2 minute read

Segnali dal clima

a cura di Mario Vianelli

Pipistrelli, virus e clima

Advertisement

Cambiamenti nel clima e nella vegetazione potrebbero avere innescato l’attuale pandemia attraverso l’aumento dei pipistrelli

Non si può certo dire che i pipistrelli abbiano mai goduto di una buona fama, almeno nell’ambito culturale europeo. Animali considerati repellenti, di malaugurio e da temere per la loro presunta abitudine (priva di alcun fondamento) di impigliarsi nei capelli di chi capita loro a tiro, ultimamente sono assurti all’attenzione dei media per un nuovo stigma: quello di essere serbatoi e vettori degli agenti patogeni di gravi malattie. È un campo di ricerca in continuo divenire e dove le ipotesi sono molto più numerose delle certezze, ma finora si conoscono pochissimi virus e batteri trasmissibili direttamente dai pipistrelli all’uomo, fra cui i lyssavirus, presenti anche in Europa, correlati al virus della rabbia. Tutti gli altri agenti potenzialmente pericolosi sono presenti nei pipistrelli con varietà diverse da quelle trasmissibili all’uomo; in molti casi si ritiene che ne siano i progenitori, ma necessitano di un ospite intermedio per effettuare le mutazioni necessarie al salto di specie: animali che possono essere domestici – il dromedario per il MERS-Cov, il cavallo che veicola il virus Hendra e i suini nel caso del virus Nipah – oppure selvatici, come il pangolino del Borneo che si ritiene essere il probabile ospite intermedio del SARS-Cov-2 che attualmente dilaga in gran parte del pianeta. I pipistrelli sembrano essere i serbatoi ideali di molti patogeni per alcune loro particolarità comportamentali – si radunano in grandi colonie e possono spostarsi su grandi distanze – e fisiche, come un sistema immunitario peculiare – che consente loro di convivere con virus e batteri senza sviluppare patologie – e la resistenza allo stress ossidativo, caratteristiche che quando saranno pienamente comprese potranno avere grande importanza terapeutica. A complicare un quadro già ricco di punti oscuri intervengono anche i fattori climatici. Uno studio recentemente pubblicato dalla rivista Science of the total environment da un gruppo di ricercatori dell’università di Cambridge ipotizza una correlazione fra il clima e il salto di specie che ha portato il SARSCoV-2 a infettare gli umani. In estrema sintesi, i cambiamenti climatici avrebbero modificato la vegetazione della vasta regione compresa fra lo Yunnan, in Cina, il Laos e la Birmania, rendendola più favorevole ai pipistrelli che sarebbero aumentati come numero di individui e di nuove specie presenti (ben 40 in più nell’arco di un secolo) e da questo “rimescolamento” potrebbero esser scaturite le condizioni per il salto di specie. Lo studio è stato accolto con un certo scetticismo, soprattutto per l’incompletezza dei dati disponibili. Più probabilmente in questo caso, come in altri analoghi, il problema nasce dalle implicazioni dell’impatto umano: la progressiva diminuzione degli habitat naturali ha portato i pipistrelli a contatto con l’uomo e con gli animali domestici, oltre che con specie selvatiche che vengono regolarmente cacciate, ammucchiate nei mercati e consumate come cibo, offrendo ai patogeni ottime opportunità di trasformazione e diffusione. In realtà i pipistrelli sono animali straordinari e utili. Sono gli unici mammiferi ad avere privilegiato nell’evoluzione il volo, grazie anche a ingegnose “invenzioni” come l’ecolocazione. I piccoli pipistrelli insettivori – presenti in Italia con 35 specie, tutte protette – sono efficaci nel controllo degli insetti nocivi, mentre le grandi volpi volanti tropicali sono importanti per l’impollinazione di molte piante e per la dispersione dei semi. Lunga vita ai pipistrelli, dunque, augurandoci che l’umanità impari a convivere saggiamente, e alla giusta distanza, con queste affascinanti creature del buio e dell’aria.

This article is from: