fiducia. Oggi c’è uno splendido rapporto di stima reciproca e siamo pronti ad aff rontare tante nuove sfide con loro.

Da allora, tanti traguardi, tanti successi e riconoscimenti. Ma cos’è che accomuna questi cinquant’anni di storia della Brembo? La regola numero uno per noi è semplice: non accontentarsi mai. Nel nostro stesso Dna c’è la voglia di fare sempre qualcosa di migliore, di non essere uguali agli altri, ma di essere sempre un passo avanti. Questo è lo spirito che ci ha sempre contraddistinto, oltre alla grandissima curiosità e alla voglia di scoprire sempre cose nuove. Nel nostro settore i concorrenti sono dei giganti, l’unico modo per dire la nostra è stato quello di fare dei prodotti migliori a prezzi competitivi. Sembra una cosa facile da dire ma molto, molto difficile da fare. Se guardiamo la strada che abbiamo percorso possiamo dire di esserci riusciti, ma non possiamo accontentarci mai. Mio padre mi ha lasciato un grande insegnamento che è quello di continuare a investire per crescere e migliorare. Abbiamo fatto anni di duro lavoro a testa bassa e oggi guardiamo a questi primi cinquant’anni con una certa fiducia per il futuro. Tanti investimenti in R&S, ma anche sul fronte dell’internazionalizzazione...


Anno: 1985 Fatturato: 51 mld lire Anno: 1995 Fatturato: 331 mld lire Anno: 2005 Fatturato: 712 mio euro Anno: 2010 Fatturato: 1,07 mld euro

Brembo nel 2011 - primi 9 mesi Fatturato: 945 mio euro Nr. dipendenti: 6726

Brembo, evoluzione dipendenti dal 1965 al 2010

fatturato dal 1975 al 2010

Brembo, evoluzione

Anno: 1975 Fatturato: 2,8 mld lire

Storia di copertina

Anno: 1965 Nr. dipendenti: 28 Anno: 1975 Nr. dipendenti: 146 Anno: 1985 Nr. dipendenti: 355 Anno: 1995 Nr. dipendenti: 1115 Anno: 2005 Nr. dipendenti: 4356 Anno: 2010 Nr. dipendenti: 5904

La regola numero uno per noi è semplice: non accontentarsi mai. Nel nostro stesso Dna c’è la voglia di fare sempre qualcosa di migliore, di non essere uguali agli altri, ma di essere sempre un passo avanti. Questo è lo spirito che ci ha sempre contraddistinto, oltre alla grandissima curiosità e alla voglia di scoprire sempre cose nuove

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Con gli anni siamo cresciuti molto, abbiamo cominciato a mettere il naso fuori dall’Italia approdando in Germania che è un mercato che ci ha dato grande soddisfazione. La fiducia dei tedeschi ce la siamo dovuti guadagnare, non era sufficiente essere bravi, dovevamo essere molto bravi per poter essere presi in considerazione. Ma tutto questo è avvenuto senza preconcetti perché l’industria tedesca ha avuto il merito di valutarci per quello che eravamo davvero, senza alcuna prevenzione sull’industria italiana. Noi abbiamo imparato molto dal rapporto con l’impresa tedesca, soprattutto da una realtà come Porsche, dove siamo entrati in punta di piedi e da allora siamo sempre stati al loro fianco fino a diventare fornitori unici. In un contesto così innovativo, in cui non c’è possibilità di errore, dove i prodotti hanno una grandissima evoluzione tecnica, noi siamo riusciti a dire la nostra, a dare quel pizzico di italianità che ha trasformato il disco freno da oggetto semisconosciuto in qualcosa di bello, dall’inconfondibile design, che in seguito ci ha permesso di guadagnare il “Compasso d’oro”. Crede che essere italiani ancora oggi possa darci un vantaggio competitivo su alcuni fronti? Sicuramente noi abbiamo qualcosa che pochi altri popoli al mondo hanno: il gusto del bello, il buon gusto. Non è stato necessario prendere un famoso designer per vincere il “Compasso d’oro”, abbiamo lavorato con un team di sviluppo che amava fare il proprio lavoro: noi italiani il gusto del bello ce l’abbiamo dentro. Questo senso dell’estetica non è così diff uso ed è un fattore che ci ha permesso di farci strada in tutto il mondo in svariati ambiti. Quando abbiamo trasformato un pezzo banale come un disco freno in un pezzo di design abbiamo rivoluzionato in qualche modo la concezione delle case automobilistiche che da quel momento hanno “aperto” le ruote consentendo ai dischi di mettersi in mostra. Basta l’esempio di Porsche che impiega dischi con pinze rosse o gialle. Di fatto questo elemento è entrato a far parte dell’estetica complessiva dell’auto come la concepiamo oggi. Cinquant’anni di Brembo: chissà quante storie, quanti aneddoti si potrebbero raccontare. C’è un episodio particolare che le piacerebbe raccontarci... L’ho già accennato, ma ci tengo a sottolineare l’incontro con Enzo Ferrari. Quando mi sono trovato davanti per la prima volta questo mostro sacro ho scoperto nella realtà un uomo molto alla mano, molto semplice. Una persona dura, severa, ma che ha saputo rischiare per dare fiducia a un giovane. Era un grande conoscitore di persone, sapeva valutare gli uomini. Anche i primi anni con Porsche sono stati indimenticabili. L’ho sempre considerata una sorta di università dell’automobile e la nostra partnership è stata un’esperienza di grande crescita. Oggi c’è una certa esasperazione dei rapporti, ma allora ci si confrontava di più personalmente. C’erano belle discussioni, si lavorava sodo, con tante prove pratiche. Mi ricordo alcuni test invernali in Svezia sulle piste ghiacciate, oppure sullo Stelvio. Sono cose che arricchiscono, che restano nonostante il passare degli anni. Ingegnere, ci sembra di percepire un po’ di nostalgia... Ero giovane. Ricordo quando mi sedevo al fianco dei collaudatori in alcuni percorsi inverna li un po’ esasperati. Mi ricordo le prove di

in basso a sinistra il disco che ha vinto il “compasso d’oro” qui sotto dall’alto verso il basso 1)primi anni settanta, la sede storica di paladina in provincia di bergamo 2) anni settanta, gruppo di impiegate fotografate in sella alle moto che equipaggiavano i dischi brembo 3) 1982, primo banco dinamico di testing dei dischi nello stabilimento di paladina 4) 1982, la fonderia brembo di mapello


Storia di copertina

Ci tengo a sottolineare l’incontro con Enzo Ferrari. Quando mi sono trovato davanti per la prima volta questo mostro sacro ho scoperto nella realtà un uomo molto alla mano, molto semplice. Una persona dura, severa, ma che ha saputo rischiare per dare fiducia a un giovane. Era un grande conoscitore di persone, sapeva valutare gli uomini

alta velocità sulla pista di Nardò, i brividi della guida sportiva. Nel passato al volante qualche soddisfazione me la sono tolta anche io. Oggi è diverso. Attraverso la simulazione è possibile replicare un’infinita varietà di situazioni in condizioni diverse e non c’è più bisogno di andare sullo Stelvio a fare certe prove. E’ tutto cambiato, anche se in realtà è cambiato in meglio perché a trarne grandi vantaggi è stata innanzitutto la sicurezza. Con la simulazione possiamo fare una tale quantità di test che ci consentono di presentare prodotti che hanno sempre maggiori performance e che incrementano sempre più la sicurezza delle auto. Oltretutto in passato ci volevano almeno 5 anni per sviluppare un nuovo prodotto, oggi basta la metà del tempo e con maggiori garanzie di qualità e durata. Si è persa la parte sentimentale, ma l’innovazione può viaggiare molto più velocemente. Sempre in tema d’innovazione, lei è il fondatore del Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso. Come è nata questa idea? Anni fa ci siamo ritrovati ad esaminare i primi sviluppi della globalizzazione, con la conseguente crisi industriale europea e abbiamo compreso ancor di più quanto fosse importante investire in ricerca e sviluppo per essere competitivi in un mercato sempre più vasto e difficile. Ovviamente Brembo ha sempre puntato sull’innovazione come elemento fondamentale del proprio Dna, ma la stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano fatto di tante Pmi fa fatica ad affrontare questa sfida competitiva. In molti casi manca proprio questo tipo di cultura e i rischi di non riuscire a sviluppare nuove idee o di non trovare terreno fertile per generare valore sono molto alti. Così abbiamo pensato di dar vita a uno spazio in cui le grandi eccellenze si ritrovassero con le piccole realtà interessate a investire nella ricerca e sviluppo, attraverso una prospettiva di open innovation. Un posto dove il privato possa dialogare concretamente con il mondo dell’università e della ricerca creando quella contaminazione, quegli stimoli che sono alla base del successo in un mondo sempre più competitivo. Abbiamo subito condiviso questo pensiero e cercato i migliori architetti del mondo per dare un messaggio d’innovazione anche sul fronte architettonico, come è stato con l’opera di Jean Nouvel per Brembo e di Meier per Italcementi. In molti hanno deciso di credere in questo progetto come appunto Italcementi, l’Istituto Mario Negri, l’Università di Bergamo, Porsche Consulting e tante altre aziende che ora si trovano in Kilometro Rosso.

Non possiamo pensare di vivere in un mondo in cui tutto è cambiato tranne noi. Bisogna cercare di fare rete, di puntare su prodotti innovativi e straordinari. Per mantenere le nostre posizioni competitive dobbiamo evolverci. Sarebbe molto bello se il territorio capisse di più il progetto Kilometro Rosso e contribuisse a farlo crescere. Non è nel mio interesse, non è un’iniziativa che vuole portare il cappello di Brembo, ma qualcosa che intende creare valore per tutti Lei ricopre anche incarichi istituzionali in Confindustria ed è in corsa per la nuova presidenza. Ma da imprenditore agli altri imprenditori, cosa si sente di dire per affrontare questo difficile momento per l’economia e il Paese? Credo che la risposta sia proprio in quello che stiamo facendo come Kilometro Rosso. Non possiamo pensare di vivere in un mondo in cui tutto è cambiato tranne noi. Occorre sforzarsi di fare un passo avanti e molti, a dire il vero, lo fanno. Bisogna cercare di fare rete, di puntare su prodotti innovativi e straordinari. Per mantenere le nostre posizioni competitive dobbiamo evolverci, non c’è altra scelta. Sarebbe molto bello se il territorio capisse di più il progetto Kilometro Rosso e contribuisse a farlo crescere. Non è nel mio interesse, non è un’iniziativa che vuole portare il cappello di Brembo, ma qualcosa che intende creare valore anche attraverso un indotto di 2-3mila persone impiegate come operatori dell’innovazione. Sarebbe una ricaduta di ricchezza anche culturale, ma è un progetto ancora poco capito anche se ho fiducia che si possa fare davvero qualcosa di importante. | Il secondo è il primo dei perdenti Enzo Ferrari

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Vortice

“Muovere l’aria in tutte le sue forme”

Design e affidabilità dei prodotti hanno reso Vortice una realtà di successo non solo italiana ma internazionale. Leader italiana nel suo settore è un’azienda attiva nella produzione e distribuzione di prodotti che trattano l’aria testo di Daniela Lussana

Stefano Guantieri, direttore generale di Vortice

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Aziende di successo

la produzione dell’azienda

“Muoviamo l’aria in tutte le sue forme”. Questo è il motto di un’azienda, Vortice, che dal 1954 si occupa di produrre e commercializzare prodotti finalizzati al trattamento dell’aria. Dal primo aspiratore centrifugo per cappe è stato un crescendo continuo per questa impresa, un crescendo di tecnologie sempre più avanzate, di prodotti sempre più performanti e di successi, legati alla costante attenzione di Vortice per l’affidabilità e il design. Una gamma di scelte che per i clienti di questa azienda milanese si arricchisce giorno dopo giorno, con una diversificazione dell’offerta che va dalla ventilazione, al condizionamento d’aria all’aspirazione. “Diversificare è sempre stata una delle nostre prerogative - ha dichiarato Stefano Guantieri, direttore generale di Vortice -. Per noi significa stare attenti alla filiera produttiva - commerciale e rispondere per tempo alle diverse richieste del mercato fattore che per noi è fondamentale”. La prova più tangibile di quanto detto è l’ampia offerta presente nel catalogo Vortice che copre diversi settori, non solo il residenziale quindi ma anche l’industriale, concretizzato con la recente acquisizione di Loran, società specializzata nella ventilazione e climatizzazione per edifici ad uso commerciale e industriale.

Diverse linee di prodotto disponibili e in tutte si può ritrovare lo spirito che ha fatto grande questa azienda. Design e affidabilità sono i suoi punti di forza, uniti alla serietà commerciale e ad un impeccabile servizio al cliente. “Il design e la qualità sono da sempre un elemento irrinunciabile per i nostri prodotti. Fanno parte del modo di essere dell’azienda e del nostro modo di lavorare. Certamente richiedono uno sforzo continuo da parte nostra sia in termini di investimento, in macchine ed attrezzature, che di controllo” ha continuato Guantieri. Per mantenere questi standard Vortice segue tutta la fi liera produttiva, dalla progettazione alla commercializzazione e anche oltre. “Ci impegniamo per progettare in modo sempre più efficace fin dalle prime fasi e stiamo attenti che tutto il nostro personale tenga sempre presente qual è la nostra cultura aziendale” ha aggiunto Guantieri. Questa attenzione costante all’estetica dei suoi prodotti, concretizzata anche attraverso collaborazioni con importanti studi di design è valsa a Vortice la consacrazione tra le icone del design mondiale. Già esposto al Moma di New York il ventilatore Ariante disegnato da Marco Zanuso nel ’75 e vincitore del Compasso d’oro, massimo riconoscimento italia-

Dal primo aspiratore centrifugo per cappe è stato un crescendo continuo per questa impresa, un crescendo di tecnologie sempre più avanzate, di prodotti sempre più performanti e di successi, legati alla costante attenzione di Vortice per l’affidabilità e il design no del Design, sarà presente alla mostra “Disegno e Design - Brevetti e creatività italiani” a Milano. Il successo di Vortice non è limitato entro i confini nazionali. Presente con strutture commerciali in più di 80 paesi, da 30 anni oltre alla sede italiana ha due sedi commerciali in Francia e Regno Unito. Da poco più un anno poi, seguendo una politica di espansione anche legata all’uscita dal particolare momento economico finanziario ha aperto due nuove sedi in mercati emergenti 49


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La sede di Vortice s.p.a.

come la Russia e la Cina. “L’espansione internazionale è, sicuramente, uno dei pilastri della nostra strategia di sviluppo. Questo unito ad investimenti continui in nuovi prodotti e nella formazione delle nostre risorse umane è stata la scelta che abbiamo fatto per uscire dalla crisi. Solo il tempo ci dirà se è stata la scelta vincente” ha concluso il direttore generale di Vortice. Certo è che seguendo questa politica economica l’azienda ha chiuso

Presente con strutture commerciali in più di 80 paesi, da 30 anni oltre alla sede italiana ha due sedi commerciali in Francia e Regno Unito. Seguendo una politica di espansione anche legata all’uscita dal particolare momento economico finanziario ha aperto poi due nuove sedi in mercati emergenti come la Russia e la Cina il 2010 con un’importante crescita di fatturato con circa 1.500.000 pezzi venduti in un anno. Una realtà di successo quindi, che dal 1954 ad oggi è riuscita a tenere il passo con un settore dove la tecnologia è fondamentale. Da allora molto è cambiato, sia in Vortice, che sta passando da una gestione imprenditoriale ad una manageriale sia nel contesto nel suo complesso. “Dall’anno della fondazione ci sono stati enormi cambiamenti ma mi piace pensare che il fi lo conduttore sia rimasto lo stesso. Il nostro modo di “fare azienda”, promosso dal fondatore Attilio Pagani, non è cambiato. Serietà professionale, affidabilità dei prodotti, design e centralità del rapporto con il cliente sono per noi ancora oggi valori imprescindibili”.| Se vivi nel tuo tempo certi libri li respiri nell’aria Federico Fellini www.vortice.com

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Distribuito in esclusiva da: GRUPPO MEREGALLI

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Information Foraging le informazioni si trovano così

Nell’era di internet e dei new media il numero di informazioni che ognuno di noi riceve ogni giorno ha raggiunto livelli impressionanti. Impossibile elaborarle tutte. In questo panorama l’Information foraging sostiene la comunicazione aziendale testo di Piero Tagliapietra - esperto di mondo digital e comunicazione social B2B, di Cefriel – Politecnico di Milano

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Società 2.0 Ogni mattina una persona si alza e tra la colazione e il lavoro si collega a Facebook per vedere cosa hanno fatto i suoi amici. Durante la giornata tiene aperta una finestra su Twitter in modo da controllare le ultime novità. La sera dal suo tablet legge alcuni post per approfondire le tematiche che più gli interessano. Seppur con piccole varianti questa è la giornata tipo di molte persone: immersa nelle informazioni. La quantità di input alle quale siamo esposti grazie ai social media ha raggiunto numeriche impressionanti. Ogni minuto nel mondo sui Blog vengono scritti più di 1.500 post, su Twitter nascono più 90.000 update, su Facebook vengono pubblicati più di 700.000 status. Questa ricchezza di informazioni rappresenta un’opportunità enorme perché diventa possibile trovare risposte, metodi e strumenti per migliorare la qualità del lavoro o sviluppare un pensiero nuovo. Al tempo stesso però è possibile perdersi in questo oceano di informazioni o di essere assordato dal rumore di fondo: diventa sempre più importante selezionare e definire le fonti valide, affidabili e utili. Ma la selezione e la fruizione delle informazioni è un fenomeno così recente o è qualcosa di istintivo negli esseri umani? Possiamo delineare uno schema per capire in che modo le persone selezionano le proprie fonti? Le aziende possono inserirsi in questo ciclo o sono destinate ad avere sempre meno peso? Possiamo sviluppare una strategia che ci permetta di integrare la comunicazione d’impresa all’interno di questo panorama? La sopravvivenza degli esseri umani è sempre stata collegata alla capacità di raccogliere informazioni dal mondo. Non abbiamo artigli, non siamo particolarmente forti, non siamo molto veloci: la nostra vita e il nostro successo sono collegati con la capacità di leggere l’ambiente ed anticiparlo. Lo psicologo George Miller ha coniato nel 1983 il termine informivori per descrivere gli organismi che basano la loro sopravvivenza sull’assimilazione delle informazioni. La quantità di dati che assumiamo ogni giorno ci porta oggi ad essere in cima alla catena alimentare, ma si tratta di una conquista recente. Il fiume di informazioni che riceviamo ogni giorno è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni e dato che non siamo in grado di elaborarle tutte è necessaria un’attività di filtraggio per selezionare solo quelle più nutrienti. Essendo geneticamente portati a sopravvivere grazie alle informazioni abbiamo sviluppato dei comportamenti e degli strumenti per muoverci in questo nuovo ambiente: ad esempio i motori di ricerca e i social media rappresentano estensioni della

nostra capacità naturale. Ma possiamo vedere uno schema preciso in questo comportamento e individuare dei pattern? Così come gli animali selezionano e ottimizzano le risorse dell’ambiente in cui vivono, allo stesso modo gli esseri umani riescono istintivamente ad ottimizzare e selezionare le fonti informative ottimali: parliamo quindi di Information Foraging L’information foraging è una branca della Human-Computer Interaction1 che studia il modo in cui le persone selezionano le informazioni in relazione all’ambiente in cui si trovano. Il nostro ecosistema informativo è da un lato ricchissimo e dall’altro estremamente povero. Abbiamo infatti contenuti che vengono pubblicati in maniera incessante ma sono pochi i luoghi di aggregazione dove possiamo trovare, filtrare e approfondire le informazioni utili. Il successo dei motori di ricerca e dei social network è legato a queste tre caratteristiche: sono spazi dove troviamo contenuti interessanti, già filtrati e che possiamo andare a leggere rapidamente. Il tempo è un fattore fondamentale: in un ambiente scarso, con poche risorse, è necessario valutare con attenzione ogni elemento e spremere ogni singola pagina; in una situazione di abbondanza il tempo da dedicare al singolo elemento diminuisce. Se confrontiamo i primi anni del web con quelli di oggi vediamo che il tempo che le persone dedicano alla lettura di una singola pagina è diminuito drasticamente: mediamente oggi una persona passa 28 secondi su una pagina prima di abbandonarla. Ma se da un lato gli utenti dedicano poco tempo alle singole informazioni, dall’altra mostrano una notevole resistenza al cambiamento. Se guardiamo la storia recente del web vediamo come la selezione dei motori di ricerca sia avvenuta secondo questi principi: a sopravvivere sono stati gli strumenti in grado di dare i risultati più precisi, nel minor tempo, limitando il rumore nella pagina dei risultati. Facendo un passo ulteriore vediamo come a questi strumenti si siano affiancati i social network dato che offrono un vantaggio importante: non è più necessario cercare, sono le informazioni a raggiungere gli utenti. Questo cambiamento ha avuto in forte impatto sulle presenze online delle aziende, ma in alcuni casi gli sforzi fatti non hanno ottenuto i risultati desiderati. Sapendo in che modo le persone cercano, seguono e si avvicinano alle informazioni, le aziende possono mettere in atto delle strategie per ottimizzare gli sforzi nell’ambito della comunicazione? Lo scopo della comunicazione aziendale è fare in modo che le persone visitino il sito

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istituzionale, leggano una determinata pagina, concludano un acquisto. Per raggiungere questi risultati è possibile utilizzare l’Information Foraging come elemento cardine per sviluppare una strategia di presenza online. In passato era diffusa la convinzione che le persone sarebbero arrivate naturalmente alle pagine web: creando un’area di contenuti interessanti gli utenti avrebbero iniziato a popolare il sito. Abbiamo visto però come le persone preferiscano stazionare all’interno dei social network e solo in alcuni casi si avventurano all’esterno e nel caso si rivolgano ai motori di ricerca e non direttamente ai siti. La necessità è quindi ribaltare il punto di vista e portare le informazioni dove si trovano gli utenti invece di aspettare. I social media sono diventate i luoghi privilegiati, in quanto oasi informative, e stabilire una presenza all’interno delle varie piattaforme rappresenta il primo tassello per raggiungere gli obiettivi. Possiamo quindi coltivare la presenza del brand in questi spazi per facilitare la percezione del profumo delle informazioni da parte degli utenti. I social network sono però eterogenei tra loro per tipologia di utenti, modalità di interazione e contenuti: pensare che tutte le piattaforme siano uguali può incrinare in maniera irreparabile gli sforzi di comunicazione. Per riuscire a rendere appetibili i propri contenuti innanzitutto è necessario capire se ci sono delle persone interessate alle informazioni che vogliamo diffondere. Definire il proprio target, comprendere quali sono le piattaforme sulle quali si trovano e che tipo di contenuti sono i più invitanti sono i punti chiave per riuscire a portare le persone dai social media al proprio sito. La presenza dell’azienda in rete deve quindi integrarsi nell’ecosistema dell’informazione online in maniera armonica e non invasiva. L’ascolto è fondamentale sia in un primo momento, per capire se e dove si trovano persone interessate, sia durante l’attività, in modo da controllare se la nostra attività stia ottenendo risultati in linea con le aspettative. Pensiamo alla corsa a Facebook: la quantità di pagine aziendali è sterminata, ma quante di esse aggiungono valore e generano business? Le attività in corso sono integrate con il sito o il punto vendita? La scelta di aprire un presidio è dettata da una scelta strategica o dal fatto che “ci sono tutti”? Non è un mistero che molte pagine o presenze sui social network nascano in seguito ad un’attività analoga fatta da un competitor. Un nodo cruciale è che non esistono due aziende con la stessa natura, la medesima struttura, con uguali bisogni: abbiamo un modello di riferimento e alcune linee guida, ma questo poi deve essere adattato per il singolo caso. Prendiamo ad esempio un ristorante: non sarebbe forse più utile sfruttare una piattaforma che consenta di interagire con le persone geolocalizzate nelle vicinanze invece di postare solamente le foto dei piatti? Per un’azienda cosa potrebbe generare new business: essere su una piattaforma di massa oppure sviluppare un’attività mirata sui prospect? Se voglio dare maggiore visibilità ad un’iniziativa dovrò limitare o favorire la condivisione dei contenuti che pubblico? Lasciare le persone e i contenuti liberi di circolare all’interno dal sito ai social network rappresenta un elemento chiave per la corretta applicazione del foraging. Se inizialmente era l’azienda a dover spingere i propri contenuti dare la possibilità alle persone di condividere le informazioni rappresenta un’opportunità per due motivi: le persone danno più valore a quanto condiviso dai propri contatti e molti dei legami online sono sviluppati per affinità di interesse. La diff usione dei contenuti fatta dagli utenti risulta quindi più efficace rispetto a quelli dall’azienda. Dato che i risultati migliori sono ottenuti dalle persone è necessario ripensare anche il ruolo della comunicazione in azienda. Probabilmente questo è un cambiamento già avvenuto o che sta accadendo. I colleghi con i quali lavoriamo ogni giorno probabilmente hanno un profilo su 54

l fiume di informazioni che riceviamo ogni giorno è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni e dato che non siamo in grado di elaborare tutte le informazioni che riceviamo è necessaria un’attività di filtraggio per selezionare solo quelle più nutrienti Facebook, una presenza su Twitter, un blog e possono essere pilastri dell’attività di foraging e della comunicazione. I processi di comunicazione diventano quindi patrimonio di tutta l’azienda e il foraging si configura quindi non solo come strategia verso l’esterno, ma che coinvolge tutta l’impresa. Il foraging mira a massimizzare la diffusione dei contenuti e a facilitare la fruizione dei contenuti prodotti dall’azienda. Per riuscire però ad utilizzare questo tipo di strategia è necessario da un lato considerare in maniera più attenta la propria strategia e dall’altra ripensare il ruolo della comunicazione aziendale facendola diventare un processo diffuso. Comprendere i meccanismi che regolano la scelta delle informazioni permette di leggere l’ambiente digitale e di anticiparne i mutamenti. In un momento complesso come quello odierno la capacità di prevedere i cambiamenti nelle abitudini degli utenti rappresenta un forte vantaggio competitivo che un’azienda non può ignorare. Sapendo che gli utenti abbandonano un’ambiente quando questo diventa troppo complesso può aiutarci a comprendere quali sono le piattaforme sulle quali è opportuno concentrarsi oppure a ripensare il sito istituzionale. Sapendo che le persone sono disposte a passare sempre meno tempo sulle pagine web potrò modificare la struttura per renderle consultabili più velocemente e aumentare in questo modo la probabilità che vengano lette. Avendo chiaro che le persone cercano fonti di informazioni interessanti e variegate dovrò diversificare l’offerta di contenuti che andrò a pubblicare sia sul sito che sui presidi che aprirò sui social network. Essendo evidente che le persone considerano più interessanti i contenuti diffusi dai loro amici favorirò la condivisione delle pubblicazioni presenti sul sito e incentiverò la partecipazione di tutta l’azienda. Tre elementi chiave per far evolvere la comunicazione aziendale. Una strategia in grado di generare valore si basa sulla comprensione dei fenomeni e sulla capacità di adattarsi ad essi in maniera agile e rapida. Un cambiamento veloce però non può essere un elemento casuale. Solo le visioni di lungo periodo possono rendere armonici e coerenti i salti evolutivi che vengono richiesti dal mercato: la comunicazione e l’adozione di una strategia efficace consente all’azienda di raccontare se stessa, il suo futuro, la sua anima e dimostrare al pubblico e al mercato il suo valore. |

1 Peter Pirolli, Information Foraging Theory, Oxford University Press, 2007

C’è il boom della comunicazione: tutti a comunicare che stanno comunicando. Altan www.cefriel.it


Finalmente in Italia l’orologio dedicato al mondo del golf. Da oltre 600 anni si gioca a golf sull’Old Course del St Andrews Links. Molte straordinarie innovazioni che sono oggi alla base di questo sport, sono nate su questi mitici fairway. Questa è veramente la Casa del Golf e Jaermann & Stübi è l’official timekeeper, oltre che fornitore ufficiale. Tuttavia, non è necessario recarsi in Scozia per vivere questa esperienza. Basta uno sguardo al polso del tuo orologio Jaermann & Stübi per avere l’ora precisa, ma non solo: il numero di colpi per buca, il numero totale di colpi su 18 buche e il tuo punteggio comparato al tuo handicap. Il movimento è meccanico ed è protetto da un ammortizzatore brevettato all’interno della sofisticata cassa.

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Alimentare.

Made in Italy Gusta

Il che non si vede ma si

Ricerca e innovazione per sviluppare prodotti sempre migliori insieme alla tutela e valorizzare dei sapori tipici della cucina italiana sono gli obiettivi primari di Clerici Sacco, azienda produttrice di caglio e fermenti per formaggi e salumi

la sede di Sacco s.r.l.

Martino Verga, titolare di Sacco srl e presidente del Gruppo Alimentari di Confindustria Como

Elementi quasi invisibili ma che fanno la differenza tra un alimento eccellente e uno scadente. La Clerici Sacco produce 56

enzimi e fermenti, elementi piccolissimi ma fondamentali per la produzione dei formaggi, nei quali è concentrata tutta l’attenzione di questa azienda per la qualità e la ricerca. “Essere l’azienda di fiducia, il partner per le migliori industrie del latte”. Una mission per quest’azienda che ha fatto della qualità il suo punto di forza. Attiva dal 1872 questa azienda negli anni ha concentrato molti dei suoi sforzi nella ricerca, per un settore come quello alimentare dove lo sviluppo di nuovi prodotti è strettamente legato alla continua evoluzione scientifica. “Il 25 per cento della nostra attività è finalizzato alla ricerca. Per noi è un elemento fondamentale” ha dichiarato

Martino Verga, titolare con i fratelli della Sacco srl e presidente del Gruppo Alimentari di Confindustria Como. Ricerca che in parte si svolge all’interno dell’azienda ma che viene gestita anche in

Il settore alimentare è uno di quelli che ha subito maggiori trasformazioni nel corso degli anni e questa azienda si è sempre impegnata per stare al passo con i tempi


è nel tuo interesse

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dicembre 2011 - febbraio 2012

un particolare dei laboratori dove si svolgono i test sui prodotti

collaborazione con importanti istituti di ricerca italiani ed esteri. “Abbiamo molti progetti in corso - ha continuato Verga - con l’Università Cattolica di Piacenza per esempio e con università tedesche, danesi, irlandesi e francesi”. Tra questi progetti ne figura uno che ha come finalità la tutela dei veri sapori della tradizione italiana. “Progetto protezione alimenti” si occupa di preservare e valorizzare quei batteri cosiddetti “buoni” tipici di una determinata zona che contribuiscono a dare ai formaggi italiani quel gusto unico, caratteristico delle diverse località. “In passato nella produzione degli alimenti – ha spiegato Verga - venivano impiegati inconsapevolmente batteri che contribuivano a dare gusto al prodotto. Con l’obbligatorietà della pastorizzazione si sono perduti molti microrganismi autoctoni. Quello che stiamo

facendo ora è ritrovare questi batteri. Un ritorno al naturale ma con metodo scientifico”. Un profondo legame con il Made in Italy quindi che per un settore come quello alimentare rappresenta un forte valore aggiunto. “Nel nostro settore il Made in Italy è sinonimo di qualità. Lavorando sia in Italia sia all’estero per noi l’Italianità è un elemento importantissimo” ha aggiunto ancora Verga.

La ricerca in parte si svolge all’interno dell’azienda ma viene gestita anche in collaborazione con importanti istituti di ricerca italiani ed esteri Il settore alimentare è uno di quelli che ha subito maggiori trasformazioni nel corso degli anni e questa azienda si è sempre impegnata per stare al passo con i tempi. “Nel 1872 moltissime cose non si sapevano. Non esistevano le biotecnologie, il DNA non era ancora stato scoperto. Adesso tutto questo è impiegato nella fi liera alimentare” ha spiegato. E molto è cambiato anche nella clientela “Ora il mercato è molto più esigente, c’è maggiore conoscenza e quindi maggiore attenzione a quello che si mangia – ha concluso Verga -. Molto è cambiato, ma la qualità dei nostri prodotti è rimasta la stessa”. |

L’essenziale è invisibili agli occhi, non si vede bene che col cuore Antoine De Saint-Exupery

www.saccosrl.it

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Management by

wandering around : la nuova (o forse ritrovata) frontiera della gestione aziendale Conoscere a fondo la propria azienda e chi ci lavora, questa è la chiave del Management by Wandering Around. Socializzare con collaboratori e dipendenti attraverso “visite” nei diversi settori crea quel senso di appartenenza e partecipazione che può far crescere un’azienda testo di Leonardo Marabini Esperto di comunicazione e marketing Direttore commerciale e marketing di Kilometro Rosso A volte ritornano. Suona come il titolo di un film horror, in realtà è una semplice costatazione: nell’organizzazione delle aziende stanno tornando prepotentemente di moda approcci gestionali datati ma, a quanto pare, ancora molto validi. Dopo il “marketing del passaparola”, assistiamo oggi al ritorno di un altro vecchio cavallo di battaglia degli imprenditori più illuminati, noto col nome di MBWA, ovvero “Management By Wandering Around” (o 60

“…WalkingAbout”, ma il concetto è identico): la gestione dell’azienda tramite visite e sopralluoghi ai vari reparti/dipartimenti. Mi spiace solo aver illuso gli appassionati di telefonia mobile che speravano mi mettessi a disquisire sul Mobile Broadband Wireless Access! Gli ideatori del MBWA sono David Packard e Bill Hewlett, che negli anni ’70 lo mettevano in pratica evidentemente con successo, viste le dimensioni poi raggiunte dall’azienda da loro fondata. Vi dicono

niente i due cognomi? Ebbene sì, è quella azienda. Tramite il MBWA, l’imprenditore e i top manager interagiscono con i dipendenti visitandoli con una certa regolarità in ufficio e nei reparti produttivi. Sic et simpliciter. Non a caso il testo di riferimento sul MBWA, “In search of Excellence” di PetersWaterman, definisce questa pratica come “la tecnologia dell’ovvio”. Lo facevano i generali romani che passavano in rassegna le truppe girando per l’accampamento prima


Management e gestione d’impresa delle battaglie, lo si faceva ai tempi della rivoluzione industriale in Inghilterra, lo fanno i grandi registi che tra un ciak e l’altro socializzano con la troupe fino all’ultima delle comparse o dei macchinisti, tutto sommato lo fanno da sempre i politici (soprattutto se sono a caccia di voti…) che si palesano in piazza, tra la folla, a tastare il polso dell’elettorato. In ogni caso, non è stato inventato niente di nuovo. C’è chi confonde il MBWA con la classica “visita di controllo”, un veloce e annoiato giretto tra i reparti, mal vissuto anche dai collaboratori. Potesse uscire fumetto dalla loro testa in quei frangenti, vi si leggerebbe: “….ecco che arriva il boss a ficcanasare, poi per un altro trimestre scompare”. Questo disagio, anzi questo fastidio è ultimamente acuito dalle nuove tecnologie, che facilitano la comunicazione a distanza, per cui il fumetto potrebbe evolversi in qualcosa del tipo: “Il boss quando viene qui è convinto di capire come gira la baracca, mentre il resto dell’anno invia 3 email e fa 2 videoconferenze, standosene comodamente seduto sul trono in pelle del suo ufficio in un qualsiasi grattacielo della City londinese”. Non basterebbe la tunica gialla di Yellow Kid per un fumetto del genere…

