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Scialpinismo | È tempo di “slow mountain”

Lo scialpinismo, complice anche la chiusura degli impianti, ha avuto una diffusione rilevante in questi mesi. Ne abbiamo parlato con Matteo Eydallin, pluricampione mondiale di scialpinismo

di Paola Assom, Sottosezione Cai Sauze d'Oulx di Bardonecchia

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Questo inverno di pandemia, con tanta neve e impianti di risalita chiusi, ha causato danni enormi all’economia di molte località di montagna, che vivevano ormai da decenni grazie al turismo delle settimane bianche. Nel contempo, però, si è assistito alla crescita esponenziale del fenomeno di una “slow mountain” fatta di passi a “lentezza umana”, con ciaspole, fondo, trekking, sci alpinismo: attività svolte in libertà della natura. Lo scialpinismo, in particolare, è stato praticato quest’anno come mai prima. Ma è solo una necessità causata dalla chiusura degli impianti o durerà anche in futuro? Ecco il parere del pluricampione mondiale di sci alpinismo Matteo Eydallin.

Con le piste da discesa chiuse causa pandemia è esplosa la passione per lo scialpinismo. Si tratta di un fenomeno passeggero, o è destinato a una certa tenuta anche in futuro?

«Lo scialpinismo ha avuto un grande picco qualche anno fa e ha appassionato giovani e meno giovani, anche solo per il piacere di qualche gita nel silenzio dei boschi. Ma ancor più numerose sono state le persone, anche più avanti con l’età, che in questo strano inverno hanno provato a fare scialpinismo: a molti è piaciuto, altri invece lo hanno trovato troppo duro, e ci sta! Ma la pace e la tranquillità che trovi nelle gite con le pelli è impensabile nello sci da discesa. Oggi sempre più persone vanno alla ricerca di momenti di serenità e di contatto con la natura. Credo dunque che molti proseguiranno l’avventura scialpinistica anche negli anni futuri».

Matteo Eydallin durante la gara del 7 febbraio 2021 in Coppa del mondo a Flaine, nel Grand Massif (Francia) (foto Skimo Stats)

Si dice che lo scialpinismo sia ecologico e salutare, ma pensi che ci siano limiti di età?

«Senza dubbio lo scialpinismo ha molte valenze e i limiti non sono affatto di età bensì di un po’ di allenamento e di quanta voglia si abbia di provare cose diverse. E poi, praticato a bassa intensità, può essere davvero uno sport per tutti e per tutte le età».

Pensi che sia positivo per la montagna che ci sia un gran numero di praticanti dilettanti?

«Più dilettanti ci sono e meglio è per il mondo della montagna, anche da un punto di vista economico. Prendiamo un inverno come questo: sono stati proprio gli scialpinisti e soprattutto i dilettanti quelli che hanno contribuito a quel po’ di fatturato dei noleggi e dei maestri di sci, con qualche ora di lezione. Speriamo di non avere mai più pandemie, ma comunque differenziare gli sport invernali in montagna è sempre un bene, per chi li pratica e per chi ci lavora».

Uno dei grossi temi dello scialpinismo è la sicurezza. Che cosa suggerisci per evitare rischi?

«La sicurezza è fondamentale: consiglio sempre di iniziare con qualche lezione da un maestro, almeno per le prime volte. Bisogna praticare lo sci con la testa sulle spalle, come d’altronde ogni attività, anche non sportiva. È ovviamente necessaria un minimo di conoscenza della montagna, ma, soprattutto, come accade per ogni genere di sport, si deve essere consapevoli dei rischi a cui si va incontro ed essere preparati al meglio per affrontarli».

Alcune località hanno già scelto di dedicare allo scialpinismo, almeno per i principianti, alcune aree con un minimo livello di sicurezza, per esempio un tratto di pista battuta. Lo ritieni giusto, magari anche a pagamento?

«Sarebbe giusto che ogni località montana, dove possibile, dedicasse un’area all’“invito” allo scialpinismo per i principianti, che così inizierebbero questo sport senza eccessivi traumi, con più sicurezza e con meno incidenti. Ma c’è un altro vantaggio: si potrebbe prolungare la stagione dello sci senza bisogno degli impianti di risalita. E siamo di nuovo a parlare di buone pratiche per lo sport e per il turismo».

E tu davvero pensi di partecipare alle Olimpiadi tra cinque anni, se lo scialpinismo sarà tra gli sport di gara?

«Ci proverò! Sarebbe un perfetto coronamento della mia carriera. Nel 2026 i giochi olimpici saranno nuovamente in Italia: sarei felice, magari con una medaglia al collo, di onorare il nome di Sauze d’Oulx, delle mie valli e dell’Italia in tutto il mondo. Sperando di effettuare una vera gara di scialpinismo: lunga, tecnica, con salite e discese fuori pista, facendo vedere la montagna in tutte le sue sfaccettature. Così come io la amo e come vorrei che fosse amata da tutti». * Sottosezione Cai Sauze d’Oulx di Bardonecchia

CARTA D’IDENTITÀ

Con i suoi 35 anni Matteo Eydallin è ormai un “vecio”, eppure continua a salire sul podio: al suo già lungo palmarès, infatti, aggiunge sempre nuove vittorie. Le ultime due del 2021: 7 febbraio in Coppa del Mondo a Flaine, nel Grand Massif (Francia); 14 febbraio titolo italiano a squadre, in consolidata coppia con Michele Boscacci, alla 34ª Valtellina Orobie (Sondrio). Lui dice che allenarsi non gli pesa anzi, gli piace. Forse è per questo che negli anni è riuscito a collezionare quattro titoli mondiali; cinque vittorie nel trofeo Mezzalama e tantissimo altro. Nel 2006, anno delle Olimpiadi invernali di Torino, entrò nel Centro Sportivo Esercito, primo passo per la sua carriera di agonista, che spera di concludere con i Giochi Olimpici del 2026. Matteo, nato e cresciuto a Sauze d’Oulx (Torino), è anche un fedelissimo Socio Cai della locale Sottosezione.

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