C’è chi confonde il MBWA con la classica “visita di controllo”, un veloce e annoiato giretto tra i reparti. Invece va oltre il semplice dimostrare che il boss non è un’entità astratta. E’ mirato a capire meglio e più rapidamente le criticità e i possibili rimedi attraverso il contatto diretto con la vita dell’azienda In ogni caso, il MBWA va invece oltre il semplice dimostrare che il boss non è un’entità astratta. E’ mirato a capire meglio e più rapidamente le criticità e i possibili rimedi. A prendere coscienza delle mille complessità che stanno dietro il prodotto/servizio; a velocizzare il tempo di risposta ai problemi, per il semplice fatto di conoscerli direttamente; ad acquisire maggior consapevolezza dell’azienda in senso esteso; a limare le distanze tra colletti bianchi e colletti blu. Fa ridere usare questa terminologia nel terzo millennio, ma vedendo quel che succede quando si celebra l’1° maggio… si ride un po’ meno. Collaboratori e dipendenti si sentono parte del meccanismo, come è giusto che sia; ne diventano molto più partecipi e coinvolti. Ne deriva minor rigidità e forse una maggiore disponibilità a piccoli sacrifici. Così come qualcuno ha scritto in un blog qualche tempo fa: “…oltre a tagliare trasversalmente le linee verticali di comunicazione che caratterizzano una struttura organizzativa gerarchica, l’MBWA motiva i collaboratori, mostrando loro che il senior management è seriamente interessato alla loro attività e ai loro problemi”. In definitiva, tramite il MBWA si toccano con mano le difficoltà, che non sono più qualcosa di astratto sintetizzato nell’ “executive summary” che pochi leggeranno, ma un dato tangibile e reale. Teoricamente, non v’è dipartimento o business unit che non possa essere efficacemente gestita con un approccio di questo tipo. Ma il MBWA s’è anche evoluto. Se un tempo il classico “giretto in produzione” era quasi esclusiva del grande capitano d’azienda, oggi ad interagire direttamente col personale c’è anche il management. Dirigenti e funzionari hanno capito che non solo è opportuno, ma è necessario. L’ultimo paio di decenni è stato infatti caratterizzato da un management distaccato prima fisicamente e quindi emotivamente dall’azienda. Maghi della finanza o del marketing, che però non sapevano distinguere un telaio da un tornio. Il manager sta imparando a fare un salto culturale: conoscere l’azienda palmo a palmo, sapere non solo cosa produce ma come lo produce (questo vale anche nel mondo immateriale dei servizi), conoscere i propri colleghi, appassionarsi quotidianamente al destino dell’azienda. Non dev’essere la logica (ammesso che lo sia) del profitto personale e dei bonus di risultato a guidare il suo operato, ma la passione, il coinvolgimento, il senso di appartenenza. Almeno allo stesso livello di chi quell’azienda l’ha fondata. Non è un caso che i corsi di formazione pensati per le aziende si stiano sempre più orientando ad un’educazione professionale trasver-

sale, dove tutti sono (il più possibile) consapevoli dell’attività di tutti. Basta con le camere stagne. Purtroppo la strada da fare è ancora molta, e il mercato del lavoro è intriso di top manager verticalmente focalizzati sulle loro competenze. Agli imprenditori più scettici sul fatto che alcuni fra i loro più diretti riferimenti non abbiano idea di come l’azienda arrivi al prodotto finito partendo dalla materia prima, consiglio un esercizio facile facile: interrogateli. Così, a voce, magari prendendoli in contropiede, mentre bevete un caffè assieme. Escludete magari il direttore di produzione o quello del personale, ma prendete un altro dirigente, che so, il responsabile dei servizi informatici o il direttore dell’ufficio legale: buon divertimento! Per correttezza, va comunque detto che esistono alcune importanti eccezioni, e se non suonasse come spot gratuito potremmo citare più di un’azienda che rappresenta l’eccellenza sotto questo profilo. Detto cos’è il MBWA, c’è da chiedersi come mai sia tornato così in auge. La spiegazione più rilevante è ancora una volta la crisi economica che da anni ormai ci attanaglia. Come molti hanno teorizzato, questa ha avuto un impatto devastante anche sui rapporti interpersonali. Le persone istintivamente si sono chiuse a riccio, tendendo a fidarsi sempre meno del prossimo. Perciò si è avvertito il bisogno di un ritorno all’antico, ad un contatto molto più diretto tra i vari livelli aziendali (e tra colleghi dello stesso livello), per ricordarci che prima di essere lavoratori siamo persone, per tornare ad avere fiducia l’uno nell’altro. Emblematica in tal senso una fiera recentemente svoltasi a Bergamo, intitolata appunto: “Fiera della Fiducia”, ed il MBWA per sua natura è molto efficace nel recuperare la qualità dei rapporti umani e ad armonizzarli. Come sempre, non è tutto oro quel che luccica. Il principale rischio del ricorrere eccessivamente al MBWA si sintetizza col concetto di “micro management”: una gestione tendente all’esagerato controllo sui subordinati, una parcellizzazione delle procedure e dell’iter autorizzativo, una forte riduzione delle deleghe, ed altro ancora. Qualcuno dice che il MBWA sia in aperto contrasto con la filosofia del telelavoro, due scuole di pensiero diametralmente opposte dove la prima incentiva il rapporto vis-à-vis e la seconda lo scoraggia. Io non sono d’accordo, perché si confonde la forma con la sostanza: se soprattutto nel caso delle grandi multinazionali il manager è impossibilitato a presidiare fisicamente l’azienda perché si trova oltreoceano, va bene anche che si faccia vivo tramite videoconferenza, email, chat, telefono, telegramma, piccioni viaggiatori e segnali di fumo. Insomma, l’importante è il contatto costante, quotidiano e con tutti. Sarà un wandering around virtuale e meno efficace, ma nessuno potrà mai dire che il boss è uno sconosciuto. Vi confesso infine una mia debolezza: googleando ho scoperto altri sviluppi della sigla “MBWA”, dal “Massachusetts Black Women Attorneys” al “Master Builders Western Australia”. Per questo non resisto alla tentazione di citare anche la “Minnesota Beer Wholesalers Association”, perché sospetto che a Minneapolis e dintorni il top management del settore sia ben disposto a farsi ben più di un giro fra i reparti! |

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Groupon rivoluziona lo shopping online. Una serie di occasioni al giorno dedicate a ogni città. Tramonta il classico e-commerce testo di Laura di Teodoro

La rivista Forbes l’ha defi nita “la società in più rapida crescita - di sempre”. Il portale Groupon ha inventato un nuovo modo di usare la rete: una pubblicità eccezionale per i partner commerciali e esperienze straordinarie a prezzi più convenienti per gli utenti. Intervista a Boris Hageney, Co Founder e CEO Groupon Italia, Spagna e Portogallo 62


Personaggio

Presente in oltre 20 paesi e 200 città Groupon - CityDeal è una realtà in crescita costante. Il nucleo di questa idea è nato nei primi mesi del 2010 con CityDeal che dopo breve tempo contava già un team di 600 persone e sedi aperte nei principali paesi europei. Un successo immediato che ha portato Groupon, colosso americano degli acquisti geolocalizzati sul Web, ad acquistare la società il 17 Maggio 2010. Un’intuizione tanto semplice quanto geniale sta alla base del portale Groupon-CityDeal: un Deal (ndr. Gettone) diverso ogni giorno che da diritto ad uno sconto su prodotti o servizi della propria città. Un doppio vantaggio quindi, per le aziende che vedono aumentare esponenzialmente con il sito la loro visibilità e per i clienti che possono usufruire di uno sconto diverso ogni giorno. Ristoranti, tempo libero, spa, bellezza e sport, le possibilità offerte da Groupon sono tantissime ed estremamente diversificate. Un nuovo modo di fare pubblicità e un nuovo modo per vivere la propria città, scoprendo posti nuovi a prezzi scontati. Abbiamo intervistato il Co-fondatore e CEO di Groupon Italia, Spagna e Portogallo. Boris Hageney ci ha raccontato cos’è Groupon e cosa l’ha resa un successo di tale portata. Secondo il noto magazine americano Forbes, Groupon è l’azienda che ha registrato il più alto tasso di crescita nella storia. Quali i motivi alla base di un così riconosciuto successo? Groupon ha riscosso un notevole successo in tutto il mondo; nato in America nel 2008 il servizio si è diff uso

rapidamente ed oggi è presente in 45 paesi del mondo. Abbiamo saputo off rire ciò che gli altri mezzi tradizionali non sono stati in grado di dare; grande visibilità ai partner commerciali ed esperienze straordinarie e convenienti ai clienti. Come è stata la crescita in Italia? Direi la stessa che in altri paesi. Groupon si è sviluppato molto rapidamente in Italia, dapprima nelle grandi città e poi via via anche nei centri più piccoli. Da Nord a Sud copriamo tutto il territorio nazionale off rendo vantaggi evidenti sia per i clienti che per i partner.

Groupon permette di ottenere velocemente visibilità sul target locale, quindi su un pubblico attento e ricettivo, vicino al ristorante, al negozio o al centro che propone l’offerta Che tipologie di aziende si interfacciano con voi? Gli esercenti locali vedono in noi uno strumento di comunicazione innovativo. Groupon permette di ottenere velocemente visibilità sul target locale, quindi su un pubblico attento e ricettivo, vicino al ristorante, al negozio o al centro che propone l’offerta. I nostri partner commerciali scelgono Groupon per promuoversi, farsi conoscere da nuovi utenti o anche per lanciare una nuova attività. Ci sono settori che più di altri attirano maggiormente l’attenzione e quindi gli acquisti? Registriamo richieste in diversi settori; dalla ristorazione al benessere, dai trattamenti di bellezza ai viaggi, dalla tecnologia al divertimento alla salute; non è facile stilare una classifica di gradimento ma in generale possiamo affermare che i nostri utenti sono dinamici, amano fare nuove esperienze e scoprire la città nella quale vivono.

Boris Hageney, Co Founder e CEO Groupon Italia, Spagna e Portogallo

Che valore aggiunto off re Groupon alle aziende partner rispetto ai canali tradizionali? I canali tradizionali off rono una visibilità ampia ma sicuramente indifferenziata. Attraverso il volantino o l’affissione ad esempio, il messaggio si disperde su un numero molto alto di utenti ed è quindi complicato valutare il ritorno dell’investimento. La pubblicazione sulla nostra piattaforma è invece gratuita e giunge direttamente ad un pubblico locale, 63


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interessato alle offerte e quindi molto attento nei confronti delle novità. Il partner visualizza immediatamente il numero dei coupon venduti e può verificare fin da subito il riscontro sugli utenti.

ne dei consumi e la crisi globale sulla crescita di Groupon? Sicuramente il nostro servizio ha riscontrato consensi anche grazie alla particolare situazione economica internazionale

La crisi ha spinto sia gli utenti che i commercianti a trovare alternative valide alle dinamiche di vendita. Da una parte i clienti cercano di mantenere una buona qualità di vita senza spese eccessive; dall’altra i commercianti indagano nuove strade per attirare clienti e proporre i loro servizi Quali i vantaggi per le aziende nell’usare Groupon come canale di vendita? Usare Groupon vuol dire investire sul proprio esercizio attraverso un nuovo canale di marketing ed attrarre utenti che potrebbero diventare potenzialmente nuovi clienti. Inoltre è importante sottolineare che tutte le nostre proposte sono verificate dal Dipartimento interno di Qualità che certifica la serietà dell’offerta e il prezzo solitamente applicato dall’esercente. Quali ricadute hanno avuto la riduzio64

in cui ci troviamo. La crisi ha spinto sia gli utenti che i commercianti a trovare alternative valide alle dinamiche di vendita. Da una parte i clienti cercano di mantenere una buona qualità di vita senza spese eccessive; dall’altra i commercianti indagano nuove strade per attirare clienti e proporre i loro servizi. Che caratteristiche deve avere un’offerta per poter accedere al canale Groupon? Le offerte devono rispettare una serie di requisiti fondamentali che garantiscono la qualità della proposta e la serietà del

partner. Verifichiamo quindi sempre i titoli e la professionalità dell’esercente, l’affidabilità della struttura che andiamo a pubblicare, il tariffario usato dall’esercente. Chiaramente la nostra conoscenza del mercato ci permette di off rire i prodotti e i servizi che sappiamo avranno successo fra i nostri utenti. Come e quanto sta evolvendo in Italia il fenomeno del social shopping e dell’ecommerce in generale? Sono stati veicolati proprio ieri i dati dall’Osservatorio del Politecnico di Milano sull’e-commerce da cui emerge una nuova interessante crescita del settore. Il commercio online funziona e attira sempre più utenti che colgono le potenzialità di uno strumento innovativo, immediato e capace di off rire i migliori beni e servizi presenti sul mercato. |

Le persone che riescono in questo mondo sono quelle che vanno alla ricerca delle condizioni che desiderano, e se non le trovano le creano. George Bernard Shaw www.groupon.it


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Costruire un

vantaggio

competitivo e sostenibile attraverso l’

innovazione

Nella corsa all’innovazione genio e creatività sono un forte valore aggiunto per l’Italia rispetto agli altri Paesi. Siamo una nazione che sa “inventare l’incredibile”, però fatica a sfruttare al massimo questo potenziale per creare davvero un vantaggio competitivo. Ecco alcune linee guida per cambiare prospettiva Da 15 anni lavoro aiutando aziende ad innovare, ascoltando le loro problematiche e fornendo idee e strumenti perché possano aumentare la propria competitività sul mercato attraverso l’innovazione. Ho avuto il piacere di collaborare con società e persone in diverse nazioni europee, dalla piccola impresa familiare alla grande multinazionale, ed ho spesso aiutato le PMI italiane a confrontarsi con l’estero. Un fatto che mi ha sempre colpito è stato lo scoprire l’enorme capacità delle nostre aziende di trovare soluzioni geniali, inventare l’incredibile. Non è affatto vero che in Italia si faccia meno innovazione rispetto ad altre nazioni europee, dove però l’economia corre più veloce e le aziende riescono a proliferare: dal mio osservatorio privilegiato di oggi, quello di una multinazionale presente in 80 nazioni e che facilita l’innovazione attraverso le sue tecnologie, sono davvero in pochi che possono competere con la nostra creatività, soprattutto in quelle strutture piccole o medie che non hanno grandi risorse da devolvere ricerca e sviluppo. Il punto è che spesso le nostre aziende non riescono a sfruttare l’intero potenziale della loro innovazione, non tanto da farne un vero vantaggio competitivo. Chi ci riesce, poi, altrettanto spesso non è in grado di sostenere sul lungo periodo il vantaggio che ha saputo creare. I motivi sono diversi, e colgo l’occasione per analizzarne alcuni che a mio avviso hanno un impatto importante. L’innovazione come soluzione di un problema immediato Ricordo la mia esperienza in una multinazionale tedesca: processi precisi, procedure, pianificazione, controllo... ma quando un problema tecnico mai affrontato prima bloccava una commessa e c’era bisogno di una risposta rapida, la filiale italiana veniva immediatamente allertata. La capacità di problem solving, di inventarsi una soluzione per uscire dai guai, è una caratteristica che ci contraddistingue. Vuoi perchè siamo abituati a lavorare con risorse estremamente limitate, vuoi perchè pianifichiamo poco, abbiamo sviluppato una attitudine molto forte a gestire con creatività e velocità i problemi che si presentano sul lavoro. Questo, unito alla elevata competenza tecnica (magari molto focalizzata) dei nostri imprenditori, porta a risultati spesso sbalorditivi. Considero questa caratteristica il pregio ed il limite della nostra capacità innovativa. Mi spiego meglio: da noi si innova di fronte ad una necessità immediata ed oggettiva, che di solito è un imprevisto in produzione. Quali sono le conseguenze? 1.L’innovazione avviene di fronte ad un problema che sta accadendo: non si ha l’abitudine di investire per prevenire il problema, con il rischio di mandare fuori controllo tempi di consegna e costi, lavorare spesso in emergenza per spegnere incendi man mano che scoppiano. Questa è una delle problematiche che possono essere ridotte o anche annullate attraverso la simulazione numerica. I software creano una sorta di laboratorio virtuale dove è possibile effettuare test di resistenza strutturale, durata, effi66

testo di Paolo Colombo Responsabile Marketing Italia ANSYS cienza, compatibilità elettromagnetica, interferenze... Poichè tutto avviene utilizzando il computer, anche grazie ad una elevata automatizzazione dei processi di analisi e alla velocità che si è in grado di ottenere dalle moderne workstation, il costo di questi test è molto basso e possono essere verificate migliaia di ipotesi in tempi brevi. Il risultato è quella tranquillità che si poteva avere anni fa, quando c’erano il tempo e le risorse per collaudare i nostri progetti (molto più semplici di adesso) per metterli sul mercato quando si era sicuri che fossero performanti ed affidabili. Oggi, proprio perchè i prodotti sono sempre più complessi, i tempi di sviluppo ridotti e i budget limitati, l’ambiente virtuale diventa sempre più una via obbligata che è anche sempre più facilmente proponibile in virtù di due fattori: l’ architettura dei software di simulazione che oggi si gestiscono con interfacce semplici e forniscono risultati precisi ed attendibili (che dipendono dalla scelta del software: non è un caso che ANSYS investa quasi 100 Milioni di dollari ogni anno per far evolvere i propri simulatori), e alla possibilità di

I software creano una sorta di laboratorio virtuale. Poiché tutto avviene utilizzando il computer il costo di questi test è molto basso e possono essere verificate migliaia di ipotesi in tempi brevi


Innovazione

accedere a potenze di calcolo molto elevate a basso costo (i software funzionano con workstation da 3- 4.000 Euro su cui già si sfrutta la potenza dei multi processori e la GPU della scheda grafica). Il vantaggio non si ferma alla semplice verifica di progetto: consentendo l’ottimizzazione di prodotto la simulazione porta a risparmi in termini di costo, a performance più elevate, risparmio energetico. Tutto questo contribuisce a creare un vantaggio competitivo e quindi ad aumentare le possibilità di successo sul mercato. 2.L’innovazione è spesso legata al processo e non al prodotto: in Italia faremmo fatica a creare l’ I-Pad, ma potremmo riuscire benissimo a produrlo più velocemente e con meno risorse. In questo non c’è nulla

3.L’innovazione è una attività spot e non è sistematica: non è un processo che mira a sviluppare con continuità soluzioni nuove e ad aggiornare il prodotto con costanza. Il rischio è di diventare obsoleti senza aver sviluppato prodotti / processi / servizi all’altezza delle nuove richieste del mercato. Essere innovativi è una forma mentis, un modo di lavorare. E’ parte delle strategie aziendali. Molti di noi immaginano l’innovazione come qualcosa collegata al genio un po’ pazzo, all’idea rivoluzionaria: è interessante invece vedere come le aziende giapponesi o tedesche ne hanno fatto un processo ben definito e regolato, che segue ritmi e procedure precise. Anche in questo caso la simulazione numerica e la prototipazione virtuale stanno diventando strumenti indispensabili. Introdotti nel processo di innovazione fin dalle prime fasi, permettono di analizzare tutte le idee, anche le più ardite, per capire quali hanno le caratteristiche per essere portate avanti e diventare un prodotto. Così si focalizzano gli investimenti su idee che hanno possibilità di successo, e si evita di scartare soluzioni che sono molto innovative, e quindi che potenzialmente porteranno un ampio vantaggio competitivo, ma che proprio in virtù della loro novità sono più pericolose da implementare.

di male, anzi. La nota dolente è che spesso questo tipo di innovazione rimane relegata all’azienda che l’ha introdotta e che da noi è facilmente una struttura piccola che segue un numero molto limitato di clienti. L’azienda non è quindi in grado di valorizzare un proprio asset se non nell’offerta verso il proprio micro-mercato, perdendo opportunità di guadagno molto elevate. Quello che spesso sfugge è la possibilità di tutelare il know how attraverso forme di protezione della proprietà intellettuale che, a differenza del brevetto che richiede la pubblicazione (e quindi la divulgazione dell’idea), consentono ad esempio di licenziare l’implementazione di un processo mantenendo la segretezza ed obbligando terze parti a mantenere il riserbo.

4.L’innovazione è generata da un singolo, solitamente il titolare o un operatore molto esperto, e non viene documentata. In questa abitudine, spesso figlia della paura che il know-how venga svelato ad altri, si cela un duplice rischio. Da un lato è impossibile per altri dare il proprio contributo, costruendo sulle idee altrui e continuando a migliorare il concetto di partenza. Dall’altro, se la persona che ha avuto l’idea lascia l’azienda per qualsiasi motivo, nessuno è in grado di proseguire e l’azienda prende parte del suo valore commerciale (a volte buona parte). Mi è spesso capitato di vedere imprenditori che, decisi a ritirarsi a vita privata e non avendo figli che proseguono nell’attività, tentano di venderla con molta fatica: i possibili compratori sanno bene il valore del know how e vedono che questo è concentrato proprio nella figura che se ne sta andando, togliendo all’azienda la sua unicità e lasciandola incapace di proseguire nel business. L’utilizzo congiunto di software per il management di dati derivanti dall’analisi virtuale, insieme ad una adeguata protezione della proprietà intellettuale, fornisce una piattaforma solida per condividere l’informazione dando valore all’azienda e non al singolo, e moltiplicando la capacità di fare innovazione di un sistema che si può anche

aprire all’esterno. Oggi si parla molto di open innovation: è un’opportunità incredibile per le piccole aziende di entrare in contatto con i grandi del mercato. Certo è che per sfruttarla è necessario essere pronti a diventare una delle parti di un sistema, e bisogna essere attrezzati per poterne trarre vantaggio. C’è quindi la possibilità per le nostre aziende di valorizzare molto di più la creatività che ci contraddistingue nel mondo: questo richiede una apertura alla collaborazione, allo scambio di informazioni, alla programmazione di attività di ricerca... e un po’ di aiuto dalle tecnologie. |

Tecnologie di simulazione, gestione della proprietà intellettuale, ricerca collaborativa e finanziamenti all’innovazione saranno gli argomenti di una giornata di lavoro promosso da Federmanager Bergamo, e che si terrà a febbraio 2012 presso il Parco Scientifico Tecnologico Kilometro Rosso di Bergamo. Per saperne di più visita il sito www.innovarepercompetere.com

www.ansys.com

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Qual è il valore reale di un’azienda e quali sono gli elementi che lo determinano sono questioni su cui si è dibattuto a lungo e che hanno ancora oggi diverse interpretazioni. Un’evoluzione continua nel pensiero accademico, sociale e imprenditoriale testo di Alberto Claudio Tremolada. Manager di Metatech Group Consigliere e socio Adaci sez. Lombardia/Liguria (Ass. It. di Management degli Approvvigionamenti)

valore dell’azienda. reale Evoluzione Il

da capital value a

Intangible value

La definizione classica economica di azienda è “un’organizzazione di uomini e mezzi finalizzata alla soddisfazione di bisogni umani attraverso produzione, distribuzione o consumo di beni”, concetto da non confondersi con quello definito nell’art. 2555 del codice civile. Soddisfazione che genera solitamente uno scambio economico non necessariamente monetario, se prendiamo come dogma quanto scrive Chris Anderson, guru di Wired, in “Free - The future of a radical practice”. La misurazione del valore può essere data dal mercato (market value) o essere soggettiva (intangible value) ed è quest’ultimo quello più difficile da misurare. Per la misurazione del valore intangibile si potrebbe partire dai core values, ovvero dal sistema di idee (knowledge), attività e attributi (capabilities) considerati importanti nel formare l’azione dell’impresa in genere. Azioni che si trovano formalmente nello statement of core values, la dichiarazione del sistema di valori propri dell’impresa. Per esempio quelli di Mars 68

Inc. “qualità, responsabilità, reciprocità, efficienza e libertà” o di McDonald’s “qualità, servizio e pulizia” . Ovvero il motivo della sua esistenza e cosa la contraddistingue da tutte le altre. L’azienda è parte di un eco-sistema meglio conosciuto come catena del valore (value chain). Un modello che permette di descrivere la struttura di una organizzazione come un insieme limitato di processi. Teorizzato da Michael Porter nel 1985 nel suo best-seller “Competitive Advantage: Creating and Sustaining Superior Performance”, secondo questo modello un’organizzazione è vista come un insieme di 9 processi, di cui 5 primari e 4 di supporto. La catena del valore (value chain) definisce il contributo delle singole attività aziendali alla definizione e allo sviluppo di un sistema di offerta in grado di creare valore per il mercato ed è supportata dalla tecnologia impiegata in azienda. La catena del valore è l’insieme delle attività necessarie per produrre e commercializzare beni e servizi. Ma come spiegare le differenze di valore attribuite alle aziende da parte delle comunità, che è diverso dal valore di mercato? La classifica Fortune Global 500 è una lista dei primi 500 gruppi economici mondiali, è pubblicata ogni anno dalla rivista Fortune ma stilata in base al fatturato (market value). Altra classifica quantitativa è quella prodotta dalla Millward Brown (società statunitense specializzata in ricerche di mercato), che analizza parametri finanziari e di distribuzione ai quattro angoli del globo. Emerge dalla classifica che avere un brand forte è un valore intangibile differenziante in tempi di crisi (per esempio Apple, Facebook, Google, Toyota), o che ecologia, internet e mondo cinese in crescita influenzano direttamente i risultati di


Il valore reale dell’azienda

importanti marchi automobilistici. Secondo la teoria di Milton Rokeach (è stato uno psicologo sociale presso la Michigan State University) i valori sono legati ai bisogni ma si manifestano ed esprimono in modo più vicino a noi. Sono le rappresentazioni mentali dei bisogni individuali, istituzionali, sociali e si distinguono tra: • Valori Terminali le nostre convinzioni rispetto ai nostri obiettivi • Valori Strumentali indicano le nostre convinzioni su come raggiungere i valori terminali.

L’azienda è parte di un ecosistema meglio conosciuto come catena del valore (value chain). Un modello che permette di descrivere la struttura di una organizzazione come un insieme limitato di processi 69


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Gli asset intangibili non descrivono l’insieme di beni immateriali di un’azienda ma, piuttosto, una serie di risorse non facilmente traducibili in termini finanziari La conoscenza dei valori è un utile strumento per conoscere le motivazioni dei comportamenti. Il focus sulle tematiche legate al ruolo delle risorse intangibili nell’economia delle imprese appare in costante crescita, dimostra come gli intangibles possano costituire il vero “salto di qualità concreto”. Gli asset intangibili non descrivono l’insieme di beni immateriali di un’azienda

ma, piuttosto, una serie di risorse non facilmente traducibili in termini finanziari. Negli asset intangibili di un’organizzazione possiamo comprendere: • Capitale Umano inteso come le conoscenze, le abilità e le esperienze delle persone e può essere strettamente individuale ma anche dell’organizzazione

• Capitale Organizzativo l’insieme di conoscenze che rimangono all’impresa • Capitale Relazionale Esterno rappresentato dal valore dei rapporti con la clientela, con i fornitori, con i business partner, con i centri di ricerca & sviluppo • Capitale Sociale la fiducia prodotta dalla socialità,

Il caso Dallara raccontato da Andrea Pontremoli: “Talento e capacità manageriali per vincere la sfida competitiva anche per le Pmi”

La Dallara Automobili Spa negli ultimi 40 anni si è concentrata sulla progettazione/realizzazione di alcune tra le migliori vetture da competizione al mondo e contribuisce a tenere alta la bandiera del Made in Italy tecnologico nel Mondo. Ing. Andrea Pontremoli siete partner da anni dell’Indy Car e avete creato la X-Bow per Ktm. Credete che il valore differenziante sia nel mantenere anche in futuro l’engineering, la fi liera produttiva nella motor valley Italiana, oppure delocalizzare verso le low cost countries? Siamo convinti che la progettazione, la simulazione e l’aerodinamica sono da mantenere in Italia, mentre la produzione standard può essere delocalizzata. Stiamo aprendo una realtà produttiva negli Stati Uniti per prossimità ad uno dei nostri mercati di riferimento; ci consente di promuovere direttamente le nostre capacità progettuali e di design anche in altri settori (non solo racing). Acquisendo nuove commesse con interscambio di conoscenza, aumentando il valore trasferito ai nostri stakeholders. Quali sono i fattori chiave critici di un’industria nota a livello mondiale come la vostra, per garantire la continuità aziendale e il valore trasferito agli stakeholders? Fondamentale è la qualità delle persone che lavorano in azienda ma non basta, necessita destinare una quota importante del proprio fatturato alla R&D per dotare di “strumenti” adeguati chi opera nel nostro eco-sistema. Investiamo in programmi di formazione continua e R.&D. collaborando con le maggiori Università Italiane (Bologna, Politecnico di Milano per citarne alcune).

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Eccellere nella ricerca tecnologica con nuove soluzioni per ridurre i costi anche ambientali e migliorare le performance, come valore differenziante competitivo per mettersi al riparo dalla ciclicità dei mercati? Per esempio usiamo la virtualizzazione della progettazione che ci consente non solo di abbattere il time to market ma anche di contenere costi e sprechi. Le nostre tecnologie possono essere utilizzate anche per prodotti di uso quotidiano (come l’automobile), per una maggiore eco-sostenibilità (aumento dell’efficienza complessiva e minori sprechi a tutto vantaggio dell’ambiente). La dimensione delle nostre imprese (oltre il 90% micro), la gestione accentrata della proprietà sono considerati un limite per competere fuori dai confini nazionali. Basta ancora estro, inventiva, talento o necessita una gestione manageriale e una visione strategica industriale di lungo periodo? Il talento non può prescinde dal “detenere” competenze e capacità manageriali, per posizionare correttamente il valore aziendale in un contesto globale. Il Made in Italy è sinonimo di valore aggiunto, cosa suggerisce agli imprenditori ancora alle prese con la coda lunga della crisi per riemergere? Investire continuamente sulle proprie unicità valorizzando gli elementi che ci differenziano rispetto ai competitor globali. Essere brand riconosciuti come unici, ovvero il dogma del “non anch’io ma solo io”, spesso ci fa diventare sinonimo di prodotto o servizio (Google per citarne uno). Il prezzo, la qualità e il servizio sono clonabili (l’ultima frontiera della genesi aziendale), le unicità intangibili sono l’anima e cuore pulsante dell’azienda.


Il valore reale dell’azienda

La continuità aziendale è fondamentale per gli equilibri socio-economici della comunità in un mondo sempre più competitivo, fluido e glocalizzato le interazioni sociali e le istituzioni formali create dalla socialità • Proprietà Intellettuale che comprende i brevetti, i marchi registrati e i diritti di copyright in possesso dell’azienda. La continuità aziendale è fondamentale per gli equilibri socioeconomici della comunità in un mondo sempre più competitivo, fluido e glocalizzato (come lo definisce Zygmunt Bauman sociologo polacco).

Due casi concreti per la definizione del valore. L’ing. Andrea Pontremoli Ceo e General Manager della Dallara Automobili Spa e il Dr. Massimiliano Pericoli, Amministratore Delegato della Osvaldo Pericoli “timonieri” di aziende globalizzate hanno ben chiaro quali siano i fattori differenzianti che contribuiscono al reale valore dell’azienda, alla sua continuità come eco-sistema (secondo la definizione di Arthur Tansley, ecologo/botanico inglese). | Di tutto conosciamo il prezzo, di niente il valore. Friedrich Nietzsche

Il caso Osvaldo Pericoli raccontato da Massimo Pericoli: “Il Made in Italy come valore distintivo nei mercati”

La Osvaldo Pericoli di Siena è fra i leader nelle calzature di alta gamma, che dal 1956 contribuisce a tenere alta la bandiera del Made in Italy nel Mondo.

ciò ha comportato anche cambiamenti radicali nella stratregia aziendale di Osvaldo 1956. La dimensione delle nostre imprese ( oltre il 90% micro ), la gestione accentrata della proprietà sono considerati un limite per competere fuori dai confini nazionali.

Dr. Massimiliano Pericoli avete creato la scarpa gioiello venduta in gioielleria, con l’aiuto di strutture orafe aretine. Credete che il valore differenziante sia nel mantenere anche in futuro la fi liera produttiva in Italia, oppure delocalizzare verso le low cost countries? Ritengo assolutamente fondamentale mantenere tutta la filiera produttiva in Italia anche al fine di un miglior utilizzo del know how acquisito da tutti i partecipanti inoltre, e non meno importante, il 100% Made in Italy sarà sempre più importante come fattore distintivo nei mercati esteri proprio per quel bagaglio culturale che intrinsecamente si porta dietro.

Basta ancora estro, inventiva, talento o necessita una gestione manageriale e una visione strategica industriale di lungo periodo? Il talento e il genio italiano sono gli asset fondamentali del nostro settore, la gestione manageriale il pilastro essenziale per continuare a stare sul mercato. E la nostra visione l’abbiamo concretizzata facendo entrare nel nostro capitale di rischio il Fondo di private equity “Equi Private Equity Fund”. Con l’ingresso del Fondo, la nuova organizzazione aziendale, la razionalizzazione delle funzioni ed il forte potenziamento del design e dell’area commerciale, ci ha permesso di consolidare i mercati esteri già presidiati e sviluppare joint venture con i paesi russi, arabi e asiatici.

Quali sono i fattori chiave critici di un’industria dal respiro internazionale come la vostra, per garantire la continuità aziendale e il valore trasferito agli stakeholders? Innanzitutto, il confronto continuo con il mercato: non si possono ignorare i cambiamenti di mercato, le mode e le modalità d’acquisto. In secondo luogo, la creazione della prima scuola in Italia di maestranze nel settore calzaturiero per impedire che tra dieci anni non vi siano più calzaturifici con personale Made in Italy, partirà con gli inizi del 2012 a Chiusi e siamo orgogliosi di essere stati promotori dell’iniziativa insieme al calzaturificio Dimor con lo storico brand Moratti scarpe da Yacht. Poi, il percorrere sempre strade nuove senza preclusione e retaggi storici: se è vero che si è capaci si dimostrata flessibilità operativa ed un pensiero organizzativo volto alla competitività. Aziende come le nostre funzionano sin dal 1956 ma nel tempo

Il Made in Italy è sinonimo di valore aggiunto, cosa suggerisce agli imprenditori ancora alle prese con la coda lunga della crisi per riemergere? Misurare il proprio posizionamento commerciale, comprendere le inefficienze aziendali (che esistono, sempre) e re-ingegnerizzare i processi che inevitabilmente costringono l’imprenditore a dover fronteggiare quotidiani densi di oneri burocratici ed amministrativi, impedendo di impiegare il tempo in progetti di sviluppo reale fuori dalle mura del proprio ufficio. Capire le nuove “regole del gioco” è necessario per garantire lo sviluppo futuro dell’azienda. E permette di concentrarsi sul proprio core business. La moderna impresa o istituzione per essere vincente deve individuare i suoi punti di forza/debolezza “ascoltando la voce” dei mercati. |

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head hunting

Oggi l’ si fa direttamente on line Cambiare lavoro in un periodo come quello attuale può essere un’impresa. Con Experteer non è più così. Un sito assolutamente innovativo, un punto d’incontro on line per i player del lavoro ad alto profi lo Experteer rappresenta anche una fi nestra privilegiata sull’andamento dell’economia in genere. Nadia Siliano, responsabile marketing di Experteer Italia ci parla dei trend lavorativi dell’ultimo anno e verso quale direzione sta andando il mercato

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Per manager e dirigenti che vorrebbero dare una svolta alla loro carriera la ricerca di nuove possibilità professionali non è mai stata così semplice. La rete in molti settori si è dimostrata un punto d’incontro privilegiato e lo è anche in quello delle risorse umane. Molti sono i siti dedicati alla ricerca e selezione del personale ma risulta difficile per i profili alti trovare offerte valide nella moltitudine di quelle presenti nei siti generici. Da questa semplice considerazione nasce un’idea geniale e del tutto innovativa: uno spazio on line riservato al mercato del lavoro di livello medio alto, un portale dove i player di questo specifico settore possono


Occupazione trovarsi. Non un sito di ricerca del lavoro come gli altri ma focalizzato sul mercato occupazionale ai vertici. Questa è la formula vincente di Experteer. In un periodo in cui il risparmio di tempo nella selezione dei propri collaboratori è fondamentale e non è più possibile sbagliare, uno strumento come questo, mirato su figure professionali senior non può che essere un successo. Una proposta innovativa, mai vista prima che grazie all’avanzata tecnologia di matching, confronta qualifiche, esperienze e obiettivi professionali di ciascun candidato e gli segnala le offerte più adatte a lui. Nato nel 2005 in Germania Experteer in soli 11 anni è diventato un punto di riferimento in tutta Europa. Più di 2 milioni di utenti europei e oltre 400.000 candidati solo in Italia sono alcuni numeri che danno un’idea dello sviluppo di Experteer in così breve tempo. Telecomunicazioni, industria meccanica e impiantistica, automotive e vehicle manufacturing e information technology, questi sono solo alcuni dei settori che dal suo osservatorio privilegiato Experteer ha individuato come trainanti dell’economia italiana nel 2011. Dall’analisi dei dati sull’andamento dei trend occupazionali Experteer riscontra anche che nono-

stante il difficile periodo economico che stiamo passando, un incremento delle ricerche rispetto al 2010 c’è stato, segno che l’economia del nostro Paese si sta lentamente riprendendo. Abbiamo chiesto a Nadia Siliano, responsabile marketing del sito italiano di spiegarci nel dettaglio come funziona Experteer e quali sono gli attuali trend occupazionali. Iniziamo parlando di come nasce Experteer. Da dove arriva l’idea di un portale dedicato all’incontro tra domanda e offerta di figure professionali di alto profilo? Experteer nasce in Germania nel 2005 da una semplice esigenza degli head hunter che nella loro ricerca di figure professionali di profilo medio alto non avevano una piattaforma web comune. Esistevano già siti per la ricerca di lavoro ma non per il loro target. La Holtzbrinck Ventures GmbH, sussidiaria di uno dei principali gruppi editoriali tedeschi ha intuito questo deficit e sedendosi a tavolino con i cacciatori di teste ha sviluppato il form di Experteer. Una piattaforma dall’impostazione molto precisa che rispecchia la sua origine tedesca.

Nato nel 2005 in Germania Experteer in soli 11 anni è diventato un punto di riferimento in tutta Europa. Più di 2 milioni di utenti europei e oltre 400.000 candidati solo in Italia sono alcuni numeri che danno un’idea dello sviluppo di Experteer in così breve tempo

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Gli head hunter in Italia hanno meno posizioni aperte ma allo stesso tempo, nell’ultimo anno è emerso un incremento di ricerche rispetto allo stesso periodo del 2010. Telecomunicazioni, industria meccanica e impiantistica, automotive e vehicle manufacturing, elettrotecnica e meccanica, commercio insieme all’edilizia e immobili e infine l’information technology, questi sono i settori trainanti nelle ricerche di personale qualiticato in Italia nel 2011 Il vostro portale è focalizzato su posizioni professionali senior, cui non tutti possono aspirare. Non tutti quindi possono iscriversi ad Experteer. In che modo avviene il recrutement dei candidati? In effetti esistono una serie di barriere in entrata per Experteer. La prima è sicuramente il messaggio che trasmettiamo. In tutte le nostre comunicazioni chiariamo che il servizio che forniamo è destinato solo a manager e dirigenti. In secondo luogo i canali a cui ci rivolgiamo non sono generalisti ma rivolti ad un target ben definito che corrisponde al nostro, quindi siti e riviste specializzate. Per quanto riguarda la rete poi ci preoccupiamo che le keyword che utilizziamo siano ben definite per ricerche specifiche. Una volta che l’utente arriva sul sito ribadiamo ulteriormente il concetto che Experteer è solo per figure professionali medio alte. In più chi decide di iscriversi comunque si trova di fronte un modulo che risulta non essere userfriendly e che ha una serie di dati obbligatori vincolanti come una retribuzione annua maggiore o uguale a 40.000 euro. Nonostante tutti questi accorgimenti alcuni utenti che non soddisfano i nostri requisiti si iscrivono lo stesso. Per questo il nostro staff composto da professionisti delle risorse umane si occupa di fare anche una selezione posteriore. Lo stesso vale per gli head hunter? In questo caso la situazione è un po’ diversa. Dobbiamo essere certi dell’affidabilità dei cacciatori di teste. Per questo operiamo un’attenta selezione interna che inizia con la verifica dell’autorizzazione ministeriale che tutti gli head hunter devono avere. Come avviene la ricerca e selezione dei candidati? Ci sono due modalità di selezione. La prima è diretta. Gli head hunter e i responsabili delle risorse umane delle aziende accedono al nostro database dei candidati e operano una ricerca mirata sui profili che meglio si adattano alle loro esigenze. La seconda è indiretta e avviene per annunci. L’azienda o il cacciatore di teste pubblicano on line l’offerta di lavoro e sono gli utenti che scelgono se candidarsi. Sono impiegate molto entrambe, spesso in modo combinato. Dal vostro osservatorio privilegiato, come sta andando il mercato in questo periodo? Il mercato in generale è sicuramente in crisi, in tutti i settori e in tutti i Paesi. Diciamo che all’estero si è riscontrata una ripresa più veloce rispetto a quella italiana. Gli head hunter in Italia hanno meno 74

Nadia Siliano, responsabile marketing del sito italiano di Experteer

posizioni aperte ma allo stesso tempo, nell’ultimo anno è emerso un incremento di ricerche rispetto allo stesso periodo del 2010. Questo è un indice di ripresa tenendo anche presente però che la crisi ha dato una spinta al mercato del lavoro on line. Settori che prima non impiegavano Experteer per le nuove assunzioni ora lo fanno. Parlando di cifre rispetto allo scorso anno l’incremento maggiore si è registrato nelle fasce di retribuzione tra i 60–80mila euro, con un +26% e tra 100-150mila euro con un + 42 %. In questo contesto quali sono i profili più ricercati? In generale i settori trainanti sono le telecomunicazioni, l’industria meccanica e impiantistica, l’automotive, l’elettrotecnica e meccanica, il commercio insieme all’information technology. Quali invece quelli che più di altri faticano a trovare lavoro? Quelli meno richiesti sono quelli legati alla ricerca, alle scienze in generale e all’insegnamento. Si riscontra anche una diminuzione dei tassi di crescita per quanto riguarda il settore pubblico. Parlando dei prossimi anni, che iniziative Experteer ha in programma per il futuro? I servizi offerti dal nostro portale sono in continuo aumento sia per i candidati che per le aziende. Il nostro staff di professionisti può fornire per esempio un aiuto concreto per la revisione del curriculum vitae. Ci stiamo inoltre impegnando nel potenziamento delle nostre funzionalità di ricerca e per stare al passo con i tempi e con le nuove tecnologie. In più ci stiamo interessando ai mercati emergenti. Per ora siamo un punto di riferimento per l’Europa ma in futuro vedremo. |

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Il valore della tradizione dal 1830 ad oggi. Giorgio Jäneke fondatore dell’azienda

Pettini Janeke

Quasi due secoli di storia per una famiglia, un’azienda che sulla qualità e sulla tradizione ha costruito il suo successo. La Giorgio Janeke srl dal 1830 produce articoli per la persona, una vasta gamma di prodotti che partendo dai pettini negli anni si è arricchita di molte altre proposte a cura della redazione Passione, tradizione familiare e qualità sono le parole che meglio descrivono Janeke, un’azienda che dal 1830 produce pettini e accessori di bellezza. Nata quasi due secoli fa questa società ha saputo negli anni crescere e svilupparsi impiegando tecnologie sempre più avanzate ma restando fedele ai principi che sin dalle origini hanno caratterizzato la sua storia e i suoi prodotti.

Martino Verga, titolare di Sacco srl e presidente del Gruppo Alimentari di Confindustria Como Elena Janeke, responsabile dell’azienda

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Una storia che inizia dalla passione di un uomo per il suo lavoro e che è passata attraverso 5 generazioni arrivando intatta fino ai giorni nostri. “Siamo molto orgogliosi - ha dichiarato Elena Janeke, responsabile dell’azienda insieme al fratello

Giorgio e al padre Armando - della nostra storia e della lunga tradizione che ci caratterizza. Dal 1830 la nostra famiglia è l’unica proprietaria della società, per questo è molto importante per noi mantenere vivi i principi che hanno ispirato la fondazione dell’azienda”. Un’azienda che alla tradizione ha saputo accompagnare una continua innovazione che partendo dai materiali impiegati per la realizzazione dei prodotti arriva fino alla progettazione dei macchinari per la produzione passando attraverso la creazione di nuovi modelli. Più di 100 sono i brevetti depositati da questa società che risulta essere una delle più copiate. “La nostra azienda negli anni ha saputo distinguersi per la capacità di stare al passo


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il personale negli anni 20

Un’azienda che alla tradizione ha saputo accompagnare una continua innovazione che partendo dai materiali impiegati per la realizzazione dei prodotti arriva fino alla progettazione dei macchinari per la produzione passando attraverso la creazione di nuovi modelli con i tempi e con le nuove tecnologie. – ha continuato Elena Janeke –. Siamo riusciti a far convivere tradizione e innovazione trovando sempre il giusto equilibrio”. Articoli dal design accattivante, funzionali e curati sempre nei minimi dettagli questi sono i prodotti che costituiscono le linee Janeke. Pettini, spazzole, specchi, beauty case realizzati pensando sempre al cliente. “Nella progettazione e realizzazione dei nostri prodotti poniamo sempre al centro le persone. In un settore come il nostro la cura dei dettagli è fondamentale. Le rifiniture sono il metro con cui si misura il valore reale di un prodotto e le nostre sono d’eccellenza”. Un settore quello in cui opera Janeke, dove giorno dopo giorno si inseriscono nuovi player che off rono prodotti a prezzi magari molto inferiori, la competitività è altissima. “Abbiamo molti competitor ma sono in pochi quelli che possono vantare il nostro livello qualitativo - ha dichiarato ancora Elena Janeke -. Qualità che è ormai riconosciuta in tutto il mondo. Il nostro nome in questo senso è una garanzia”. L’internazionalizzazione è infatti uno dei punti forti di questa azienda che dall’Italia si è diff usa in Europa, Russia e nazioni balcaniche, Nord e Sud America, Giappone, Corea e Paesi Arabi. “All’estero i nostri prodotti sono sinonimo di eccellenza. Le nostre boutique sono presenti nei duty free dei maggiori aeroporti del mondo. Esportiamo anche a Tokio, Seul, Pechino, HongKong e Bangkok paesi da cui provengono i nostri maggiori competitor ma che evidentemente sanno apprezzare, forse più degli italiani stessi, la qualità del nostro Made in Italy”. | 78

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Eurobica evolve e raddoppia. Nasce la sorella

Corporate

Dall’esperienza nell’ambito dei servizi integrati e della logistica, nasce una nuova realtà interamente dedicata alla consulenza d’impresa e alle attività a valore aggiunto. Un nuovo modo per cogliere le opportunità di fidelizzazione della clientela e fare tesoro del knowhow maturato nel corso del tempo

L’evoluzione è un principio fondamentale dell’impresa contemporanea, pronta a seguire le dinamiche del mercato, ad ascoltare i nuovi bisogni dei propri clienti, a scoprire formule di new business che possano dare valore aggiunto al proprio lavoro. Sono queste le fondamenta su cui poggia una nuova realtà nel campo dei servizi e della consulenza che ha saputo cogliere le opportunità offerte da un terreno imprenditoriale in costante evoluzione. “Eurobica Corporate” nasce dalla parte più innovativa di “Eurobica”, società bergamasca da anni leader nei servizi integrati e nella logistica, pronta a sfruttare i nuovi bisogni di

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un parco clienti ormai consolidato e fidelizzato. Proprio questo background è stato fondamentale per dare anima e corpo alla più giovane sorella “Corporate”. “L’operazione ha ovviamente le sue complessità, ma per capire cosa dovevamo fare è stato semplice - ha spiegato il presidente di Eurobica Corporate, Fausto Mazzola - abbiamo ascoltato con attenzione quello che i clienti più fidelizzati ci chiedevano ormai da tempo. Ossia passare dal fronte puramente operativo, a una dimensione maggiormente improntata sulla consulenza, sui servizi che molte imprese con cui abbiamo a che fare voleva-

no. La nostra capacità è stata quella di operare all’interno del cerchio della fiducia, dimostrando di saper creare valore anche su altri fronti. In sintesi i nostri clienti ci hanno sempre riconosciuto un certo modo di fare le cose e quando ci siamo presentati con questa nuova iniziativa, ci hanno subito dato retta”. Probabilmente il nodo caratteristico di “Eurobica Corporate” è proprio quello di poter contare sull’ottima reputazione della “sorella maggiore” che si è sempre dimostrata pronta a risolvere con efficienza le problematiche specifiche del proprio parco clienti. E allora perché non provare a fare


Storie d’impresa

Abbiamo ascoltato con attenzione quello che i clienti più fidelizzati ci chiedevano ormai da tempo. Ossia passare dal fronte puramente operativo, a una dimensione maggiormente improntata sulla consulenza, sui servizi che molte imprese con cui abbiamo a che fare ci chiedevano. La nostra capacità è stata quella di operare all’interno del cerchio della fiducia, dimostrando di saper creare valore anche su altri fronti. In sintesi i nostri clienti ci hanno sempre riconosciuto un certo modo di fare le cose e quando ci siamo presentati con questa nuova iniziativa, ci hanno subito dato retta 81


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Oggi la società “Corporate” di Eurobica offre soluzioni specifiche in vari ambiti: dalla consulenza di direzione all’organizzazione aziendale, dalla programmazione avanzata per sistemi gestionali e reti informatiche all’elaborazione dati amministrativi e contabili, ai servizi tecnici specializzati nell’impiantistica industriale

Subito attenti al sociale Eurobica Corporate ha voluto subito dare un segno tangibile della sua attenzione al territorio affiancando la “FISPS-AKJA”, l’Associazione Volontari Soccorso e Sicurezza piste sci della Lombardia. Un legame che sottolinea la volontà della giovane azienda di sostenere iniziative a valore aggiunto, che sono una caratteristica peculiare del suo Dna. In realtà il legame con lo sport e il territorio è già consolidato da tempo per Eurobica che sostiene anche una proprio club “FED” dedicato allo sci e alla montagna.

di più, a seguire i nuovi bisogni? E così è nata l’idea di creare una società che corresse in parallelo a quella già esistente, ma che avesse un cuore pulsante tutto incentrato su servizi ad alto coefficiente di valore. Per dar vita al primo portafoglio di attività, “Eurobica Corporate” ha fatto tesoro delle conoscenze e delle competenze di professionisti incontrati nel corso del lungo cammino imprenditoriale della “vecchia” Eurobica. Esperti in vari settori, con cui c’era già un legame e un rapporto consolidato, si sono uniti con entusiasmo a questo nuovo progetto. Oggi la società “Corporate” di Eurobica offre soluzioni specifiche in vari ambiti: dalla consulenza di direzione all’organizzazione aziendale, dalla programmazione avanzata per sistemi gestionali e reti informatiche all’elaborazione dati amministrativi e contabili, ai servizi tecnici specializzati nell’impiantistica industriale. Insomma un ampio spettro di opportunità con cui la giovane “Eurobica Corporate” si presenta sul mercato forte di un notevole bagaglio di esperienze e di un gruppo professionale di provata competenza. | Se i tempi non chiedono la tua parte migliore, inventa altri tempi. stefano benni www.eurobica.it

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dicembre 2011 - febbraio 2012

Edizione da “record� per la 100Vini Nord-Italia 2011. Il Gruppo Meregalli, leader nella distribuzione di vini e distillati, ha organizzato anche quest’anno il consueto appuntamento di degustazione delle sue etichette riservato ai professionisti del settore. Un evento esclusivo per scoprire le tendenze del prossimo anno 84


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Settore Ho.Re.Ca.

Vini e distillati, le nuove tendenze in mostra Oltre 300 prodotti tra vini e distillati, più di 85 aziende presenti, 4.000 i visitatori registrati. Sono i numeri della 100 Vini di Meregalli 2011, manifestazione organizzata anche quest’anno dallo storico gruppo monzese leader nella distribuzione di vini e distillati riservata agli esperti del settore Horeca. Otto ore di degustazione per un’edizione da “record” che ha superato per numero di ospiti alcune gare automobilistiche nazionali. Gli “addetti ai lavori” nel corso dell’evento hanno potuto scoprire le tendenze del settore del prossimo anno e assaporare una selezione di etichette commercializzate dal Gruppo Meregalli. La manifestazione ha avuto luogo in

una location d’eccezione come l’Autodromo Nazionale di Monza. I 1.200mq del primo piano del Newbuilding 1, direttamente sopra il paddock delle corse di Formula 1 si sono trasformati per la giornata in un’enorme sala di degustazione. In questo salone con vista sulla pista che ogni anno è sede del Gran Premio automobilistico d’Italia è stato possibile per i professionisti provare i prodotti in esposizione e ascoltare dai produttori presenti per l’occasione le diverse caratteristiche delle loro eccezionali etichette. Molti gli sponsor dell’evento, Aznom, Bang&Olufsen, Davidoff sigari, Jaguar Monza solo per citarne alcuni, che hanno trovato posto nei 700 mq messi a dispo-

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sizione a pian terreno, nella lounge 18.56 e nella parte esterna del circuito. In particolare la manifestazione è stata per Davidoff l’occasione per il lancio in anteprima assoluta della nuova linea di sigari Z-Class di Zino Platinum. Taurus invece ha offerto le sue preziose biciclette vintage ai visitatori che volessero fare un giro nel paddock. Protagoniste indiscusse dell’evento sono state comunque le etichette di Meregalli. Sarebbe difficile citarle tutte. Ne proponiamo quindi una selezione, un percorso degustativo “tipo”. Ogni pasto che si rispetti inizia sempre con le bollicine e così la nostra degustazione. Ad aprire il percorso c’erano delle bollicine d’eccezione, quelle francesi di Bolliger, azienda leader di settore e quelle dell’Ayala, una nuova proposta, un marchio innovativo che si affaccia nel panorama del metodo champenoise. Si continua sulle colline della campagna veneta

In un salone con vista sulla pista è stato possibile per i professionisti del settore, esperti di vini e distillati, degustare i prodotti in esposizione e ascoltare dai produttori presenti per l’occasione le diverse caratteristiche delle loro eccezionali etichette con i bianchi della cantina La Cappuccina. Nel cuore della sua zona di origine questa azienda dal 1890 è concentrata nella produzione e valorizzazione del Soave doc. Concludiamo la degustazione dei bianchi con il Friulano della tenuta Bastianich di Cividale del Friuli. Cantina relativamente giovane, è stata fondata nel 1997, in questi anni ha saputo assorbire la storia e la cultura della zona, creando vini unici, corposi, strutturati e molto equilibrati. Per i vini rossi abbiamo scelto di iniziare dalla Maremma ma non da un vino della tradizione, di cui è ricca questa terra, bensì da una nuova proposta. Nata dal nulla, l’azienda Fertuna si è presentata alla 100Vini con il suo primo prodotto, Lodai, un vino che rappresenta un importante traguardo, un vino caratterizzato dalla forte personalità tipica di questa zona della Toscana. Ci siamo poi spostati più a sud, verso i corposi vini della Basilicata con la tenuta Basilisco. Nata nei primi anni Novanta questa azienda, vista la natura vulcanica del terreno ed il particolare microclima produce un’eccellente Aglianico del Volture. La degustazione dei rossi è terminata con il Carigliano del Sulcis della cantina Agripunica. Questo vitigno sardo porta con sé tutte le caratteristiche di questa splendida isola. Morbido ma allo stesso tempo aromatico e speziato è la base per la produzione del vino Barrua con il suo gusto delicato, rotondo, aristocraticamente dolce e cromaticamente ricamato. Come vuole l’etichetta abbiamo concluso i nostri assaggi con i distillati. Molti quelli

Z-Class, la nuova linea di sigari Zino Platinum presentata in esclusiva alla 100 Vini di Meregalli

(La redazione di B&G – Business & Gentlemen ricorda che il fumo nuoce gravemente alla salute).

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Luxury in esposizione a cominciare dal Calvados di Chateau du Breuil. Il Calvados Chocolate Blend – 41° è uno dei cavalli di battaglia di Meregalli. È un brandy dal profumo facilmente riconoscibile grazie ai suoi aromi di frutta secca e legno con una sottile nota di vaniglia. Un Calvados dal gusto rotondo con sentori di mandorla tostata e spezie che sul finale rivela delle note di tabacco secco e di torrefazione. La nostra degustazione è terminata con il Rum Williams & Humbert. Dos Maderas LUXUS è un blend di rum prodotti alle Barbados che attraversa due differenti invecchiamenti, caratteristici della cultura caraibica prima e spagnola poi, che danno a questo ron eleganti note dolci di uva passa e fichi secchi con sentori di miele, frutta caramellata e fave di cacao. Due distillati eccezionali, perfetti in abbinamento ad un ottimo sigaro. Non a caso infatti sono stati scelti da Davidoff per accompagnare l’ultima linea di Zino Platinum Z-Class presentata in anteprima assoluta proprio nel corso dell’evento. Un vero successo per il Gruppo Meregalli. La 100 Vini è stata la manifestazione non motoristica più seguita all’Autodromo di Monza per tutto il 2011. | Dio, preso dai rimorsi, aveva fatto il sonno; l’uomo aggiunse il vino, sacro figlio del Sole Charles Baudelaire www.meregalli.it www.davidoff.com

Davidoff ha scelto la 100 Vini Nord – Italia come location d’eccezione per il lancio della sua nuova linea Zino Platinum. Una lounge realizzata in collaborazione con Brianza Tende e Giorgetti è stata la scelta di Davidoff per la presentazione di una nuova linea di sigari che per l’occasione è stato possibile gustare in abbinamento a vini e distillati come lo champagne Ayala e il rum Williams & Humbert. Una scelta non casuale quella del prestigioso marchio svizzero, che collabora col Gruppo Meregalli ormai da anni visto il target cui è destinata la serie. Sigari pensati per persone dinamiche e di successo, ispirati alla frenesia delle grandi metropoli che hanno trovato nell’Autodromo nazionale di Monza l’atmosfera perfetta per la presentazione.

Nella pagina a fianco: da sinistra, Didier Bedu direttore export di Chateau Du Breuil; Enrico della Pietà brand manager Davidoff per l’Italia; Alfonso Roldan direttore commerciale di Williams & Humbert; Marcello Meregalli amministratone delegato del Gruppo Meregalli. In questa pagina: da sinistra, Marco Fabbrini amministratore delegato della ITA - International Tobacco Agency; Herve Augustin presidente e direttore generale di Ayala.

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Alla ricerca dell’ . Un approccio di marketing

oceano Blu strategico

L’unico modo per battere la concorrenza è smettere di cercare di battere la concorrenza. Sostituire all’attuale business della competizione l’oceano blu, uno spazio di mercato unico in cui le aziende possono crescere incontrastate testo di Sara Baroni - Organization Design Thinker - Oxigenio Srl

Conquistano così un ruolo autorevole nel mondo del marketing due professori universitari che delineano per tutti i mercati ad alta competizione uno scenario di sviluppo strategico più rilassante, non fosse altro che per la scelta del colore blu che lo identifica. All’immagine attuale di un mercato governato dalle regole d’oro della competizione - l’affollatissimo oceano rosso in cui gli squali lottano per la sopravvivenza, si sostituisce il miraggio dell’oceano blu: uno spazio di mercato unico in cui le aziende possono crescere e proliferare incontrastate. Miraggio per molti, ma conquista fortunata per coloro che hanno saputo raggiungerlo. Guy Lalibertè, da artista di strada ad imprenditore di successo, che con il suo Cirque Du Soleil ha reinventato il circo, portando al mondo una forma di intrattenimento nuova, senza concorrenza a 27 anni dalla sua fondazione. Southwest Airlines, prima di Ryan Air, che con il suo servizio di trasporto ad alta velocità e collegamenti diretti e flessibili, ha cambiato le abitudini di tutti noi sui viaggi brevi portando una valida alternativa all’auto. IKEA, Starbucks, Nintendo, per non parlare di Apple (riserverei a Steve Jobs un intero articolo) e come loro tutti i grandi o piccoli protagonisti delle evoluzioni di mercato che cambiano la qualità della nostra vita privata o professionale quotidiana. Fortuna? Abilità straordinarie? Mi piace pensare che le imprese nascano dall’idea di qualcuno e dall’abilità di un gruppo di trasformarla in business attraverso progetti ben gestiti. Mi piace anche pensare che questa trasformazione possa essere realizzata sistematicamente, all’interno di quei confini razionali che, a dispetto di quanto si possa pensare, si fanno motori di creatività ed innovazione. Il 88

vero passaggio richiesto alle aziende oggi è la comprensione del proprio ruolo attivo nel cambiamento. E’ facile incontrare imprenditori conservatori in questi anni di crisi, è altrettanto facile vedere aziende in forte difficoltà che lottano per la sopravvivenza in mercati saturi e ad alta competizione. L’oceano rosso ha confini definiti e conosciuti, regole del gioco acquisite, e gli squali in esso competono con le stesse armi per conquistare gli stessi clienti, finendo per farsi male nella lotta al ribasso dei prezzi. Redditività e crescita sono soffocate da un approccio limitato ad una visione di breve periodo. Nell’oceano blu, al contrario, ognuno gioca con le proprie regole, che sono tutte da inventare per avere accesso ai non-clienti del mercato tradizionale. Cirque Du Soleil non ha sottratto clienti al circo tradizionale, ma

Nessuna bacchetta magica, dunque per le aziende che decidano di partire alla ricerca del proprio oceano blu, ma il valore di una considerazione: dove si crea l’innovazione di valore se non al proprio interno? ha costruito la propria fortuna su un pubblico vario, disposto a pagare un prezzo elevato per vivere un’esperienza unica di intrattenimento, diversa dal circo e dal teatro, ma fondata su un mix esplosivo del meglio di entrambi. Soutwest Airlines ha offerto


Comunicazione

una scelta di viaggio alternativa all’auto, raccogliendo consenso al di fuori del target ‘‘aeroporto’’. E come ci sono riusciti? Investendo in una forma di innovazione che sa andare oltre gli aspetti tecnologici che richiedono ingenti capitali investiti in marketing e ricerca e sviluppo. Un’innovazione basata sulla creatività come unione di elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili, per citare Henri Poincarè. L’innovazione di valore porta le aziende verso l’oceano blu, ridefinendo i confini di mercato con innalzamento del potere d’acquisto e riduzione dei costi. Un ripensamento dei fattori di competizione che elimina o riduce elementi comuni ai competitor considerati ridondanti - riduzione dei costi - per costruire un’offerta semplice e focalizzata su pochi fattori chiave innovativi - innalzamento del potere d’acquisto. Nel libro “Strategia Oceano Blu”, Kim e Mauborgne spiegano come studiare l’offerta della concorrenza per potersene allontanare, con frequente riferimento a casi aziendali di successo e qualche strumento di analisi. Ciò che non spiegano

è come identificare quei fattori chiave di innovazione che identificano un oceano blu. Nessuna bacchetta magica, dunque per le aziende che decidano di partire alla ricerca del proprio oceano blu, ma il valore di una considerazione: dove si crea l’innovazione di valore se non al proprio interno? Dove, se non in quell’ambito in cui l’azienda possa esprimersi in tutta la sua potenzialità? E’ allora una scelta strategica il saper identificare il proprio DNA e realizzarlo in una strategia di crescita coerente e focalizzata, rivolta a tutti coloro che dall’offerta possano trarre un valore, clienti o non clienti che siano. Sì, perchè quando si parla di Oceano Blu, non contano più segmentazioni e nicchie di mercato tradizionali, bensì elementi comuni di un target più ampio, che condivide il problema a cui l’offerta sa dare risposta. Valore al cliente e all’azienda, senza costosi investimenti tecnologici. Si tratta di un percorso di consapevolezza aziendale, prima che di studio di mercato e di una conoscenza approfondita del target come utente del servizio o del prodotto che ne migliorerà

la qualità della vita o del business, in un modello di vendita a valore, dove la percezione di valore da parte dell’acquirente riesce a spostare il focus dal prezzo. Ogni azienda può creare innovazione di valore, ispirandosi alla fi losofia di Strategia Oceano Blu e adottando l’approccio sistematico della Teoria dei Vincoli, che con la sua ‘‘Offerta Irrifiutabile’’ aveva già sconvolto il mondo del marketing alla fine degli anni ’90. Due modelli teorici, ma non troppo, che ho unito per dare alle aziende la possibilità di trasformare il miraggio di un oceano blu in una prospettiva di crescita concreta e alla portata di tutti. Un percorso di conoscenza dell’azienda che ha in sé tante risposte, a partire da una sola domanda: quale DNA la caratterizza? Un’arma preziosa, ma soprattutto UNICA, da non perdere mai di vista nelle scelte strategiche. | “Strategia Oceano Blu” di W. Chan Kim e Renée Mauborgne

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Lavorare nel futuro. L’ufficio in stile “mobile”

Cambiamenti in vista per l’organizzazione del lavoro. Nell’era della comunicazione digitale il modello “dalle 9 alle 5” risulta ormai superato. Maggiore mobilità e orari flessibili sono la chiave della crescita aziendale. È quanto dice Alison Maitland sulla base di una ricerca pubblicata nel libro “Future Work: How Businesses Can Adapt and Thrive in the New World of Work” a cura della redazione

Lavorare quando si vuole e dove si vuole senza tempi e luoghi fissi; dimenticare il traffico delle ore di punta e il tempo perso nel viaggio; essere valutati per quello che si fa e non per quanto tempo si passa alla scrivania; sembra un sogno ma in realtà non lo è. È un nuovo trend di organizza90

zione del lavoro che ha da poco iniziato a prendere piede a livello internazionale e che si è dimostrato già molto efficiente. Nel libro “Future Work: How Businesses Can Adapt and Thrive in the New World of Work” Alison Maitland e Peter Thomson presentano i risultati di una ricerca

condotta su un campione di 360 manager in 40 paesi diversi. Dai sondaggi in aziende come Google, Gap e Microsoft è emerso che il modello di lavoro dalle “dalle 9 alle 5” che vincola la retribuzione alle ore che si passano in ufficio non è più l’unico possibile ne tan-


Personaggio

tomeno il migliore. È stato dimostrato attraverso diverse case history che una maggiore flessibilità oraria unita ad una misurazione del rendimento per obiettivi è la chiave vincente per far crescere l’azienda. Con l’introduzione di questo nuovo metodo cala l’assenteismo, i lavoratori si dimostrano molto più motivati e di conseguenza aumenta la produttività. Una concezione del tutto nuova del modo di lavorare che in futuro potrebbe portare alla fine dell’orario fisso e alla nascita e diff usione degli “hub”, luoghi per lavorare ma anche per incontrarsi senza vincoli di orari, dove sviluppare e mantenere le connessioni interpersonali. Abbiamo chiesto a Alison Maitland, Senior Visiting Fellow alla Cass Business School di Londra e coautrice del libro di spiegarci in cosa consiste questa “rivoluzione del lavoro” e in che modo dovrebbe concretizzarsi. Quella proposta nel libro è una concezione del lavoro assolutamente innovativa. Da dove nasce? Molto semplicemente è qualcosa che sta realmente accadendo in società ed organizzazioni in tutto il mondo. Nel libro, per esempio, abbiamo descritto quello che Microsoft sta già facendo in Olanda, Gap negli Stati Uniti, Vodafone e BT in Inghilterra. Già 50 anni fa, i grandi guru del pensiero manageriale moderno, come Douglas McGregor, Peter Drucker e Gary Hamel, parlavano di self-motivation e self-management e dell’importanza di incoraggiare e sostenere le persone, piuttosto che controllarle, se si vogliono ottenere i migliori risultati. Oggi abbiamo le tecnologie

È stato dimostrato attraverso diverse case history che una maggiore flessibilità oraria unita ad una misurazione del rendimento per obiettivi è la chiave vincente per far

strumenti, le informazioni, gli obiettivi e la fiducia per svolgere il loro lavoro nel modo migliore per loro stessi e per la loro società. Ci sono molti case studies che esemplificano questi benefici nel libro, fra questi: impiegati più produttivi; risparmi dei costi; accesso più rapido ai nuovi mercati; miglior customer service; rischi inferiori di fallimenti aziendali; dipendenti più motivati e disponibili a fare degli sforzi supplementari. Delle case history presenti nel manuale quale secondo lei è più significativa? Sono tutte significative a modo loro, alcuni esempi sono meno radicali di altri, ma tutti includono un grande cambiamento per il settore in cui si verificano, per esempio, negli studi legali della City of London. Lo studio su BDO, società di contabilità negli Stati Uniti, é uno degli esempi più significativi, per via del modo in cui hanno trasformato le loro pratiche lavorative in una vera e propria strategia di business indotta dall’alto, non come programma di gestione sollecitato dalle risorse umane, ma semplicemente perché hanno saputo misurare la vasta gamma di vantaggi per il proprio business. Microsoft in Olanda e Unilever Germany sono degli esempi molto interessanti, per via dei grandi cambiamenti che hanno luogo all’interno della loro cultura aziendale e dell’apertura con cui i loro dirigenti raccontano di come debba cambiare anche l’attitudine dei loro manager. La ricerca presenta un cambiamento che parte in primis dalla mentalità del datore di lavoro ma anche del dipendente. In che modo secondo lei dovrebbe concretizzarsi questa evoluzione? Questa domanda richiede una risposta molto lunga, perché é proprio di questo di cui parla il nostro libro. Basti sapere che richiede un cambio di convenzioni ai vertici e considerare

crescere l’azienda. Con l’introduzione di questo nuovo metodo cala l’assenteismo, i lavoratori si dimostrano molto più motivati e di conseguenza aumenta la produttività di comunicazione adatte per fare in modo che queste idee siano tradotte in pratica. Guardate alla velocità alla quale la tecnologia e i social media hanno cambiato la nostra vita come consumatori. Purtroppo, molte delle nostre abitudini lavorative sono ancora bloccate all’era industriale. Per stare al passo con l’era digitale e l’economia della conoscenza, occore un cambiamento dell’approccio manageriale e della cultura aziendale, e il nostro libro parla proprio di come e perché raggiungere questo obiettivo. In generale, quali sono state le reazioni? Il libro é uscito solo ad ottobre ma siamo molto contenti delle risposte entusiaste che abbiamo ricevuto sinora, sia in Europa che negli Stati Uniti. Anche la rivista inglese “Management Today”, raccomanda il libro come “un campanello d’allarme per il mondo aziendale”. Qual è secondo lei il valore aggiunto di questa nuova idea del modo di lavorare? Il valore aggiunto del libro giace nell’ampia varietà di benefici che il mondo degli affari può trarre nell’off rire alle persone gli 91


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tutti i lavori come flessibili, per poi limitare questa flessibilità in accordo con i limiti logici, per esempio, nel caso di alcune attività che devono essere svolte in un posto fisso, ad un orario prestabilito. Abbiamo stabilito 5 principi per compiere, con successo, la transizione verso il lavoro del futuro ovvero avere fiducia nelle persone siano esse dipendenti o collaboratori, ricompensare i risultati, non il monte ore, capire il business case, cominciare dall’alto e trattare le persone come individui. Vedrete che questi 5 punti faranno crescere la parola “fiducia”, ecco perché li chiamiamo i “precetti della fiducia”. Retribuzione non più basata sulle ore di lavoro ma sulla produttività. La scelta migliore e più giusta in teoria, ma in pratica come si calcola la “produttività”? Risponderei dicendo: perché calcolare la produttività, su base oraria, per esempio, se gli obiettivi vengono raggiunti e i risultati garantiti? Nei settori della knowledge economy, per molti tipi di occupazioni, le persone non hanno bisogno di lavorare a orari fissi, (dalle 9 alle 5), in un posto fisso. Potrebbero giocare a tennis alle 2 il mercoledì pomeriggio, o fare shopping e ricominciare a lavorare la sera. Fintantoché gli obiettivi e le richieste dei clienti sono soddisfatti, perché dovrebbe essere un problema? Anzi, le persone sono più produttive quando non si devono preoccupare di giostrarsi fra i diversi fattori della loro vita come lavoro, famiglia, studio, tempo dei trasporti, ecc. Infine, il traffico sarebbe meno congestionato e ci sarebbe meno stress in giro.

casa erano più produttivi del 30% di quelli nei call center, in parte perché lavoravano durante le ore più congestionate, e poi facevano altre cose, come occuparsi dei loro figli, o dei parenti anziani, o seguendo dei trattamenti medici durante le ore più calme della giornata. Molto interessante è l’idea degli “hub” di lavoro. Potrebbe spiegarmi meglio in cosa consistono questi spazi e se ne esistono già? Gli “Hub”, o i “centri di lavoro intelligenti”, sono luoghi dotati della tecnologia necessaria per permettere alle persone di incontrarsi e lavorare. Spesso, si trovano in prossimità delle loro abitazioni, ai margini delle città piuttosto che in centro, per cui le persone non devono fare i pendolari e percorrere un tragitto troppo lungo. Si riducono di conseguenza anche l’inquinamento e gli ingorghi. Ci sono già degli esempi negli Stati Uniti, nel Regno Unito, nei Paesi Bassi e la Corea del Sud ha in programma un centinaio di centri di lavoro “intelligenti” per i prossimi cinque anni. Questa “rivoluzione” per ora è partita dalle singole aziende. In futuro potrebbe o dovrebbe partire direttamente dai governi? Si, potrebbe essere aiutata dai governi. Questo mese, il ministero dei trasporti inglese ha creato un consorzio di organizzazioni chiamato “Anywhere Working” (lavorare ovunque), per incoraggiare le società a utilizzare la teconologia al fine di lavorare in modo più flessibile e tagliare le spese di trasporto. Il governo americano,

Già 50 anni fa, i grandi guru del pensiero manageriale moderno parlavano di self-motivation e self-management e dell’importanza di incoraggiare e sostenere le persone, piuttosto che controllarle, se si vogliono ottenere i migliori risultati. Oggi abbiamo le tecnologie di comunicazione adatte per fare in modo che queste idee siano tradotte in pratica In che modo sappiamo che le persone sono più produttive? Primo, le persone intervistate hanno dichiarato che la loro produttività aumenta quando possono lavorare in un ambiente più tranquillo, dove sono meno distratti che in ufficio. Secondo, le società come BT sono state capaci di misurare l’aumento di produttività delle persone creando delle attività molto misurabili, come per esempio gestire le chiamate dei clienti. BT ha trovato che gli operatori da 92

per esempio, incoraggia il telelavoro dei dipendenti degli uffici federali. Come crede che sarà il modo di lavorare tra 10 anni? Avrà preso piede questa nuova concezione o saremo ancora fermi al rapporto ore di lavoro/retribuzione? Questa é un grande interrogativo, con molte risposte possibili. Il cambiamento é già in atto, come dicevo prima. Ma ciò non significa che accadrà dappertutto nello

Alison Maitland, ricercatrice della Cass Business School di Londra e co-autrice del libro

stesso momento, ovviamente. Molte organizzazioni resistono al cambiamento, benché ci sia il pericolo che diventino dei dinosauri se non si adattano. In futuro, il luogo di lavoro diventerà sempre di più un luogo di incontro. Molti lavori individuali si concentreranno progressivamente in altre locations (a casa, in viaggio, in uffici-satellite o in piccoli “centri di lavoro intelligenti”). C’é già una grossa commistura fra lavoro e vita personale e ce ne sarà progressivamente di più, e così manager e dipendenti farebbero meglio a trovare il bottone per spegnere, altrimenti saranno sopraffatti dal lavoro. Il lavoro diventerà sempre più di una merce negoziabile, piuttosto che un semplice posto di lavoro. Ci saranno più imprenditori indipendenti e liberi professionisti e si troveranno sempre più offerte di lavoro on-line remunerate sulla base dei risultati. La distinzione fra lavoratori dipendenti e lavoratori indipendenti diventerà più sottile e vedremo, con molta probabilità, il diffondersi di contratti ibridi, con dei collaboratori che lavorano in parte per una società, in parte per un’altra o per se stessi. Lo status sarà definito meno dalla gerarchia e più dalla capacità di ispirare e incoraggiare le persone e dalle vostre conoscenze, competenze e capacità di restare in contatto con gli altri e contribuire alla comunità, sia fisicamente che virtualmente. | Il lavoro non mi piace - non piace a nessuno - ma mi piace quello che c’è nel lavoro: la possibilità di trovare sé stessi. La propria realtà - per se stesso, non per gli altri - ciò che nessun altro potrà mai conoscere Joseph Conrad www.futureworkbook.com


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Ingegneria e arte unite per un risultato unico: PanoMaticCounter XL di Glash체tte Original. La precisione tedesca in questo orologio convive con la pi첫 alta arte orologiera per creare un vero e proprio gioiello di stile e tecnologia 94


Alta orologeria

arte e ingegneriasi fondono.

Quando

Nasce PanoMaticCounter XL di Glash端tte Original

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Ci sono molte storie nell’alta orologeria. Ci sono molti oggetti che non sono più semplici orologi ma vere e proprie opere d’arte. Tra questi ritroviamo l’ultimo nato in casa Glashütte Original, il PanoMaticCounter XL. In questo gioiello dell’alta manifattura tedesca sono consacrate tutte le qualità che contraddistinguono da sempre Glashütte Original. L’arte orologiera si fonde con la massima precisione

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dell’ingegneria tedesca per dare vita a questo orologio unico ed eccezionale, capace di far vivere due anime di un’unica identità. In linea con il suo modo di essere, il PanoMaticCounter XL di Glashütte Original è disponibile in esclusiva assoluta in una location unica come Chronosphere, il rivoluzionario concept di Serafino Consoli dedicato all’alta gioielleria e orologeria. Entriamo ora nel dettaglio, nel mondo di questo orologio unico nel suo genere per capire cosa lo rende così speciale. Un superbo movimento meccanico unito ad una complicazione come un totalizzatore rendono questo orologio un gioiello di stile e tecnologia. Pulsanti ed un display facilmente leggibile permettono di tenere il conto di una serie numerica da 1 a 99. Un’idea innovativa, una novità assoluta nel campo dell’alta orologeria che si presta ad attività potenzialmente infinite. Dal conteggio dei goal segnati dalla propria squadra durante il campionato al numero degli orologi posseduti, ai giri del proprio pilota F1 preferito con PanoMaticCounter XL conoscere il numero delle cose che vale la pena contare della vita non sarà più un problema. Questo orologio unico nel suo genere pre-

L’ultimo nato in casa Glashütte Original è PanoMaticCounter XL. Un superbo movimento meccanico unito ad una complicazione unica come un totalizzatore rendono questo orologio una vera e propria opera d’arte senta il totalizzatore in un modo elegante ed efficace. Cifre rosse su sfondo nero si mostrano in un’unica finestrella ad ore 9. Chi indossa l’orologio attiva il totalizzatore utilizzando uno dei tre pulsanti posti sul lato sinistro della cassa realizzata in acciaio. Il pulsante “più” ad ore 9 fa avanzare il conteggio di un’unita alla volta da 00 a 99, quello “meno“, posto ad ore 8, fa retrocedere il conteggio, mentre “zero”, posto ad ore 10, azzera il totalizzatore riportandolo a 00. La Gran Data, elemento tipico della Glashütte Original, in questo orologio è in posizione opposta alla fine-


Alta orologeria

Dal conteggio dei goal segnati dalla propria squadra al numero degli orologi posseduti, con PanoMaticCounter XL conoscere il numero delle cose che vale la pena contare della vita non sarà più un problema

strella del totalizzatore, ad ore 3 sempre con la sua caratteristica visualizzazione della data con cifre bianche su sfondo nero. Allineati lungo l’asse verticale si presentano il quadrante decentrato per ore e minuti mentre nella parte bassa del quadrante, e, nella parte superiore, la grande scala dei secondi cronografici rialzata rispetto al quadrante nero e completata dai contatori dei secondi continui e dei 30 minuti cronografici, entrambe con lo “0” spostato di 60° per garantirne un’agevole lettura. Il quadrante di ore e minuti è arricchito da cifre ed indici applicati, nonché da sfere realizzate in oro bianco; la scala dei secondi cronografici, i contatori dei piccolo secondi e dei 30 minuti cronografici si presentano, invece con cifre ed indici bianchi su sfondo nero.

ta ulteriormente questo rinomato movimento. Semplice solo in apparenza, il modulo della nuova complicazione è stato interamente sviluppato dal centro ricerche interno della Glashϋtte Original ed è composto da 217 elementi, ognuno dei quali prodotto con grande attenzione nella stessa Manifattura Glashütte Original. Come per la Gran Data, anche per il totalizzatore le due cifre che indicano il totale ad un dato momento sono visualizzate in un’unica finestrella senza alcuna interruzione tra loro. Il PanoMaticCounter XL presenta tutte le tipiche caratteristiche della secolare Arte Orologiera della Manifattura Glashütte Original, come la platina a ¾ con decorazione Glashütte, i component in acciaio lucidati a specchio, l’anglage e le viti azzurrate, nonché il ponte del bilanciere decorato a mano e la regolazione micrometrica a collo di cigno con perno finemente fi lettato. La sua meticolosa rifinitura è ben visibile attraverso il fondello in vetro zaffiro con trattamento antiriflesso. La cassa realizzata in acciaio è saldamente tenuta da un cinturino di color nero realizzato in pregiata pelle di alligatore della Louisiana. Un orologio di classe, all’avanguardia, pensato per chi non vuole perdere il conto dei momenti importanti della sua vita. |

Superbo esempio dell’arte dell’Ingegneria, il PanoMaticCounter XL ospita al proprio interno il nuovo Calibro 96-01, un movimento cronografico flyback a ruota a colonne. Composto da 584 elementi finemente rifiniti, il 96-01 è basato sul pluripremiato Calibro 95 della Glashütte Original. Il suo meccanismo di ricarica bidirezionale è dotato di un sistema brevettato di ruote a cremagliera per fornire in modo veloce ed efficiente energia al movimento adattandosi in modo “intelligente” ai diversi atteggiamenti di chi indossa l’orologio. La nuova complicazione del totalizzatore complePanoMaticCounter XL di Glashütte Original La matematica, vista nella giusta luce, possiede non soltanto verità, ma anche suprema bellezza - una bellezza fredda e austera, come quella della scultura Bertrand Russell www.glashuette-original.com www.serafinoconsoli.it

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dicembre 2011 - febbraio 2012

Gioielli in fumo ZINO Tagliasigari bilama laccati «Metal» La gamma di Zino accessori si è arricchita di un nuovo tagliasigari a doppia lama. Disponibili nelle versioni nera, grigia e laccata bianca, i nuovi tagliasigari possono essere scelti da abbinare al moderno e più leggero Zino «Jetflame». La doppia lama può tagliare sigari con la circonferenza fi no a RG 60 o 24 mm. Garantisce un taglio pulito e sicuro e quindi un fumo piacevole. Questa è la scelta perfetta per tutti coloro che amano i sigari e sono attenti alla moda.

ZINO Astucci per sigari «Carbonio» Le due singole componenti che formano gli affascinanti astucci high-tech sono ottenute con una speciale procedura impiegando fibre di carbonio intrecciate ed una vernice durissima. Si ottengono così astucci estremamente leggeri, che conquistano per la loro estrema robustezza e durevolezza. I motivi simmetrici che decorano la fibra di carbonio creano un attraente effetto superficiale simile a quello degli ologrammi. Entrambe le componenti dell’astuccio in carbonio Zino combaciano perfettamente così i sigari si mantengono per alcuni giorni in perfetto stato, senza bisogno di ulteriore umidificazione. Come gli astucci Zino in pelle sono anch’essi regolabili in lunghezza e sono adatti a contenere due o tre sigari di formato Double Corona o di altri formati più piccoli.

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Ecco una speciale selezione di veri e propri “gioielli” nel campo degli accessori dedicati al fumo lento. Dal tagliasigari all’humidor: alcuni consigli per scelte davvero di classe www.itagency.it


Consigli per gli acquisti

ZINO PLATINUM Tagliasigari bilama «Snips» Zino Platinum «SNIPS» tagliasigari bilama, un elegante e raffinato strumento di precisione. Realizzati in ottone massiccio e rifiniti con lacche e metalli preziosi, gli esclusivi tagliasigari a doppia lama rappresentano oggetti preziosi molto speciali, disponibili ora in tre ulteriori varianti: «palladio/blu», «palladio/bordeaux» e «palladio/argento». Essi vanno a integrare i due modelli «palladio» e «palladio/cromo/nero» già esistenti. Le due taglientissime lame assicurano un taglio perfetto dei sigari più raffi nati. L’elegante incisione laser conferisce ulteriore esclusività e unicità alla forma arcuata di questi oggetti, veri e propri capolavori artigianali.

ZINO PLATINUM Accendini «Jet Flame» L’assortimento di accessori Zino Platinum si arricchisce di un ulteriore gioiello: l’accendino Jet Flame. Dal design elegante e attuale è disponibile nei colori laccati nero, blu, grigio e bordeaux in abbinamento agli altri accessori Zino Platinum. Il nuovo accendino è dotato della speciale jet flame (fiamma rigida) «Flower», che permette di accendere il sigaro anche in luoghi ventosi. La finestrella posta sul retro dell’accendino consente di controllare in ogni momento il livello del gas.

ZINO PLATINUM Umid Umidificatore «Cavern» All’asso All’assortimento di umidificatori Zino Platinum «Cavern» GM si aggiung aggiungono tre nuovi modelli laccati: oltre al nero, anche i modelli in argento, blu e bordeaux. Realizzati da esperti della fabbricazio bricazione tradizionale europea di scrigni, sono provvisti di un sistema di umidificazione appositamente ideato che vi permette di conse conservare i vostri preziosi sigari in condizioni ideali.

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dicembre 2011 - febbraio 2012

terra e cielo le due anime dello Sri Lanka Tra

Spiritualità e natura incontaminata sono le protagoniste di questo viaggio indimenticabile. Dalla capitale Colombo a Pinnawella un tour alla scoperta di un’isola ricca di luoghi magici e suggestivi. E per fi nire, un meritato relax nelle acque cristalline dello splendido atollo di Ari alle Maldive. Storia, natura e cultura sono sapientemente combinate per offrire straordinarie emozioni in collaborazione con Hotelplan Italia

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Ari Pinnawella Colombo


Turismo a cinque stelle

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dicembre 2011 - febbraio 2012

Tempio d’oro di Dambulla

Pur essendo un’isola così piccola, Sri Lanka si è guadagnata tanti nomi: Serendib, Ceylon, Lacrima dell’India, Isola Risplendente, Isola del Dharma, Perla d’Oriente... Tanta varietà è un chiaro segno della sua ricchezza, bellezza e, soprattutto, dell’intensità del richiamo che ha suscitato in quanti l’hanno visitata.

La spiaggia di Vakarufalhi nell’Atollo di Ari alle Maldive

Roma e Venezia), trasporto in auto o pullman con guida parlante italiano e trattamento di pensione completa con quote a partire da 3.750 euro a persona in doppia. Dopo l’arrivo all’aeroporto di Colombo, si parte verso nordest alla volta di Habarana: una graziosa cittadina dove non è difficile scorgere gli elefanti

Da secoli questo paese seduce i viaggiatori, che tornano a casa portando con sé incantevoli immagini di una languida isola tropicale densa di spiritualità e serenità tanto da essere diventata, nella fantasia degli occidentali, la Tahiti d’Oriente Situata nell’Oceano Indiano, l’isola ha una storia che si perde nella notte dei tempi. E’ un luogo dove l’anima del buddismo è nell’aria, si respira, e dove la bellezza della natura incontaminata domina incontrastata. Pochi luoghi al mondo sono in grado di offrire al viaggiatore una tale combinazione di paesaggi mozzafiato, spiagge incontaminate e vasto patrimonio culturale, tutto in uno stato così piccolo. Da secoli questo paese seduce i viaggiatori, che tornano a casa portando con sé incantevoli immagini di una languida isola tropicale densa di spiritualità e serenità tanto da essere diventata, nella fantasia degli occidentali, la Tahiti d’Oriente. Il tour firmato Hotelplan, propone un viaggio di 16 giorni (con partenze da Milano, 102

che camminano indisturbati per strada. Avendo del tempo a disposizione è possibile fare un giro lungo il fiume comodamente sdraiati su di un baldacchino, in groppa ad un elefante, un’esperienza che renderà unico il soggiorno. Dopo un sonno ristoratore, l’itinerario si muove verso Anuradhapura e Sigirya (picco roccioso a forma di leone). La prima, antica capitale dello Sri Lanka e patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, è famosa in tutto il mondo per le rovine perfettamente conservate delle antiche civiltà locali. Attualmente, questa città, consacrata dal mondo buddhista e circondata da monasteri, è uno dei principali siti archeologici. Altrettanto famosa e da non perdere è l’imponente statua

Aukana Buddha: magnifica immagine di Buddha risalente al V secolo d.C., alta ben 12 metri e scavata nella roccia con suprema grazia. A Sigirya circa mille scalini separano da panorami mozzafiato e pitture rupestri: considerata da alcuni l’ottava meraviglia del mondo, è composta da un antico castello eretto nel quinto secolo. Qui si possono ammirare i resti del palazzo maggiore - costruito sulla sommità piatta della collina -, una terrazza che comprende la Porta dei Leoni e un muro con bellissimi affreschi, i fossati, le mura ed i giardini che si estendono per centinaia di metri oltre il bordo della roccia. Dirigendosi poi verso nord-est si incontra la magica Polonnaruwa (Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO), la più importante fra le antiche capitali dell’isola, dove si possono osservare numerosi monumenti molto ben conservati. Proseguendo per Kandy, tra i molti resti archeologici, si distingue


Turismo a cinque stelle il maestoso Palazzo del Re, costruito nel XII secolo, all’interno del quale si trova il famoso tempio del Dente di Buddha, che custodiva l’antica reliquia. Questo luogo magico rappresenta, oggi, uno dei maggiori centri di pellegrinaggio buddhista. Poco distante dalla città sorge il Giardino Botanico Reale, il Peradeniya Botanical Garden, molto apprezzato per le ricche collezioni di piante tropicali tra cui palme, piante giganti, orchidee e fiori colorati. Il giardino ha antichissime origini e risale al 1371, ai tempi di Re Wickramabahu III. Proseguendo poi verso il centro dello Sri Lanka e prima di arrivare a Dambulla si sosta a Matale, dove si visiterà il profumatissimo giardino delle spezie: grazie al clima umido e caldo, centinaia di queste profumatissime piante ed essenze trovano l’ambiente ideale. Tornando verso sud si giunge alla cittadina di Nuwara Eliya che conserva ancora le vestigia imperiali: un cocktail di architettura georgiana e Tudor, tetti a due spioventi, prati immacolati con cespugli di rose e pietre tombali ricoperte di muschio. Inoltre, visitando la piantagione e la fabbrica del tè ci si potrà immergere nella sua curiosa atmosfera. Tappa conclusiva del viaggio è Pinnawella, sulle rive del fiume Maha Oya, dove ci si potrà recare all’“asilo” per elefanti, in cui molti cuccioli, trovati feriti o abbandonati nella giungla, vengono curati ed allevati. E, per rilassarsi dopo il viaggio, ecco le spiagge paradisiache ed il mare cristallino di Vakarufalhi alle Maldive. Un’isola perfetta nell’atollo di Ari, tondeggiante, ricca di vege-

Monaci a Polonnaruwa Gal Vihara

INFO UTILI SULLO SRI LANKA Capitale: Colombo Lingue: Le lingue ufficiali sono il cingalese e il tamil. L’inglese è parlato dalla maggior parte della popolazione. Durante i tour di gruppo le guide parlano italiano e seguono i clienti durante lo svolgimento del programma. Religioni: Le religioni predominanti sono il buddhismo (70%) e l’induismo (15%), seguite, per diff usione, dal cristianesimo (8%) e dalla religione musulmana (7%). Le minoranze etniche comprendono i Burgher (1%), di discendenza mista asiatico-europea, e i Wanniyala-Aetto o Veddahs discendenti dei primi abitanti dell’isola. Nell’isola vi è anche una piccola minoranza zoroastriana originaria dell’India (parsi) giunta in Sri Lanka durante il periodo di dominazione inglese. Norme sanitarie: Nessuna vaccinazione è obbligatoria; è consigliata la profi lassi antimalarica. Per ulteriore precauzione si raccomanda di unire al bagaglio farmaci di uso comune come repellente per zanzare e creme contro le scottature. Fuso orario: + 4 ore e mezza quando in Italia c’è l’ora solare, + 3 ore e mezza quando è in vigore l’ora legale. Valuta: La moneta locale è la rupia dello Sri Lanka (Rs), pari a circa € 0.006. E’ possibile cambiare gli euro nelle banche o presso la reception degli alberghi. Tutti gli alberghi accettano le principali carte di credito e i traveller’s cheque. Documenti: E’ necessario il passaporto, con una validità di almeno 6 mesi. Il governo dello Sri Lanka sta comunque valutando la possibilità di introdurre il visto di ingresso obbligatorio anche per i cittadini italiani (preghiamo di richiedere ulteriori dettagli all’atto della prenotazione). Clima: La temperatura si mantiene intorno i 30 gradi tutto l’anno. Da dicembre ad aprile il clima è caldo e secco; da maggio a novembre risente dei monsoni ed è caratterizzato da un elevato tasso di umidità con possibili precipitazioni.

tazione, con una laguna mozzafiato orlata da una ininterrotta spiaggia di sabbia bianca. Il bellissimo reef, a pochi metri dalla spiaggia, offre punti di immersione splendidi e l’esplorazione dei fondali regala emozioni imperdibili. L’atmosfera informale dell’isola è l’ideale per concedersi una meritata pausa in un piacevole contesto paradisiaco. In questo itinerario storia, natura e cultura sono sapientemente combinate per offrire straordinarie emozioni: dai verdi paesaggi dello Sri Lanka, costellati da templi e villaggi sospesi nel tempo, alle tonalità del blu e del verde delle meravigliose acque delle Maldive. | Il viaggio è una specie di porta attraverso la quale si esce dalla realtà come per penetrare in una realtà inesplorata che sembra un sogno. Guy De Maupassant www.hotelplan.it

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dicembre 2011 - febbraio 2012

Promotion Trade Exhibition Dal 18 al 20 gennaio 2012 Sede: Polo Fieristico Milano

Pitti Immagine Uomo Dal 10 al 13 gennaio 2012 Sede: Fortezza da Basso, Firenze Fiere

Pitti Uomo è la piattaforma più importante a livello internazionale per le collezioni di abbigliamento e accessori uomo e per il lancio dei nuovi progetti sulla moda maschile. Dal 10 al 13 gennaio 2012 Pitti Uomo torna con un’edizione in cui sono attesi 950 marchi alla Fortezza da Basso, a cui si aggiungono le 70 collezioni donna presenti a Pitti W alla Dogana. Un punto di riferimento sulla scena internazionale, come dimostrano i numeri dell’ultima edizione: oltre 23.100 i compratori all’ultima edizione invernale dei quali 7.700 i buyer (33,3% del totale) dall’estero in rappresentanza di tutti i negozi e i department store più importanti del mondo.

PromotionTrade Exhibition è l’unica vetrina italiana, e una delle più importanti in Europa, dedicata all’oggetto promozionale e al regalo d’affari, che si caratterizza per essere aperta esclusivamente agli intermediari del settore promozionale (rivenditori, distributori e importatori). Le categorie merceologiche rappresentate in fiera coprono tutto il panorama del mercato promozionale, dal tessile alla scrittura, dalla pelletteria all’ufficio, dall’elettronica di consumo ai piccoli elettrodomestici, dai casalinghi agli accessori per la persona... fi no alle macchine per la personalizzazione ecc.

MACEF - Milano salone Internazionale della casa Dal 26 al 29 gennaio 2012 Sede: Polo Fieristico di Milano

Macef, il Salone Internazionale della Casa, si propone a gennaio presso il nuovo quartiere fieristico con un progetto espositivo di grande respiro. Esclusivi eventi per la community di tutto quanto fa casa e un’ampia gamma di merceologie per tutte le esigenze e le interpretazioni dell’abitare, in costante cambiamento ed innovazione: oggettistica, complemento d’arredo, regalo, decorazione e molto altro.

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Bergamo Arte Fiera 2012 Dal 13 al 16 gennaio 2012 Sede: Fiera Nuova - Bergamo

La Fiera dell’arte contemporanea di Bergamo, giunta ormai alla sua 8° edizione è una kermesse brillante, raffi nata e di qualità che occupa di diritto una posizione di rilievo tra le manifestazioni regine in Italia. Con l’edizione 2012 si intende rafforzare ulteriormente il livello di qualità e di internazionalità della fiera e allo stesso tempo imprimere nuovo slancio alla forte vocazione sperimentale che ha caratterizzato l’ultima edizione, consolidandone il successo. Centoventi le gallerie presenti che garantiscono un percorso di alta qualità dove accanto alle opere di artisti ormai “storicizzati” saranno esposte nuove proposte attentamente selezionate.

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Bergamo Antiquaria 2012 Dal 21 al 29 gennaio 2012 Sede: Fiera Nuova - Bergamo

L’appuntamento, particolarmente sentito e apprezzato, rappresenta un evento artistico di fondamentale importanza nel panorama economico italiano e vanta una marcata impronta culturale. Bergamo Antiquaria vuole ribadire, attraverso l’alta qualità delle opere antiquarie proposte dalle gallerie d’arte accuratamente selezionate, il suo successo, creando così un percorso storico artistico che coinvolge tutte le realtà italiane in cui il mercato antiquario è particolarmente fiorente. È rivolta a collezionisti, operatori di settore e pubblico appassionato.

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I prossimi appuntamenti

L’agenda delle Fiere

MilanoUnica - Salone Italiano del tessile Dal 7 al 9 febbraio 2012 Sede: FieraMilanoCity

Milano Unica è la manifestazione tessile internazionale organizzata in Italia e nata dall’esperienza di quattro noti marchi della organizzazione fieristica italiana, Ideabiella (collezioni maschili), Ideacomo (collezioni per donna), Moda In (mercato fashion) e Shirt Avenue (camiceria). La fiera si suddivide in due edizioni annuali che presentano in anteprima il top della produzione tessile italiana ed europea.

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BIT - Borsa Internazionale del Turismo Dal 16 al 19 febbraio 2012 Sede: Polo Fieristico Milano

“New Bit, New Business” è l’headline che caratterizza la 32esima edizione di Bit e sintetizza il principale punto di svolta della manifestazione. Bit 2012 rimette al centro gli operatori, gli agenti di viaggio, e le loro esigenze, per garantire l’approfondimento e la concretizzazione di ogni tipo di business possibile: ci sarà più tempo dunque per pianificare gli incontri, per illustrare le proposte, per riflettere su idee che nascono dalla condivisione e dal confronto diretto. La BIT occupa 6 padiglioni con 3 aree tematiche che, grazie a un layout più compatto e razionale, consentiranno di incontrare il sistema turistico internazionale.

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ArteCremona Dal 11 al 13 febbraio 2012 Sede: Quartiere fieristico di Cremona

ArteCremona è una mostra mercato dedicata all’arte contemporanea e moderna, un’occasione per acquistare opere d’arte di valore garantito perchè proposte da alcune delle Gallerie più importanti del paese. È un appuntamento importante per la città e per l’area emiliano-lombarda, essendo l’occasione di ammirare ed acquistare opere d’arte di assoluto valore. ArteCremona è un evento per tutta la città che vanta una lunghissima tradizione artistica e culturale.

WHITE – Collezioni abbigliamento e accessori donna Dal 24 al 26 febbraio 2012 Sede: Super Studio Più, Milano

Ristoexpo Dal 19 febbraio al 22 febbraio 2012 Sede: Lariofiere

Ristorexpo è l’evento BtoB dove protagonisti sono gli operatori: oltre 200 aziende che presentano le novità e le tendenze per il fuori casa e 20.000 professionisti del settore Ho.Re.Ca in visita ogni anno. Questa manifestazione è l’occasione per incontrare e confrontarsi con i più grandi maestri della cucina italiana: da Gualtiero Marchesi a Massimo Bottura, tutti gli chef più famosi hanno calcato le scene di Ristorexpo, dando prova del loro talento un punto di riferimento per la ristorazione professionale e l’enogastronomia in cui si possono trovare le ultime novità del settore e numerosi appuntamenti dedicati alla formazione e approfondimento di vari argomenti correlati.

White è un salone decisamente non convenzionale grazie alla cura posta nella scelta degli allestimenti, all’atmosfera ed al mood che si respira all’interno dando ai buyer ed agli espositori la sensazione di essere in un vero showroom all’avanguardia. White ha fatto della ricerca, della novità e delle tendenze il suo tratto distintivo e seleziona e accoglie aziende di tutto il mondo off rendo una proposta globale dal panorama moda.

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,/ *58332 *$/*$12 5,1*5$=,$ 7877( /( $=,(1'( &+( +$112 $'(5,72 $//$ CAMPAGNA NAZIONALE QUALITĂ€ E INNOVAZIONE

“Noi ci Siamo�

in ambito 17a Settimana Europea 7 - 13 novembre 2011

che ha testimoniato il ruolo strategico di QualitĂ e Innovazione D EHQHĂ€FLR GHO QRVWUR 3DHVH all’iniziativa il Presidente della Repubblica ha conferito la Medaglia Presidenziale 3DWURFLQLR 0LQLVWHUL Difesa e Sviluppo Economico AERONAUTICO $*867$:(67/$1' Č˝ $6( AGRO-FARMACEUTICO ABOCA ALIMENTARE | AGRO-ALIMENTARE $&48$ 0,1(5$/( 6$1 %(1('(772 Č˝ %2//$ Č˝ &$187, SDVWD IUHVFD H VXUJHODWD Č˝ &$5*,// Č˝ &$6$ 9,1,&2/$ =21,1 Č˝ &21625=,2 787(/$ *5$1$ 3$'$12 Č˝ '(/9(5'( ,1'8675,( $/,0(17$5, Č˝ (666( &$))e Č˝ ) //, 6$&/É Č˝ *(/&2 81,3(5621$/( Č˝ /$9$==$ Č˝ 08.., Č˝ 3$50$/$7 Č˝ 3(5)(77, 9$1 0(//( Č˝ 7255()$=,21( &$))e .5,), AMBIENTE | BONIFICHE | SMALTIMENTI (&26)(5$ Č˝ (1(55$< LPSLDQWL IRWRYROWDLFL FKLDYL LQ PDQR Č˝ ,6($ VLVWHPL GL GHSXUD]LRQH UHĂ XL ARREDAMENTO |LEGNO &$//,*$5,6 Č˝ 6&$92/,1, ASSICURAZIONI (8523 $66,67$1&( ,7$/,$ Č˝ */2%$/ $66,&85$=,21, Č˝ *5283$0$ $66,&85$=,21, ASSOCIAZIONI $,&4 Č˝ &21)$57,*,$1$72 ,035(6( 9$5(6( Č˝ &21),035(6( Č˝ &21),1'8675,$ 3(58*,$ Č˝ &21),1'8675,$ 3(6&$5$ Č˝ 7+( 58/,1* &203$1,(6 $662&,$7,21 AUTO %0: *5283 ,7$/,$ Č˝ 3(8*(27 $87202%,/, ,7$/,$ Č˝ 5(1$8/7 ,7$/,$ Č˝ 63; ,7$/,$ BANCHE %$1&$ (7585,$ Č˝ %$1&$ 0(',2/$180 Č˝ %$1&$ 3232/$5( ', 38*/,$ ( %$6,/,&$7$ Č˝ &$66$ ', 5,63$50,2 ', %5$ Č˝ &5(',72 75(9,*,$12 %&& Č˝ )('(5$=,21( %&& /$=,2 80%5,$ 6$5'(*1$ Č˝ *58332 %$1&$5,2 &5(',72 9$/7(//,1(6( Č˝ ,&&5($ %$1&$,035(6$ Č˝ 5&, %DQTXH 6XFFXUVDOH ,WDOLDQD BENI DI LARGO CONSUMO 81,/(9(5 CAMERE DI COMMERCIO &$0(5$ ', &200(5&,2 ', $1&21$ Č˝ &$0(5$ ', &200(5&,2 ', /2', Č˝ &$0(5$ ', &200(5&,2 ', 75(9,62 Č˝ &$0(5$ ', &200(5&,2 ', 9$5(6( CARTA $57,*5$),&+( 5(**,$1( /$, Č˝ 7(&12&$57$ CHIMICO | FARMACEUTICO | COSMESI 0 ,7$/,$ Č˝ $%%277 Č˝ $&7$9,6 ,7$/< Č˝ $/3$ Č˝ $1*(/,1, Č˝ $5' ) //, 5$&&$1(//2 Č˝ $576$1$ *5283 Č˝ %$6) WKH FKHPLFDO FRPSDQ\ Č˝ %277(*$ 9(5'( Č˝ &,3 Č˝ &260,17 &RVPHWLFV 0DQXIDFWXULQJ Č˝ &26:(// Č˝ (6 ,7$/,$ ² (7+,&63257 Č˝ )$7(5 Č˝ *58332 =$0%21 Č˝ +81760$1 7LR[LGH (XURSH Č˝ /¡(5%2/$5,2 /2', Č˝ 0,3+$50 Č˝ 129$57,6 )$50$ Č˝ 5,92,5$ Č˝ 5248(77( Č˝ 6$3,2 SURGX]LRQH LGURJHQR RVVLJHQR Č˝ 6$5*5$),&$ SHU LO IDUPDFHXWLFR Č˝ 6,$' Č˝ 6,..(16 Č˝ 62/ *5283 JDV WHFQLFL PHGLFLQDOL H KRPHFDUH Č˝ 7$.('$ ,7$/,$ )$50$&(87,&, Č˝ 7(9$ ,7$/,$ Č˝ 81,9$5 Č˝ =2%(/( *5283 COMMERCIO $/(66$1'52 52%(57, 35,17 62/87,216 Č˝ %,$1&+, &86&,1(77, Č˝ 3(5.,1 (/0(5 ,7$/,$ Č˝ 52<$/ CANIN COMPONENTI AUTO &223(5$7,9$ 92/2(17,(5, Č˝ '(//¡2572 Č˝ '(/3+, ,7$/,$ $872027,9( 6<6 Č˝ '(162 7+(50$/ 6<67(06 Č˝ (/'25 &25325$7,21 Č˝ 0$*1(7, 0$5(//, 32:(575$,1 Č˝ 0$3( (1*,1( 32:(5 *5283 Č˝ 0(&&$127(&1,&$ 80%5$ *5283 Č˝ 0256( 7(& (8523( Č˝ :(%$672 CONCIARIO *58332 '$1, Č˝ *58332 0$6752772 EDITORIA $*(1'$ '(/ *,251$/,67$ Č˝ $118$5,2 48$/,7É 0$*$=,1( Č˝ % * %86,1(66 *(17/(0(1 Č˝ %2//(77,12 '(/ /$9252 Č˝ '($ (',=,21, 5,9,67$ (&2 Č˝ (&&(//(5( %86,1(66 &20081,7< Č˝ (',=,21, $1*(/2 *8(5,1, ( $662&,$7, Č˝ (67( Č˝ *58332 0$**,2/, Č˝ +$59$5' %86,1(66 5(9,(: ,7$/,$ Č˝ /¡,035(6$ Č˝ 0$5,2 02',&$ (',725( 6SRW DQG :HE Č˝ 021'2/,%(52 Č˝ 5((' %86,1(66 ,1)250$7,21 Č˝ 5,9,67$ ,/ 3(5,72 ,1'8675,$/( Č˝ 7(&1$ (',75,&( / 0 /HDGHUVKLS 0DQDJHPHQW ,&7 6HFXULW\ Č˝ 75(17,12 ,1'8675,$/( Č˝ 791 0(',$ *5283 3XEEOLFLWj ,WDOLD 3XEEOLFLWj ,WDOLD 7RGD\ $G9 6WUDWHJLH GL &RPXQLFD]LRQH WR%( /X[>5@HYROXWLRQ Č˝ 9$&$1=(&8/785$ ,7 $EUX]]R 0DJD]LQH ELETTRODOMESTICI BITRON Č˝ (/(77527(&1,&$ 52/' Č˝ )$%(5 Č˝ 9257,&( (/(775262&,$/, ELETTROMECCANICO | MAT. 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COSTRUZIONE ALER DI &5(021$ Č˝ $67$/', Č˝ %5,$1=$ 3/$67,&$ Č˝ &223 &26758=,21, Č˝ ,035(6$ 3,==$5277, & Č˝ STRETTO DI MESSINA IMPIANTISTICA | INGEGNERIA | PROGETTAZIONE &217,1886 3523(5=, Č˝ (1(/ ,1*(*1(5,$ ( ,1129$=,21( Č˝ *($ 3URFRPDF Č˝ 6$,3(0 INFORMATICA 2/,9(77, Č˝ ;(52; MECCANICO $/6720 Č˝ %$;, FDOGDLH D JDV H VLVWHPL FRQ ULQQRYDELOL Č˝ %(1(//, $50, Č˝ %,/$1&,$, 62& &223 &$032*$//,$12 Č˝ (/(&752/8; ,7$/,$ Č˝ (0(5621 352&(66 0$1$*(0(17 Č˝ )$$0 *5283 Č˝ )5$1'(17 *5283 Č˝ )5,0217 6&2760$1 ,&( 6<67(06 Č˝ +$5.(1 ,7$/< Č˝ +21'$ ,7$/,$ ,1'8675,$/( Č˝ ,&(0$7,& 7(&120$& Č˝ ,/ %(//2 '(//$ 0(&&$1,&$ Č˝ ,1*(562// 5$1' $,5 62/87,216 Č˝ ,5(0 Č˝ /20%$5',1, Č˝ 0(7$/ :25. 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B&G - Business&Gentlemen Pubblicazione trimestrale www.businessgentlemen.it Anno IV – numero 20 - dicembre 2011/febbraio 2012

Direttore responsabile Mauro Milesi mauro.milesi@cobalto.it Redazione Coordinamento redazione e contenuti web: Laura Di Teodoro laura.diteodoro@cobalto.it In redazione Daniela Lussana daniela.lussana@cobalto.it Segreteria: redazione@businessgentlemen.it Impaginazione Stefania Bugada, Sara Fratus , Enrico Benedetti Equipe tecnico-scientifica Andrea Bonalumi, Paolo Colombo, Ivan Consoli, Enrico Della Pietà , Roberto Magri, Leonardo Marabini, Thierry Marchal, Ivan Mazzoleni, Cristina Moro, Alberto Claudio Tremolada Hanno collaborato Sara Baroni, Marco Levi, Alice Sofia Neri, Alessandro Rossi, Elena Sottocornola, Piero Tagliapietra, Paolo Valente Fotografie B&G Marco Riva Archivi fotografici Brembo, Clerici Sacco Slr, Davidoff, Eurobica Corporate, Ferpi, Glashßtte Original, Groupon, Hotelplan, Jäneke, Meregalli, Vortice Immagini uffici stampa Ad Mirabilia Srl, Cervellini&Partners, D.A.G.Communication, Doppia Elica, Fbpress, Hoepli, Noir Sur Blanc Editore e Redazione Cobalto Srl via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Pubblicità Nazionale Cobalto Adv via Angelo Maj, 24 - 24121 Bergamo tel. 035.226599 - fax. 035.3830350 Stampa CPZ Spa via Landri, 37 - 24060 Costa di Mezzate (BG)

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